LA VOLIERA
(monologo)
Marta, 60 anni, è seduta sopra un vaso rovesciato nella terrazza del suo attico. Situata più in là, una voliera. La donna si alza e va sul proscenio, guarda di sotto: biascica qualcosa di incomprensibile, sputa, inveisce, si tira indietro, ride tra sé.
Sissignore, raccomandata con ricevuta di ritorno ! Nero su bianco. Punto dopo punto gliel’ho cantata a quei signori laggiù. Certe cose non si fanno. Ci vuole amor proprio. (pausa) Vorrei tanto vederla l’espressione. Assistere allo spettacolo delle loro facce se la propria figlia, morta due mesi prima di tumore, salta fuori e gli corre incontro con un sorriso della più riuscita pubblicità di dentifrici.
La cara figliola, fresca di permanente, tornare in vita e attribuire tutto ad un tragico equivoco. Un errore. (grida) “MA DI CHI ? QUALE DIO DI QUESTO UNIVERSO COMMETTEREBBE UN SIMILE ERRORE ?” Quelli, invece, credono di potere tutto. Dare la vita, la morte e ancora la vita a chi credono loro. Non è giusto. E gliel’ho voluto dire. “CAROLYN E’ MORTA, BRUTTI FIGLI DI PUTTANA, E NESSUNO HA IL DIRITTO DI FARLA RESUSCITARE DOPO NOVANTAQUATTRO PUNTATE !” (si asciuga la fronte con un fazzoletto)
Mi sono sentita svuotare quando è successo. Non ho più chiuso occhio. (pausa)
Il mattino dopo, Carolyn, venne nella mia camera. Mi sono sollevata a sedere sul letto e lei era lì, davanti a me. Sconvolta, come me. “Perché l’hanno fatto ? Uai ?” Proprio così diceva, “Uai ? E’ come se qualcuno stesse usando il mio corpo per degli esperimenti.” E piangeva, la poverina. Piangeva, da quegli occhi azzurri. (pausa) Per un momento pensai fosse il frutto di un’accurata deformazione professionale, una sorprendente tecnica di quello studio americano degli attori. (pausa) Ma no, Carolyn , stava veramente soffrendo. (pausa) Ancora adesso potrei affermare con certezza che non stava recitando. E questo, credo, dovuto alla familiarità che in questi anni ho acquisito con tutti loro. Stephanie, Ridge, Thorn, Eric, Brook, Sally Macy, Taylor e, naturalmente, Carolyn. (pausa) Ogni giorno, sembrava che stessero con me nella cucina….tutti seduti intorno alla mia tavola. (finge di passare gli oggetti) “Marta, per favore, mi passi il pane ?”, “Hai dell’aceto balsamico, Marta ?”, “Ohh, Marta, questo timballo è veri gud !”, “Marta, se non ti dispiace faccio una telefonata.” Cosette del genere. (pausa)
“DELINQUENTI !” (pausa) Tre pagine manoscritte nelle quali c’è tutto il mio disgusto, la mia disapprovazione, l’indignazione, per quell’orribile scempio. Come profanare una tomba e riportare in vita il morto di cui ti chiedi quanto ancora avrà di umano. Mio Dio ! (va sul proscenio, fa capolino)
Credono di spaventarmi con quella gru. (pausa) “COSA CREDETE DI TROVARE, QUASSU’, UNA DONNA SOLA ? IL MIO ADOLFO E’ UN PEZZO D’UOMO, SAPETE ? PRENDERA’ QUELLA VOSTRA GRU E…..(si tira indietro, fa spallucce, sogghigna)
Passava tutto il tempo con loro. ( va verso la voliera) Uccelli da voliera, così li chiamava. Uccelli particolari. Delicati, sensibili. Uccelli a cui non bisognava far mancare nulla. (guarda più da vicino) Mi chiedo se fosse stato questo il vero motivo di comprare quest’attico. (ne fa il verso) “Creaturine mie !” (pausa) Usciva fuori, in pantofole, e veniva qui, vicino a questa gabbia a parlare. No, non proprio…non parlava….sussurrava, ecco…Parole musicali da lui stesso scritte. Studiate melodie, dai suoni morbidi, che, quelle bestie, naturalmente, non potevano far altro che sopportare. Un rito che il mio Adolfo ripeteva tre, quattro, anche più volte al giorno. (pausa) Le prime volte credevo fosse impazzito. Ma poi, lui, con infinita pazienza , mi spiegò che quelle paroline dolci, altro non facevano che alleviare lo spirito da quella condizione cui, gli uccelli, loro malgrado erano costretti. “Lenisco loro il dolore”, così diceva di fare il mio Adolfo. Le bestiole, di questo dolore, certo, non ne parlavano. (va sul proscenio)
