L’amico delle donne

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L’AMICO DELLE DONNE

Commedia in tre atti e cinque quadri

di ALESSANDRO DUMAS (figlio)

Nuova riduzione italiana di Giuseppe Achille

PERSONAGGI

LEVERDET

ORTENSIA, sua moglie

BALBINA, loro figlia

IL CONTE DE SIMEROSE

GIANNA, sua moglie

DE RYONS

DE MONTEGRE

ELENA HACKENDORF

DE TARGETTES

DE CHANTRIN

GIUSEPPE

UN DOMESTICO

UNA CA­MERIERA

Il primo ed il terzo atto in casa Leverdet. I tre quadri del secondo atto in casa di Gian­na. - In campagna, nelle im­mediate vicinanze di Parigi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(Un salotto nella villa dei Leverdet nelle immediate vi­cinanze di Parigi. Quando il sipario si alza Ortensia Lever­det lavora all'unci­netto. Leverdet dor­me su un divano voltando le spalle al pubblico. Dopo bre­ve pausa entra il do­mestico).

Il Domestico                 - (an­nunzia) Il signor De Ryons. (De Ryons entra. Il do­mestico via).

Ortensia                        - Caro amico! Che magnifica sorpresa! Venite dall'altro mondo?

De Ryons                      - No, soltanto da Parigi.

Ortensia                        - (con una punta di ironia) Sogno o sono desta? Realtà o apparizione? Sono due anni che vi ho invitato ed è la prima volta che vi degnate di accettare il mio invito.

Db Ryons                      - (mentre le bacia la mano) Sono tal­mente occupato, cara signora!

Ortensia                        - Andiamo, andiamo!... A chi volete darla a bere? Se non avete mai niente da fare!...

De Ryons                      - Appunto! E' proprio questo che mi prende tutto il tempo. Come sta vostro marito?

Ortensia                        - (indicando Leverdet) Bene, come ve­dete... dormendo.

De Ryons                      - Il sonno è il premio dell'uomo giusto. (A voce più bassa) E dorme sodo o dorme leggero?

Ortensia                        - Sodo, sodo. Parlate pure liberamente. Niente può svegliare uno scienziato che dorme.

De Ryons                      - Che moglie perfetta! Vedo che gli fate delle pantofole.

Ortensia                        - No no, non sono per lui. Sono per il signor De Targettes.

De Ryons                      - Ah, capisco... Allora: che amica perfetta!

Ortensa                         - (come giustificandosi) De Targettes è un vecchio amico di mio marito. Compagni di scuola. Si ado­rano. (Leverdet fa un movimento).

De Ryons                      - Sst! L'abbiamo svegliato. Bisogna par­lare più piano.

 Ortensia                       - Ma no, non vi preoccupate. E' suonata la mezza. E' un uomo meticoloso con gli orari anche quando dorme. (Parla del marito con una specie di rassegnato disprezzo) Volevo dire... Avete fatto benissimo a venire. Devo parlarvi di cose serie.

De Ryons                      - (sarcastico) Credete davvero che esistano delle cose serie?        - (Entra Giuseppe).

Ortensia                        - (a Giuseppe che si inchina) Oh, |buon giorno, Giuseppe! (Col tono avido di una donna che ha la curiosità sempre in allarme) Cosa c'è di nuovo ?... Una lettera?... Forse la contessa è ritornata?

Giuseppe                       - Appunto, signora... (le dà una lettera) ... e mi ha subito mandato...

Ortensia                        - (mentre legge la lettera) Ditele di si. [Non uscirò tutto il giorno. L'aspetto con grande impazienza. Anzi ora le scriverò; è meglio... (A De Rykms) Permet­tete? (Si alza, va a scrivere. A Giuseppe mentre scrive) Siete sempre contento del vostro posto, Giuseppe?

Giuseppe                       - Sì, signora. E ve ne ringrazio. Lo devo proprio a voi.

De Ryons                      - (che frattanto è andato fino alla porta del giardino, parla con Balbino che non si vede) Buon­giorno, signorina... State bene?

Balbina                          - (di fuori) Benissimo, signore, come ve­dete. E voi?

Ortensia                        - (dopo che Giuseppe è uscito) Parlate con mia figlia?

De Ryons                      - (sempre guardando verso fuori) Non so. Parlo con una splendida figliuola. Questo è positivo. E la vedo volare. Capelli, gonne, nastri... Vola tutto!

Ortensia                        - (guardando anche lei verso fuori) Ma è pazza!... (Chiama forte) Balbina!

Balbina                          - (di fuori) Mamma...

Ortensia                        - Scendi subito dall'altalena!

Balbina                          - (c. s.) Non posso fermarla subito, mamma. Un po' di pazienza!

De Ryons                      - Ha delle bellissime gambe la vostra fi­gliola! Complimenti!

Ortensia                        - Tacete, sfacciato!

De Ryons                      - Ma perché porta ancora gli abiti corti? Ormai è una signorina...

Ortensia                        - (con una punta di acredine) Come fate presto ad invecchiarmi, voi! Se ha soltanto quattordici anni!

De Ryons                      - Capisco... gli abiti corti delle figlie al­lungano la gioventù delle madri.

Ortensia                        - (di nuovo verso fuori) Che cosa ti ho detto? Balbina!

Balbina                          - (entra e corre ad abbracciare Ortensia) Ufi! Che caldo!

Ortensia                        - Guarda se devi ridurti in uno stato si­mile! Dov'è il tuo fazzoletto? (Cerco nella tasca di Balbina e ne cava fuori una sciarpetta).

Balbina                          - Ma no! Questa è la sciarpa...

Ortensia                        - (cerco ancora nella tasca di Balbino e ne trae un libro) E questo?

Balbina                          - E' il mio libro d'inglese.

Ortensia                        - (c. s.) Un libro con...?

Balbina                          - ...con un pezzo di pane per i polli.

Ortensia                        - (c. s.) ... e una mela acerba.

Balbina                          - Mi piacciono tanto! (Spazientita) E' inutile che frughi, mamma... Non ce l'ho il fazzoletto.

De Ryons                      - Naturalmente. In tasca alle ragazze si trova tutto meno che il fazzoletto.

Leverdet                       - (senza muoversi) E hanno perfettamente ragione. Il naso si può soffiare in molti modi, dopo tutto.

Ortensia                        - Ah! Vi siete svegliato...

Leverdet                       - Osservazione inutile, cara moglie. Se parlo è perché non dormo. (Sempre immobile) La carrozza deve essere pronta alle due e mezzo precise. Mi racco­mando, Balbina. Sai che a tua zia non piace aspettare.

Balbina                          - Sì, papà. Vado subito a mettermi in ordine. (Mentre esce in punta di piedi a De Ryons) Arrivederci, signore...

De Ryons                      - Arrivederci, signorina... (Balbina esce).

Ortensia                        - Come trovate mia figlia?

De Ryons                      - Deliziosa, ve l'ho detto. Non ne avete altre?

Ortensia                        - No.

De Ryons                      - E da quanto tempo siete sposata?

Ortensia                        - Da ventidue anni... (Si sente il forte re­spiro di Leverdet che si è riaddormentato).

De Ryons                      - Ma in ventidue anni, perbacco!... (Guarda Leverdet. Più piano) Capisco, però... se lui ha sempre dormito così...

Ortensia                        - Basta con le chiacchiere, ora. E risponde­temi con molta serietà: volete ammogliarvi?

De Ryons                      - (balza in piedi) Scusate! Un momento! A che ora c'è il primo treno per Parigi?

Ortensia                        - Non fate dello spirito. Vi assicuro che è una ragazza deliziosa. Bella, ricca, elegante... e vi trova simpatico!

De Ryons                      - Ha ragione! Certo che sono simpatico. Quarantadue anni, tutti i denti e tutti i capelli. Intelli­gente, allegro, affettuoso. Sono un partito eccellente! Di­sgraziatamente ho deciso di non prender moglie.

Ortensia                        - Si può sapere perché?

De Ryons                      - Perché il matrimonio mi impedirebbe di continuare i miei studi.

Ortensia                        - Quali studi?

De Ryons                      - I miei studi sulle donne.

Ortensia                        - Potreste studiare vostra moglie.

De Ryons                      - Non è la stessa cosa. Ho bisogno di ma­teriale vario, abbondante.

Ortensia                        - Non capisco...

De Ryons                      - Eppure è chiarissimo. Ho fatto della donna l'oggetto di tutti i miei studi. E' un ramo della storia naturale rimasto finora piuttosto oscuro. Così mi sacrifico per la scienza.

Ortensia                        - Non dite sciocchezze!

 De Ryons                     - Per la scienza, sissignora! E lascerò sulla donna, su questo piccolo grazioso feroce carnivoro per il quale gli uomini commettono tante pazzie, una documen­tazione nuova e interessante.

Ortensia                        - Ah! Sicché voi credete di conoscere le donne?

De Ryons                      - Perfettamente! Non avete che da mettermi alla prova. Dopo soli cinque minuti di osservazione o di conversazione, posso dirvi tutto di una donna... o almeno quasi tutto. I suoi gusti, il suo carattere, il suo passato e perfino il suo presente. Leggo nella sua anima e nel suo cervello. Mi impadronisco dei suoi segreti e afferro le sue sfumature. Insomma: tutto!

Ortensia                        - Volete bere?

De Ryons                      - Non ancora, grazie.

Ortensia                        - Sicché, pretendereste di conoscere anche me?

De Ryons                      - E' naturale!

Ortensia                        - E sono?...

De Ryons                      - Una donna di spirito. E' perciò che vengo a farvi visita con quaranta gradi di caldo all'ombra.

Ortensia                        - E il risultato dei vostri studi, com'è, in linea generale? Ottimistico o pessimistico?

De Ryons                      - Volete sapere il risultato vero, il veris­simo, l'autentico?

Ortensia                        - Si. Sono una donna di spirito, l'avete detto voi!

De Ryons                      - E allora, ecco: la donna è l'essere più illogico, inferiore e dannoso che la natura potesse con­cepire. (Durante questa battuta indietreggia come .se te­messe di essere picchiato).

Ortensia                        - E perciò voi detestate le donne?

De Ryons                      - Al contrario! Le adoro... ma in modo che non possano mordermi... Dall'altra parte della gabbia, insomma.

Ortensia                        - Il che, in termini più precisi, vorrebbe dire...

De Ryons                      - ... che sono amico delle donne perché mi sono accorto che sono altrettanto temibili nell'amore quanto adorabili nell'amicizia. Nell'amicizia per gli uo­mini, s'intende! Nessun dovere, quindi nessun tradimento; nessun diritto, e perciò nessuna tirannia! In tal modo assisto, come spettatore, alla commedia dell'amore. E mi diverto un inondo, vi assicuro. Vedo da vicino; i trucchi, i congegni, i cambiamenti a effetto, le contraddizioni, le incoerenze, i falsi. Un vero godimento! E sono consul­tato, ascoltato, richiesto anche! Esprimo la mia opinione, asciugo le lacrime, rappacifico ,gli amanti, richiedo le lettere, provvedo alla restituzione dei ritratti. Sapete, in amore si danno i ritratti soltanto per farseli restituire. E' un giochetto difficile, qualche volta pericoloso, ma sempre tanto divertente. Io, per esempio, ho richiesto lo stesso ritratto a tre uomini diversi... Poi la cara imma­gine ha finito per essere regalata al marito.

Ortensia                        - E... vi accontentate della sola amicizia, in genere?

De Ryons                      - Press'a poco. La Rochefoucault ha detto... (Si interrompe).

Ortensia                        - Che avete? (Si sente suonare un piano­forte).

Db Ryons                      - Ascolto questa musica romantica. Mi intenerisce.

Ortensia                        - E' Balbina che studia.

De Ryons                      - Sorvegliatela! Vostra figlia ha troppo sen­timento musicale.

Ortensia                        - Come?... Anche le bambine ne hanno?

De Ryons                      - Le donne non sono mai bambine. La Rochefoucault ha detto: « E' più facile incontrare una donna che non ha mai avuto un amante, anziché una donna che ne ha avuto uno solo ».

Ortensia                        - (breve pausa) Sicché... dicevate?...

De Ryons                      - Dicevo che io sono soprattutto l'amico delle donne che hanno avuto un amante. E siccome - sempre secondo La Rochefoucault - esse non si accontentano di una prima prova, un bel giorno...

Ortensia                        - ... voi diventate il secondo.

De Ryons                      - No, io non ho numero. Una donna per bene non passa da una passione all'altra senza un certo intervallo. Non accadono mai due disastri, uno dopo l'altro, sulla stessa linea ferroviaria. Nell'intervallo, la donna ha bisogno di un amico... e allora entro in scena io. Mi faccio raccontare i particolari della disgrazia, faccio visita alla vittima, piango con lei, la faccio ridere con me... e rimpiazzo a poco a poco l'altro, senza che essa se ne accorga. Oh iso perfettamente di non avere impor­tanza, di essere un uomo politico di transizione, un ministro senza portafoglio. Ma io non ho grandi ambi­zioni... Quando poi viene l'ora del nuovo amante, mi allontano discretamente per ricomparire alla prima occa­sione.

Ortensia                        - E il vostro orgoglio?

De Ryons                      - (con un sorriso) Che c'entra? Io sono uno studioso, ve l'ho detto... uno scienziato. Quando poi la donna, più tardi, con gli anni, Ha il bilancio del suo pas­sato e la coscienza le grida più nomi di quanti non vorrebbe sentirne, arrivata al mio riflette un istante e poi dice a se stessa: oh! quello lì non conta! E io sono contento. Io sono l'uomo che non conta. Ognuno ha i suoi gusti.

Ortensia                        - Siete semplicemente un mostro!

De Ryons                      - Ma no! Ma no! Ma no!

Ortensia                        - Dunque, secondo voi, non esistono donne oneste?

De Ryons                      - Anzi! Più di quanto si creda... Ma meno di quanto si dice, però.

Ortensia                        - Voi ne avete conosciute?

De Ryons                      - Io?... Mai!

Ortensia                        - Come? Non avete mai visto una donna che ama suo marito, che gli è fedele, che conduce una vita perfetta?

De Ryons                      - Certo; ma allora non si tratta più di virtù: si tratta di fortuna. Sarebbe come dirmi di ammi­rare l'onestà del signor tale che ha cinquecentomila fran­chi di rendita e che non ha mai rubato un centesimo.

Ortensia                        - Disgraziato! Sono le donne che ispirano tutte le più grandi cose!

De Ryons                      - Sì... ma che impediscono di compierle.

Ortensia                        - Andate! Andate! Siete indegno della mia signora. Ortensia

De Ryons                      - (porgendole la mano) Allora, addio cara Non voglio neanche darvi la mano!

 De Ryons                     - Ne morirò di dolore!

Ortensia                        - Volete sapere come finirete, voi? Tra dieci anni avrete i reumatismi.

De Ryons                      - O la sciatica... ma troverò egualmente una buona amica che mi farà delle pantofole, come il signor De Targettes. Le donne sono generose.

Ortensia                        - Nossignore! Sposerete la vostra cuoca.

De Ryons                      - Perché no? Dipenderà da come cucina. Addio!

Ortensia                        - Restate, Testate... canaglia che non siete altro!

De Ryons                      - Ricordatevi che siete voi che mi avete trattenuto.

Ortensia                        - Voglio conoscere il risultato conclusivo dei vostri studi. In due parole. Avanti!

De Ryons                      - 'Semplicissimo. Vi sono due specie di donne: le oneste e quelle che non lo sono.

Ortensia                        - Senza sfumature?

De Ryons                      - Senza sfumature.

Ortensia                        - E se non sono oneste?

De Ryons                      - Bisogna consolarle.

Ortensia                        - E se lo sono?

De Ryons                      - Bisogna proteggerle.

Ortensia                        - Oh, questa è bella!

De Ryons                      - (serio) Bisogna sempre impedire o cer­care di impedire ad una donna di avere il primo amante, perché il primo amante è sempre un imbecille o un mascalzone.

Ortensia                        - E' molto difficile riuscirvi, però! Quando una donna si è messa in testa di fare una pazzia...

De Ryons                      - Perché alla sua passione e alla sua curio­sità non 'sappiamo opporre che ragionamenti frusti, vecchie frasi, una morale sbiadita. Le parliamo di co­scienza, di dovere, di quel che la gente dirà... Tutte cose delle quali, se ha già perduto la testa, si infischia alle­gramente!

Ortensia                        - (curiosa) Voi, invece, avreste un sistema speciale?

De Ryons                      - Già... è il mio segreto. Cercatemi una donna e vedrete il mio metodo. Divertente, del resto. Oh! Un metodo brevettato! Non me ne so servire che io. (Allegramente) Signora Leverdet, attraverso un periodo di disoccupazione. Se avete una donna onesta da salvare o una compromessa da distrarre, sono a vostra disposi­zione.

Ortensia                        - Fareste meglio a prender moglie.

De Ryons                      - Perché no? Se la ragazza che mi propo­nete è buona, sana, onesta e di buon umore la sposo domani... anzi stasera. Ma non ci credo molto alla vostra candidata. Voi date troppa importanza all'elemento « dote» E io invece lo trascuro.

Leverdet                       - (si sveglia di colpo, si stropiccia gli occhi e balza in piedi) Le due! Tutti pronti? (Scorgendo De Ryons) Ah, siete voi, caro De Ryons? Come sono con­tento di vedervi. E' tanto che siete arrivato?

De Ryons                      - Parecchio, direi.

Leverdet                       - Vi domando scusa, caro amico, ma ho lavo­rato tutta la notte.

De Ryons                      - Che cosa state ancora ricercando?

Leverdet                       - Il modo di estrarre l'alcole dal carbon fos­sile e lo zucchero dalla segatura di legno.

De Ryons                      - E dopo?

Leverdet                       - Dopo cercheremo qualche altra cosa, state tranquillo. Lo sapete che gli scienziati non riposano mai. Anche voi, coi vostri studi sulle donne...

De Ryons                      - Ah! Sentivate?

Leverdet                       - Perfettamente.

De Ryons                      - Ma che sonno è il vostro allora?

Leverdet                       - Quello degli Accademici. Un sonno spe­ciale: dispensa dal parlare ma non impedisce di ascoltare.

De Ryons                      - La signora Leverdet vuol darmi moglie...

Leverdet                       - Ha ragione.

De Ryons                      - Conoscete la ragazza?

