Carlo Goldoni
L'AMORE ARTIGIANO
Dramma Giocoso per Musica di Polisseno Fegejo Pastor Arcade, da rappresentarsi nel Teatro di Sant'Angelo il Carnovale dell'Anno 1761.
PERSONAGGI
MADAMA COSTANZA Cittadina vedova.
La Sig. Giovanna Cesati di Milano.
FABRIZIO cameriere di madama Costanza.
Il Sig. Domenico Pacini di Pistoia.
BERNARDO vecchio calzolaro.
Il Sig. Giacomo Fiorini.
ROSINA figlia di Bernardo, che fa la sarta.
La Sig. Teresa Alberis di Vercelli.
ANGIOLINA cuffiara.
La Sig. Rosa Dei di Firenze.
GIANNINO legnaiuolo.
Il Sig. Domenico de Angiolis di Roma.
TITTA fabbro.
Il Sig. Giuseppe Mienci.
Una scolara di Rosina. Tre scolare di Angiolina. Vari Garzoni dei tre Mastri artigiani. Servitori di Madama Costanza. |
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non parlano |
La Musica è del Sig. Gaetano Latilla Maestro del Pio Ospitale della Pietà.
Il Vestiario sarà di ricca e vaga invenzione del Sig. Lazzaro Maffei Veneto.
BALLERINI
Monsieur Pierre Bernard Michel |
Il Sig. Antonio Chiarini. |
Il Sig. Gennaro Magri. |
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La Sig. Angiola Agustinelli. |
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La Sig. Giacomina Bonomi. |
La Sig. Laura Franceschi. |
Il Sig. Giuseppe Gioannini Arcolani. |
La Sig. Catterina Gattai. |
Il Sig. Pietro Onorio. |
La Sig. Marianna Ceriati. |
Il Sig. Michel Corradini. |
La Sig. Marianna Ricci. |
Li Balli saranno di direzione e composizione del Sig. Gennaro Magri di Napoli.
MUTAZIONI DI SCENE
ATTO PRIMO
Piazzetta con varie Case e Botteghe ancora chiuse.
Camera in Casa di Madama.
Piazzetta, come nelle scene antecedenti, colle botteghe aperte del Fabbro e del Calzolaio, e di più in mezzo la bottega aperta di Legnaiuolo col banco fuori, e varie tavole, ed instrumenti di cotal arte. Fuori della bottega del Fabbro una picciola incudine, e fuori di quella del Calzolaio una pietra su cui tali Artisti sogliono battere il cuoio; di qua e di là le case come prima.
ATTO SECONDO
Stanza della casa di Bernardo con tavolino per uso di Rosina, con
vari
lavori del suo mestiere e varie sedie di paglia.
Camera di Madama Costanza.
Cortile che introduce ad un'osteria con tavola e panca ad uso de' bevitori.
ATTO TERZO
Camera di Madama Costanza.
Giardino in casa di Madama Costanza.
Il Scenario, tutto nuovo, è invenzione del Sig. Gianfrancesco Costa,
Architetto e Pittore Veneto, e Socio della Reale Accademia Parmense.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Piazzetta con varie case e botteghe ancora chiuse.
Vedesi appena l'alba, e a poco a poco si va rischiarando. Rosina apre la finestra e si fa vedere; poi Angiolina fa lo stesso nell'abitazione sua dirimpetto a quella della Rosina; poi Giannino viene di strada, suonando il chitarrino e cantando.
Rosina |
(Apre la finestra e si fa vedere) Bella cosa gli è il vedere Spuntar l'alba in sul mattino: Ma se passa il mio Giannino, Fugge l'alba e spunta il sol. |
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Angelina |
(Apre la finestra e si fa vedere) Sorge l'alba, e sto a vedere Far il sole il suo cammino; Ma dagli occhi di Giannino Vinta è l'alba, e vinto è il sol. |
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a due |
Pria ch'io vada al mio lavoro, Deh vedessi il mio tesoro, Deh venisse il mio bel sol. |
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Giannino |
(Col chitarrino si ferma a mezza la Piazzetta, e suona e canta, addrizzando gli occhi ed il canto dalla parte di Rosina) Non posso riposar, non trovo loco, Cerco qualche ristoro alla frescura. Ma dove i' vado porto meco il foco, Ed è il mantice mio fra quelle mura. |
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Angelina |
} a due |
Giannino amabile, Sei pur piacevole! Più caro giovane Di te non c'è. |
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Rosina |
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Giannino |
Oh, s'io potessi rinfrescarmi un poco, Non morirei dall'amorosa arsura. Amore, il tuo Giannin si raccomanda: Fagli vedere il sol da questa banda. |
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Rosina |
} a due |
Giannino amabile, Sei pur piacevole! Più caro giovane Di te non c'è. |
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Angelina |
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Giannino |
Zitto. Parmi vedere, Fra il chiarore dell'alba e delle stelle, La mia bella Rosina alla finestra. |
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Rosina |
Eh ehm. (si fa sentire) |
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Giannino |
Eh ehm. (le corrisponde, e si avvicina pian piano) |
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Angelina |
Briccone! Sen va dalla Rosina. Più non cura di me. Eh ehm. (si fa sentire) |
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Giannino |
(Per Bacco! L'Angiolina mi vede; anch'ella è alzata. Fingerò non vederla e non sentirla). (da sé) |
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Rosina |
(Con Giannino colei non vuol finirla). (da sé) |
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Giannino |
Rosina. (sotto la finestra, piano) |
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Rosina |
Vita mia. (sottovoce) |
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Giannino |
Tuo padre è alzato? |
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Rosina |
Credo che dorma ancora. Io m'alzai di buon'ora Perché deggio finire un andrienne Per madama Costanza, E perché di vederti avea speranza. |
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Angelina |
Oh che rabbia! eh ehm. (tossisce forte) |
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Rosina |
Senti? (a Giannino, piano) |
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Giannino |
La sento, Ma di lei non m'importa. Vieni un po' sulla porta. |
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Rosina |
Sì, m'aspetta. (Voglio fare arrabbiar quella fraschetta). (entra) |
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SCENA SECONDA
Angiolina alla finestra, Giannino in istrada.
Giannino |
Pria d'andare a bottega, Quando posso vedere il mio tesoro, Applico con più gusto al mio lavoro. |
Angelina |
Ehi, Giannin. |
Giannino |
Chi mi chiama? (fingendo non vederla) |
Angelina |
Non mi vedi? Principia il sole a discacciar l'aurora; Chiaro si vede, e non mi vedi ancora? |
Giannino |
Sono ancora assonnato: Non ci aveva abbadato. |
Angelina |
(Ah sì, il briccone Ha perduta la vista in quel balcone. Voglio per or dissimular). (da sé) |
Giannino |
(Vorrei Se n'andasse costei). (da sé) |
Angelina |
Coi miei quattrini Posso avere un piacer? |
Giannino |
Che cosa vuoi? |
Angelina |
Per lavorar di cuffie Vorrei un tavolino. Comodo e galantino. Tu che sei Un bravo falegname, Fammi questo piacer. Ti pagherò. |
Giannino |
Sì sì, te lo farò. |
Angelina |
Vien su, Giannino, Che farotti veder com'io lo voglio. |
Giannino |
Or non posso venir. (Quest'è un imbroglio). |
Angelina |
Eh sì sì, t'ho capito. Dici che ora non puoi? Di' che venir non vuoi, perché paventi Disgustar la Rosina. Disgraziato, Per lei tu m'hai lasciato. Ma ho tante protezioni, Servo di cuffie tante dame e tante, Che ti farò pentir, te lo prometto, E sarai mio marito a tuo dispetto. (si ritira) |
SCENA TERZA
Giannino solo.
