L’altra Nanetta

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L’ALTRA NANETTA

L’ALTRA NANETTA

COMMEDIA IN TRE ATTI

DI FAUSTO MARIA MARTINI

Al mio «fuoco sotto la cenere» F. M. M.

PERSONAGGI

LORENZA

GIACOMO

GIOVANNI ARALDI

NANETTA

MARIA

LAURA

GIULIA

LA SIGNORA ANSELMI

ANDREINA

CLOTILDE

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(la scena rappresenta lo studio di Giacomo).

SCENA PRIMA

Lanetta - Giulia - la sig. Anselmi - Andreina - Giovanni

Giovanni              - (a Andreina tenendole aperta la palma della mano, scherzoso) Sì, signorina, c'è, e profondissima, la linea degli sponsali.

Andreina             - (guardandosi la mano con curiosità) Quale? Questa?

Giovanni              - Si, proprio questa (e poiché Andreina non la­scia di scrutare nel cavo della mano il segno misterioso) Ma che spera di vederci adesso? Ah! Queste benedette signorine! Curiose... curiose! Svelate loro un po' d'avvenire e vorrebbero sapere subito tutto: se sarà bello, brutto, alto, basso, naso regolare o.... un po' geniale come il mio... Oh! Che niente niente ci voglia trovare le ini­ziali del futuro marito in quei segni! (Andreina ride forte mentre la signora'Ansehni scrolla il capo come per disapprovare la libertà che Giovanni si prende con sua figlia) Ah! sì! Ho capito! Ha letto persino le iniziali: un « G. » o un « A »! (rivolto alla signora Ansehni- la quale, tra divertita e irritata, continua a scrollare il capo) Lei dice di no? Ma, signora mia, si fa così presto a fantasticare: Giovanni Araldi è tornato a respirare l'aria del­la patria, ha fatto persino una capatina a Rieti e annuncia che forse quest'anno non tornerà in Egitto ma si fermerà qualche mese in Italia.... Che vuol dire tutto questo? Che Giovanni Araldi ha messo testa a partito...

Nanetta                - (a Giulia, come concludendo un loro discorso caldo d'intimità affettuosa) Tra me, sua madre e il suo lavoro: sempre come ai primi tempi. Anzi potrei dirti semplicemente: tra sua madre e me, perchè in « me » potrei intendere tutta la vita del suo pensiero, tutte! -creature della sua fantasia, così intimamente Giacomo mi mescola al suo lavoro e al suo pensiero. La signora anselmi          - (a Giovanili, additando Nanetta della quale ella ia traudito le ultime parole) Eppure, Araldi, non è.senza pericolo che si bazzica una casa come questa e la si preferisce a tutte le altre....

Giovanni              - Niente pericolo, quando le ali per riprendere il volo sono ben salde!

Andreina             - (argutamente) Badi di non bruciarsele al fuoco di questa felicità !

(proprio in questo momento Giulia ha scoperto sulla scri­vania di Giacomo, tra il dorso di un libro e un foglio di carta scritto a metà, un gomitolo rosa ; lo solleva e dice a Nanetta, ma così forte che possano udirla anche la si­gnora Anselmi, Andreina e Giovanni).

Giulia                   - Inutile descriverla, la tua, la vostra vita! Quan­do tra un libro e un foglio di carta dove è scritto (legge) « Schema del dramma » si scopre questo po' di rosa, la vostra vita è btll'e raccontata !(avanzandosi nel mezzo della stanza e col tono enfa­tico che rivela in lei la romantica provinciale, divoratrice di libri, orgogliosa di trovarsi nella casa di uno scrittore; rivolta particolarmente a Giovanni:) Che ne dice lei. incredulo vagabondo? C'è bisogno di sciuparla con le parole, una felicità che tutte le cose gridano qui dentro: tutte e una più forte dell'altra? (Giovanni rimane un attimo col naso all'aria, ridicolo e attonito; poi comicamente si avvicina a Giulia come per vedere donde Giulia tragga quell'impeto improvviso di parole; Andreina guarda Giulia, ammirata; Nanetta, sem­pre rannicchiata al suo posto, sorride dolcemente e tri­stemente a quel gran parlare che si fa della sua felicità).

Giovanni              - (a Andreina, ammiccando e accennando Giulia) Che eloquenza!

Andreina             - (lancia un'occhiata silenziosa su Giovanni come per fargli intendere ci.e non approva la sua ironia, si avvicina a Nanetta e, quasi irritata dalla immobilità delia-padrona di casa, le dice:') Parla di te, sai.... (ma Nanetta non apre bocca, uè accenna a togliersi di lì. Giulia incalza con crescente impeto declamatorio)

Giulia                   - Non lo sente lei, Araldi, che quell'abat-jour dice sopratutto questo: «Raccolgo la luce per lui, ma mi ha creato lei con le sue mani? »

(Giovanni non risponde,, ma guarda ironicamente il pa­ralume. Nanetta lo guarda di lontano e accentua quel suo sorriso un po' ambiguo che dal principio della scena l.' increspa le labbra. Ala la signora Anselmi proprio non può fare a meno d'approvare con un cenno del capo la frase pomposa di Giulia e di commentarla)

 La signora Anselmi    - Ma brava la nostra Giulia!

Giulia                   - (esaltata dal muto consenso di Andreina, dal con­senso espresso dalla signora Anselmi e sferzata dall'ironia che ella sorprende nel comico silenzio di Giovanni) Ma noi lo sappiamo — è vero, Araldi? — come la vita di Giacomo Barzi e di sua moglie sia la prova lampante che. la felicità non è una parola vana sulla terra... Noi, sì, ma io vorrei, signora Anselmi, vorrei che a quella porta si affacciassero oggi tutte le civette del malaugurio, le pet­tegole' che, quando si seppe a Rieti il fidanzamento di Nanetta che ubbidiva a un'inclinazione del suo cuore e sposava Barzi, lo scrittore, non ebbero se non una pa­rola di commiserazione... (il ricordo dà evidentemente fastidio a Nanetta; ma Giulia non se ne accorge e pro­segue, rivolta proprio a lei:) Tua zia Tullia, vedi, vorrei che facesse capolino a quella porta e che la respirasse, una boccata di quest'aria... Tua zia Tullia che quei giorni faceva la spola da una casa all'altra (parodiando la voce della vecchia zia di Nanetta) — « Povera ragazza! Ha perduto la testa! Sposa uno che scrive !... Faranno la fame... » (ancora Giovanni guarda con aria ironica a volte Giu­lia, a volte l'abat-jour. Giulia se ne accorge e bonaria­mente gli chiede:) Che è, Araldi? L'ho detta grossa? Quella del paralume, forse?

Giovanni              - No, signorina, un po' letteraria; ma in fondo è l'aria di casa! Soltanto (caricaturale) se dovesse scap­pare all'abat-jour una trovata altrettanto deliziosa, que­sta, volta vorrei essere io il primo a sentirla, la voce delle cose!....

Giulia                   - Tale e quale! Ha girato mezzo mondo, s'è fatto persino egiziano; ma la voglia di ridere di tutto, di vol­gere in ischerzo anche i sentimenti più profondi non l'ha mica perduta (tra schersosa e amara) Cattivo! Si ride eh? quando parla questa povera Giulietta... Come allora !

Giovanni              - Come allora: brava! È lei, signorina, che è ri­masta tale e quale! Se fossimo ancora a Rieti invece di essere qui, oggi, nella casa di Giacomo Barzi, scommetto che dopo cinque anni, poiché ormai (declamatorio) è l'ora che volge al desio, la troverei a! solito posto dei nostri incontri serali: sul ponte del Velino, con l'immancabile libro di versi sotto il braccio e lo sguardo fisso là dove ' il fiume, seccato anche lui d'essere guardato a quel modo da tutte le ragazze del paese, fa un voltafaccia brusco e via.... pei fatti suoi e da persona seria..Si ricorda, eh?! « Una perla rapita ai tuoi capelli, solo una perla può salvar chi muore!... »

(tutti ridono; anche Giulia che ha preso in buona parte lo scherzoso ricordo di Giovanili. Solo Nanetta riprende l'a­mico con malinconica dolcezza).

Nanetta                - Non infierisca troppo, Giovanni!

Andreina             - Pietà per le innamorate de! Velino !

Giovanni              - (cui l'atteggiamento serio e rigido di Nanetta persuade a parlare seriamente, ora) Non infierisco, ma quando mi capita cerco d'insinuare magari scherzando la « mia » verità... Perchè sotto il mio scherzo c'è una ve­rità, e, vede, me la suggerisce forse (toccando lo stelo della lampada) questa lampada stessa..Ma a me, signo­rina Giulia, dice tutt'altra cosa: (ora egli parla quasi con entusiasmo) che di là da questi quattro muri, di là da questa casa c'è il mondo con tutte le sue strade e i! sole che avvampa ; c'è la vita vera di là, che, sola, merita d'essere amata e vissuta e che, mi creda, vale assai più di quante parole e creature romanzesche possano sbocciare (additando la scrivania di Giacomo) da uno di quei fogli di carta bianca, come i fiori finti dal cartoccio del prestidi­gitatore. Che c'è il gran sole che abbaglia lontano di qui: ecco che cosa mi dice questa caricatura di solicello finto e sbiadito. Il gran sole, la vita che chiama....

Nanetta                - (immediatamente esaltata nella difesa delle idee di suo marito la (piale solo riesce a scuoterla dalla im­mobilità estatica in cui ella è rimasta finora) No, Giovan­ni! C'è modo di chiamarla con la fantasia, di raccoglierla tutta qui dentro, la vita che dice lei! (Nanetta parla ora grave e letteraria: così che nelle sue parole sembrano c-cheggiare espressioni consuete di Giacomo) Tutto il mondo, se l'amore e la fantasia lo chiamano, entra nel più piccolo giardino, Giovanni !

(Giulia è rimasta, tra attonita e ammirata, ad ascoltare Nanetta che parla così. Anche la signora Anselmi e An­dreina approvano la padrona di casa e parteggiano per lei. Contemporaneamente le tre donne volgono un'occhiata verso Giovanni che ha l'aria di dirgli: « Ti ha chiuso la bocca, eh? » Ma Giovanni prende a volo la superba frase di Nanclta e di rimbalzo:)

Giovanni              - Eccola! Me la immaginavo! È la letteratura che arriva! (ironico) Lasciatele il passo! Largo! Come ha detto: tutto il mondo in un giardino! E chi le aveva sen­tite mai, parole cosi sulla bocca della signora Barzi? Questo è Giacomo che paria! L'evoluzione è dunque com­pleta! (più decisi parteggiamene delle donne per la pa­drona di casa: si vede dagli incessanti cenni del capo. Ma Giovanni insiste). Ma lei, signora mia, dia retta a un vecchio amico suo e di Giacomo: voglia a suo marito tutto il bene possibile, ma persuada quel grande egoista a non tenerla troppo sacrificata qui dentro ; a tenerla un po' tra le persone vive, non sempre e solo fra le ombre che popolano quésta casa perchè...

(un moto istintivo di curiosità fa volgere ansiosamente le tre donne verso Giovanni. Anche Nanetta sembra in­cuorarlo a parlare, quasi appassionata al nuovo proba­bile dibattito. Ella mormora:)

Nanetta                - Perchè...

Giovanni              - (dopo una breve pausa e riprendendo in pieno il tono scherzoso di poco prima: rivolto, ora, alla signora Anselmi) Perchè lei non lo sa, signora Anselmi, ma là dove lei poco fa sgretolava tranquillamente un pasticcino c'è l'ombra di... Clotilde Scherani, (a Giulia) Si chiama così,.è vero, la protagonista di quella novella di Giacomo dove non c'è un solo personaggio che rida una volta, al­meno una volta?

Giulia                   - (pronta e enfatica) Clotilde Scherani, sì: l'eroina de « Le sette spade ».

Giovanni              - Già «Le sette spade» e (sempre rivolto a Giu­lia) lei badi bene prima di avvicinarsi a quella scrivania perchè corre rischio di sedersi proprio sulle ginocchia dì Claudio Sceiba — si chiama così quell'altro allegrone della commedia, è vero? — che ha finito adesso adesso di stillarsi dal cervello l'ultima disperata lettera d'amore?...

Giulia                   - Questo vuol dire che lei, che dìsprezza tanto la letteratura, li legge, i libri di Giacomo Barzi. Se ricorda perfino i nomi dei personaggi... Giovanni - Li leggo, li leggo (sempre rivolto alla signorina Giulia) Crede che non l'abbia riconosciuta lei, in Emilia Assanti di « Tenerezza »?

Giulia                   - (accompagnando la domanda con un gesto evasivo die pare voglia smentire l'affermazione di Giovanni) Me?

Giovanni              - Lei, sì, nelle romanticherie di Emilia (e rivolto a tutte le ascoltairici) Davvero, signore mie, qui poi c'è un altro pericolo: di venirci in carne ed ossa in questa casa e, un bel giorno, trovarsi immortalati nell'opera d'arte...

Nanetta                - (fa un cenno di diniego, poi quasi sottovoce) Che dice, Giovanni?

Giovanni              - Sicuro: immortalati! Né potete rimproverarlo, lo scrittore. Lui si giustifica dicendo che prende il suo bene dove lo trova. Ieri è stato il turno della signorina Giulia; domani, forse, sarà il mìo.... Me lo aspetto anzi. (Nanetta sorrìde, continuando a scuotere la testa. La si­gnora Anselmi guarda l'orologio al polso di Andreina).

La signora Anselmi     - Ma abbiamo fatto tardi, ormai. Bi­sognerà andare, Andreina, (a Giulia) Viene con noi, Giulia?

Giulia                   - Certo: anche per me ormai...

Giovanni              - (gentile e bonario, a Giulia) Se no, se proprio non le faccio paura, ci sono io per accompagnarla.

Giulia                   - Grazie, Araldi! Esco con loro, (poi, in tono di affettuoso rimprovero) Lei resti; avrebbe il coraggio di andarsene senza farsi prima perdonare dalla padrona di casa tutte le eresie che ha detto fin'ora? (Giovanni china il capo in segno di ubbidienza. Intanto la signora Anselmi abbraccia Nanetta).

La signora AnsElmi    - A rivederci presto, signora Barzi !

Andreina             - Addio, Nanetta !

Nanetta                - A presto, signora! Addio, Andreina! (a Giulia die le si è avvicinala per salutarla) Cara Giulietta, e chis­sà a quando adesso?

Giulia                   - (premurosa, a Nanetta) Cerca di persuadere Gia­como a venire a riposarsi in Umbria qualche tempo. Pensa! se si potessero passare un paio di mesi insieme, noi due!...

(Giovanni si inchina alle tre dotine. Quando Andreina gli passa vicino, egli le stringe la mano e trattenendo­gliela un momento le mormora:)

Giovanni              - Mi raccomando, signorina! Non fantastichi sulle linee del dolce mistero! Chi sarà?

Andreina             - (accennando a chiudere la bocca di Giovanni con la mano) Impertinente!

Giovanni              - (a Andreina) Perdono e arrivederci! (a N'a­lletta) Faccio gli onori di casa?

Nanetta                - Grazie, Giovanni !

(Giovanni esce un momento da destra insieme alla signo­ra Anselmi, Andreina e Giulia e rientra subito dopo).

SCENA SECONDA

Nanetta - Giovanni

Nanetta                - E adesso che siamo a quattr'occhi, mi dice perché è stato così perfido, oggi?

Giovanni              - Perfido io, mia buona amica? Non mi sembra!

Nanetta                - Eh! si, via... Con quella povera Giulia...