Leverdet                       - ;No... ma quella o un'altra, poco importa. Bisogna ammogliarsi come bisogna vaccinarsi... per essere immunizzati. E fra tutte le pazzie che l'uomo è destinato a fare, il matrimonio per lo meno è la sola che non può fare tutti i giorni.

Balbina                          - (entra) Eccomi pronta. Ah, papà... sai... Caterina, la mia bambola, quella che mi regalasti tre anni fa quando leggesti quella lunga pappardella all'Accade­mia...

Leverdet                       - Che modo di esprimerti! E dunque, Ca­terina...?

Balbina                          - Posso darla alla bimba della mia maestra di piano? Tanto, io non giocherò più con la bambola.

Leverdet                       - Dalla a chi vuoi.

Balbina                          - Grazie, papà.

Leverdet                       - (a De Ryons) E poi ci sono i figli, e i figli sono il nostro conforto... ci compensano di tutto...

Ortensia                        - (a Leverdet) A proposito, non vi dimen­ticate di passare dal signor De Targettes.

Leverdet                       - Ah già! Povero, ragazzo! Anche lui non ha voluto ammogliarsi. E se sapeste come se ne pente! Fortunatamente ci siamo noi per lui.

Balbina                          - (guardando -verso il giardino) Mamma, mamma... la carrozza della .contessa De Simerose! Papà, tienmi Caterina... (Mette la bambola in braccio a Lever­det ed esce di corsa).

Leverdet                       - Vedrete che finiremo per non uscire.

Ortensia                        - (a Gianna che entra insieme con Balbina, te­nendola abbracciata) Dobbiamo fare ala al corteo?

Gianna                          - Prima di tutto bisogna darmi un bacio... (Bacia Ortensia).

Leverdet                       - E a me?

Gianna                          - A voi, le due mani.

Ortensia                        - (presentando) Il signor De Ryons... (Gian­na fa un cenno son la testa) Quando siete arrivata?

Gianna                          - Stamani. E la mia prima visita è per voi. (A Leverdet) Stavate per uscire? Non fate complimenti, vi prego. Due donne che non si sono viste da sei mesi, sono certe di non annoiarsi insieme. (Guardando Balbina) Ma come è diventata bella questa cara ragazza! (La bacia) E’ alta quasi come me. (Balbina aiuta Gianna a togliersi il cappello e la mantiglia in un angolo della scena).

Ortensia                        - (piano a De Ryons che guarda attentamente Gianna) Conoscete quella signora?

De Ryons                      - Non l'ho mai vista.

Ortensia                        - Non ne avete nemmeno sentito parlare?

De Ryons                      - Mai!

Ortensia                        - Parola d'onore?

De Ryons                      - Parola d'onore.

 Ortensia                       - Benissimo! Allora ditemi qualche cosa sul suo conto. Vi métto subito alla prova. (Frattanto Balbina ha portato la mantiglia e il cappello di Gianna fuori, e Gianna parla con Leverdet ntentre si rassetta i capelli davanti allo specchio. Poi parla piano con Balbina quando questa rientra, guardando di sottecchi De Ryons).

De Ryons                      - (« Ortensia) Niente di più facile. Vedia­mo... Anzitutto è una signora, una vera signora...

Ortensia                        - Da che cosa lo deducete?

De Ryons                      - Dal suo modo di entrare in un salotto, di vestirsi, di parlare, di porgere la mano. E' l'albbicì dell'arte.

Ortensia                        - E poi?

De Ryons                      - E' stata educata a Parigi, ma è di ori­gine straniera.

Ortensia                        - Esatto. Come lo avete capito?

De Ryons                      - Il suo modo di abbracciarvi. Una fran­cese di razza non si abbandonerebbe mai a slanci capaci di compromettere un magnifico cappello della casa Odette.

Ortensia                        - (stupita) Vi intendete anche di cappelli?

De Ryons                      - Naturalmente. Cappello, stivaletti, guanti: c'è tutta la donna.

Ortensia                        - Suo padre era francese, ma sua madre era greca.

De Ryons                      - Ora è vedova o separata dal marito.

Ortensia                        - Che cosa ve lo fa credere?

De Ryons                      - Nessuno le ha chiesto notizie del conte De Simerose, dunque...

Ortensia                        - Infatti è separata dal conte.

De Ryons                      - Per colpa di lui.

Ortensia                        - Come lo sapete?

De Ryons                      - Vi conosco. Se fosse per colpa di lei non la ricevereste in casa vostra.

Ortensia                        - Non c'è male... riconosco che non c'è male. E ora: quali sono le sue condizioni psicologiche? E' una donna da salvare o da distrarre?

De Ryons                      - Per saperlo è necessario almeno che mi parli. Sono cose che vengono rivelate dalla voce.

Ortensia                        - (accennando a Gianna che si avvicina) Eccola... ci siamo...

De Ryons                      - Benissimo. Si comincia! State molto at­tenta, non perdete una parola. Ora vedrete come si di­venta amico di una donna che non si conosce. E' molto interessante.

Gianna                          - (a De Ryons) Il signor Leverdet mi ha ri­petuto il vostro nome che non avevo sentito bene. Siamo quasi vecchie conoscenze se, come credo, siete parente del visconte De Ryons che era console in Grecia.

De Ryons                      - Infatti. Era mio zio.

Gianna                          - Benissimo. Allora vostro zio fu uno dei testimoni di mio padre quando si sposò.

De Ryons                      - Sono lietissimo di questo precedente e... (Piano ad Ortensia) Attenzione! (Forte) ...e ora mi sem­bra di avere già avuto anch'io l'onore di incontrarvi.

Gianna                          - Non credo...

De Ryons                      - Eppure il vostro viso non mi è nuovo...

Ortensia                        - (a Gianna) Non bisogna mai stupirsi di nulla col signor De Ryons, cara Gianna. Egli vede ciò che gli altri non vedono... è il diavolo in persona!

Gianna                          - (a De Rions) I miei complimenti!

Ortensia                        - E predice la buona ventura.

Gianna                          - Benissimo! Adoro le stregonerie.

De Ryons                      - E allora, se me lo concedete, potrei dirvi forse delle cose straordinarie.

Gianna                          - Non chiedo di meglio.

De Ryons                      - (piano ad Ortensia) Seguitemi bene... (A Gianna) Conoscete l'inglese?

Gianna                          - Sì.

De Ryons                      - Se non vi dispiace, ripetetemi in inglese le parole che ora vi dirò. «A che ora arriveremo a Stra­sburgo, signore? ». No no, non temete, non sono pazzo.

Ortensia                        - Non lo giurerei.

De Ryons                      - (o Gianna) Pronunziate molto chiara­mente, per favore.

Gianna                          - « At what o' clock shall we arrive at Strasburg, Sir? ». Va bene?

De Ryons                      - Sì, vi ringrazio.

Gianna                          - Posso esservi utile ancora in qualche cosa?

De Ryons                      - Grazie, no. So quello che volevo sapere.

Gianna                          - (seccamente) Spero che mi farete l'onore di dirmelo.

De Ryons                      - Certamente.

Gianna                          - (c s.) Ve ne sarò grata! (Fa un piccolo cenno con la testa e si allontana).

Ortensia                        - (a De Ryons) Mi pare che la vostra amici­zia cominci male. Il metodo fallisce.

De Ryons                      - Vedrete fra due giorni.

Ortensia                        - Che cos'è questa faccenda di Strasburgo, della frase inglese?

De Ryons                      - Fa parte del mio sistema.

Ortensia i                      - Vi ho già detto che non ci capisco nulla.

De Ryons                      - Lo spero!

Ortensia                        - (alludendo a Gianna) E così? La dia­gnosi del suo cuore...?

De Ryons                      - Ha amato.

Ortensia                        - Chi? Suo marito o un altro?

De Ryons                      - (ridendo) Per dirvelo bisogna che la veda a tavola.

Ortensia                        - Allora devo invitarvi a pranzo. Va bene. Adesso uscirete con mio marito e poi tornerete con lui per il pranzo.

Leverdet                       - Vi aspetto, De Ryons. Noi siamo pronti.

De Ryons                      - Eccomi.

Leverdet                       - (avviandosi con De Ryons e indicando Gian­na) La donna più seducente della terra, quella piccola contessa De Simerose.

De Ryons                      - E allora bisogna salvarla.

Leverdet                       - Se siete ancora in tempo! Vieni, Balbina.

Balbina                          - (piano ad Ortensia) A proposito, mamma, ho dimenticato di dirtelo... di là c'è la depilatrice.

Ortensia                        - (facendole cenno di tacere) Va bene! Va bene! (Tutti escono meno Gianna ed Ortensia).

Gianna -                        - Chi è quel signor De Ryons? Non l'ho mai visto!

Ortensia                        - Un uomo divertente. Non manca di spi­rito. Ha soltanto la mania di credersi un profondo cono­scitore di donne.

Gianna                          - Non lo trovo affatto simpatico.

Ortensia                        - Come mai siete tornata così presto dal vostro viaggio, cara Gianna? Nell'ultima lettera non mi parlavate di ritorno...

Gianna                          - Mi annoiavo.

 Ortensia                       - Preferisco questo a ciò che avevo imma­ginato.

Gianna                          - Che cosa avevate immaginato?

Ortensia                        - Qualche dispiacere.

Gianna                          - No, grazie a Dio.

Ortensia                        - Anche vostra madre è tornata?

Gianna                          - Tornerà fra due o tre giorni.

Ortensia                        - Allora siete sola qui?

Gianna                          - Solissima.

Ortensia                        - (stupita) Ah! (Altro tono. Maternamente) E dunque, quando vi deciderete a prendere la grande risoluzione?

Gianna                          - Quale?

Ortensia                        - Quella di riconciliarvi con vostro marito.

Gianna                          - Il conte De Simerose non pensa più a me, e fortunatamente io non penso più a lui.

Ortensia                        - Vi sbagliate. Egli vi pensa molto, invece.

Gianna                          - Chi ve lo ha detto?

Ortensia                        - Lui stesso.

Gianna                          - Lo avete veduto?

Ortensia                        - Otto giorni fa.

Gianna                          - Dove?

Ortensia                        - In casa della marchesa De Courleval.

Gianna                          - E ve lo siete fatto presentare?

Ortensia                        - Ero curiosa di conoscerlo.

Gianna                          - Vi ha parlato di me?

Ortensia                        - A lungo e nel modo più affettuoso.

Gianna                          - Credevo che fosse in viaggio.

Ortensia                        - E’ tornato.

Gianna                          - (tagliente) Questo però è contrario ai nostri accordi. Si era impegnato a non vivere nella stessa città dove vivo io.

Ortensia                        - Eravate assente... e del resto sta per ri­partire.

Gianna                          - Perché non me lo avete scritto?

Ortensia                        - Sono cose che non si scrivono, cara. Poi ve la sareste cavata troppo facilmente.

Gianna                          - Dunque, è un attacco in piena regola?

Ortensia                        - Sì, non ve lo nascondo. Vorrei fare qual­che cosa... Vostro marito è pentito.

Gianna                          - (amara) Ha forse bisogno di denaro? E' andato in rovina?

Ortensia                        - Gianna! Questo non è degno di voi!

Gianna                          - Allora è inutile che insistiate, cara. Sono stata ferita troppo profondamente!

Ortensia                        - E credete di poter continuare a vivere così? Giovane e graziosa come siete? Riflettete, Gianna. E' una situazione difficile la vostra. Il nostro ambiente non potrebbe tollerare a lungo un simile stato di cose, specialmente ora che - tutti lo sanno - vostro marito cerca un riavvicinamento. Si indagherebbe sulle ragioni del vostro rifiuto, del vostro rigore troppo prolungato, e non trovandole si comincerebbe a sospettare. Credete a me: perdonate. E' il momento giusto. Perché, di due cose, l'una: o amate vostro marito e allora, sacrificando un po' di orgoglio, potrete ancora essere felice; o non lo amate più e in tal caso, se il marito vi è indifferente, approfittate almeno dei vantaggi che vi offre il ma­trimonio.

Gianna                          - Che intendete dire?

Ortensia                        - Che potrete fare tutto quello che vi pia­cerà, cara. Che nessuno spierà più dal buco della ser­ratura la vostra vita privata, quando sarete tornata con lui. La società affida al marito la guardia di sua moglie e finché il marito non dice nulla la società non ha nulla da dire. I legami della sposa sono la libertà della donna.

Gianna                          - Permettetemi di non essere della vostra opi­nione. Prima di tutto perché in casa mia si possono aprire porte e finestre: non temo le correnti d'aria. In secondo luogo perché preferirei che la mia colpa fosse conosciuta dall'universo intero piuttosto che nasconderla sotto l'ipocrisia coniugale.

Ortensia                        - E allora non ne parliamo più! Volete pranzare con noi?

Gianna                          - Con piacere, a meno che non abbiate trop­pa gente.

Ortensia                        - C'è il signor De Chantrin...

Gianna                          - Sempre con la sua bella barba?

Ortensia                        - Sempre! (Marcato) Poi il signor De Montègre... Conoscete il signor De Montègre?

Gianna                          - (senza dar peso) L'ho visto due o tre volte in casa di sua sorella.

Ortensia                        - Forse verrà anche la signorina Hacken-dorf. E' di passaggio per Parigi, più bella che mai. Poi il signor De Targettes, che mio marito è andato a pren­dere... e finalmente...

Gianna                          - Finalmente?

Ortensia                        - Indovinate! (Pausa) Il conte De Simerose!

Gianna                          - Mio marito?! Mio marito pranza in casa vostra? Decisamente siete passata al campo avversario!

Ortensia                        - Ma no, cara. Non potevo prevedere il vostro ritorno. Date rètta a me: rimanete e porgetegli la mano come una buona amica. E' quanto di più intelli­gente possiate fare.

Gianna                          - Sì, sarebbe intelligente oggi... ma domani?

Ortensia                        - (fissandola) Domani...?

Gianna                          - (risoluta) No! (Pausa) Non mi resta che an­darmene. La stessa casa non può ospitare mio marito e me.

Ortensia                        - Siete pazza? Vi assicuro...

Gianna                          - Che cosa?

Ortensia                        - Che non posso esitare tra voi due. (Le prende le mani).

Gianna                          - Vi credo, ma ad una condizione: che oggi non pranzerete qui.

Ortensia                        - Com'è possibile? E i miei invitati?

Gianna                          - Li condurrete a pranzo da me.

Ortensia                        - Tutti?

Gianna                          - Eccettuato uno, s'intende: mio marito.

Ortensia                        - Ma...

Gianna                          - Scegliete, signora. Non vedo altra soluzione.

Ortensia                        - Mi arrendo.

Gianna                          - Allora rientro per dare gli ordini. Volete farmi portare la mia mantiglia e il cappello? (Ortensia suona).

Ortensia                        - (a parte, mentre suona) Ama l'altro, ama l'altro... non c'è nessun dubbio... (Da qualche ordine a bassa voce alla cameriera che poi rientrerà con la roba di Gianna).

De Targettes                 - (a Gianna che non si è accorta della sua entrata) Buon giorno, contessa! Finalmente di ritorno!

 Gianna                         - Oh signor De Targettes! Mi avete fatto paura!

De Targettes                 - Sempre fortunato! Come state?

Gianna                          - Benissimo. E voi?

De Targettes                 - Io sono stato un po' indisposto. Ora va meglio, però.

Gianna                          - (che frattanto si è messo il cappello e la man­tiglia) Conto su voi, stasera. La signora Leverdet vi spiegherà... (A Ortensia che vuole accompagnarla) Vado via tranquilla, allora? No no, non vi disturbate. Il mio domestico mi aspetta fuori. (Esce).

De Tarcettes                  - (dopo una breve pausa durante la quale Ortensia finge di non vederlo) E' così che ricevete la gente?

Ortensia                        - Siete voi che entrate in casa mia senza neanche rivolgermi la parola! Eppure, almeno in pre­senza di estranei, potreste essere un po' più cortese.

De Targettes                 - Anche voi potreste usarmi qualche ri­guardo e non rimanere otto giorni senza mandare a chie­dere mie notizie.

Ortensia                        - (sgarbata) Non sapevo che foste amma­lato. Avete fatto chiamare il medico?

De Targettes                 - Naturale! E' la prima sciocchezza che si fa.

Ortensia                        - Che cosa ha detto?

De Targettes                 - Nulla di nuovo. La mia solita scia­tica. E voi, neanche un biglietto... neanche una visita...

Ortensia                        - Sono stata molto occupata.

De Targettes                 - Bella ragione! Capirete che così non si può continuare. E' uno stato di cose insopportabile.

Ortensia                        - Fate pure come vi pare!

De Targettes                 - Approfitterò del permesso.

Ortensia                        - Ne avete già approfittato, credo. Certe cose si vengono sempre a sapere, caro signore.

De Targettes                 - Può darsi.

Ortensia                        - Siete venuto per pranzare con noi?

De Targettes                 - Evidentemente.

Ortensia                        - Noi pranziamo in casa della contessa Gian­na, ma voi siete invitato.

De Targettes                 - Oh, finalmente! Avete licenziato la vostra cuoca?

Ortensia                        - No.

De Targettes                 - (irritato) Eppure vi avevo pregata...

Ortensia                        - Mio marito è abituato alla sua cucina.

De Targettes                 - (c. s.) Ah sì?... E allora aspetto Le­verdet. Ho bisogno di parlargli.

Ortensia                        - A proposito della cuoca?

De Targettes                 - Proprio così. Voglio vedere se è per partito preso che in questa casa, da qualche tempo, non si fa più niente per accontentarmi.

Ortensia                        - Permettete che mi vada a vestire?

De Targettes                 - Fate pure.

Ortensia                        - (mentre esce, con un sospiro) Ah! Come è noioso!

De Tarcettes                  - (solo) Ah! Come è asfissiante! Acci­denti a me! Perché non ho preso moglie!? (Prende un giornale e si stende sul divano al posto prima occupato da Leverdet. Guarda l'orologio) Sono le quattro... Ho il tempo di schiacciare un sonnellino!

                                                            Fine del primo atto

            

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

(La villa di Gianna poco distante da quella dei Leverdel, nelle immediate vicinanze di Parigi. Un salotto co­municante con la serra).

De Ryons                      - (a De Targettes) Non so come si pranzi dalla signora Leverdet, ma qui ho pranzato magnifica­mente.

De Targettes                 - In questo momento si mangia malis­simo dai Leverdet. Eppure era una delle migliori case di Parigi. Non è vero Montègre?

De Montècse                 - (distratto) Sì... credo...