Delle sue protezioni Io timore non ho. Nessun può fare Ch'io la prenda per forza. Amo Rosina, E la voglio sposare, e se dovessi Andarmene di qua, non mi confondo: Posso fare il mestier per tutto il mondo. Ma che fa che non viene? Non vorrei che suo padre fosse alzato. Temo che il vicinato Mormori nel vedermi in questo loco. Mostrerò di passar; canterò un poco. Amor, tu mi fai far la mattinata; Scordomi la bottega ed il lavoro. Ma tu mi pagherai la mia giornata, Se ritorno a vedere il mio tesoro. Zitto, mi pare... Parmi sentire... Veggo ad aprire. Zitto, che viene Quella che tiene Schiavo il mio cor. |
SCENA QUARTA
Bernardo apre un pocolino l'uscio della sua abitazione, e si fa vedere al popolo, e non a Giannino
Bernardo |
(Chi è, che a quest'ora Viene a cantare? Zitto, se posso Vo' rilevare Se alla Rosina Fanno l'amor). (da sé) |
Giannino |
Anima bella. (all'uscio) |
Bernardo |
Luci leggiadre. (con voce sottile) |
Giannino |
Dorme tuo padre? (come sopra) |
Bernardo |
Dorme il vecchione. |
Giannino |
Vieni, mia cara, Vieni di fuor. |
Bernardo |
Ah disgraziato! (esce, e si scopre) |
Giannino |
(Ah,son gabbato!) (da sé) |
Bernardo |
Cosa pretendi? |
Giannino |
Niente, signor. |
Bernardo |
Sei un briccone. |
Giannino |
Siete in error. Vado a bottega, Mi vo spassando: Vado cantando Per buon umor. Amore amaro e la fortuna ingrata Accordati si sono in fra di loro. Amor mi fa sperare, e poi m'inganna; Pare amica fortuna, ed è tiranna. (parte) |
SCENA QUINTA
Bernardo, e poi Titta
Bernardo |
Canta, canta, birbone; a un legnaiuolo Non do la mia figliuola. Che cos'hanno Di capitale i falegnami? Oh bella! Quattro tavole, un banco e uno scalpello, Una sega, una pialla ed un martello. |
Titta |
(Apre la porta della sua bottega, ed esce) Buon dì, mastro Bernardo. |
Bernardo |
Buon dì, Titta. |
Titta |
Cosa vuol dir che ancora Non aprite bottega? |
Bernardo |
Un insolente Venuto è ad inquietarmi. |
Titta |
Sì, ho sentito Cantar quello sguaiato, Che con tutte vuol far l'innamorato. (apre la balconata) |
Bernardo |
Se torna a insolentarmi, So io quel che farò. |
Titta |
Non ci pensate. (entra per la porta della bottega, e si fa subito vedere alla balconata) La cura a me lasciate. Se lo veggo passar, con questo spiedo L'infilzo a dirittura. Son degli anni Che noi ci conosciamo. Siamo vicini, siamo, E anch'io vo' maritarmi; E vorrei lusingarmi, Se la figliuola maritar pensaste, Che a me non la negaste. |
Bernardo |
(Che bel modo Di chiedere una figlia!) (da sé) |
Titta |
Ehi, garzoni, (uscendo dalla bottega col cassettino nel braccio cogli strumenti) Presto il foco accendete alla fucina. Quel ferro arroventate, e quando torno, Fate che sia tagliato, E da un capo e dall'altro attortigliato. (torna in bottega) |
Bernardo |
(Titta è un buon artigiano, Ma è un giovane ancor ei senza giudizio: Gli piace il vino e delle carte ha il vizio). (da sé) |
Titta |
Così, mastro Bernardo, (tornando ad uscir dalla bottega) Come dicea, ci parleremo. |
Bernardo |
Bene, Parleremo; c'è tempo. |
Titta |
Or deggio andare Da madama Costanza, Vedova di monsieur di Cottegò, A por la serratura ad un burrò. |
Bernardo |
Anch'io un paio di scarpe Deggio ad essa portar questa mattina; E anche la mia Rosina, Se l'avrà terminato, Dee portarle un andrien che ha rivoltato. Ma la figliuola ed io Ci andiam mal volontieri. È sì sofistica Madama, e così altiera, Che in ogni lavorier trova che dire: Strilla, grida, maltratta e fa impazzire. |
Titta |
Io con lei non m'impiccio. Ha un cameriere Che le accomoda il capo, ed è padrone In casa più di lei. Anzi si dice (Ma zitto, veh), si dice Che ne sia innamorata, Che lo voglia sposare, o sia sposata. |
Bernardo |
Oh, pasticci, pasticci. |
Titta |
È meglio sempre... Come si dice? paribus con paribus. Io con Rosina, per esempio, oh sì, Paribus vi saria: non è così? |
Bernardo |
Eh pensate, fratello, Prima di maritarvi a far cervello. |
Titta |
Oh l'ho fatto, l'ho fatto. Mastro Bernardo, su la mia parola... Meco non staria mal vostra figliuola. Da che penso a maritarmi Principiato ho a governarmi. Son tre mesi che non gioco, Son tre dì ch'io bevo poco. Ho lasciato ogni altro vizio, E giudizio - voglio far. Ci vedremo, - parleremo, Ci potremo - accomodar. (parte) |
SCENA SESTA
Bernardo solo.
Tre mesi che non gioco, Tre dì che bevo poco: C'è molto da fidarsi, Che duri il buon pensier di governarsi. No no, la figlia mia non la vo' dare Perch'abbia da pentirsi e da penare. Ma il sole è alzato, e ancora non si vedono A venire i garzoni. Oh, sono i gran bricconi! A chi faccio mangiare il pane mio? La bottega stamane aprirò io. (entra in casa) |
SCENA SETTIMA
Angiolina di casa, con una Fanciulla colle scattole delle cuffie; poi Bernardo
Angelina |
Chiarina, vieni meco, Vienmi dietro bel bello, e per la strada Non ti stare a incantar. Guarda per terra: Guarda di non cader, che non avessi Le scattole dei fiori a rovesciare, E le cuffie e i merletti a rovinare. (alla Fanciulla) |
Bernardo |
(Apre per di dentro la balconata della bottega, e fa la solita mostra di scarpe) |
Angelina |
(Il padre della squincia Apre adesso bottega, e la figliuola Stavasi a far l'amor mentr'ei dormiva. Non vo' più scarpe, non vo' più amicizia Né con lui, né con lei. Vecchiaccio rimbambito, Di stroppiarmi le piante avrai finito). (da sé) |
Bernardo |
Angiolina. (dalla balconata) |
Angelina |
Che c'è? |
Bernardo |
Le vostre scarpe Son di già terminate. |
Angelina |
Dopo un mese? Gran premura per me che avete avuta! Tenetele per voi, son provveduta. |
Bernardo |
Voi prescia non mi deste, Per ciò pria non le aveste: Quando prometto, differir non soglio. Eccole, sono fatte. (fa vedere le scarpe dalla balconata) |
Angelina |
Io non le voglio. |
Bernardo |
Oh, cospetto di Bacco! (esce colle scarpe in mano) Prenderle voi dovrete. |
Angelina |
Non le prendo, Se credo di morir. |
Bernardo |
Per qual ragione? |
Angelina |
Perché... perché non voglio Aver nulla che far con casa vostra. E se vostra figliuola Non averà giudizio, Nascerà un precipizio. |
Bernardo |
E che vi ha fatto? |
Angelina |
Nol sapete? |
Bernardo |
Nol so. |
Angelina |
Perché dunque il sappiate, io vel dirò. Voi Giannino conoscete, Conoscete il legnaiuolo: Era tanto il buon figliuolo, Volea tanto bene a me. Vostra figlia simoncina, L'illustrissima Rosina, Quell'ingrato - mi ha rubato, Perché tutti vuol per sé. Della mia collera, Del mio rammarico Giusto, giustissimo, Mastro carissimo, Quest'è l'origine, Quest'è il perché. (parte colla Fanciulla) |
SCENA OTTAVA
Bernardo solo.
Quasi le do ragione; Mia figlia a quel balcone Non si affaccierà più. Ora prendo un bastone, e vado su. No, vo' tacer per ora: So che in fretta lavora. Finisca il lavoriere, Poi farò colla frasca il mio dovere. Ah, sei qui, poltronaccio? (al Garzone che arriva) Parti sia questa l'ora Di venire a bottega? Un'altra volta Che tardi a questo segno, Romperti io voglio sulla schiena un legno. Vien qui, prendi, birbone: Queste scarpe riponi, e dammi quelle Di madama Costanza. (il Garzone prende le scarpe) Eh, ti farò ben io cambiare usanza. (il Garzone entra in bottega colle scarpe) Pover padroni, - mastri dolenti! Tristi garzoni, - ladri o insolenti! Chi ci schernisce, - chi ci tradisce: Sempre malanni, sempre gridar. Qua quelle scarpe, brutto sguaiato. (Mangiando viene il Garzone colle scarpe richieste) Sei affamato? - Possa crepar. Giorni stentati - da noi si mena. Siam mal pagati, - siam strapazzati, E alla catena - dobbiamo star. Animalaccio, - brutto porcaccio, Fa il tuo dovere, va a lavorar. (parte colle scarpe, ed il Garzone si ritira in bottega) |
SCENA NONA
Rosina esce di casa con la sua Scolara che porta i lavori.
Via destati, cammina. Sei ancora assonnata? Sei di sonno impastata. Ragazzaccia, Non mi far arrabbiare, Che le mani mi sento a pizzicare. Pur troppo ho il diavolino Che di dentro mi stuzzica e mi rode. Non vorrei che Giannino Fossesi raffreddato. Io non ho colpa Se quella volpe vecchia di mio padre, Accortosi del fatto, Scese le scale a scorbacchiarlo a un tratto. Ma ciò è il men che mi preme; Quel che tienmi in pensiere è la cuffiara. Ma, perdinci, s'io vedo Che nulla nulla a bisticciar si metta, Chi son io lo vedrà quella civetta. Vienmi dietro; cammina. (alla Ragazza, avviandosi) |
SCENA DECIMA
Giannino e detta.
Giannino |
Dove, dove, Rosina? |
Rosina |
Oh gioia bella! Vo a portare un vestito A madama Costanza. |
Giannino |
I' ho da darti Una nuova che spero Ti piacerà. |
Rosina |
Mio padre Ti dié buone speranze? |
Giannino |
Oh sì, tuo padre Mi diede inver delle speranze tante! Mi ha scacciato da lui come un birbante. |
Rosina |
E che nuova mi porti? |
Giannino |
Vedi là Quella bottega che da quattro mesi È ancora spigionata? Io l'ho presa Per farvi il mio mestiere, Per poterti vedere, e far dispetto A Titta fabbro e all'Angiolina, e a quanti Ci von perseguitare; E tuo padre, ancor ei, ci avrà da stare. |
Rosina |
Sì sì, bravo davvero! E quando l'aprirai? |
Giannino |
Stamane, or ora. Ecco le chiavi, osserva: L'ho avute dal padrone; Pagata ho la pigione, ed ei m'ha detto Che in tutto quel recinto Io posso tener fuori La mia gente, il mio banco e i miei lavori. |
Rosina |
Ed io su quel balcone Mi porrò a lavorare, E ci potrem guardare. |
Giannino |
E qualche volta Dirci una parolina. |
Rosina |
Sì, al dispetto di Titta e d'Angiolina. |
Giannino |
Cosa dirà tuo padre? |
Rosina |
E che ha da dire? Per forza ha da soffrire. Io voglio maritarmi, E voglio soddisfarmi; E alfin sei da par mio, E mi vo' maritar con chi vogl'io. |
Giannino |
Stamane, a dir il vero, Mi ha un po' fatto adirar. |
Rosina |
Caro Giannino, Abbi un po' di pazienza. Sei sicuro Ch'io ti vo' ben di core, e che mio padre Può dire, può gridar, può bastonarmi, Che se mio tu non sei, vo ad annegarmi. (parte colla Ragazza) |
SCENA UNDICESIMA
Giannino solo.
Che tu sia benedetta! Proprio la mi vuol ben, ma di quel buono. Proprio contento sono D'aver preso bottega in questo sito. Quanti babbei si morderanno il dito! Lavorando i' starò qui, La Rosina starà lì. Un'occhiata al mio lavoro, Un'occhiata al mio tesoro. Oh che gusto! Oh che piacer! Sarò in faccia al caro bene, E vedrò chi va, chi viene. Della cara gioia mia Gelosia - non potrò aver. (parte) |
SCENA DODICESIMA
Camera in casa di Madama.