Giovanni              - Allegro tutt'al più sarò stato. Allegro e sincero! Perchè la mia sincerità, a differenza della sua, è allegra! Come allora, d'altronde: a Rieti, quando s'era un po' più giovani tutti e tre: lei, Giacomo, ed io. Allora, se io trovavo un po' di grazia presso di lei, era perchè la di­vertivo. Le ero simpatico per questo, sopratutto.

(il ricordo suscitato da Giovanni fa sorridere Nanetta che si schermisce con un gesto vago e mormora:)

Nanetta                - (incalzando) Oh! si, soprattutto per questo! Si ricordi bene, si ricordi l'ultima gita in barroccio a Santa Rufina, l'ultima scampagnata prima che io partissi. Ce l'ho qui, vivissima nella memoria, quella sera di luglio! Gia­como aveva declamato durante tutto il tragitto: e lei! (spalanca la bocca) a berselo, a bocca aperta, quel fiume dì versi! Ma quando s'arrivò alla locanda di Santa Rufina... non c'era anima viva, ricorda?

Nanetta                - (sorridendo di nuovo al ricordo) Nessuno: ri­cordo benissimo... Frugammo tutta la casa e il frutteto, in tre.

Giovanni              - Bene! Se questo brav'uomo che non sapeva versi a memoria avesse sdegnato di scendere in cucina, di met­tersi un grembiule trovato lì e di improvvisarsi cuoco, che cosa ci sarebbe stato quella sera per la sua bocca an­cora estatica, signora Nanetta? o meglio signorina N'a­lletta, come era allora? Unpiatto di stelle, tutt'al più... Se la ricorda invece, quella frittata servita all'aria aperta dal cuoco improvvisato? Si rise eh! quella sera? Riu­scimmo a far ridere anche lei, l'eterna malinconica! Ri­corda?

Nanetta                - (sorridendo tristemente) Se ricordo! Pazzie di giovinezza !...

Giovanni              - Ritorno dopo qualche anno e che trovo? Giaco­mo in pieno delirio letterario, ubriacato anche da qual­che primo successo ; lei, legittima moglie di Giacomo, ammalata di letteratura anche lei: tutti e due, come a quei tempi, seduti al banchetto dei sogni e chiusi, oggi, er­meticamente chiusi in una casa popolata di fantasmi.... E allora — è naturale — io, uomo d'azione che amo vi­verla, la vita — poiché qui sento declamarla malinconica­mente, romanticamente — non so fare a meno di pro­porre l'antidoto del mio buon umore! (ridendo ancora alla fri-volità spensierata della scena che ha ricordato po­co prima e che rievoca adesso) Suvvia! il grembiule di rigatino, la pentola in mano, una soffiata sul fuoco e il poeta e la signorina... sono serviti !

Lanetta                - (con un senso di mal celata amarezza e inter­rompendo il riso squillante di Giovanni) Questo vuol dire che lei ride anche della mia, della nostra felicità di oggi. F„ forse, che non ci crede...

Giovanni              - (serio) Se ci credo! Solo, avrei preferito che essa mi apparisse diversa: non so: più schietta, più lumi­nosa, più felicità insomma, (affettuoso) Invece, vede: a sentirne parlare, lei stessa si intristisce. Come prima, quando la sua amica parlava, parlava, e lei s'era rannic­chiata tra"la scrivania e la parete, là in quel cantuccio: che quasi non si vedeva più, con quest'abito cenere... Gli occhi si vedevano, appena: le vampe degli occhi...

Nanetta                - (vagamente) Anche lei, gli occhi... È curioso...

Giovanni              - Perchè?

Nanetta                - Perchè un giorno che ero vestita così e stavo laggiù mentre lui lavorava, Giacomo si voltò d'un tratto, mi sorprese che lo spiavo e ebbe la stessa impressione: che dì tutta me gli occhi soli fossero vivi. E mi doman­dava ogni tanto mentre continuava a lavorare; mi do­mandava, così, per ischerzo: — « Nanetta, c'è ancora fuoco sotto la cenere? »

Giovanni              - Ecco: e proprio questo per me è l'errore di Gia­como. Giacomo da perfetto egoista non ha fatto che esacerbare in lei quel carattere tra romantico e doloroso che gli ispirò la sua improvvisa passione. Mentre invece avrebbe dovuto pensare a guarirla, la sua mogliettina! E per guarirla non c'era che un mezzo: un bel bimbo... (Nanetta si passa istintivamente la mano sugli occhi quasi per impedire che Giovanni vi legga l'impressione penosa suscitata dalle parole di lui) eppoi, prenderla, questa ma­linconica ostinata, spogliarla di tutte le sue tristezze e tuffarla pienamente, orgogliosamente nella vita !

Nanetta                - Ma, in fondo, di che cosa mi fa una colpa lei? Di essermi attaccata, così, ai sogni di mio marito?

Giovanni              - Lei, colpa? Nessuna! La sua è una dedizione completa e non si discute! La colpa, mia cara, è nell'egoi­smo dell'uomo. È il suo egoismo, capisce, che le impone questo pericoloso contagio... di ombre.

Nanetta                - (esaltata improvvisamente) È la sua fede! La fede nel lavoro, nell'avvenire...

Giovanni              - (vagamente) L'avvenire è un mistero per tutti. E intanto la sua giovinezza si consuma, si umilia...

Nanetta                - (che coglie subito il significato delle oscure pa­role di Giovanni) Già: quella che chiamo fede può es­sere per gli altri un'illusione... Ma che importa, se da quando ho sposato Giacomo, non conosco altra gioia che dividere le trepidazioni del suo lavoro e essergli più vi­cina che mai nelle sue ore più oscure? Perchè (grave e triste) se ne vivono, ore angosciose, qui dentro: ore in cui c'è gelo e nebbia per tutta la casa... (Giovanni ha come un mulo cenno di disapprovazione ; ma Nanetta subito di rimbalzo e animata da un impeto nuovo) Ma quando una piccola luce attraversa quella nebbia e la rompe, quando sento il pensiero di luì scaldarsi ancora una volta per un'idea nuova che nasce, oh! allora!... (con una vampa di fede negli occhi e con una esaltazione dalla quale anche Giovanni è visibilmente turbato) allora tutta la realtà lontana e sconosciuta, mi creda, non vale il mio brivido d'orgoglio e d'amore perchè sono stata io, forse, a sorreggere fino a quella piccola luce l'uomo che amo, io, forse...

Giovanni              - (portato dal suo temperamento a dare al dia­logo un tono di maggior vivacità: tra scherzoso e con­vinto:) Collaboratrice ideale, dunque? Chi avrebbe detto questo della signorina che viveva quasi sepolta in quella grande casa di paese?...

Nanetta                - (umile e vaga) Oh! Non collaboratrice! Biso­gnerebbe offrire ben altro a un artista per essere la sua collaboratrice! Offrire ben altra esperienza alla sua arte! (infiammandosi) Essere tutte le donne in una sola, rac­cogliere più vite in una vita, per.lui: Questo! E invece... (con un profondo scoramento) Non posso essere se non la povera cosa che sono: un po' di fuoco sotto la cenere... (ancora una volta Giovanni e messo a disagio dalla im­provvisa tristezza della donna che il suo spirito non com­porta e cerca di risollevare Nanetta col suo solito tono vivace: le prende tutte e due le mani, le chiede:)

Giovanni              - A che cosa lavoriamo dunque, adesso? Teatro, romanzo?

Nanetta                - Giacomo pensa a un dramma da qualche tempo. (vagamente) Credo intorno a una figura di donna...

Giovanni              - (tra scherzoso e enfatico) Una donna fatale, certo!... Qualche passione furibonda...

Nanetta                - (sinceramente) Niente so ancora: niente.... (Appaiono sulla porta di destra Laura e Maria. La madre di Giacomo è vestita molto dimessa, da donna di età e dì casa, e ha in mano qualche piccolo involto. Maria è in un semplice tailleur da viaggio, non scevro di qualche ci e gali za. Laura spia prima di entrare).

SCENA TERZA

Nanetta - Giovanni - Laura - Maria

(Appena Giovanni vede apparire Laura, balza in piedi, corre verso di lei e con quella dimestichezza bonaria che egli ha sempre con la madre di Giacomo si accinge a trarla per mano).

Giovanni              - Avanti! Niente paura! (alludendo agli involti) Avanti con i suoi tesori!

Laura                   - (ridendo, a Giovanni), Piano, Araldi, piano! La-scia il passo a Maria e la addita a Nanetta) Ha voluto tornar su, prima di partire... Ci siamo trovate a mezza scala.

Nanetta                - (si dà un piccolo colpo sulla fronte come se solo adesso si risovvenga) Ha voluto, poveretta! Colpa mia che ho dimenticato di farle lasciare giù... (e poiché Ma­ria ha un cenno di bonario rimprovero) O meglio: colpa di questo bel tomo (mostra Giovanni) che mi ha fatto im­pazzire oggi, con le sue chiacchiere... (a Giovanni) Lei conosce mia sorella?

Giovanni              - Mi domandi se la riconosco... Amici di vecchia data, siamo... (a Nanetta) Non ricorda? (a Maria) Come sta, signora Fioresi? E il dottore, suo marito? Sempre in Abruzzi, loro?

Maria                   - Sempre lassù. Sto per ripartire, anzi.

Giovanni              - E figliuoli?... Fioresi ne voleva: ricordo...

Maria                   - (sorridendo) Oh! È stato esaudito generosamente... (Maria guarda un istante Nanetta, ma questa volge su­bilo gli occhi altrove: poi, dopo un silenzio:)

Nanetta                - (a Maria) Te lo porto subito qui, allora... (e corre via da sinistra).

SCENA QUARTA

Giovanni - Maria - Laura poi Nanetta

Giovanni              - (a Laura guardando Maria) Molto bene davvero la signora Maria !

Maria                   - Eh! quella vita, lassù...

Giovanni              - Aria aperta e figliuoli... (a Laura, accennando a Nanetta) Bisognerebbe persuadere anche sua nuora a cambiare un po' vita, (grave) Eh! S'è discusso seriamente io e la padrona di casa... Lei sa, signora Laura, come la penso io...

(Nanetta rientra in questo momento da sinistra e si im­batte nella sorella subito. Laura e Giovanni parlano fra loro nel (ondo. Nanetta a Maria sono nell'avanscena, pro­prio accanto alla scrivania. Nanetta consegna a Maria un piccolo passamontagna blu di maglia di lana che ha portato con se e le mormora:)

Nanetta                - L'ho fatto da me...: Blu, deve stargli bene, po­i-ero piccolo... Bacialo tanto per me (Laura e Giovanni sorridono nel fondo) Digli: questo te lo manda zia Na­netta. L'ha fatto con le sue mani...

Laura                   - (a X e netta) E adesso, lasciala andare. Le fai per­dere il treno, se no...

Maria                 - (affrettandosi verso l'uscio di destra, seguita da Nanetta) Eh! si, bisogna... (a Laura) Arrivederci, si­gnora.,, (a Giovanni, tendendogli la mano) A presto, A-raldi... So che è stato a Rieti, già. Una scappata in A-liruzzi, no?

 Giovanni             - (stringendo la mano di Maria) Eh! Chissà!?

Laura                   - (a Maria) Più facile che lei lo ritrovi qui in una delle sue prossime corse a Roma, signora! Ha ripreso le abitudini di un tempo con Nanetta e Giacomo...

Giovanni              - (scherzoso) Grande amico della coppia letterata, sì ; ma sopratutto devotissimo della signora Laura. Ci si intende meglio, io e lei. -

(Nanetta intanto è sull'uscio con Maria. Le scocca due baci sulle gugneie, sosta al secondo e dice, appassionata:)

Nanetta                - Questo pel piccolo.

(Maria esce).

SCENA QUINTA

Laura - Nanetta - Giovanni

Giovanni              - E adesso posso filare anch'io, tranquillo, (a Na­netta, additando Laura) La lascio in buone mani... Ah! migliori certo di quelle in cui l'ho trovata! (a Laura) Avrebbe dovuto esser qui lei, oggi, quando c'era la si­gnorina Giulia.... Inesauribile: le dico! Tanto da costrin­germi a una seria difesa... (stringe con molto affetto le mani di Nanetta) Ma la padrona di casa m'ha già perdo­nato e mi saluterà Giacomo, quel girandolone... (Nanetta sorride. Giovanni s'inchina a Laura) A presto, signora Laura! (esce)

SCENA SESTA

Nanetta - Laura

Nanetta                - Meno male che non lo ha aspettato al ritorno, Giacomo! Sarebbe stato capace di fargli perdere la se­rata con le sue chiacchiere... E lei sa: sono le ore migliori per Giacomo, queste. (dal cortile della casa salgono voci e strepiti di ragazzi).

Laura                   - (s'accorge che la finestra del balconcino è socchiusa e mentre s'avvia per chiuderla) Dio! Questo cortile! C'è la radunata di tutti i ragazzi del quartiere, la sera! (pre­murosa) Credimi: Giacomo, per lavorare, ha bisogno di una casa più tranquilla: magari più lontana dal centro della città, ma tranquilla...

Nanetta                - (sorridendo bonariamente) No, mamma: danno fastidio a noi questi        - rumori. Ma quando lui lavora, non li sente neppure... (vagamente) Certe volte neanche di me s'accorge che gli passo vicino, se c'è qualcuno e... qual­cuna con lui...

(Giacomo appare sulla porla di destra. Ha una lettera in mano).

SCENA SETTIMA

Laura - Nanetta - Giacomo

Giacomo              - Addio, mamma. Buona sera, Nanetta. (Nanetta abbraccia e bacia Giacomo).

Laura                   - (a Giacomo) Buona sera, Giacomo (a Nanetta) E adesso fatemi andare a vedere che cosa mi sta com­binando Lorenza, sola, di là... (accorgendosi che Va luce è già affievolita) Deve essere già tardi... (riprende gli in­volti che prima aveva deposto sulla scrivania e esce via da sinistra trotterellando).

SCENA OTTAVA

Nanetta - Giacomo

Nanetta                - Posta?

Giacomo              - Poca roba: una lettera sola.

Nanetta                - Per te?

Giacomo              - Si: deve essere Palmieri. Viene da Milano.

Nanetta                - Dice?

Giacomo              - Non l'ho aperta ancora: vieni, che la leggiamo insieme (apre la lettera, porta la moglie in quello spira­glio di luce che ancora trapela dai battenti del balcon­cino mentre il resto della stanca è già tutto nella penom­bra e mormora:) Vediamo...

(leggono insieme. Nanetta è dietro le spalle di Giacomo. D'un tratto si vedono sorridere, insieme, nella luce).

Giacomo              - (sicuro di quello che dice, senza voltarsi a guar­dare sua moglie) Tu ridi! Ti sfavillano gli occhi, Nanet­ta!

Nanetta                - (restando anche lei immobile dietro le spalle di Giacomo) Come i tuoi !

Giacomo              - (di slancio con un misto di tenerezza e di orgo­glio verso sua moglie; mentre la lettera gli cade di mano) Ma di': l'avresti creduto tu che il mio primo romanzo sarebbe giunto nelle mani di un'attrice così nota e mi avrebbe definitivamente aperta la via del teatro? (con­vinto, quasi parlando a sé stesso) Ma in fondo ; io capi­sco, sai, come un'attrice possa essersi innamorata di quel tipo di donna. Emilia Assanti ha in quel libro tutto un suo vero e proprio dramma...

