Lamberto… Lamberto!

Stampa questo copione

C’ERA DUE VOLTE IL BARONE LAMBERTO

LAMBERTO…LAMBERTO!

Liberamente tratto da “C’era due volte il barone Lamberto” di Gianni Rodari

Riduzione e adattamento di Annamaria Guzzio

Personaggi:

Il cantastorie

Il barone Lamberto

Il maggiordomo Anselmo

La giovane Delfina

Il nipote Ottavio

L’amica del cuore Rebecca

Cantastorie:

“C’era una volta…tanto tempo fa…un’isoletta in mezzo al mare…vi abitava, dentro un antico castello, un anziano nobile, il barone Lamberto, che era rimasto solo al mondo. Egli possedeva tanto denaro, aveva moltissime proprietà ma non sapeva cosa farsene perché era triste e senza affetti. L’unica persona che gli stava vicino era il suo fedelissimo maggiordomo Anselmo, che aveva per lui rispetto e attenzione. Il suo compito principale era quello di tenere sempre aggiornato il lungo elenco delle malattie del barone…erano già 24 e di giorno in giorno spuntava un sintomo nuovo, un disturbo, un doloretto qua e là…e l’elenco dei malanni diventava sempre più lungo…

SCENA I

Barone:

“Mio fido Anselmo, i miei malanni sono ormai tali e tanti che non ho più voglia di mandar giù tutte quelle amarissime medicine!

Voglio tentare un’ultima cura.  Ricordo di aver letto in questo vecchio libro che ho trovato in soffitta che il faraone Tutankamon conosceva un segreto per mantenersi così ben conservato.”

Anselmo: “Un segreto, Signore?”

Barone:

“Si, un segreto che gli era stato confidato da un santone arabo che viveva nel deserto, cibandosi solo di insetti. Guarda, leggi con me:

 “L’uomo il cui nome è pronunziato con amore resta in vita”.

Hai capito, mio fedele Anselmo?

E’ di questo che ho bisogno per risolvere i miei problemi di salute, non di sciroppi o tisane o supposte! Voglio assolutamente fare su me stesso questo antico esperimento.

Trovami una persona disposta a fare questo lavoro per me: dovrà pronunziare il mio nome continuamente e con amore!”

Anselmo: “Continuamente e con amore? Non sarà facile…”

Barone:

 “Non badare a spese, Anselmo, sai che posso permettermi di pagare cifre favolose. Gira, cerca, fruga dovunque, ma portami la persona giusta! Ricorda: “L’uomo il cui nome è pronunziato con amore resta in vita!”

Cantastorie:

“…e Anselmo girò, cercò, frugò dappertutto, per molto tempo le sue ricerche furono vane finché un giorno… si presentò a lui una giovane fanciulla…”

Delfina:

“Permettete, signore? Mi chiamo Delfina, ho saputo che cercate qualcuno disposto a fare un lavoro… da matti.

 Ho tanta fame, signore, accetterò l’incarico…”

Anselmo

 (scrutandola severamente) “Ne siete proprio sicura? Sarà un compito molto impegnativo, signorina…dovrete pronunziare il nome Lamberto continuamente e con amore…non dimenticatelo!”

Delfina:

 “Non lo dimenticherò, grazie, signore, mettetemi alla prova subito, sono ansiosa d’incominciare!”

Cantastorie:

 “E da quel giorno la piccola Delfina trovò alloggio in una lussuosa stanza della grande villa del barone Lamberto. Non le mancava nulla, ogni suo desiderio era soddisfatto, ma il lavoro si rivelò ben presto molto faticoso:

ad ogni ora del giorno e della notte, anche fra un boccone e l’altro,anche se la testa le ciondolava dal sonno e faceva una fatica tremenda a restare sveglia, doveva soffiare quel nome dentro uno strano imbuto…”

Delfina:

“Lamberto, Lamberto, Lamberto…che lavoro bizzarro mi è capitato da fare! Lamberto…Lamberto…Lamberto…certo, non posso lamentarmi di nulla…Lamberto…Lamberto…Lamberto…qui sto bene, il cibo è buono e il signor Anselmo è molto gentile con me. Lamberto…Lamberto…Lamberto. Il barone non l’ho ancora conosciuto, chissà che tipo sarà…L..L..L”

Voce di Anselmo: “…continuamente e con amore, ricordate…!”

Voce del Barone:

 “L’uomo il cui nome è pronunziato con amore resta in vita!”

SCENA II

Cantastorie:

“…e una mattina il barone, guardandosi allo specchio, scoprì che gli era spuntato un nuovo capello. Un capello biondo…”

Barone: “Anselmo! Anselmo, presto, venite a vedere!”

Anselmo (entrando, flemmatico): “Mi avete chiamato, signore?”

Barone: “Sì, guardate!”

Anselmo: “Dove, signore?”

Barone: “Qui, sulla mia testa!”

Anselmo: “Sulla vostra testa, signore?”

Barone:

“Sì, proprio qui, guardate, è un capello nuovo! Erano 45 anni che non si vedeva niente del genere sulla mia testa!”

Anselmo:

“Un momentino, signore. (prendendo  una grande lente d’ingrandimento) Sì signore. Confermo,signore. Si tratta di un capello nuovo, naturalmente ondulato, forse…ricciuto.”

Barone (commosso):

 “Oh,quando ero piccolo la povera mamma mi chiamava “il mio ricciolino”!”

Anselmo:

“Se permettete, signore, avrei ancora qualche osservazione da fare.

Qui dove l’osso parietale destro confina con l’osso denominato etmoide, se non sono un visionario, credo stia spuntando un altro nuovo capello. Biondo anche questo. Pura seta.”

Barone: “E’ incredibile!”

Anselmo:

“Se il signor barone ha la bontà di attendere ancora un attimo vorrei proseguire nel mio esame a distanza ravvicinata.”

Barone: “Fate pure, Anselmo, è un piacere!”

Anselmo: “Ecco!”

Barone:

 “Cosa c’è Anselmo? Il capello nuovo si è spaventato? Si ritira nella sua tana?”

Anselmo: “Le sue rughe, signore…”

Barone: “…ebbene…?”

Anselmo:

“Mi sembra ragionevole ammettere che le sue rughe, signore, si stanno…spianando. Ricordo l’ultima volta di averne contato più di 300 all’angolo di questo occhio ed ora scommetterei il mio ombrello che sono molte di meno. La pelle diventa liscia a vista d’occhio. Dai suoi strati più profondi salgono cellule giovani, piene di vita e di speranza, per prendere il posto di quelle vecchie che tramontano malinconicamente.”