Madama Costanza con uno specchio in mano, e poi Fabrizio
Costanza |
Ehi, Fabrizio. |
Fabrizio |
Madama, Venuto è il calzolaio, E ha portate le scarpe. |
Costanza |
Ben; le lasci. Vada, torni se vuol: lo pagherò. |
Fabrizio |
Non vuol ora pagarlo? |
Costanza |
Adesso no. Questo tuppè... |
Fabrizio |
Perdoni, Vi è il fabbro che ha portato La chiave del burrò. |
Costanza |
Che torni. |
Fabrizio |
Non permette? |
Costanza |
Adesso no. Guarda questo tuppè. |
Fabrizio |
Lasci che almeno Licenzi gli operai che son di là. |
Costanza |
Spicciati. |
Fabrizio |
(Vi è pur poca carità). (parte, e poi torna) |
Costanza |
Ora non vo' nessuno, e se costoro Mi vogliono servire, e il mio danaro Vogliono guadagnare, Quante volte mi piace han da tornare. |
Fabrizio |
Eccomi, sono andati. |
Costanza |
Guarda: da questa parte Non va bene il tuppè. |
Fabrizio |
Perché? |
Costanza |
Non vedi? E più basso di molto. |
Fabrizio |
È vero, è vero. Subito l'alzerò. Con permissione. (Mi convien secondar la sua opinione). (cava il pettine di tasca, e le va ritoccando il tuppè) |
Costanza |
Eh, tu per me, lo veggo, Non hai più la premura Che una volta mostravi. |
Fabrizio |
Oh, cosa dice? Mi reputo felice D'avere una padrona sì cortese. È un anno ch'io son qui: mi sembra un mese. (seguitando come sopra) |
Costanza |
Credo che tu lo vedi Quanta ho per te parzialità. |
Fabrizio |
Lo vedo. So ch'io son fortunato. (come sopra) |
Costanza |
Ma all'amor che ho per te sei poco grato. |
Fabrizio |
Oh ciel! La mia padrona Ha per me dell'amor? |
Costanza |
Sì, quell'amore Che aver pon le padrone: Amor di protezione, Desio di far del bene. Avresti ardire Di pensare altrimenti? |
Fabrizio |
Oh, mia signora, Conosco l'esser mio: di più non bramo. (Eh, so che mi vuol ben). |
Costanza |
(Pur troppo io l'amo!) Vi è gente in anticamera. |
Fabrizio |
Sì, certo. (accostandosi per vedere) Oh, sa ella chi è? (con allegrezza) |
Costanza |
Chi? |
Fabrizio |
La cuffiara. Vuol ch'io vada a veder? |
Costanza |
La non s'incomodi, Signor cerimoniere; Quando vengono donne, è il suo piacere. (con ironia) A provarmi le cuffie Andrò alla tavoletta. Tu non stare a venir. Tu qui mi aspetta. Servi, obbedisci, e spera; Dolce è il servir sperando. Sol bramo e sol domando Rispetto e fedeltà. Forse ti sembro altera, Non mi conosci appieno. Quel ch'io nascondo in seno Forse il tuo cor non sa. (parte) |
SCENA TREDICESIMA
Fabrizio, poi Rosina colla Scolara.
Fabrizio |
Eh, capisco benissimo Ch'ella è accesa di me; ma non per questo Io voglio intisichirmi. Sarà quel che sarà, vo' divertirmi. |
Rosina |
Posso venir? |
Fabrizio |
Rosina? Venite pur, carina. |
Rosina |
In anticamera Non ritrovai nessuno. Chiamo, richiamo, e non risponde alcuno. La padrona dov'è? |
Fabrizio |
Colla cuffiara Sta nel suo gabinetto. |
Rosina |
Con Angiolina? |
Fabrizio |
Sì, con essa appunto. |
Rosina |
Son venuta in mal punto. Con lei riscontrarmi ora non vuò. |
Fabrizio |
Aspettate qui dunque. |
Rosina |
Aspetterò. |
Fabrizio |
Vi terrò compagnia, se l'aggradite. |
Rosina |
Fabrizio, cosa dite? Voi mi fate piacer. |
Fabrizio |
Cara Rosina, Siete tanto gentil, che chi vi mira Voi fate innamorar. |
Rosina |
Va via, ragazza, Va di là in anticamera, E ch'io ti chiami aspetta. (la Ragazza vuol partire) (Ehi, ascolta, Lisetta: Se mio padre, o Giannino, o qualcun altro Ti viene a domandar con chi ho parlato, Non lo dire a nessun del cameriere. Va via: va in anticamera a sedere). (piano alla Scolara che parte) (Io mi vo' divertire un pocolino. Guai a me, se vedesse il mio Giannino). (da sé) |
Fabrizio |
Chi vi accomoda il capo? |
Rosina |
Oh, da me sola. Son povera figliuola; Io non posso pagare il parrucchiere. |
Fabrizio |
Ben; se avete piacere D'essere accomodata, Verrovvi io stesso ad acconciar la testa. |
Rosina |
Oh sì sì, qualche festa, Ma in casa ho soggezione. Da un'amica Anderò ad aspettarvi, E verrà la scolara ad avvisarvi. |
Fabrizio |
Giacché siamo qui soli, Volete che vi accomodi il tuppè? |
Rosina |
Sì sì, quel che volete: Mi farete piacer. |
Fabrizio |
Dunque sedete. (prende una sedia e la dà a Rosina, ed ella siede) |
Rosina |
(Che dirà l'Angiolina Se mi vede col capo accomodato?) (da sé) |
Fabrizio |
Sono ben fortunato Stamane, in verità. (accomodandole col pettine il tuppè) |
Rosina |
Tutta vostra bontà. |
Fabrizio |
Che bel piacere Accrescere le grazie a un sì bel viso! |
Rosina |
Oh, cosa dite mai? |
Fabrizio |
Che bella testa! |
SCENA QUATTORDICESIMA
Madama Costanza e detti.
Costanza |
Olà! Chi è qui? Che impertinenza è questa? |
Fabrizio |
Perdoni. (ritirandosi) |
Rosina |
Compatisca. |
Costanza |
Impertinente, Vieni qui ad assettarti? |
Rosina |
Io son venuta A portarle l'andrienne, ed aspettando... |
Costanza |
E dov'è quest'andrienne? |
Rosina |
È al suo comando. Ehi, ragazza. (chiama alla porta la Scolara) |
Fabrizio |
(M'aspetto Sopra me la tempesta). (da sé) |
Rosina |
Eccolo qui; (viene la Ragazza, Rosina spiega l'andrienne) Osservi, se non pare Che sia nuovo di pezza. Se lo provi: Spero che le anderà perfettamente. |
Costanza |
Oibò. Pessimamente Quest'abito è riescito. Rovinato è il vestito. Così non lo volea. L'avrei dato al sartor, se ciò credea. (getta il vestito sopra una sedia) |
Rosina |
Ma lo provi. |
Costanza |
Non voglio; |
Rosina |
Sel provi, e lo vedrà... |
Costanza |
Vattene via di qua. |
Rosina |
Così mi tratta? Una sarta par mio tratta così? Sono stata una pazza a venir qui. Servo le prime dame, Servo le cittadine, Ed ho piena la casa D'abiti di velluto e di broccato. Altro che questo straccio rivoltato! (strapazza il vestito) Ho servito le prime signore, E son tutte contente di me; E ho imparato da un bravo sartore, Da Monsieur Sganarelle franscè. È famosa la mia abilità, E bandiera di me non si fa. Ragazza, fanciulla, Qual ella mi vede, La testa mi frulla Più ch'ella non crede. Si tenga, signora, La sua nobiltà; Rosina sartora Qui più non verrà. (parte) |
SCENA QUINDICESIMA
Madama Costanza e Fabrizio
Costanza |
Perfido, ho da soffrire Per te sì fatti insulti? |
Fabrizio |
Perdonate. |
Costanza |
Non merti il mio perdono. |
Fabrizio |
Ma di che reo mai sono? |
Costanza |
Ah menzognero, Nieghi la colpa tua con tale orgoglio? Esci di casa mia. Più non ti voglio. (parte) |
SCENA SEDICESIMA
Fabrizio solo.
Ah, son pur sfortunato! Ma se m'hanno incantato Due luci leggiadrette, Due guance vezzosette, Se resistere il core invan procura, Colpa mia non è già, ma di natura. Se al poter d'ignota stella Va soggetto il core umano, Ah, resiste il core invano Al valor della beltà. La ragione in noi favella, Di seguirla a noi s'aspetta, Ma quell'astro che diletta La ragion supererà. (parte) |
SCENA DICIASSETTESIMA
Piazzetta come nelle scene antecedenti, colle botteghe aperte del Fabbro e del Calzolaio, e di più in mezzo la bottega aperta del Legnaiuolo col banco fuori, e varie tavole ed instrumenti di cotal arte. Fuori della bottega del Fabbro una picciola incudine, e fuori di quella del Calzolaio una pietra, su cui tali artisti sogliono battere il cuoio; di qua e di là le case come prima.
Bernardo al picciolo banchetto di fuori a sedere, lavorando nelle sue scarpe.
Titta presso l'incudine assottigliando un ferro prima colla lima, poi col martello.
Giannino al suo banco, preparando tavole per i suoi lavori, segnando e battendo
a misura del suo bisogno; poi Angiolina colla sua Scolara; poi Rosina colla sua.
