L’amante di terracotta

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IL CERTIFICATO

L’AMANTE DI TERRACOTTA

(anno 2007)

Commedia in due atti

di ITALO SCHIRINZI

Personaggi:

Caterina:                       la colf

Mariolina:                     la moglie dell’Onorevole

Pacifico Tranquilli:        l’Onorevole

Filomena:                      un’amica di Mariolina

Peppina:                        l’altra amica di Mariolina

Giulio:                           l’idraulico

Amedeo:                        il dottore

Teresina:                       la moglie dell’idraulico

a mia moglie Giovanna

L’AMANTE DI TERRACOTTA

Atto Primo

La scena è costituita da un ampio salotto di un appartamento signorile. L’arredo è molto curato ed è costituito da un divano, una poltrona, un mobile d’epoca accostato alla parete ed un tavolino da salotto. In fondo a destra una porta che conduce al vano ingresso. Nelle pareti destra e sinistra due porte, che conducono rispettivamente alla zona notte ed alla zona giorno del lussuoso appartamento. Alle pareti appliques e quadri d’autore.

La storia si svolge ai giorni nostri.

All’apertura del sipario la scena è vuota, quindi entra Caterina, giovanissima colf poco più che ventenne, di origini ciociare. Indossa il caratteristico grembiule blu con bretelle e pettina, ornato con la trina bianca. Parla con leggero accento ciociaro.

Scena prima

(Caterina e Mariolina)

Caterina:       (Entra, inizia a fare le pulizie e canta) Roma non fa’ la stupida stasera, damme ‘na mano a faje di’ de sì. Scegli tutte le stelle più brillarelle che puoi e un friccico de luna tutta pe’ noi… Faje sentì che è quasi primavera…

Mariolina:     (Entra. E’ una donna di bella presenza, elegante e raffinata, dal portamento signorile. Quarantacinquenne, moglie dell’Onorevole Pacifico Tranquilli). Scommetto che è arrivato il tuo fidanzato.

Caterina:       Signora, a lei non si può nascondere nulla. Come ha fatto a capirlo?

Mariolina:     Da quello che canta si capisce subito se una donna è felice oppure triste. Cantare è un modo per comunicare agli altri i propri sentimenti.

Caterina:       Io sono felice perché sono innamorata di ‘nu bellu giovane.

Mariolina:     Sta’ attenta, però, perché l’amore è come la gioventù: lascia dietro di sé quasi sempre dei rimpianti.

Caterina:       Signora, le posso fare una domanda?

Mariolina:     Certamente, di me non devi avere soggezione.

Caterina:       Cosa ne pensa lei di questo nuovo locale notturno dove le artiste fanno lo spogliarello?

Mariolina:     Se devo essere sincera non ne penso tanto bene.

Caterina:       Perché?

Mariolina:     Una donna, che si spoglia in pubblico, per me è poco seria ed altrettanto mi sembra di poter dire del locale, che la ospita.

Caterina:       E se, invece, una ragazza si spoglia in privato davanti all’uomo suo?

Mariolina:     Beh! Allora è tutta un’altra cosa ma sarebbe ancora meglio se i due fossero già sposati. Tu, ti sei già spogliata qualche volta davanti al tuo ragazzo?

Caterina:       Ancora no, ma penso che un giorno o l’altro me lo chiederà perché lo vedo parecchio interessato a certe cose.

Mariolina:     A certe cose o a quella cosa in particolare?

Caterina:       Più che altro a quella cosa. Ce l’ha fissa nella testa e, gira e rigira, va a finire sempre nei dintorni. Signora, se devo essere sincera, io sono un po’ preoccupata.

Mariolina:     Per il fatto che ci gira sempre intorno?

Caterina:       No, quello anzi mi fa piacere. Sono preoccupata perché temo di non essere ancora capace di spogliarmi davanti ad un uomo, anche se questo fosse il mio ragazzo.

Mariolina:     Se non ti senti pronta, cara, non lo devi fare. Ogni cosa a suo tempo.

Caterina:       Veramente pronta lo sarei già da tempo ma sono ugualmente preoccupata perché ho sentito dire che per spogliarsi bene è necessario seguire una tecnica particolare. E siccome non vorrei fare una brutta figura, l’altra sera, per capire come ci si deve spogliare, ho pregato il mio fidanzato di portarmi a vedere lo spettacolo di spogliarello.

Mariolina:     Sei andata a vedere la esibizione di quelle svergognate?

Caterina:       Sì. Io ho pensato: se c’è andato l’onorevole è segno che è una cosa seria.

Mariolina:     L’onorevole, bella mia, c’è andato per dovere d’ufficio, non per passatempo.

Caterina:       Io, invece, ci sono andata per vedere con i miei occhi come ci si deve spogliare, perché al momento opportuno vorrei fare una bella sorpresa al mio fidanzato.

Mariolina:     Pensi di riuscirci?

Caterina:       Io ci provo. Per questo la sera in camera mia mi esercito davanti allo specchio. Mi spoglio, mi rivesto e poi mi rispoglio. Lo faccio un paio di volte prima di mettermi a letto.

Mariolina:     Ti ripassi la lezione?

Caterina:       Sì, lo faccio per trovarmi preparata al momento giusto.

Mariolina:     Spogliarsi è una cosa naturale come bere, mangiare, dormire, non ci dovrebbe essere, perciò, bisogno di studiarci sopra prima di farlo. Io mi sono sempre spogliata a modo mio e mi sono trovata molto bene. Forse la gioventù di oggi è più esigente e va alla ricerca della perfezione, ma io rimango dell’idea che le cose semplici spesso sono anche le migliori, perché sono più genuine.

Caterina:       Io non mi voglio spogliare come una cafona, come si spogliano le donne del mio paese, ma come le ragazze che si vedono alla televisione. Loro si sanno spogliare. Lo fanno in pubblico, in privato, in comitiva, sulle barche dei ricconi o nell’ufficio di qualche uomo politico e non hanno soggezione di nessuno perché ci sono ormai abituate. Signora, è vero che a volte si spogliano per i soldi o per fare carriera in televisione?

Mariolina:     Questo dicono i giornali scandalistici. Certo, se fosse vero, non sarebbe una bella cosa. Alla televisione dovrebbero essere chiamate a lavorare quelle ragazze, che sanno fare qualcosa di bello, non quelle che sono disponibili a spogliarsi o ad andare a letto con questo o con quell’altro personaggio.

Caterina:       Sarebbe come se io, per guadagnare di più, andassi a letto con l’onorevole. Vero, signora?

Mariolina:     E’ proprio così. Ma, se tu ci provassi con mio marito, io ti licenzierei in tronco, gioia mia, e perderesti anche il lavoro.

Caterina:       Io ho voluto fare solo un esempio, signora. Non lo dicevo sul serio.

Mariolina:     Ed io ti ho voluto dare solo un avvertimento, Caterina, perché ti voglio bene.

Caterina:       Ho visto l’onorevole tutto indaffarato. Si sta preparando nuovamente la valigia. Ha intenzione di partire? Certo ci sta poco in casa l’onorevole. Nemmeno il tempo di disfare la valigia e pensa già a rifarla. Forse è per questo che non avete figli, vero, signora?

Mariolina:     Caterina, impicciati degli affari tuoi, queste sono cose che non ti riguardano.

Caterina:       Mi scusi, signora, forse era meglio se tenevo la bocca chiusa.

Mariolina:     Penso proprio di sì.

Scena seconda

(Caterina, Mariolina, Pacifico, quindi Caterina)

Pacifico:       (Entra. E’ un uomo alto, magro, dai modi cortesi di circa cinquant’anni. Indossa giacca da camera). Caterina, hai mica visto la mia camicia a righe bianche e blu?

Caterina:       Sissignore, onorevole, l’ho vista. Gliela vado subito a stirare. (Esce).

Mariolina:     Eh! Caro Pacifico! Questa casa per te è come un albergo. Non fai in tempo ad arrivare e già prepari la valigia per partire. Ma quando finirà questa odissea?

Pacifico:       Se ho poco tempo a disposizione la colpa è del mio lavoro, cara Mariolina. Tu forse non ti rendi conto ma i parlamentari fanno una vitaccia. Dal lunedì al venerdì, tutto il santo giorno, stravaccati su quei divani del transatlantico di Montecitorio a discutere con questo o con quel collega, con i giornalisti, con i commessi… con quelli dell’opposizione…

Mariolina:     Chissà che fatica!

Pacifico:       Non te lo immagini nemmeno. Peggio che lavorare in miniera, te l’assicuro.

Mariolina:     Ci credo. Molti secondo me farebbero bene ad andarci veramente a lavorare in miniera, farebbero contenti milioni di elettori.

Pacifico:       C’è poco da scherzare. La realtà è molto più dura di quella che appare. Un salto alla bouvette, un altro dal barbiere, una scorsa ai giornali e si fa già l’ora di pranzo. Ti passa il tempo che nemmeno te ne accorgi.

Mariolina:     Eh sì, vola il tempo, vola!

Pacifico:       E poi ci sono le riunioni, le commissioni, le votazioni… tutta una rottura di co… che non ti dico.

Mariolina:     Capisco, capisco.

Pacifico:       Si corre tutto il giorno, di qua, di là…

Mariolina:     Di su, di giù…

Pacifico:       E tutto questo per poco più di ventimila euro al mese, hai capito? Ventimila euro al mese, come se fossimo degli straccioni. Da vergognarsi anche a dirlo.

Mariolina:     E tu non lo dire, Pacifico. Se ti sente Caterina ci chiede subito l’aumento, perché lei ventimila euro li guadagna in due anni, tredicesima compresa.

Pacifico:       Pensa che per un pranzetto con un po’ di antipasti, due primi, tre secondi, qualche contorno, frutta, dolce, caffè, ammazzacaffè ed una coppetta di champagne, hanno il coraggio di farti pagare nove euro a testa. Dico nove euro. Ci vuole coraggio.

Mariolina:     Certo, ci vuole coraggio perché io ho letto sul giornale che il pranzo ne costerebbe invece novanta, di euro.

Pacifico:       Quelle dei giornali sono chiacchiere malevole per metterci in cattiva luce. Tu non ci fare caso. E, come se tutto questo non bastasse, nel fine settimana c’è da curare il collegio elettorale. Altri pranzi, altre cene… Guarda, è meglio non parlarne, altrimenti uno si scoraggia e molla tutto.

Mariolina:     Tu naturalmente non ti scoraggi, vero Pacifico?

Pacifico:       Non ci penso proprio, mica voglio andare a lavorare in miniera io?

Mariolina:     Anche se, detto fra noi, non ti farebbe male un annetto di miniera.

Pacifico:       Comunque ti prometto che quando mi ritirerò dalla politica me ne starò tutto il giorno in casa, stravaccato su quel divano. Un bel paio di pantofole ai piedi, un giornale in mano e mi godrò finalmente la vecchiaia in santa pace.

Mariolina:     Da un divano all’altro, insomma. Una bella prospettiva anche per me, non c’è che dire.

Pacifico:       Ora tu devi avere un po’ di pazienza, cara, perché gli impegni, che ho assunto nei confronti della collettività, non mi consentono di dedicare molto tempo alla famiglia.

Mariolina:     Se facessimo il calcolo del tempo effettivo, che abbiamo vissuto insieme in venticinque anni di matrimonio, sono sicura che non ammonterebbe nemmeno ad un anno intero.

Pacifico:       Importante è la qualità del tempo, che si trascorre insieme, non la quantità, tesoro mio.

Mariolina:     Questo è un luogo comune, che ripetono tutti gli assenteisti di professione per giustificare la loro latitanza nei confronti di mogli e figli.

Pacifico:       Ci sono coppie, che stanno notte e giorno insieme…

Mariolina:     Beate loro!

Pacifico:       …e conducono una vita assolutamente banale, piatta, monotona, senza impennate, sorprese, picchi… di… felicità. Per questo ad un certo punto subentra al loro interno la noia e poi va a finire che si separano. La noia, mia cara, è terribile, ti svuota dentro e conduce inevitabilmente alla separazione ed al divorzio.

Mariolina:     Noi non corriamo questo rischio, vero?

Pacifico:       Grazie a Dio, no davvero.

Mariolina:     Perché viviamo da sempre come se fossimo separati. Forse è questo che mi vuoi dire?

Pacifico:       Voglio dire che l’attesa di rivederci alla fine della settimana o dopo un momentaneo distacco più o meno prolungato, in un certo senso alimenta in noi il desiderio e di conseguenza ravviva il nostro amore.

Mariolina:     Più che ravvivarlo a me sembra che lo mortifichi. Quando l’attesa diventa routine nella vita di una coppia è snervante non corroborante e rischia di produrre effetti negativi nel rapporto, nonostante la buona volontà dei protagonisti.

Pacifico:       Per fortuna non è questo il caso nostro ed il merito è tutto tuo, amore mio, perché sei una donna eccezionale.

Mariolina:     A volte penso che se avessi per me la medesima attenzione, che hai verso i tuoi elettori, io mi sentirei una donna felice.

Pacifico:       Tu sei mia moglie, non una semplice elettrice ed hai, quindi, l’onere di comprendere le difficoltà di tuo marito, che si deve fare carico degli interessi generali, della scuola, dei trasporti, della giustizia, della sanità…

Mariolina:     Ora capisco perché tutte queste cose vanno male.