Barone:

“Siete un poeta, Anselmo, un vero poeta ma…due capelli nuovi non fanno primavera!”

Cantastorie:

“La mattina seguente, guardandosi allo specchio, il barone notò anche lui che le sue rughe si stavano attenuando. La sua pelle ora era liscia come olio e tanti capelli nuovi, in varie parti del cranio, formavano dei ciuffi sbarazzini. Gli occhi, fino a poco tempo prima seminascosti dalla pesante cortina delle palpebre, si affacciavano adesso con rinnovata vivacità!”

Barone: “Ora ne sono sicuro, Anselmo, io comincio a star meglio!”

Anselmo:

 “Se permettete, signore, vorrei controllare con più precisione.

 (tira fuori un taccuino e una matita) Elenco patologie: n.1: asma”

Barone: “L’ultimo attacco risale a parecchi mesi fa.”

Anselmo:

 “N.2: Arteriosclerosi.Sono pervenuti stamani i risultati delle ultime analisi di sangue. Il signor barone ha oggi le arterie di un uomo di 40 anni.

 N.3: artrosi deformante.”

Barone:

“Guarda tu stesso, Anselmo, guarda le mie mani; le loro cinquanta e passa ossa non sono mai state più agili, gli otto ossicini del polso fremono di energia!

(Si siede al pianoforte e comincia a suonare) Erano 42 anni che non toccavo un tasto! (si alza di scatto) Le mie ossa e i miei muscoli hanno voglia di una bella nuotata nel lago!”

Anselmo: “La prego di non esagerare, signore, ci vuole prudenza, anche se devo ammettere che i suoi reticolociti sono in entusiasmante aumento!”

Barone: “Reticolo…chè?”

Anselmo: “…citi, signore. Sono globuli rossi più giovani.”

Barone:

“Giovani? E allora viva la gioventù! Basta con i controlli, credo di aver capito qual è il rimedio per i miei mali!

(pigia un bottone e si sente la voce di Delfina che ripete il suo nome.)

Oh, Delfina, Delfina, grazie! E’ bello sentirsi amati a qualsiasi ora del giorno e della notte!”

(prende Anselmo per la vita e lo costringe ad un tango vorticoso.)

Cantastorie:

“Insomma, nel giro di poche settimane il barone subì un’incredibile trasformazione: da vecchio rudere tenuto in piedi solo da mille medicine e dal suo famoso bastone dal pomo d’oro, divenne un giovane uomo diritto, vigoroso e forte…!”

Voce di Anselmo: “Continuamente e con amore…!”

Voce del Barone:

“L’uomo il cui nome è pronunziato con amore resta in vita! Ahh, ahh!”

SCENA III

Cantastorie:

“In una città non molto distante dall’isola dove abitava il barone Lamberto viveva il suo unico nipote Ottavio; di bella presenza, giovane….”

Ottavio (entrando con una valigia in mano ed inchinandosi):

“Sì, sono l’unico nipote dello zio Lamberto, ed anche il solo erede del suo inestinguibile patrimonio.

 La mia povera mamma, sua sorella, mi aveva lasciato un bel gruzzoletto ma…cosa volete farci…io sono un tipo generoso…mi piace andare al bar… a giocare a birilli e così…una sera si perde e l’altra pure, poi si offre qualcosa agli amici, più tardi si beve un goccetto per dimenticare, dopo un po’ un altro per rifarsi la bocca…un altro ancora e…insomma questa è la mia ultima moneta…la mie tasche, come potete vedere sono vuote (rovescia le tasche) ed ho anche qualche conticino da pagare…qualche… spesuccia…(apre la valigia e ne tira fuori a poco a poco un  arsenale di armi, un coltellaccio, un fucile da caccia, una pistola, una boccetta di veleno, li spolvera e li rimette nella valigia…)

Avrei pensato di andare a far visita al caro, carissimo unico zio Lamberto, avrà piacere di vedere il suo solo nipote! Beh, in fondo potrebbe essere l’ultima volta…sob…sob…che commozione…deve avere quasi cento anni, sarebbe normale che tirasse le cuoia adesso, non credete? Sarà stanco di vivere, poverino, forse avrebbe bisogno solo… di una piccola… spintarella per saltare il fosso…e godere… di riposo…eterno…

Perché non fargli dunque questo piccolo favore? In fondo si tratterebbe solo di anticipare un po’ il suo fisiologico trapasso, ed io risolverei i miei piccoli problemi finanziari…(chiude la valigia ed esce)”

SCENA IV

Cantastorie:

“Detto fatto il giovane Ottavio si mise in viaggio e giunse alla porta del castello dello zio Lamberto…gli venne ad aprire un giovane atleta sorridente…”

Barone: “Buongiorno, chi desidera?”

Ottavio: “Il barone Lamberto, per favore, sono il suo solo nipote Ottavio.”

Barone:

 “Un attimo prego. (Si ritira e dopo un secondo ricompare allegramente) Con chi desidera parlare, prego?”

Ottavio: “Ma, insomma, mi sta prendendo in giro? Ho chiesto del barone Lamberto. Dove sta?”

Barone: (abbracciandolo)

“Ma è qui, davanti a te! Ottavio, mio solo nipote, figlio della mia unica sorella, non riconosci più il tuo amato zietto?”

Ottavio (cadendo per terra dalla sorpresa):

“Co…cosa? Lei è…tu sei…il piacere di vederti in così buona salute è stato troppo forte. Al cuore non si comanda. Ah, sono proprio contento. Come hai fatto? Hai… trovato… una nuova cura?”

Barone (ridacchiando): “Nuova, sì, ma anche…antica!”

Anselmo (entrando): “E’ un segreto, signore.”

Ottavio: “Un segreto…cinese?”

Anselmo e Barone: “Acqua, acqua!”

Ottavio: “Indiano?”

Anselmo e Barone: “Acqua, acqua!”

Ottavio: “Persiano?”

Anselmo e Barone: “Acqua, acqua!”

Ottavio: “ Mi arrendo, non riesco proprio a comprendere…”

Barone:

 “Non importa, mio caro nipote, adesso devo proprio lasciarti, vuoi venire con me a fare un po’ di movimento?”