Nanetta                - (che immediatamente condivide l'entusiasmo di Giacomo) Gli è che la nostra povera Giulia, col suo mo­desto romanzo provinciale, ti è balzata dal cervello così viva, così umana, così lei! Tanto lei che, vedi, quando poco fa parlava in questa stanza io sentivo sulla sua bocca non le parole che realmente diceva, ma quelle che le fai dire tu nella scena con sua madre che per me è sempre la pagina più commovente...

(ma le parole di Nanetta quasi non giungono a Giacomo. Si vede che egli è già preso da un pensiero nuovo e lo persegue. D'un tratto egli sembra smuoversi da quello smarrimento improvviso come per l'impero irresistibile di una confessione che ancora non sboccia sulle sue labbra e di cui non prorompe che una trepidante invocazione:)

Giacomo              - Nanetta.

Nanetta                - Dimmi...

Giacomo              - (cauto e misterioso) H se altrettanto vìva bal­zasse dal mio pensiero questa creatura nuova che ho qui?... (si passa la mano sulla fronte e non osa. La pausa nuova di Giacomo incuriosisce vieppiù Nanetta che sem­bra protendersi verso di lui. Giacomo prosegue, vagamen­te, sempre trattenuto da una strana esitazione) Perchè, se questa volta non è stata proprio la realtà a fornir­melo, intero come nel romanzo, il personaggio che vive sempre più chiaro nella mìa fantasia, pure qualche sug­gerimento m'è venuto dalla realtà e da quella più vicina a me. (nuova palese avidità della donna verso la parola del marito. Infine Giacomo prorompe e la sua voce è ora nitida e ferma come di chi enunci una formula o un tema) Nanetta, se io ti raccontassi come è nata nel mio pensiero l'angoscia di questa tragica madre, di questa povera amante disperata che io vedo... (un improvviso pallore sul volto di Nanetta. Giacomo lo sorprende e esita di nuovo. Ma la donna si accorge che il suo improvviso turbamento non è sfuggito agli occhi di lui e cerca di risolvere in una celia serena e dolce l'ansia che, ora, la tiene. Incomincia da questo momento l'interrotto giuoco di padronanza di se stessa e di trepi­dazione che Nanetta condurrà fino alla fine della scena). Nanetta        - (quasi fanciullesca) Bene! Bene! Abbiamo dunque un segreto che l'artista questa volta intende tenere tutto per sé, un segreto di cui pare che questa piccola moglie non sia degna... (tra scherzosa e dolorosa; ambi­guamente) Nanetta non è degna di conoscerlo, il segreto del poeta!... (ed ecco che ella si scosta da luì come se la reticenza di Giacomo la offenda. C'è poca più luce or­mai nella stanza; ma nessuno dei due ha pensato ad ac­cendere la lampada. Le due figure si muovono sulla scena come ombre nell'ombra. D'un tratto Giacomo prende la moglie per le mani, l'attira a sé, le mormora)

Giacomo              - Piccola, senti: (cercando di mettere nelle sue parole una grande virtù di persuasione) tu sai che un artista non può dire come gli baleni la prima idea di un lavoro, che egli non la sceglie da sé, la creatura nuova del suo pensiero. Egli è quasi sempre lontano da sé stesso, quando un elemento qualsiasi della realtà, il più luminoso o il più oscuro, cade in possesso nella sua fan­tasia che subito comincia a trasformarlo, ad arricchirlo... (Nanetta guarda Giacomo attonita, sorpresa da questo strano preambolo di cui non sa rendersi conto. Ma Gia­coma finalmente vince la sua trepidazione puerile e dice forte, tenendo sempre avvinte le mani di sua moglie) Pìccola, questa creatura nuova è nata da te! (un brivido corre le vene della donna; ma ancora una volta ella lo dissimula appieno: solo trabocca dal suo volto proteso verso Giacomo una aspettazione ansiosa della parola di lui)

Nanetta                - Da me?

Giacomo              - (senza ritegno ormai; esaltato, quasi, dalla sua stessa confessione) Da un'ora della tua vita, da un gesto, da una tua estasi quasi... E si, che non era la prima volta! T'avevo già visto in quell'atteggiamento, avevo già colto quel gesto... Finché un giorno lo ha ghermito un occhio più acuto di questi che ora fissano i tuoi, lo ha gettato in una profondità misteriosa del mio spirito, e da quel nulla, da qtiel gesto è nata tutta la vicenda di un dramma... (dopo una pausa) Ecco perchè ho esitato, per­chè'l'idea nuova, questa che da qualche tempo scaccia ogni altro pensiero dal mio cervello, eri stata proprio tu a fornirmela... (umile) E io non osavo.... Come un bam­bino che ha rubato un ninnolo prezioso e mentre con­fessa, stenta ad aprire le mani perchè teme di averlo già guastato... Temevo forse anch'io e temo di guastare con la mia fantasia questa fragile realtà che mi viene da te... (la profonda sincera commozione che traspare da questa parole dì Giacomo turba e insieme esalta la donna, la quale, ecco, è subito pronta a offrire all'uomo, che ella perdutamente ama, la parte più dolorosa e più viva di sé stessa)

Nanetta                - Profanare, tu! Che dici? Mai io sarò stata cosi profondamente tua come quando tu potrai dirmi « qual­che cosa di te, Nanetta, è posseduta dal mio pensiero e lo riscalda... » (umilmente) Soltanto io mi chiedo come mai tu dalla mia vita così grigia, eguale...

Giacomo              - Oh! Alla fantasia basta un piccolo segno., uno spiraglio appena...

Nanetta                - (che ora parla come in un sogno; abbagliata, quasi, da un miraggio) Ma tu hai detto: « una tragica madre, una povera amante disperata... »

Giacomo              - (oscillando tuttavia tra l'esaltazione per il suo nuovo lavoro e la trepidante paura di profanare qualche cosa dì sacro) Una madre, sì, e un'amante (con l'estraneità dell'autore che racconta la vicenda del suo lavoro) Piccola, pensa tu una giovinetta che, proprio sul limite dell'adolescenza, sia stata travolta da una disgraziatissi-ma avventura: vittima e niente più.

Nanetta                - (vincendo un'istintiva tragica meraviglia che deve apparire molto palese nel giuoco dell'attrice) Il mio passato...

Giacomo              - Sì: ma la mia fantasia lo trasforma subito. Se­guimi, piccola. L'uomo che ha commesso l'infamia, nel mio dramma, ha abbandonato la donna con la creatura del suo sangue: ecco l'elemento irreale... (una nuova ondata di stupore doloroso fa quasi vacillare Nanetta; ma la sua volontà ancora la sorregge e la impietra nella attesa spasmodica della parola di Giacomo che prosegue, indifferente). Ora, pensa: come tu sei rinata dal tuo do­lore, questa donna rinasce dal suo; e, come è accaduto a te, ella si è già ricomposta una vita con un altro uomo che si è innamorato di lei anche per la sconfinata ombra di quel dolore, quando...

Nanetta                - (con un filo di voce, appena) Quando?

Giacomo              - Quando, ecco un richiamo improvviso a far ri­sorgere il passato !... È un impeto supersiste di maternità risvegliato dal figlio stesso, è un'infinita disperata tene­rezza nuova che crea nella donna il tragico dissidio tra la madre e l'amante. E questa idea, lo crederesti? mi è venuta da te...

Nanetta                - (trepidando) Da me?

Giacomo              - Da te: pochi giorni fa, quando ti sentivo decan­tare, come fai sempre, i figli di tua sorella e il piccolo specialmente, per il quale avevi fatte grandi spese: l'a­tlante, la scatola dei colori.... Vedi che basta alla fan­tasia!... Ti guardavo mentre correvi dal tuo comò alla valigia di Maria. A un certo punto hai detto, mostran­domi la scatola dei colori, e cantavi e saltavi: hai detto: « Già, lo sento: — zia, zia Nanetta! Cara la mia ziet-tina !... » È bastata, vedi, quella tua esaltazione, il tono della tua voce in quel momento perchè io vedessi una madre in te! (riprendendosi) nella donna che era nata da te e cominciava a vivere allora nel mio pensiero...

Nanetta                - (con un impeto improvviso, quasi ella avesse già conchiusa nel suo spirito la sorte della immaginaria creatura) Ma se questa donna ama veramente l'uomo col quale si è ricomposta una vita, da qualunque parte le venga il richiamo, comunque il passato risorga, ella non potrà mai distaccarsi da lui che è diventato il suo nuovo destino... Mai !

(un'onda d'angoscia è passata in quel « mai » che la donna ha pronunciato con la voce quasi mozza. Giacomo è turbato anche lui; guarda la moglie con infinita tene­rezza, poi:)

Giacomo              - Nanetta, io mi domando chi sei tu che al mio primo accenno ti trasformi, rinasci un'altra da te stessa, tu che sapresti essere per me ogni donna della mia fan­tasia, tu che, vedi, hai già accolto nel tuo spirito questa figura così lontana da te e ti ci appassioni già... Chi sei tu che, lo sento, perchè viva una creatura del mio pen­siero,, offri il calore della tua vita, persino?...

Nanetta                - Oh! Se te l'offro... (come i due sono vicini alla grande lampada presso il divano, Nanetta fa cenno di volerla accendere ; ma Giacomo la distoglie e le mostra la piccola lampada sulla scrivania. Quando ella è vicina alla tavola, si volge verso Giacomo e gli chiede bonariamente) Come la chiamerai, Giacomo? Hai trovato già?

Giacomo              - È nata da te. Dammi il suo nome, tu...

Nanetta                - (semplicemente, quasi scherzosa) « È nata da me, dici... Chiamala come me. Vuoi? È carino « Na­netta » !

Giacomo              - (commosso) Col nome tuo? Non ti dispiace? (Ella accende la lampada sulla scrivania presso la quale Giacomo l'ha raggiunta. Tutta la stanza è nell'ombra: non c'è che un solo punto luminoso, il foglio di carta sotto la lampada, e abbaglia. Giacomo si siede alla scrivania. Na­netta gli tocca una mano, tentenna misteriosamente la testa e si avvia verso la porta di sinistra. Quando è quasi sulla soglia si imbatte in Laura che sta per entrare. Na­netta la ferma sulla porta, le mormora sottovoce perchè Giacomo non senta)

Nanetta                - Lasciamolo: non è più solo... (vaga) É con Na­netta... Un'altra Nanetta....

(Laura accentui a tornare sui suoi passi, meravigliata: con l'aria di chi non intenda appieno, ma non osi doman­dare di più).

CALA LA TELA

ATTO SECONDO

(Scena iniziale) al primo atto)

SCENA PRIMA

Lorenza

Una voce - (da una finestra di fronte) Buon giorno, sora Clotilde!

La voce di Clotilde     - (dalla portinerìa) Altro che « buon giorno! » Lavoro da quattr'ore, lavoro! Ho mandato su la posta, cavaliere...

Lorenza               - (affacciandosi dal balconcino) E i giornali, me li mandate su? Che da un momento all'altro chiama il pa­drone.

La voce di ClotilE       - Ve li mando da Peppino, dopo... (Lorenza rientra dal balconcino che lascia aperto, getta un'occhiata sulla scrivania e guardando il portacenere sul tavolo) Dio! quanto ha fumato, stanotte! (prende il portacenere e ritorna al balconcino per gettar via i resti del fumo. È ancora lì quando da un'altra fine­stra cominciano a fischiettare. Lorenza zufola anche lei in sordina, il motivo che ode)

 La voce dì Clotilde    - Allegra, eh, Lorenza!

Lorenza               - Eh! Con questo cielo e questa luce mi sembra di stare a Collemaggio stammattina: là, al mio paese... (appare sulla porta di sinistra Laura che sorprende que­ste ultime parole di Lorenza)

SCENA SECONDA

Laura - Lorenza

Laura                   - Come ti si deve far capire, Lorenza, che non le voglio queste chiacchierate dal terrazzino?

Lorenza               - Pregavo la portiera pei giornali ; m'è uscito di mente, prima.

Laura                   - Ma tornaci giù, magari!

Lorenza               - Sei capi di scale, signora! E le gambe...

Laura                   - Non mi fare questo chiasso, almeno! Sai che è stato su tutta la notte, Giacomo? L'ho sentito rientrare in camera che era giorno ormai.

Lorenza               - Eh! Se lo so... S'immagini che stamattina, quan­do sono entrata qui, c'era tanto di luce accesa ancora! S'era scordato di spegnerla! Come se non costasse fior di quattrini la luce...

Laura                   - Stt... piano (sottovoce) Vediamo: ti sei ricordata di tutto? Anche la crema pel dolce? C'è il signor Araldi oggi-

Lorenza               - (si batte sulla fronte come per accusarsi della dimenticanza, poi fra se) Dove ce l'ho, la testa? (e come Laura scrolla il capo) Ma ci torno, signora. Eaccio su­bito, sa...

Laura                   - Già: per starmi fuori un'altr'ora. Sono le undici ormai e non hai ancora finito la camera da pranzo. Mi ci vado da me. Tu sbriga qui, piuttosto, (mostrando la scrivania) Solo, quelle carte sulla scrivania, non ci met­tere le mani. Ci pensa Nanetta a mettere in ordine, lì.sopra. E dai un'occhiata in cucina. Che sia tutto pronto quando torno.

(ancora dal cortile il motivo che canticchiavano poc'anzi. Laura fa un cenno con la mano, borbotta:) Che gente! (e esce in fretta).

Lorenza               - (appena Laura è scomparsa, riprende a zufolare in sordina e infine mormora fra se:) Perchè poi si debba lavorare la notte e dormire il giorno, proprio non lo ca­pisco! Che pazzie! (Lorenza s'accorge, ora, che anche sulla piccola tavola d'acajou c'è un portacere colmo di re­sti di sigarette, lo prende e va a vuotare anche quello dal balconcino. Vede Laura che in questo momento attra­versa il cortile e dice tra se:) Le fa a quattro a quattro le scale, la signora Laura! (chiude il balcone e dispone in ordine le poltrone. Neil'affaccendarsi per la stanza le accade a un certo punto di trovarsi accanto alla scriva­nia: le vien fatto istintivamente di stendere una mano verso l'ingombro delle carte che è sulla tavola; ma ricorda in tempo l'ammonimento di Laura, si trattiene e, ironica­mente:) Ah! Già, lì sopra non è permesso metterci le mani! C'è il santissimo! Ma che idee! che idee! (uno squillo di campanello. Lorenza esce in fretta da destra. Poi rientra accompagnando Maria Fioresi. La sorella di Nanetta è in abito da viaggio e appare stanca per le molte ore di treno).

SCENA TERZA

Lorenza - Maria

Lorenza               - (come continuando qualche cosa che abbia co­minciato a dire di là, fuori della stanza) Come mai a Ro­ma, signora? Vado subito a chiamarle sua sorella.

.Maria                  - (ansiosa, senza rispondere a Lorenza) Dille di non farmi aspettare e cerca di non svegliare il padrone, se ancora dorme.

Lorenza               - (insistente tuttavia nelle domande) E il signor dottore, come sta?

(ma un cenno imperioso di Maria persuade Lorenza a non insìstere. Lorenza esce da sinistra e Maria rimane un istante sola. La sua agitazione non le consente di re­stare seduta. Ella attraversa in lungo la stanza e, quan­do è proprio davanti alla porta dalla quale è uscita Lo­renza, si trova di faccia la sorella. Nanetta è visibilmente deperita: il suo volto emaciato reca i segni di parecchie notti insonni).

SCENA QUARTA

Maria - Nanetta

Nanetta                - Tu! (mentre le due donne si baciano, gli occhi di Nanetta, il cui turbamento è visibilissimo, interrogano tormentosamente la sorella; poi, come Maria rimane un attimo silenziosa a guardarla) Che c'è? Dimmi.... En­rico?...