Pacifico:       Credi di essere spiritosa?

Mariolina:     Ascoltami, ma non potresti per qualche anno interessarti di altro per il bene di tutti gli italiani?

Pacifico:       La tua ironia è fuori luogo, cara.

Mariolina:     Scusami, ma non volevo offenderti, è stato più forte di me. Considerato che sei così solerte, fra tutti codesti interessi di carattere generale, di cui ti occupi, potresti farci rientrare, per favore, anche quello di sturare il lavandino del bagno, che purtroppo si è intasato?

Pacifico:       Questo lavandino si intasa troppo spesso. Dev’esserci qualche difetto nello scarico oppure un tubo malformato.

Mariolina:     Se tu potessi darci una guardata, prima di andare via…

Pacifico:       Amore mio, mi dispiace ma non ti posso accontentare. Non ho il tempo materiale per dedicarmi a queste piccole cose. Magari lo avessi! Mi piacerebbe poter fare qualche lavoretto di casa, ma non posso permettermi al momento questo lusso. Io devo pensare agli interessi della gente.

Mariolina:     Strano, dicono che tutti gli onorevoli pensano solamente ai fatti propri, non capisco perché tu debba essere l’unico che pensa a quelli degli altri. Forse sono stata particolarmente sfortunata.

Pacifico:       Questo è un luogo comune difficile da sradicare dalla testa della gente. Io ti posso assicurare, invece, che i parlamentari italiani sono dei grandi lavoratori, impegnati notte e giorno a soddisfare le esigenze del Paese ed anche se lo volessero non hanno il tempo per pensare agli interessi propri. Conosci forse qualcuno che, stando al governo, ha fatto il proprio interesse? La verità è che siamo troppo sacrificati ed allo stesso tempo criticati.

Mariolina:     Il tempo per andare al Babajaca lo hai, però, trovato?

Pacifico:       Sai benissimo che non potevo fare diversamente.

Mariolina:     E’ stato anche quello un sacrificio?

Pacifico:       Un impegno istituzionale.

Mariolina:     E’ stato bello almeno? Lo spettacolo, voglio dire, ti ha soddisfatto?

Pacifico:       Un normale spogliarello, come a Roma se ne vedono tanti, eseguito, però, con grande maestria da una valente professionista del settore.

Mariolina:     Eh! Già, come a Roma se ne vedono tanti! Quando li vedete a Roma gli spogliarelli, fra una votazione e l’altra?

Pacifico:       Quando ci capita di andare in qualche locale notturno per una cena di lavoro. Forse tu non lo sai, ma noi parlamentari lavoriamo anche la notte. A Roma la notte c’è movimento, si fanno incontri, si curano le pubbliche relazioni, non è come da noi che…

Mariolina:     Piuttosto lo sai che in paese c’è un po’ di malcontento fra le donne?

Pacifico:       Me lo hanno detto ma ritengo che sia del tutto ingiustificato.

Mariolina:     Se lo vuoi sapere anche a me lo spogliarello sembra che sia uno spettacolo indecente. Tu, in proposito, cosa ne dici?

Pacifico:       Che spesso il diavolo è meno brutto di quello che si dipinge.

Mariolina:     Forse dal tuo punto di vista, maschilista?

Pacifico:       Cara Mariolina, io ho assolto semplicemente ad un compito istituzionale e non credo, quindi, che debba giustificarmi con qualcuno se sono andato a vedere lo spogliarello della mitica Frou Frou.

Mariolina:     Mitica, eh?

Pacifico:       Sì, sì, mitica.

Mariolina:     La conosci?

Pacifico:       Per sentito dire.

Mariolina:     Da chi lo hai sentito dire?

Pacifico:       Da alcuni miei colleghi romani…

Mariolina:     Da quelli che come te pensano agli interessi generali del paese?

Pacifico:       Non essere polemica, Mariolina. Concedersi un po’ di svago non è certo una colpa a questo mondo. Se qualcuno dei miei colleghi, deputato o senatore, lontano dalla famiglia si sente solo, poverino, sperduto nella grande città… che male c’è se la notte va a farsi un giro, per esempio a Caracalla per fare quattro chiacchiere con le prostitute, povere disgraziate, o con qualche travestito, insomma con quella umanità dolente che per pudore di giorno si nasconde? Che male c’è se per fare un po’ di bene si porta una o due di quelle signore in albergo e con un po’ di cocaina fa un po’ di festa?

Mariolina:     Certo, certo, che male c’è? Deve curare l’interesse della gente, poverino.

Pacifico:       Che male c’è se, preso dallo sconforto, va a trascorrere qualche ora al night club per vedersi un innocente spogliarello?

Mariolina:     Magari della mitica Frou Frou?

Pacifico:       Della Frou Frou, della Dodò, della Profumo, che importanza ha il nome dell’artista?

Mariolina:     Importante è che si spogli, non è vero?

Pacifico:       Presumo di sì.

Mariolina:     Non so se può interessarti sapere che fra poco verrà a farmi visita la signora Filomena, la moglie del notaio Maccarone, per intenderci e, conoscendo la sua avversione nei confronti di ogni genere di spettacolo, nel quale si esibiscono ballerine mezze nude o “scosciate” come lei le definisce, immagino cosa mi verrà a dire.

Pacifico:       Tu cerca di rassicurarla e di non alimentare il suo malumore. Tieni presente che al Babajaca lavorano in questo momento una trentina di persone, che mantengono altrettante famiglie e che l’anno prossimo ci sono le elezioni politiche. Mi sono spiegato?

Mariolina:     Perfettamente.

Caterina:       (Entra). C’è la signora Filomena, la moglie del notaio, la faccio accomodare?

Pacifico:       Forse è meglio che io me ne vada subito di là. Comunque prima di andare via passerò a salutarvi. Caterina, è pronta la camicia a righe?

Caterina:       Sì, onorevole. L’ho appoggiata sopra il letto.

Pacifico:       Brava. (Esce).

Mariolina:     Caterina, fai entrare la signora Filomena.

Caterina:       Prego, signora. (Esce).

Scena terza

(Mariolina, Filomena, Caterina, quindi Peppina)

Mariolina:     Vieni, cara, vieni. Come stai?

Filomena:     (Coetanea di Mariolina, di corporatura robusta, capelli neri e carattere sanguigno. Entra e, senza nemmeno salutare…) Una cosa del genere non dovrebbe essere consentita, perché è un’offesa a tutte le donne perbene di questo paese.

Mariolina:     Mi fa piacere che tu sia venuta ma ora ti prego di calmarti, altrimenti sarà difficile ragionare pacatamente di un argomento così scabroso.

Filomena:     Beata te, che sei così serena e riesci sempre a controllare il tuo disappunto. Io, invece, non ci riesco e se qualcosa non mi va la devo dire. Ora mi sento ribollire dalla rabbia e sento il bisogno di sfogarmi. Quello che sta accadendo nel nostro piccolo paese è inaudito. Questi mariti, ingrifati, tutti a fare la fila per entrare al Babajaca! E’ una vergogna che non si può più oltre sopportare.

Mariolina:     Gridare allo scandalo non serve a niente, Filomena.

Filomena:     Tutte le persone perbene dovrebbero ribellarsi per affermare con forza la necessità di rispettare la morale comune, che è stata gravemente violata in questa circostanza.

Mariolina:     Ho saputo che anche tuo marito c’è andato.

Filomena:     Per dovere d’ufficio, così si è giustificato. Anche i notai hanno obblighi di rappresentanza.

Mariolina:     Non dobbiamo farci prendere dalla frenesia di giudicare.

Filomena:     Io invece mi sento scoppiare la bile, cara mia.

Mariolina:     Dobbiamo cercare innanzitutto di analizzare il fenomeno, di individuarne la natura, gli effetti e la causa che l’ha originato e solo dopo emettere il verdetto, altrimenti cadremmo nell’errore del pregiudizio e ci esporremmo alle giuste critiche dei nostri mariti, che non perderebbero l’occasione per farcelo notare. (Si sente suonare il campanello di casa).

Caterina:       C’è la signora Peppina.

Mariolina:     (Le va incontro). Va’ ad aprire, Caterina. Oh! Cara, entra pure, speravo che venissi anche tu.

Peppina:       (E’ una donna dal fisico asciutto, capelli tirati indietro, occhiali da miope, età di circa sessant’anni). Ciao, Filomena. Non vorrei avere interrotto la vostra conversazione.

Mariolina:     Tu non disturbi affatto. Stavamo parlando di quello che accade nel nostro paese.

Peppina:       Non me ne parlare. C’è gente, poverina, che non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Al solo pensarci io mi sento male, mi si stringe il cuore. Da quando c’è l’Euro i prezzi sono raddoppiati e molte famiglie non arrivano alla fine del mese. E’ una tragedia in certe case!

Filomena:     C’è di peggio, cara Peppina, di molto peggio.

Peppina:       Dici?

Filomena:     Ci sono fatti molto più gravi, che stanno minando alla base la nostra società. Ed il cattivo esempio viene soprattutto dalla televisione, che ci propone ad ogni ora della giornata un ricco campionario di tette, culi e gambe all’aria di ragazzine spregiudicate anche per pubblicizzare un piatto di spaghetti al pomodoro o un dentifricio all’amarena.

Mariolina:     Di questo passo chissà dove andremo a finire?

Peppina:       Ma questo con l’euro mi pare che non c’entri niente.

Filomena:     Certo che non c’entra niente.

Mariolina:     Dicono che tutto questo faccia parte del progresso.

Peppina:       Io non ci sto capendo niente.

Filomena:     Se così fosse stiamo pagando un prezzo molto alto.

Peppina:       Forse questa è colpa dell’euro?

Filomena:     Altro che euro! Negli ultimi cinquant’anni la nostra società si è evoluta in un senso purtroppo negativo per quanto riguarda la moralità ed i costumi e sembra che questo andazzo…

Mariolina:     Che alcuni chiamano progresso…

Filomnea:     …sia destinato a proseguire con il beneplacito delle autorità costituite, che non muovono un dito per mettere un freno al dilagare dell’immoralità.

Mariolina:     L’immoralità ha preso il sopravvento e non c’è modo per poterla contenere. E’ come l’inflazione galoppante.

Peppina:       Dicevano che con l’euro avremmo avuto dei vantaggi…

Mariolina:     Invece si va di male in peggio.

Peppina:       La colpa è del governo, che non ha controllato il rialzo dei prezzi al momento del cambio della moneta.

Filomena:     Stiamo andando sempre più giù senza toccare mai il fondo.

Peppina:       Stiamo cadendo nel baratro della miseria, per colpa dei nostri governanti.

Filomena:     Quello, che accade tutte le sere in quella squallida topaia, adibita a night club, è una cosa sconcia, per la quale bisognerebbe elevare una vibrata protesta, facendone giungere l’eco fino alle alte sfere.

Peppina:       Sì, sì, fino al governo.

Mariolina:     Dovrebbe intervenire la questura ed apporre i sigilli a quel locale per mettere fine una volta per tutte a questo spettacolo indecente di donne nude.

Filomena:     Non so se risponda al vero, ma mi hanno riferito che è stato il signor questore in persona che ne ha autorizzato l’apertura, nonostante la netta opposizione della moglie.

Mariolina:     Noi mogli non contiamo niente, cara mia. Pare che anche lui sia andato a vedere la Frou Frou. Per dovere d’ufficio naturalmente.

Peppina:       Scusate se m’intrometto nella vostra discussione ma io non ho ancora capito di cosa state parlando, per questo ho fatto più volte riferimento all’euro ed al governo.

Mariolina:     Come, non sai che di recente hanno aperto un locale dove ogni sera si spogliano bellissime ragazze, attirando la curiosità degli uomini che, per questo motivo, trascurano le loro donne più di quanto facessero in precedenza?

Peppina:       Lo giuro sulla buonanima del mio povero marito, io non ho la più pallida idea di quanto stia accadendo in questi giorni nella nostra cittadina. Io sono rimasta ferma all’entrata in vigore dell’euro, per questo sono forse un po’ arretrata.

Filomena:     Corre voce che avvenenti signorine si intrattengano volentieri a conversare con i clienti, inducendoli a spendere somme ingenti per una semplice bottiglia di champagne.

Mariolina:     Anche il parroco ha preso posizione, molto netta, ed ha sentenziato con il suo vocione dal pulpito che il Babajaca è senz’altro opera di Satana, che si è servito dell’Amministrazione Comunale per assestare un colpo mortale alla famiglia.

Peppina:       A quale famiglia?

Mariolina:     Alla istituzione familiare in genere.

Filomena:     Cara Peppina, vedi, tu fortunatamente sei vedova…

Peppina:       Fortunatamente, dici?

Filomena:     Sì, dico fortunatamente perché puoi anche permetterti di ignorare un fatto clamoroso come questo ma noi, povere disgraziate, che abbiamo purtroppo il compito di soddisfare le voglie dei nostri mariti…

Mariolina:     Poche per la verità, molto poche…

Filomena:     E di tenere possibilmente vivo il loro desiderio, ci sentiamo giustamente penalizzate dalla concorrenza sleale di queste signorine, che si spogliano spudoratamente davanti a tutti.

