L’amore canta

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L’AMORE CANTA

Commedia in tre atti

Di ALESSANDRO DE STEFANI BOUSQUET E FALK

PERSONAGGI

CLAUDIO MERLERAULT

FELICE CREPIN

LEONE LHERMINOIS

ARMANDO PETITJEAN

IBRAHIM ZOREB BEY

ONORATO

CESARE

IL MACCHINISTA

L’ELETTRICISTA

ANTONIETTA LHERMINOIS

YVONNE CREPIN

LULU’ DARLING

MADAME BOUCLIER

MADAME SERVAL

Questa commedia dovuta alla collaborazione di un autore ita­liano e due francesi è il primo vero esperimento di adattamento da parte del traduttore. Vi sono commedie straniere, special­mente comiche, che non resistono alla rappresentazione perchè non aderiscono alla sensibilità del nostro pubblico. Questo vuol dire che risentono troppo, nella costruzione e nei carat­teri dei personaggi, dell'ambiente per il quale la commedia è stata creata. Così alcune commedie che accortamente modifi­cate potrebbero avere successo anche da noi, sono condannate alla prima rappresentazione perchè il traduttore non ha sa­puto creare quell'u ambiente » necessario al gusto del nostro pubblico. E', questo, un vero lavoro di collaborazione al quale Alessandro de Stefani ha dato il suo contributo di esperienza e la sua vivacità di dialogo sembrandogli la commedia diver­tente. Cosi infatti è apparsa alla rappresentazione da parte della Compagnia di Antonio Gandusio e Gigetto Almirante. E' stato cosi realizzato quel tanto discusso problema della « collaborazione al testo » da parte del traduttore. Bousquet e Falk, i due celebri commediografi francesi, hanno trovato in Alessandro de Stefani un collaboratore e un traduttore eccel­lente e hanno voluto che per le rappresentazioni in Italia della loro commedia il nome del nostro autore comparisse prima dei loro, come è consuetudine in tutti i paesi. Infatti si è già verificato questo scambio di collaborazione anche fra autori italiani e francesi, avendo questi ultimi non solo tradotto, ma adattato la commedia per il loro pubblico chiamato ad ascoltar­la e giudicarla.

ATTO PRIMO

La scena rappresenta lo studio-salotto di Fe­lice Crepili, professore di canto. E' una stanza borghese, piuttosto modesta: alle pareti è ap­peso qualche manifesto di vecchi teatri di pro­vincia con l'annunzio del « Trovatore » e di « Roberto il Diavolo » col nome di Felice Cre­pili a grandi caratteri. Un pianoforte è a destra di sbieco; sul pianoforte varie fotografie in cor­nice di Felice Crepili nei vari abbigliamenti delle sue interpretazioni liriche. Dall'interno dell'appartamento giunge ogni tarato il ritor­nello di una canzone. La scena è vuota: dopo un istante squillo debole di un campanello. Si­lenzio. Secondo squillo: infine dalla porta soc­chiusa di sinistra appare la testa di Armando Petitjean.

Armando                  - E' permesso?... E' permesso?... (Entra: si guarda, attorno poi, volgendosi ver­so qualcuno che è rimasto di fuori, sussurra) Avanti! Vieni avanti. Non c'è nessuno... (Anto­nietta entra: è turbatissima. Cappello ed ele­ganza discreta da signora in visita di peccato).

Antonietta                - No, no. Sento che non è pos­sibile. Ci vuole uni coraggio che io non ho,..

Armando                  - E' di là... (Ascoltano qualche battuta della canzone) Lo senti?

Antonietta                - (facendo per andarsene) No. Non potrò mai dirgli che da tre mesi sono la sua allieva quando non ma ha mai veduta! Mo­rirei di vergogna! Sento che non posso...

Armando                  - Nervi a posto, ani raccomando. Nelle situazioni difficili le donno rovinavo tutto per la loro povertà di spirito. Lascia fare a me...

Antonietta                - Intanto non mi date del tu quando siamo in casa d'altri!

Armando                  - Potrei espere vostro cugino... Non insisto. Ma imparate da me: osse rv al e la mia calma. La mia voce non trema, la mia ma­no nemmeno: mi so dominare, eero lutto!