Ottavio: “No, grazie, zio, il movimento mi fa venire il mal di testa…”

Barone: “Allora accomodati. Anselmo ti mostrerà il tuo appartamento, ci vediamo a cena. Bye, bye! (esce saltellando)”

Ottavio: “…incredibile…”

Anselmo: “Mi permetto di osservare che il suo unico zio è in gran forma. Nessuno direbbe che ha 93 anni! Si accomodi, signore, l’accompagnerò nelle sue stanze. (escono)”.

SCENA V

Cantastorie:

“ Il giovane Ottavio era rimasto assolutamente sconvolto da quell’incontro…”

Ottavio (entrando di soppiatto):

“Bella forza! Qui la situazione è tragica! Speravo di trovare un moribondo e mi vedo davanti un campione olimpionico con tutti i muscoli, i denti, i capelli al posto giusto!

L’eredità si allontana! Chi pagherà le mie debitucci? Con quali soldi giocherò ai birilli? Bisogna entrare in azione!”

Cantastorie:

“Ottavio era assolutamente deciso a far fuori lo zio; così, nella notte, mentre tutti erano immersi nel sonno, prese dalla sua valigia il coltellaccio e, senza esitazione, tagliò la gola al suo amato zietto. Poi tornò a letto soddisfatto e dormì russando vigorosamente. Ma un’amara sorpresa lo attendeva al risveglio…”

Voce del barone: (cantando)

“Come sto ben, come sto ben, andare in barca mi convien!”

Ottavio (con gli occhi fuori dalle orbite):

“Co…cosa diavolo…cielo! Ma questa è la voce dello zio Lamberto! E’ più vivo di ieri! Ma come avrà fatto!”

Barone (entrando):

“Carissimo nipotino! Spero tu abbia dormito bene! Vuoi venire a far un giro in barca a vela?”

Ottavio:

 “Ca…caro zietto, sono fe…felice di trovarti in gran forma, ma non potrò seguirti, la vela mi provoca… mal…mal di mare…”

Barone: “Non importa, Ottavio, ci vedremo a cena!” (esce)

Ottavio:

 “E’ incredibile! E sulla sua gola non è rimasto neppure un segno! Questi coltelli di oggi! Non taglierebbero nemmeno il brodo di dadi! Proverò con qualcosa di più serio!”

Cantastorie:

“E infatti la notte seguente prese il suo grosso fucile a pallettoni, gli applicò il silenziatore e lo scaricò contro lo zio che dormiva senza alcun sospetto….”

Ottavio: “Stavolta voglio proprio vedere!”

Cantastorie: “Ma la mattina…”

Voce del barone:

“Sto proprio ben, sto proprio ben! Andare a nuotare mi convien!

(entrando in costume da bagno) Ottavio mio adorato! Che brutta cera che hai! Ti ci vorrebbe una bella nuotata!Stile libero…a rana o a delfino? Su, vieni con me!”

Ottavio:

“Gra…grazie zietto, ma non so nuotare e poi l’acqua del lago mi fa venire…l’orticaria.”

Barone:

 “Povero ragazzo, sei sempre stato un po’…malaticcio! Ci vedremo stasera!”(esce)

Ottavio:

“Non ci posso credere! E’ peggio di un gatto dalle sette vite! Più fresco di un pesce persico! E sul petto non aveva neppure una puntura di zanzara! Devo scoprire qual è il suo segreto!”(esce)

SCENA VI

Cantastorie:

“Ottavio era proprio determinato a scoprire quale segreto nascondeva il barone. Così si mise a gironzolare per tutto il castello, frugò nei cassetti, negli armadi e sotto i tappeti cercando la medicina miracolosa che aveva permesso allo zio Lamberto di ritornare giovane e forte…”

Ottavio:

“Dev’esserci un segreto da qualche parte, una formula magica, una pozione straordinaria…se solo quello sciocco di Anselmo collaborasse…ma è inutile, quello lì è fedelissimo allo zio, se gli dicessi qualcosa s’insospettirebbe…

(nota uno strano imbuto) ma cos’è questo? Un imbuto? Un corno al contrario? E c’è anche un bottone (lo pigia)”

Delfina: “Lamberto, Lamberto…”

Ottavio:

“Ma cosa diavolo è…questa voce…da dove viene…chissà a chi appartiene…e perché poi pronunzia il nome dello zio?”

Cantastorie:

“Cammina cammina Ottavio, rapito da quella strana voce, capitò nella stanza di…”

Ottavio: “Oh, scusate, signorina, perdonate la mia invadenza…”

Delfina: L..L..ma voi chi siete?L…L…”

Ottavio:

“Lasciate che mi presenti: sono Ottavio, il nipote del barone Lamberto, proprietario di questo castello. E voi?”

Delfina: “L…L…Sono Delfina. L…L…”

Ottavio: “Delfina? Che strano nome!”

Delfina:

“Mio padre era un gran re, il re di Francia. Era un signore molto nobile, con una parrucca fatta di fili d’oro. In Francia il primogenito del re si chiama Delfino.”

Ottavio: “E perché?”

Delfina:

 “L..Perché…perché il re di Francia è anche il re dei delfini! L…E poi, a causa di questo nome, sono bravissima nel nuoto e nei tuffi!L…”

Ottavio: “Signorina, lei è molto bella, ma non credo una parola di quello che dice, anche se lo dice con tanta grazia.”

Delfina:

“Avete ragione. Infatti non sono figlia del re di Francia, ma di un povero pescatore. All’alba, quando usciva a pescare con la sua barca un delfino seguiva sempre la scia, e fu così che quando nacqui mi chiamarono Delfina. Oh, ma scusatemi, devo lavorare!L…L…”

Ottavio: “Lavorare? E qual è il vostro lavoro?”

Delfina: “Oh, ma siete proprio un bel tipo! Non vedete come sono impegnata? L…L…”

Ottavio:

 “Ma impegnata a far che? Mi sembra che, a parte ripetere come un pappagallo il nome Lamberto, non facciate molto!”

Delfina:

 “L…Che sfacciataggine! L..Come un pappagallo! L…Non avete rispetto per il mio lavoro!”

Ottavio:

“E questo lo chiamate lavoro? Mi sembra proprio bizzarro come lavoro! Pronunziare sempre il nome di un altro!”