Mariolina:     Mio marito pensa più che altro all’interesse generale dell’Italia, alla scuola, alla giustizia, alla sanità… al resto non ci pensa ma io sono ugualmente preoccupata per le altre donne.

Peppina:       Queste sventurate si ignudano togliendosi il vestito?

Filomena:     Non solo il vestito ma anche tutto il resto fino a rimanere con la natura esposta agli sguardi famelici degli spettatori.

Peppina:       A rischio di prendersi un malanno, poverine?

Filomena:     Ma che malanno. Hanno anche il locale riscaldato.

Scena quarta

(Gli stessi più Pacifico)

Pacifico:       (Entra). Chiedo scusa per l’intrusione ma desideravo salutarvi prima di partire. (Fa il baciamano alle signore, che rispondono al saluto). Ecco, a questo punto posso anche togliere il disturbo.

Filomena:     Va subito via, onorevole?

Pacifico:       Il dovere mi chiama. Mariolina, dimenticavo di dirti che all’idraulico ho già telefonato io perché quel lavandino non vuole saperne di scaricare l’acqua.

Mariolina:     Grazie, sei stato molto gentile come al solito.

Pacifico:       Comunque, diglielo che s’intasa troppo spesso e che controlli bene la tubazione.

Mariolina:     Certo, certo. Aspetta un momento, Pacifico, non avere fretta di andare via. La tua presenza non ci reca alcun disturbo, è vero signore?

Filomena:     Tutt’altro.

Peppina:       Se rimane un po’ con noi ci fa piacere.

Mariolina:     Se ti fermassi ancora per qualche minuto, potresti esserci molto utile e fornirci i necessari chiarimenti per il prosieguo della nostra discussione sul tema di attualità in questi giorni.

Peppina:       Onorevole Tranquilli, Mariolina ha ragione, faccia questo sacrificio per noi.

Pacifico:       Gentili signore, non vorrei essere scortese ma avrei una certa urgenza di andare via.

Mariolina:     A proposito di quello che accade ogni sera in quel night club, a nome di tutte le donne del paese desidero farti una domanda.

Pacifico:       Che domanda?

Mariolina:     Come mai una donna, che si spoglia, suscita in voi uomini tanto interesse da fare addirittura la fila per assistere allo spettacolo?

Filomena:     Ecco, brava, come mai? Ce lo dica lei, onorevole.

Pacifico:       Mia moglie vi ha sicuramente informato che io ho assistito allo spettacolo solamente per dovere d’ufficio e non per morbosa curiosità personale.

Peppina:       Ce lo siamo immaginato, non si preoccupi, onorevole.

Filomena:     Anche mio marito sostiene di averlo fatto per dovere d’ufficio.

Mariolina:     Tutti lo fanno per dovere d’ufficio ma intanto ci vanno per guardare. Ma cosa vi attira tanto?

Peppina:       Cosa vi attira?

Pacifico:       Secondo me non è l’atto di spogliarsi, che intriga lo spettatore ma è il modo in cui una donna si spoglia che può risultare assai attraente perché, diciamolo francamente, non tutte le donne purtroppo lo sanno fare.

Mariolina:     Nella tua qualità di rappresentante del popolo e di esperto guardone, vorresti insinuare che noi, donne normali, di casa, non ci sappiamo nemmeno spogliare?

Filomena:     Cosa stai dicendo, Mariolina? Noi non ci sappiamo spogliare? Ma se è una vita che ci spogliamo.

Peppina:       Anch’io mi spoglio da sempre.

Pacifico:       Non allarmatevi per quello che ho detto. Se non hanno ancora imparato a spogliarsi bene, la colpa non è certo delle donne, poverine, e meno che mai vostra. Vorrei essere chiaro in proposito a scanso di equivoci.

Peppina:       Di chi è allora la colpa, onorevole?

Pacifico:       Del modello educativo imposto da questa società ipocrita e bacchettona, che privilegia l’apparire dimenticandosi dell’essere.

Peppina:       Cosa intende dire con questo, onorevole? Ci faccia capire qualcosa pure a noi, per favore.

Pacifico:       Secondo me la donna non dovrebbe sentirsi tale solamente quando appare in pubblico ma anche quando è fra le quattro mura domestiche nella intimità coniugale. Dovrebbe, cioè, esprimere la sua femminilità sia quando si veste che quando si spoglia.

Filomena:     Hai sentito, Mariolina?

Pacifico:       Vedete, care signore, le donne, spinte dalla logica del consumismo e condizionate nelle proprie scelte dalla voglia di apparire sempre più belle, più eleganti agli occhi della gente, hanno cercato di imparare a vestirsi sempre meglio, accostando bene i colori e scegliendo abiti raffinati, che costano peraltro un occhio della testa. Così facendo hanno trascurato però di coltivare l’arte dello spogliarsi, dimenticandosi che sapersi togliere un bel vestito è altrettanto importante che saperlo indossare.

Mariolina:     In concreto come ci dovremmo spogliare per essere femminili?

Pacifico:       Come si spoglia, per esempio, la simpatica Frou Frou tutte le sere al Babajaca. Con una certa studiata lentezza, con grazia, con leggerezza, facendosi scivolare l’abito di dosso e togliendosi poi uno alla volta i capi della biancheria intima, che fa volare per la stanza come se fossero farfalle. Bisognerebbe che tutte le donne imparassero a spogliarsi bene per rendere felici i loro amanti.

Mariolina:     Senti, senti, da quale pulpito arriva la predica. Ma se tu nelle rare occasioni in cui andiamo a letto insieme non vedi l’ora che io mi denudi per paura che ti scada il tempo, perché dici ora che mi dovrei spogliare lentamente come fa la francesina?

Filomena:     Ecco, perché, onorevole?

Mariolina:     Filomena, gliel’ho già chiesto io perché, di cosa t’impicci?

Pacifico:       Perché con l’esperienza ho capito che per una donna spogliarsi davanti ad un uomo non vuole dire soltanto alleggerirsi del vestito ma mettere a nudo anche la propria anima e consegnarla insieme al corpo al suo lui, che freme dalla voglia di abbracciarla e di possederla. Mentre si spoglia la Frou Frou pare che faccia dono di sé ai suoi spettatori, che la posseggono con gli occhi.

Filomena:     E tutto questo per togliersi un vestito?

Peppina:       Non solo il vestito ma anche tutto il resto, vero onorevole?

Pacifico:       Certamente: tutto, tutto!

Mariolina:     Mi sembra che tu abbia imparato parecchie cose, forse anche troppe, vedendo spogliarsi la francese, per cui spero che possa fare a meno di ritornarci un’altra volta. Mi nasce un dubbio, però. Forse frequentare i night club romani, per gli onorevoli soli ed annoiati, è uno dei modi per soddisfare le esigenze della gente e di prendersi cura dell’interesse generale, vero?

Pacifico:       Le tue sono considerazioni maliziose, che potrebbero indurre in errore le tue amiche, facendo loro credere che deputati e senatori siano dei fannulloni, che se ne stanno a Roma solamente per divertirsi a frequentare donnine allegre o travestiti, invece di fare il loro dovere.

Mariolina:     Non volevo dire questo, ma solo esprimere qualche mia perplessità.

Filomena:     Ci preoccupa molto, invece, ciò che sta accadendo qui da noi.

Pacifico:       A questo proposito vorrei tranquillizzarvi perché sono arcisicuro che, nonostante la momentanea presenza di alcune graziose ballerine nel nostro paesino, non cambierà nulla nel costume della gente e quando se ne andranno tutto tornerà com’era prima. Ditelo anche al prete, che non si stia tanto a preoccupare.

Mariolina:     Speriamo che almeno Caterina faccia in tempo ad imparare a spogliarsi perché ci tiene tanto, poverina, a fare una bella figura con il fidanzato.

Filomena:     Anche Caterina vorrebbe spogliarsi bene?

Mariolina:     Mi sembra che sia nel suo diritto anche se è una domestica.

Filomena:     Certo, siamo in democrazia, vero onorevole?

Pacifico:       Ora vi devo salutare, altrimenti rischio davvero di fare tardi. (Fa un inchino alle signore, dà un bacetto alla consorte ed esce di scena).

Scena quinta

(Mariolina, Filomena, Peppina, quindi Caterina)

Mariolina:     Avete sentito come ragiona mio marito? Secondo lui se oggi c’è un calo del desidero è colpa delle donne, che non sanno nemmeno spogliarsi e con questo ci ha servito tutte e se n’è andato.

Filomena:     Ciò che ha detto sull’arte di spogliarsi francamente mi ha colpito. Ritengo che abbia ragione tuo marito nel sostenere che noi donne abbiamo sempre trascurato questo aspetto della nostra femminilità.

Peppina:       Nessuno ci ha mai insegnato a spogliarci. Su questo punto la scuola è molto carente.

Filomena:     Bisognerebbe fare tesoro della lezione che ci ha fatto l’onorevole e cercare in tutti i modi di arricchire il nostro bagaglio seduttivo. Cosa ne dici, Peppina?

Peppina:       Se lo avessi saputo prima avrei fatto contento mio marito, che è morto, poverino, con il desiderio di vedermi fare uno spogliarello come si deve. Mi ricordo che certe sere si metteva a sedere comodo in poltrona, si faceva portare una bottiglia di whisky, un bicchiere con il ghiaccio dentro e poi mi chiedeva: Giuseppina, questa sera me lo fai lo spogliarello?

Filomena:     E tu, glielo facevi?

Peppina:       Macché, mi sentivo offesa, perciò lo mandavo a quel paese ed ingrugnita me ne andavo a letto a piangere. Che stupida sono stata!

Mariolina:     Ci hanno fatto crescere con gli occhi bendati.

Filomena:     Non si sapeva niente.

Peppina:       Se tornasse in vita anche per un’ora solamente gli fare subito uno spogliarello mozzafiato, facendo volare tutta la biancheria intima per la stanza come fa la mitica Frou Frou. Come tante farfalle…

Filomena:     A rischio di fargli prendere un colpo, poverino!

Mariolina:     Glielo potresti dedicare postumo uno spogliarello.

Filomena:     Ti metti davanti allo specchio…

Peppina:       Per me sarebbe come apparecchiare la tavola sapendo di non potere mangiare. Quindi sarebbe una tortura. Ora io, però, vi devo lasciare perché devo tornare in farmacia. Casomai riprenderemo il discorso in un’altra occasione, se farlo non mi susciterà troppa tristezza. (Esce).

Filomena:     Poverina, c’è rimasta male per non avere esaudito quel desiderio del marito.

Mariolina:     E’ inutile disperarsi quando ormai è troppo tardi. Bisognerebbe essere più spregiudicate al momento giusto per non avere in seguito rimpianti.

Filomena:     A proposito, cos’è questa faccenda dell’idraulico, cui ha fatto cenno tuo marito? Mi ha incuriosito.

Mariolina:     Non te l’ho ancora detto? (Ride). Ah! Ah!

Filomena:     No, cara.

Mariolina:     Mi si è intasato nuovamente il lavandino ed ho chiesto a mio marito di provare a sturarlo con la ventosa ma mi ha risposto che non ha tempo per fare queste cose.

Filomena:     Se è per questo mio marito non fa più nemmeno le altre cose. Ormai devo essere io a prendere l’iniziativa, a spingerlo o a costringerlo a farle, qualche rara volta. Sapessi che vita faccio, cara mia. Altro che spogliarello.

Mariolina:     Questi uomini ci hanno proprio deluso. Si sono scordati che oltre ad essere mogli noi siamo anche donne.

Filomena:     E che abbiamo ancora tanta voglia di vivere, l’argento vivo addosso.

Mariolina:     Ci trattano come se fossimo un arredo della casa.

Filomena:     Sì, un mobile, una colonnina, una poltrona…

Mariolina:     Ogni tanto ci danno una spolveratina e poi si dimenticano di noi.

Filomena:     Con tutte queste puttanelle che ci sono in giro per noi mogli la vita si è fatta dura, perché non possiamo competere con loro.

Mariolina:     Sai cosa ti dico, Filomena? Beviamoci su qualcosa e scordiamoci tutti i nostri guai.

Filomena:     E’ una buona idea, ma questa volta non mi voglio ubriacare.

Mariolina:     (Si alza, prende una bottiglia di whisky e due bicchieri). Ecco fatto. Questa è l’unica medicina che non ha controindicazioni. (Versa il liquido nei bicchieri). Alla nostra salute, Filomena. (Porgendone uno all’amica).

Filomena:     (Beve un sorso, poggia il bicchiere sul tavolino). A volte penso che per renderci la vita meno amara dovremmo avere il coraggio di farci un amante. Tu cosa ne dici?

Mariolina:     Anch’io qualche volta, di sfuggita, ci ho pensato ma ho subito scacciato l’idea dalla mia mente.

Filomena:     Forse non ti senti ancora pronta per fare questo passo?

Mariolina:     Pronta lo sarei già da un pezzo ma…

Filomena:     Hai qualche perplessità?

Mariolina:     Sì. Vedi, io credo che non possa costruirsi un rapporto duraturo di natura sentimentale senza la fedeltà.

Filomena:     Se viene a mancare la reciproca fiducia in un rapporto amoroso… va tutto a puttane, dice sempre mio marito.

Mariolina:     E’ proprio questo che mi preoccupa e mi frena.