Antonietta                - Perchè siete un egoista. Non siete voi che correte un riseli io: sono io! Non siete voi che avete una moglie, sono io che ho un marito!

Armando                  - Così inoffensivo!

Antonietta                - Lo vorreste più severo? Ho capito! Rompiamo e non parliamone più!

Armando                  - Antonietta, per carità! Ma per­chè siete così suscettibile, oggi?

Antonietta                - Come, perchè ? Non vi pare che basti quanto è accaduto?

Armando                  - Ma non è accaduto niente!

Antonietta                - Vi dico che mio marito ha dei sospetti.

Armando                  - Quali sono state le sue parole precise, dico « precise »?

Antonietta                - « Vai alla lezione di canto? », mi ha detto. E io: « Naturalmente, come al so­lito ». « Benissimo, - ha risposto. - Ti ci ac­compagno! ». E non ha più aperto bocca. Lo chiamate un marito inoffensivo, Leone!? E' un uomo che cova una tragedia, vi dico, sotto quel­la sua apparenza calma! E' un uomo che vive soltanto per me, e che è capace di tutto se sa­pesse... Oh, come ho avuto torto a dimenticare la voce del mio dovere...

Armando -                - Siete una donna che non ha il culto dei ricordi.

Antonietta                - Che culto volete che abbia, quando si ha un marito geloso alle calcagna?

Armando                  - Ma se ha detto che vi accompa­gnava, perchè non è venuto con voi?

Antonietta                - Sono riuscito a persuaderlo òhe dovevo andare da un'amica prima: per cor­rere ad avvertirvi. Ma alle cinque e mezzo egli viene dal professor Crepin per sentirmi can­tare: dal professor Crepin! Dove io som venuta a prender lezioni da tre mesi e dove non ho mai messo piede! Ah, come comprendo ora che cosa sia un rimorso!

Armando                  - Siete stata voi ad aver l'idea di queste lezioni!

Antonietta                - (nervosissima) Naturalmente. Ci voleva un pretesto per uscire tutti i giorni e per giustificarmi nel caso che qualcuno mi aves­se vista entrare qui. Era il solo dei vostri vicini che potesse servirmi a qualcosa... Come potevo immaginare che Leone...?

Armando                  - Ma perchè non gli avete detto?...

Antonietta                - Che cosa?

Armando                  - Non so: che la lezione era rin­viata...

Antonietta                - Gli avevo già detto che ci an­davo. E poi, ve lo ripeto, sono sicura che ha dei sospetti. Bisogna farglieli sparire.

Armando                  - Facciamoglieli sparire. Bisogna mettere a parte Crepin della situazione e farne un complice.

Antonietta                - Se è un uomo di cuore avrà pietà della situazione nella quale si trova una donna onesta, come me! E' un uomo di cuore?

Armando                  - Che volete che ne sappia? L'ho incontrato qualche volta per le scale, e basta!

Antonietta                - Che faccia ha?

Armando                  - La faccia di un nomo onesto.

Antonietta                - No, no: dire a un» sconosciu­to, così, a bruciapelo: «Signore, io sono dia tre mesi la vostra allieva, ma non sono mai ve­nuta da voi, per delle ragioni che un uomo di mondo può indovinare... Salvatemi. E datemi, in presenza di mio marito, la mia 92a lezione!». No, no: che cosa penserà di me quell'uomo?

Armando                  - Niente di male!

Antonietta                - (calmandosi di colpo) Questo è vero. Sarà commosso. Sono sicura che sarà commosso. Avete del danaro?

Armando                  - Sì: perchè?

Antonietta                - Per il caso che non fosse suf­ficientemente commosso. (Irritandosi) Ma che state lì a fare, voi?

Armando                  - Guardo i manifesti per poterlo prendere dal suo lato debole. Vedete: è un ba­ritono. Un baritono d'opera. Io sono un critico teatrale. Potrebbe essere lusingato...

Antonietta                - Ma mio marito sta per venire e voi perdete dei minuti preziosi a leggere i ma­nifesti.

Armando                  - Che posso fare? Crepin non c'è.