Maria                   - Calmati! Enrico sta benissimo, (un grande re­spiro di sollievo da parte di Nanetta; ma gli occhi di lei non lasciano di interrogare, ansiosi, il volto di Maria) Non puoi indovinarla, la ragione di questa mia venuta improvvisa...

 Nanetta               - Che, forse, il piccolo....

Maria                   - No: ti ripeto. Non sono qui per lui. Ti assicuro anzi che quel ragazzo non divide affatto la strana agita­zione che ti ha preso da qualche tempo. Che lettere! Mi facevi paura! Perchè di punto in bianco tutte quelle an­sie: « Vigilate ogni parola, ogni pensiero di Enrico »? Che è accaduto, Nanetta?

Nanetta                - (ambigua) Nulla... ma dimmi tu, Maria, la ra­gione di questo tuo viaggio... Non mi tenere più così agitata....

Maria                   - (teneramente) Gli è che per parlarti io ho bisogno di saperti tranquilla... Invece dalle frasi che scrìvevi e anche dalla tua faccia si capisce che ti sei tormentata e ti tormenti per quel ragazzo. Ora, su questo io ti porto la calma più assoluta. Enrico non è stato mai così bene, non è stato mai così felice come adesso. Va a scuola tutte le mattine: a casa, mangia, dorme, si diverte con i miei figliuoli d'un gusto... Pensa: stamattina sono passata nella sua stanza prima di partire, nella stanza dove dor­mono lui e Armando, il più piccolo dei miei. Volevo dir­glielo: « vado dalla mamma, Rigo » E invece te l'ho ba­ciato appena, per te. Senza.svegliarlo, (quasi scherzosa) Ma a lui pare gli abbia dato fastidio quel bacio perchè s'è voltato dall'altra parte sbuffando: « auf... »

Nanetta                - (sorride tristemente, poi mormora) Lo vedo...

Maria                   - (prosegue sforzandosi di dare alle sue parole quan­to più è possibile di serenità e di calma) Sei dunque tran­quilla, ora, per lui?

Nanetta                - Sì: ma allora perchè tu?...

Maria                   - (prendendo le mani della sorella quasi per soste­nerla nel turbamento che le sue parole le procureranno) Perchè* piccola... Paolo Brusca... è tornato in paese, Paolo ha voluto parlare con me....

Nanetta                - (soffocando un urlo) Paolo! E tu l'hai veduto? Gli hai parlato tu ; tu, proprio?

Maria                   - Si: e sono venuta da te, subito... (l'improvvisa rivelazione di Maria getta Nanetta in una sorta di muto sgomento. Ella rotea ora lo sguardo su tutte le cose d'intorno e lo fissa, tra ammaliata e atterrita, sulle carte di Giacomo che scorge, ancora in disordine, sulla scrivania. Maria è sorpresa da quella strana fissità della sorella e tenta di scuoterla, toccandole le matti, le braccia, chiamandola a nome: due, tre volte) Che guardi, Nanetta? Parla, Nanetta. Non hai inteso? Non ti fissare così, Nanetta! (ma quando Nanetta esce da quel cerchio di muto sgo­mento e di fissità attonita, il suo viso ha un'espressione di terrore quasi puerile e le parole che dice sono tutte un grido soffocato di disperazione).

Nanetta                - Paolo è tornato! Paolo nella mia vita ancora! Questo hai detto, Maria? Proprio questo?

Maria                   - Sì, Nanetta! (con molta tenerezza e con molta calma) Ma tu non devi turbarti così! Ho voluto apposta esserti vicina io... Bisogna che tu ti calmi anzitutto... se vogliamo pensare insieme alla tua difesa... (ma per quanto Maria si studi di dare alla sorella un po' della sua calma, Nanetta non riesce a dominare la-paurosa agitazione che da qualche momento la tiene e un tremito incoercibile è nella sua voce, mentre ella final­mente prorompe:)

Nanetta                - Quasi non si riesce a crederlo, tutto questo, Ma­ria! Vedi: sarà forse perchè non dormo da molte notti e la mia povera testa è tutta piena di nebbia come per un'infinita stanchezza, ma io non capisco ancora se tu parli proprio di me e della mia vita o parli d'un'altra, se vuoi mettermi in guardia contro una tremenda minaccia del mio destino o se semplicemente vuoi commuovermi raccontandomi la sorte d'un'altra, d'un'altra povera don­ na come me... Ti giuro, Maria: io non so se vivo in que­ sto momento e ragiono o se faccio un sogno, un terri­ bile sogno..., (ancora gli occhi di Nanetta- si posano con la stessa insi­ stente fissità- di diansi sul biancore di quei fogli che quasi incantano il suo povero sguardo smarrito: ancora una volta Maria tenta di richiamare Nanetta a una più serena valutazione della realtà)

Maria                   - Non è un sogno, purtroppo. È una verità: impre­veduta, dolorosa anche... Ma uno scampo si troverà...

.Nanetta               - (con grande scoramento) E dove uno scampo? Io non posso, io non devo rivederlo neppure, quell'uomo! (quasi gridando) Che vuole poi, che può volere da me lui? Non gli basta tutto il male che m'ha fatto? (an­siosa) Ma se tu gli hai parlato, le sai già le ragioni di questo ritorno. Che cosa ha il coraggio di dire? Che chie­de da me?

Maria                   - Oh! Forse non è neppur lui: è la sua disperazione pazza che parla. Oh! se tu lo vedessi! (un cenno d'orrore da parte di Nanetta) Non lo riconosceresti davvero, Paolo d'una volta! Malato, in miseria... Non è più un uomo: è tutto un pensiero d'odio, è tutto un rancore vivo contro il destino che lo ha schiacciato! E questo suo passo, credimi, non è se non l'ultima ubriacatura di dolore e di rabbia, una cieca vendetta, anche se lui la vesta di umiliazione e di rimorso, quasi... Perchè, rico­nosce d'essere stato indegno con te...

Nanetta                - (avida) Così ti ha detto? Dimmi le parole sue !

Maria                   - Ti dico: riconosce d'aver commesso un delitto verso di te, ma aveva vent'anni allora, e a vent'anni chi sogna la conquista del mondo, può credere che il ma­trimonio con una piccola provinciale sia una terribile catena. Ma adesso che è solo e disfatto, dopo che in dieci anni ha tutto tentato e tutto perduto, gli sembra sol­tanto che una famiglia sua possa dargli una ragione di vita. Lontano, egli non ha saputo più nulla di te: cre­deva che tu fossi rimasta sola accanto alla creatura sua e tua...

Nanetta                - Ma adesso sa!

Maria                   - Sa: e è forse l'idea che-tu ti sia ricomposta una vita che fa più livida la sua rabbia. Ti vuole con sé, ca­pisci? Perchè sei la madre, di suo figlio. E dice che ti strapperà a chiunque: ad ogni costo: anche se dovesse ucciderlo, l'uomo che ami...

Nanetta                - (pallidissima) Questo minaccia? E se non oserà tanto, oserà certo rivelare che Enrico è figlio nostro.... Minaccerà una completa delazione a Giacomo... Perchè, quale altra arma avrebbe?

Maria                   - Per ora non chiede che di riavere te. Ma si potrà anche persuaderlo che quella-" che compie è un'infamia. Non è difficile dominare un vinto, un uomo ridotto così! Eppoì, Nanetta, se di fronte a una simile minaccia, pro­prio bisognerà che tu parli, parlerai a Giacomo, doman­derai — poiché sono in giuoco la tua felicità e il tuo amore — d'essere difesa da lui che ami e che ti ama...

Nanetta                - (con una ribellione improvvisa) Ah! No! Io non parlerò mai a Giacomo! Ho taciuto allora per non chiedere troppo alla generosità dell'uomo che mi dava il suo nome, ho taciuto per tanti anni, ho sofferto per tanto tempo gli impeti di questa mia maternità senza gioia, per amor suo, perchè Giacomo non sospettasse in me un pensiero solo che non fosse per lui ; e chi mi darebbe la forza di parlare oggi? No! No! (ora le sue mani si agi­tano come per dissipare davanti a lei una più terribile ra­gione che dovrà restare sempre il suo segreto e che ella non osa rivelare neppure alla sorella) Eppoi,.. vedi... Se questa minaccia si fosse disegnata prima nella mia vita, avrei forse potuto parlare a Giacomo... (desolata) Oggi non più... non più...

Maria                   - (sconcertata dall'atteggiamento misterioso della sorella) Oggi o allora? Non ti capisco... Dopo tante prove d'amore !...

Nanetta                - (il suo stesso dolore la sospinge ogni tanto fino al limite della rivelazione, ma ella la soffoca sempre den­tro di se e tutt'al più la traduce in un giuoco di più oscu­ra ambiguità:) Ah! Maria! La sorte è troppo, troppo perfida con me!... L'amore di Giacomo è immutato; è, forse, più profondo, oggi! Ma se io dovessi chiedere il suo aiuto, se io mi abbandonassi a lui e gli dicessi: « Gia­como, questa povera donna che ti ama e per amore sol­tanto non ha osato confessarti tutta la verità, questa donna che tu hai voluto fare tua moglie non ostante che ella fosse già stata d'un altro uomo, ti domanda d'essere difesa dal suo passato che la insidia ancora una volta » (con quasi un singhiozzo nella voce) se io, disperata, av­vinghiandomi alle sue povere mani, gli gridassi: « Gia­como, difendila tu, la tua Nanetta, dal passato che torna !... »

Maria                   - (interrompendo con una trionfante certezza il di­sperato sfogo di Nanetta) Oh! Il suo stesso amore gli da­rebbe la forza di difenderti e di salvarti! fi certo !

Nanetta                - (di schianto) No, Maria! Perchè basterebbe questo mio grido a lasciarlo attonito e spaurito come un bambino, (il suo sguardo torna a fissarsi in un punto) Lo vedo! Giacomo sgranerebbe quei suoi grandi occhi pue­rili, staccherebbe dalle sue le mie mani e se le guarde­rebbe a lungo come se quelle, le sue stesse mani e non al­tre, avessero maledetta la mia vita, avessero stroncata la mia vita, così!... (risoluta) No, Maria! Se dovrò difen­dermi, dovrò difendermi sola:..

Maria                   - Sola! Ma io ti sarò accanto. E Augusto con me. Anche lui è disposto a parlare a Paolo.

Nanetta                - Parlerà con Paolo tuo marito?

Maria                   - Oh! Appena avrà ricevuto una mia lettera. E mi riferirà il colloquio. Siamo d'accordo così.

Nanetta                - (supplichevole) Oh! Chiedigli di partire! Scon­giuratelo insieme, te e tuo marito, di non volermi nep­pure vedere. Ditegli... Digli... Persuadilo che non può più sperare nulla e che desista da questa sua ultima infa­mia, (ma un'ondata di disperazione soffoca di nuovo la supplichevole umiltà di Nanetta e ella prorompe, sempre dal fondo del suo chiuso mistero) No, Maria! Io lo sento, che né tu né tuo marito riuscirete a persuaderlo... Non ci sono parole... non c'è forza che valga perchè... questo ritorno del passato è più forte di me, di noi; è fatale... è come se fosse scritto, (con una estraneità, quasi da al­lucinata) Vedi: io non so spiegarti, non so forse neppure rendermi ragione io stessa di questo... Ma la nuova ombra che passa ora sulla mia vita non è l'ombra di un'a­mara verità contro cui si possa, magari sanguinando, combattere e da cui ci si possa difendere ; è qualche cosa di molto più pauroso, non so... l'ombra d'un sogno, l'om­bra d'una nuvola che va dove vuole, dove il vento la porta, dove la fantasia la porta! (un ghigno quasi di de­mente e sulla sua bocca, mentre, ella domanda) E come puoi guidarli, i sogni e le nuvole; come puoi? (Si sentono dei passi nella stanza vicina. Nanetta sob­balza istintivamente).

Maria                   - Si è alzato Giacomo?

Nanetta                - (tendendo l'orecchio) No: deve essere tornata Laura, (ansiosa) Per carità che nulla trapeli...

Maria                   - Dirò che sono a Roma per commissioni, e in parte è vero. Devo fare qualche cosa per Augusto... Ma... tu... (mentre col fazzoletto le sfiora la faccia) Hai un viso... tu!

(il terrore che qualcuno possa leggerle svi viso il suo tor­mento fa sì che in uno sforzo di volontà decisa Nanetta si ricomponga un volto indifferente. E già infatti la sua voce è limpida mentre ella dice a Maria:)

Nanetta                - Ti tratterrai certo con noi, oggi. (Laura entra da destra)

SCENA QUINTA

Nanetta - Maria   - Laura

Laura                   - (abbracciando Maria) La signora Maria a Roma?

Maria                   - Oh !... Per pochi giorni... Affari del signor ma­rito...

Laura                   - E i figliuoli?

Maria                   - Benissimo tutti, signora. Grazie !

Laura                   - (a Nanetta) Ti sei alzata da molto? Stai un po' meglio stamane?

Nanetta                - Sono rimasta a letto fino a tardi. Mi ero ap­pena alzata quando è venuta Maria.

Laura                   - Giacomo di là, ancora?

Nanetta                - Sì, mamma...

Laura                   - Ah! A proposito di Giacomo! Stanotte s'è dimen­ticato di spegnere la lampada, quel distrattone! (bona­riamente) Già: gli scrittori! (a Maria) Nessuno dei suoi figliuoli... è sperabile! Ragazzi sani e col cervello a po­sto: è vero? (a Nanetta) Hai detto a tua sorella di re­stare oggi con noi? (a Maria) Penitenza, sa: ma si sta insieme. E sa chi ci trova, anche? Araldi!

Maria                   - Grazie, signora.

Latra                    - (a Maria) A più tardi, allora! (a Nanetta) E con­ ducila tu nella tua stanza, se vuol mettersi in libertà

(esce da sinistra).

SCENA SESTA

Nanetta - Maria

Maria                   - Davvero, bisognerà che mi rimetta un po' in or­dine. Ho appena lasciata la mia roba all'albergo e sono corsa qui subito. Vado allora di là, da te, Elena. Vieni anche tu?

Nanetta                - No: t'aspetto qui. Giacomo può essere qui da un momento all'altro e quando ha lavorato molto, vuol trovarmi qui la mattina, per raccontarmi, per dirmi... (in questo momento ella è vicina alla scrivania; posa le^mani sopra le carte sparpagliate, ve le tiene un momento, e, ambigua, ancora) Perchè, vedi, qui dentro, c'è qualche cosa che Giacomo ama molto e di cui egli non vuole par­lare che con me... (sempre più misteriosa, mentre la sua sua voce acquista una strana risonanza, tra di orgoglio e di paura) Qualche cosa in cui la mia vita...

Maria                   - (che ormai è vicina alla porta, rivolgendosi a guar­dare la sorella) Soltanto, non fare che appena sola, ri­cominci a tormentarti... (bonaria e con convinzione) Ve­drai... Vedrai che il domani sarà meno oscuro di quanto tu pensi! Parleremo con quell'uomo, gli faremo capire tutta l'assurdità del suo passo. Ma adesso !... Adesso, cal­ma!Gran calma ci vuole: anche perchè nessuno imma­gini niente... (via da sinistra).