Delfina:

 “L…Se è per questo ne esistono di più bizzarri ancora! L…Io, per esempio ho conosciuto uno che ha lavorato trent’anni a contare i soldi degli altri. L…L…”

Ottavio: “Sarà stato un cassiere di banca! Ma perché fate questo?”

Delfina: “L…Non lo so. Ma adesso, fatemi il favore, lasciatemi lavorare! L…L…”(gli gira le spalle)

Ottavio:

“Qui, come dicono i nostri vecchi, gatta ci cova! Che sia questo il famoso segreto dello zio Lamberto?”

SCENA VII

Cantastorie:

“Quello strano incontro aveva messo una pulce nell’orecchio di Ottavio…egli non riusciva più a dormire perché pensava sempre a quella strana storia, ed anche ai profondi occhi di quella ragazza….Man mano che passavano i giorni lo zio diventava sempre più forte e vigoroso…Ottavio invece era smagrito, i suoi occhi si erano incavati, e, insomma, aveva proprio una brutta cera…”

Anselmo: “Signorino Ottavio, permettete che vi dica una cosa?”

Ottavio: “Cosa c’è, Anselmo?”

Anselmo:

 “Ho l’impressione che non stiate per niente bene! La vostra faccia è diventata lunga e pallida. Da quanto tempo non dormite?”

Ottavio:

“Lasciatemi in pace, Anselmo, è vero, non riesco a dormire, ma questi non sono fatti vostri!”

Anselmo:

“Siete molto nervoso, signorino, permettetemi di darvi un consiglio: Avete già provato a contare le pecore?”

Ottavio: “Ne conto un milione per sera, ma non mi addormento!”

Anselmo:

“Ha provato anche a recitare qualche poesia di Giosuè Carducci? Potrei suggerirle…”

Ottavio (interrompendolo):

 “E’ un pessimo sistema! Lo sforzo di ricordare i versi a memoria mi tiene sveglio!”

Anselmo: “Provi a studiare a memoria “I promessi sposi”:

Ottavio:”Ora basta, Anselmo, siete proprio noioso!”

Anselmo:

 “E voi siete proprio in pessime condizioni! Permettetemi di darle questo

(tira fuori dall’armadietto dei farmaci una boccettina) E’ un potente sonnifero che usava vostro zio Lamberto prima che…prima, insomma. Il medico sosteneva che fosse molto efficace, ma a lui non faceva nulla… forse vi gioverebbe provarlo, non credete? Ne bastano 10 gocce mezz’ora prima di andare a letto e…dormirete come un bimbo innocente!”

Ottavio:

“Andatevene immediatamente, non vi sopporto più! Voi e il vostro sonnifero! Uffa!”

Anselmo: “Vado, vado. (tra sé) che caratteraccio!”

Ottavio:

“Ma guarda che rompiscatole doveva capitarmi tra i piedi!Perché non si fa i fatti suoi? Come se bastasse un sonnifero a togliermi quel tarlo dal cervello! Come avrà fatto lo zio a invertire il tempo? E quell’amore di ragazza perché se ne sta sempre lì rinchiusa a pronunziare il suo nome? Che ci sia un legame tra le due cose? Forse la medicina magica è la voce di quella fanciulla…sì dev’essere proprio così. C’è un solo modo per scoprire la verità: costringere Delfina a smettere il suo lavoro…cosa avverrà allo zio Lamberto se non sentirà più il suo nome pronunziato da quella dolce voce?”

Cantastorie:

“…Ottavio aveva capito…il segreto dello zio ora gli appariva chiaro…non restava altro che cercare di distrarre Delfina dal suo lavoro… e constatare gli effetti sulla salute del barone…”

ATTO SECONDO

SCENA I

Cantastorie:

“La vita scorreva felice nella villa del barone Lamberto da quando era arrivata Delfina: anche quel vecchio brontolone di Anselmo sembrava aver ritrovato lo smalto della sua giovinezza; era così allegro, ma così allegro che qualche volta, mentre svolgeva i suoi compiti addirittura…cantava!”

Anselmo:

 “E la mattina…appena alzato…

vorrei sorridere a tutto il creato!

Sento una smania nascere in me

Sono davvero più ricco di un re!

In questo grigio e triste maniero

Tutto invecchiava e languiva davvero

Ma poi arrivò una bella mattina

Una fanciulla di nome Delfina

Ed ogni cosa di colpo cambiò

Forse è un mistero… altro non so…!”

Ottavio:

“Vi prego, Anselmo, controllate il vostro entusiasmo! Le vostre prestazioni canore semplicemente mi innervosiscono! E poi non capisco perché siete sempre così allegro.Non mi sembra che ci sia nulla di diverso da ieri o dall’altro ieri…”

Anselmo:

“Scusate tanto, barone Ottavio, pensavo di essere solo! Ma permettetemi di dirvi che ogni giorno che passa la vita in questa villa mi sembra più bella e attraente, non so perché!”

Ottavio:

“Non capisco cosa ci sia di attraente nel dividere la giornata con un vecchio padrone malato e pieno di capricci…”

Anselmo:

“Oh, no, barone Ottavio, questo è il passato…adesso non è più così…non vedete quanta grazia e giovinezza esprimono le membra di vostro zio?”

Ottavio:

“Appunto, Anselmo, avevo proprio voglia di parlarti di questo: come spieghi la straordinaria ripresa fisica del mio congiunto?”

Anselmo:

(Titubante) “Non so…non so spiegarmelo…forse le nuove medicine…”

Ottavio:

“Non dite sciocchezze, Anselmo, sapete bene che lo zio non prende le sue medicine da mesi! Voi sapete qual è il suo segreto! Dovete, dovete dirmelo! Ne avete il dovere! In fondo io sono il suo unico nipote, è giusto che sappia!”

Cantastorie:

“E il buon Anselmo raccontò ad Ottavio quanto era successo al barone Lamberto.

Il giovane ascoltava attentissimo ogni particolare di quella strana storia, e quando Anselmo pronunziò il nome di Delfina…”

Ottavio (gridando):

“L’ho vista! L’ho vista anch’io! E’ talmente bella! I suoi occhi hanno una strana luce, dev’essere una specie…una specie di strega!”

Lamberto (entrando):

“Una fata…una fata, caro nipote, nella mia vita è entrata una fata! Sono contento che anche tu sia a conoscenza del nostro segreto, sei l’unico familiare, è giusto che partecipi alla mia gioia! (fa per abbracciarlo) ma…cos’hai? Non ti senti bene?”