Antonietta                - Come, non c'è? Ci manche­rebbe altro. Non sentite la sua voce? Andate di là. Chiamatelo. Muovetevi. Fate qualche cosa. Come ho potuto fare, io mi domando, a illudermi di amarvi! E' incredibile! Non me lo perdonerò mai!

Armando                  - (per obbedirle s'avvicina cautamen­te alla porta di fondo e batte con le nocche sulla porta) E' permesso? E' permesso? (Pausa; poi la canzone dall'altra parte riprende. Vol­tandosi ad Antonietta) E' un po' sordo, Crepin: sarà un po' difficile spiegargli...

Antonietta                - Ragione di più per fare pre­sto. Voi tenete proprio a far succedere uno scandalo? Una tragedia? Badate, che se mio marito divorzia, mi sposate voi... (Bussa furio­samente alla porta di fondo: appare Onorato, con una scopa in mano).

Onorato                    - Be', che c'è?

Armando                  - Il signor Crepin, per favore? Siamo onoratissimi...

Onorato                    - Il signor Crepin non c'è. Non torna a casa prima di mezzanotte. E' andato con la figlia al matrimonio di una cugina...

Armando                  - (atterrito) Crepin non c'è?

Onorato                    - E' a Raincy Villemomblc. Per questo approfittavo per fare (pulizia completa.

Antonietta                - Sono perduta! Non c'è più niente da fare...

Onorato                    - (osservando con malizia la signora e poi Armando) I signori avevano proprio bi­sogno del signor Crepin? Non m'era parso che fino a oggi fossero mai saliti fin qui...

Antonietta                - (ad Armando) Ecco: ora io sono anche la favola dei portinai! In una bella situazione m'avete posto!

Armando                  - (piano ad Antonietta) Nessuna paura: ora rimedio a tutto. (A Onorato) State­mi bene a sentire, amico mio. Per delle ragioni molto gravi che ora sarebbe troppo lungo spie­garvi...

 Onorato                   - Sorvolate. Non siamo nati ieri.

Armando                  - (continuando) ... La signora, che è una delle allieve del signor Crepin, desidera rimanere qui per attendervi un signore, al qua­le ha dato appuntamento... Quindi, se voi per­mettete...

Onorato                    - Veramente...

Armando                  - Penso che non vedrete... (gli dà un biglietto da 50 franchi) nessun inconve­niente...

Onorato                    - Oh, nessuno... Il signor Arman­do è un inquilino troppo prezioso perchè un portinaio che si rispetti possa rifiutargli qual­cosa. (E Onorato si mette a spolverare i mo­bili, senza lasciare soli i due amanti).

Armando                  - (piano ad Antonietta) L'essen­ziale, capite, è che vostro marito vi trovi qui. Gli direte che il signor Crepili è stato obbliga­to ad allontanarsi un momento.

Antonietta                - Se credete che mio marito ci cascherà. Leone è molto intelligente, sapete! Molto più di voi...

Armando                  - Grazie. Allora mi domando perchè...

Antonietta                - Me lo domando anch'io. Se Crepin non c'è, con i sospetti clic ha già, la cosa gli sembrerà ancora più losca. E poi, è ca­pace di piantarsi qui e di rimanerci fino a mez­zanotte: e allora, quando Crepin rientra senza essere avvertito, e mio marito lo interroga, il guaio è fatto. Voi non conosce;e mio marito! E' un uomo di ferro...

Onorato                    - (avvicinandosi con discrezione e osando intromettersi) Il signor Armando non conosce davvero il marito della signora?

Armando                  - Che c'entrate voi? Che volete?

Onorato                    - Volevo dire che in tal caso ia so­luzione c'è.

Antonietta                - Quale? Dite!

Onorato                    - Che il signor Armando l'accia da Crepin!

Armando                  - Io?

Antonietta                - Certo: questa è un'idea. Ico­ne non vi ha inai visto: dunque potete benissi­mo farvi passare per Crepin...

Armando                  - Il fare il Crepin? Ma è una paz­zia, Antonietta! Mai, mai! La cosa presenta dei pericoli spaventosi...

Antonietta                - Voi non pensate che a voi stes­so! Che io sia sull'orlo di un abisso, e per colpa vostra, a voi che fa? Niente. Purché ve ne pos­siate lavare le mani: è vero?