De Ryons                      - Avete un magnifico aspetto, De Targettes. Non vi ho mai visto così giovane. Mentre pranzavamo vi osservavo fare la corte alla contessa Gianna... Siete in piena forma. (Durante questa battuta guarda di sottec­chi De Montègre).

De Targettes                 - Eh, se me lo permettesse! La trovo deliziosa... (A De Montègre) E voi?

De Montègre                 - (secco) Anch'io. Ma è estremamente seria e a posto. Sono felice di riconoscerlo, soprattutto in casa sua.

De Targettes                 - Scherziamo, scherziamo, puritano! Del resto non è il mio tipo.

De Ryons                      - Ci siamo! Lasciate tre uomini assieme dopo pranzo e potete essere sicuri che il discorso cadrà sulle donne e che sarà sempre il più vecchio a comin­ciare. Allora sentiamo: come vi piacciono le donne?

De Targettes                 - Brune, non troppo alte, grassocce e col nasino all'insù.

De Ryons                      - Insomma... le donne polpette...

De Targettes                 - Ecco.

De Ryons                      - ...dalle quali, una volta, si facevano le crestaie.

De Targettes                 - Appunto. (Nostalgico) Oh le crestaie!... Una razza scomparsa! Erano così carine!... Ai miei tempi ce n'erano ancora, grazie a Dio! Ma voi siete troppo giovane!

De Ryons                      - Troppo giovane?! Figuratevi che il mio primo amore fu Eleonora, la famosa Eleonora. Scappavo dal collegio per andarla a vedere e vendevo i miei dizio­nari in una botteguccia di via San Giacomo per offrirle dei mazzolini di violette. E le dedicavo anche dei versi! Ma Eleonora preferì il mio orologio.

De Targettes                 - Già già! Era ancora di moda farsi dare gli orologi. Cara Eleonora!

De Ryons                      - Come?... Anche voi?

De Targettes                 - Anch'io.

De Ryons                      - (stringendogli la mano) Bravo! Ci si ritrova!

De Targettes                 - E che cosa ne è stato di quella cara ragazza?

De Ryons                      - Venne a visitarmi due anni fa, una bella mattina...

De Targettes                 - La chiamate una bella mattina? Vi ha forse riportato l'orologio?

De Ryons                      - No, è venuta a chiedermi un po' di de­naro. Che tristezza quando, a quarant’anni, si vede già tornare dal fondo del proprio passato una creatura che si è conosciuta bella, elegante, allegra e che ora è piena di rughe e ci parla del Monte di Pietà. Ah, cattiva gio­ventù! E poi?... Quale è stato il vostro primo amore?

De Targettes                 - Lo stesso di Luigi XIV... una gover­nante... (A De Montègre) E voi, siete stato più fortunato?

De Ryons                      - (interloquisce) Credo di sì.

De Montègre                 - (a De Ryons) Come lo sapete?

De Ryons                      - Si capisce subito. Scommetterei che non avete amato prima di venti o ventun anno.

De Montègre                 - Ventidue.

De Ryons                      - E' ammirevole! Siete nato in un paese di montagna?

De Montègre                 - Nel Giura.

De Ryons                      - Bellissimo posto! (Un domestico porta il caffè).

De Targettes                 - Oh! Finalmente ecco il caffè!

De Ryons                      - (a De Montègre) Siete cacciatore?

De Montègre                 - Instancabile.

De Ryons                      - (dopo breve pausa durante la quale lo os­serva) Penso che deve essere molto bello vedervi in­namorato.

De Montègre                 - Perché?

De Ryons                      - Perché voi siete nato per essere coraz­ziere.

De Montègre                 - Cioè...?

De Ryons                      - Vi dirò... La natura, in fondo, non pos­siede che due o tre stampi, nei quali getta la materia umana. Tutti gli uomini usciti dallo stesso stampo si ras­somigliano, con lievissime differenze.

De Montègre                 - Sicché, io, secondo voi...?

De Ryons                      - (descrivendo il tipo De Montègre) ...ca­pelli folti, colorito ambrato, voce metallica che conia le parole come se fossero medaglie, occhi bene incassati nelle orbite e che riflettono tutti i moti dell'animo, muscoli d'ac­ciaio, corpo di ferro... Ecco per quanto riguarda il fisico. Rapidi entusiasmi, profondi scoraggiamenti contenuti nello spazio di un attimo. Tenacia, collera, gelosia... Ecco per quanto riguarda l'anima.

De Montègre                 - Allora è per questo che avrei dovuto essere corazziere?

De Ryons                      - Appunto. Gli uomini della vostra costi­tuzione hanno bisogno di prodigarsi in una carriera di lotta: grandi condottieri, grandi oratori, grandi artisti. Se rimangono nella vita comune, non potendo essere ne Ce­sare, né Michelangelo, né Mirabeau, diventano Otello, Werther o De Grieux. Ditemi francamente: quando era­vate innamorato e le cose non andavano secondo i vostri desideri, non avete mai pensato ad una soluzione tragica ...suicidio o delitto?

De Montègre                 - Qualche volta.

De Ryons                      - Vedete...? Era il corazziere che portava la mano alla sciabola. Datemi retta... il giorno nel quale avrete un grande dispiacere, né toccate una carta per distrarvi, né bevete un bicchiere per dimenticare: diven­tereste ubriacone o giuocatore. Gli uomini come voi non hanno misura nelle passioni. Voi amerete sempre le donne ma non le conoscerete mai.

De Targettes                 - Vedo che vi intendete anche di uomini!

De Ryons                      - E' così facile!

 

 De Targettes                - E come si la?

De Ryons                      - Bisogna frequentare molto le donne. Semplicissimo! (A De Montègre) Del resto, ho sentito parlare molto di voi.

De Montègre                 - Ah! E da chi?

De Ryons                      - Da una donna che avete amato.

De Targettes                 - Diteci il suo nome, caro. Montègre è talmente astuto che non abbiamo mai conosciuto nes­suno dei suoi amori.

De Montègre                 - Spero che il signor De Ryons...

De Ryons                      - 'Non farò nessun nome, state tranquillo... (con un sorriso) ... quantunque la persona in parola non correrebbe" nessun rischio di essere compromessa. Si fa­ceva chiamare Fanny...

De Montègre                 - L'avete conosciuta?...

De Ryons                      - Molto... ero suo amico...

De Montègre                 - In quale periodo?

De Ryons                      - Prima, durante e dopo di voi. (Gli porge la mano) Senza rancore?...

De Montègre                 - Che sgualdrina!

De Ryons                      - Ma no, perché? Siamo buffi, noi! Appena amiamo una donna pretendiamo che essa non abbia mai guardato nessuno prima di conoscerci. Ma se fosse cosi onesta avrebbe respinto anche noi ai primi tentativi di approccio, alle prime paroline dolci! Alla fine ci vendi­chiamo dicendo: che sgualdrina! No no! Noi abbiamo il torto di chiedere alle donne proprio la sola cosa che non possono dirci: la verità. Se sapeste quanto mi ha parlato di voi Fanny!

De Montègre                 - Dove? Non siete mai venuto in casa sua»

De Ryons                      - Sfido! Non permettevate a nessuno di varcare quella soglia! Ma era lei che veniva da me.

De Montègre                 - Dove abitavate?

De Ryons                      - In Rue de la Paix.

De Montègre                 - Al numero 9, per caso?

De Ryons                      - Precisamente.

De Montègre                 - Quante volte ce l'ho accompagnata!

De Ryons                      - Ve ne ringrazio.

De Montègre                 - (con dispetto) Diceva di andare dalla sarta! ...

De Ryons                      - Dai venticinque ai quarant'anni un amico delle donne deve sempre abitare nella casa dove c'è una sarta o un dentista.

De Targettes                 - (che frattanto ha bevuto il caffè) Squi­sito questo caffè!

De Montègre                 - Quanto mi ha fatto soffrire! E quante cose ho trovato nel suo passato quando ho voluto un po' guardarvi dentro! Bastava un nonnulla: una lettera, un gioiello, il nome di un paese di cui si veniva a parlare. Uomini, uomini, uomini!

De Ryons                      - Caro amico, il passato delle donne è come una miniera di petrolio: non bisogna mai pene­trarvi con una lampada, altrimenti tutto va in fiamme! Non me ne volete?

De Montègre                 - (stringendogli la mano) Sono guarito. (Entra Gianna insieme con Elena Hackendorj, Balbino, De Chantrin e Leverdet).

Gianna                          - Ci permettete di entrare, signori? Poco cava­lieri davvero! Siamo noi che dobbiamo venirvi a cer­care! Non dico per me, s'intende, ma per la signorina Hackendorf... Le signorine hanno pur diritto a qualche attenzione!...

De Montègre                 - (ad Elena dopo un momento di esita­zione) Ben tornata, signorina. Vi rivediamo con pia­cere. Come state?

Elena                             - Benissimo, grazie.

De Montègre                 - Da dove venite?

Elena                             - Da Baden.

De Targettes                 - E ora dove andrete?

Elena                             - A...

De Ryons                      - (interrompendo) Ostenda.

Elena                             - Ecco l'uomo che sa tutto. Come fate a sa­pere anche questo?

De Ryons                      - Tutti gli anni seguite lo stesso itinerario! E vostro padre come sta? Avremo il piacere di vederlo stasera?

Elena                             - Sì. Ha promesso dì venire a riprendermi. Ma è sempre talmente occupato!

Leverdet                       - Se non viene vi riaccompagnerò io.

Elena                             - Grazie, ma non voglio disturbare nessuno. Ho la mia carrozza...

Gianna                          - Non dovete assolutamente andarvene sola.

Elena                             - Ne ho talmente l'abitudine!

De Chantrin                  - Una cattiva abitudine che stupisce tutta Parigi. Le nostre signorine...

Elena                             - Le vostre signorine, quando escono, hanno probabilmente le tasche piene di brillanti... Ecco perché non sono mai lasciate sole: babbo a destra, mamma a si­nistra, fratello davanti e governante di dietro. Ma noi in Germania non lei diamo tanta pena. Siamo affidate a noi stesse. E’ assai più comodo e ci proteggiamo be­nissimo.

De Chantrin                  - (subito remissivo) Come volete, cara, come volete.

Gianna                          - Signor De Chantrin, se volete andare a fu­mare il vostro sigaro... Finora vi siete sacrificato per noi.

De Chantrin                  - Grazie, contessa, ma io non fumo mai.

Gianna                          - Non fumate?! Straordinario! Avete tutte le virtù!

De Chantrin                  - Oh Dio, non voglio apparire più me­ritevole di quanto non sia. Ho fumato... ma devo con­fessare che mi ripugnava allo stomaco. Poi mia madre, che è una donna molto fine, odiava l'odore del sigaro e mi aveva proibito di entrare nelle sue stanze. Aggiun­gete uno svantaggio che molti uomini non hanno: la mia barba che ho sempre portato così, intera. Assorbiva tal­mente quel cattivo odore del tabacco, che mia madre se ne accorgeva subito. E mia madre è molto severa. Mi diceva: « Confessate che avete fumato di nuovo, nono­stante la mia proibizione! ». E io arrossivo subito, anche sotto la barba, perché non so dire le bugie.

De Ryons                      - (un po' in disparte a Leverdet) Che bravo ragazzo!

Leverdet                       - E dire che quel babbeo è stato mio sco­laro! Ma non ne diciamo male perché è il fidanzato della signorina Hackendorf.

Elena                             - (che ha sentito) Non ancora!

Gianna                          - (a Leverdet) Balbina canta sempre?

Leverdet                       - Sempre.

Gianna                          - Allora stasera ci canterà la sua romanza preferita.

De Chantrin                  - (a Balbino, sdilinquendosi) Voi can­tate, signorina?! Oh la musica!...

Leverdet                       - Ecco. Ora prende lo slancio per una nuova partenza! (A De Targettes) Facciamo il nostro « beni­gne »? (Siede ad un tavolino da giuoco).

De Tabcettes                 - Comincio ad essere un pò stanco del «besigue»! Dov'è andata la signora Leverdet?

Levehdet                       - E' uscita qualche minuto fa. Doveva par­lare col conte De Simerose che l'aspettava a casa.

Gianna                          - (che parla un po' in disparte con Elena) Sicché, non vi siete ancora decisa?

Elena                             - No. Credo che non prenderò marito. Sto troppo bene con mio padre. Mio padre ed io facciamo tutto ciò che io voglio.

Gianna                          - Mi era sembrato che il signor De Montègre

Elena                             - Sì, mi ha fatto un pò di corte, ma niente di serio.

Gianna                          - E il signor De Ryons?

Elena                             - (stupita) Il signor De Ryons...?!

De Ryons                      - (che ha sentito) Mi fate l'onore di rivol­germi la parola, signorina...?

Elena                             - Non parliamo con voi, però parliamo di voi. Stavo dicendo alla contessa che siete il solo, fra tutti gli uomini ammogliabili che conosco, che non mi abbia mai chiesta in matrimonio.

De Ryons                      - So che vostro padre aspira ad un genero di eccezione. Un principe, per lo meno.

Elena                             - Che volete... i banchieri milionari sognano sempre un trono per le loro figliuole. Ora però è guarito di quella manìa. Se sapeste quanti se ne sono presentati di principi!... Hanno chiesto in media, un prestito di trentamila franchi e sono scomparsi.

De Ryons                      - Beh... ve la siete cavata ancora a buon mercato!

Elena                             - Dunque, coraggio! Ora anche la piccola no­biltà è ammessa.

De Ryons                      - Peccato! Se l'avessi saputo prima».

Elena                             - Che avreste fatto?

De Ryons                      - Avrei chiesto la vostra mano.

Elena                             - Siete ancora in tempo.

De Ryons                      - Quando partite?

Elena                             - Sabato.

De Ryons                      - A che ora si presentano le domande?

Elena                             - Dalle 2 alle 4, eccettuate le domeniche e i giorni festivi.

De Ryons                      - Da quale porta entrano le carrozze?

Elena                             - Dalla porta della Cassa.

De Ryons                      - Domani, dalle 2 alle 4, verrò a chiedere la vostra mano.

Elena                             - Non ve ne dimenticate, mi raccomando.

De Ryons                      - Fidatevi di me! (Vedendo che Gianna fa Fatto di allontanarsi) Me ne vado... la contessa mi trova insopportabile. (Si allontana).

Elena                             - (a Gianna) Il signor De Ryons è convinto di esservi antipatico.

Gianna                          - Superlativamente! Mi dà ai nervi il suo genere di spirito!

Elena                             - Lo conosco da molto tempo... è molto sim­patico, invece. Un perfetto gentiluomo.

De Montègre                 - (avvicinandosi a Gianna) Scusate, con­tessa... avevo dimenticato di dirvi che ho per voi un'am­basciata di mia sorella.

 Gianna                         - (mentre Elena si allontana) Ah sì? Come sta? E' ancora a Parigi?

De Montègre                 - (sottovoce) Ho dovuto ricorrere a questo mezzo per potervi parlare finalmente! Mi avete promesso un colloquio per stasera. Non dimenticate!

Gianna                          - (o bassa voce) Dite piuttosto di averlo pre­teso. Quando si scrive come mi avete scritto...

De Montègre                 - Eravate libera di non rispondere neanche questa volta.

Gianna                          - E voi avreste dato seguito alla vostra mi­naccia?

De Montègre                 - (con fermezza) Sii.

Gianna                          - Vi sareste ucciso?

De Montègre                 - (alzando un po' il tono) Stasera stessa, signora.

Gianna                          - Spero che vogliate scherzare.

De Montègre                 - (c. s.) Sapete benissimo di no, dai momento che siete tornata.

Gianna                          - Più piano... e fate finta di parlare di cose indifferenti. Insomma, che volete?

De Montègre                 - (più piano) Voglio vedervi.

Gianna                          - Non sono qui?

De Montègre                 - Non giocate con me. Non mi esa­sperate.

Gianna                          - (dopo un momento di esitazione) Venite domani.

De Montègre                 - No, stasera.

Gianna                          - E' impossibile.

De Montègre                 - Troverò il mezzo.

Gianna                          - E come?

De Montègre                 - Andrò via con tutti gli altri e poi tornerò.

Gianna                          - Troverete chiuso il cancello del giardino.

De Montègre                 - Scalerò il muro.

Gianna                          - Siete pazzo?!

De Montègre                 - Devo parlarvi, ho detto.

Gianna                          - Aspettate... (Si accorge che t)e Ryons li osserva) H signor De Ryons ci osserva. Allontanatevi e tornate poi a parlare con me quando sarò seduta laggiù sul divano. (Si alza e si avvicina al gruppo formato da Balbino e De Chantrin che guardano in uno stereoscopio).

De Chantrin                  - (a Balbino mentre mostra le fotografie nello stereoscopio) Lì vi sono Castellammare e Sor­rento e qui il Vesuvio che fuma, fuma tutto il giorno...

Leverdet                       - (mentre gioca) Si vede che non ha la barba e che non è stato educato da sua madre.

Balbina                          - (a De Chantrin) Avete mai visto un'irru­zione?

Leverdet                       - (a Balbino, mentre gioca) Eruzione, Balbina, eruzione. Non dire bestialità!

Balbsna                         - Sì, papà.

Leverdet                       - (c.s.) E non rispondere sempre: sì, papà, E' insopportabile.

Balbina                          - Sì, pa... (Riprendendosi) Va bene.

De Chantbin                 - Eruzione, no; ma ce n'è stata una qualche giorno dopo la mia partenza.

Leverdet                       - (a fileno) Ve ne prego, cara Elena, man­datelo via. Ci impedisce di giocare.

Elena                             - (a De Chantrin) Signor De Chantrin, volete guardare se fuori c'è la mia carrozza?

Balbina                          - (a De Targettes che gioca) Non ti pare che fra la signorina Hackendorf e il signor De Chantrin ci sia una certa familiarità?

De Targettes                 - Lo credo! Si devono sposare…

Balbina                          - (colpita) Ah!

Levebdet                       - (a De Ryons che si stropiccia le mani e fin­gendo di interessarsi al gioco non perde d'occhio Gianna che è andata a sedere sul divano) Che avete, uomo mirabolante?

De Ryons                      - Cercavo qualche cosa e credo di averla trovata. (Si avvicina ad Elena e continua a sorvegliare Gianna che, dopo di essersi seduta, ha suonato il campa­nello).