Titta |
Mastro Bernardo. (lavorando) |
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Bernardo |
Che hai di nuovo, Titta? (lavorando) |
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Titta |
Novità non ne mancano. I mosconi S'accostano alla carne. |
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Bernardo |
In questa piazza Non ci sono carogne. |
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Titta |
Non ce n'erano. Dite come va detto. |
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Bernardo |
Sì, hai ragione. Si sente il puzzo. |
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Giannino |
(Intendo il loro gergo, Ma fingo non capir). (da sé) |
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Bernardo |
Titta? |
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Titta |
Che dite? |
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Bernardo |
Voi già conoscerete Qualche buon murator. |
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Titta |
Sì, ne conosco. |
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Bernardo |
Trovatemene uno. |
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Titta |
Perché fare? |
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Bernardo |
Perché vo' far murare La finestra qui sopra. |
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Titta |
Vi spaventano I gufi e i barbagiani? |
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Bernardo |
Ho paura dei venti tramontani. |
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Titta |
Oh, si stava pur bene! Questa nostra piazzetta è divenuta Una stalla, un porcile, un letamaio. |
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Giannino |
(Quest'insolente stuzzica il vespaio). (da sé) |
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Bernardo |
Siam pieni di sozzure. |
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Titta |
Pieni di piallature e segature. |
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Giannino |
Non serve il taroccare: (avanzandosi) Pago la mia pigione, e ci vo' stare. (a Bernardo e Titta) |
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Bernardo |
E chi parla con voi? (a Giannino) |
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Titta |
Con chi l'avete? (a Giannino) |
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Giannino |
Se sciocco mi credete, Voi l'avete sbagliata in verità. Io vi risponderò come che va. (come sopra) |
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Titta |
Mastro Bernardo, aiuto. |
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Bernardo |
Titta, Titta, Io tremo di paura. (lavorando) |
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Giannino |
(Andrò dove s'aspetta a dirittura). (torna al suo lavoro) |
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Bernardo |
Questo cuoio è duro, duro; Non va ben se non si pesta. Oh, vi fosse qui una testa! La vorrei assottigliar. (battendo il cuoio sulla pietra) |
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Titta |
Questo ferro è ancora grosso, Ha bisogno del martello. Oh, vi fosse qui un cervello Da picchiare e da schizzar! (battendo il ferro sull'incudine) |
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Giannino |
Per quest'asse così toste Questi chiodi non son buoni; Due corate, due polmoni, Serviriano a conficcar. (battendo sopra d'un chiodo per conficcarlo in una tavola) |
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Bernardo |
} a tre |
Insolente, - maladetto. Per dispetto - vo' picchiar. (ciascheduno fa il suo lavoro picchiando) |
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Giannino |
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Titta |
|||
Angelina |
Mi consolo, Giannino garbato: La fortuna propizia ti sia. (passando) (La Rosina mi dà gelosia, Ma col tempo mi giova sperar). (entra in casa colla Scolara) |
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Giannino |
Non le bado, lascio dire, Vo' seguire a lavorar. (battendo) |
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Bernardo |
} a due |
L'amorino graziosino Fa le belle innamorar. |
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Titta |
|||
(Seguono tutti a battere come sopra) |
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Rosina |
Quant'è vaga la bella piazzetta! (passando) Sta pur bene fornita così! E la notte, non meno che il dì, Il mio bene potrò vagheggiar. (entra in casa colla sua Scolara) |
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Giannino |
Ho veduto il mio tesoro. Al lavoro - vo' tornar. (torna a lavorare battendo) |
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Titta |
} a due |
Il moscone - a quel boccone Non vedrassi ad attaccar. (lavorando come sopra) |
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Bernardo |
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Titta |
Mastro Bernardo, A vostra figlia Ch'è da marito, Un buon partito Convien trovar. |
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Bernardo |
A uno spiantato Non la vo' dar. |
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Titta |
A un calzolaio L'accordereste? |
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Bernardo |
L'accorderò. |
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Titta |
Se fosse un fabbro? |
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Bernardo |
Ci penserò. |
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Titta |
E a un falegname? |
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Bernardo |
Questo poi no. |
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Giannino |
Oh cospettone! Sono un briccone? (avanzandosi) |
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Bernardo |
Chi t'ha chiamato? |
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Titta |
Chi t'ha cercato? (alzandosi) |
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Giannino |
Son pover uomo, Ma galantuomo. |
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Bernardo |
} a due |
Ma la Rosina Non è per te. |
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Titta |
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Rosina |
(Alla finestra) Padre mio caro, Siate bonino, Il mio Giannino Lo vo' per me. |
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Bernardo |
Insolentissima, Dentro di là. |
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Titta |
Quest'è bellissima. |
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Giannino |
Per carità. (a Bernardo) |
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Angelina |
(Alla finestra) Quella pettegola Che vuol Giannino, Quel bocconcino Non averà. |
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Rosina |
Voi non c'entrate. |
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Angelina |
Non mi seccate. |
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Rosina |
Che prepotenza! |
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Angelina |
Che impertinenza! |
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Bernardo |
} a due |
Garbate giovani, Quest'è un mal termine D'inciviltà. |
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Titta |
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Rosina |
} a due |
Mi sento rodere, Mi sento fremere: Quella pettegola Mi sentirà. (entrano) |
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Angelina |
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Bernardo |
Per tua cagione. (a Giannino) |
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Titta |
Per te, birbone. (a Giannino) |
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Giannino |
Che modo è questo? Mi maraviglio. |
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Titta |
} a due |
Io ti consiglio, Va via di qua. |
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Bernardo |
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Giannino |
Mi maraviglio: Vo' restar qua. |
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Bernardo |
Se la mi salta... (alza il martello) |
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Titta |
Se la mi monta... (alza il martello) |
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Giannino |
Risposta pronta Vi si darà. (alza il martello) |
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Rosina |
} a due |
(Dalle loro case correndo) Ah no, non fate Bestialità. (si frappongono) |
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Angelina |
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Rosina |
Per l'Angiolina. |
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Angelina |
Per la Rosina. |
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Rosina |
Vo' vendicarmi. |
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Angelina |
Vo' soddisfarmi. |
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Rosina |
} a due |
Non provocarmi. Va via di qua. (s'attaccano fra di loro) |
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Angelina |
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Bernardo |
} a tre |
Ah, no, non fate Bestialità. |
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Giannino |
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Titta |
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TUTTI |
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C'è entrato il diavolo, Non si può vivere: Convien risolvere, S'ha da finir. Mi sento rodere, Mi sento fremere: Convien risolvere, S'ha da finir. |
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ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Stanza della casa di Bernardo con tavolino per uso di Rosina,con vari lavori del suo mestiere e sedie di paglia.
Rosina con tre Scolare.
Presto, presto, a sedere e a lavorare. L'abito che ha ordinato La signora contessa del Caviale Esser dee terminato, o bene o male. Non misurate i punti; Tirate giù alla peggio. La Contessa Vuol pagar poco, ed aspettar conviene; Come merita, anch'io la servo bene. Orla tu questo telo. (ad una Scolara) Tu unisci questa manica. (ad un'altra Scolara) Tu menda questo taglio Ch' i' ho fatto, non volendo, per isbaglio. (alla terza Scolara) Se la bile mi prende, Non so quel che mi faccia, e allora quando Mi vien la mosca al naso, Precipito i lavori e taglio a caso. Ora per gelosia, Per rabbia e per dispetto, Son tutta, tutta foco. Per farmela passar, canterò un poco. (siede, lavora e canta) Pute care, pute bele No stè tanto a sospirar. Bona carne e bona pele Chi sospira no pol far. Via lavora, fraschetta. Facciamola finita, O ti do la bacchetta in su le dita. (ad una Scolara) Co le smanie e coi tormenti No perdè la zoventù... Or or non posso più. Che impertinenza è questa? Ti darò il bracciolare in su la testa. (ad un'altra Scolara) Co le smanie e coi tormenti No perdè la zoventù. Disè i vostri sentimenti, E sfogheve ancora vu. |
SCENA SECONDA
Bernardo e le suddette.
Bernardo |
Brava, così va bene: Cantare e lavorare, E non star sul balcone a civettare. (a Rosina) |
Rosina |
Prendi quest'altra manica; (la getta ad una Scolara, e prende un altro lavoro) Fa che ambedue sien leste. |
Bernardo |
Quest'è il dover delle fanciulle oneste. |
Rosina |
Terminato quel telo, Farai l'orlo a quest'altro. (getta in terra, e la Scolara lo strascina a sé, e prende un altro lavoro) |
Bernardo |
Un po' di carità Per la roba degli altri. |
Rosina |
Oh, voi verrete A insegnarmi il mestier! Che importa a noi Che un abito s'impolveri e s'imbratti? Se li godan così, quando son fatti. |
Bernardo |
Signore delicate, Che gli abiti serbate Con tanta gelosia, con tanto amore, Veniteli a veder dalle sartore. |
Rosina |
Davver mi fate ridere. Tutti non fan così? Le vostre scarpe, Di stoffa o pur guernite, Le rendete davver belle e polite? |
Bernardo |
A proposito: io deggio Fare un paio di scarpe Di drappo. Hai qualche cosa Di grazioso da darmi? |
Rosina |
Sì, prendete Due ritagli di raso E un pezzo di broccato, Che per voi con industria ho risparmiato. |
Bernardo |
Cara la mia figliuola, Tu sei proprio un oracolo. E vuoi precipitarti, E vuoi mal maritarti? Giannin non è per te. |
Rosina |
Quello, o nessuno. |
Bernardo |
Starai da maritar. |
Rosina |
Sì sì, ma in casa Non ci voglio più star. |
Bernardo |
Dove vuoi ire? |
Rosina |
Se non ho quel ch'io voglio, andrò a servire. |
Bernardo |
Sciocca, senza giudizio: Non vedi che Giannino Non ti può mantener? |
Rosina |
Che importa a me? Purch'ei fosse mio sposo, Starei sotto una scala; Viver sarei contenta Col mio caro Giannin d'acqua e polenta. |
Bernardo |
Eh, fraschetta, tant'altre Hanno detto così; ma poi col tempo, Cariche di miserie e di bambini, Avrian dato l'amor per sei quattrini. Per un mese col marito La sposina allegra sta: Ma poi mangia il pan pentito, E rimedio più non v'ha. Le carezze, - le finezze, Son cambiate - in bastonate; E l'amore se ne va Fra dispetti e povertà. Ma non è niente: Vengono i figli. O che dolori! Quanti perigli! Mamma, del pane. Panenon c'è. Ho tanta fame. Povera me! Se ti mariti, Così sarà. Povera pazza, Sta in libertà. (parte) |
SCENA TERZA
Rosina e le tre Scolare, come sopra.