Armando                  - Non è questo. Ma io e vostro marito se non ci conosciamo possiamo un gior­no o l'altro conoscerci: apparteniamo allo «tes­so mondo. E allora come potrei rifare il Cre­pin? Pensateci, Antonietta! Sarebbe un confer­mare tutti i suoi sospetti... Io non debbo figura­re affatto.

Onorato                    - (battendosi in testa) Aspettate, io

Antonietta                - Non rientra prima di mezza­notte!

Claudio                    - Lo so. E' una bella lorluna per voi...

Antonietta                - Capirete che se fosse slato ini casa, non avremmo avuto bisogno del vostro intervento...

Claudio                    - Questo è evidente. Ma la disgra­zia ha voluto ohe non fosse in casa.

Antonietta                - Non lamentatevi: è sempre una cosa bella aiutare uria donna pericolante... offrirle il mezzo di salvarsi... Intanto avre­te tutta la mia riconoscenza!

Claudio                    - Grazie, signora, grazie.

Antonietta                - Inoltre il signore che avete visto uscire un istante fa...

Claudio                    - Quello che mi ha offerto anche lui la sua riconoscenza?

Antonietta                - Pagherà il vostro affitto di casa...

Claudio                    - E' una buona idea... (Ripren­dendosi) Non posso permettere...

Antonietta                - Voi mi avete dato delle le­zioni: le lezioni si pagano!

Claudio                    - Ah, già! Io vi ho dato delle le­zioni...

Antonietta                - Tre mesi di lezioni, tutti i giorni, dalle cinque alle sette.

Claudio                    - Due ore?

Antonietta                - Due ore!

Claudio                    - Non vi sembra che abbiale esa­gerato un po', due ore tutti i giorni ?... Lo dico nel vostro interesse!

Antonietta                - Sono stata travolta da un ven­to di follia...

Claudio                    - Io non voglio farvi la morale, ma se dovessi dire, tutti i giorni mi sembra troppo. Ho avuto uno studente che doveva ri­petere gli esami dì greco, alla licenza liceale. Ebbene, nemmeno l'ultimo mese veniva tutti i giorni. Due volte la settimana soltanto. Ed è p assato lo stesso...

Antonietta                - Voi siete professore di...?

Claudio                    - Di greco, signora. (Animandosi di colpo) E se si trattasse di darvi delle le­zioni di greco...

Antonietta                - Ma il greco non mi può in­teressare...

Claudio                    - Peccato! Avete torto, perchè il greco...

Antonietta                - (interrompendolo) Non rima­nete lì seduto come in visita: siete a casa vo­stra...

Claudio                    - Già... Vogliamo incominciare?

Antonietta                - Per forza, mio marito può venire da un momento all'altro. (Gli indica il pianoforte) Sedete qui...

Claudio                    - Al piano? Ma io non so suonare. 

Antonietta                - (seccata) Ma non si tratta di suonare. Si tratta di battere qualche nota... una dopo l'altra... così... in modo che io possa vocalizzare...

Claudio                    - Vocalizzare?

Antonietta                - Ma sì! Voi fate così... (batte una nota) e io faccio: « Ah ah ah! ». (Provano) E poi battete sulla nota di sopra... (Egli suona una nota a casaccio) No: quella vicina...

Claudio                    - Vicina?

Antonietta                - Quella nera!

Claudio                    - Ah, benissimo! (Balte).

Antonietta                - (vocalizzando) Ah! Ah! Ah! (Parlato) Quella sotto...

Claudio                    - (esitando) Quella bianca? (Dopo qualche esitazione batte).

Antonietta                - E così di seguito. Bravo! Ci siete...

Claudio                    - (asciugandosi il sudore) Scusate, I non rper entrare nei fatti vostri, ma vostro nut­rito com'è?

Antonietta                - Fisicamente?

Claudio                    - No: di carattere...

Antonietta                - Piuttosto gioviale!

Claudio                    - Meno male. E... un'altra cosa...» S'intende di musica?

Antonietta                - Non ne capisce niente. Fabbrica scarpe!

Claudio                    - E' una magnifica professione... E di statura com'è?