“ADESSO CHE VIENE FUORI SONO CAZZI DA CAGARE ! ASPETTATEVI IL PEGGIO, BELLI MIEI ! LUI NON PERDONA MICA, SAPETE ? LUI NON FA RESUSCITARE I MORTI. UNA VOLTA CHE CON VOI HA CHIUSO E’ PER SEMPRE. NON VI FA TORNARE IN VITA A GIRONZOLARE QUA’ ATTORNO COME ZOMBI ! EH, NO ! (si tira indietro) Il mio Adolfo era giusto. Anche troppo. (pausa) Forse, ne aveva le ragioni…..(pausa) Lui sapeva che tra noi….dopo tanti anni insieme…..può succedere…..di smarrirsi. Oggi capita molto più spesso…..e con tali conseguenze: suicidi, massacri, assassini. (pausa) Bè, il mio Adolfo non fece nulla perché non accadesse. Certe cose devono succedere. E quello che doveva accadere…un giorno accadde. (va a sedersi)
Lui era divertente. Si chiamava….(scuote il capo, ride)..oh, insomma, anche lui era una brava persona. Però, meno del mio Adolfo. (pausa) Ridevamo molto, questo me lo ricordo bene. Un bel giorno se ne andò in uno di quei paesi con le palme, la sabbia bianca. Certo che mi disse di raggiungerlo. Me lo scrisse, anche. Devo ancora averla quella lettera. Ricordo che ad un angolo del foglio c’era disegnato un tucano, coloratissimo. Anche lui adorava gli uccelli, ma non quelli veri, quelli artistici…quelli dipinti, per capirci. (pausa) Mi scrisse, è vero. Ma, sapeva bene che non sarei partita. E questo lo sapeva anche Adolfo. (pausa) Il mio Adolfo non era geloso. Mai stato. Troppo orgoglio. (pausa) Fu in quel periodo che fece costruire questa enorme voliera sul terrazzo. (pausa) L’altro, quello del tucano, non scrisse più. Doveva andare così. (pausa) Ed io restai con Adolfo…e la voliera. (si alza) E poi venne Carolyn. Oh, quanta compagnia ci facevamo ! Veniva tutti i giorni, quassù, a trovarmi. Quanto parlavamo ! Io, di certo, più di lei. (scrolla il capo) Quella sop la stava esaurendo. “Un giorno o l’altro me ne vado”, mi confidò. E fu come se ci avessero spiate: dopo tre puntate la fecero ammalare gravemente e la tennero agonizzante per altre quarantacinque. Lei, Carolyn, ne soffriva molto. (pausa) Confesso che a me non dispiaceva affatto. Oh, non sono una persona cinica, ma, vederla alla mia tavola o seduta sul mio divano, mi procurava una gioia immensa. (pausa)
Morì. (pausa) La uccisero, sarebbe meglio dire. (pausa) Cercavo di farmene una ragione, di trovare una risposta a quella tragica ed inspiegabile esclusione, quando un giorno me la trovo lì, sullo schermo, sorridente, raggiante da fare schifo. Mi sono dovuta afferrare alla sedia e lentamente adagiarmici sopra. (pausa) Mi si dirà: “Ma come hai fatto a non esultare per quel miracolo ? Perché non sentirti felice per quel ritorno inaspettato ?” (pausa) Invece, (si prende il collo) mi salì una rabbia alla gola da stare soffocando. Un fortissimo senso di impotenza e indignazione a quello che ritenevo essere un abominio degno del dottor Frankestin. (pausa)
Carolyn, al mattino dopo, venne a trovarmi in lacrime. (pausa) “Uai ?” (pausa) Eravamo disperate. Non sapevamo come reagire. (pausa) Fu l’ultima volta che la vidi. Da allora, non ho più seguito la sop, né accesa la tivù. Non volevo permettere a quel mostro di entrare nella mia casa. (pausa) Decisi, pertanto, anche per rispetto a Carolyn, di dichiarare apertamente la mia disapprovazione, denunciando quei maledetti che avevano oscurato la mia vita. (va sul proscenio a guardare di sotto)
Ho scritto ben quattro fogli, minacciando di gettarmi di sotto se non avessero dato una degna sepoltura a Carolyn. (pausa) Non possiamo farci niente, hanno detto al telefono, questioni di contratto. (fa spallucce, si sporge di nuovo) Si stanno dando un gran daffare. (sorride) Povero Adolfo, tu che amavi il silenzio e la solitudine. Per te, che l’unico clamore sopportabile era quello dei tuoi esserini pennuti.