Gianna                          - (piano a De Mantègre che si è avvicinato) Ho pensato come dovete fare... (Al domestico che è en­trato) Giuseppe, servite il tè nella serra. (Giuseppe via. A De Montègre) Ora vi congederete da me, ma invece di andarvene, quando sarete in anticamera, se nessuno vi vede, entrerete in questo salottino qui (indica la porta dietro le sue spalle) chiuderete a chiave la porta e grat­terete piano piano a quest'uscio per avvertirmi che siete al sicuro. Io non mi muoverò da questa porta e quando tutti se ne saranno andati vi aprirò... ma soltanto per cinque minuti. E adesso lasciatemi. (Forte) Se scrivete a vostra sorella ditele che sono molto in collera con lei... non ha neanche risposto alla mia lettera

De Montègre                 - (forte) E' stata veramente poco bene. Buona sera, contessa...

Gianna                          - Arrivederci, caro signore...

De Ryons                      - (a Gianna, con lo stesso tono di Montègre) ' Buona sera, contessa...

Gianna                          - (imbarazzata, perché vede che De Ryons si pre­para ad uscire insieme con De Montègre) Anche voi ve ne andate?

De Ryons                      - (con sottinteso) Sì, contessa. Farò la strada col signor De Montègre... Due vecchi conoscenti hanno tante cose da ricordare!

Gianna                          - Sicché è una diserzione in piena regola!

De Ryons                      - Mi fareste l'onore di trattenermi, forse?

Gianna                          - Certamente! In presenza di chi Balbina canterà la sua romanza se tutti se ne vanno? Un giudice come voi è prezioso... e del resto devo parlarvi molto seriamente. (A Giuseppe che, dopo aver servito il tè, si dispone a ritornare in anticamera) Aspettate... (Vuol dare a De Montègre il tempo di nascondersi).

De Ryons                      - Sono ai vostri ordini, contessa... (A De Montègre) Allora, caro Montègre, sarà per un'altra volta. Spero che ci rivedremo.

De Montègre                 - Lo spero anch'io... (Saluta ed esce).

Gianna                          - (ad Elena) A voi, mia cara, siccome non voglio che ci lasciate, affido il tè.

De Chantrin                  - (ad Elena) Volete che vi aiuti?

Elena                             - Se non vi dispiace...

Gianna                          - (a Giuseppe, quando ritiene che c’è Montègre abbia avuto il tempo di nascondersi) Che fate qui?

Giuseppe                       - Mi avete detto di aspettare, signora con­tessa.

Gianna                          - Già... ma ora non ricordo più che cosa volevo. Potete andare.

De Ryons                      - (a parte) Mi ha trattenuto... ha fatto ri­maner qui anche il domestico... non si muove dal suo posto... sembra in ascolto... (Alludendo alla porta dietro il divano) Giurerei che De Montègre è lì...

De Ryons                      - Vi avverto che per me tutti i mezzi sono buoni.

Gianna                          - Non ho paura.

De Ryons                      - Lo avrete voluta voi, badate!

Gianna                          - Quanti misteri!

De Ryons                      - Tutto ciò che posso dirvi è che in questo momento vi tendo un tranello e che voi ci cascherete.

Gianna                          - (siede più scomodamente sul divano) Vi ascolto.

De Ryons                      - L'anno «corso, nel mese di giugno, im­provvisamente dovetti partire per Strasburgo.

Gianna                          - Questo è il segreto?

De Ryons                      - Sì. Avevo scelto il treno delle otto di sera e stavamo sul punto di muoverci quando una signora, vestita con molta eleganza e in uno stato di vero orgasmo, sali in fretta nel mio scompartimento e si gettò nel primo angolo a destra coprendosi il viso con un velo fittissimo e abbassando la tendina, precauzione inutile perché il suo velo, di granatina bianca, era trasparente per chi lo porta ma impenetrabile per chi guarda. Par­timmo.

Gianna                          - (col tono di chi è convinto che la storiella non lo interessi affatto) E' molto interessante...

De Ryons                      - Voi non sapete che cosa passa nell'animo di un uomo della mia età, solo in uno scompartimento con una donna giovane e graziosa. Egli comincia a porsi ogni specie di domanda... Da dove viene quella donna?... Dove va?... E' libera?... Maritata?... Ha mai amato?... Ama?... E come sarà l'uomo per il quale gli occhi bril­lano, le mani tremano, il cuore batte?... E perché non potrei essere io, allora?... Perché non potrei tentare di sostituire lui, l'altro?... E così di punto in bianco ci accor­giamo di essere innamorati. Non ridete, signora. L'amore può essere contenuto interamente nello spazio di un'ora, come tutte le qualità di un buon vino in un solo bic­chiere. Cercavo un pretesto per iniziare una conversa­zione con la mia compagna di viaggio, allorché sotto il famoso velo bianco che il vento aveva sollevato un pò, scorsi due lacrime, due vere lacrime che discendevano lentamente, quasi stupite, come se non sapessero che strada prendere su quella guancia di vent'anni.

Gianna                          - Ah! La signora aveva vent'anni?

De Ryons                      - Vent'anni. Uno splendore di giovinezza che incantava. E piangeva... Presi dalla mia valigia una boccetta di sali e senza dir parola la porsi alla mia sconosciuta. Lei mi guardò un momento, poi prese la boccetta e disse: « Thank you, Sir ».

Gianna                          - (comincia a mostrare interesse) Era inglese?

De Ryons                      - No. Era una donna previdente e prefe­riva mettere gli avvenimenti in conto all'Inghilterra. Sono cose che si fanno tra paesi amici! No, era una francese con tutte le sue finezze, i suoi sottintesi e le sue audacie. Quando vide che anch'io parlavo l'inglese non potè impedirsi di sorridere e non so quale idea rapida, folle, un'idea femmina, traversò il suo cervello. Forse, in quell'attimo, voleva vendicarsi di qualcuno, punire l'infedele che l'aveva tradita e fatta piangere. Due lacrime, un sorriso, una parolina d'amore rubata come un frutto sopra il muro di un giardino, una stretta di mano, un velo alzato per un minuto e subito riabbassato. Ecco, contessa, tutta la mia storia ed ecco il segreto della mia apparente frivolità. Da un anno io, l'uomo forte, sono segretamente innamorato di quella sconosciuta.

Gianna                          - Oh povero De Ryons! Vi compiango!

De Ryons                      - Avete torto, perché oggi sono felice. Ho trovato la mia sconosciuta, signora. Quel mirabile viso, appena intravisto, è il vostro.

Gianna                          - Il mio?!

De Ryons                      - Strana somiglianza, non è vero? Vi ho pregata di dirmi qualche parola in inglese per sentire se la voce era somigliante come il viso: la stessa voce. Vi spiegate ora, signora, la mia improvvisa amicizia per voi? Non è umano che, fin quando io non abbia incontrata colei che cerco, mi consacri alla sua immagine come a lei stessa? (Con ardore) E con tutta l'anima, con tutto il cuore?

Gianna                          - (che si padroneggia appena e che a quest'ultima parola si è alzata) E' finita la storiella?

De Ryons                      - Finita.

Gianna                          - Molto strana, infatti... (Chiama verso la serra) B albina!

Balbina                          - (si avvicina) Contessa...

Gianna                          - (molto sostenuta) Cantateci, vi prego, la romanza che ci avete promessa. Il signor De Ryons de­sidera molto di sentirla e ha fretta di andarsene.

Elena                             - (a Gianna, avvicinandosi) Sicché, vi siete ricreduta un pò sul conto del signor De Ryons?

Gianna                          - Completamente.

Baibina                          - (si avvicina al pianoforte e col quaderno della musica in mano comincia a cantare con voce tremante, accompagnata da uno degli invitati. Di tanto in tanto guarda languidamente De Chantrin. Intanto tutti sono ri­tornati in scena. Canta) « Mi hanno detto che ti sposi... sai che ne morirò. - Il tuo amore è la mia pazzia - ahimè, mai ne guarirò! ». (Si interrompe e getta tre piccoli gridi) Ah! ah! ah! (Si sente male).

Leverdet                       - (pacato) Cosa c'è? Non va bene la tua musica?

De Chantrin                  - La signorina Balbina si sente male...

Gianna                          - (correndo presso Balbina) Oh mio Dio! Che avete piccina mia?

Balbina                          - (con crescendo) Ah! ah! ah!

De Targettes                 - Ha mangiato troppo!

Elena                             - Bisogna slacciarla.

Balbina                          - Mamma! Mamma!

Leverdet                       - (avvicinandosi di mala voglia, a Balbina) Puoi vantarti di essere una ragazza insopportabile, te lo dico io! Per favore avete un po' di spirito di melissa o di etere? (Ad Elena) Guardate nel salottino della contessa, per favore, lì c'è sempre un assortimento di boccette. (Elena corre verso la porta dietro cui è nascosto De Montègre. Gianna, che si trova al lato opposto della scena, vedendo il gesto di Elena ha un moto di spavento. De Ryons, che si accorge di tutto, rapidamente si pone tra Elena e la porta porgendo una boccetta che cava di tasca/.

De Ryons                      - Ecco un rimedio che basterà. Sono un uomo previdente, io! (Gianna lo guarda cercando di in­dovinare il suo pensiero. De Ryons si appoggia alla spal­liera del divano assumendo un'aria ingenua) Come sta ora la signorina Balbina?

Leverdet                       - Piange... dunque non sarà nulla. (A Gianna) Vi chiedo scusa, contessa.

Gianna                          - (ancora tremante) Sono io «piacente, pro­fessore.

Balbina                          - (gettandosi fra le braccia di Leverdet) Oh, papà!

Leverdet                       - Che papà e papà! Sei proprio una ra­gazza modello!

Balbina                          - Te ne prego, non dir nulla alla mamma.

Leverdet                       - Allora vestiti e togliamo il disturbo alla contessa.

De Ryons                      - (senza lasciare Gianna con lo sguardo) Ma questa piccina ha la febbre! L'aria della sera certo le farà male... La contessa dovrebbe trattenerla qui.

Gianna                          - (quasi suggestionata, obbedendo a De Ryons) Infatti... (A Leverdet) State tranquillo, la terrò con ogni cura.

Balbina                          - Sì, sì, voglio rimanere qui.

Gianna                          - Vi farò preparare la camera accanto alla mia; la signorina Hackendorf vi accompagnerà. Intanto darò gli ordini.

Levekdet                       - Sua madre, poi, verrà a riprenderla do­mani. Vi sono molto grato di tutto.

Gianna                          - Ve la ricondurrò io stessa, perché pranzo da voi. (Leverdet, Balbina ed Elena escono da sinistra).

De Chantrin                  - (inchinandosi) Contessa.

Gianna                          - Signore... (De Chantrin esce).

De Targettes                 - Arrivederci, contessa.

Gianna                          - A presto... (De Targetles esce dopo aver ba­ciata la mano di Gianna che rimane sola con te Ryons, il quale rimette tranquillamente in tasca la sua boccetta senza allontanarsi dalla porta dietro la quale è De Montègre).

Gianna                          - (dopo breve pausa) Addio, signor De Ryons

De Ryons                      - Non ancora.

Gianna                          - Che volete, dunque?

De Ryons                      - (con l’autorità di un vecchio amico, ma molto uomo di mondo) Voglio impedirvi di commettere una imprudenza, almeno stasera. La casa è piena di gente e non potete aprire la porta alla persona che è in quella stanza senza rischiare di compromettervi. La congederò io invece di voi. Nessuno la vedrà... nemmeno io, ve lo prometto.

Gianna                          - (molto agitata) Abusate stranamente della situazione!

De Ryons                      - Per il vostro bene, contessa.

Gianna                          - Fate come volete, allora!

De Ryons                      - Non avete nulla da far dire?

Gianna                          - Sì... c'è da consegnare questo biglietto... (Scrive rapidamente qualche parola su un foglietto).

De Ryons                      - (prende la lettera che essa gli porge) Grazie.

Gianna                          - (molto sincera) Vi odio!

De Ryons                      - Passerà... (Gianna esce, De Ryons rimane solo) Eccomi dunque in pieno nel mio ruolo di amico... (Entra nella stanza in cui è De Montègre, mentre la scena si abbuia).

QUADRO SECONDO

(Il sipario si riapre, dopo qualche attimo di buio, sulla stessa scena del quadro precedente. La mattina dopo. Giu­seppe sta introducendo De Montègre).

Giuseppe                       - Se volete attendere, signore... Vado subito ad avvertire la signora contessa. E' appena rientrata.

 De Montègre                - (vivamente) Ah! Era dunque uscita?

Giuseppe                       - Sì, signore. In carrozza con la signorina Leverdet.

De Montègre                 - A proposito», come sta la signorina Balbina?

Giuseppe                       - Bene, benissimo. Ha dormito magnifica­mente. Alla sua età i malanni passano presto.

De Montègre                 - Le ha accompagnate qualcuno in car­rozza?

Giuseppe                       - No, signore, che io sappia. Sono uscite e tornate sole.

De Montègre                 - E' stato un'ottima idea... è una gior­nata splendida.

Giuseppe                       - Infatti. L'aria era così dolce e fresca, sta­mani, che mi son permesso di consigliare la passeggiata alla signora contessa,

De Montègre                 - Un'idea vostra, allora? Bravo! Merita ima ricompensa. (Ne approfitta per dare a Giuseppe una vistosa mancia).

Giuseppe                       - (schermendosi appena) No, signore, perché volete disturbarvi?

De Montègre                 - Via, via... prendete...

Giuseppe                       - (intasca) Grazie, signore. Troppo buono

De Montègre                 - (ora indaga più apertamente) Avete accompagnato anche voi la contessa nel suo viaggio in Italia?

Giuseppe                       - No, signore. Non sapevo neppure che la signora contessa fosse stata in Italia.

De Montègre                 - Ha viaggiato sol» con sua madre, allora?

Giuseppe                       - Credo, signore.

De Montègre                 - La signora De Toùssac deve tornare uno di questi giorni, vero?

Giuseppe                       - Così si dice. Comunque la sua camera è sempre pronta.

De Montègre                 - Voi eravate al servizio della signora Leverdet, prima, non è vero?

Giuseppe                       - (con aria furba) Infatti, signore. La si­gnora Leverdet mi ha licenziato perché avevo troppo spi­rito. Veramente lei adoperava un'altra espressione, più brutale: diceva che avevo la lingua troppo lunga.

De Montègre                 - Un difetto di cui vi siete corretto, non c'è che dire. (Vedendo entrare Gianna) Oh, finalmente!

Gianna                          - Vi ho visto venire, ma non ho potuto libe­rarmi subito di Balbino. (Dà un'occhiata a Giuseppe il quale si inchina ed esce).

De Montègre                 - (appena sono rimasti poli, con slancio) i Gianna! Gianna mia!

Gianna                          - (facendogli cenno di tacere) State attento!

De Montègre                 - Bisogna che vi dica come sono felice!

Gianna                          - E io, invece, sono terribilmente preoccupata, da ieri sera. Raccontatemi, vi prego...

De Montègre                 - La porta si è aperta e una voce nel buio mi ha detto: « Signore, non mi rispondete. Non vo­glio conoscere la vostra voce e non voglio conoscere il vostro viso. Ho l'incarico di dirvi, da parte della con­tessa De Sionerose, che le è impossibile ricevervi. Devo consegnarvi questo biglietto ed aiutarvi ad uscire di qui. Seguitemi. Salirò nella mia carrozza senza voltarmi ». Ho preso il biglietto ed ho ubbidito macchinalmente. De Ryons mi ha accompagnato fuori di casa, è salito nella sua carrozza e si è allontanato. Mi ha riconosciuto? Non mi ha riconosciuto? Non me so nulla. Ma pensiate con quale felicità ho letto il vostro biglietto. Mi pareva di sognare... l'ho tenuto in cuore tutta la notte. Qualche parola su un pezzo di carta e il mondo cambia aspetto. Come vi tono!

Gianna                          - (spaventata) Più piano!

De Montègre                 - Ma ditemi, vi prego, come mai il si­gnor De Ryons?... Prima di ieri non vi conoscevate?

Gianna                          - No.

De Montègre - Giuratelo!

Gianna                          - Non ho l'abitudine di giurare. Ve lo dico: non vi basta?

De Montègre                 - Ieri sera ho avuto con lui una con­versazione abbastanza strana. Mi ha raccontato di essere stato a mia insaputa l'amico di una persona...

Gianna                          - (con molta dignità) Spero, signor De Montegre, che non vorrete...

De Montègre                 - Perdonatemi. Sono i miei terrori di ieri sera che continuano. Insomma... come mai è diven­tato il vostro confidente?

Gianna                          - Semplicemente perché ha forzato la mia confidenza. Sapeva, ignoro come, che eravate lì... (indica la porta dietro il divano) e ha impedito alla signorina Hackandorf di aprire quella porta. Senza da lui ero perduta.

De Montègre                 - Molto strano, però...

Gianna                          - Mi lui offerto, anzi imposto, i suoi ser­vigi. Che fare? Ho accettato. Prevedendo che le sole spiegazioni verbali non vi sarebbero bastate nello stato d'animo in cui eravate, l'ho pregato di consegnarvi quel biglietto che contiene più di quanto io non volessi dire. Dov'è la lettera?

De Montègre                 - (mettendosi la mano sul cuore) Qui.

Gianna                          - Datemela.

De Montègre                 - Perché?

Gianna                          - Per rileggerla.

De Montègre                 - Me la restituirete?

Gianna                          - Datemela. (De Montègre esita) Aspetto.

De Montègre                 - (dandole la lettera) Eccola.

Gianna                          - (legge) «Venite domani. Non domando di meglio che credervi. Gianna ». (Gliela restituisce dopo breve esitazione).

De Montègre                 - E' vero?

Gianna                          - Dev'essere vero, dal momento che l’ho scritto.

De Montègre                 - Quanto bisogno avevo di questa pa­rola di speranza! Proprio non ne potevo più... ero addi­rittura avvilito. Se sapeste che vita ho fatto da quando siete andata via!™ Parevo pazzo! Voi, sempre voi, che non sapevo dove ritrovare. Avrei voluto morire. Mi rin­chiudevo nella mia solitudine e, affacciato alla finestra, rimanevo intere notti a guardare la strada deserta, dicen­domi: «Sii forte, gettati giù, là c'è il riposo ». Ma poi mi sentivo trattenuto dalla speranza, l'eterna vigliacche­ria dell'uomo. E allora vi scrivevo a lungo e aspettavo una risposta che non veniva mai... Perché siete partita, Gianna?