Antonietta                - Tra poco lo vedrete.

Claudio                    - Grazie. Allora prima la bianca e dopo la nera... O il contrario?

Antonietta                - Come volete! E naturalmente per la verosimiglianza ricordatevi che dovrete farmi qualche appunto... delle osservazioni...

Claudio                    - (guardandola molto inquieto) Delle osservazioni ?

Antonietta                - Delle frasi qualunque: rad­dolcite il timbro... Attenta al respiro: aria e timbro, timbro e aria, cara signora...

Claudio                    - E' spaventoso!

Antonietta                - Ma no: mio marito, Lher-minois, non ne capisce niente, ve l'ho già detto. Se ci mettete un po' d'autorità tutto an­drà come un olio...

Claudio                    - Signora, se sapete come mi sen­tirò impacciato e tremante... di fronte al si­gnor... (interrogando) ...Lerbidois. vero?

Antonietta                - Lherminois... Nessuna pau­ra... Farò in modo per abbreviare la seduta... Mi lamenterò quasi subito di una raucedine...

Claudio                    - Sì, signora... Fatelo: ecco... Il più presto possibile perchè... veramente... è incredibile quello che ho accettato di fare.

Antonietta                - Un uomo deve saper sfidare anche il carcere per salvare l'onore di una donna!

Claudio                    - Non dico di no: ma se dovessi salvare l'onore di tutte le donne... di tutte le donne che non conosco e sono pericolanti...

Antonietta                - Non dite cosi: ora mi cono­scete! Io sono un'amica...

Claudio                    - Troppo gentile...

Antonietta                - E poi state sicuro: non c'è nessun rischio!

Claudio                    - (asciugandosi il sudore, e poi guar­dando l’orologio che cerca in tasca e non tro­va) Ah, già...

Antonietta                - Cercavate l'orologio?

Claudio                    - Sì: ma dimenticavo che l'ho da­to... a riparare...

Antonietta                - Perchè non essere franco con me? Voi conoscete i segreti più intimi di una donna onesta... Non vi ho nascosto nulla. Po­tete anche voi avere fiducia...

Claudio                    - Sissigniora: l'orologio è impe­gnato...

Antonietta                - Le lezioni di greco non ren­dono?

Claudio                    - Quasi niente, signora. E' inau­dito come i contemporanei si disinteressano del greco. Eppure è uria lingua così bella, così ar­moniosa. Se la signora potesse entrare nello spirito di Omero, di Teocrito...

Antonietta                - Grazie. Ma ho troppo da fare, credetemi...

Claudio                    - E' una mania: tutte le tersone alle quali parlo dei grandi classici greci hanno altro da fare! E intanto io non riesco a pa­gare né la lavandaia, né il fornaio, né l'affit­to... E per una persona come me, signora, i debiti sono come rimorsi: m'impediscono di dormire...

Antonietta                - -- Evidentemente vi manca lo spirito degli affari!

. Claudio                  - Che volete? Io sono un uomo timido. So parlare soltanto davanti alle om­bre dei. grandi maestri dell'antichità. Appena mi trovo in presenza di una persona viva in carne e ossa, divento uno straccio. Per questo è bastato che il portinaio salisse e mi ordinas­se di scendere a fare il Crepili ohe io, pur of­feso nella mia dignità, pur nauseato di questa parte così lontana della mia indole, ho accet­tato, l'ho seguito, ma con vergogna, non di­menticatelo, con vergogna e con assoluta in­capacità a sostenerla. (Campanello).

Antonietta                - Sedete!

Claudio                    - E' lui?

Antonietta                - (dopo aver battuto la nota, e allontanandosi rapidamene dal piano) Ah! Ah! Ah! (Suggerendo a Claudio) « Riprendete! Attenta al respiro, signora! ».

Claudio                    - (docile) Attenta al respiro, si­gnora!

Antonietta                - (vocalizzando mentre lo inco­raggia con lo sguardo) Ah! Ah! Ah!

Claudio                    - (ad un nuovo squillo di campanello, fa per alzarsi e andare ad aprire, ma Antoniet­ta lo trattiene, lo fa risedere e pur vocalizzando sempre gli fa cenno di. dire « avanti ») Avanti!