Rosina |
Fin che il ciel mi conserva Gli occhi e le dita, di penar non temo. Sì, lo voglio, lo voglio, e lo vedremo. Vespina, vammi un poco A porre un ferro immantinente al foco. (parla ad una Scolara) Dica pure mio padre Tutto quel che sa dire: Nasca quel che sa nascere, Io voglio il mio Giannino; e se dovessi Vivere in povertà, sotto un bastone, Dirò quello che dice la canzone: Astu volesto? Magna de questo. Xestu contenta? Basta cussì. Tante l'ha fatta Sta bella festa, E l'ho volesta Far anca mi. (Ritorna la Scolara, ch'era partita, a parlare all'orecchio di Rosina) Davvero? Il mio Giannino Vuol venirmi a parlar? Dov'è mio padre? È partito? Ci ho gusto. (la Scolara risponde piano) Digli che venga pur. Tu scalda il ferro, Guarda che caldo sia quand'io lo bramo; Ma di qua non tornar, se non ti chiamo. (parla alla Scolara) Lisetta, dal merciaio Vammi a comprar del refe e della seta. Digli, per non mandare ogni momento, Che ti dia di colori un sortimento. (la Scolara parte) Tu va dalla Contessa: Dille se domattina Vuol ch'io vada a provarle il suo vestito, Poiché poco vi manca a esser finito. (la Scolara parte) A parlar con Giannino io mi consolo, Ma parlare gli vo' da sola a solo. |
SCENA QUARTA
Giannino e Rosina
Giannino |
Rosina. |
Rosina |
Vita mia. Hai veduto mio padre? |
Giannino |
L'ho veduto Andar con delle scarpe. |
Rosina |
E il fabbro? |
Giannino |
E il fabbro anch'esso Altrove è a lavorare. |
Rosina |
E l'Angiolina A venir ti ha veduto? |
Giannino |
Quando son qui venuto, Era chiuso il balcon. |
Rosina |
Caro Giannino, Noi siam perseguitati; Ma, al dispetto di tutti, Il ben che ci vogliam ce lo vorremo. |
Giannino |
E se il cielo vorrà, ci sposeremo. |
Rosina |
Senti, ho anch'io la mia dote, Ed ho il mio bisognetto. |
Giannino |
Anch'io non istò mal da poveretto. |
Rosina |
Ho sedici camicie, E sei di tela fina. |
Giannino |
Io ne ho fatte di nuove una dozzina. |
Rosina |
Ho un abito di seta; Ne ho due di cambellotto; Due vestine, due busti, e sei sottane; Ed ho più d'un grembial di tele indiane. |
Giannino |
Ancor io per le feste Un abito ho comprato, E un ferraiolo ed un cappel bordato. |
Rosina |
E poi dalle avventore Qualche aiuto averò per farmi un letto, Quattro sedie, un armadio ed un specchietto. |
Giannino |
Ed io dai miei mercanti Comprerò delle tavole in credenza, E farò dei lavori a questo e a quello, Per comprarti una vesta e un bell'anello. |
Rosina |
Oh, caro il mio Giannino, Voglio che facciam presto. |
Giannino |
Per me son bell'e lesto. |
Rosina |
Sento gente. |
Giannino |
Gente sale la scala. Oimè! chi mai sarà? |
Rosina |
Fosse mio padre! Vattene di là. Presto, celati. |
Giannino |
E poi? |
Rosina |
Non mi fare arrabbiar. |
Giannino |
Fo quel che vuoi. (passa in un'altra stanza) |
SCENA QUINTA
Rosina, poi Fabrizio
Rosina |
Oh! chi è qui? Il cameriere Di madama Costanza! Gli ho pur detto Che non venga da me. Mi spiace assai, Che Giannino è di là che vede e sente; Ma è buon figliuolo, non dirà niente. |
Fabrizio |
Buon dì, bella ragazza. |
Rosina |
Vi saluto. |
Fabrizio |
Sono da voi venuto Per dirvi che madama S'è di voi ingelosita, E scacciommi di casa inviperita. |
Rosina |
Me ne dispiace assai. |
Fabrizio |
Di tal mio danno Se la cagion voi siete, Risarcirmi dovete. |
Rosina |
E in che maniera? |
Fabrizio |
Molto non vi domando Pel mio risarcimento: Un pochino d'amore, e son contento. |
Rosina |
(Povera me! Giannino Non vorrei lo sentisse). (da sé)In cortesia, Per ora andate via. |
Fabrizio |
Mi discacciate? |
Rosina |
Mio padre può venir; di grazia, andate. |
Fabrizio |
Mandate la fanciulla, Come detto mi avete, ad avvisarmi... |
Rosina |
Zitto, per carità. (Vuol rovinarmi). |
Fabrizio |
Via, via, non v'inquietate, Per or me n'anderò: Poscia ritornerò, quando non siavi Timor di qualche imbroglio. Deh vogliatemi ben, ch'io ve ne voglio. Bella, vi lascio in pace Ma con voi resta il cor. Deh, non mi dite audace S'io vi domando amor, Costanza e fede. (parte) |
SCENA SESTA
Rosina, poi Giannino
Rosina |
Spero che il mio Giannino Non avrà né veduto, né sentito; E poi, se mio marito esser desia, Io sospetti non vo', né gelosia. |
Giannino |
Servo suo. (sdegnato, in atto di partire) |
Rosina |
Cosa è stato? |
Giannino |
Nulla. La riverisco. (come sopra) |
Rosina |
Cosa son queste scene? Sai che ti voglio bene... |
Giannino |
Sì, obbligato; Se ti guardo mai più, sia bastonato. |
Rosina |
A me, cane, assassino? A me così favelli? In tal maniera Tratti chi ti vuol bene? |
Giannino |
Ah, son spedito: Per me il mondo è finito. E quando men tel credi, Vedrai uno spettacolo ai tuoi piedi. |
Rosina |
Ma via, cosa t'ho fatto? |
Giannino |
Hai tanta faccia Ancor di domandarlo? Cospetto! lo vedrai; voglio ammazzarlo. |
Rosina |
Chetati, malagrazia. Lo conosci quell'uom? |
Giannino |
Non lo conosco. (bruscamente) |
Rosina |
Non sai che è il cameriere Di madama Costanza? |
Giannino |
Fosse ancora Il camerier d'un re, Cospettonaccio! avrà che far con me. |
Rosina |
Venuto è a domandarmi Per via della padrona. |
Giannino |
Eh un uomo come me non si minchiona. |
Rosina |
Orsù, signor astuto, Faccia quel che gli pare, Che co' pazzi ancor io non vo' impazzare. |
Giannino |
Maladetta! |
Rosina |
Insolente! Parla bene, che or ora Meno giù a precipizio. (alza una sedia, e lo minaccia) |
Giannino |
Anch'io, cospetto! perderò il giudizio. (alza anch'egli una sedia) |
Rosina |
(Affé, dice davvero. Colle buone Vo' pigliarlo per ora). (da sé) |
Giannino |
(Ho la rabbia nel sen che mi divora). (da sé) |
Rosina |
Via, Giannino, hai ragione. Sappi che quello è un pazzo Che con tutte vuol far l'innamorato, E da tutte è deriso e corbellato. |
Giannino |
Bella riputazione! |
Rosina |
Dici bene, hai ragione. |
Giannino |
Se l'altre sono pazze, Vuoi esserlo ancor tu? |
Rosina |
Hai ragione, Giannin, non farò più. |
Giannino |
Frasca. |
Rosina |
Non strapazzarmi. |
Giannino |
Perché fare arrabbiarmi? |
Rosina |
Via, Giannino, Via, il mio bel piccinino, Vien dalla Rosa tua che ti vuol bene. |
Giannino |
(Ah, resister non so; ceder conviene). (da sé) |
Rosina |
Guardami. |
Giannino |
Gioia mia, Non mi dar gelosia. |
Rosina |
Non dubitare. |
Giannino |
Non mi far disperare. |
Rosina |
Ti amo tanto, Che or or per cagion tua divengo matta. Caro. |
Giannino |
Viscere mie. |
Rosina |
La pace è fatta. (con allegrezza) |
Giannino |
Spiacemi che convien che or me ne vada. Non vorrei per la strada Con tuo padre incontrarmi. |
Rosina |
Aspetta, aspetta: Anderò alla finestra, e se vedrò Che mio padre ci sia, ti avviserò. |
Giannino |
Quando verrà quel giorno Che senza soggezion potrò parlarti? |
Rosina |
Presto, se il ciel vorrà. Amami e non temer, che il dì verrà. Ti ho voluto sempre bene, Te ne voglio piucché mai. Ah briccone, tu lo sai, E vuoi farmi taroccar. Oh benedetto - quel bel visino, Sì rotondetto, - sì galantino. Che bei balletti, - che bei scherzetti, Che bei risetti - vogliamo far! Non vedo l'ora, non posso star. (parte) |
SCENA SETTIMA
Giannino solo.
Ora sì posso dire D'essere fin agli occhi innamorato. Lasciarla avea giurato, Giurato avea di non amar mai più, E tornai presto presto a cascar giù. Ah, Giannino, che fai? Pensaci bene. È ver, Rosina è bella, Ma mi par vanarella. Se con questo e con quel scherzar le piace, Sarò geloso, e non avrò mai pace. Dunque che s'ha da far? Lasciarla? Ah no. Lasciarla io non potrò. Morir mi sento Solamente in pensarlo. Ah, vita mia, Sono nelle tue mani. Abbi pietà: Non mi dar gelosia, per carità. Donne belle, cogli amanti Deh, non siate sì tiranne; Non usate i vostri incanti Per schernir la fedeltà. Vezzosette, - graziosette, Fate torto alla beltà Coi meschini, - poverini, Non usando carità. (parte) |
SCENA OTTAVA
Camera di madama Costanza.