Gianna                          - Perché mia madre voleva viaggiare.

De Montègre                 - E' proprio la vera ragione?

Gianna                          - Mio caro, quando ho lasciato Parigi, vi avevo visto soltanto tre volte in casa di vostra sorella, e non vi avevo mai rivolto la parola. Come avrei potuto supporre che mi amaste? Poi avete cominciato a scri­vermi. Dapprima non ho dato nessun peso alle vostre lettere... poi, a poco a poco, nel silenzio della mia vita deserta, le ho rilette con maggiore attenzione. Mi sono abituata all'idea che qualcuno mi amava e al vostro nome ha preso posto nelle mie abitudini. Mi interessavo a voi, cominciavo a pensarvi e sentivo quasi il bisogno di riavvicinarmi a Parigi, dove voi eravate... A questo punto ho ricevuto la vostra ultima Ietterai. Dicevate di essere deciso a morire se non mi aveste riveduta entro otto giorni. Morire! E' molto, ma è anche possibile... Qualche volta ci ho pensato anch'io... (Pausa) Insomma, sono tornata. Non domando che di credervi. Ma cercate di non ingannarmi. Io, per natura, sono ribelle a qual­siasi specie di dominio e se anche amassi disperata­mente un uomo avrei la forza dì non rivederlo più per tutta la vita se sospettasse di me. Siete avvertito. Tutto ciò che avete detto non conta... Ricominciamo.

De Montègre                 - Che cosa volete che vi dica? Vi amo nel .presente, nell'avvenire e perfino nel passato. Sono geloso non soltanto dell'uomo di cui portate il nome, ma anche di tutti gli altri uomini che hanno il diritto di parlarvi, di guardarvi. Sono geloso di vostra madre, dei vostri pensieri, dei vostri ricordi, di tutto ciò che non sono io, insomma. Chi non ama così, non ama!

Gianna                          - Eterna profanazione dell'amore! Amare con l'animo pieno di paura... Perché allora non odiare su­bito? Se anche vi provassi di essere una donna onesta, mi chiedereste di cessare di esserlo per provarvi che vi amo. Che cosa vi aspettate da me? Sono maritata e quindi non posso essere vostra moglie. Quali speranze vi ha dato la mia lettera? Credete forse che partiremo insieme per cercare la felicità nella vergogna? O che io transi­gerò con la mia coscienza? Ieri sera la signora Leverdet mi consigliava di riaprire la porta a mio marito per sal­vare le apparenze e fare tranquillamente il comodo mio. Mi consigliava le menzogne, la duplicità, le spudoratezze dell'adulterio. Ma io non potrei reggere ad una simile vita. Ho bisogno di amare alla luce del sole e di sentirmi degna del mio amore.. Oh se fossi un uomo, come vorrei elevare al disopra dell'intera umanità la donna che amo! Come vorrei che il nostro sguardo fosse sempre fiero, la nostra emozione sempre pura, la parola casta, la coscien­za libera. Se conosceste la mia vita, che un giorno vi racconterò, vi persuadereste che io non posso amare che cosi, o non amare affatto.

De Montègre                 - Parlate, pariate ancora! La verità è quella che voi dite con la vostra voice fresca e il vostro «guardo d'angelo, Credo all'amore da voi descritto, voglio conoscerlo con voi e per voi. Sarò il confidente dei vo­stri pensieri, l'amante dei vostri sogni, lo sposo della vostra anima, Mi .sacrificherò, immolerò in me tutto ciò che non sarà degno idi voi. Vi amo al disopra di tutto, Gianna, e non toccherò un lembo del vostro abito. E' questo che volete?

Gianna                          - E io vi adorerò! (Si sente bussare alla porta) Avanti! (A Giuseppe che entra) Perché bussate, prima di entrare?

Giuseppe                       - In casa della signora Leverdet bussavo sempre, prima di entrare, quando aveva visite.

Gianna                          - E' un'abitudine che in casa mia dovete per­dere. Che volete?

Giuseppe                       - Il Signor Re Ryons chiede se la signora contessa può riceverlo.

Gianna                          - Certamente. (Giuseppe via) Devo fare delle scuse al signor De Ryons. Allontanatevi un momento. Tornerete fra paco e, appena resterete solo con luigli direte la verità. Trovo che è ancora la soluzione mi­gliore. Perché mentire? (De Montègre esce da una parte e De Ryons entra dall'altra. Gianna gli va incontro e gli porge la mano) Entrate, entrate pure...

De Ryons                      - (ha in mano un pacchetto) Non sapevo se potevo avere l'onore di presentarmi in casa vostra.

Gianna                          - Non mi avete detto che siete mio amico? Non me l'avete provato?

De Ryons                      - Allora, non mi odiate più?

Gianna                          - Non odio più nessuno! Sono così allegra! Comincio a credere alla felicità! Cosa avete in quel pacchetto?

De Ryons                      - Un piccolo regalo per voi. Non si «a mai quel che può accadere.

Gianna                          - (mentre apre il pacchetto) Un regalo? Ve» diamo... Una veletta di granatina bianca... Lo scherzo continua!

De Ryons                      - Non è uno scherzo. E’ un mezzo.

Gianna                          - Un mezzo per arrivare a che cosa?

De Ryons                      - A quello che voglio.

Gianna                          - E che cosa volete?

De Ryons                      - Se ve lo dicessi, non ci arriverei.

Gianna                          - Allora, secondo voi, devo accettare questo velo ?

De Ryons                      - Un velo simile è indispensabile ad una donna che non vuol essere veduta.

Gianna                          - Quando?

De Ryons                      - Quando va dove non deve andare... A Strasburgo, per esempio.

Gianna                          - Ancora?!

De Ryons                      - Dunque, non eravate voi?

Gianna                          - Ma voi lo sapete benissimo, che non ero io!

De Ryons                      - Scommettiamo che prima di due giorni mi direte il contrario?

Gianna                          - Prima di due giorni vi dirò che la signora del treno ero io?!™

De Ryons                      - Sì. Sarete costretta a dirlo e senza che io ve lo chieda.

Gianna                          - (canzonandolo) Guarda guarda.... Sarei pro­prio curiosa di vedere una cosa simile!

De Ryons                      - La vedrete!

Gianna                          - Credo che, in fondo in fondo, siate un po' pazzo.

De Ryons                      - No.

Gianna                          - Peggio per voi. Avreste almeno un'atte­nuante.

De Ryons                      - Non vi preoccupate per me: sono vostro amico e niente altro. Sicché, accettate questo velo?

Gianna                          - Lo accetto.

De Ryons                      - E se per caso, una volta, dovreste fare una gita misteriosa, mi promettete di metterlo?

Gianna                          - Ve lo prometto. Ma non avrò nessuna gita misteriosa da fare. Vi sbagliate mio caro mago. Non mi conoscete. Ecco tutto quello che posso dirvi... E in più vi perdono perché oggi sono felice.

Giuseppe                       - (entra e annunzia) Il signor De Montègre.

De Ryons                      - (« parte) Non è un uomo molto furbo! La sua carrozza era davanti al cancello quando sono ar­rivato e si fa annunziare adesso!.-

De Montègre                 - (entra) Buongiorno, contessa. Mi sono permesso di venire, a chiedere notizie della signorina Leverdet.

De Ryons                      - (a parte) Ben trovata!

Gianna                          - Sta meglio. Anzi abbiamo fatto una passeg­giata insieme. Vado a chiederle se vi può ricevere. Vi la­scio col signor De Ryons... (marcato) un vero amico.» (Esce).

De Montègre                 - (porgendo la mano a De Ryons) Da­temi la mano.

De Ryons                      - Con piacere!

De Montègre                 - Mi pare inutile prolungare il mistero di ieri sera. Sono io che avete fatto uscire da quel sa­lotto

De Ryons                      - (fingendosi stupito) Davvero?

De Montègre                 - Non lo avevate sospettato?

De Ryons                      - Lo sapevo perfettamente, ma preferivo fingere di ignorarlo. Ero convinto però che me ne avreste parlato, oggi stesso.

De Montègre                 - Vi devo una spiegazione.

De Ryons                      - A che scopo? Sono cose che si spiegano da sole.

De Montègre                 - No, quando l'onore di una signora è in gioco. (Solenne) De Ryons, vi dò la mia parola d'onore che non sono mai stato l'amante della contessa De Simerose, che non lo sono e non lo sarò mai.

De Ryons                      - Oh, come mi fate felice!

De Montègre                 - Perché?

De Ryons                      - (mentre lo spia con la coda dell'occhio) Perché allora posso farle la corte io!

De Montègre                 - (suo malgrado) Ah no! Perché questo non mi impedisce di amarla con tutto il cuore, anzi!..

De Ryons                      - ... E di essere amato da lei?

De Montègre                 - Forse.

De Ryons                      - Ci sono. L'amore puro, allora, l'amore platonico, la quintessenza dell'amore?...

De Montègre                 - Canzonatemi quanto volete ma è pro­prio così e ne sono felice!

De Ryons                      - Voi scherzate, mio caro.

De Montègre                 - Ve lo giuro!

De Ryons                      - Siete sincero?

De Montègre                 - Sincerissimo.

De Ryons                      - Allora, date retta a me: partite per la Cina, subito, senza perdere un minuto.

De Montègre                 - Dio me ne  guardi!

De Ryons                      - Male! Perché, prima di urna settimana, la signora che amate sarà irrimediabilmente compromessa.

De Montègre                 - Non vedo perché.

De Ryons                      - Perché non si attacca un cavallo da corsa ad un aratro. Altrimenti, dopo pochi passi, il cavallo tirerebbe tali calci contro le stanghe da spaccare tutto. Ma come siete ingenuo, Montègre! L'uomo ha anche un corpo, sapete?!... Non ha solo l'anima e lo spirito! Se ama solo con l'anima, allora non si rivolga ad una crea­tura terrestre. C'è Dio, sorgente di ogni purezza e di ogni -verità. Ama solo con l'immaginazione?... Allora metta il suo amore in versi e lasci alla posterità un capolavoro, come Dante o Petrarca. Ama solo col corpo?... Sia Casa­nova o Richelieu, faccia scoppiare l'amore pagano sulle guance delle belle ragazze, come quei petali di rosa a forma di bolle che i ragazzi fanno scoppiare sul dorso della mano. (Ride) Ma per un uomo comune, come voi e come me, occorre l'armonia fra le tre cose™ L'amore, insomma, come Dio l'ha voluto! Del resto, guardate, mi basta una sola parola per farvi tornare di colpo alla realtà e farvi tremare dalla testa ai piedi, voi e il vostro puro amore!

De Montègre                 - E la parola sarebbe?

De Ryons                      - Voi amate la contessa al di fuori di ogni pensiero materiale? Sareste disposto a passare la vita in adorazione eternamente rispettosa?

De Montègre                 - Sì.

De Ryons                      - Allora chiudete un momento gli occhi... (Insidioso) Vedete quell'ombra che passa tra voi e lei, ridendovi in faccia? E' l'ombra del marito.

De Montègre                 - (in collera) Non mi parlate di lai!

De Ryons                      - Ecco! Siete geloso di un fatto materiale. Non avevo ragione? Partite, partite per la Cina! No?... Allora fate la corte alla signora Leverdet che ha una passione per voi. Sapete che io so sempre tutto. Nem­meno?... E allora, giacché lo volete assolutamente, rappre­sentate la commedia. (A parte) E siccome sono io che tengo i fili credo che sarà divertente. (Entra il conte De Simerose).

De ìSimerose                 - Chiedo scusa, signori... La contessa De Simerose, per favore...?

De Ryons                      - Siete in casa sua, signore.

De Simerose                  - Non ho trovato che un solo domestico in giardino il quale teneva per la briglia un magnifico «avallo da sella.

De Ryons                      - Il mio!

De Simerose                  - Complimenti! Una vera bestia di razza! Ma il domestico, che non poteva venirmi ad annun­ziare col cavallo... mi ha assicurato che avrei trovato la contessa in questo salotto.

De Ryons                      - La contessa è ira sala da pranzo con la signorina Leverdet. Stavo per prendere congedo da lei. Posso avvertirla.

De Simerose                  - Se non vi dispiace...

De Ryons                      - Chi devo annunziare?

De Simerose                  - Il signor d'Issomère. Vengo per una proprietà che la contessa vuol vendere. Vi domando scusa, signore... (De Ryons lo saluta).

De Ryons                      - (a De Montègre) Venite?

De Montègre                 - No, resto ancora un momento. (De Ryons esce).

De Simerose                  - Quel signore ha veramente un bellis­simo cavallo.

De Montègre                 - (incuriosito) Ve ne intendete?

De Simerose                  - Abbastanza... (Gianna entra e va verso De Simerose).

Gianna                          - (riconoscendolo) Come?... siete voi7

De Simerose                  - In persona.

Gianna                          - (a mezza voce) E perché vi fate annunziare in casa mia con un nome falso?

De Simerose                  - (anche lui a bassa voce) Perché proba­bilmente non mi avreste ricevuto.

Gianna                          - (presentando) Il signor De Montègre... il conte De Simerose, mio marito.

De Montègre                 - Permettetemi di congedarmi, contessa.

Gianna                          - Spero di rivedervi presto. Grazie della visita.

 De Simerose                 - (o parte, mentre segue con l'occhio De Montègre che esce) Ehm! ehm!

Gianna                          - Vi ascolto.

De Simerose                  - (molto cerimonioso e molto uomo di mondo) Prima di tutto vengo a farvi le mie scuse. Vi ho procurato qualche noia accettando l'invito della si­gnora Leverdet. Ma ignoravo che avremmo dovuto tro­varci insieme.

Gianna                          - (breve) Capisco...

De Simerose                  - Poi vengo a chiedervi uni favore, perché ho deciso di lasciare l'Europa

Gianna                          - Per molto tempo?

De Simerose                  - Forse per sempre. Bisogna assoluta­mente che la mia vita abbia uno scopo. Voglio tentare dei viaggi, delle esplorazioni interessanti... ad ogni modo, qualunque siano i pericoli ai quali mi espongo...

Gianna                          - Signore!

De Simerose                  - Rassicuratevi. Non sono venuto per cercare di commuovervi sulla mia probabile sorte. Passo dunque subito al favore che devo chiedervi e che può essermi reso soltanto da una persona che stimo e che amo. Posso contare su voi?

Gianna                          - (dopo breve pausa) Sì.

De Simerose                  - Badate però che quello che devo chie­dervi non può essere conosciuto da nessuno. A questo solo patto potrei parlarvi. In caso diverso potete conge­darmi subito, signora.

Gianna                          - Nemmeno da mia madre?

De Simerose                  - Nemmeno da vostra madre.

Gianna                          - Vi ascolto.

De Simerose                  - Grazie. Siete una donna alla quale non occorre chiedere ne promesse né giuramenti. Ecco di che si tratta. Mi interesso molto, e mi interessavo già prima di conoscervi, ad un ragazzo ancora troppo giovane perché lo possa condurre con me. Sono la sua sola fami­glia; non ha più madre e non ha padre. Ha cinque anni. E' un bimbo pieno di intelligenza e di grazia. Volete occuparvi di lui durante la mia assenza e andarlo a visi­tare di tanto in tanto?

Gianna                          - Volentieri...

De Simerose                  - Più tardi, se vi piacerà e se sarà degno di un affetto serio e continuato, niente e nessuno vi impe­dirà di prenderlo con voi. Un giorno dovrete pure amare qualcuno perché non potete attraversare la vita così, senza un affetto. Sarà una buona azione, sapete! Se invece un giorno tornerò, magari fra molti anni, ci metteremo d'ac­cordo sul modo di educare quel ragazzo, anche separa­tamente, e di farne un uomo. Se non dovessi ritornare, e se non vi rimariterete, adottatelo quando sarete in età di farlo. In ogni caso gli lascio il mio nome per testa­mento, con questo stesso testamento che vi prego di cu­stodire. (Le consegna un plico) Lascio a voi tutta la mia fortuna... a titolo di deposito, rassicuratevi. E voi la trasmetterete, quando lo giudicherete conveniente, al bambino. Ora si trova in campagna, affidato a della buona gente. L'indirizzo è su questa lettera con la quale vi dò pieni poteri su lui.

Gianna                          - Va bene. Vi ringrazio della vostra fiducia.

De Simerose                  - Parto domani. Se prima di allora avrete qualche cosa da farmi dire, tenete presente che sono nel mio vecchio appartamento di scapolo. Mi permetterò di scrivervi qualche volta e di chiedervi notizie di Riccardo. E' il nome del bambino.

Gianna                          - (commossa) Il vostro nome?

De Simerose                  - Lo stesso.

Gianna                          - Riceverete regolarmente sue notizie.

De Simerose                  - Grazie. Arrivederci, contessa... Addio, volevo dire.

Gianna                          - Addio. (De Simerose esce).

De Montègre                 - (non appena Simerose è uscito, entra dalla porta dietro la quale era nascosto nel quadro pre­cedente) Dunque...?

Gianna                          - (che non si era accorta di lui sussulta) Era­vate lì?

De Montègre                 - Sì.

Gianna                          - In quella stanza?

De Montègre                 - Giacché m'avete autorizzato ieri...

Gianna                          - (dura) Ieri, non oggi!

De Montègre                 - Perdonatemi! Non credevo... Ero impa­ziente di sapere che cosa il conte veniva a fare.

Gianna                          - A parlarmi d'affari... ad affidarmi dei docu­menti.

De Montègre                 - Documenti?

Gianna                          - Sì. Parte.

De Montègre                 - Per molto tempo?

Gianna                          - Per sempre.

De Montègre                 - (con gioia) Allora perché siete così turbata ?

Gianna                          - Non mi aspettavo una simile visita... Mi ha fatto male... (Congedandolo) E ora, addio.

De Montègre                 - Volete che me ne vada? Diggià?

Gianna                          - Ho bisogno di restar sola... vi prego...

De Montègre                 - Ditemi che mi amate, Gianna.

Gianna                          - (senza guardarlo) Sareste qui se non vi amassi ?

De Montègre                 - A domani. (Gianna fa cenno di sì e De Montègre esce. Va subito al tavolo dove sono le carte datele da De Simerose, poi si avvicina alla finestra e guarda De Montègre che si allontana. Fa con la testa un segno che può sembrare affettuoso ma è evidente che non pensa a lui in questo momento. Torna al tavolo sul quale sono le carte, le legge attentamente e poi le ripone. Riflette un momento, poi come se avesse preso una deci­sione improvvisa, va verso il campanello e suona. La cameriera entra) La mia mantiglia e il cappello. Presto, Annetta. (La cameriera va a prendere le cose richieste).