Ottavio:

“Niente, niente…sto…sto benissimo!”

Lamberto:

“Magnifico! Allora potremo fare un paio di riprese di boxe, sempre con il punching ball mi annoio!”

Ottavio:

“Troppo…troppo onore, caro zio!

(al primo scambio va al tappeto e comincia a contare) Uno, due, tre…”

Lamberto: “Cosa stai facendo?”

Ottavio:

“Mi conto, caro zio, mi conto da solo, otto, nove e dieci…OK sono KO, non puoi più toccarmi.”

Lamberto:

“Oh, con te non c’è gusto a boxare, e Anselmo è troppo vecchio, farò una partita a scacchi con lui. Anselmo! Anselmo! Prendi la scacchiera!“

Anselmo:

“Perdonate, barone Lamberto, ma devo portare la cena alla signorina Delfina…!”

Ottavio:

(togliendogli il vassoio di mano) “Oh, non datevi pensiero, buon Anselmo, andrò io a servire la cena alla signorina Delfina!”

Anselmo: “VOI?”

Lamberto:

“Ma sì, certamente, andrà Ottavio e voi, Anselmo, venite a giocare con me!”

SCENA II

Cantastorie:

“Anselmo non era per niente contento di questa decisione, ma era pur sempre un servitore, e i servitori, si sa, devono obbedire al proprio padrone. Mentre dunque i due giocavano a scacchi Ottavio si precipitò su per le scale con il vassoio della cena di Delfina. Egli dovette supplicare le sue gambe di non tradire la sua contentezza mettendosi a ballare il valzer; a vederlo portare il vassoio si sarebbe detto che per tutta la sua vita avesse fatto il cameriere…”

Ottavio:

“Oh che bellezza, che contentezza, che bel mestiere il cameriere!

Dalla mia bella Delfina io vo

Il suo pranzetto le servirò!

Oh che bellezza, che contentezza, che bel mestiere, il cameriere!

Con il mio fascino la conquisterò

Il suo lavoro interromper saprò!

Oh che bellezza, che contentezza, che bel mestiere il cameriere!

Signorina! Signorina Delfina! Mi apra, sono Ottavio!”

Delfina:

“Ottavio? L…L…e cosa volete?L…L…”

Ottavio: “Sono venuto a portarvi il pranzo! Aprite la porta, per piacere!”

Delfina: “E da quando in qua siete diventato cameriere? L…L…”

Ottavio:

“E’ solo un umile servigio che rendo alla comunità! Il povero Anselmo è così vecchio e stanco…”

Delfina: (facendolo entrare)“Lamberto…Lamberto…”

Ottavio: (cercando di confonderla)

“No, signorina, vi sbagliate, non mi chiamo Lamberto, il mio nome è Ottavio, provate a pronunciarlo! O..”

Delfina: “Lam..”

Ottavio: (c.s.)“TT”

Delfina: “..ber…”

Ottavio: “A”

Delfina: “…to!”

Ottavio: “…VIO!”

Delfina: “L…cosa c’è da mangiare? L…”

Ottavio: “Oh, è un pranzo speciale…”

Delfina: “L”             Ottavio: “Lumache!”

Delfina: “A”             Ottavio: “Arrosto!”

Delfina: “M”            Ottavio: “Marinate!”

Delfina: “B”             Ottavio: “Brodo!”

Delfina: “E”             Ottavio: “Erbette!”

Delfina: “R”             Ottavio: “Rosolate”

Delfina: “T”             Ottavio: “Tonno!”

Delfina: “O”             Ottavio: “Ostriche!”

Delfina: “L…Ostriche?”

Ottavio: “Si…ostriche delle…delle…Dolomiti!”

Delfina:”L…Ma cosa dite? L…”

Ottavio: “Oh, scusate, volevo dire… mi piacerebbe portarla sulle Dolomiti!”

Delfina: “A raccogliere ostriche?L…”

Ottavio: “No, signorina, a fare una passeggiata!”

Delfina: “L…a cavalcioni sulle spalle?L…”

Ottavio: “Se vuole raccogliere ostriche possiamo sempre andare a Singapore!”

Delfina: “L…Con il vapore?L…”

Ottavio: “Oh, signorina, lei si prende gioco di me!”

Delfina:

“L…Niente affatto! L…E’ lei che ha voglia di scherzare!L…e mi ha anche fatto raffreddare il pranzo!L..Non lo voglio! L…Non lo voglio!L…Non lo voglio!L…!”

Ottavio: “Lo riscalderò di nuovo, signorina, non si preoccupi, sarò qui…a momenti!” (esce)

SCENA III

Cantastorie:

“Una strana smania si era impossessata di Ottavio; la resistenza della ragazza aveva rinvigorito l’intenzione di portare a termine il suo progetto: distrarre Delfina dal suo lavoro, impedirle di pronunziare il nome Lamberto, e verificare gli effetti di questa interruzione sulla salute dello zio. Se la sua intuizione fosse stata giusta la magica vigoria della quale godeva Lamberto sarebbe dovuta svanire allo spegnersi della voce di Delfina e il vecchio zio, privato della sua forza vitale, sarebbe sicuramente passato a miglior vita, lasciando nelle mani di Ottavio tutto il suo cospicuo patrimonio…

Sì, ma… come fare? Delfina era un osso duro, e per giunta carina…mentre portava in cucina il pranzo da riscaldare Ottavio ebbe un lampo di genio: e se avesse usato il potente sonnifero che gli aveva dato Anselmo…?”

Ottavio (solo, versando il sonnifero nel piatto):

“E’ un gioco da ragazzi, come mai non ci avevo già pensato? La piccola, deliziosa Delfina dormirà un sonno profondo e quando si sveglierà il buon vecchio zio sarà già morto ed io sarò un uomo ricco, giovane e... bello! La fanciulla non potrà fare a meno di rivolgermi le sue attenzioni…dormi, dormi bella bambina, dormi, dormi mia dolce Delfina…(a Delfina) ecco qui il vostro pranzo riscaldato a dovere: buon appetito!”

Delfina:

“L…grazie, siete molto gentile…L…(assaggiando la minestra) Strano…L…sa di cavolo…L…, ma anche un po’ di granatina…L…o forse di ribes…L…però è buona…L…proprio buona…L…certo, dopo questa delizia ci vorrebbe un sonnellino…L…ma non si può…L…non si può…L…(sbadiglia)…L…che sonno…Ottavio, mi fareste un piccolo favore?”