SCENA SETTIMA

Nanetta sola, poi Giacomo

(Nanetta è rimasta sola, quasi nel mezzo della stanza. Ella si guarda intorno, come meravigliata della sua stessa solitudine; poi, esitando, ritorna verso la scrivania. Ma la vista di quei fogli, ora che è sola, quasi la impaura. La si vede infatti allontanarsi d'un subito, correre al balconcino ancora socchiuso, aprire completamente i ve­tri e respirare l'aria a grandi boccate. Infine, come at­tratta di nuovo, e questa volta da una forza irresistibile, ella si accosta alla tavola, fruga tra le carte, e trepi­dante si mette a leggere, con un filo di voce appena, la prima parola che le cade sotto gli occhi) Nanetta     - « Nanetta... »

(Entra Giacomo da sinistra: egli sorprende la moglie con le cartelle in mano, si precipita verso di lei e, tra scher­zoso e irritato)

Giacomo              - Ah! No! Quello è un segreto! Non si deve leg­gere ancora... Neanche tu...

Nanetta                - (con molta dolcezza) Neanche io, Giacomo?

Giacomo              - No, cara... Eppoi... Non troveresti che accenni: gli appunti di ieri sera...

Nanetta                - Eppure non ti sei mosso di qui stanotte...

Giacomo              - Sì: e mi si è fatto tardi stamattina. Devo pas­sare dal libraio prima di pranzo.

Nanetta                - (trattenendolo affettuosamente) E non mi dici nulla, di quello che hai scritto? Neppure se sei contento del tuo lavoro, mi dici....

Giacomo              - Contento! (tentenna il capo tristemente, poi) Piccola, tu sai quanto mi devo tormentare prima di po­ter fissare sulla carta la vita d'una creatura nata da poco nel mio pensiero! Questa volta poi...

Nanetta                - (ansiosa) Questa volta?...

Giacomo              - Non so dirti la ragione, ma mai come in questi giorni il lavoro mi è costato stenti e fatica, (vagamente) Chissà? O il mio pensiero è stanco, o... c'è un nemico di più contro il libero sfogo della mia fantasia. Forse (dopo un'esitazione) la realtà stessa donde quella fan­tasia è nata.... Forse non avrei dovuto osare mai...

(una pausa. Giacomo stenta a formularlo, questo suo pensiero. Ma Nanetta che dal principio della scena è tutta protesa verso suo marito, lo incuora ella stessa a parlare. Pare che una dolorosa ebrietà la tenga. Ella mormora:)

Nanetta                - Perchè?...

Giacomo              - (che non chiedeva altro s'abbandona con im­peto) Vedi: perchè io le colga, le parole di una creatura del mio pensiero, bisogna., che l'abbia davanti ai miei oc­chi, palpitante e viva, questa creatura... Ebbene, piccola: il silenzio di questa stanza che io sento da molte notti, lo stesso da cui è balzato tutto il mondo vivo del roman­zo, non mi ha dato ancora una sola volta la figura dell'al­tra Nanetta, ma sempreoal posto di lei, la tua, quale mi sei apparsa quella famosa mattina... Io non riesco a stac­carla ancora da te, l'altra! Capisci? L,a sospingo verso il suo dramma, la immagino a confronto del figlio; ma la mia immaginazione è come distrutta dalla realtà da cui è nata, ed ecco, al posto di quella madre dolorosa e stra­niera, non vedo che te, sempre te, nell'esaltazione fan­ciullesca d'allora... Te che corri verso la valigia aperta e nella mano porti un giuocattolo, e quasi canti mentre corri da questa a quella stanza: — Già lo sento, quel ra­gazzo: « Zia Nanetta! la mia ziettina! » (prendendo le mani della moglie, tristemente) È la realtà profanata che si vendica... Ah! non dovevo, non potevo, Nanetta, da te...

Nanetta                - (libera le sue mani da quelle di Giacomo, sol-leva il volto di lui e lo guarda qualche momento. Un suo gesto rivela la sua meraviglia perchè lo vede così ema­ciato e stanco; ma subito ella si offre con la più fervida tenerezza al tormento dell'uomo) E se io ti dicessi invece che da quando mi hai parlato per la prima volta dell'al­tra Nanetta, essa domina così il mio pensiero che non mi sembra di vivere se non nell'ombra di lei? (in un impeto di esaltazione) I/altra Nanetta! Ma perchè pensi di pro­fanare questa, creando quell'altra? (al colmo del suo fervore, ma sicura della sua affermazione) Quella è que­sta più in alto. Quella è questa nel sogno! L'idea che io te l'abbia ispirata non può che incuorarti al lavoro. Pensa, Giacomo, che se tu farai di lei una creatura viva di passione e di dolore, e questo farai col tuo ingegno, sarà come se tu mi avessi dato in cambio del. mio amore la parte migliore di te...

Giacomo              - (turbato dalla esaltazione di sua moglie) Na­netta, piccola mia, non ti esaltare così! Vedi, di quale generosità tu sei capace! Io non sono che un illuso, for­se; ma tu dividi così la vita del mio pensiero, la soffri così che quasi vorresti offrirmi un po' del tuo dolore per alimentare il mio sogno: è vero? (all'appassionato « è vero? » dell'uomo, nel quale culmi­nano insieme la sua tenerezza e il suo egoismo, Nanetta non sa rispondere se non abbandonando la testa appe­santita sulle mani di Giacomo. Passa un istante. La pro­strazione della donna è così piena che pare ella si disseti dal suo dolore in silenzio. D'un tratto Giacomo sente sul­le dita il tepore di una lacrima) No, Nanetta! Tu non devi soffrire così: e per una fantasia... per un nulla.... (un'altra lagrima gli bagna le mani) Piccola, che accade? Piangi? È un giuoco: m'intendi? E tu non devi soffrire d'un giuoco... (accorato, alza la faccia di lei, ancora si­lenziosamente lagrimosa) Guardami, piccola! Guardalo, questo egoistaccio che ha permesso che tu ti tormentassi così... Via! Egli giuoca! Giuoca con le nuvole, lo sai: e il suo giuoco non vale di più, credimi, di quello che forse adesso qualcuno dei tuoi nipctinì starà combinando coi quattro fantocci che gli regalasti l'altr'anno... (sfor­zandosi di ridere) Eppoi: bisogna che piangano loro, i fantocci ; non noi che li muoviamo... (Nanetta sorride alle parole di Giacomo, ma è un sorriso d'ubbidienza appena: anche, trova la forza di mormorare:)

Nanetta                - È vero... è vero... (e ella si chiude ancora una volta in quella sua fissità attonita che Giacomo cerca subito di dissipare interessandola alla vicenda del suo la­voro).

Giacomo              - Dunque, io penso: perchè il richiamo del pas­sato si determini nel cuore di Nanetta basta un pretesto qualsiasi: un niente! Il caso forse non si serve dei mezzi più umili per scatenare le grandi tragedie della vita? (freddamente, per persuadere la moglie che si tratta d'un giuoco) Io faccio dunque che il figlio di Nanetta ap­prenda per la prima volta la verità della sua nascita in una disputa' fra ragazzi: così... da una parola crudele gettatagli in faccia da un compagno di collegio, (con­vinto) Può accadere benissimo! Un compagno che ha rac­colto qualche voce... Basta questo, non. ti pare, a strin­gere il nodo del dramma?

(una pausa lunga. Nanetta non risponde. Ella sembra impietrita da qualche cosa che non ha il coraggio di dire. Solo dopo molte palesi esitazioni, la donna osa e, mentre parla, ella ha nella voce la freddezza paurosa di chi sta per giuocare con le sue parole una carta decisiva).

Nanetta                - Giacomo, tu segui ancora la tua idea quale me l'hai prospettata la prima volta, ma io ho continuato a pensare a Nanetta, ho discusso fra me e me il tuo nuovo lavoro e mi son chiesta: « perchè Giacomo cerca così lon­tano il pretesto del dramma, perchè deve chiudere nelle mani del piccolo il destino nuovo del suo personaggio? (Giacomo segue le parole della moglie tra commosso e ansioso. Nanetta incalza con una freddezza quasi osten­tata) Giacomo, senti ; e se il passato di Nanetta invece le si riaffacciasse inesorabile con il ritorno dell'uomo stesso che l'ha abbandonata madre, se quest'uomo, in un'estrema perfidia, non so, perchè un vinto, perchè av­velenato d'odio contro il suo destino, volesse imporle di spezzare la vita che la povera creatura si è ricomposta, e glielo imponesse in nome del figlio comune... (si sente tutto lo sforzo che Nanetta compie per mantenersi in una linea di serenità obbiettiva, mentre enuncia la sua idea) Pensa, Giacomo: se il passato di Nanetta si chiamasse solo col nome di quest'uomo e se dinanzi alla incredi­bile ferocia di lui la povera donna non potesse far altro che mostrare il suo vivo cuore straziato per invocare un po' di pietà!... (ma le forze di Nanetta, per quanto ella faccia, non resistono più al giuoco della sua finzio­ne. Le idtime parole che ella ha dette si sono spente in un gesto vago della mano, come di chi voglia riprendere, pentito, il seme di un'idea che ha lasciato cadere. Una pausa. Nel silenzio Giacomo già medita dentro di se le -parole di Nanetta; ma Nanetta, ansiosa, di sentire vivere il suo dramma nel sogno dello scrittore, non sopporta il peso di quel silenzio e incalza). Giacomo, non senti che se fai questo, sei di tanto più vi­cino alla vita? Non t'accorgi che se metti di fronte la malvagità di quell'uomo e l'amore disperato di Nanetta, tu sollevi questa favola del tuo pensiero fino alla verità più straziante, fino a... (ancora una volta la parola de­cisiva si spegne sulle labbra della donna. Giacomo è quasi atterrito dall'impeto nuovo che esalta Nanetta: ma que­sta, fatta d'un subito prodigiosamente serena, senza nes­suna alterazione più nella voce, fissandolo negli occhi, gli chiede) Giacomo, quale difesa del suo amore e della sua vita immagineresti tu per Nanetta, se ella si trovasse sola di fronte la disperata ferocia di quell'uomo?

Giacomo              - (con una sicurezza piena) Oh! Ogni difesa le sarebbe consentita: uccidere anche, se profondamente ama !

(la parola è caduta come un colpo rude sul capo della donna. Un suo moto istintivo — chiaramente visibile — dice tutta la ribellione del suo pensiero e della sua povera carne umana a quella specie di sentenza che è stata pro­nunciata dal suo destino per bocca di Giacomo. Un subito ribrezzo, più forte della donna stessa, la spingerebbe lon­tano da lui. Ma ella si vince e resta immobile a medi­tare in silenzio. Il giuoco di Nanetta deve apparire quanto più possibile palese. Solo dopo una lunga pausa penosa e sgusciando lentamente da quel silenzio, ella mor­mora la sua timida obbiezione).

Nanetta                - Ma Nanetta è una creatura di dolcezza, Giaco­mo! È una povera cosa... che il suo stesso destino ha umiliato... È fatta d'amore e di dolore soltanto!

Giacomo              - (già preso nelle spire del suggerimento di Ele­na: esaltato) Sì: ma se io cambierò così la trama, esal­terò l'amore di quella dolce creatura, farò il suo dolore quasi sovrumano: (preciso) in modo che amore e dolore armeranno la mano di Nanetta e Nanetta ubbidirà alla necessità logica dell'opera d'arte, uccidendo, (silenzio. Mai come adesso la creatura irreale e stata tanto viva tra i due. Ma Nanetta è come presa, d'una subita paura dell'ombra e dell'uomo: istintivamente ella si allontana da Giacomo e si accascia a terra poco distante da lui: E Giacomo:) Che fai? Che pensi?

Nanetta                - (ruga) Niente! Pensavo ai piccoli laggiù e ai loro giuochi...

Giacomo              - (sorridendo) Ah! Ti sei persuasa dunque? In­teressarti alle favole, sì: ma no soffrirne! T'è passato quello strano nervosismo che t'aveva preso poco fa?

(ma quella che Giacomo crede una calma sopraggiunta nello spirito della donna, non e se non una specie di estasi tragica nella quale Nanetta sembra essere entrata da quando Giacomo ha formulato davanti a lei il destino dell'altra).

Nanetta                - Sì: sono calma adesso...

Giacomo              - (scherzoso) Brava! Così la voglio la mia colla­boratrice. Ala di': chiacchierando, fantasticando mi fai dimenticare quei libri. E mi servono oggi. Bisognerà scappare per essere qui in tempo... C'è gente a pranzo stamane, è vero?

Nanetta                - (indifferente) Sì: e dimenticavo di dirti... c'è anche Maria... È a Roma per affari di suo marito...

Giacomo              - Ah! Bene! Non mi farò certo aspettare. È qui sot'fu il libraio... (esce)

SCENA OTTAVA

Nanetta sola, poi Laura e Maria: quindi Lorenza

(Nanetta, sola, resta un attimo senza muoversi di dove Giacomo l'ha lasciata: con gli occhi fìssi davanti a sé, quasi abbagliati da un miraggio. Entrano da sinistra Laura e Maria).

Laura                   - (che ha in mano qualche garofano e il consueto sorriso bonario sulle labbra) Ce n'è rimasto qualcuno anche per questa stanza! (sorridendo, a Maria) Abbellia­mo la casa per gli ospiti! (cercando sulla scrivania) Ci deve essere un portafiori qui... (e dispone i fiori che ha in mano in un piccolo vaso che è sulla tavola).

Maria                   - (a Nanetta) C'era Giacomo con te adesso?...

Nanetta                - Sì-

 Maria                  - Stavo per entrare infatti, poco fa. Ma ho sentito che parlavate fitto fitto fra voi e ho pensato che era me­glio andare a tener compagnia alla signora Laura, di là... (guardando Laura) C'è sempre da imparare qualche cosa a sorprendere la signora Laura nell'esercizio... delle sue funzioni.

Laura                   - (sorridendo) Oh! Una volta, sì, forse; ma adesso! Un po' sono invecchiata io, e con la vecchiaia... Ma poi: che oggi c'è più il gusto della buona tavola, come una volta? Che? Mangiano gli uomini e le donne oggigior­no? (caricaturale) Assaggiano, spizzicano... E le donne di servizio? Quelle vi fanno perdere la voglia addirittura. (entra Lorenza)

Lorenza               - Signora, la tovaglia: quella col ricamo?

Laura                   - (spazientita) Macché quella col ricamo! La to­vaglia tutta unita, t'ho detto. E sopra, il centro ricamato: quello grande, (a Nanetta e Maria) Andatevi a fidare, veh! (a Lorenza) Ma lascia. Vengo io, anche per quei vasi che ho preparato, (si avvia, borbottando:) « Coman­da e fai da te... » (prima d'uscire dà un'occhiata alla scri­vania e, additando a Nanetta le carte di Giacomo) Sai: su quella tavola non ci ho fatto mettere le mani da nes­suno; ma bisognerà...

SCENA NONA

Maria e Nanetta

(appena Laura è uscita, Nanetta si alza stancamente e si avvia verso la scrivania, seguita dalla sorella. Ma pare che ella non osi toccarli, i fogli sparpagliati lì sopra. Quando finalmente si decide a rassettare, le carte le tre­mano visibilmente tra le mani).

Maria                   - Il nuovo lavoro di Giacomo?

Nanetta                - Sì: qui sono tutti i suoi pensieri, tutti i suoi sogni adesso... (e ecco Nanetta sorridere quasi, come se il suo spirito sia entrato di colpo in un clima superiore alla realtà stessa del suo spasimo) Il suo mondo è tutto qui, capisci? E lo foggia e lo muta come vuole lui... È la sua realtà questa: l'unica, fatta di niente, fatta di parole ; ma più vera della nostra che ci afferra, ci tiene e quando vuole ci schianta! Così vera e così sola ormai nel suo spirito che egli non può vederla neppure più, l'altra realtà la nostra, la mia... la terribile mia... Non potrebbe vedere neppure il mio cuore che sanguina se io glielo mostrassi, perchè tra il mio cuore e i suoi occhi ci sarebbe il suo sogno, sempre (ma il pensiero dominante la riafferra:) Ah! Maria! Poterla foggiare anche noi a modo nostro, la nostra realtà!...