La Cameriera                - E non mettete un velo?

Gianna                          - Sì... (Indicando il velo di granatina bianca che è sul divano) Datemi quello... (A parte, mentre esce) Si vede proprio che De Ryoms è profeta... (Buio).

QUADRO TERZO

(La stessa scena del quadro precedente, qualche ora dopo. Pomeriggio. Quando il sipario si alza la signora Leverdet è sola. Un attimo dopo entra De Montègre visi­bilmente agitato).

De Montègre                 - Buon giorno, cara signora Leverdet. Giuseppe mi ha detto che siete qui dia molto tempo.

Ortensia                        - Già, aspetto la padrona di casa. E' uscita a mezzogiorno... sono le quattro e non è ancora ritornata.

De Montègre                 - E la signorina Balbina?

Ortensia                        - E' in giardino. (Osservandolo) Ma che avete ?

 

De Montègre                 - Mi siete «umica, non è vero?

Ortensia                        - (con calore) Non dovreste dubitarne! Pro­prio voi! (Gli afferra la mano. De Montègre se la lascia stringere pensando ad altro).

De Montègre                 - Allora dovete dirmi tutto quello che sapete.

Ortensia                        - Di chi?

De Montègre                 - Della contessa De Simerose.

Ortensia                        - Innamorato? Eppure vi avevo prevenuto!... Quella donna vi farà soffrire... In quanto alle informazioni che mi chiedete non posso dirvi altro che questo: la conosco poco. E' mia vicina di villa, ecco tutto. A che punto siete con lei?

De Montègre                 - Abbiamo avuto stamane un colloquio. Le ho detto che l'amo...

Ortensia                        - E Gianna?

De Montègre                 - Mi ha lasciato capire che potrebbe amarmi.

Ortensia                        - Per un primo colloquio era abbastanza!

De Montègre                 - (con amarezza) Oh non si è impegnata molto... non si è parlato che di amore platonico per ora... poi De Ryons è venuto ad interromperci ed ero con lui quando si è presentato il conte De Simerose.

Ortensia                        - (vivamente) De Simerose? E ha visto sua moglie?

De Montègre                 - Sì.

Ortensia                        - Siete stato presente al colloquio?

De Montègre                 - No, ma appena il conte si è congedato sono rientrato.

Ortensia                        - Siete proprio certo che fosse il conte?

De Montègre                 - Per bacco! Ci ha presentati! Perché? ... la credereste capace di...?

Ortensia                        - (con un certo calore) Un bel giovane, alto, elegante, con un'aria insolente?

De Montègre                 - Sì sì.

Ortensia                        - E' lui! Sarà venuto per annunziarle la sua partenza e fare un ultimo tentativo. Lascia Parigi domani. Stasera verrà da noi per chiedere a mio marito qualche informazione sul suo viaggio. Continuate.

De Montègre                 - Dopo il colloquio mi è parsa turbata. Mi ha pregato di lasciarla sola, ma non so per quale presentimento, invece di allontanarmi, mi sono messo a girare intorno alla villa.

Ortensia                        - Voi non cambierete mai!

De Montègre                 - Un quarto d'ora dopo la contessa è uscita col volto coperto da un velo fittissimo. Evidente­mente aveva dei motivi per non farsi riconoscere. Aggiun­gete che era a piedi, senza carrozza e senza domestici. Ha preso il treno della mezza e anch'io sono salito in un altro scompartimento. Giunta a Parigi ha noleggiato una vettura e si è fatta condurre al Viale Wagraam.

Ortensia                        - Nei nuovi quartieri?

De Montègre                 - Appunto. Si è fermata al palazzo nu­mero 67, ha pagato la vettura ed è entrata. Cinque minuti dopo sono entrato anch'io e ho scoperto il trucco. Era uscita dall'altro portone che dà su Via delle Signore. Il palazzo ha due uscite; evidentemente la contessa lo sa­peva e se n'è servita per far perdere le sue tracce.

Ortensia                        - Non c'è male! E' furba l'amica!... Aveva previsto proprio tutto.

De Montègre                 - Allora ho ripreso il treno e sono corso a casa vostra. Mi hanno detto che eravate qui ed eccomi. Vi prego, vi supplico di essere sincera. Voi dovete cono­scere bene la contessa come conoscete tutte le persone che ricevete. Ditemi la verità, in nome del cielo!

Ortensia                        - Non posso lare che delle supposizioni...

De Montègre                 - Sentiamole.

Ortensia                        - Vi dirò... la credevo in coscienza la donna più onesta del mondo, la più inattaccabile... mia ora, dopo quanto mi avete detto, comincio a credere che non sia al primo passo falso. Troppa sicurezza, troppa abilità nel mentire! Quella cara, piccola contessa ci ha messo tutti nel sacco. Però voi mi avete parlato solo incidentalmente di De Ryons... e invece è molto importante. Che cosa rappresenta in tutta questa faccenda quel volpone?

De Montègre                 - Ieri sera, dopo cena, mi permise di aspettarla in quel salottino. (Indica) Quando tutti «e ne fossero andati...

Ortensia                        - (acre) Vi avrebbe ricevuto? Di bene in meglio!

De Montègre i               - Ma poi vostra figlia si è sentita poco bene e lei non ha potuto restar sola. Allora ha incaricato De Ryons di farmi uscire e di consegnarmi il biglietto.

Ortensia                        - Lo dicevo, io! Bisogna far parlare De Ryons. Qui sotto c'è un mistero del quale De Ryons è il confidente o il protagonista. Si conoscevano certamente prima di incontrarsi in casa mia. Anche quella storiella di ieri... quel viaggio a Strasburgo complicato di parole inglesi... Quei due sono più furbi di voi, ma io sono più furba di loro. Lasciate fare a me!

De Montègre                 - Grazie. (Fa l'atto di allontanarsi).

Ortensia                        - Dove andate?

De Montègre                 - Vado a cercare De Ryons. Voglio sapere tutto, dall'a alla zeta. Se crede di ricominciare la storia di Fanny si sbaglia di grasso. (Va a prendere il cappello ed esce di furia).

Ortensia                        - (sola) Tanto peggio per quella cara piccola contessa! Dopo tutto De Montègre piaceva a me e lei me l'ha soffiato! (Entra Elena che si incontra sulla porta con De Montegre).

De Montègre                 - (di slancio) Ah signorina Hackendorf! Perché non ho amato voi!? (Via a precipizio).

Elena                             - (lo segue con lo sguardo scrollando la testa) E' pazzo!

Ortensia                        - Poco ci manca.

Elena                             - Allora è un'epidemia! Balbina, con la quale sono rimasta un quarto d'ora, non mi ha nemmeno rivolto la parola. Pareva che volesse picchiarmi. Eppure non le ho fatto niente. E' stata sempre molto carina con me.

Ortensia                        - Stramberie di ragazze. Non ve ne preoccu­pate. Sapete se Gianna è rientrata?

Elena                             - Non credo... (Entra De Ryons).

De Ryons                      - (inchinandosi) Signore... Che delizioso quadretto!

.

Ortensia                        - Non avete incontrato De Montègre? E' uscito adesso...

De Ryons                      - (esagerando) Oh, peccato!

Ortensia                        - Veniva a casa vostra.

De Ryons                      - Non mi troverà, probabilmente. Ma que­sta piccola corsa non potrà che giovargli. E' un uomo troppo sanguigno. Bisogna che cammini, che cammini molto. Sapete che cosa voleva dirmi?

Ortensia                        - Forse... ma non voglio privarvi del piacere di indovinarlo, visto che fate professione di indovino. A proposito: che pensate della contessa De Simerose, ora che l'avete vista a tavola? Quali sono le condizioni del suo cuore? Non me l'avete ancora detto.

De Ryons                      - Devo essere franco?

Ortensia                        - Se non è una pretesa eccessiva...

De Ryons                      - Ebbene: credo che sia la donna più onesta del mondo.

Ortensia                        - Ah! Davvero ?!

De Ryons                      - Sì.

Ortensia                        - Si vede che siete suo amico.

De Ryons                      - Infatti., sono quasi di casa..- E' la seconda visita che le faccio oggi.

Ortensia                        - E Gianna ve le restituisce le vostre visite?

De Ryons                      - Non ancora.

Ortensia                        - Dove abitate?

De Ryons                      - Vi proponete forse di accompagnarla quando verrà? Avvertitemi, ve ne prego, farò accendere tutte le luci.

Ortensia                        - E farete benissimo, specialmente se abitate in quartieri deserti, come per esempio in Viale Wagraam.

De Ryons                      - Non vi capisco.

Ortensia                        - Come? La vostra nuova amica non vi ha detto di esserci andata oggi? Ah ah! Allora ha dei segreti anche per voi! Siete astuto, caro De Ryons, ma non è una vostra esclusiva specialità! Comunque, avrete potuto convincervi che anch'io non sono una sciocca. Una donna la fa anche al diavolo, ricordatelo. E ora arri­vederci.

De Ryons                      - (sorpreso) Arrivederci...

Ortensia                        - (a Elena) Probabilmente, cara, non avrete capito molto di quanto abbiamo detto. Ma quando si è in guerra, bisogna andar cauti e non scoprire i propri piani. (L'abbraccia. Poi a De Ryons) A stasera... (Esce).

De Ryons                      - (la segue con lo sguardo scrollando la testa) E' pazza!

Elena                             - Anche lei?!

De Ryons                      - Però è una buona donna... per i miopi, e una donna onesta... per i ciechi. (Pausa).

Elena                             - (guardandolo) E allora?

De Ryons                      - (con aria ingenua) Allora... che cosa?

Elena                             - Scusate: che ore sono?

De Ryons                      - (guardando la pendola) Le cinque.

Elena                             - Che cosa avreste dovuto fare oggi dalle due alle quattro?

De Ryons                      - Oggi... dalle due alle quattro?... (Finge di cercare nella memoria).

Elena                             - Davvero, non siete molto gentile!

De Ryons                      - Ho una memoria talmente labile!

Elena                             - Vi aiuterò io. Dovevate venire da mio padre per chiedere la mia mano.

De Ryons                      - (battendosi la fronte) Ma è vero! Oh che testa! Vi faccio le mie scuse! Come ho potuto dimenti­carlo? E vostro padre?

Elena                             - Mio padre era stato avvisato e vi aspettava con tutti i suoi libri di cassa.

De Ryons                      - Come?... Avrebbe acconsentito?

Elena                             - Certo.

De Ryons                      - A che gioco giochiamo, signorina?

Elena                             - (seria) A nessun gioco.

De Ryons                      - (interdetto) Spero che abbiate considerato le mie parole di ieri come uno scherzo. \

Elena                             - No, affatto.

De Ryons                      - Avete creduto realmente che oggi vi avrei chiesta in isposa?

Elena                             - L'ho creduto realmente.

De Ryons                      - E avreste accettato di diventare mia moglie?

Elena                             - Sì.

De Ryons                      - Che curiosa ragazza! Fra tutti quelli «he vi circondano c'è un uomo, uno solo, che non ha nessuna voglia di sposarvi, che si infischia dei vostri milioni, che vi dice qualche volta delle verità crude invece di adularvi come gli altri e voi non vi date pace finché non lo avete aggiogato al vostro carro. Nora potete sopportare che un misero mortale «fugga al vostro dominio ; bisogna asso­lutamente che si sottometta, affinché parlando di lui pos­siate dire: ecco un altro che ho rifiutato! Va bene, ve la darò questa soddisfazione se vi occorre per divertirvi un momento. Bisogna sempre fare tutto quello che si può per distrarre una bella donna.

Elena                             - Quante sciocchezze! E vi vantate di essere un uomo intelligente?... I miei milioni mi offrono almeno, questo vantaggio sulle altre ragazze: di dire ciò che penso senza essere accusata di farlo per calcolo. Tutte le volte che ho parlato di voi ho detto che eravate il solo uomo che avrei acconsentito a sposare.

De Ryons                      - Eravate voi la moglie che mi proponeva la signora Leverdet?

Elena                             - Probabilmente. (Con un po' di malinconia) Capisco però che la vostra indifferenza è sincera. Un uomo superiore non sposa una ragazza come me. Per farlo bisogna essere un vanitoso, uno speculatore o uno sciocco. E' così, non è vero? Non v'importa niente della mia dote e anzi mi trovate un pò ridicola. Peccato, però, perché sarebbe una buona azione. Dopo tutto, non sono peggiore delle altre... e potrei diventare una buona moglie se trovassi un marito intelligente che sapesse compren­dermi e dominarmi. Finora non ho trovato che degli uomini inferiori a me. E invece ho bisogno di un pa­drone, di un uomo come voi... Sacrificatevi De Ryons. Sposatemi.

De Ryons                      - (dopo averla guardata un momento) Siete troppo bella.

Elena                             - E' così facile invecchiare!

De Ryons                      - Siete troppo ricca!

Elena                             - E' così facile rovinarsi!

De Ryons                      - Quando deve chiedere la vostra mano il signor De Chantrin?

Elena                             - Stasera.

De Ryons                      - Allora si ricevono domande anche di sera?

Elena                             - Sì, siamo stati costretti...

De Ryons                      - ...a protrarre l'orario di chiusura?

Elena                             - Appunto.

De Ryons                      - Rispondete al signor De Chantrin che prima di dargli una risposta esigete che si tagli la barba.

Elena                             - E se se la taglia?

De Ryons                      - Non desidero altro, per ora.

Elena                             - E che cosa gli risponderò quando si ripre­senterà con la sua barba in mano a reclamare il com­penso?

 De Ryons                     - Gli direte che frattanto avete riflettuto e che volete aspettare che la barba gli sia ricresciuta per fare il paragone.

Elena                             - Sta bene.

De Ryons                      - Non mi chiedete nemmeno perché vi dico di farlo?

Elena                             - Evidentemente perché c'è una ragione.

De Ryons                      - Brava! Comincio a credere che andremo d'accordo.

Elena                             - Lo credo anch'io. (Entra Gianna).

Gianna                          - (mentre saluta Elena) Avete un'aria molto felice, cara Elena!

Elena                             - Infatti sono molto felice. Voi, invece, mi sembrate piuttosto triste.

Gianna                          - Piccole noie...

Elena                             - Raccontatele al signor De Ryons. Lui ha un rimedio per tutto ed è il migliore degli amici. (Esce).

De Ryons                      - Cosa c'è?

Gianna                          - Avete parlato di ime con qualcuno? Con la signora Leverdet, per esempio?

De Ryons                      - Sì. Abbiamo parlato di voi poco fa. Ma ho detto soltanto quello che potevo dire. Perché?

Gianna                          - E' stato fatto tra voi il nome del signor De Montègre?

De Ryons                      - Mai.

Gianna                          - La signora Leverdet sia tutto. Come lo spie­gate, allora?

De Ryons                      - Semplicissimo. De Montègre è un ingenuo e la crede una buona donna. L'ha scelta per sua confi­dente. Lei è innamorata di De Montègre ed è gelosa di voi... e quando una donna di quaranta anni è gelosa diventa feroce.

Gianna                          - Sapete che cosa imi ha detto poco fa? Oh, una scena disgustosa! Che la sua casa è aperta solo alle donne irreprensibili!

De Ryons                      - E come fa a rientrare in casa, allora?

Giuseppe                       - (annunziando) Il signor De Montègre.

De Ryons                      - Gli avvenimenti precipitano.

De Montègre                 - (entra e saluta riuscendo appena a domi­narsi) Vengo da casa vostra signor De Ryons. Volevo dirvi qualche cosa.

De Ryons                      - Sono a vostra disposizione.

De Montègre                 - Una spiegazione che può aver luogo qui se la contessa lo consente. Si tratta appunto di lei.

Gianna                          - Di me?

De Montègre                 - Proprio così. E poiché il signor De Ryons è a parte dei vostri segreti meglio vale spiegarci francamente a viso aperto.

Gianna                          - Come volete.

De Montègre                 - Permettete che mi rivolga prima al signor De Ryons. Tra gli uomini le spiegazioni sono più brevi. (A De Ryons) Volete darmi la vostra parola d'onore che prima di incontrare la contessa De Simerose in casa. Leverdet non la conoscevate né di nome né di vista?

Gianna                          - (a De Ryons) Vi prego di non rispondere.

De Montègre                 - Perché?

Gianna                          - Perché trovo che la domanda è offensiva.

De Montègre                 - Non l'ho rivolta a voi.

Gianna                          - Ma il signor De Ryons è in casa mia, si tratta di me, e credo che sia giunto il momento di una spiega­zione definitiva, della quale però io sola ho il diritto di porre i termini. Vogliate dunque chiedere a me in me­ senza del signor De Ryons, che è un amico, ciò che volete sapere. Giudicherò se devo rispondervi e che cosa devo rispondere. '

De Montegre                 - Perché mi avete mentito dicendomi di voler rimanere sola mentre invece siete uscita appena vi ho lasciata?

Gianna                          - Prima mi piaceva di esser isola e poi mi è piaciuto di uscire. Sono assolutamente padrona di fare ciò che voglio.

De Montegre                 - Dove siete andata?

Gianna                          - Lo sapete benissimo perché mi avete seguita.

De Montegre                 - Allora mi avete visto?

Gianna                          - Naturalmente!

De Montegre                 - E per questo vi siete fatta condurre in quel palazzo a doppia uscita?

Gianna                          - Non avevo altro modo per sottrarmi ad un inseguimento indegno di voi e di me.

De Montegre                 - E dove andavate se avete sentita il bisogno di nascondervi?

Gianna                          - Non sono tenuta a dirvelo.

De Montegre                 - Però io lo so.

Gianna                          - Mi stupisce.

De Montegre                 - (minaccioso) Non vi burlate di me! Non sapete chi sono io!

Gianna                          - Comincio a saperlo... Sicché, secondo voi, dove andavo?

De Montegre                 - E' molto facile indovinarlo. Quando si prendono tante precauzioni... (Non osa continuare).

Gianna                          - Dove, allora...?

De Montegre                 - (si risolve) In casa di un amante!

Gianna                          - (rimane un momento turbata, poi si allontana da De Montegre torcendo i guanti con rabbia. Infine li getta sul tappeto e dice fra i denti) Imbecille! (Breve pausa. A De Ryons) Volete sonare, per favore? (De Ryons eseguisce).

De Montegre                 - Che fate? Mi mettete alla porta?