Ottavio: “Ditemi, mia graziosa Delfina?”

Delfina:

“Potreste sostituirmi solo per un po’? L…Mi sento male dal sonno, L…vorrei dormire un pochino…L…posso fidarmi di voi?…L…

Ottavio:

“Oh, mia piccola, deliziosa amica, sarà un onore e un piacere immenso per me potervi aiutare. E poi, modestia a parte, la mia voce sa essere suadente e flautata, sa sedurre e ammaliare, sa cullare e conquistare…ecco, comincio subito, sentite: Lamberto, Lamberto…dormite tranquilla, Delfina, al barone penserò io…L…L…(Delfina cade in un sonno profondo; Ottavio se ne accerta sollevandogli un braccio che ricade pesantemente) che amore di ragazza siete… e com’è dolce il vostro sonno…buona notte…buona notte…mille volte buonanotte!

E buonanotte anche a voi, caro zietto, sarete stanco, avete già vissuto troppo a lungo, è ora che andiate a riposare…e il vostro riposo sarà…eterno!” (esce)

SCENA IV

Cantastorie:

“…mentre la voce di Delfina lentamente svaniva, anche il soffio vitale che aveva reso il barone Lamberto giovane e vigoroso cominciò ad abbandonarlo…mentre giocava a scacchi con il fido Anselmo cominciò ad avvertire una strana sensazione di leggerezza, la sua mente a poco a poco perse lucidità, una nebbia sottile gli invase il cervello, i suoi muscoli divennero deboli come quelli di un bimbo, e a poco a poco il barone… si spense…”

Anselmo:

“Barone Lamberto, siete stanco, avete voglia di riposare? Volete mangiare qualcosa... un po’ di brodino… una tazza di thè? Ma cosa vi sta succedendo? I vostri occhi…i vostri occhi si stanno spegnendo…barone, vi prego, parlate, ditemi qualcosa…dove siete? Dove siete andato, padrone mio? Oh, mio Dio, credo che qui stia accadendo qualcosa di grave! Ottavio, Ottavio, correte, vostro zio…!Non so…non capisco…!”

Ottavio: (accorrendo) “Cosa c’è Anselmo? Perché questa agitazione!”

Anselmo: “…vostro zio…il barone…guardate…non reagisce…non c’è!”

Ottavio:

 “Oh caro zio, come sono dispiaciuto di vedervi in questo stato! Dov’è andato il vostro vigore, la vostra giovinezza?!Eh, caro Anselmo, dovevamo aspettarcelo…il nostro caro congiunto non poteva essere eterno!”

Anselmo:

“Oh, barone Ottavio, facciamo qualcosa per lui, vi prego, non può…non può andarsene così!”

Ottavio:

“Anselmo, bisogna pur rassegnarsi…in fondo il mio amato congiunto ha vissuto una vita piena e felice, è ora che lasci il suo posto al suo giovane nipote tanto adorato!”

Anselmo:

“Lo so, barone Ottavio, nessuna vita può essere eterna, ma lui stava così bene, non capisco cosa sia successo…Lasciatemi fare un tentativo (pigia il bottone dell’altoparlante, ma non sente la voce di Delfina) Come mai non sento la voce di Delfina? Cosa…cosa sta avvenendo?”

Ottavio:

“Niente di speciale, Anselmo, Delfina sta riposando, avrà diritto anche lei ad un sonnellino!”

Anselmo:

“Oddio…sì…è vero…ora capisco…ma poteva dirmi che era stanca…l’avrei sostituita…ed ora…come faremo?”

Ottavio:

“Disporremo tutto quanto per un funerale di lusso: il nostro barone lo merita!”

Anselmo:

“Aspettate, aspettate ancora un momento, Ottavio, lasciatemi fare un tentativo: vostro zio ha una cara amica, una dottoressa che esercita la professione di medico al di là del lago, permettete che io l’avverta, forse potrà fare qualcosa per lui…!”

Ottavio:

“Non credo, mio buon Anselmo, il caro zietto è già bell’e morto, anzi stramorto, ad ogni modo la presenza della dottoressa sarà utile per constatarne il decesso! Telegrafate pure. L’aspetteremo con dignità e compostezza.

SCENA V

Cantastorie:

“Il povero Anselmo non sapeva più che fare per ridare vita al suo amato padrone; dopo aver telegrafato alla dottoressa Rebecca, grande amica del barone Lamberto, ed essersi assicurato che sarebbe corsa al più presto, si precipitò in camera di Delfina a vedere cosa era avvenuto. Nel fondo del suo cuore sentiva infatti che quegli ultimi avvenimenti erano molto strani…”

Anselmo: “(scotendo Delfina) Delfina, Delfina, per amor di Dio, svegliatevi! Lo so che siete stanca, anzi stanchissima, ma vorrei che faceste un ultimo tentativo per richiamare il barone alla vita!”

Cantastorie:

“…non c’era proprio verso di svegliare la fanciulla; sembrava proprio un ghiro in letargo…intanto il giovane Ottavio, indossato un elegantissimo abito nero in segno di lutto era andato incontro alla dottoressa Rebecca appena giunta alla villa.”

Ottavio:

“Gentilissima dottoressa, voi non mi conoscete, ma io sono l’unico nipote del barone Lamberto vostro amico, praticamente il suo ultimo brandello di affetto…(facendo finta di piangere) non posso dirvi ciò che il mio animo prova in questo momento! Anche se vegliardo il mio caro congiunto era da me adorato e venerato…!”

Rebecca:

“Vedo…vedo il vostro dolore…siete affranto…copiose lacrime rigano il vostro volto, ma…vorrei vedere Lamberto.”

Ottavio (accompagnandola vicino alla poltrona in cui si trova Lamberto vegliato da Anselmo): “Venite, venite a constatare il decesso…”

Anselmo:

 “Dottoressa Rebecca, so quanto eravate affezionata al mio impareggiabile padrone, vi prego, fate qualcosa per lui!”

Rebecca: (tastandogli il polso)

“Caro Anselmo, non sempre la scienza riesce a fare miracoli! Il suo polso è inesistente, la sua fronte fredda come il marmo, le sue pupille…le sue pupille…c’è qualcosa di strano…apparentemente non c’è alcun segno di vita…ma…sotto le palpebre è come se i suoi occhi…ridessero!

Non ho mai visto un morto che ride così!”