Onorato                    - (entrando) Il signor Lherminois chiede della signora...

Antonietta                - (fingendosi distratta) Ah, è vero, maestro... Mi ero scordata di avvertirvi che mio marito... Permettete? (Andando ver­so la porta) Avanti, caro... (Leone entra. Fa­cendo le presentazioni) Mio marito... Il pro­fessor Crepin...

Claudio                    - (stringendo la mano che Leone gli tende) Felice, signore...

Leone                       - Non interrompetevi per me, vi pre­go... Stavate facendo deqli esercizi, mi pare...

Claudio                    - Qualche vocalizzo...

Leone                       - Continuate, continuate. Fate come se io non ci fossi...

(Onorato ha fatto sparire un ingrandimento fotografico del vero Crepin e lo porta via nascondendolo sotto il grembiule).

Antonietta                - Allora riprendo?

Claudio                    - Sì, riprendete... Con la voce un po' più... nel... nel...

Antonietta                - Ho capito: devo raddolcire il timbro.

Claudio                    - Ecco: raddolcitelo!

Antonietta                - (vocalizzando) Ah! Ah! Ah! (Ma Claudio che ha perduto di vista il, tasto che deve battere lo ricerca con timidità).

Claudio                    - (nascondendo male la propria in­quietudine) Ecco... Precisamente.. Ci sia­mo...

Antonietta                - Ah! Ah! Ah! (Leone fa dei gran cenni di testa approvatori e Claudio che lo spia se ne trova rianimato per sostenere la propria parte con maggior audacia) No, vi ga­rantisco... Ho fatto male a insistere... La mia gola è in uno stato... Non dovevo neppure co­minciare...

Claudio                    - (alzandosi immediatamente) É' evidente che nello stato in cui è la vostra gola... credo anzi che sarebbe una vera imprudenza continuare...

Leone                       - Peccato! Per una volta che avevo l'occasione di sentirti! Non è che io ci ca­pisca molto, ma insomma, dopo tutto questo tempo nel quale Antonietta fa tesoro dei vo­stri consigli, sarei stalo contento di sapere..: che risultato avevano avuto... Ma se la gola è in cattivo stato, sarà per un'altra volta... Sa­bato venturo sarò libero forse...

Antonietta                - No... sarebbe preferibile che mi sentissi un po' più tardi... in un pezzo... un vero pezzo d'opera... Non puoi neanche farti un'epinione con dei semplici vocalizzi Vero, maestro?: . .

Claudio                    - Oh, certo, certo!

Leone                       - E in tre mesi non ti sei ancora de­ cisa a studiare un pezzo?

Antonietta                - No... Sembra che io avessi la voce... leggermente spostata... Ed è una cosa piuttosto lunga... rimetterla a posto...

Claudio                    - (confermando con voce impacciaia) Oh, sì, molto lunga... Molto...

Leone                       - Ma voi credete, maestro, che la cosa possa accomodarsi?

Claudio                    - (scotendo il capo) Mah! Ecco, sentite, signore... se volete che vi dica la ve­rità... (Decidendosi) Io ritengo che, data la gravità dello spostamento della voce di vostra moglie, sarebbe indelicato da parte mia consi­gliarle di continuare eli studi del canto... Io mi proponevo di dirglielo appunto oggi, chie­dendo scusa della mia... brutalità... ma è un dovere che mi obbliga a dirle: « Meglio rima­nere al punto a quale siamo, signora, e non insistere! ».

Leone                       - Ah, sì?

Antonietta                - (fingendosi molto colpita da questo verdetto) Oh Dio! Davvero, maestro, credete che non ci sìa più speranza?

Claudio                    - Signora, è nel vostro interesse che vi dico: non credo che potrete migliorare le vostre condizioni continuando a salire le scale della mia casa!

Antonietta                - Ho capito: mi avete dato un colpo violento...

Claudio                    - Lo so: ma illudervi sarebbe di­ventare complice...

Antonietta                - A ogni modo, grazie, maestro!

Leone                       - (alzandosi) Vai siete una di quelle rare figure d'eccezione che antepongono il pro­prio dovere al proprio interesse. Bravo! Mi compiaccio coni voi! (Claudio s'inchina, im­pacciato) Ditemi allora quanto vi debbo.