Madama Costanza, poi un Servitore.
Costanza |
Ah no, non posso vivere Senza il caro Fabrizio. Ehi! chi è di là? (Esce un Servitore) Per tutta la città Cerca del camerier fin che lo trovi. Digli che da me venga, Guidalo qui con te: Se non lo trovi, avrai che far con me. (Il Servo parte) È ver che all'amor mio mi parve ingrato, Ma non gli ho ancor svelato La fiamma che per lui m'arde nel cuore, Né sa ch'io l'ami, e ch'io pretenda amore. Se torna, com'io spero, Farò ch'egli lo sappia, e mi lusingo Ch'ei non avrà difficoltade alcuna Di comprar con amor la sua fortuna. Parmi di sentir gente. Oh me felice, Se fosse l'idol mio! Vieni, o mio caro... Ah, ingannata mi sono. È il calzolaro. |
SCENA NONA
Bernardo e la suddetta.
Bernardo |
Son qui, se mi permette... |
Costanza |
Da me cosa volete? |
Bernardo |
Se comanda, Proveremo le scarpe. |
Costanza |
Andate al diavolo, Voi m'avete annoiata. |
Bernardo |
(Per carità, è garbata). Favorisca. Le scarpe le ha vedute? |
Costanza |
Ancora no. |
Bernardo |
Quando le vuol provar? |
Costanza |
Quando vorrò. |
Bernardo |
Ma io son pover uomo, E non posso aspettar... |
Costanza |
Zitto. (Mi pare... Fosse questi Fabrizio! Oh che diletto Se venisse il mio bene!) (da sé) |
SCENA DECIMA
Titta e detti.
Titta |
(Entra inchinandosi) |
Costanza |
Oh maladetto! |
Titta |
Son qui per il burrò. |
Costanza |
Vattene, seccator; ti chiamerò. |
Titta |
Son venuto tre volte. |
Costanza |
E quattro, e sei, Quante volte mi par, tornar tu dei. |
Titta |
Ma il mio tempo, signora... |
Costanza |
Impertinente! (Affé, ch'io sento gente. Questa volta senz'altro La persona sarà ch'è a me sì cara. Maladetto destino! è la cuffiara). (da sé) |
SCENA UNDICESIMA
Angiolina e detti.
Angelina |
Eccomi qui di nuovo. La cuffia ho accomodato Come mi ha comandato. |
Costanza |
Così presto? Lascia veder: m'aspetto Che l'abbi strapazzata per dispetto. |
Angelina |
Oh no, signora mia. Se la provi, e vedrà che anderà bene. |
Costanza |
(E Fabrizio non viene). (da sé) |
Angelina |
Vuol che andiamo A provarla allo specchio? |
Costanza |
Va in buon'ora. (E Fabrizio crudel non viene ancora?) (da sé) |
Angelina |
E mi tratta così?... |
Costanza |
(Vo' andar io stessa A cercar quell'ingrato). (in atto di partire) |
Bernardo |
Le scarpe che ho portato... (a Costanza) |
Costanza |
Torna, e ti pagherò. (a Bernardo) |
Titta |
La chiave del burrò... (a Costanza) |
Costanza |
Torna, o mi aspetta. (a Titta) |
Angelina |
E provare non vuol?... (a Costanza) |
Costanza |
No, maladetta. (ad Angiolina) Ah, che son fuor di me. Smania, delira il cor. Barbaro, crudo amor, Speme per me non v'è. Ah, da me lungi andate; No, non mi tormentate. Ardo di sdegno e fremo, Ma non vo' dir perché. (parte) |
SCENA DODICESIMA
Angiolina, Bernardo e Titta
Bernardo |
Che diavolo ha costei? |
Angelina |
Pare impazzata. |
Titta |
So tutto. È innamorata. |
Angelina |
Di chi? |
Titta |
Del cameriere: E l'ha cacciato via Per certa gelosia che stamattina Ebbe, ma con ragion, della Rosina. |
Bernardo |
Di mia figlia? |
Titta |
Di lei. |
Bernardo |
La mia ragazza Io so che non è pazza, Che bada al suo mestiere, E sospetto di lei non potrà avere. |
Angelina |
Sì certo, la Rosina Veramente è bonina; Ma se il padre sen va poco distante, Introduce in sua casa il caro amante. |
Bernardo |
Chi? |
Angelina |
Giannino. |
Bernardo |
Da lei? |
Angelina |
L'ho veduto testé cogli occhi miei. |
Bernardo |
Cospetto! cospettone! Voglio precipitar. |
Titta |
Mi promettete, Se Giannin l'abbandona, Che Rosa sarà mia? |
Bernardo |
Sì, per dispetto, Per odio di colui, ve lo prometto. |
Angelina |
Briccon, m'avea promesso, E per lei mi ha mancato. |
Titta |
E che sì che il vedete a voi tornato? (all'Angiolina) |
Angelina |
Volesse il ciel! |
Titta |
Lasciate Operare a chi sa. Giannin conosco: È gonzo per natura, Ed è pien di paura. Stamane si è gridato, E so ch'è spaventato; e col pretesto Di far pace con noi, lo condurremo Insieme all'osteria, E faremo ch'ei beva in allegria. Quando avrà ben bevuto, Lasciate a me il pensiero Di far ch'egli rinunzi la Rosina, E mantenga la fede all'Angiolina. |
Bernardo |
Bravo! ma saria bene Che ci foste anche voi. |
Angelina |
Oh, le cuffiare Non vanno all'osteria. |
Titta |
Che novità! Perdereste la vostra nobiltà? |
Bernardo |
Basta che vi troviate. Di là poco lontana. (all'Angiolina) |
Titta |
Andremo all'osteria della Fontana. (all'Angiolina) Fidatevi di me: so quel che dico. Pria gli farò l'amico, E poi, a poco a poco, Mi anderò riscaldando e darò foco. Se sapeste che bestia ch'io sono! Quando voglio, nessun me la fa. La natura mi dié questo dono, E vedrete la mia abilità. So sdegnarmi col labbro ridente; Quando voglio, divengo furente. Qualche donna che finger non sa, Venga a scuola, da me imparerà. (parte) |
SCENA TREDICESIMA
Angiolina e Bernardo
Angelina |
Io fingere non so, ma non v'è dubbio Che cerchi d'imparar sì gran virtù: La mia sincerità stimo assai più. |
Bernardo |
Siete dunque sincera? |
Angelina |
E me ne vanto. |
Bernardo |
Affé, siete un incanto: Se oltre l'esser bellina avete il dono Della sincerità, Siete una rarità. Corpo di bacco, Se vent'anni di meno Avessi sulle spalle... Ma sentite: È ver ch'i' son vecchietto, Ma il cuore tuttavia mi brilla in petto. Quando veggo un bel visino, Non ricordomi l'età, E mi sento, poverino, Che diletto amor mi dà. Gioia cara, gioia bella, Sono come quel soldato Veterano, sgangherato, Che sentendo la trombetta, Il tamburo o la cornetta, Si risveglia il suo valor. Tuppe tappe gli fa il cor. (parte) |
SCENA QUATTORDICESIMA
Angiolina sola.
Povero galantuom, lo compatisco; Ma però non vorrei Consumare con esso i giorni miei. Mi preme il mio Giannin; per acquistarlo Farò quanto potrò: ma quando mai Non l'avessi d'aver, se ho da cambiare, Non mi vo' con un vecchio accompagnare. Lo voglio giovanetto, Lo voglio galantino, E vo' che sia bellino, E che mi porti amor. S'è povero, non preme: Non curo di ricchezza; Mi basta la bellezza Che mi consoli il cor. (parte) |
SCENA QUINDICESIMA
Cortile che introduce ad un'osteria con tavola e panca ad uso de' bevitori.
Rosina sola.
Possibil che Giannino Sia andato all'osteria? Me l'hanno detto, Me ne vo' assicurar. Povero lui, Se ciò è la verità. Vo' andar cercando Per tutti questi alberghi qui d'intorno: Se ti trovo, briccon, te lo prometto, Né anche a mio padre porterò rispetto. (parte) |
SCENA SEDICESIMA
Titta allegro dal vino, Bernardo rosso in viso e Giannino mesto e stordito.