Maria                   - (intesa sopratutto a distrarre la sorella dall'idea fissa da cui ella la sente dominata ancora) Teatro, il suo nuovo lavoro? Teatro, è vero? Dramma? Un dramma di passione, immagino...

Nanetta                - (vaga) Si, di passione... C'è una figura di don­na...

Maria                   - (ingenuamente) Si chiama? Trova sempre dei no­mi così belli, Giacomo! Come l'ha chiamata questa volta? Sentiamo.

Nanetta                - (semplice) Oh! L'ha chiamata col nome mio: « Nanetta »! (poi come proseguendo un suo pensiero) Ed è giusto che si chiami così (ambigua) perchè un po' mi somiglia (Maria si protende con una curiosità avida; ma Nanetta non la soddisfa. Le parole che seguono infatti, ella sembra profferirle soltanto per dissetare la sua mente ostinata in un pensiero solo) Come... è giusto che Giacomo attinga da me... Povero ragazzo! S'è chiuso qui dentro.... E io sono, si può dire, quasi tutta l'umanità che conosce... (quindi, come se ragionasse fra se: rasse­gnata) È bello, anche! (ma ella è di nuovo in preda del suo pensiero segreto e tenace; di nuovo la sua voce ha un ineffabile tremito) Soltanto... l'altra Nanetta ha qualche cosa di più di me... Somiglia a me, ma è più in alto di me! Tanto più in alto di me !... (quasi fanciullesca) Tan­to che, vedi, a tendere le mie braccia verso di lei, io non riuscirei neppure a sfiorarle la veste, forse... (in uno straziante abbandono alla sua ingenuità chiaro­veggente, Nanetta fa cenno infatti di sollevarsi sulle punte dei piedi. Maria, inconsapevole sempre e creden­do solo a un'aberrazione di terrore, la segue con lo sguardo meravigliato e pieno di pietà. Ella osa appena mormorare il nome della sorella quasi per invocare il ritorno di lei alla, ragione).

Maria                   - Nanetta!

Nanetta                - (tace un attimo con gli occhi fissi in un punto; poi d'un tratto e come in uno schianto di dolore, mentre le sue mani si agitano disperatamente) Oh, l'altra Na­netta, si, saprebbe difendere la sua felicità se un giorno... (come un'allucinata e senza distrarre gli occhi dalla vi­sione misteriosa che ella persegue) L'altra, sì! la sua mano, sì! (poi quasi con rabbia) Non questa mia, che vedi, trema al solo pensiero...

Maria                   - (atterrita dal vaneggiamento di Nanetta: tene­rissima) Piccola mia...

Nanetta                - (non risponde al richiamo della sorella, e solo dopo un silenzio attonito mormora con una infinita desolazione nella voce e guardando, ora, la sua povera mano) Trema.... Trema.... (ma un primo singhiozzo pue­rile le soffoca in bocca la sua parola vana)

CALA LA TELA

ATTO TERZO

(La scena del primo atto - Alcuni giorni dopo)

SCENA PRIMA

Nanetta - Giovanni

(// deperimento di Nanetta si è ancora accentuato: visi­bilissimi sono sul volto di lei i segni delle notti di in­sonnia che si sono susseguite inesorabili, sempre più. ansiose. Si vede anche che ella dura fatica a parlare e ad ascoltare perchè la sua mente è fissa ad un pensiero solo sempre; anche d'altronde il suo sguardo che troppo di sovente le cade su un punto della stanza, sempre lo stesso, dove c'è qualcuno (un'ombra?) che è rivo sol­tanto per lei).

Giovanni              - Cosi, mia buona amica, ricomincia l'esilio...

Nanetta                - Decisa dunque la partenza?

Giovanni              - Domattina da qui: il primo piroscafo per l'E­gitto salpa da Napoli domani notte.

Nanetta                - E i bei progetti di tutto un anno in Italia, Araldi?

Giovanni              - Eh! quelli sono rimandati a tempo indetermi­nato. Per ora, bisogna tornare al lavoro. D'altronde... ero già stanco di quest'ozio forzato.... E mi son fatta una ragione subito: da quando, tre giorni fa, ricevetti l'ordine di tornare al più presto. Perchè fu tre giorni fa: il giorno proprio che ero stato a pranzo qui? Si ri­corda? Ero uscito cosi all'egro di qui! Ebbene: la no­tizia improvvisa non mi fece cambiare d'umore. Da quel momento sono già con lo spirito lontano: nella mia officina, fra i miei operai... Né mi dispiace il viaggio per mare che non era in programma, almeno per adesso... (le parole di Giovanni sono passate sullo spirito di Na­netta, assente e vaga, quasi senso toccarlo; ma l'idea d'un viaggio che Giovanni enuncia sembra colpirla come un'illusione di liberazione, di fuga..... Mila domanda ora, ma restando sempre assorta dietro quel velo d'e­straneità che la separa dalla vivacità di Giovanni)

Nanetta                - Quanti giorni di mare?,

Giovanni              - Oh! Cinque soltanto. Ma è già un respiro... Non era più vita per me questa...

Nanetta                - (vagamente e come se parlasse a sé stessa) Cinque giorni sul mare! (e la. sua bocca involontaria­mente si atteggia a un tristissimo sorriso)

Giovanni              - (che ha subito colto quel fugace incresparsi delle labbra di Nanetta) Sì: non sono gran cosa... Ne convegno e non c'è nessuna ragione di darsi delle arie di viaggiatore per solV emgffl? gTCYiVi' &< X£®f&. Onesto pensa lei, è vero? E questo la fa sorridere?...

Nanetta                - No... Pensavo... Non so neanch'io a che cosa...

Giovanni              - (scherzoso) Glielo dico io a che cosa pensa­va. Pensava che un viaggio farebbe un gran bene an­che a lei e a Giacomo..Specialmente a lei che avrebbe tanto bisogno di un po' di svago. (Nanetta nega col capo) Come no? Se lei stessa ha sorriso poco fa all'idea d'un viaggio per mare? Ma pensi: una boccata di li­bero mare, di cielo infinito, non a strisele chiuse fra i tetti come questo... (il volto di Nanetta infatti, anche se ella non lo voglia, sembra ora aerearsi di un improv­viso anelito di liberazione. Giovanni se ne accorge e insiste, persuaso di offrire un sorso di pace alla miste­riosa inquietudine che agita la donna) Pensi, signora Nanetta: sbarcare laggiù, in una terra nuova per lei... fra gente sconosciuta...

Nanetta                - (amara) Non mi faccia sognare a occhi a-perti! (e con il gesto della mano ella sembra respingere la lusinga di quelle parole. Ma mentre il suo gesto ri­fiuta, c'è nei suoi occhi un'espressione di puerile sma-gamento e di sereno abbandono. Giovanni le prende con molta tenerezza una mano e prosegue, con il tono di chi esponga il programma di un bel viaggio lontano, in quel suo inganno quasi fiabesco) E la grande città o-rientale infine: il Cairo! (scherzoso). Una delle sette meraviglie, sa! Il Cairo e il Nilo con le sue dahabie: piccole case galleggianti sul fiume con le loro fine­strelle d'un bel verde vivo a fiore a fiore dell'acqua... (con un sorriso d'ironia verso se stesso perchè si è sor­preso a fantasticare poeticamente anche lui) Vede? Mi fa diventare poeta anche me, a momenti. È concor­renza a Giacomo bella e buona, questa! (ride forte)

Nanetta                - (sorridendo anche lei, ma amara sempre) Non mi faccia sognare, Araldi !

Giovanni              - Gli è che questi sono leciti sogni! Basta vo­lere e si traducono in realtà di vita... (entra da sinistra Giacomo)

SCENA SECONDA

Nanetta - Giovanni - Giacomo

Giovanni              - (a Giacomo) Sai che cosa dicevo a tua moglie? Che vi farebbe un gran bene a tutti e due un viaggio, che se riuscissi a sradicarvi di qui, mi bene­direste poi...

Giacomo              - (con qualche amarezza anche lui) E chissà che tu non abbia ragione? <s. Beato lei » t'ha detto mia madre di là e ti invidiava il tuo viaggio, quella po­vera vecchia.... E forse anch'io ti vedo partire con un senso di invidia... Perchè... Credi tu che anch'io, nella vita tormentosa che faccio, tutta chiusa, tutta effimera e vana forse, anch'io non rifletta qualche volta alla più sicura felicità degli uomini come te che lavorano, si, ma li vedono subito tangibili e saldi, ì frutti del loro lavoro?

Giovanni              - (guarda Nanetta la quale ascolta Giacomo, maravigliata di sentirlo pai-lare così: poi, sorridendo) Sta a vedere che ho corrotto il poeta...

Giacomo              - (con molta serietà) Quante volte, Giovanni, quando il giuoco del mio stesso pensiero, de'la mia fan­tasia stessa diventa un incubo quasi, io l'ho sentito, sai il bisogno di:.a'.vr."":'. e! • -----V       - ne:! e di cattivo incantesimo, e ho invocato una fatica magari hrj.1J-.3le. che stancasse i miei muscoli, ho invocato comunque una liberazione, ho pensato persino a una fuga da questa casa, da questi libri, da queste carte!...

Giovanni              - (con impeto giovanile e bonario) Venite dun­que a restituirmi la visita laggiù. Vi ospiterei con tanta gioia, io! (a Giacomo) Vieni a vederla da vicino, la vita d'un uomo d'azione... (a Nanetta) Signora, lo persuada lei. (a entrambi) E via! Vale la pena di bruciarli in un bel viaggio tutti i vostri risparmi !... (sempre più vi­vace) Si ritorna di colpo dieci anni addietro, si ricom­pone senz'altro il triumvirato giocondo dei nostri bei tempi lontani.... Si riacciuffa il passato...

Nanetta                - (vaga e ambigua) Oh! Il passato, Araldi!...

Giovanni              - (sentenzioso e caricaturale insieme) Il pas­sato... è l'unico rifugio dove lo spirito si riposi davvero... (a Giacomo, scherzando) In vena di poesia anch'io, ehi Eo senti? Pensaci, dunque! (e poiché Giacomo con un cenno del capo gli addita la sua scrivania, i suoi libri, il suo lavoro) Che? Perchè stai lavorando? Ebbene: interrompi per un mese e riprendi con più lena al ri­torno: con le idee anche schiarite, ti assicuro.... (Gia­como si schermisce, con un gesto appena, dall'invito dì Giovanni che, si vede, lo agita e lo tenta. Giovanni è ri­volto a tutti e due) Possibile che proprio non vi lusin­ghi un secondo viaggio di nozze? E guidati da me? Sarei uno chaperon sapiente e discretissimo insieme... Lo stesso della famosa gita a Santa Rufina....

Nanetta                - (quasi turbata dalla tenerezza fraterna che si cela nello scherzoso invito dell'amico e insieme dal ri­cordo del passato lontano, tende la mano a Giovanni che chiama per nome) Giovanni !

Giacomo              - (a Giovanni) Oh! sarebbe un bel sogno per noi. Ma tu lo sai: se il mio spasimo è qui e se pure io me ne lamento, non c'è forza che valga a trarmene lontano...

Giovanni              - (che stringe ancora la mano di Nanetta) Ar­rivederci allora, signora Nanetta! A quando? È nelle mani di Dio... Non mi resta che pensare da lontano al famoso giardino che lo contiene, il mondo intero! (sor­ridendo) Si dice così, è vero? (Giacomo e Nanetta sor­ridono; Giovanni ammonisce Nanetta) E lei, inguaribile romantica, si ricordi che c'è una casetta laggiù che l'a­spetta, a fiore a fiore del Nilo... (Nanetta sorride anco­ra. Giovanni si avvia verso la porta di destra, accom­pagnato da Giacomo. Hgli è già sulla porta) Ricordatevi tutti e due e se mai vi decideste... (Giacomo abbraccia Giovanni. Giovanni esce).

SCENA TERZA

Nanetta - Giacomo

(Nanetta è rimasta in una immobilità estatica la quale fa pensare che ella fantastichi ancora intorno alla prò         - \ posta di Giovanni. Giacomo le si avvicina e le dice con dolcezza ma con l'aria di chi indaghi un segreto)

Giacomo              - In fondo con quel gran parlare che ha fatto, j con l'esaltazione che gli ha messo addosso la partenza I e con quell'invito ci ha lasciati un po' scossi tutti e due...

Nanetta                - (vagamente) Per me, sai...

Giacomo              - (bonario) Si: anche te. Ti guardavo mentre Giovanni ci proponeva un secondo viaggio di nozze, ci invitava a andarlo a trovare laggiù... Ti è passato un chiarore sul viso, ti si sono accesi gli occhi subito: (tormentato e indagatore) Riconosci, Nanetta, che ma­gari senza accorgertene, per un attimo, tu ti sei abban­donata alla parola di Giovanni, ti sei dissetata a quel sogno di liberazione, di mondo nuovo, come forse non mai a questi poveri sogni che io...

(ma Nanetta che si sente indagata nel fondo dall'ango­scioso dubbio di Giacomo, tronca a mezzo l'amaro sfogo di lui e esclama quasi ribellandosi)

 Nanetta               - Questa è fantasia tua, un'impressione tua sol­tanto! La mia vita è qui, non può essere che qui!

Giacomo              - (tenero e accorato insieme) No: ti capisco, sai! Anch'io mentre Giovanni parlava, mi sono sorpreso a vagabondare con lui e da quell'abbandono del mio pensiero mi veniva un senso di serenità nuova...

Nanetta                - È il tuo lavoro, forse, che ti stanca...

Giacomo              - Che posso dirti, piccola? Più che mai questa volta è uno spasimo e una gioia insieme il mio lavoro... Perchè, quanto più mi esalto intorno all'idea che mi incatena a quel tavolo, tanto più una strana impres­sione mi tormenta: che quella stessa idea abbia diffuso quasi un'atmosfera d'incubo dentro la casa.. Sarà forse perchè proprio in questi giorni tu sei tanto agitata e mentre questa mia febbre mi tiene senza requie, ti vedp deperire, anche te, quasi tu ne soffrissi il contagio....

Nanetta                - (con una grande sicurezza rasserenatrice nella voce) No, Giacomo! Non devi fantasticare così... È un puro caso quello che tu chiami: contagio! Io attra­verso spesso periodi come questo: lo sai... Ho tanto sofferto io!

Giacomo              - (ma Giacomo non l'ode. Egli è come spinto dal bisogno di sfogarsi nelle mani di Nanetta) Ti vedo così e lo stesso pensiero dei primi giorni mi riafferra: che non dovevo trascinare te né alcuna cosa di te nel campo della mia fantasia, (appassionato) Ma tu lo ca­pisci! Tu sei tutto il mio mondo, tu sei tutta la mia vita e io non saprei neppure guardare forse oltre i confini di questo piccolo mondo nostro... (con un profondo sco­ramento) Io non sono come gli altri artisti: i grandi, i veri! (dopo una pausa) Oh gli altri! I veri artisti, Na­netta! A quelli non manca il coraggio di mettersi soli di fronte al gran mare in tumulto della vita, né quel tumulto li atterisce... Lo sfidano anzi, forti del loro in­gegno soltanto, forti della loro sola umanità, e vi tuf­fano le mani, in quel mare, e lì attingono i loro tesori... Mentre, chissà? io ne avrei paura... Ma io, Nanetta, io non sono che un mediocre: forse, nessuno sono...