(ne fa il verso) “Marta, tieni basso il televisore….Marta, ti prego, parla piano, quegli uccellini sono spaventati…MARTA, CHIUDI QUELLA CHIAVICA ! MARTA ! MARTA ! MARTA COSA, VECCHIO GUFO !” Te ne sei andato come un foglio di carta alzato dal vento. (pausa) Di crepacuore è morto. Così hanno detto e ripetuto: CRE PA CUO RE ! Lasciandomi qua da sola. Ma, tanto, sola lo ero già da un pezzo. “COSA ? NON TI SENTO. PARLA FORTE, A ME NON DA FASTIDIO.” (protende un orecchio) “SEI ARRABBIATO CON ME ?” Troppo tardi. Quel che è fatto resta. (pausa)
Tutti. Neanche uno è voluto restare. E’ bastato che aprissi quello sportellino. Sono tutti volati via. Sembrava che non vedessero l’ora. Sembrava proprio che non aspettassero altro: (mima) dispiegare quelle loro alucce e togliersi da questo fasullo paradiso del cazzo che gli avevi costruito. (pausa) Sapevi che non era stato un incidente. (pausa) Non te lo avevo mai detto perché tu non me lo avevi mai chiesto. Ma lo sapevi, altrochè. L’hai sempre saputo. Forse, te l’aspettavi pure. Forse, l’hai fatto di proposito per il piacere di punirmi, facendomi sentire in colpa, ignorandomi per tutti questi anni. (pausa) Fingevi che io non esistessi. Mi facevi sentire inferiore (indica la voliera) anche davanti ai tuoi amici. Anche di fronte a loro io valevo poco. “PERCHE’ POCO, TU, ADOLFO MIO, MI HAI SEMPRE CONSIDERATA.” (pausa) Ma neanche tu sei Dio, sai ? Neanche tu, come quelli là sotto, hai il diritto di dare o negare la vita. “NESSUNO LO PUO !” (pausa)
Sono venute a trovarti le tue creaturine ? Vorrei tanto saperlo. (ne fa il verso) “Sai, Marta, non riuscirebbero a sopravvivere, là fuori. Morirebbero.” (pausa) Bè, di certo, poco, ma hanno vissuto. Hanno provato quello che ogni essere, almeno una volta nella vita, dovrebbe provare: ad evadere. (va sul proscenio)
“VENITE, VENITE, SIETE I BENVENUTI ! DAREMO UNA GRAN FESTA, QUI’, STASERA….(è sul bordo del proscenio)…..COME NON SE NE SONO MAI VISTE…….Più vicini a Dio, vero Adolfo ?….Avevi ragione, sai….Sempre così saggio…..(lo sguardo è perso nel vuoto, quando, lentamente, indica davanti a sé, poco più in basso)…..Ma voi…voi siete…non posso crederci….(si prende le mani, si torce le braccia dalla gioia) non è possibile……Eric……Ridge…….(la luce si chiude su di lei)
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