Ottavio:

“Sì, il povero zio è stato sempre particolare…credo che questo significhi quanto egli sia felice di aver abbandonato questa valle di lacrime per raggiungere l’eterno riposo. Penso sia venuto il momento che io vada a prenotare un servizio funebre di prima classe; sebbene con il cuore a pezzi è giusto che io mi occupi di questo triste ufficio. Posso assicurarvi che saranno esequie di lusso, così come il barone meritava! Con permesso. (esce)”

Anselmo:

“Dottoressa, scusatemi, ma ho da sottoporvi un altro caso. In questa villa c’è un’altra persona che ha bisogno delle vostre cure: è una giovane fanciulla che lavora per il barone Lamberto. E’ caduta in un sonno profondissimo dal quale non riesce a svegliarsi. Sapete, la sua presenza è stata molto importante nella vita del barone perché…ma è un discorso troppo lungo da spiegare; intanto, vi prego, venite a visitarla.”

Rebecca: “Certamente, Anselmo, andiamo (escono)

SCENA VI

Cantastorie:

“Quando Rebecca visitò Delfina si rese subito conto che si trattava di un sonno artificiale indotto da un potente sonnifero; per fortuna ella aveva con sé nella borsa un ottimo antidoto e glielo somministrò. Qualche minuto dopo l’iniezione del farmaco Delfina si risvegliò ed Anselmo le diede notizia di quanto era accaduto nella villa. La giovane fu molto colpita dalla notizia; lacrimoni sinceri cominciarono a scenderle per le guance ed ella manifestò subito il desiderio di recarsi presso il barone Lamberto.”

(attorno al barone Lamberto)

Delfina: “Povero barone Lamberto, mi sarebbe piaciuto conoscervi meglio…”

Rebecca: “Lamberto era un uomo eccezionale…”

Anselmo: “…la bontà del barone Lamberto superava ogni aspettativa…”

Delfina: “Lamberto era più buono del pane…”

Rebecca: “Lamberto era intelligente…”

Anselmo: “Lamberto era generoso…”

(le voci si accavallano come in una litania, prevale su tutto la parola Lamberto.

 In controscena si vede il barone che a poco a poco, sentendo il suo nome ripetuto tante volte e con amore riacquista vitalità fino a svegliarsi.)

Lamberto:

“Grazie, grazie, miei cari amici, ancora una volta l’amore che mi dimostrate ha fatto il miracolo!”

Anselmo: (esterrefatto dalla sorpresa) “Barone, che gioia vedervi di nuovo in vita!”

Delfina:

“E’ il momento più emozionante di tutta la mia vita! Barone, lasciate che vi dia un bacio!”

Lamberto: “E tu, mia amata Rebecca, non dici nulla? Quando ti ho visto quasi quasi non credevo ai miei occhi!”

Rebecca:

“Sono io che non credo ai miei occhi…credevo proprio di averti perduto per sempre…e invece…!”

Lamberto:

“E invece sono qui, vivo, vegeto e…affamato! Anselmo, non ci sarebbe qualcosina da mangiare?”

Anselmo: “Ma certamente, mio amato padrone, vado subito in cucina!”

Delfina: “Aspettate, Anselmo, vengo a darvi una mano! (escono)”

SCENA VII

Cantastorie:

“Scusate se mi intrometto in un momento così importante ma credo sia giusto lasciare Lamberto e Rebecca da soli…avranno tante cose da dirsi, da raccontarsi…la loro è una storia antica, si erano conosciuti da giovani e subito fra loro era nata una particolare intesa…poi erano diventati adulti, e, come spesso accade nella vita, proprio quando la loro amicizia stava per trasformarsi in qualcosa di più, chissà come e perché le loro strade si erano divise…travolti da un destino bizzarro si erano trovati lontani fisicamente, ma il filo che legava le loro anime non si era mai spezzato…”

Lamberto:

“Ecco, Rebecca, ti ho raccontato tutta la mia vita in pochi momenti. Ora sai come è fragile la mia salute, come dipende totalmente da qualcuno che mi ami e pronunzi continuamente il mio nome. Sono consapevole del fatto che la mia esistenza è ormai appesa ad un filo sottile, eppure vorrei…ma non ho il coraggio…”

Rebecca:

“Caro Lamberto, credo che ti stia sbagliando. Se per il passato le cose sono andate così come mi hai raccontato, sono certa che il futuro sarà diverso, è già diverso. Guarda il tuo orologio: sono ormai diverse ore che nessuno pronunzia il tuo nome eppure tu non solo continui a vivere, ma sei anche pieno di energia!”

Anselmo e Delfina(entrando con un enorme vassoio pieno di cibarie):

“E’ vero, è vero, signor barone!”

Lamberto:

“Interessante… interessante…in effetti mi sento bene, anzi benissimo! Ho una gran fame! Mi sento come nei miei giorni migliori, ma…com’è possibile tutto questo?”

Rebecca: “E’ chiarissimo: sei rinato, Lamberto, rinato! La vita di prima, quella appesa al filo, è finita! Oggi per te inizia una nuova vita! Non hai bisogno di nessuno perché hai conosciuto la forza dell’amore ed ora sai amare anche tu.

Pensa che fortuna: poter vivere una seconda volta senza dimenticare la prima!”

Lamberto: “Credi sia davvero possibile?”

Rebecca:

“Tutto è possibile, se tu lo vuoi. Ad esempio: quante cose ti sarebbe piaciuto fare e non hai fatto?”

Lamberto: “Oh, tante, ma proprio tante!”

Rebecca:

“Scegli una strada, fissati un traguardo e percorri pian piano la via, con coraggio, senza paura: va’ dove ti conducono i sogni…”

Anselmo e Delfina:

“Laddove i sogni fioriscono

Trovi la gioia del cuore

Le tue speranze rinascono

Ora hai scoperto l’amore.

Segui i tuoi sogni, va’ con loro

e avrai trovato il tuo tesoro;

senza timore, ansia e rimpianti

guarda lontano e vai avanti.

Ora dimentica la tua paura,

scopri i colori dell’avventura!”

Lamberto:

“Adesso finalmente ho capito!!”

Tutti: “Cosa?”