Filomena:     Io non so come fanno certe nostre amiche a tenere il piede in due staffe e continuare a vivere tranquille, senza mostrare alcun disagio. Ti confesso che provo una certa invidia per loro e sarei tentata di provarci pure io.

Mariolina:     Con tutto il puttanesimo che c’è in questo paese, se lo facessimo anche noi nessuno si accorgerebbe di niente, nemmeno i nostri mariti. Ma poi mi domando: riuscirei ad essergli fedele?

Filomena:     A tuo marito?

Mariolina:     No, all’amante. Io temo che potrebbe diventare geloso di mio marito e rendermi impossibile la vita, perché io voglio ancora bene a mio marito e di lui non mi voglio affatto liberare.

Filomena:     Hai ragione, a volte gli amanti sono più gelosi dei mariti.

Mariolina:     Secondo me è molto più facile fare le corna al marito che all’amante, anche perché dell’amante spesso ci si innamora veramente.

Filomena:     Questo è il guaio. Se trovi per caso un amante, che ti fa soffrire, con chi ti sfoghi poi, con tuo marito?

Mariolina:     Ci vuole fortuna anche in questo campo, cara mia. Oppure fare una scelta oculata, che non ti coinvolga sentimentalmente.

Filomena:     C’è un assistente di mio marito, un uomo molto interessante, che da tempo mi fa la corte.

Mariolina:     Ah! Bene. Di questo non mi avevi mai parlato.

Filomena:     No. Ne avevo un po’ vergogna. Mi fa una corte delicata, silenziosa, fatta di sguardi eloquenti, di allusioni…

Mariolina:     Una corte molto discreta, insomma…

Filomena:     Troppo discreta! Dico io, se uno non ha il coraggio di arrivare fino in fondo che si mette a fare la corte ad una signora?

Mariolina:     Eh già. Mica si può giocare con i sentimenti altrui.

Filomena:     Mi fa intendere che per me farebbe anche pazzie e poi, invece, se ne sta rintanato nel suo guscio come un coniglio spaurito.

Mariolina:     Che peccato, non avere il coraggio necessario…

Filomena:     Per fare l’affondo decisivo. Quando mi guarda fisso negli occhi, credimi, Mariolina, mi sento tutto un calore addosso ed il sangue mi sale subito alla testa.

Mariolina:     E lui, che fa?

Filomena:     Sospira. Alza gli occhi al cielo ed apre sconsolato le braccia come a dire: non è colpa mia se è arrivato prima quell’altro, alludendo al notaio, mio marito.

Mariolina:     Filomena, fosse un pochino scemo questo tuo corteggiatore?

Filomena:     No, no. Intelligente lo è ma penso che abbia paura che il notaio possa licenziarlo. Ma un giorno o l’altro, chissà?

Mariolina:     Non bisogna mai perdere la speranza. Perché non prendi tu l’iniziativa?

Filomena:     Ci sto pensando seriamente. Tu, piuttosto, non hai nessuno alle viste? Nessuno che ti giri intorno, sapendo che tuo marito ti trascura? Che fine ha fatto il medico che una volta ti corteggiava e che, con la scusa di visitarti ti palpava anche davanti a tuo marito? Ricordo che tu accusavi un malessere dopo l’altro, per fortuna tutti inesistenti per poterti spogliare davanti a lui.

Mariolina:     Ah! Sì! Ricordo. Ormai ha esaurito la sua carica propulsiva perché è diventato un po’ troppo professionale. A me piacciono, invece, gli uomini passionali, con il sangue caldo, che ti fanno andare presto su di giri, e ti danno la carica, insomma. Per questo mi sono orientata verso un idraulico.

Filomena:     Un idraulico? E che ci fai con l’idraulico?

Mariolina:     Ci faccio, ci faccio, Filomena. Ti assicuro che ci faccio più di quello che ci facevo col dottore.

Filomena:     E come fai per incontrarti con lui?

Mariolina:     Ogni volta che mio marito si prepara per partire, io otturo di proposito lo scarico del lavandino del bagno, per costringerlo a chiamare l’idraulico. Quell’altro ormai lo ha capito e si organizza per liberarsi della moglie.

Filomena:     Ti sei innamorata dell’idraulico?

Mariolina:     Nemmeno per sogno. Lo faccio più che altro per punire Pacifico, che mi lascia sempre sola e non si prende cura di me come, invece, dovrebbe.

Filomena:     Che ganza che sei! Così gli fai mettere le corna in testa con le sue stesse mani. Bellissima trovata, anzi geniale direi.

Mariolina:     Così lui non può sospettare nulla.

Filomena:     A proposito, dicono che gli idraulici ci danno sotto, che siano degli amanti eccezionali.

Mariolina:     L’ho sentito dire anch’io, per questo ho deciso di provarne almeno uno in vita mia.

Filomena:     Hai fatto bene. Dimmi un po’, come ti è sembrato?

Mariolina:     Per fortuna fa onore alla sua categoria.

Filomena:     Chi è questo idraulico, lo conosco?

Mariolina:     Penso proprio di no. E’ un cafoncello, contadinotto, abbastanza prestante e volitivo, ha una moglie, della quale non sembra molto soddisfatto perché dice che non ha la pelle liscia come la mia. Hai capito?

Filomena:     Come hai fatto a trovarlo?

Mariolina:     La prima volta me lo ha mandato un’agenzia per il servizio urgente e da allora in caso di bisogno ho fatto chiamare sempre lui da mio marito.

Filomena:     Che bellezza avere un marito tanto solerte.

Mariolina:     Io, cara Filomena, ho sacrificato gli anni migliori, in pratica la mia gioventù, assistendo in silenzio e con discrezione alla scalata di mio marito ai vertici del mondo politico regionale.

Filomena:     Più o meno la stessa vita che ho fatto io da quando mi sono sposata con il notaio. Senti, ma non sarà per caso un po’ troppo rozzo il tuo idraulico, cafoncello e contadinotto?

Mariolina:     Io sono molto democratica ed apprezzo anche il lavoro manuale. Sapessi com’era imbarazzato la prima volta! Non sapeva dove guardare né cosa toccare, poveraccio, perché aveva paura della mia reazione. Capisciale. ello e contadinotto?

do mi sono sposata con il notaio. iscrezione alla scalata di mio mari? Poi, finalmente mi ha afferrato una mano e me l’ha stretta forte, forte. Accidenti, gli ho detto, hai la mano che sembra una tenaglia. Allora è diventato tutto rosso per la vergogna ed io ho cercato di consolarlo. Quando l’ho visto eccitato al punto giusto mi sono detta: il ferro va battuto quando è caldo.

Filomena:     Ed il ferro lo hai battuto?

Mariolina:     E come, cara mia. Quella è stata una serata memorabile, nel corso della quale ho scoperto quella parte di me che, pur intuendone l’esistenza, non conoscevo affatto. Filomena, quello che sto per dirti ha del sensazionale. Dopo anni di frustrazioni giovanili e venticinque anni di vita coniugale del tutto incolore, che avevano praticamente soffocato i miei istinti più genuini e smorzato in me qualunque entusiasmo, ho potuto finalmente esprimere tutta la mia sensualità, abbandonandomi alle gioie del sesso più sfrenato, al sesso estremo, quello che ti sconvolge tutta, che ti mette il fuoco dentro.

Filomena:     Accidenti, questi idraulici allora fanno miracoli.

Mariolina:     Io stessa sono rimasta sorpresa dalla mia carica erotica.

Filomena:     Lo credo bene, dopo tanti anni di repressione e di rinunce.

Mariolina:     Filomena, io ci ho fatto l’abbonamento.

Filomena:     Se continui ancora un po’ a parlare in cotesto modo dell’idraulico va a finire che io mi sento male. Mi ci immedesimo troppo ed il sangue mi va alla testa.

Mariolina:     Bevi, bevi, Filomena. Dimentichiamo i nostri guai e pensiamo all’avvenire.

Filomena:     Tu dimentichi, mia cara, che io l’idraulico non ce l’ho.

Mariolina:     Arriverà anche per te il giorno dello stagnaro, abbi fiducia.

Filomena:     (Alza il bicchiere ancora mezzo pieno). Alla nostra salute, Mariolina.

Mariolina:     Alla tua, cara. Ti confesso che da quella sera ho cominciato a volermi un po’ più di bene. Mi sono liberata in un solo colpo di tutte le insicurezze, accumulate nel corso degli anni ed ho imparato anche ad avere maggiore rispetto di me stessa.

Filomena:     Che Dio ti benedica!

Mariolina:     Ma non è finita. Ora ho intenzione di recuperare con lo stagnaro tutto il tempo che ho perso con mio marito.

Filomena:     Povero stagnaro, se pensi di recuperare in breve tempo tutto quello che hai perso in venticinque anni di matrimonio, lo sottoporrai ad un vero tour de force.

Mariolina:     Questo è il destino degli amanti.

Filomena:     Se deve badare anche alla moglie c’è il rischio che vada in tilt, poverino. Acqua, che alimenta più sorgenti, da una parte o dall’altra è destinata a mancare.

Mariolina:     Se vuole fare l’amante si deve organizzare, altrimenti lo sostituisco con un altro.

Filomena:     Con chi?

Mariolina:     Con il lattaio o con il macellaio, per esempio. Non sono niente male anche loro.

Filomena:     Sono anch’essi esponenti di benemerite categorie dell’amore.

Mariolina:     C’è un vasto assortimento sul mercato.

Filomena:     Quanto pensi che possa durare un’avventura così estrema?

Mariolina:     Io mi sono abituata a vivere alla giornata, per ora va tutto a gonfie vele ma da un momento all’altro potrei ritrovarmi sola con me stessa, come lo sono stata in altri tempi.

Filomena:     Questo è il modo migliore di affrontare la vita ed io vorrei essere capace di imitarti. Ma mi manca il tuo coraggio.

Mariolina:     Il mio è il coraggio che nasce dalla disperazione, cara Filomena. Perché io, invece, sono piena di paure. Alla disperazione si arriva poco alla volta senza nemmeno accorgersene. Un passo dopo l’altro. Prima di tutto si avverte un senso di solitudine, poi subentra la malinconia, dolce, accattivante, infine la tristezza. All’improvviso intorno a noi diventa tutto grigio perché la vita perde i suoi colori ed il mare, il sole, che prima ci mettevano allegria, ci lasciano, invece, indifferenti. Sapessi quante notti ho trascorso sola, seduta in mezzo al letto, invocando disperata la presenza di qualcuno che mi stringesse la mano per darmi coraggio. Una notte non riuscivo a prendere sonno, fuori pioveva a dirotto, tuoni, fulmini, sembrava la fine del mondo… ed io avevo paura, una strana paura, non di morire ma di vivere e senza accorgermene ho cominciato piano piano a piangere. Ad un tratto ho sentito dentro di me una vocina, che voleva dirmi qualcosa, che io all’inizio non riuscivo a capire. Poi fortunatamente si è fatta più chiara. Indovina di chi era quella vocina?

Filomena:     Dell’idraulico!

Mariolina:     Una vocina ho detto, Filomena. Cosa c’entra l’idraulico? Era la vocina della mia povera mamma, che dall’aldilà mi spronava a reagire. Ed io ho reagito.

Filomena:     Con… l’idraulico!

Mariolina:     Brava, questa volta ci hai azzeccato.

Caterina:       (Entra). Signora, posso dirle una cosa?

Mariolina:     Parla pure, Caterina.

Caterina:       Dovrei chiederle un favore. Avrei bisogno di qualche ora di permesso.

Mariolina:     Dove devi andare, birbantella?

Caterina:       Dovrei uscire con il mio fidanzato e penso di fare tardi questa sera.

Mariolina:     Mi pare di capire che questa sera… a proposito hai imparato poi a fare bene lo spogliarello?

Caterina:       Signora mia è una cosa difficile, ci vuole tanto allenamento. Io mi sono allenata in camera mia davanti allo specchio ed alcune cose ora le so fare molto bene. Il lancio delle calze, però, ancora non mi riesce bene ed allora ho pensato che è meglio se non me le metto proprio così faccio prima.

Mariolina:     Tutto il resto te lo sai togliere bene?

Caterina:       Benissimo, signora. Lo vuole vedere?

Mariolina:     No, no, per carità.

Filomena:     Chi ti ha insegnato a spogliarti?

Caterina:       Nessuno, signora Filomena. Sono andata al Babajaca insieme al mio fidanzato per vedere come faceva la francese.

Filomena:     Al tuo fidanzato è piaciuta la Frou Frou?

Caterina:       Caspita! Avesse visto come la guardava! Con gli occhi sgranati, così. (Allarga le palpebre con le mani). Guardava la francese, che si spogliava e mi toccava da tutte le parti…

Mariolina:     Ma tu hai potuto vedere coi tuoi occhi quale effetto lo spogliarello della francese produceva nel tuo fidanzato mentre la guardava?

Caterina:       Vedere no, signora, perché in sala era buio pesto. Ma sentire sì. Eccome se l’ho sentito l’effetto. Al mio fidanzato lo spogliarello della francese ha fatto un bell’effetto. Perciò ho deciso di allenarmi. Vorrei che lo stesso effetto gli facesse lo spogliarello mio.

Mariolina:     E brava Caterina!

Filomena:     Beata gioventù. La vita è tutta vostra. Goditela finché puoi, ragazza mia.