Claudio                    - Per carità... Non parliamone nemmeno!

Leone                       - Come? Tre mesi di studio - inu­tile, se volete - ma coscienzioso...

Claudio                    - Signor Lherminois. permettete che io offra questo contributo alla grazia di un'allieva che ho il dolore di perdere...

Leone                       - Neanche per sogno... Antonietta, avevi fissato il prezzo prima?

Antonietta                - No: non se n'era parlato...

Leone                       - Quante lezioni sono state? Maestro, avete il conto esatto?

Claudio                    - No-, io non tengo mai nota... Sono un uomo distratto... Ma vi ripeto: r.on vogliate insistere...

Antonietta                - Mettiamo novanta...

Claudio                    - (tace).

Leone                       - Novanta a cento franchi, vi va? Firmo un assegno di novemila e siamo a posto.

Claudio                    - (sussultando) Novemila?

Leone                       - (alzando la testa daWassegno che sta riempiendo) Perchè? Siete abituato a nren-pere di più?

Claudio                    - Oh, no: non era questo...

Antonietta                - (piano a Claudio) Accettate, per me!

Claudio - (con, un sospiro) Così sia...

Leone                       - (dandogli Vassegno) Ecco, a voi!

Claudio                    - Credete che, veramente, io...

Leone                       - Capisco, capisco: è un vero pec­cato. Ma se la voce è spostata... Sono cose che comprendo benissimo!

Claudio                    - Siete un uomo fortunato, signor Lherminois!

Leone                       - Perchè?

Claudio                    - Perchè comprendete tutto. (In­chinandosi) Signora, dolentissimo di non. avere potuto fare di più...

Antonietta                - Maestro, siete stato per me... Non trovo la parola!

Leone                       - (accomiatandosi) Oh, me lo diceva ogni giorno, rientrando dopo la lezione: quel maestro è prodigioso! Prodigioso!

Claudio                    - (imbarazzato) Troppo buona, si­gnora! Riconoscente... (I due Lherminois sono usciti. Claudio cade a sedere sfinito su una. se­dia. Respira forte, poi guarda l'assegno e bal­betta come un ubriaco) Novemila! Novemila!

Onorato                    - (riapparendo sulla soglia) E al­lora?

Claudio                    - E' spaventoso! E' spaventoso!

Onorato                    - Ma no: ascoltavo di dietro l'uscio. Siete stato magnifico.

Claudio                    - C'era l'onore di una donna in gioco. Essa si è rivolta alla vecchia cavalleiia, e la vecchia cavalleria ha risposto... Novemila!

Onorato                    - Certamente, e poi... (Rimetten­dogli un foglio) Ecco la vostra ricevuta. L'af­fitto è pagato, signor Merlerault.

Claudio                    - (indignato) E' troppe! E' trop­po! Chi è stato?

Onorato                    - Il signor Petitjean!

Claudio                    - Non posso permettere...

Onorato                    - Ogni fatica merita un premio... Su, su: soltanto i ricchi hanno il diritto di fare gli schizzinosi, ed è un diritto di cui non abusano neanch'essi, credete a me!

Claudio                    - (come tra se) E' inaudito! Sono stata una persona scrupolosa d'onestà fino a oggi e non sono mai riuscito a mangiare due volte il giorno, altro che quando ero invitalo. Una fatalità mi travolge a commettere una leg­gerezza, una compiacenza, insomma sor» qui, ed eccomi circondato dalla ricchezza... E' ri­voltante! (Onorato rimette a posto il ritratto di Crepin) Che fate?

Onorato                    - Il vostro ritratto... Insomma quello di...

Claudio                    - (colpito) Ah, via!

Onorato                    - L'avevo tolto, perchè mi pareva che come somiglianza...

Claudio                    - Già... Sotterfugi, simulazioni, menzogne, ipocrisie: novemila franchi e l'af­fitto pagato! Ma questi novemila franchi non sono miei: appartengono a lui! 'Si rivolge al ritratto di Crepiti).

Onorato                    - (sulla soglia) Quando uscite chiù-dete a chiave e portatemi la chiave in porti­neria... (Esce).