Nanetta                - (con energia e quasi irritata dall' abbattimento di Giacomo) No! non ti voglio sentir parlare in questo modo! È uno dei tuoi soliti momenti di sfiducia! e tu offendi anche la mia fede se parli così... ( ma quella che ora tiene Giacomo è come un'ebbrezza di umiliazione di annullamento ed egli sembra abban­donarsi con una voluttà quasi sadica alla sua confessione sempre più amara).

Giacomo              - Un mediocre, Nanetta: e mi pare che un'idea s'accende nel mio cervello solo se un tuo sguardo.... (Nanetta lo guarda ora con un misto di tenerezza e di orgoglio, ma l'uomo è sempre in preda all'impeto del suo dolore) Ecco, se tu mi guardi appena, come una forza nuova anima il mio pensiero e mi dico: « Che t'importa del tuo dubbio? Uccidilo, il dubbio! Che t'importa, se per lei tu sei qualcuno? »: ma dopo, Na­netta, quando il tuo sguardo non si posa più sopra di me, quando sono solo, incatenato lì dalla mia volontà disperata, ecco tornare, più forte di prima, il pensiero maligno e ecco una voce beffarda che mi sghignazza dentro: « No, Giacomo! Neanche per lei tu sei nes­suno! Non è stima, non è fede la sua! É pietà: sol­tanto pietà! T’è parso a te! che il suo sguardo ti accendesse il pensiero; ma quel suo sguardo non era se non una sconfinata pietà dei suoi occhi per i tuoi occhi febbricitanti... T'è parso — a te! che quando ella t'ha sorpreso poco fa in questa stanza e ha interrotto il suo lavoro con un bacio era per dirti tutta la sua fede: ma quel bacio che t'ha esaltato non era se non una scon­finata pietà della sua bocca per la tua, arida e amara.. E voi non siete che vittime tutti e due: lei del suo a-. more, tu della tua illusione; vittime, feriti già dalla vita tutti e due: condannati e legati insieme tutti e due... come quella selvaggina che, colpita, si lega e si mette nello stesso carniere: e palpita e sanguina insieme, là dentro... » (al colmo dell'abbattimento) Questo io dico a me stesso e ancora una volta mi domando se con la mia mediocrità io non sono giunto a insozzare una cosa sacra: la tua vita, la tua tenerezza, Nanetta !

Nanetta                - (protendendo la mano come a dissipare le pa­role di Giacomo) Taci! Taci! Non dire eresie !

Giacomo              - E per questo legato come sono a te e alla tua vita - se mi ti vedo sfuggire, se per un attimo solo, come prima, io vedo che ti allontani da me, magari dietro un po' di sogno, dietro uno spiraglio di cielo, io mi sento sperduto: solo mi sento e affogo, Nanetta, af­fogo....

(Queste ultime parole sono state dette da Giacomo con uno scoramento che metteva un soffocato pianto fan­ciullesco in fondo alla sua voce. Nanetta ne è rimasta scossa nel suo intimo, ma ella — come d'altronde Gia­como stesso ha confessato — può con una parola sola sollevare l'uomo così umiliato e ricondurre di colpo la fede nello spirito di lui. Nanetta lo sa e però con una espressione insieme grave e scherzosa, dice, sicura di se stessa)

Nanetta                - No, Giacomo! Questo vuol dire tutt'altro! Vuol dire che stenti nell'opera tua, questa volta... Vuol dire che l'altra Nanetta è meno buona di questa e ti fa soffrire di più...

(Appena Nanetta gli ha accennato alla creatura irreale del suo pensiero, Giacomo che per suo temperamento passa facilmente dall' abbattimento più cupo alla fede più viva, appare animato da una subita forza nuova, prende le mani della moglie, e, già in preda a quell'esal­tazione che avrà in questa scena tutto un rapido cre­scendo)

Giacomo              - Ah! Dunque tu mi credi? Tu credi nel mio lavoro ancora? tu credi che io saprò...

Nanetta                - (bonariamente) Ecco, vedi: basta che tu mi senta vicina, basta, che sia pronunciato il nome della creatura del tuo pensiero e già tu vivi di lei e per lei !... Vedi come anche i momenti di sconforto... (con molta dolcezza) Fanciullone !

Giacomo              - (Dopo un silenzio: con un pieno abbandono ormai e con tanto impeto di fede per quanta voluttà d'umi­liazione era poc'anzi nelle sue parole). Ebbene, piccola! Forse tu hai ragione. Non era che un po' di sconforto... perchè l'altra Nanetta vive ormai! Ho sofferto ore angosciose di dubbio, le mie ore più oscure forse; ma Nanetta è balzata, ormai, viva dal mio cervello come nessun'altra creatura della mia fan­tasia finora...

Nanetta                - (beve avidamente e immota le parole di Gia­como. Pare se ne illumini quasi, mormora:) Dimmi, Giacomo, dimmi...

Giacomo              - (coglie quella avidità e, inorgoglito) Ecco: vor­rei fermartela, sulla bocca e sugli occhi, questa ondata di gioia viva, perchè questa gioia, questa tua gioia im­provvisa mi assicura che se qualche momento fa ti am­maliavano le parole di Giovanni, anche il mio mondo ef­fimero ti disseta e ti esalta, anche la mia fantasia (ac­corato) — che ti posso offrire d'altro e di più mio? — anche la mia fantasia ti accende una vampa sul viso — (una pausa: poi con tenerezza profonda): e pensare Na­netta, che questa nuova vicenda del dramma m'è stata suggerita proprio da te! Ricordi? Da una domanda che mi rivolgesti tu mentre io ti raccontavo quello che avevo immaginato fino allora...

Nanetta                - Oh! Conta ben poco il mio suggerimento, Gia­como! (con impeto) La tua fantasia soltanto ha fatto di Nanetta un'eroina! (pausa, poi con una strana tre-pitazione nella voce) Perchè... Nanetta uccide per di­fendere l'amore suo, è vero? (insistente e paurosamen­te fredda) Nanetta uccide!

Giacomo              - (senza accorgersi della trepidante ansia di Nanetta) Si, uccide! Lo hai riconosciuto tu stessa: ri­cordi? Il suo diritto all'amore e alla vita la guida!

Nanetta                - Ebbene, Giacomo! Pensa tu di quanto la tua fantasia e il tuo sogno hanno fatto più grande di me quella che tu dici essere nata da me! (Un brivido di freddo scuote il corpo della donna che vorrebbe farsi piccina piccina per sfuggire a quel giuoco di realtà e di finzione, nel quale ella si sente stretta sempre di più. Scomparire forse vorrebbe ; ina ella non sa e non può che rannicchiarsi accanto a Giacomo e insistere, umile e appassionata). Pensa tu che distanza separa Nanetta dalla donna che ti vive accanto! Un abisso c'è! (men­tre lenta e vaga gli carezza i capelli) Te la immagini tu questa donnetta che t'accarezza e ti ravvia i capelli così... te la immagini tu, costretta a dire a sé stessa, sia pure in difesa del suo amore e della sua vita: «uc­cidi! » (sempre più piccola, chiusa nelle braccia del­l'uomo come in un guscio, mormora fra sé) « Uccidi! » (fanciullesca addirittura nel tono e nel gesto, mentre le sue mani sembrano vanamente sorreggere la voce che, ecco, le manca) È tanto piccola lei che quasi non la può contenere, una così grande, ma così paurosa parola !... (il brivido che dianzi la scuoteva la riassale quasi visi­bile ora) Tu dici che io ho dato un po' del calore della mia vita a quella figura di donna che ii tuo pensiero ha creato, ma non è che una tua illusione perchè tutto il mio sangue, vedi, anche se affluisse tutto alle mie dita e mi lasciasse sbiancata e smorta dovunque, non baste­rebbe a dare quell'impeto alla mia mano... (con una di­sperata angoscia) Oh! L'altra Nanetta potrà, sì, nel tuo sogno! Ma questa, Giacomo, come potrebbe? Come?

 (una pausa profonda. Quasi suggestionata dalle parole stesse che ha profferito, Nanetta è ora tutta sbiancata e tremante. Anche la atterrisce la confessione che du­rante tutta la scena ha palpitato e palpita sulle sue lab-, bra e che ella rischia di non poter più soffocare).

Giacomo              - (turbato) Che è questo tremito ancora, piccola mia? Io non vorrò più che tu parli neppure di lei e del mio lavoro se ti esalti così... Lascierò io stesso di par­lartene, se tu... Mi proibirò io stesso di pensare a lei che, non so... è diventata quasi una nemica qua dentro... una nemica della tua pace...

Nanetta                - (energica ed ambigua sempre) Oh! non potrai... Perchè, non te n'accorgi; ma tu, Giacomo, sei già preso di lei come non lo sei stato mai di me forse... (Giacomo tentenna il capo sorridendo. Hlla prosegue, sempre più vaga) Ma questa Nanetta non è gelosa dell'altra sai, perchè... forse... ella vive solo in lei e per lei là dove le sue povere forze e la stessa realtà che la circonda non le consentirebbero di salire mai...

(Un'altra pausa segue questo misterioso accorato sfogo di Nanetta, ma anche il suo silenzio è pieno di un turba­mento mal dominato. E però Giacomo cerca subito di ricondurre sua moglie alla realtà del momento: le prende teneramente le mani e con un tono di voce persua­sivo e bonario):

Giacomo              - No, piccola: per il tuo bene bisogna che tu non ti esalti così. Anzi, senti: io ho molto riflettuto alla proposta che t'ha fatto ieri Maria. E anche la mamma è del mio parere. Credimi: non può che giovarti un'as­senza di qualche giorno, un po' di tranquillità paesana... Altra aria, altra gente, altra vita... (Entra da sinistra Laura che ha in mano un foglio dì carta scritto a metà).

SCENA QUARTA

Nanetta - Giacomo - Laura

Laura                   - (a Giacoma, con un tono di rimprovero) Che nean­che oggi tu debba trovarli, dieci minuti per tua madre? Eppure, senti: io ho scritto alla meglio, da povera igno­rante; ma se tu ci tieni che tua madre non ti faccia scomparire con quei signori, bisogna che ci metta le mani tu... (uno squillo di campanello) vedi? anche gen­te adesso! Andiamocene di là, noi (a Nanetta) Perchè... lo sai com'è Giacomo! Se me lo lascio sfuggire, non lo riacciuffo più fino a domani. E la lettera bisogna che vada stasera: coi fiori... Chiunque sia, ricevi tu, cara. Ma vedrai che sarà Maria. Non s'è vista ancora, oggi: è vero?

Nanetta                - No: l'aspettavo anzi...

(Laura e Giacomo escono da sinistra: sono appena li­sciti che appare sulla comune Maria).

SCENA QUINTA

Nanetta - Maria

Nanetta                - (ansiosa, correndo verso la sorella) Maria, let­tere di tuo marito?

Maria                   - (mentre trae dalla borsetta che ha in. mano un dispaccio) Lettere, niente più. Ma proprio adesso, mentre uscivo, ho avuto questo telegramma di Augusto. Sei sola?

Nanetta                - (con la voce soffocala) Sono di là loro. Ma che dice tuo marito?

Maria                   - (mostrando il telegramma) Ecco.

(e iZ coZ/io dì grazia! N'anetta, più che leggere, intra­vede le parole del telegramma. Non se ne è neppure resa conto pienamente che cade accasciata su una sedia, lilla balbetta soltanto)

Nanetta                - Lui qui! Questo minaccia? (ora, ella si guarda d'intorno, atterrita. Sembra che non sappia più dove posare lo sguardo) E ha il coraggio di farlo? (ango­sciata) Lo vedi, eh? come infuria il mio maledetto de­stino? (una pausa: poi) Come posso difendermi più ormai? Sola sono, capisci? Sola contro di lui che con una parola può distruggere tutta la mia vita! Con una parola? Oh! Non occorre neppure che parli! (lucida e tragicamente precisa) Basta che appaia là, su quella porta, lui! Non c'è più salvezza Maria!... Vedi finché lo sapevo lontano, pensavo di trovarla, la forza per di­fendermi... Mi sarei, non so, preparata a questo collo­quio, mi sarei gettata ai suoi piedi, avrei pianto, avrei supplicato: aiutata da te e da tuo marito, avrei magari patteggiato la mia liberazione, avrei dato tutto perchè lui, desistesse... Ma ora! (ambigua e disperata) Ora c'è qualche cosa di più forte di me che mi schiaccia, che non mi concede di alzare la testa neppure per parlargli, neppure per supplicarlo, (con un brivido di terrore) Pen­sa: può essere qui da un momento all'altro: inesorabile lui come allora! Perchè... Gli somiglia, sai, questa vio­lenza estrema! (beffarda e da questo momento con un tono aspro e nuovo nella voce) Ah! lo riconosco, il vin­to dalla vita! Lo ha fatto più cattivo, più livido la sua sconfitta! Eccolo, il rimorso! Ecco la sua pietà! (ma il tono della voce di Nanetta, pur soffocato dall'impos­sibilità di abbandonarsi all'impeto spontaneo del grido, è sempre meno « suo »; pare addirittura che un'altra crea­tura parli adesso al posto di lei) Ah! ma se quell'uomo, dopo le oscure minaccie contro Giacomo che la sua rabbia gli ha suggerite, oserà mostrarsi qui, oserò an­ch'io... Ho diritto anch'io di difendere la mia vita e il mio amore: di difendere l'uomo che amo sopratutto (poi, in un impeto improvviso e disperato d'energia, sollevandosi un poco; così che ella sembra ora quasi fat­ta più alta e il suo gesto spaziare in un'atmosfera più vasta:) No, Maria! Paolo non la passerà la porta di casa nostra! Paolo non si troverà di fronte a Giacomo, mai! Non accadrà questo! Perchè io mi difendo... per­chè... se lui spinge la sua audacia fino a tanto, lo uc­cido... (ambigua e frenetica) Io posso, io debbo farlo... È l'unico scampo... Perchè... se non sapessi far questo, sarei... indegna di Giacomo! (decisa) Ti giuro: lo uc­cido !

(ma la parola è troppo più forte di lei: onde, appena pronunciatala, la donna rimane tutta estenuata come se lo sforzo eroico della sua immaginaria difesa sia stato realmente compiuto da lei; e l'occhio che dianzi cerca­va un rifugio su tutte le cose d'intorno le cade ancora una volta su quelle sue povere mani che nell'impeto del dolore e dell'ira, s'erano quasi protese a brandire un'ar­ma e ora le pendono giù, smorte, nel grembo. Maria che non ha osato interrompere, prima, lo sfogo della sorella, approfitta ora della prostrazione che ha seguito l'impeto di lei per mormorarle, con un sorriso pieno di incre­dulità e di accoramento:)

Maria                   - Uccidere, Nanetta! Che dici? È delirio, è paz­zia,.. Non sei tu che dici questo...

 Nanetta               - (tragica e ambigua) Non sono io, forse... O forse, parla quella che io vorrei essere in questo mo­mento, (e come Maria, smarrita, non intende) Ma no! Hai ragione tu; è Nanetta stessa che delira, che impaz­zisce, povera creatura!... (umile e accorata, col pianto nella voce) Impazzisce, delira... Ma come vuoi che sfug­ga a questa rovina del suo pensiero se da tanti giorni ella non sa più dove finisca la terribile verità della sua vita e dove cominci un sogno ancora più terribile? (al limite estremo dell'angoscia e riprendendo ora il tono addiritura puerile dei suoi momenti di sgomento) Come lo reggi più il pensiero, quando quel segno è distrutto, quando non c'è più quel limite?... Se ne va dove vuole lui, il pensiero: e allora è la pazzia, quasi...