Mariolina:     Va’ pure, Caterina, prenditi le ore che ti servono ma ti raccomando di essere prudente e di non esagerare.

Caterina:       La ringrazio, signora. Buonasera, donna Filomena. (Esce).

Filomena:     Ciao, cara.

                     (Suonano alla porta e subito dopo rientra Caterina).

Caterina:       Signora, c’è il solito idraulico, dice che l’ha chiamato l’onorevole.

Mariolina:     Sì, sì, fallo passare. E’ per il lavandino che è intasato.

Caterina:       Signora, è sicura che quest’idraulico ci sa fare?

Mariolina:     Tu va’ ad aprire, cara, non ti preoccupare.

Caterina:       Va bene, vado subito.

Filomena:     Sospetta forse qualcosa la ragazzina?

Mariolina:     Non credo. E’ una ragazza semplice, di paese, un po’ ingenua, poverina, ma è tanto brava.

Scena sesta

(Mariolina, Filomena, Giulio, quindi Caterina)

Giulio:          (Entra. E’ un uomo sulla quarantina, fisicamente prestante. Indossa la caratteristica tuta da lavoro e porta a tracolla la cassetta degli attrezzi). E’ permesso?

Mariolina:     Avanti.

Giulio:          Mi ha fatto chiamare, signora?

Mariolina:     Ti ho fatto chiamare perché il lavandino è intasato.

Giulio:          Sempre lo stesso?

Mariolina:     Sì, lo stesso.

Giulio:          L’onorevole è già partito?

Mariolina:     Naturalmente e, come al solito, ha lasciato a me questa incombenza. Vieni, avvicinati, ti voglio presentare alla mia amica. Filomena, questo è Giulio, il più bravo idraulico di tutta la zona.

Filomena:     Piacere.

Giulio:          Piacere.

Mariolina:     La mia amica mi diceva poco fa che ogni tanto anche in casa sua qualche tubo s’intasa.

Giulio:          Se vuole posso darle una guardata…

Filomena:     Per l’amor di Dio, cosa sta dicendo, screanzato?

Giulio:          Per il servizio potrei mandarle un mio collega perché io in questo periodo, purtroppo sono molto impegnato, ho fin troppo lavoro.

Filomena:     Lo credo bene ma per il momento grazie a Dio in casa mia non c’è nulla d’intasato.

Mariolina:     Filomena, non fare complimenti. Se hai bisogno di qualcosa Giulio ti potrà aiutare a trovare uno stagnaro come si deve.

Filomena:     Penso che sia meglio togliere il disturbo, cara Mariolina. A quest’ora mio marito sta in pensiero. Quello se non mi vede per qualche ora si fa prendere dalla smania. E’ fatto così. E’ tanto innamorato, come lo sono io d’altronde. Noi siamo una coppia perfetta, affiatata, ha capito signor idraulico? In casa nostra il lavandino se è intasato lo sturiamo con la ventosa. Almeno finora abbiamo fatto sempre così.

Giulio:          Se un domani avesse bisogno di un idraulico…

Filomena:     Lo faccio sapere subito alla signora Mariolina, stia tranquillo.

Mariolina:     Filomena, fidati di lui.

Filomena:     Ora vado via. Ciao Mariolina, buonasera signor idraulico. Piacere di averla conosciuta. (Gli tende una mano e lui la stringe vigorosamente). Accidenti, per poco me la stritola, la mano. (Esce).

Giulio:          C’è nessuno in casa?

Mariolina:     C’è Caterina ma fra poco andrà via perché deve uscire con il fidanzato. Ha detto che farà rientro molto tardi.

Giulio:          Molto bene.

Mariolina:     Intanto va’ a dare un’occhiata al lavandino.

Giulio:          C’è qualcosa di nuovo questa volta?

Mariolina:     No. Il solito tappo del dentifricio che ci ho fatto cadere dentro.

Giulio:          Va bene. Ora vado a controllare. Poi lo faccio con comodo il lavoro. (Esce).

Caterina:       (Entra). Signora, se non ha bisogno di me io me ne andrei. Fuori c’è già il fidanzato, che mi aspetta.

Mariolina:     Puoi andare, cara. Anzi, aspetta un momento. Ti volevo chiedere una cosa per mia curiosità.

Caterina:       Mi dica pure, signora.

Mariolina:     La Frou Frou, quando fa lo spogliarello, comincia a spogliarsi da sopra o da sotto?

Caterina:       Da sopra, da sopra, signora. In pratica si toglie prima di tutto i guanti, quelli lunghi, neri, che le arrivano quasi sotto le ascelle.

Mariolina:     I guanti?

Caterina:       Sì, i guanti, come questi, vede? (Li tira fuori dalla borsetta). Io li ho comprati ma mi vergogno a mettermeli. Poi si sbottona la camicetta e piano piano se la toglie, facendo apri e chiudi per un bel po’ di tempo.

Mariolina:     E poi, e poi?

Caterina:       Poi si lascia scivolare la gonnella e con un calcio l’allontana, quindi si toglie il reggicalze ed anche il resto, spargendo tutto per la stanza, una cosa qua, una cosa là, come se fosse una persona disordinata.

Mariolina:     Con molta lentezza, vero?

Caterina:       Anche troppo, cara signora. Secondo me lo fa apposta per farsi desiderare. Si figuri che per togliersi il reggiseno e le mutandine ci impiega più di dieci minuti. Fa finta di vergognarsi, la sfacciata. Si scopre e si ricopre con le mani il seno ed anche quell’altra cosa, ma non è vero niente perché alla fine rimane tutta nuda. Quella ha la faccia tosta, cara signora. Lo fa per mestiere, non per amore.

Mariolina:     Caterina, mi raccomando, tu non esagerare.

Caterina:       No, io sono pratica ormai, in meno di cinque minuti mi levo tutto. Posso andare ora?

Mariolina:     Va’, va’. Se fai tardi non ti preoccupare.

Caterina:       Grazie, signora.

Mariolina:     Caterina, se i guanti non ti servono li puoi lasciare a me.

Caterina:       Sì, sì, è meglio. Altrimenti finisce che me li perdo. Li tenga lei in consegna.

Mariolina:     (Riceve i guanti da Caterina. Rimane sola in scena. Indossa i guanti ed improvvisa uno spogliarello per provare la sua abilità).

FINE PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

Scena prima

(Mariolina e Giulio)

                     La scena è la medesima del primo atto. Mariolina cammina per la stanza. E’ in sottoveste, parecchio agitata e nervosa. Giulio, sdraiato sul divano in mutande e canottiera, è dolorante e si lamenta in continuazione.

Giulio:          Ahi, ahi, ahi! Che dolore, è una cosa insopportabile… ahi, ahi, ahi!

Mariolina:     Vorrei sapere cosa ti sta succedendo. Che scherzi sono questi?

Giulio:          Mariolina, io non mi posso muovere, te lo dico seriamente. Ho un fortissimo dolore alla schiena, che diventa più acuto ad ogni piccolo movimento, che faccio.

Mariolina:     Cosa mi stai dicendo? Non ci posso credere che…

Giulio:          Per giunta non mi sento più la gamba destra, mi si è come paralizzata. Senti, senti, controlla se ti sto dicendo una bugia.

Mariolina:     Ma va’… (Poi conciliante) su, prova a metterti in piedi, non la fare tanto lunga per un doloretto alla schiena. (Lo aiuta ad alzarsi).

Giulio:          (Cerca di alzarsi ma non ci riesce e rimane a sedere sul divano con la testa appoggiata alla spalliera). Non posso, non posso, te lo giuro. Fammi prendere un po’ di respiro, ti prego. Ohi, ohi! Non ne posso più, non ne posso più.

Mariolina:     Io non ti capisco. Cosa intendi fare?

Giulio:          Non lo so. Piuttosto dammi un lenzuolo, una copertina, qualcosa per coprirmi, per favore, perché in queste condizioni comincio a sentire un po’ di freddo.

Mariolina:     Non fare il tragico. (Cammina avanti e indietro per la stanza sbuffando). Ora vestiti e va’ via da questa casa. Il più presto possibile perché in nottata dovrebbe rientrare mio marito. Non puoi farti trovare qui, di notte e per di più anche mezzo nudo. Devi rendertene conto. Si potrebbe anche insospettire.

Giulio:          Hai chiamato il dottore?

Mariolina:     Sì, l’ho chiamato ma tu intanto preparati ugualmente per andare via.

Giulio:          Ti assicuro che non mi posso muovere.

Mariolina:     Intanto infilati i pantaloni.

Giulio:          E come faccio? E’ impossibile provarci. Potrei anche svenire dal dolore.

Mariolina:     Tu mi vuoi compromettere, disgraziato. Vuoi rovinare la mia famiglia?

Giulio:          Cosa ci posso fare io se…

Scena seconda

(Mariolina, Giulio e dottore)

                     (Suonano alla porta, Mariolina va ad aprire ed entra il dottore Amedeo)

Dottore:        (E’ un uomo di bella presenza, porta occhiali da vista e reca con sé la borsetta professionale). E’ permesso?

Mariolina:     Vieni, vieni, dottore. Meno male che sei arrivato in tempo (si salutano affettuosamente).

Dottore:        Cosa ti è successo, Mariolina?

Mariolina:     E me nulla, grazie a Dio, ma quel tizio, quella specie di rudere che sta seduto sul divano, dice di sentirsi male.

Dottore:        Chi è costui?

Mariolina:     Uno stagnaro.

Dottore:        Ha fatto forse indigestione?

Mariolina:     A me pare che faccia un po’ di scena o che sia troppo ficoso.

Dottore:        Perché lo hai fatto spogliare, santo Iddio? A costo di fargli prendere una polmonite, povero disgraziato. Bastava un cucchiaino di bicarbonato in mezzo bicchiere d’acqua con una spruzzatina di limone per fargli fare un bel rutto e si liberava lo stomaco.

Giulio:          Dottore!

Dottore:        Stia zitto lei (rivolgendosi a Mariolina). Cos’ha mangiato?

Giulio:          Dottore!

Dottore:        Stia zitto, per favore.

Mariolina:     Non lo so, Amedeo.

Giulio:          Dottore!

Dottore:        Cosa c’è?

Giulio:          Non mi fa male lo stomaco.

Dottore:        Come, non gli fa male lo stomaco?

Giulio:          Se non mi fa male cosa ci posso fare?

Dottore:        Allora che mi hai chiamato a fare, Mariolina?

Mariolina:     Perché, ti dovevo chiamare solo se gli faceva male lo stomaco?

Giulio:          Io invece ho un forte mal di schiena.

Dottore:        E non lo poteva dire prima, invece di farmi spolmonare?

Giulio:          Ho provato a dirglielo ma lei mi ha subito zittito?

Dottore:        Avrà forse un po’ di artrosi.

Giulio:          Ma quale artrosi, dottore, io non soffro di artrosi.

Dottore:        Vuole fare la diagnosi? La faccia pure, così io me ne posso tranquillamente andare.

Mariolina:     Dove vuoi andare, Amedeo?

Giulio:          Dottore, non se n’abbia a male ma io non ce l’ho l’artrosi. Se vuole me la faccio anche venire per farlo contento.

Dottore:        Ma si può sapere cos’ha lei?

Giulio:          Se io sto male è tutta colpa della signora.

Dottore:        Cosa gli hai fatto, Mariolina?

Mariolina:     Io? Niente.

Giulio:          Come niente? Sì, sì. E’ stata tutta colpa sua, mi creda, dottore. Era proprio scatenata questa sera, credeva forse di trovarsi al circo equestre… a cavalcare…

Mariolina:     Amedeo, non dargli retta. E’ un piagnone. E’ stata solamente una coincidenza sfortunata, una casualità, forse un movimento brusco nella concitazione del momento, una posizione squilibrata.

Dottore:        Mariolina, per caso voi due… (accosta i due indici facendo segno di intesa) dico, per caso, voi due ve la intendete? Insomma, siete amanti?

Mariolina:     (Fa cenno di sì con la testa) Sì.

Dottore:        Roba da non crederci. Tu e lui amanti? Tu, amante di questo rottame? Ci sarebbe da ridere se non fosse da piangere.

Giulio:          Io un rottame? Perché, cosa c’è di strano, non posso essere l’amante della signora?

Dottore:        Stia zitto lei!

Mariolina:     A questo punto credo che sia opportuno dirti tutta la verità. Io e questo… stagnaro, giustappunto… approfittando della momentanea assenza di mio marito…

Giulio:          Io sono idraulico, dottore, non stagnaro, come dice la signora.

Dottore:        Mi meraviglio di te, Mariolina, che sei caduta tanto in basso. Ma dico io, a me hai detto che non volevi più tradire tuo marito, facendomi andare in bianco per tanti anni ed ora ti sei confusa con un semplice stagnaro.

Giulio:          Idraulico, per la precisione.

Dottore:        Stia zitto, per favore, non mi interrompa. Non credo ai miei occhi, Mariolina. Cosa avrà mai questo stagnaro per averti fatto perdere la testa?

Mariolina:     Qualcosa ce l’ha ma ora non mi va di scendere nei particolari.

Dottore:        Tu dici che ce l’ha?

Mariolina:     Ce l’ha, ce l’ha. Eccome se ce l’ha, garantisco io.