Titta |
Vieni, vieni, Giannin, non sarà nulla. Qui all'aria si respira. |
Giannino |
Ahi, la testa mi gira. |
Titta |
Siamo stati In camera serrati, Perciò ti ha fatto male. Ehi, camerier, portateci un boccale. |
Bernardo |
Beviamo allegramente. |
Giannino |
Io non ne posso più. |
Bernardo |
Povera gioventù! Bevuto ho pure Più di Titta e Giannino, E sono lesto come un paladino. (traballando) |
Titta |
Voglio che in avvenire Siamo buoni vicini e buoni amici, E che giorni felici Passiamo qualche volta all'osteria. |
Bernardo |
E che stiamo d'accordo in allegria. |
Giannino |
(Non ci vengo mai più. Se il sa Rosina Che venuto qua sia, povero me!) (da sé) |
Titta |
Giannino, così è Come ch'io ti diceva: Rosina è cosa mia. Cedila colle buone. Quando no, cospettone... Cedila per tuo bene. |
Giannino |
Sì, te la cederò. (Finger conviene). |
Bernardo |
Bravo! |
Titta |
Viva Giannino! |
Bernardo |
È un galantuomo. |
Titta |
È un amico di cor. |
Bernardo |
Ti vorrò bene. |
Titta |
Sarai compagno mio. |
Bernardo |
La mano. |
Titta |
Un bacio a me. |
Bernardo |
Vo' un bacio anch'io. (lo assaltano con finezze caricate) |
Giannino |
(Son stordito; non so dove mi sia). (da sé) |
Bernardo |
Ah, la nostra allegria Ancor non è perfetta. |
Titta |
E che cosa vi manca? |
Bernardo |
Una donnetta. |
Titta |
Bravo! almen tu non senti Della vecchiezza i danni. |
Bernardo |
Parmi d'esser tornato di vent'anni. (traballando) |
Giannino |
(Fa rabbia un vecchio pazzo Che vuol far da ragazzo). (da sé) |
Titta |
Zitto, zitto, Ecco la mia fanciulla: Facciamola venir. |
Bernardo |
Sì, l'Angiolina. |
Giannino |
Vado via. |
Titta |
Resta qui. (a Giannino) |
Bernardo |
Vieni, carina. (verso la Scena) |
SCENA DICIASSETTESIMA
Angiolina e i suddetti, poi Rosina
Angelina |
Eccomi. Chi mi chiama? |
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Titta |
Giannino è che ti brama. |
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Giannino |
Non è vero. |
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Bernardo |
Vieni, vieni, cor mio: Se nessuno ti vuol, ti prendo io. |
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|
Titta |
Che! non vi ricordate L'impegno di Giannin colla fanciulla? |
|
|
Bernardo |
Non mi ricordo nulla, Mi sento in allegria: Vo' divertirmi, e l'Angiolina è mia. |
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|
Angelina |
Voi non mi comodate. |
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|
Titta |
Il pazzo non mi fate: Che, cospetto di bacco... (a Bernardo) |
|
|
Bernardo |
Di bacco e di tabacco, Di voi non ho paura. Voglio far ancor io la mia figura. (Vuol prender per la mano Angiolina, e va al solito traballando) L'Angiolina è cosa mia, E voi altri andate via, Che la vo' tutta per me. |
|
|
Angelina |
Io non so di voi che fare. (a Bernardo) |
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|
Titta |
E tu dei lasciarla stare. (a Bernardo) |
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Angelina |
Io Giannino vo' per me. |
|
|
Giannino |
Figlia mia, non son per te. |
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Rosina |
Ah briccone, all'osteria Colle donne in compagnia? Tu l'avrai da far con me. (a Giannino) |
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|
Giannino |
Con tuo padre son venuto. (a Rosina) |
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Rosina |
Bell'esempio che gli date! (a Bernardo) |
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|
Titta |
Ma Giannino ti ha ceduto, Ma tu devi sposar me. |
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Rosina |
Non lo credo. |
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Giannino |
Non è vero. |
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Bernardo |
T'ha ceduto, così è. (a Rosina) |
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Rosina |
Traditore - disgraziato, Mentitore - scellerato, Senza legge e senza fé. |
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Giannino |
Ah Rosina! |
|
|
Rosina |
Disgraziato! |
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|
Giannino |
Gioia bella! |
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Rosina |
Scellerato! |
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Giannino |
Vieni, o cara, vien da me. |
|
|
Rosina |
Senza legge e senza fé. (in atto di partire) |
|
|
Giannino |
Mi vien male. (si getta sulla panca) |
|
|
Rosina |
Cos'è stato? (s'accosta a lui) |
|
|
Giannino |
Deh, soccorri il tuo Giannino. |
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|
Bernardo |
} a tre |
Ha bevuto il poverino, Altro male, no, non c'è. |
|
Titta |
|||
Angelina |
|||
Rosina |
Voglio aiutarti. Ma non lo meriti; (gli dà dell'acqua odorosa e gli asciuga il volto) Dovrei lasciarti Precipitar. |
|
|
Bernardo |
} a tre |
Caritatevole Gli porgi aita, Ma poi le dita Ti puoi leccar. |
|
Titta |
|||
Angelina |
|||
Giannino |
Idol mio, son rinvenuto: Ti ringrazio dell'aiuto. Benedetta, vita mia, Sempre sia - la tua pietà. |
|
|
Rosina |
Ah briccone, all'osteria, Colle donne in compagnia? No, di te non ho pietà. |
|
|
Bernardo |
} a tre |
Brava, brava, in verità! |
|
Titta |
|||
Angelina |
|||
Titta |
L'Angiolina ha da sposare. |
|
|
Angelina |
Mi ha la fé da mantenere. |
|
|
Bernardo |
L'Angiolina vo' per me. |
|
|
Giannino |
Senti, senti. (a Rosina) |
|
|
Rosina |
Che cos'è? |
|
|
Titta |
Vecchio pazzo, rimbambito. |
|
|
Bernardo |
Temerario, disgraziato! (a Titta) |
|
|
Titta |
Oh cospetto! ad un par mio? Ammazzare lo vogl'io. (pone mano ad un'arma) |
|
|
Bernardo |
Vieni avanti. (mette mano anch'esso) |
|
|
Giannino |
} a tre |
Aiuto, gente. |
|
Angelina |
|||
Rosina |
|||
Titta |
Insolente! (si vogliono offendere, e sono tenuti) |
|
|
Bernardo |
Prepotente! |
|
|
Giannino |
Gente, aiuto, in carità. (Vengono Camerieri dall'osteria con bastoni a dividerli) |
|
|
Titta |
Hai ragione, ci vedremo. |
|
|
Bernardo |
Hai ragion, ci troveremo. |
|
|
Giannino |
} a tre |
Pace, pace, per pietà. |
|
Angelina |
|||
Rosina |
|||
Titta |
Farò pace, se Rosina Comandarmelo vorrà. |
|
|
Bernardo |
Farò pace, se Angiolina Di buon cor mi pregherà. |
|
|
Giannino |
Via parlate, - via pregate: (a Rosina e Angiolina) Tutto alfin si aggiusterà. |
|
|
Rosina |
} a due |
Pace, pace domandiamo. Di buon cor vi supplichiamo, Ritornate in amistà. |
|
Angelina |
|||
Bernardo |
} a due |
(accennando i bastoni) T'avrei punto le budelle, Ma per via di queste belle, Pace, pace si farà. |
|
Titta |
|||
Giannino |
} a tre |
Tutto poi si aggiusterà. |
|
Angelina |
|||
Rosina |
|||
Bernardo |
} a due |
Che si beva, poffar diana! (Danno a tutti da bere) E la pace all'artigiana Che si faccia come va. |
|
Titta |
|||
TUTTI |
|
||
Pace, pace, e non più guerra. È felice in su la terra Chi nemico alcun non ha. Viva, viva l'allegria E la buona compagnia! Pace, pace e sanità. |
|
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Camera di madama Costanza.
Madama Costanza e due Servitori.
Costanza |
Andate, andate tosto A chiamar la cuffiara, E il fabbro e il calzolaro, Che venghino da me subitamente, Che trattati saran discretamente. (ad un Servitore che parte) Ah sì, sono contenta Che il mio caro Fabrizio è ritornato: Segno che mi vuol bene; e s'egli è fido, Convien ricompensarlo. Pria di creder però vogl'io provarlo. Da Rosina sartora (al Servitore) Va tosto, e dille ch'io non son più irata, Che l'andrienne ho provato e mi va bene, E contenta sarà se da me viene. (parte l'altro Servitore) Vo' veder se Fabrizio... Eccolo qui: Eccolo il ladrone che mi ferì. |
SCENA SECONDA
Fabrizio e la suddetta.
Fabrizio |
Posso sperar, madama, Placato il vostro sdegno? |
Costanza |
Sembrati d'esser degno Di pietà, di perdono? |
Fabrizio |
Se vi spiacqui, se errai, pentito io sono. |
Costanza |
Se dicessi davver... |
Fabrizio |
Lo giuro ai Numi. |
Costanza |
Ah sì, veggo in quei lumi, Che amar costante e vagheggiar son usa, Il mio debole affetto e la tua scusa. (parte) |
SCENA TERZA
Fabrizio solo.
Costante io le sarò, Ma il mio tempo non vo' gettare invano: Se fedele mi vuol, mi dia la mano. Alfin, s'ella è signora, Non è che un accidente. Il buon marito Comoda l'ha lasciata, Ma so che anch'ella è nata Povera e triviale qual son io, E se al sangue si guarda, è da par mio. Superbette, non vantate Cogli amanti nobiltà. Voi vincete, voi piagate Colla grazia e la beltà. (parte) |
SCENA QUARTA
Bernardo ed un Servitore, poi Angiolina
Bernardo |
Sì, dite alla padrona Che per la terza volta son venuto Ad obbedirla e renderle tributo. (con ironia) |
Angelina |
Ehi, galantuomo, andate Ad avvisar madama Ch'io son qui per veder cos'ella brama. (Parte il Servitore) |
Bernardo |
Compatite, Angiolina, Se oggi fuor del dover qualcosa ho detto, Allor ch'era dal vino un po' caldetto. Tre ore ho riposato; E mi son vergognato, Tornando a riacquistar la sanità; Scandalo d'aver dato in questa età. |
Angelina |
Per me vi compatisco; Spiacemi che con Titta Or sarete nemici. |
Bernardo |
Passato è il vino, e siam tornati amici. |
Angelina |
E Giannino? |
Bernardo |
Giannino, Frattanto ch'io dormiva, Con Rosina a parlar si divertiva. |
Angelina |
Che pensate di far? |
Bernardo |
Non so che dire: Non vagliono minaccie, Non vagliono consigli: Se lo vuole pigliar, che se lo pigli. |
Angelina |
Ed io m'ho da acchetar? |
Bernardo |
Che far volete? Giovane e bella siete: Troverete marito. |
Angelina |
Sì, ma in oggi V'è poco da far bene. |
Bernardo |
Veramente La gioventù d'adesso È assai pericolosa. Angiolina, davver, fate una cosa. |
Angelina |
E che ho da far? |
Bernardo |
Davvero, Se volete star ben con proprietà, Sposatevi ad un uom di mezza età. |
Angelina |
Ma io la mezza età non so qual sia. |
Bernardo |
Circoncirca sarà come la mia. Fino ai cento, se non più, Vi è speranza d'arrivar. Ma nel fior di gioventù Non sa l'uomo di campar. Si principia dai quaranta, E ne restano sessanta; Onde un uom che n'ha settanta, Con ragione si dirà: Quell'è un uom di mezza età. (parte) |
SCENA QUINTA
Angiolina, poi Titta
Angelina |
Questa davver la godo: I vecchi fanno i computi a lor modo. Penso però e ripenso Che se Giannin tien sodo e non mi vuole, E se mastro Bernardo Un'altra volta ad esibir si viene, Io non bado all'età, bado a star bene. |
Titta |
Anche voi siete qui? |
Angelina |
Ci son venuta Perché m'hanno chiamato. |
Titta |
Per la stessa ragione io son tornato. |
Angelina |
Ma non vedo nessuno. Anderò io di là... |
Titta |
Dite, aspettate: Sapete che vi sieno Novità di Rosina e di Giannino? |
Angelina |
Una picciola cosa, Ma una cosa da nulla: Giannino e la fanciulla Faran l'accasamento, Ed il padre di lei sarà contento. |
Titta |
Come! cospettonaccio! |
Angelina |
Come! come! Non occor cospettare; Anch'io ci devo stare. |
Titta |
A me un affronto? Mastro Bernardo me ne darà conto. |
Angelina |
Voi siete un precipizio; Ma qualchedun vi farà far giudizio. Sì, degli altri ne ho sentiti Far i bravi e cospettar; Ma col remo, e travestiti, Vanno i pesci a bastonar. (parte) |
SCENA SESTA
Titta solo.