Gianna                          - (congedando De Montegre in presenza di Giu­seppe che è entrato) Mi scuserete, signor De Montegre, ma devo uscire... (A Giuseppe) Fate attaccare.

De Montegre                 - (a Ce Ryons mentre Giuseppe si ferma davanti alla porta per lasciarlo passare) Venite an­che voi?

Gianna                          - (a De Ryons) Restiate, ve ne prego.

De Montegre                 - Addio, contessa.

Gianna                          - Addio, signore. (De Montegre esce).

De Ryons                      - (un po' in disparte verso il caminetto) Ci siamo! 0 io sono un imbecille o vedremo qualche cosa di interessante.

Gianna                          - (che frattanto è andata su e giù nervosa, si ferma all'improvviso e guarda De Ryons dall'altro lato della scena) Allora sarebbe questo il vero amore, l'amore puro, l'amore eterno? Tutte le sue promesse di stamani?...

De Ryons                      - (molto calmo) Oh Dio, sì... purtroppo...!

Gianna                          - (sempre più agitata) L'uomo che si sposa ci inganna, e l'uomo...

De Ryons                      - (c. s.) ...che si ama ci insulta.

Gianna                          - (montandosi) E una donna non dovrebbe vendicarsi?

De Ryons                      - Anzi! U proprio in queste occasioni che li vendica!

Gianna                          - (con crescendo) Come la dama dal velo bianco...

De Ryons                      - (avvicinandosi) Come la dama dal velo bianco... (A parte) Ci siamo!

Gianna                          - Se la ritrovaste, che fareste per lei?

De Ryons                      - Qualunque cosa mi chiedesse.

Gianna                          - Acconsentireste a partire con lei, a condurla in capo al mondo, a dedicarle tutta la vita in cambio del suo onore?

De Ryons                      - (avvicinandosi ancora di più e con finta emo­zione) Tutto! A patto che la ritrovi.

Gianna                          - Ve ne prego, raccogliete i miei guanti. (De Ryons si china e quasi in ginocchio le porge i guanti senza lasciarla con gli occhi per non perdere nulla di ciò che essa dirà. Gianna fissandolo) Thank you, Sir...

De Ryons                      - Voi?...

Gianna                          - - Io, si! (De Ryons allunga le mani verso di tei con passione).

De Ryons                      - Gianna! (Le prende la mano. Essa indie­treggia con un gesto istintivo di pudore e di spavento senza però che De Ryons abbandoni la sua mano. De Ryons all'improvviso cambia tono e le parla come ad una bambina) Non sta bene, cara signora, mentire così! Tutta la storiella che vi ho raccontata non è vera! Io non sono mai andato a Strasburgo. (Mentre dice questo ha lasciato la mano di Gianna. Però è rimasto in ginocchio incro­ciando le mani e piegandosi un po' all'indietro).

Gianna                          - (si lascia cadere su una sedia nascondendosi il viso tra le mani) Come sono infelice!

De Ryons                      - (si alza. Con brio) Che cosa vi avevo predetto? Che voi stessa mi avreste raccontato... Non pian­gete! Tutto questo non era che un'astuzia per salvarvi. Via via!... asciugatevi le lacrime e rispondete al vostro amico.

Gianna                          - Oh, mio Dio! Mio Dio!

De Ryons                      - (con dolcezza) Volete rispondermi?

Gianna                          - (sempre fra le lacrime) Sì... sì…

De Ryons                      - Ma bisogna dirmi tutto! (Gianna fa segno di sì mentre si asciuga gli occhi. De Ryons assume un tono paterno) Imputata! Esamineremo le cose dal principio, va bene? Chi vi ha educata?

Gianna                          - Mia madre.

De Ryons                      - Vi amava?

Gianna                          - Mi adorava.

De Ryons                      - Avete fatto un matrimonio d'amore?

Gianna                          - (con un sospiro) Sì.

De Ryons                      - Perché avete abbandonato vostro marito?

Gianna                          - Perché mi ingannava.

De Ryons                      - Con chi?

Gianna                          - (dopo uno sforzo, con disprezzo) Non co­nosco il nome di quella persona.

De Ryons                      - Credo di cominciare a capire. Dopo quanto tempo dal matrimonio vi ha ingannato?

Gianna                          - Dopo un mese.

De Ryons                      - E' un po' presto! E che scusa aveva?

Gianna                          - (raddrizzandosi con orgoglio) Nessuna!

De Ryons                      - Però, quando si commette un errore, si crede sempre di avere una scusa. Qual'era la sua?

Gianna                          - (in tono di rimprovero) E' molto divertente leggere fino in fondo al cuore di una donna?

De Ryons                      - (con dolcezza) Non sono guidato «dalla curiosità, lo sapete. Sento che nella nostra vita c'è un segreto: voglio conoscerlo per salvarvi se è ancora pos­sibile

Gianna                          - (breve pausa. Poi risolvendosi) Avete una sorella De Ryons?

De Ryons                      - No.

Gianna                          - Allora non potete sapere che cosa sia una ragazza allevata come lo ero io. Si sente parlare del ma­trimonio senza farci la minima idea del suo vero signi­ficato. Si associa a questa unione la villeggiatura, i viaggi, il piacere di essere elegante, l'orgoglio di sen­tirsi chiamare signora. Un giorno quella ragazza incon­tra un uomo giovane -che si occupa di lei più che delle altre. E' il primo uomo del quale non ha voglia di ri­dere... Il cuore comincia a batterle forte... la natura, la poesia, la musica, i fiori diventano i loro intermediari. Di tanto in tanto un sorriso, una stretta idi mano... La sera si sogna dolcemente, la notte si dorme di un sonno casto... Nulla la turba... essa crede che il matrimonio sia l'unione di due esseri che si amano e che vogliono trascorrere la vita insieme... coma suo padre e sua madre, i quali si danno del voi e non si baciano mai in sua presenza- Finalmente dopo una Cerimonia religiosa, nella quale gli angeli stessi sembrano far festa, la ra­gazza pia, romantica, ignorante, ai trova in balìa di un uomo il quale sa che cosa è l'amore, lui! Che diventano allora i pudori, i «ogni, la purezza della ragazza, rica­dendo dal cielo sulla terra? Molte donne chiudono gli occhi e si rifugiano nella maternità. Ma ve ne sono altre, invece, che si spaventano, si ribellano e hanno bisogno di una tregua alla realtà che le disgusta. Allora il ma­rito, orgoglioso e impaziente, ferito nel suo amor pro­prio, va a portare alla prima venuta quell'amore che la sposa aveva giudicato indegno di lei. E la povera sposina, che in fondo non è che una donna, comincia a torturarsi, a essere gelosa, finché un giorno scappa e torna da sua madre. Ma la sua vita è spezzata...

De Ryons                      - (che ha ascoltato prima con stupore e poi con emozione) . Ma allora, voi?... (Come fra sé) Oh, bontà divina! Io che credevo di avere tutto previsto con le donne, questa proprio non l'avevo prevista! Ora posso ammogliarmi! (Altro tono) E... dopo la vostra separa­zione?

Gianna                          - Ho viaggiato, ho pregato, ho «offerto, poi mi sono scoraggiata, poi ho voluto morire e infine ho voluto amare.

De Ryons                      - E avete creduto che De Montègre potesse comprendervi?

Gianna                          - Sì.

De Ryons                      - E il visitatore di stamane?

Gianna                          - Era il conte De Simerose, mio marito. E' venuto ad annunziarmi la sua partenza e a chiedermi un favore.

De Ryons                      - E' per rendergli questo favore, che siete Uscita ?

Gianna                          - Sì. E siccome mi aveva fatto promettere che sarebbe stato un segreto tra me e lui, accorgendomi di essere seguita da De Montègre mi sono fatta condurre da una mia amica che ha una casa con doppia uscita e ho adempiuto alla mia missione.

De Ryons ------------- - Povera cara! E tornando avete trovato la signora Leverdet che ha fatto la virtuosa con voi  e De Montègre che vi ha insultata. Allora, dubitando dell'onestà, avete perduto la testa e vi siete gettata nelle mie braccia, senza amarmi, con una brutta menzogna, per finirla una volta per sempre...

Gianna                          - Oh, come dovete disprezzarmi!

De Ryons                      - Disprezzarvi?! E' rispetto, venerazione, che provo per voi... Mia povera figliuola! Ma voi amate vostro marito, lo avete sempre amato, non avete amato che lui! E forse non ne dubitate nemmeno.

Gianna                          - (come una bambina) Credo che abbiate ra­gione... Stamane quando era qui, quando l'ho visto par­tire, l'ho capito così bene! Lo amo, lo amo, De Ryons! Salvatemi!

De Ryons                      - (pensieroso) Certamente che vi salverò». ma non si tratta di una cosa molto semplice, sapete!

Gianna                          - Perché? Bisogna soltanto impedire al conte De Simerose idi partire domani. Ecco tutto. Non ho più orgoglio e andrò a trovarlo.

De Ryons                      - E... l'altro? Vi dimenticate dell'altro?

Gianna                          - (candida) Quale altro?

De Ryons                      - Ecco le donne! Non se ne ricorda nean­che più! Ma il signor De Montègre... l'uomo della fore­sta... l'uomo dell'amore puro!... Che cosa ne facciamo?

Gianna                          -: Ma io non l'amo e non l'ho mai amato! Che m'importa di De Montègre?

De Ryons                      - Magnifico! Però lui vi ama e alla sua maniera, che non è molto comoda. Quante lettere gli avete scritto?

Gianna                          - Una sola. Quella che gli avete dato voi.

De Ryons                      - Molto compromettente?

Gianna                          - Oh, due parole: « Venite domami, non do­mando di meglio che credervi ».

De Ryons                      - Era firmata?

Gianna                          - Naturalmente!

De Ryons                      - Male! Quella sola lettera basta per per­dervi, mia cara. Se mai avrò una figlia, parlerà tutte le lingue ma non ne scriverà nessuna, parola d'onore! Biso­gna che quella lettera vi sia restituita. Non deve restare la minima traccia della vostra imprudenza. Capite? Mi autorizzate a richiedergliela?

Gianna                          - (già impaurita) Ma certo, certo!

De Ryons                      - Stasera pranzate dalla signora Leverdet?

Gianna                          - Veramente, dopo la scena ridicola che mi ha fatta, avevo deciso...

De Ryons                      - Dovete andarci, invece. E non vi stupite di qualunque cosa possa dirvi De Montègre, Capite bene: non vi stupite di nulla. Forse bisognerà anche mentire... e sarà la vostra punizione! Accettate tutti i suoi sospetti e tutte le sue accuse. Non dovete che muovere la testa così... (Fa un movimento col capo come per dire      (« sì ») Sempre. A tutto. Siamo d'accordo? Del resto ci sarò anch'io.

Gianna                          - (perplessa) Ricomincio a non capire nulla. Ma mi fido ciecamente di voi.

De Ryons                      - E fate bene. Volete darmi la mano? (Le bacia la mano col massimo rispetto) Vi salverò... « signo­rina »! (Gianna volge il capo e sorride arrossendo confusa).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

(In casa Leverdet, la stessa scena del primo atto. Qual­che ora dopo, sera).

Leverdet                       - (entra con dei fogli in mano) Ecco fatto! Domani leggerò la mia relazione all'Accademia... (A Or­tensia che entra) E' tornata Balbina?

Ortensia                        - Sì, sono andata io a riprenderla.

Leverdet                       - Come sta?

Ortensia                        - Di salute, bene. E' i'1 cervello che non è posto... Leggete! (Gli porge una lettera).

iLeverdet                      - Di chi è questa lettera?

Ortensia                        - Di vostra figlia.

Leverdet                       - A chi scrive?

Ortensia                        - A noi.

Leverdet                       - Oh bella! Non sa più parlare?

Ortensia                        - Leggete, leggete!

Leverdet                       - (leggendo) « Miei cari genitori, perdonate a vostra figlia il "dispiacere " che sta per procurarvi... » (Parlato) Dispiacere con due «e ». E' proprio lei! (Legge) « ..ma non posso più nascondervi la risoluzione presa. Sono «tanca del mondo e dei suoi vani piaceri! Anche ieri ne ho fatto una dolorosa « esperienza ». (Parlato) Esperienza con la « s »! Quella ragazza non passerà mai agli esami. (Legge) « Voglio trascorrere la vita in soli­tudine e dedicarmi alla consolazione dei miei simili e degli altri. Vi prego dunque di permettermi di entrare in un convento. Voglio farmi suora di carità. Vi sarò riconoscente se acconsentirete al più presto, affinché io possa pregare Dio per voi, miei buoni genitori, perché vi riunisca in paradiso con la vostra rispettosa figlia Bal­bina ». (Parlato) E voi, che cosa le avete detto?

Ortensia                        - Che era matta!

Leverdet                       - Malissimo!

Ortensia                        - Come?! Acconsentireste, forse?

Leverdet                       - Perfettamente.

Ortensia                        - Ma io mi oppongo!

Leverdet                       - E con quale diritto, mia cara?

Ortensia                        - Sono sua madre!

Leverdet                       - E io non sono suo padre, dopo tutto?

Ortensia                        - Sì.

Leverdet                       - Meno male. Mi fa piacere sentirmelo affer­mare. Dunque, è deciso. La felicità di Balbina consiste nel farsi monaca? Facciamo la sua felicità e soprattutto faccia­mola presto, perché io non sono più giovane e ho molto da lavorare. II giorno in cui avrà cambiato parere la riporteremo a casa. Se non lo cambierà, resterà dov'è. Esistono monache? Sì. Dunque, ce ne sarà una di più! Aspettiamo fino a domani, perché stasera abbiamo gente a pranzo. E del resto bisogna che saluti il suo padrino.

Ortensia                        - Credo che De Targettes non verrà.

Leverdet                       - Infatti, si è lamentato con me perché in casa nostra si mangia male. E ha ragione, poveretto! Perché vi ostinate a tenere quella cuoca che non gli garba? Quando si hanno degli amici da vent'anni, si può ben fare qualche «osa per loro!

Ortensia                        - Non posso gettare all'aria tutta la casa per il signor De Targettes. Perché non prende moglie? Che cosa aspetta?

Leverdet                       - Ecco! La vostra eterna manìa di ammo­gliare la gente! Ho un amico, un eccellente amico che la sera è il mio compagno di gioco, e voi me lo volete am­mogliare. Niente! Niente! Gli parlerò io e ci metteremo d'accordo. Un'altra cosa: vi siete ricordata di ringraziare la contessa?

Ortensia                        - Sì.

Leverdet                       - Ieri sera è stata squisita con Balbina. Che donna deliziosa! Io l'adoro...

Ortensia                        - E io la detesto. Sappiate che la contessa non ha un contegno corretto. Una donna per bene do­vrebbe rappacificarsi 'col marito.

Leverdet                       - Benedetta Ortensia! Ma a voi, che ve ne importa? Siete una donna onesta, non è vero? Non avete nulla da rimproverarvi? Ragione di più per essere indul­gente con le altre. In quanto a me, amo i giovani e trovo che il vento d'amore dà loro una buona cera, da qualun­que parte soffi.

Ortensia                        - Con voi non si può mai discutere!

Un Domestico               - (entrando) La signorina domanda se può entrare.

Leverdet                       - Certamente! Entra, figlia mia, entra! (Bal­bina entra camminando lentamente con aria raccolta. Il domestico esce) Tua madre mi ha comunicato una lettera piena di errori di ortografia. Aderiamo al tuo desiderio.

Balbina                          - Oh papà! Oh mammà! Oh miei cari ge­nitori!

Leverdet                       - Sei proprio decisa!

Balbina                          - Sì, papà.

Leverdet                       - Non avrai pentimenti?

Balbina                          - No, papà.

iLeverdet                      - Non preferiresti fare un viaggio?

Balbina                          - Ma no, papà.

Leverdet                       - O andare due o tre volte a teatro?...

Balbina                          - (quasi offesa) Oh papà! (Con esaltazione) No! Lo sento: Dio mi chiama.

Leverdet                       - E allora non bisogna farlo aspettare. Pre­para tutta la tua roba stasera e domani mattina tua madre ti accompagnerà in un convento.

Balbina                          - Grazie, papà.

iLeverdet                      - E' proprio suora di carità, che vuoi di­ventare?

Balbina                          - Si, papà... di quelle che hanno delle grandi cuffie.

Leverdet                       - Siamo intesi. Oggi pranzerai a tavola per l'ultima volta. Nell'attesa, va, va... rimani in raccogli­mento...

Il Domestico                 - (annunziando) II signor De Ryons. (Entra De Ryons).

Leverdet                       - (a Balbina) Ecco!... pregherai per lui. (A De Ryons) Domani va in convento, si fa monaca.

De Ryons                      - E' un'ottima idea, signorina. Mi racco­mando alle vostre preghiere... (Ad Ortensia) Scusatemi, cara signora, se arrivo tanto in anticipo, ma ho assoluta­mente bisogno di parlare con vostro marito.

Ortensia                        - Vi lasciamo soli... (Esce con Balbina).

Leverdet                       - Cosa c'è?

De Ryons                      - Si tratta della contessa De Simerose.

Leverdet                       - Dite, dite.

De Ryons                      - Vostra moglie è una donna eccellente, lo sapete, ma qualche volta è difficile convincerla.

 Leverdet                      - A chi lo dite!...

De Ryons                      - Ecco, in due parole, di che si tratta. La contessa Gianna, che «due ore fa non ne dubitava neanche, ama suo marito e non chiede che di rientrare sotto il tetto coniugale. E' degna di tutta la stima e di tutto l'amore del conte...

Leverdet                       - Ma...

De Ryons                      - Appunto, c'è un « ma ». C'è sempre un « ma » con le donne. Ma... essa si annoiava e ha creduto di amare un altro uomo.

Leverdet                       - E...

De Ryons                      - ...e ha scritto una lettera compromettente a quest'altro uomo.

Leverdet                       - Tutto qui? Non è una cosa molto grave.

De Ryons                      - Già... ma non è la cosa che mi preoccupa: è l'uomo.

Leverdet                       - Che cos'ha di speciale?

De Ryons                      - E' un tipo organizzato in un certo modo che quando la passione lo domina non c'è mezzo di far­gli intendere ragione. E la passione lo domina sempre. E' un uomo eternamente innamorato, ora dell'una ora dell'altra, ma sempre allo stesso grado.

Leverdet                       - Come l'alcool! Non gela mai!