Dottore:        Io comunque rimango esterrefatto. Mettersi con un pezzente, una specie di verme solitario, ignudo, non è da te, Mariolina.

Giulio:          La vuole smettere di offendermi? Diglielo anche tu, Mariolina.

Dottore:        Ti fai dare anche del tu? Ah! Complimenti, complimenti. Siamo già arrivati al tu. La cosa allora è molto seria?

Mariolina:     Senti, Amedeo, ora smettila di meravigliarti e cerca di fare il tuo dovere di medico. Io ti ho chiesto di venire per darmi un aiuto, non per sentirmi fare da te la paternale.

Dottore:        Ah! Bene. Se la metti su questo piano. Raccontatemi allora con ordine quello che è accaduto (Intanto si accomoda sulla poltrona), per mettermi nelle condizioni migliori per fare una corretta diagnosi.

Mariolina:     Comincio io. Dunque. Io stavo eseguendo uno dei miei esercizi erotici preferiti.

Dottore:        Caspita! Siamo arrivati a questo punto? E quale sarebbe per la precisione questo esercizio… preferito?

Mariolina:     Semplice. Lui era disteso sul divano, supino, ed io, che avevo quasi terminato lo spogliarello, all’improvviso gli sono saltata addosso ed ho cominciato a pressarlo da sopra…

Giulio:          Veda dottore, mentre la signora, diciamo così, mi pressava da sopra io sentivo un doloretto sotto, come se ci fosse una molla del divano mezza rotta che mi si conficcava nella schiena. Ho stretto i denti ed ho cercato di resistere per non contrariare Mariolina, che vedevo tutta entusiasmata.

Mariolina:     Sì, sì, in effetti ero felice, forse come non lo ero mai stata in precedenza.

Giulio:          Ed anche su di giri, caro dottore.

Dottore:        Avevi forse bevuto, Mariolina?

Mariolina:     Un pochino insieme a Filomena. Tutto stava però andando a gonfie vele finché questo disgraziato mi ha fatto la sorpresa di…

Dottore:        Quale sorpresa?

Giulio:          Glielo dico io, dottore. Ad un certo punto quel doloretto iniziale si è fatto addirittura lancinante ed ho avvertito una fitta alla vita, proprio all’altezza dell’osso sacro, come se la lama di un coltello mi avesse all’improvviso trafitto. E subito dopo ho perso la sensibilità nella gamba destra.

Mariolina:     Io sul momento non mi sono resa conto che qualcosa non andava per il verso giusto…

Giulio:          Io mi lamentavo, e come mi lamentavo, caro dottore ma lei, invece, continuava imperterrita a pressare…

Mariolina:     Pensavo che i suoi lamenti facessero parte del gioco e, quindi, inizialmente non mi sono affatto impressionata anzi… tutt’altro.

Dottore:        Immagino solo inizialmente?

Mariolina:     Sì, certo, inizialmente perché poco dopo ho notato, purtroppo, gli effetti inequivocabili del suo disagio.

Dottore:        Vuoi dire in sostanza che…?

Mariolina:     Voglio dire che… che… proprio che… pluff!

Giulio:          Per forza, il dolore era tremendo.

Dottore:        Ho capito. (Rivolgendosi a Giulio). Ora provi a mettersi disteso a pancia in giù.

Giulio:          Non posso, il dolore è troppo forte se mi muovo.

Dottore:        Provi a muoversi piano piano.

Giulio:          Ohi, ohi, ohi! Non mi posso muovere, dottore, non mi posso muovere.

Dottore:        Ma io come faccio a visitarla? Su, si appoggi un pochino a me. (Tenta in qualche modo di visitarlo). Fa male qua?

Giulio:          Sì, sì.

Dottore:        E qua?

Giulio:          Sì, sì, sono tutto indolenzito. Mi sento morire, dottore.

Dottore:        La mia impressione è che potrebbe trattarsi di una frattura dell’ultima vertebra con conseguente leggera compressione del midollo spinale.

Giulio:          E’ grave, dottore?

Dottore:        In teoria c’è il rischio di una paralisi agli arti inferiori.

Giulio:          Accidenti!

Dottore:        Ma speriamo di poterla scongiurare. Consiglierei, perciò, riposo assoluto per almeno quattro giorni e poi una radiografia alla colonna vertebrale da fare, se possibile, a domicilio.

Giulio:          Se ho capito bene non mi devo muovere da qui per almeno quattro giorni.

Dottore:        Esatto. Riposo assoluto. E’ indispensabile almeno in questa prima fase.

Mariolina:     Ma cosa stai dicendo, Amedeo, riposo assoluto?

Dottore:        Sì, cara, assoluto. In caso contrario il rischio di complicanze sarebbe molto elevato ed io non me la sento di assumermi questa responsabilità.

Mariolina:     Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Questa notte deve arrivare mio marito, cosa gli dico a quel pover’uomo?

Dottore:        Porgi i miei saluti all’onorevole e digli che se, per caso, avvertisse un forte mal di testa non si deve preoccupare perché è un effetto naturale. Ricordatelo.

Mariolina:     Ti stai prendendo gioco di me per vendicarti del bidone che ti ho fatto?

Dottore:        Niente affatto, cara. E’ una situazione obiettivamente molto delicata ed io non posso consigliarvi di fare diversamente.

Mariolina:     Amedeo, mi raccomando, acqua in bocca. Almeno non mi sputtanare.

Dottore:        Cosa dici, Mariolina? C’è il segreto professionale. Bene, a lei signore auguro, quindi, una completa guarigione e a te, Mariolina, buona fortuna. Che altro ti posso dire se hai preferito portarti a letto lo stagnaro? Arrivederci. (Esce).

Giulio:          Buonasera, dottore.

Scena terza

(Mariolina e Giulio)

                     (Seguono momenti di imbarazzato silenzio. Mariolina passeggia un po’ per la stanza, poi si lascia cadere sconsolata sulla poltrona. Giulio, incapace di qualunque reazione, non osa profferire parola per timore di peggiorare la già critica situazione).

Mariolina:     Tu te ne devi andare da questa casa, lo capisci, vero?

Giulio:          Non è possibile. Il rischio sarebbe troppo grosso. Hai sentito il dottore cos’ha detto? Riposo assoluto per almeno quattro giorni e pericolo di paralisi agli arti inferiori.

Mariolina:     Riposo assoluto in casa tua, non qui. Piuttosto telefona subito a tua moglie e dille di venirti a prendere. Qui non puoi restare, lo vuoi capire? Il gioco si sta facendo pericoloso ed io non posso rischiare di mettere a repentaglio la mia posizione sociale per una vertebra fratturata di un misero stagnaro.

Giulio:          Io sono un idraulico. Come te lo devo dire, Mariolina? E le mie vertebre sono importanti quanto le tue.

Mariolina:     Idraulico o stagnaro per me è la stessa cosa. La verità è che sei un mediocre dongiovanni, un amante di terracotta. Ecco cosa sei: amante di terracotta. Se uno è debole di spina dorsale non deve cimentarsi in imprese, che coinvolgono la dignità e l’onorabilità di una signora perbene dell’alta società, ma deve rimanere al suo livello senza fare il passo più lungo della gamba. Tu sei stato presuntuoso e, quindi, poco affidabile. (Dopo un attimo di pausa). Comunque dolore o non dolore, tu devi lasciare questa casa prima che ritorni mio marito, altrimenti ti spezzo tutte le altre vertebre; quelle che sono rimaste ancora sane. Hai capito, stagnaro della malora? La colpa è mia perché ti ho dato troppa confidenza. Era meglio se mi mettevo con il dottore, almeno si giocava da pari a pari.

Giulio:          Suvvia, Mariolina, non ti disperare. Cerchiamo di correre ai ripari.

Mariolina:     Come?

Giulio:          Porgimi il telefono e vediamo cosa posso fare.

Mariolina:     Eccoti il telefono.

Giulio:          (Telefona alla moglie). Pronto, Teresina? Ascoltami, cara, io mi trovo ancora in casa dell’onorevole. Sì, sì, poi te lo spiego. Dovresti venire a prendermi, per cortesia, perché mi è successo un piccolo incidente. No… no… nulla di grave, non ti preoccupare. Sì, sì, è urgente, anzi, urgentissimo. Va bene, cara, ti aspetto.

Mariolina:     Allora, com’è andata?

Giulio:          Ha detto che viene subito. Mi dai qualcosa per coprirmi, per favore? Ho i brividi addosso e mi fa male anche la testa.

Mariolina:     Mi dispiace buttarti fuori di casa in queste condizioni ma non posso fare diversamente, lo capisci, vero?

Giulio:          Non importa, noi idraulici dobbiamo essere pronti a tutto. Il rischio fa parte del nostro mestiere.

Mariolina:     Vado a prenderti una copertina ed a mettermi anch’io una vestaglietta.

Giulio:          Tieni presente che mia moglie fra qualche minuto sarà qui.

Mariolina:     Vado e torno immediatamente.

Giulio:          (Fa le prove per alzarsi). Ahi, ahi, ahi! Come faccio a tornare a casa mia? Ho anche una gamba addormentata… Anzi, sembra proprio paralizzata. Chi me l’ha fatto fare? Chi me l’ha fatto fare… stavo così bene prima…

Mariolina:     (Ritorna con la vestaglietta sbottonata). Tieni, intanto copriti. (Gli porge una copertina). Mi raccomando, cerca di essere convincente con tua moglie.

Giulio:          Non ti preoccupare, so io come trattarla.

Scena quarta

(Mariolina, Giulio e Teresina)

                     (Suonano alla porta, la signora Mariolina va ad aprire ed entra Teresina).

Teresina:       (E’ una popolana di mezza età dai modi alquanto bruschi). Buonasera, signora. Cos’è successo a mio marito?

Mariolina:     Oh! Venga, venga cara. Eccolo qua il suo bel maritino. Non c’è alcun motivo per preoccuparsi. Ha avuto un leggero malore ma ora, grazie a Dio, gli è quasi passato. Vero, signor Giulio, che le è quasi passato?

Giulio:          Sì, sì, non ti preoccupare, Teresina, è un malore passeggero.

Teresina:       Cosa ci fai sul divano con questa copertina addosso?

Giulio:          Sentivo un po’ di freddo e la signora Mariolina gentilmente mi ha consigliato di coprirmi.

Teresina:       La signora Mariolina, a quanto vedo, sembra che abbia molto caldo invece.

Mariolina:     (Cerca in qualche modo di abbottonarsi la vestaglia). Sì, sì, è vero. Io sono molto calorosa per natura.

Teresina:       Beata lei. Ma tu, cosa aspetti ad alzarti da quel divano?

Giulio:          Teresina, amore mio, mi è successo un guaio. Mi sono fatto male alla schiena. Aiutami, ti prego. Fai qualcosa, chiama un elicottero, un’ambulanza…

Teresina:       Un’ambulanza? Come ti sei fatto male?

Giulio:          E’ stato il colpo della strega. Sapessi quanto è doloroso! E’ una frustata che ti arriva all’improvviso…

Teresina:       Forse vuoi dire a tradimento?

Giulio:          Ecco, brava, a tradimento.

Mariolina:     E’ stato il classico colpo della strega!

Teresina:       Della strega, eh? Il classico colpo, non un colpo qualunque…

Mariolina:     Sì, sì. Lo ha colpito a tradimento mentre sturava un lavandino.

Teresina:       Quale lavandino?

Giulio:          Quello della signora Mariolina.

Teresina:       E questa coperta che tieni addosso… (Prende un lembo della coperta e la tira via scoprendo il marito che è ancora in canottiera e mutande). Ah! Bene. E’ così che sturi i lavandini? Sei un porco, ecco cosa sei.

Giulio:          Teresina, non incominciare come al solito ad offendermi.

Mariolina:     Si è spogliato per non sporcarsi la tuta.

Teresina:       La smetta di prendermi in giro, altrimenti le faccio provare io com’è il colpo della strega perché a me riesce bene, specialmente quello classico.

Mariolina:     Che maniere sono queste di rivolgersi ad una signora?

Teresina:       Chi sarebbe la signora?

Mariolina:     Io, perché non si vede?

Teresina:       No.

Mariolina:     D’altra parte cosa ci si può aspettare dalla moglie di uno stagnaro?

Giulio:          Di un idraulico, prego.

Teresina:       (Rivolgendosi al marito). E tu, non ti vergogni di avermi fatto venire fino a qui per assistere a questo spettacolo indecente?

Giulio:          Teresina, calmati, è tutto un equivoco, ti assicuro. Io e la signora Mariolina stavamo provando a fare qualche innocente esercizio… senza alcuna malizia…

Mariolina:     Ecco, proprio così. Senza alcuna malizia, mi creda. Un esercizio innocente.

Teresina:       Senta, per quello che mi riguarda lei se lo può tenere anche a vita lo stagnaro perché io non lo voglio più nemmeno vedere.

Giulio:          Teresina, lo sai benissimo che sono idraulico qualificato.

Teresina:       No, stagnaro. Ecco cosa sei: uno stagnaro fetente e traditore. Io non so che farmene di un uomo, che se ne va per le case a sturare i lavandini intasati, standosene mezzo nudo su un divano a fare gli esercizi con le sue clienti. E, quindi, lo lascio volentieri a lei, perché io mi sono stufata dei suoi tradimenti.