Per dir la verità, due altre volte Gli astrologhi m'han detto Quasi la stessa cosa, Ed è la stella mia calamitosa. Convien cambiar usanza: Passati ho troppi guai. Meglio tardi che mai. Lasciar conviene Il giuoco, l'osteria. Sì, vo' lasciarla. La lascierò al cospetto... Brutta boccaccia! Vizio maladetto! (si dà colla mano sulla bocca) Ci avvezziamo da piccoli in su A quei vizi che piacciono più; E la madre che vede e che sente, Se la gode col labbro ridente; E cresciuti che siamo in età, Anche il vizio natura si fa. (parte) |
SCENA SETTIMA
Giardino in casa di madama Costanza.
Rosina e Giannino
Rosina |
Vieni, vieni, Giannino, E fin ch'io torno, aspettami in giardino. |
Giannino |
Se madama mi vede, Cosa le devo dir? |
Rosina |
Non dubitare: Io ti farò passare Per garzon di mio padre. Vo a vedere Cosa vuole da me, poi ad effetto Penseremo a mandar quel che t'ho detto. |
Giannino |
Sì certo, questa vita Non si può più durar. |
Rosina |
Facciam così: Andiamo da mia zia... |
SCENA OTTAVA
Madama Costanza e detti.
Costanza |
Che fate qui? |
Rosina |
Or salivo le scale, E venivo a veder che mi comanda. |
Costanza |
E si viene da me per questa banda? |
Rosina |
Perdoni... |
Costanza |
Chi è colui? |
Rosina |
È di mio padre Un lavorante, e un giovane romano. |
Costanza |
Eh fraschetta, sarà qualche mezzano. |
Giannino |
Io mezzano? Di chi? |
Costanza |
Della Rosina, Ch'è del mio cameriere innamorata. |
Rosina |
Son fanciulla onorata, E per farle vedere Che a torto il di lei cuore è sospettoso, Questo giovane qui sarà mio sposo. |
Costanza |
Dite davver? |
Rosina |
Non mento. |
Giannino |
Così il ciel mi rendesse un dì contento. |
Costanza |
Aspettate. Fabrizio! (chiama) |
SCENA NONA
Fabrizio e detti.
Fabrizio |
Mia signora. |
Costanza |
Vedi tu questa giovane? |
Fabrizio |
La vedo. (Che ritorni a scacciarmi or or prevedo). (da sé) |
Costanza |
Ti spiaceria vederla Ad un altro sposata? |
Fabrizio |
In verità, Sull'onor mio vel dico, Dell'amor suo non me n'importa un fico. |
Rosina |
E a me, candidamente, Sull'onor mio, non me n'importa niente. |
Costanza |
Dunque, se amanti siete, Perché non vi sposate? (a Rosina e Giannino) |
Rosina |
Perché ancora Mi manca il mio bisogno. |
Costanza |
E che vorreste? |
Rosina |
Almeno cento scudi, Per far qualche cosetta da par mio. |
Costanza |
Se vi date la man, ve li do io. |
Rosina |
Davvero? |
Giannino |
Oh, il ciel volesse! |
Costanza |
Eccoli, a caso (tira fuori una borsa) Me li ritrovo in tasca. Preparati li avea per la pigione. (Altri sei mesi aspetterà il padrone). (da sé) Sposatevi, e son vostri. |
Rosina |
Tu, che dici? (a Giannino) |
Giannino |
Non ci ho difficoltà. |
Rosina |
Facciamola? |
Giannino |
Son qui. |
Rosina |
Cosa sarà? |
Costanza |
Porgetevi la mano, Facciasi il matrimonio: Fabrizio servirà per testimonio. |
Giannino |
La mano. (chiedendo la destra a Rosina) |
Rosina |
Ecco la man. |
Giannino |
Sposa. |
Rosina |
Marito. |
Costanza |
(Ora il sospetto mio sarà finito). (da sé) Eccovi i cento scudi. (dà la borsa a Rosina) Vieni, Fabrizio. Andiamo. Caro, or ora saprai quanto ti amo. (parte) |
Fabrizio |
Buon pro vi faccia. Vo' sperar fra poco Far anch'io la partita a questo gioco. (parte) |
SCENA DECIMA
Rosina e Giannino
Giannino |
Cosa dirà tuo padre? |
Rosina |
Una ragione Forse l'appagherà. Per cento scudi, Se si trovasse anch'ei nel caso mio, Avria fatto egli pur quel che ho fatt'io. |
Giannino |
Ehi, da' qui i cento scudi. |
Rosina |
Signor no. |
Giannino |
Ma cosa ne vuoi far? |
Rosina |
Li spenderò. |
Giannino |
Tocca a me. |
Rosina |
Non signore, Tu non te n'impacciare. Voglio io maneggiare; Della casa vogl'io la direzione. |
Giannino |
Voglio esser io il padrone. |
Rosina |
A questo patto Non m'avrei maritata. |
Giannino |
Perch'abbi a comandar non ti ho pigliata. |
Rosina |
Tu non sei buon da nulla. |
Giannino |
Tu sei la gran dottora. |
Rosina |
(Principiamo a buon'ora, a quel ch'i' vedo). |
Giannino |
(Povero me, se sul principio io cedo). |
Rosina |
Oh via, facciam così: questi danari Dividiamoli adesso per metà; E ogni uno a modo suo li spenderà. |
Giannino |
Via, per or mi contento. Ma poi.... |
Rosina |
Sull'avvenire Non istiamo a garrire; Caro Giannino mio, non far così. Almeno il primo dì viviamo in pace. |
Giannino |
Sì, d'aver taroccato mi dispiace. Tu lo sai che ti vo' bene, Che tu sei la gioia mia. Prego il ciel che non ci sia Da pentirsi e da gridar. |
Rosina |
No, mio caro, non conviene Far l'amore come i gatti. Non son questi i nostri patti: Sempre in pace si ha da star. |
a due |
È pur bello il matrimonio, Se non v'entra quel demonio Che fa i sposi delirar. |
Giannino |
La mia parte del danaro. (chiede la borsa) |
Rosina |
Sì, mio caro, tu l'avrai. |
Giannino |
In che cosa spenderai La porzion che tocca a te? |
Rosina |
Lascia, lascia far a me. Vo' comprare dei merletti, Delle cuffie e dei fioretti. Un vestito - ben guarnito Colla coda - a tutta moda, E del zucchero e caffè; Lascia, lascia far a me. |
Giannino |
Pane, pane, e non merletti, Pane e vino, e non fioretti; A una povera ragazza Non conviene il far la pazza. Te lo dico, bada a te; Pane, pane, e non caffè. |
Rosina |
Oh povera me! Che cosa farò? La mia libertà Perduta ho così? |
Giannino |
Rimedio non c'è, La voglio così. |
Rosina |
L'ho fatta, l'ho fatta. |
Giannino |
Mi pento, mi pento. |
a due |
Che breve contento, Che corto piacere! Non s'ha da godere La pace un sol dì. |
Rosina |
Giannino. |
Giannino |
Rosina. |
Rosina |
Marito. |
Giannino |
Consorte. |
a due |
Se fino alla morte Ci abbiamo da star, Veleno - nel seno Non stiamo a covar. |
Rosina |
Sì, prendi il danaro. Fa quello che vuoi. (gli dà la borsa) |
Giannino |
Non credermi avaro: Comanda, che puoi. |
Rosina |
Comando che m'ami. |
Giannino |
Il cor, se lo brami, È tutto per te. |
Rosina |
Sposino - carino, Sei tutto per me. |
a due |
Il dio d'Amore Che ci ha legato, Che ci ha involato La libertà, Il nostro seno Consoli almeno Colla bramata Felicità. (partono) |
SCENA ULTIMA
Titta, poi Madama Costanza e Fabrizio, poi Bernardo e Angiolina, poi Rosina e Giannino
Titta |
Che diancine d'imbrogli Ci sono in questa casa? Vado su, vengo giù, nessun mi bada. Meglio dunque sarà ch'io me ne vada. |
|
|
Costanza |
} a due |
Mastro Titta, a voi lo dico Come amico di buon cor: Della cara padroncina Son marito e servitor. |
|
Fabrizio |
|||
Titta |
Buon pro faccia al cameriere. Viva, viva il dio d'Amor. |
|
|
Bernardo |
} a due |
Mastro Titta, nol sapete? Noi ci siam sposati or ora, E contento è il nostro cor. |
|
Angelina |
|||
Titta |
Viva, viva il vecchiarello, Viva, viva il dio d'Amor. |
|
|
Giannino |
} a due |
Mastro Titta, finalmente Siamo qui marito e moglie, E contento è il genitor. |
|
Rosina |
|||
Titta |
Cospettone... No, non voglio Più gridare e far rumor. Viva, viva il dio d'Amor. |
|
|
TUTTI |
|
||
Viva, viva il dio d'Amore Che consola i petti umani, E nel cor degli Artigiani È più schietto, ed è miglior. |
|
Fine del Dramma.