De Ryons                      - Appunto. Inoltre appartiene a quella spe­cie di adoratori che hanno la facoltà di passeggiare su e giù per le strade, di passare le notti sotto una finestra, di vivere senza mangiare, di essere sempre pronti ad ucci­dersi e ad uccidere gli altri...

Leverdet                       - Temperamento bilioso, fegato troppo gros­so. La cura di Vichy è indicatissima.

De Ryons                      - Ed è proprio con uno di questi uomini che la contessa si è imbattuta.

Leverdet                       - De Montègre.

De Ryons                      - Lo sapevate?

Leverdet                       - Ho capito a volo. Ma voi, come fate a sa­pere tutta questa storia?

De Ryons                      - Me l'ha raccontata la contessa in persona.

Leverdet                       - (stupito) A voi?

De Ryons ------------- - A me! Ecco, per essere sincero... Sì, in­ somma, non poteva fare diversamente. Vi ricordate, Le­ verdet?... Ieri parlavamo dell'assoluta mancanza di logica delle donne: mai, in tutta la mia vita, ne ho avuta una prova cosi lampante. Maritarsi per amore, rifiutarsi al marito per pudore, separarsi da lui per gelosia, dare, per stanchezza, la propria anima ad un uomo che si conosce appena, 'compromettersi in tutti i modi e adorare il ma­ rito con tutto lo slancio del proprio cuore. Avere lai pu­rezza di una santa, il modo di fare di una civetta, l'au­dacia di una cortigiana e tornare al proprio sposo calun­niata, innocente, innamorata e vergine. Ecco un colmo di stranezze che, parola di galantuomo, non mi è mai capitato di trovare! Sì, ho visto delle cose molto curiose nelle mie esplorazioni attraverso le follie femminili, ma niente di simile, vi garantisco. Ora, però, bisogna tirar fuori la contessa dal ginepraio nel quale si è cacciata. Sarebbe veramente doloroso che tutto andasse in rovina per un miserabile pezzetto di carta. Ed ecco il problema: dato un marito che ama sua moglie, una moglie che ama suo marito, un amante deluso che cerca il mezzo di ven­dicarsi e ha nelle mani l'arma più adatta, come si po­trebbe fare per disarmare ramante e dargli nello stesso tempo la convinzione di aver vinto, in modo che la sua sete di vendetta sia placata e non possa mai più dir nulla? Trovare la soluzione in due ore.

Leverdet                       - Una parola! Non è facile! Con la regola del tre...

De Ryons                      - Già... del tre composto... E allora, cer­chiamo insieme la soluzione. Prima di tutto mi occorre avere il conte De Simerose.

Leverdet                       - Verrà qui fra poco, per chiedermi delle informazioni sul suo viaggio.

De Ryons                      - Benissimo! Un'ora guadagnata! Non bi­sogna, però, che si incontri con De Montègre.

Leverdet                       - Naturalmente.

De Ryons                      - Dunque, voi tratterrete De Simerose nel vostro studio finche verranno a .portargli una lettera da parte di sua moglie.

Leverdet                       - Va bene.

De Ryons                      - Quando la contessa giungerà, bisognerà farla entrare qui... però non deve sapere che c'è anche suo marito... anche se...

Leverdet                       - (mettendosi le mani nei capelli) E' un po' complicato! Non sarebbe il caso di prendere qualche appunto?

De Ryons                      - ...anche se De Montègre fosse qui con me, voglio dire; perché, appena arriverà, mi occorre averlo in questa stanza par me solo

Leverdet                       - Il leone e il suo domatore.

De Ryons                      - Precisamente. E per compensarvi di tante noie, vi dirò perché vostra figlia vuole entrare in un convento.

Leverdet                       - Perché?

De Ryons                      - Perché è innamorata.

Leverdet                       - (molto tranquillamente) Di chi?

De Ryons                      - Di chi volete che lo sia alla sua età? Di un imbecille.

Leverdet                       - Ho capito... De Chantrin.

De Ryons                      - Capite proprio tutto anche voi, però!

Leverdet                       - Che oca, quella Balbina.

De Ryons                      - Tra un'ora sarà guarita. Ho preparato un piccolo trucco mentre decidevo il mio matrimonio.

Leverdet                       - Vi sposate?

De Ryons                      - Sì, mi ritiro dagli affari degli altri.

Leverdet                       - E tutta la vostra scienza?

De Ryons                      - Mi servirà per la mia vita coniugale. Non se ne ha mai troppa! (Si asciuga la fronte) Ah! Vi assi­curo che da ieri ho lavorato bene.

Il Domestico                 - (annunziando) Il signor De Montègre.

De Ryons                      - (a Leverdet) Passate di qui e non perdete tempo.

Leverdet                       - Balbina innamorata di quell'idiota! Che razza di figlie si mettono al mondo! (Esce scuotendo il capo. Dopo breve pausa entra De Montègre).

De Montègre                 - Devo considerarvi un amico?

De Ryons                      - Un. amico della vigilia, ma abbiamo l'av­venire per noi.

De Montègre                 - Allora mi autorizzate a chiedervi una prova della vostra amicizia?

De Ryons                      - Ben volentieri!

De Montègre                 - Vi ripeto la domanda che vi ho fatta oggi in casa della contessa De Simerose.

De Ryons                      - E sia! Vi dò la mia parola d'onore che prima di essere presentato qui, ieri, alla contessa, non la conoscevo neanche di nome.

De Montègre                 - Però avete 'stretto subito una bella amicizia, se ha creduto di potervi fare le sue confidenze.

De Ryons                      - Infatti, mi ha concesso questo onore. Anzi, mi ha incaricato di una missione presso di voi.

De Montègre                 - E sarebbe?

De Ryons                      - Richiedervi il biglietto che ieri sera vi ho consegnato da parte sua.

De Montègre                 - Allora... il suo amore è già finito?

De Ryons                      - Pare...

De Montègre                 - (sarcastico) Non è durato molto!

De Ryons                      - Shakespeare ha detto: « Breve come l'a­more di donna ». Sia detto fra noi, che sappiamo come vanno queste cose: credo che non vi abbia mai amato.

De Montègre                 - E che cos'era, 'dunque?

De Ryons                      - Un semplice dispetto. Bisogna diffidare di una donna che offre soltanto la sua anima... Vuol dire che ha le sue buone ragioni.

De Montègre                 - Vuol dire che ne ama un altro?

De Ryons                      - Ne più né meno.

De Montègre                 - E che lo amava prima di cono­scere me?

De Ryons                      - Molto prima.

De Montègre                 - E io, allora?...

De Ryons                      - Voi siete ciò che in terapeutica si chiama un «derivativo». Noi tutti abbiamo servito a questo.

De Montègre                 - Conoscete quell'uomo?

De Ryons                      - Di vista.

De Montègre                 - E di nome?

De Ryons                      - Di nome.

De Montègre                 - Siete suo amico, senza dubbio.

De Ryons                      - Suo amico...

De Montègre                 - Non potete dirmi il suo nome?

De Ryons                      - (fingendo di esitare) No... non posso.

De Montègre                 - Perché?

De Ryons                      - Per un doveroso riserbo, prima... e per prudenza, poi.

De Montègre                 - Non importa. Lo conoscerò.

De Ryons                      - Non vi sarà facile.

De Montègre                 - Seguirò la contessa passo passo, la spierò, sarò la sua ombra.

De Ryons                      - Siete tremendo!... Allora non andrà da lui.

De Montègre                 - Sarà lui che andrà da lei.

De Ryons                      - Non ci andrà!

De Montègre                 - E non si vedranno. Mi basta.

De Ryons                      - Si scriveranno. E un giorno...

De Montègre                 - Un giorno?...

De Ryons                      - La madre della contessa troverà modo di riavvicinarli.

De Montègre                 - La madre le terrà mano?

De Ryons                      - Ama sua figlia. Quando saprà che la feli­cità di sua figlia è in questa riunione, l'aiuterà. (Bonario, battendogli sulla spalla) Via, De Montègre... perché tanta ostilità, tanta durezza? Lasciate in pace quella povera donna e restituitemi il biglietto.

De Montègre                 - No! Me lo tengo.

De Ryons                      - (con intenzione) A che cosa può servirvi?

De Montègre                 - A provare che essa mi ha scritto.

De Ryons                      - Bella consolazione! Mi promettete almeno di non fare cattivo uso della sua lettera?

De Montègre                 - Per chi mi prendete? Del resto, quat­tro parole! Non hanno significato che per me.

De Ryons                      - Oh, mio caro... non sono della vostra opi­nione! «Venite domani, non domando di meglio che cre­dervi. Gianna »... Conosco qualcuno che darebbe una bella somma per avere quella lettera.

De Montègre                 - E chi?

De Ryons                      - Il marito! Il marito che è venuto a fare un ultimo tentativo di ravvicinamento, oggi. Il marito che adora sua moglie e che parte stasera per l'America del Sud. Se il marito, prima di salire in treno, ricevesse quelle poche parole che voi trovate insignificanti, tornerebbe presso la moglie, non la lascerebbe più e bisogne­rebbe bene, allora, che l'altro gli cedesse il posto. Ah! Si troverebbe in cattive acque... l'altro!... Sarebbe un bel tiro da giocare... all'altro!... Vi assicuro che allora la contessa sarebbe guardata a vista dal marito che l'adora e che essa detesta. Ma il marito non riceverà quella let­tera e...

De Montègre                 - (che ha ascoltato attentamente e al quale il pensiero della vendetta è nato a misura che t)e Ryons parlava, chiede con aria subdola) Quando parte, il marito ?

De Ryons                      - Stasera.

De Montègre                 - Ne siete sicuro?

De Ryons                      - Me l'ha detto poco fa Leverdet. Lo aspetta qui, anzi, per certe informazioni...

De Montègre                 - Il conte De Simerose deve venire qui?

De Ryons                      - Deve essere già arrivato.

De Montègre                 - (ride nervosamente) Ah ah ah!

De Ryons                      - Che avete?

De Montègre                 - La contessa rivuole la sua lettera?

De Ryons                      - Sì.

De Montègre                 - Le sarà restituita. Potete dirglielo.

De Ryons                      - Da chi?

De Montègre                 - Lo vedrà. E in quanto all'« altro »... non sarà più pericoloso! Ah ah ah!

De Ryons                      - (a parte) Ci sei cascato, sciocco! (Forte) Dove andate?

De Montègre                 - Torno subito.

Il Domestico                 - (annunzia) La signora contessa De Si­merose.

De Montègre                 - Lei!

De Ryons                      - Non dimenticate che è una donna. (Gian­na entra).

De Montègre                 - (a Gianna) Sapete che cosa mi ha detto il signor De Ryons?

Gianna                          - (a un cenno che le fa De Ryons) Sì.

De Montègre ;               - E voi confermate tutto?

Gianna                          - (c. s.) Tutto!

De Montègre                 - Amate un altro?

Gianna                          - (c. s.) Sì.

De Montègre                 - Ebbene, io voglio che siate una donna onesta. Sarà questa, la mia vendetta!

De Ryons                      - (con finto spavento per eccitare sempre più De Montègre) Per amor di Dio! Che volete fare?

De Montègre                 - Lo vedrete! (Esce).

Gianna                          - Dove va?

De Ryons                      - (stropicciandosi le mani) Trallallà! Tral­lallà! Avrei voglia di ballare! Va a farvi del male, perché vi ama. Vedete che cosa c'è in fondo a tutte queste grandi passioni che perseguitano una donna maritata? Ma state tranquilla: sarà lui stesso a cavarvi d'impiccio.

Gianna                          - In che modo ?

De Ryons                      - Giocando l'ultima carta.

Gianna                          - Oh Dio! Aprono la porta... (.Avvicinandosi a De Ryons) Ho paura!

De Ryons                      - Non temete, sono qua io!

De Tabgettes                 - (entra con Balbino e si avvicina a Gianna) Che avete, contessa? Non vi sentite bene?

Gianna                          - Perché? Sto benissimo, grazie.

De Targettes                 - (a De Ryons, allegro) Mio caro, credo che a cominciare da domani pranzeremo assai meglio in questa casa. Ho parlato a Leverdet e prenderanno una nuova cuoca, raccomandata da me. Non vi dico altro.

De Ryons                      - (a parte) Povera Ortensia. Ora non riu­scirà mai più a liberarsi di lui. (A Leverdet che entra) Novità?

Leverdet                       - Hanno consegnato una lettera al conte.

De Ryons                      - Chi l'ha portata?

iLeverdet                      - Il mio giardiniere.

De Ryons                      - (con ansia) Da parte della contessa?...

Leverdet                       - Sì.

De Ryons                      - (con un sospiro di sollievo) Oh! Meno male!

Gianna                          - (che ha ascoltato) Da parte mia?

De Ryons                      - Voi non sapevate neanche di averla scrit­ta, non è vero? (A Leverdet) E cosa ha detto il conte?

Leverdet                       - Dapprima è            - (Sembrato molto sorpreso... poi ha dato al giardiniere tutti gli spiccioli che aveva in tasca e si è congedato dai me in fretta e furia.

De Ryons                      - A meraviglia! De Montègre vale un te­soro! E' veramente un uomo d'azione. Basta dirgli una parola e via!... parte subito! Nessuno saprà mai che be­stia sia l'uomo quando è innamorato!

Leverdet                       - (vedendo entrare De Chantrin senza barba e senza baffi) E quello lì, chi è?

Gianna                          - (portandosi la mano al cuore) Ogni volta che la porta si apre...

De Ryons                      - (piano a Gianna) Decisamente non era­vate fatta per le avventure. Approfittate della lezione.

De Chantrin                  - (a Leverdet) Caro maestro!

Leverdet                       - Come?... Siete voi De Chantrin?

De Chantrin                  - (a Gianna) Contessa...

Leverdet                       - Che diavolo avete fatto della vostra bella barba?

De Chantrin                  - (fatuo e con un po' di malinconia) L'ho sacrificata sull'altare dell'amore. Vengo dalla casa della signorina Hackendorf... Le ho fatto la mia dichia­razione, l'ho fatta personalmente a lei. Mi ha chiesto se l'amavo realmente e quale sacrificio sarei stato pronto a fare. «Tutto», le ho detto. «Mi sacrifichereste la vostra barba? ». «Sì! ». «Ebbene: cominciate col sacrificarla e poi vedremo ». Sono andato dal mio parrucchiere e gli ho detto di radermi. Non voleva... piangeva quasi... Ab­biamo avuto una lunga discussione tutti e due davanti allo specchio... cercava di dissuadermi... anche lui ha la barba. Alla fine si è deciso, ma la mano gli tremava e per poco non mi ha tagliato il collo. Subito sono tornato dalla signorina Hackendorf... devo confessarlo?... senza osare di guardarmi allo specchio...

De Ryons                      - E vi ha concesso la sua mano?

 De Chantrin                 - No. Mi ha risposto che voleva aspet­tare ancora sei mesi per rivedermi con la barba. Non si ricordava più come ero prima... e voleva fare un pa­ragone. (Si allontana).

De Ryons                      - (a Gianna) E ridete, dunque!

Gianna                          - Non ho voglia di ridere!

De Ryons                      - Il grottesco accanto al serio. Tutta la vita è lì.

Ortensia                        - (a Gianna, entrando festosa) Finalmente avete seguito i miei consigli, cara! Me ne rallegro pro­prio di cuore! (La bacia) Non c'era altro da fare, del resto!

Gianna                          - Come? Che intendete dire? (Entra il conte De Simerose).

De Ryons                      - Vostro marito!

Gianna                          - (sul punto di svenire) Riccardo!...

De Simerose                  - (avvicinandosi a Gianna) E' proprio necessario aspettare fino a domani?

Gianna                          - (con voce tremante) Perché?

De Simerose                  - (mostrandole la lettera che ha in mano) Se non chiedete di meglio che credermi... perché aspet­tare fino a domani?

Gianna                          - (dà un'occhiata alla lettera, poi, guardando De Ryons sorpresa) La mia lettera!

De Simerose                  - Potevo resistere al desiderio di rive­dervi ventiquattro ore prima? Datemi la vostra mano. Vi adoro!

De Ryons                      - (a De Montègre che è entrato subito dopo De Simerose e che si tiene un po' in disparte) Avete mandato la lettera al marito?

De Montègre                 - Sì.

De Ryons                      - Come se fosse indirizzata a lui?

De Montègre                 - Sì.

De Ryons                      - Siete stato crudele!

De Montègre                 - Se non sarà mia, non sarà neanche dell'« altro »! (Esce).

De Ryons                      - (seguendolo con lo sguardo) Oh gran Dio! Come sei stato buono a fare gli uomini così imbecilli!

Balbina                          - (a De Ryons, indicando De Chantrin) Chi è quel signore?

De Ryons                      - Il signor De Chantrin.

Balbina                          - (quasi con tristezza) Lui! (All'improvviso scoppia a ridere) Ah ah! Come è buffo! (Esce in giar­dino sempre ridendo).

Leverdet                       - (a De Ryons) Che succede?

De Ryons                      - Non ci fate caso - è l'amore di vostra figlia che prende il volo.

Ortensia                        - (a De Targettes) Finalmente avete rag­giunto il vostro scopo. Domani licenzierò la cuoca.

De Targettes                 - Siete un angelo.

Gianna                          - (a De Simerose presentandogli De Ryons) Il signor De Ryons...

De Simerose                  - Che stamane mi ha introdotto in casa vostra.

Gianna                          - (stringendo la mano a De Ryons) E che vi ci fa rimanere.

De Simerose                  - Come?

Gianna                          - Ve lo racconterò poi. Abbiamo tante cose da dirci.

Il Domestico                 - (appare mila soglia) La signora è servita.

Ortensia                        - (prende sotto braccio De Ryons e si avvia con lui. Accen­nando alla coppia De Simerose) Quel bel quadretto non vi decide a prender moglie, uomo scettico?

De Ryons                      - Può darsi. La signo­rina della quale mi avete parlato ieri, è ancora libera?

Ortensia                        - Oh, si. E' la signo­rina...

De Ryons                      - (interrompendo) Non mi dite il nome. La prendo a occhi chiusi...

Gianna                          - (che è rimasta un po' in­dietro col marito) Sono andata dove mi avete detto. Domani il pic­cino sarà in casa nostra e insieme lasceremo la Francia.

De Simerose                  - Vi amo!... E voi?... Non volete dirmelo?...

Gianna                          - (si guarda intorno e, ve­dendo che tutti sono usciti, gli getta le braccia al collo. Con passione) Ti amo!

FINE