Mariolina:     Eh no, cara la mia signora, mi dispiace ma lei non mi può fare questo.

Teresina:       Non lo posso fare?

Mariolina:     Eh no. Ora che è venuta se lo deve portare via il maritino suo. Io non so davvero cosa farmene di uno stagnaro dentro casa. Quello che è suo è suo, io ho già l’onorevole.

Teresina:       Tanto per cominciare lui è venuto in questa casa che era sano e lei ora me lo vorrebbe restituire mezzo rotto dopo averlo utilizzato pure male. Perciò, non se ne parla nemmeno. Dove vi siete fatta l’estate vi fate anche l’inverno. Lo curi e lo accudisca lei perché io non voglio più saperne di questo traditore. E con questo vi saluto. (Esce sbattendo la porta).

Scena quinta

(Mariolina, Giulio, quindi Filomena e Peppina)

Mariolina:     (Si siede sconsolata sulla poltrona e dopo un attimo di silenzio…) Ed ora cosa facciamo?

Giulio:          Cosa facciamo? Aspettiamo con pazienza che arrivi tuo marito. Al punto in cui siamo conviene prendere il toro per le corna… senza offesa per l’onorevole, s’intende.

Mariolina:     E poi?

Giulio:          Lo metteremo davanti al fatto compiuto e ci assumeremo le nostre responsabilità.

Mariolina:     Tu sei pazzo. Io non mi assumo nessuna responsabilità, perché la colpa è tutta tua.

Giulio:          Bisogna affrontare in faccia la realtà.

Mariolina:     Se tu sei la realtà, certo non offri un bello spettacolo alla vista.

Giulio:          Per forza, in queste condizioni! Vorrei vedere tuo marito al posto mio.

                     (Suonano alla porta, Mariolina va ad aprire ed entrano Filomena e Peppina).

Filomena:     Com’è andata, Mariolina?

Mariolina:     Male, molto male. Vi ho fatto chiamare perché mi è successo un guaio ed ho bisogno del vostro aiuto.

Peppina:       Oh! Guarda, Filomena. C’è un uomo in mutande seduto sul divano.

Mariolina:     Ma guardalo bene, ti sembra un uomo quello?

Filomena:     Ma sì, Peppina, quello è l’idraulico.

Peppina:       L’idraulico? Uh! Lo posso toccare?

Mariolina:     Certo, cara, ancora non morde.

Peppina:       Scusa, che ci fa un idraulico mezzo nudo sul divano?

Mariolina:     Un tubo. Cosa vuoi che ci faccia? Il fesso. Ha voluto esagerare e gli si è spezzata la schiena.

Filomena:     Caspita, allora è vero quello che si dice degli idraulici.

Peppina:       Ma perché è mezzo nudo?

Mariolina:     Perché non può infilarsi nemmeno i pantaloni, dice che sente troppo dolore alla schiena se si muove.

Peppina:       Allora deve stare sempre in mutande?

Mariolina:     Fino a quando non guarisce.

Peppina:       Oh! Che bello.

Filomena:     Oddio, bello non mi sembra davvero, specialmente in mutande.

Mariolina:     Mi dovreste aiutare a nasconderlo per qualche giorno.

Filomena:     Dove?

Mariolina:     Non lo so. Se mio marito lo trovasse qui, in mutande, sospettoso com’è, potrebbe anche pensare male.

Filomena:     Ci credo.

Peppina:       Perché non lo rispedisci a casa sua?

Mariolina:     La moglie ha detto che non lo vuole più.

Peppina:       Filomena, portalo nella tua casa di campagna e rinchiudilo nel fienile. Chi vuoi che se ne accorga?

Giulio:          E’ inutile che vi affannate a trovarmi una collocazione. Io da questa casa non mi muoverò finché non sarò guarito. Il dottore mi ha ordinato riposo assoluto per almeno quattro giorni, avete capito?

Mariolina:     Sta’ zitto, tu. Non sei stato interpellato.

Filomena:     Visto che ormai è libero perché la moglie non lo vuole più, prendilo tu, Peppina.

Peppina:       Che ci faccio io? E’ pure mezzo rotto, non hai sentito?

Filomena:     Cosa vuol dire questo? Piano piano te lo rimetti in sesto, lo accomodi e poi… da cosa nasce cosa…

Mariolina:     Ti potresti rifare una vita.

Peppina:       Con l’idraulico in mutande?

Filomena:     Meglio di niente, con i tempi che corrono…

Mariolina:     Non credere che ci sia tanto di meglio sul mercato.

Peppina:       No, no. Sono certa che la gente ci avrebbe da ridire e che la buonanima non approverebbe.

Mariolina:     Mi pare di capire allora che su di voi non posso fare affidamento.

Peppina:       Mi dispiace, Mariolina.

Filomena:     E’ meglio se noi andiamo via, prima che arrivi l’onorevole.

Peppina:       Sì, sì, andiamo via. La vista di quell’uomo in mutande mi turba.

Mariolina:     Andate, andate pure. (Le accompagna alla porta poi, rivolgendosi a Giulio). Hai sentito? Non ti vuole più nessuno. Ormai sei solamente da rottamare. Comunque, visto che non hai alcuna intenzione di andartene, vorrà dire che sarò io a lasciare questa casa prima che arrivi mio marito. Non potrei sopportare il suo sguardo ed il suo disprezzo. Ho troppa stima di me stessa per farmi da lui umiliare.

Giulio:          Avresti il coraggio di lasciarmi solo in queste condizioni? Cosa potrei dire io a tuo marito?

Mariolina:     Inventati qualcosa, come hai tentato di fare con tua moglie.

Giulio:          Tu sei una carogna. E’ così che mi ricompensi per averti aiutato a recuperare il tempo perduto? Meriterei di essere trattato diversamente.

Mariolina:     Ma come, mi stai rovinando la vita ed hai pure il coraggio di lamentarti?

Giulio:          Io avevo un brutto presentimento ma non potevo immaginare che sarebbe finita così male.

Mariolina:     La colpa è tua perché hai dimostrato di non essere all’altezza della situazione.

Giulio:          Io ho sempre creduto che le mignotte sono tutte uguali ma, ora, dopo che ho conosciuto te, posso dire con certezza che quelle dell’alta società sono più stronze delle altre.

Mariolina:     Parla, parla. Offendimi pure, vigliacco. Ma io non voglio più oltre rimanere in questa casa. Qui dentro siamo in troppi, caro mio. Perciò, addio stagnaro e buona fortuna.

Giulio:          Disgraziata, ingrata, mi lasci alla mercè di tuo marito in condizioni menomate senza nemmeno un lenzuolo per coprirmi.

Mariolina:     (Torna indietro, raccoglie la copertina e gliela lancia). Tieni.

Giulio:          (Non riesce ad afferrare la copertina e rimane in mutande e canottiera. Appoggia la testa sulla spalliera e chiude gli occhi. Intanto fa il suo ritorno a casa l’onorevole Pacifico).

Scena sesta

(Giulio e Pacifico)

Pacifico:       (Entra, posa la valigetta, poi si dirige verso il divano. Si sorprende di non trovarvi Mariolina). Mi scusi, signore, cosa ci fa lei a quest’ora in casa mia in codeste insolite condizioni?

Giulio:          Che ci faccio, dice lei? Me lo sono chiesto anch’io nell’attesa che lei arrivasse.

Pacifico:       E quale risposta si è data, se è lecito saperlo?

Giulio:          Che non è facile spiegarlo.

Pacifico:       La invito, invece, a farlo senza alcun indugio.

Giulio:          E’ bene chiarire subito che la signora Mariolina sta bene e gode di ottima salute.

Pacifico:       A proposito, dov’è mia moglie?

Giulio:          Si è assentata per ragioni di sovraffollamento della casa. Ha detto: qui dentro siamo in troppi.

Pacifico:       E’ quello che credo anch’io.

Giulio:          E se n’è andata via sbattendo la porta.

Pacifico:       Lei non mi ha ancora detto cosa ci fa in casa mia mezzo nudo.

Giulio:          Mezzo nudo, dice lei? Ah, sì. Non ci avevo fatto caso.

Pacifico:       E’ fondamentale che io sappia questo prima di ogni altra cosa.

Giulio:          Onorevole, glielo giuro, io mi sono trovato per caso e senza una mia precisa volontà coinvolto in una storia più grande di me. Questo non è il mio ambiente naturale, capisce?

Pacifico:       Lo credo bene, non le posso dare torto.

Giulio:          Io sono un uomo del popolo, un miserabile, uno dei tanti cittadini anonimi, che votano. Sono un semplice idraulico, anzi, per essere più preciso, uno stagnaro, come dice giustamente la signora Mariolina, che di tubi se ne intende. Io ho sempre risposto puntualmente alla sua chiamata. Lei mi telefonava ed io venivo, non mi sono mai fatto attendere né sottratto all’incombenza.

Pacifico:       Lei è quindi il famoso idraulico, che non è stato ancora in grado di risolvere il problema di quel lavandino, che s’intasa continuamente?

Giulio:          Famoso, si fa per dire. La gente mi vuole bene e mi chiama volentieri per allacciare tubi, per sturare lavandini…

Pacifico:       E li stura, standosene in mutande sdraiato sul divano?

Giulio:          Nossignore. Questo è un caso eccezionale e spero che sia anche passeggero. Di regola io mi muovo come un grillo.

Pacifico:       Ora perché se ne sta immobile a sedere?

Giulio:          Sono stato sfortunato in questa circostanza.

Pacifico:       Se tutti coloro che sono sfortunati, poverini, se ne stessero a sedere sui divani, rimarrebbe in piedi poca gente, caro signore.

Giulio:          Onorevole, la colpa è tutta mia, la signora non c’entra niente. Ho fatto il passo più lungo della gamba. Ho voluto guardare troppo in alto e la sorte mi ha punito.

Pacifico:       Lo dovrei punire anch’io per non avere risolto il problema di quel lavandino.

Giulio:          Ha ragione. Io sono un uomo mediocre, un amante di terracotta e sono pure debole di spina dorsale. Non dovevo cimentarmi in un’impresa come questa.

Pacifico:       E’ così difficile sturare un lavandino?

Giulio:          Onorevole, il lavandino non c’entra niente, come glielo devo fare capire? Il vero problema in casa sua è la signora Mariolina.

Pacifico:       Mia moglie è un problema? Cosa ne sa lei?

Giulio:          Mi è difficile spiegarlo ma è proprio così.

Pacifico:       Ci provi a spiegarlo. Anzi, a questo punto glielo ordino.

Giulio:          Onorevole, lei deve sapere che la signora Mariolina, una santa donna, poverina…

Pacifico:       Cerchi di andare subito al sodo, senza fare inutili commenti.

Giulio:          …stava attraversando un brutto periodo perché era un po’ depressa.

Pacifico:       Ne è sicuro?

Giulio:          Sicurissimo. E la depressione, lo sa anche lei, è una brutta malattia.

Pacifico:       Questo è vero.

Giulio:          Chi è depresso si sente spesso inutile ed incapace di fare fronte alle normali esigenze della vita. Ogni piccolo problema gli sembra un macigno, dal quale teme di essere schiacciato. A volte medita persino di farla finita.

Pacifico:       Oddio! Cosa mi dice?

Giulio:          Ma non è il caso della signora Mariolina, grazie a Dio.

Pacifico:       Tutto questo per un lavandino intasato?

Giulio:          C’è sempre una goccia, che fa traboccare il vaso, ma non si tratta del lavandino.

Pacifico:       Io non la capisco.

Giulio:          Onorevole, il depresso è preda della malinconia e vede tutto nero.

Pacifico:       Cosa ne sa lei della depressione? Mia moglie, poi, non è stata mai depressa.

Giulio:          Eh! Caro onorevole, a lei certe cose possono sfuggire e non gli si può per questo muovere alcun rimprovero. Lei deve prendersi cura dell’interesse generale, deve curare il collegio elettorale, deve pensare a fare carriera, ad accumulare ricchezza per garantire alla sua famiglia il benessere economico e non può stare dietro a tutto. Bisogna capirle certe cose.

Pacifico:       Lei le capisce?

Giulio:          Certamente. Io sono un povero stagnaro e certe cose non mi possono sfuggire. Io faccio parte di quella umanità…

Pacifico:       Vuole forse dire dolente?

Giulio:          Mi ha levato la parola dalla bocca. E’ la parola giusta: dolente. Veda, io ho risposto semplicemente ad una invocazione di aiuto, ad un grido di dolore di una persona in difficoltà. Cosa avrebbe fatto lei al posto mio?

Pacifico:       Probabilmente la stessa cosa che ha fatto lei, potrei risponderle, se conoscessi almeno la ragione.

Giulio:          Ecco, vede che la pensiamo tutti e due allo stesso modo?

Pacifico:       Non tragga affrettate conclusioni, per favore, signor…

Giulio:          Giulio.

Pacifico:       Signor Giulio.

Giulio:          Voi politici, manager, alti dirigenti, giustamente dovete andare per forza via di casa per assolvere ai vostri gravosi impegni e, fra grandi alberghi e ristoranti di gran moda, se vi capita vi concedete magari qualche distrazione con una bella donna…

Pacifico:       Queste sono cose che non la riguardano.