Lamberto:

“Quando ero piccolo amavo moltissimo il circo; mi piaceva tutto di quel mondo: i colori, i suoni, gli odori! Avrei voluto tanto diventare un artista del circo, ma i miei genitori molto presto decisero di affidarmi il patrimonio di famiglia e da allora la mia unica occupazione è stata quella di fare soldi, soldi, soldi…

 Ora so cosa farò…da grande! Farò….il clown!!”

Tutti: “Il clown?”

Lamberto: “Sì!!”

Delfina: “ Quello con il naso rosso?”

Anselmo: “…e con la bocca grande?”

Lamberto:

“Sì, voglio fare sorridere la gente, i bambini! Rallegrare chi soffre, chi ha delle preoccupazioni, e dare un po’ di gioia a chi crede di averla persa per sempre!”

Rebecca:

“Credo sia un sogno bellissimo e sono sicura che, se vorrai, ci riuscirai, ma…non pensi che avrai bisogno di qualche aiutante?”

Lamberto: “Eh, già..!”

Tutti:

“Ebbene, noi saremo i tuoi aiutanti! Ci divertiremo! Impareremo a fare le capriole, le pernacchie, suoneremo il tamburo, salteremo, balleremo e mostreremo la lingua!!!”

Ottavio (entrando, mentre Lamberto esce):

“Ma cosa è mai questo baccano? E proprio nel giorno delle solenni esequie dell’amato zio Lamberto! Non vi vergognate, Anselmo? E tu, Delfina, vedo con piacere che il sonno ti ha giovato!”

Delfina:

“Sì, caro Ottavio, tu invece hai gli occhi cerchiati, credo che un po’ del mio sonnifero ti farebbe proprio bene!”

Ottavio:

“Non è il sonno che appesantisce i miei occhi, ma il fiotto delle lacrime che ho versato per la morte del mio amato congiunto…!

A proposito, dov’è il caro estinto?”

Tutti (cercando di non ridere): “Di là.!”

Ottavio: “Spero, Anselmo, che lo avrete vestito con il suo abito più bello.”

Anselmo (c.s.): “Oh, è un abito bellissimo!”

Ottavio:

“Bene, a momenti arriverà l’impresario delle pompe funebri:

I classe, cassa extralusso zincata foderata in velluto rosso e trasporto in cocchio con quattro cavalli e banda musicale al seguito! Come vedete, non ho badato a spese; il mio adorato zio meritava questo ed altro!”

Lamberto (entrando vestito da clown):

“Grazie, grazie, mio carissimo Ottavio, sarà per un’altra volta!”

(fa per abbracciare Ottavio che, atterrito dalla sorpresa, quasi sviene)

Ottavio: “Che…che…che scherzo è mai questo?”

Tutti: “Uno scherzo…del destino! Ah, ah, ah!(ridono)”

Ottavio (a Lamberto): “Chiunque voi siate, smettete questa farsa!”

Lamberto:

“Farsa? Oh, sì, hai ragione, il tuo vestito nero, le tue lacrime, il funerale di prima classe…è tutta una farsa! Ah, ah, ah!!”

Ottavio: “Ma…ma…almeno potete spiegarmi…questo…miracolo?!”

Rebecca:

“Per comprendere i miracoli, caro Ottavio, bisogna avere un cuore sensibile ed un’anima pulita! Quindi perché non provi anche tu a liberarti da tutte le miserie che ti schiacciano?”

Ottavio (sconsolato):

 “Eh, già, come se fosse facile…dimenticare le preoccupazioni, gli affanni..”

Rebecca: “Potresti almeno provarci…e poi non aver paura, ti daremo una mano...”

Lamberto: “Io sanerò i tuoi debiti…”

Anselmo: “Io l’aiuterò a rifarsi una vita…”

Delfina: “Io ti starò vicina…”

Rebecca: “La mia amicizia non ti mancherà…”

Ottavio:

“Davvero? Tutto ciò è vero? Non sto sognando? Sarà possibile anche per me avere una vita serena, degli amici, un amore? Ma io sono cattivo…!”

Delfina:

“No, Ottavio, non sei cattivo, sei stato infelice e solo per tanti anni, ma adesso…”

Rebecca: “Adesso è tempo di una nuova vita!”

Ottavio: “E sarà possibile… ricominciare?”

Anselmo: “Ma certamente! Il sole non sorge forse ogni giorno?”

Rebecca: “…ed ogni giorno può essere un giorno nuovo, se tu lo vorrai!”

Delfina: “Basta credere, credere, e credere nel proprio sogno….”

Anselmo: “… vivere ogni istante fino in fondo…”

Lamberto: “…di sorrisi abbiamo bisogno…”

Rebecca: “in questo pazzo pazzo mondo!”

Ottavio: “Anche i cattivi possono amare…

Delfina: “…se con coraggio e un po’ di follia…

Anselmo: “…saranno pronti a ricominciare…”

Rebecca: “e seguiranno una nuova via!”

Lamberto: (facendo giochi da clown)

“Vedi, Ottavio, fa’ come me! Lascia la vecchia vita, cominciane una nuova!”

Ottavio:

“Sì, mi avete proprio convinto e poi…con un amore e tanti amici intorno è facile ricominciare a sperare…”

Rebecca: “E’ una rinascita…”

Ottavio:

“Già, proprio una rinascita, infatti ho deciso che non mi chiamerò più Ottavio ma…Renato!”

Tutti: “Renato?”

Ottavio: “Sì, proprio Renato, ossia RE-NATO, cioè nato di nuovo!”

Lamberto: “Nato due volte, come me!”

Tutti:

“Su, facciamo festa, alla nostra nuova vita, alle nostre speranze, ai sogni più belli!!”

Cantastorie:

“Qui finisce la storia inventata

del barone (Lamberto ringrazia) e della sua fata (Rebecca ringrazia)

che da allora percorrono il mondo

con il loro sorriso giocondo

la graziosa Delfina (Delfina ringrazia) ha sposato

chi da allora si chiama Renato (Ottavio ringrazia)

ed Anselmo? Voi mi chiederete…

la sua sorte ben presto saprete…

col suo magico ombrello incantato

un novello mestiere ha imparato:

su di un filo cammina leggero

e nel cielo è felice davvero (Anselmo ringrazia).

Se la favola avete apprezzato

ed il tempo non vi è pesato

potrete anche voi raccontarla

e, se vorrete, anche cambiarla

ma serbate nel cuore la gioia

di chi ha vinto per sempre la noia

regalando al suo sogno la vita…

ora la storia è proprio…finita!” (Il cantastorie ringrazia)

FINE