Maria                   - (sforzandosi di comunicare alla sorella quella relativa calma che le permette di ragionare) No, Na­netta! È la tua sensibilità scossa che ti fa fantasticare così, che ti fa dire persino cose assurde! Assurde e in­comprensibili... tanto che pare non sia tu a parlare-Ma adesso bisogna pensare a difenderti; e disperarsi a questo modo non serve, (sicura e precisa, come chi abbia già meditato tutte le possibili soluzioni della vicenda) Paolo non è apparso su quella porta, Paolo non giun­gerà qui mai, se noi, se tu...

Nanetta                - (un brivido le passa nella voce) Se io...

Maria                   - Se tu, invece di farti dominare così dai tuoi nervi, vorrai ritrovare un po' della tua calma e armarti di tutta l'energia che ti rimane...

(ma Nanetta è così presa dal suo terrore che non riesce neppure a interessarsi alle parole di Maria. Tuttavia ella mormora).

Nanetta                - Ma che mi si può chiedere?

Maria                   - (Con molta calma) Io ti chiedo soltanto di voler guardare in faccia la realtà. Ragiona con me, ora. Pao­lo non può essere stato spinto a minacciare la sua ve­nuta qui se non dalla certezza che tu non saresti an­data da lui, mai. Che cosa ci resta a fare dunque? Che cosa consiglia anche mio marito? Accettarlo, questo colloquio. Partire, insomma. Ora ho pensato, quando ieri ti ho proposto di venir fuori con me, mi parve che tanto tuo marito che Laura acconsentissero, è vero?

Nanetta                - Si: anche poco fa... Insisteva anzi Giacomo per questa partenza...

Maria                   - Benissimo: perchè... io ieri buttai là la proposta proprio in vista di questa necessità. Ora bisogna appro­fittarne perchè tu possa partire subito. Io dico che Augusto mi ha richiamata e che sono costretta a partire stasera stessa? Tu vieni con me e domani parlerai con Paolo Brusca...

Nanetta                - (con un visibile turbamento) Vederlo, io! Par­largli, io stessa, subito !...

Maria                   - Ma non così! Bisogna che tu sia forte, che tu sia padrona di te stessa, se questo passo ormai è inevita­bile... (Laura e Giacomo entrano da sinistra).

SCENA SESTA

Nanetta - Maria - Laura - Giacomo

(Appena Nanetta vede Giacomo e Laura entrare e di­rigersi verso Maria per salutarla, ella ha un istintivo moto verso il marito, come se volesse parlargli lei per prima; ma non le riesce che di dire:)

Nanetta                - Giacomo... mamma... (ma le forze le mancano e ella lascia che parli Maria: da questo momento ansi ella entra in una fissità di allucinata per cui pare estra­nea a quanto fanno e dicono attorno a lei). Maria    - (dopo aver risposto appena al saluto dei due, a Giacomo) Giacomo, ho convinto Nanetta a partire con me....

Laura                   - (a Nanetta, con un tono dì sincera soààisfazione) Parti? Parti con Maria dunque? (Nanetta non rispon­de, ma addita con un'occhiata Maria come per dire: « É lei che ha voluto così ». Laura insiste, rivolta ora a Maria) Ma se glielo predico da ieri, che un po' di cam­pagna non può farle che bene! E Giacomo s'è dovuto-persuadere anche lui... E sa, ce n'è voluto! (scherzosa) Sempre lì, stretti l'uno all'altro! Innamorati da far pietà, signora mia! Ancora! Ma dico io: l'amore va bene, ma bisogna pensare anche alla propria salute... (Nanetta, che durante questa bonaria chiacchierata del­la vecchia è stata più assente che mai, sembra uscire, un attimo, da quella sua fissità attonita per rivolgere uno sguardo pieno di desolazione a Giacomo e invocare da lui che egli rifletta un'ultima volta e, almeno lui, la trattenga).

Giacomo              - Si; se questo cambiamento possa giovarle, possa ridarle un po' di pace, un po' di serenità...

Laura                   - La calma dei suoi nervi, sopratutto...

Giacomo              - (alla moglie, con molta dolcezza) Senti an­che tu. è vero, che ti farà bene? la ritroverai lassù, la tua tranquillità d'un tempo, quei tuoi lunghi sonni se­reni: da bambina quasi...

Nanetta                - (con un filo di voce) Chissà... forse...

Maria                   - Soltanto, se vuol partire con me, bisogna che venga via stasera. Augusto mi ha telegrafato e dovrò partire coi treno delle sette: fra un'ora. (Nanetta tace e, se pure volge gli occhi qua e là nella stanza, il suo sguardo è vuoto d'ogni espressione. Atto­nita, di nuovo perdutamente estranea, ella sembra non accorgersi neppure di tutto quello che dicono e fanno 'attorno a lei).

Laura                   - Ebbene: che ci vuole a prepararle qualche cosa? Non avrà certo bisogno di grandi robe, se l'assenza è di pochi giorni soltanto... (e subito quasi con giocondità, come per dissipare quella nube di tristezza che ella sente addensarsi nella casa per la partenza di Nanetta ormai stabilita) Deciso, dunque? (a Nanetta) Vedrai tu: qua­le cura migliore pei tuoi nervi di quella grande casa di provincia, ravvivata da tutti quei ragazzi? (a Maria) la ricordo anch'io, sa, la sua casa, come se l'avessi ve­duta ieri... Con quel boschetto di pini, là in fondo al giardino... E sì che sono anni ormai... (a Nanetta e Giacomo) Soltanto, ragazzi, visto che ormai è deciso, non vogliamo malinconie, veh! (a Maria) E sopratutto non c'è tempo da perdere: è vero? Bisognerà prepa­rarle la valigia alla svelta. (Bonaria, a Nanetta) Ah! testolina! Se ti fossi decisa fin da ieri, si sarebbero fatte le cose con calma e a modo.

Maria                   - Oh! ma c'è tutto il tempo, signora. E posso darle una mano anch'io. Passerò al mio albergo dopo, con Na­netta, prima di andare alla stazione.

Laura                   - Grazie: fra me e lei si fa in un momento (Laura e Maria escono da sinistra. Si sente Laura che prima di uscire mormora a Maria:) Sarà la sua salvezza, vedrà...

SCENA SETTIMA

Nanetta - Giacomo

Giacomo              - (itti lungo sguardo muto alla moglie che è in­sieme uno sguardo d'addio e di tenerezza dolente).

Nanetta                - (più forte del suo dolore, con una ostentata se­renità nella voce) É forse anche per il tuo bene, Giaco-m-ù1. T14 ti $tejac£U$a.YÌ troppo a vedermi così sciupata... E il tuo lavoro ne soffriva... Ho pensato anche a questo (amaramente) Ah! Era diventata un ben misero aiuto per te la tua mogliettina. Non era più come ai bei tem­pi. Vedi: se io oggi tornassi a rannicchiarmi laggiù men­tre tv\ scrivi, (addita il suo nido consueto tra la libreria e la scrivania) forse non mi domanderesti più: « Na­netta, è acceso ancora il fuoco?» come quel giorno... L'insonnia me li ha quasi spenti, questi poveri occhi... Bruciano tutta la notte e il giorno sono spenti... Cenere sono...

Giacomo              - Che dici, piccola? Questo è solo perchè attra­versi una delle tue crisi più dolorose.... Ma tornerai guarita: e allora.... (tra appassionato e esaltato) Pensa invece quanto mi hai dato di te! Pensa quanta vita ho attinto a questi occhi! E cenere dici che sono! (Giacomo fissa teneramente gli occhi di sua moglie. L'e­saltazione di lui si comunica ora alla donna che in un atteggiamento di suprema dedizione offre all'uomo il suo viso tragicamente immoto quasi per farsi leggere da lui in ogni segno più riposto. Ella non parla: quasi non respira neppure. Due, tre volte Giacomo passa la mano sulla fronte e sugli occhi della moglie, mentre la sua voce, inquieta e ansiosa, mormora:) Piccola, piccola mia... (Ma Nanetta d'un subito coglie il segreto di quelle ma­ni che perseguono un volto inafferrabile sotto il marto­riato volto di lei, gliele afferra, gliele tiene per un mo­mento premute sulle sue tempie quasi ella chieda un re­frigerio alla febbre che la infiamma; poi, traducendo ancora una volta in una tormentosa ambiguità la con­fessione che urge alla sua bocca:)

Nanetta                - No! Giacomo! Perchè t'affanni a liberare dalla realtà che t'è vicina il sogno che persegui? Io l'ho ama­to, fino a viverlo quasi, lo strazio e l'amore di Nanetta! E non ti illudi se pensi di poterlo leggere qui, lo sconfi­nato dolore di lei... (sempre più chiusa e misteriosa) Non mi vedrai più per qualche tempo; ma ricordalo, Giacomo, il mio viso di quest'ora. Ricordalo mentre Na­netta chiederà alla tua fantasia la sua vita... (al colmo della sua tragica ambiguità e in un dèlì'fid qìlùSÌ mistico d'amore, mentre l'uomo inconsapevole tiene ancora nelle sue mani il volto di lei). Si: lo spasimo di Nanetta è qui... Tutto di lei è in questo mio viso che tu tieni come una povera cosa nelle tue mani, come una povera cosa, già morta quasi... (Pausa, poi) Tutto di lei, tutti i suoi pensieri sono in questa mia fronte, tranne uno, forse: il solo per cui questa sarebbe, sì, degna dell'altra Na­netta. Ma quello è troppo alto, è troppo pauroso 'per lei... (fra se, quasi allucinata) E chi può farle una colpa se ella non osa, se ella non può?... (ma lo strazio con­tenuto finora con uno sforzo quasi sovrumano trabocca e ella ripete, frastagliando le parole di singhiozzi fan­ciulleschi) Non può... non può..

Giacomo              - (profondamente turbato, ma persuaso di tro­varsi di fronte a una delle solite crisi della moglie, fat­tesi tanto più frequenti; mentre le tiene tutte e due le mani) Piccola mia, così no... così no !... Come vuoi che ti lasci partire, se ti vedo cosi... Avrei paura di saperti lontana da me anche un giorno, un'ora... (deciso) Ah! nj! così non ti lascio partire !

(il terrore che Giacomo possa impedirle la partenza or­mili necessaria fa sì che Nanetta si ricomponga e si do­mini subito. Ed ella infatti sembra quasi serena e ener­gica — se pure ancora fasciata dalla sua ambiguità — mentre dice" a Giacomo:)

NanETTa             - Ma se l'unica speranza di salvezza è in questa partenza, Giacomo! l'unica !

(il mutamento della donna è apparso improvviso ; ma è evidente che dopo tanto tumulto di contenuta passione ella si è indotta in questo stato di calma solo per una decisione che ha preso nel suo segreto. Il suo infatti è una specie di torpore estatico, un abbandono del suo spi­rito a un pensiero che la domina tutta. Laura e Maria appaiono a destra).

SCENA OTTAVA

Nanetta - Giacomo - Laura - Maria

Laura                   - (a Nanetta) Credo che possa bastarti quello che ti s'è dato.

Nanetta                - Se avete fatto voi due... (ma Laura e Maria si accorgono ora che Nanetta ha gli occhi rossi. Laura fa un cenno a Giacomo come per chiedergli che cosa sia accaduto)

Giacomo              - (sottovoce, a Laura) Un'altra crisi: ma è pas­sata ormai...

(Maria intanto si avvicina a Nanetta, e ora, le mormora, da presso, così che gli altri non sentano)

Maria                   - Nanetta mia, fatti forza adesso... Adesso, sopra­tutto...

Laura                   - (con il solito tono vivace, a Nanetta) Ho messo anche il golf di lana. Maria mi ha detto che è già fred­dino lassù.

Nanetta                - (estranea) Grazie: è prudente... si...

Laura                   - F, la valigia l'ho chiusa già... Perchè... caso mai tu voglia portarti qualche libro, puoi metterlo nella borsa da viaggio. Intanto... meno ne porti, libri, meglio è! È veleno per te, quello! Tu hai bisogno d'aria buona e di svagarti. Altro che libri !

Maria                   - (a Nanetta) Ma non c'è più troppo tempo ormai, se dobbiamo passare anche all'albergo. Vai a metterti il cappello e il mantello. Noi intanto facciamo portare giù la valigia da Lorenza e la mandiamo per una vettura. (Nanetta esce da sinistra: Laura e Maria dalla comune. Prima di uscire proprio sulla porta Laura dice a Gia­como)

Laura                   - Scendi giù tu con Nanetta?

 Giacomo             - Certo, mamma! E le accompagno, anche. (Nanetta rientra in questo momento da sinistra, già pronta. Reca in mano una piccola borsa. Ella coglie le pa­role di Giacomo, e:)

Nanetta                - No, Giacomo! lo sono tranquilla ormai, lo vedi. Ma se vuoi che parta contenta bisogna che ti lasci qui al tuo solito posto (molto calma dopo aver posata la bor­setta sulla scrivania) Sono le tue ore migliori, queste è non devi perderle! Tra poco verrà tua madre e accen­derà qui: come feci io quella sera, ricordi, quando en­trò per la prima volta a casa nostra l'altra Nanetta... (misteriosa e tenera) Resta con l'altra, mentre una se ne va...

Giacomo              - (sorridendo, ma tristemente, al ricordo di Na­netta) T'accompagno almeno fin giù...

Nanetta                - Sì... ma... (fingendo ora di risovvenirsi di qual­che cosa che abbia dimenticato) ho dimenticato... la sciar­pa di lana. Me la vai a prendere di là... Sai... per il viaggio.

Giacomo              - (accennando ad avviarsi lui stesso verso la stan­za di Nanetta) Subito... si...

Nanetta                - (Giacomo esce. Appena Nanetta è rimasta sola, corre alla scrivania, apre tremando un cassetto a destra e ne trae la rivoltella di Giacomo. Guarda un momento la borsetta che ha lasciato sulla tavola, la apre e sta per chiudere l'arma là dentro, quando un'improvvisa esi­tazione le tronca a messo il suo gesto furtivo. Ella sbarra gli occhi atterriti dinanzi a sé, ora: su l'ombra dell'ai-, tra, forse, che ella vede erigersi di su le carte sparpa­gliate di Giacomo. É un attimo: poi un subito ribrezzo la prende del gesto che ella osa e un terrore fanciulle­sco dell'ombra che la domina, ancora una volta. Come un soffio di demenza passa nei suoi occhi. Ella getta lon­tana da se la borsetta già dischiusa, s'abbranca alla scri­vania, mentre la sua mano tremante stringe ancora l'ar­ma che è nascosta al suo sguardo dall'orlo della tavola, mormora con un filo di voce) Non posso, no! È più forte di me.... (silenzio. S'odono dei passi di là dalla comune. Nanetta trepidando nasconde sotto le carte di Giacomo l'arma che ha in mano e tende l'orecchio e fissa gli occhi: uno sgo­mento senza nome è sul suo volto. Appare Maria).

Maria                   - (ansiosa, con la voce soffocata) È qui lui! L'ho traveduto giù per la strada... Fatti coraggio, Nanetta... Non scendere adesso. Trova un pretesto... Intanto io.... (Maria esce precipitosa; ma appena la sorella è scom­parsa, Nanetta si stacca dalla tavola, attraversa la stanza brancolando come una cieca e brandendo l'arma nella mano tremante si colpisce proprio mentre varca la soglia per ove è tiscita Maria. La sua voce mormora, mentre compie il suo gesto disperato: To no, io no !

CALA LA TELA