Giulio:          Eh, no, caro onorevole. Invece mi riguardano, eccome se mi riguardano, perché voi andate via, lasciate le mogli a casa e non ci pensate più anche se per caso sono un po’ depresse. Ma poi tocca a noi, poveri artigiani, cercare di mettere una toppa sulle crepe, che si sono create nei vostri rapporti coniugali. Con il rischio di farsi anche male, com’è accaduto a me nel tentativo di consolare la signora Mariolina, povera anima innocente.

Pacifico:       Sta’ a vedere che la colpa è mia.

Giulio:          A sua scusante posso dirle per esperienza personale che non è facile capire le donne.

Pacifico:       Lei naturalmente le capisce?

Giulio:          A volte sì, a volte no. Mia moglie, per esempio, spesso non la capisco.

Pacifico:       E’ difficile capire la propria moglie, vero?

Giulio:          Eh, sì. Un po’ più facile è capire le mogli degli altri.

Pacifico:       Lei come fa?

Giulio:          Ho una certa innata predisposizione alla comprensione delle donne.

Pacifico:       Di mia moglie cos’ha capito in particolare?

Giulio:          Se permette, onorevole, le dovrei fare un piccolo rimprovero.

Pacifico:       A me?

Giulio:          Sì, perché la colpa di quello, che è accaduto, in parte è anche sua. Lei probabilmente ha trascurato un po’ troppo la signora. Ecco, penso che le cose siano andate proprio così.

Pacifico:       Così come? Parli chiaramente.

Giulio:          La signora Mariolina era stanca di aspettare e ad un certo punto ha deciso di recuperare con me tutto il tempo che in venticinque anni di matrimonio ha perso con lei.

Pacifico:       Ha detto proprio recuperare il tempo che ha perso con me?

Giulio:          Esattamente.

Pacifico:       Povera gioia!

Giulio:          Anima santa!

Pacifico:       Ma lei perché se ne sta seduto sul divano in mutande?

Giulio:          Per la verità avrei avuto intenzione di alzarmi regolarmente.

Pacifico:       Quando?

Giulio:          Dopo.

Pacifico:       Dopo cosa?

Giulio:          Dopo… Il mio è stato, diciamo così, un infortunio sul lavoro, mi capisce ora, onorevole?

Pacifico:       No, non capisco.

Giulio:          La signora ha detto di avere molto tempo da recuperare e, povera gioia, chiedo scusa, povera donna, lo voleva recuperare un po’ troppo in fretta.

Pacifico:       Le donne non conoscono le mezze misure.

Giulio:          E qualche volta esagerano sia nel bene che nel male.

Pacifico:       Ma non vedo quale relazione ci possa essere con Mariolina.

Giulio:          C’è, c’è la relazione. La signora, purtroppo, ha esagerato.

Pacifico:       In che senso, scusi?

Giulio:          In quel senso lì. Una vertebra fratturata, le sembra poco?

Pacifico:       Per recuperare il tempo perso?

Giulio:          Proprio così. Io sono un martire, caro onorevole. Rischio concreto di paralisi alle gambe, ha detto il dottore.

Pacifico:       Ma com’è successo? Cerchi di essere più chiaro, per favore.

Giulio:          Le posso parlare da uomo ad uomo?

Pacifico:       Parli pure liberamente.

Giulio:          Onorevole, io glielo dico con il massimo rispetto: la sua signora era un po’ troppo assatanata e, per smaltire l’arretrato che aveva accumulato, ha voluto strafare.

Pacifico:       Questo mi sorprende molto perché normalmente Mariolina è una creatura assai misurata nelle cose.

Giulio:          Dia retta a me, la signora è una grandissima… cavallona.

Pacifico:       Dice sul serio?

Giulio:          E come no? Ma di quelle scapestrate.

Pacifico:       Io non me ne sono mai accorto.

Giulio:          E’ questo il guaio.

Pacifico:       Io l’ho sempre considerata un essere molto fragile.

Giulio:          Fragile?

Pacifico:       Fragile ed indifeso…

Giulio:          Indifeso può anche darsi ma fragile no, caro onorevole, glielo posso assicurare io.

Pacifico:       Ciò che lei mi dice mi stupisce molto. Non avrei mai immaginato che Mariolina… Deve sapere, caro signore, che io ho sempre preferito andare con le mignotte per cercare quelle soddisfazioni, che credevo di non potere mai trovare in casa mia. Io ho sempre avuto il massimo rispetto per mia moglie ed ho evitato di coinvolgerla nelle mie fantasie erotiche, mi capisce? Mi dicevo: Mariolina è una donna delicata, ingenua, pudica… Mi sembrava di sciuparla anche a farle una carezza di troppo… Figuriamoci… Sa, con le mignotte è diverso. Le pago e, quindi, posso pretendere da loro una maggiore dedizione.

Giulio:          Onorevole, la capisco. Anch’io vado con le mignotte.

Pacifico:       Ah, bene!

Giulio:          Sì. Ma, diversamente da lei, io non le pago. Forse perché sono uno stagnaro.

Pacifico:       Vorrebbe insinuare forse che mia moglie è una mignotta?

Giulio:          Onorevole, a volte in casa abbiamo un tesoro e non ce ne accorgiamo nemmeno. E’ questo purtroppo il caso suo, mi creda.

Pacifico:       Non le permetto di dire questo di mia moglie.

Giulio:          La signora Mariolina è un’amante straordinaria, che ogni uomo vorrebbe avere, specialmente se si desse una calmata. Guardi come mi ha ridotto! Onorevole, se fossi io al posto suo…

Pacifico:       Credo che lei ci sia già stato anche troppo al posto mio. Ora non ci prenda l’abitudine, però.

Giulio:          Volevo dire che io andrei subito a cercarla, la perdonerei e la inviterei a ritornare a casa, come se nulla fosse. Anche per farsi dare una mano in questa circostanza. Sa, io non mi posso muovere. Il dottore mi ha ordinato riposo assoluto e qualcuno dovrà pure prendersi cura di me, non le pare? Caterina non si è più vista, lei è troppo impegnato per poterlo fare ma qualcuno dovrà provvedere a me.

Pacifico:       Provvedere a lei?

Giulio:          Sissignore, mica mi potete fare morire qui. A proposito, mi prenderebbe per favore un bicchiere d’acqua? Mi sento la bocca e la gola troppo secche.

Pacifico:       (Va a prendere l’acqua). Ecco un bicchiere d’acqua.

Giulio:          Grazie, onorevole, lei è molto gentile.

Pacifico:       Sì, ma questa casa senza la mia Mariolina per me è come se fosse vuota.

Giulio:          Vuota non direi, per il momento ci sono io.

Pacifico:       Senza mia moglie non me la sento di rimanere in questa casa. E’ meglio, perciò, che me ne vada immediatamente.

Giulio:          Anche lei se ne va? Oh! Ma c’avete proprio una fissazione? Tutti volete abbandonare questa casa. Ma vi rendete conto che non mi potete lasciare così per quattro giorni e quattro notti? Mi dovete assistere e farmi guarire.

Pacifico:       Si arrangi. Doveva pensarci prima.

Giulio:          Oh! Il fatto è accaduto in casa vostra e non ve ne potete lavare le mani come Pilato.

Pacifico:       Lei sta dando i numeri, caro signore.

Giulio:          Onorevole, per favore, mi ascolti. E’ dalle quattro del pomeriggio che sono immobile su questo divano.

Pacifico:       Ed io cosa ci posso fare?

Giulio:          Vede, ora, per esempio, avrei da fare un piccolo bisogno fisico idraulico. Mi ci vorrebbe in sostanza un pappagallo.

Pacifico:       Un pappagallo?

Giulio:          Sì. Potrebbe provvedere lei, per cortesia? Mi sento la vescica troppo piena e non vorrei che inavvertitamente si sciupasse il divano.

Pacifico:       Quello che lei mi sta chiedendo è davvero eccessivo. Prima ha approfittato della mia assenza per sedurre mia moglie ed ora pretende che io gli faccia addirittura da infermiere, minacciando di fare pipì sul mio divano. Ma santo Iddio…

Giulio:          Non la prenda come una minaccia. Era solo un avvertimento.

Pacifico:       E’ bene parlarsi chiaro, amico mio. Finché non farà ritorno a casa la mia cara Mariolina giuro che la lascerò marcire nel suo giaciglio a scontare tutti i suoi peccati. Così imparerà una volta per sempre che non è corretto andare a letto con le proprie clienti.

Giulio:          Io mi sono sacrificato per il bene della sua famiglia, ho fatto, quindi, un’opera buona, caro onorevole.

Pacifico:       Ci manca poco che dica di essere un missionario.

Giulio:          Volendo lo potrei anche dire. Se vedesse com’è ora la signora non la riconoscerebbe più. E’ rifiorita, allegra, entusiasta della vita, altro che mignotte! Onorevole, mi dia retta, la smetta di andare con le mignotte, chiami sua moglie al telefono, le faccia qualche moina e le chieda di fare ritorno a casa, prima che sia troppo tardi per lei e per me. Segua il consiglio di uno stagnaro, abituato ad incollare i cocci ed a riparare i guasti.

Pacifico:       Lo sa che lei quasi quasi mi ha convinto? Proverò a seguire il suo consiglio. (Esce).

Scena settima

(Giulio e Caterina, quindi Pacifico)

Caterina:       (Rientra dopo la serata trascorsa con il fidanzato). Oh! Mamma mia, c’è l’idraulico in mutande. (Rivolgendosi a Giulio). Se ti vedesse il mio padrone ti sistemerebbe per le feste.

Giulio:          Sta’ zitta, Caterina.

Caterina:       Che hai fatto lo spogliarello insieme alla signora?

Giulio:          Silenzio. Cosa ti passa per la mente? Vieni un po’ qua, avvicinati.

Caterina:       No.

Giulio:          Ti devo dire una cosa molto delicata.

Caterina:       Di te non mi fido.

Giulio:          Questa volta ti puoi fidare perché non mi posso nemmeno alzare.

Caterina:       Sei ancora stanco, eh?

Giulio:          Silenzio. Non sono stanco, sono messo male. Ti prego di aiutarmi, per favore.

Caterina:       Se mi tocchi, però, mi metto subito a strillare.

Giulio:          Ti giuro che non ti sfiorerò nemmeno con un dito.

Caterina:       (Si avvicina). Di cosa hai bisogno?

Giulio:          Mi ci vorrebbe un pappagallo per fare la pipì.

Caterina:       Un pappagallo? (Ride). Ah! Ah! Ah! Perché non ce l’hai quello tuo?

Giulio:          Ma com’è che non capisci mai un accidente?

Caterina:       E’ meglio che me ne vada a letto. Io sono un poco stanca, caro mio.

Pacifico:       (Entra). Oh! Caterina, credevo che fossi già a letto.

Caterina:       La signora non è in casa?

Pacifico:       No. Si è dovuta assentare per un momento ma presto farà ritorno. Hai visto che c’è un uomo in mutande sul divano?

Caterina:       Chi ce l’ha messo? Quando ho fatto le pulizie non c’era.

Pacifico:       Ma non lo vedi che è l’idraulico?

Caterina:       Oh! Che scema. In mutande non l’avevo riconosciuto.

Pacifico:       Mentre sturava il lavandino, poverino, gli è preso il colpo della strega e si è dovuto sedere sul divano.

Caterina:       E’ la prima volta che gli succede. Tutte le altre volte ha fatto bene il suo dovere e la signora è rimasta sempre molto soddisfatta.

Giulio:          Caterina, vedi se mi trovi il pappagallo, per favore.

Pacifico:       Su, trovagli il pappagallo, Caterina, il signore ne ha proprio bisogno.

Caterina:       Ma cosa state dicendo? A quest’ora sono tutti chiusi. (Esce).

Scena ottava

(Giulio, Pacifico, Mariolina, Teresina, quindi Caterina)

Mariolina:     (Entra insieme a Teresina). Sono andata a chiamare la signora Teresina e l’ho invitata a stare alcuni giorni insieme a noi per farci compagnia. Le ho promesso in cambio di farle un bel regalo.

Pacifico:       Hai fatto bene, cara. Giulio ha bisogno di assistenza e noi gliela dovremo dare. Si è fatto male mentre lavorava per noi, poverino.

Teresina:       Oh, poverino! Ma allora è vero che non c’era alcuna malizia fra di voi? Onorevole, lo sa che io avevo persino dubitato della sua signora?

Giulio:          Teresina, ma ti pare possibile che una persona importante come l’onorevole possa avere le corna?

Mariolina:     Se qualcuno avesse pensato male di me io lo perdono lo stesso perché l’evidenza in effetti poteva anche ingannare.

Pacifico:       Sì, ma solo un frettoloso osservatore ci poteva cascare.

Caterina:       (Entra). Signora, le devo dare una brutta notizia.

Mariolina:     Ti sei lasciata con il fidanzato?

Caterina:       No. Il lavandino è ancora intasato.

Pacifico:       Allora c’è bisogno di un intervento appropriato.

Mariolina:     Pacifico, fammi la cortesia, prova a chiamare un altro idraulico.

Pacifico:       Un idraulico? Non credo che ce ne sarà bisogno, cara, perché provvederò io stesso a fare l’intervento. Sapete, oggi va molto di moda il fai da te. Caterina, lascia perdere il pappagallo. Cercami piuttosto subito la ventosa.

Idraulico:      Oh!

(Sipario)