Claudio                    - (rivolto a Crepiti) E probabilmen­te anche tu sei una persona onesta che non hai mai guadagnato novemila franchi così? Con­danni quello che ho fatto? (Allontanandosi dal ritratto) Non ini condanna! Tace... Mettia­moli in tasca. (Mette nel portafogli l'assegno; si raddrizza, prende un as[>etto fiero e si di­rige verso la porta, ma questa si apre e ricom­pare Armando. Claudio lo squadra con un po' di disprezzo).

Armando                  - (con voce soffocata) Li ho visti andarsene insieme... Allora, signor Merlerault, le cose sono andate bene?

Claudio                    - (un po' secco) Benissimo, grazie.

Armando                  - Per carità, sono io che debbo... (Claudio con un gesto lo dispensa dalfinsi­stere). Non aveva nessun sospetto, naturai-mente...

Claudio                    - Era pieno di sospetti: i suoi oc­chi inquisitori (guardavano dappertutto. Sem­brava che volesse scoprire una persola nasco­sta. Se volete un consiglio, giovanotto, state in guardia contro quel marito! Mi ha l'aria di un uomo capace di tutto! E' vero che io, col mio sangue freddo, con la disinvoltura delle mie risposte e del mìo conlegno, debbo averlo persuaso olle nella situazione non c'era nulla di sospetto. Comunque...

Armando                  - Ah, voi credete che...?

Claudio                    - Sì, credo!

Armando                  - Allora sarà meglio rompere... o scegliere qualche altro stratagemma più si­curo.

Claudio                    - Nulla di sicuro: meglio rom­pere!

Armando                  - Si fa presto a dire...

Claudio                    - Del resto io vi ho facilitato la cosa... Il marito aveva parlato dì ritornare... Voi vedete il pericolo! Allora ho trovato, con uu lampo di genio, dovete ammetterlo, che la voce della signora era spostata e che insistere sarebbe stato inutile... Le ho fatto sospendere le lezioni...

Armando                  - (preoccupato) Capisco, capisco... Ma allora...

Claudio                    - (perentorio) Rompete! Se ci te-r.ete alla vostra vita...

Armando                  - Diamine!

Claudio                    - E allora, senza esitazioni...

Armando                  - (stringendogli la mano) Grazie'. Siete un amico.

Claudio                    - (tra se) Povero Lherminois! Per novemila franchi almeno questo...

Armando                  - (sulla soglia) E' un peccato, pe­rò! Perchè è una bella donna, non vi pare?

 Claudio                   - Non so. Non l'ho guardata.

Onorato                    - (rientrando spaventato) Il si­gnor Lherminois torna...

Armando                  - Ha saputo qualcosa! Mi cerca!

Onorato                    - Sta salendo le scale. Le sale ada­gio perchè soffre un po' di cuore, m'ha detto...

Armando                  - Allora io salgo ancora più su... (E se la svigna).

Claudio                    - (inquietissimo) Che altro vorrà?

Onorato                    - Non so.

Claudio                    - Com'era? Cupo?

Onorato                    - No.

Claudio                    - Onorato, e se è venuto a sco­prire...? La colpa è tua, bada!

Onorato                    - Non abbiate paura: è troppo presto perchè abbia già saputo.

Claudio                    - Comunque non ti allontanare...

Onorato                    - Diamine: io sono dietro la por­ta... ( Campanello).

Claudio                    - Avanti! (Onorato apre la porta: Leone rientra. Onorato s'inchina ed esce. Clau­dio è rimasto tremante e spia la fisionomia di Leone con occhio inquieto).

Leone                       - Sì, caro maestro, sono ancora io... Io clie volevo dirvi qualche parola... all'infilo-ri della presenza di... mia moglie... Una cosa delicata...

Claudio                    - Gli è che io avrei premura...

Leone                       - Stavate per uscire?

Claudio                    - Sì... No... Una lezione, ma no a c'è premura... Cioè, insomma, vi ascolto... Di­cevate; una cosa delicata? Non sono l'uomo adatto a ricevere delle confidenze...

Leone                       - Voi siete troppo modesto, caro ami­co. Permettete che vi chiami amico?

Claudio                    - Signor Lherminois, io ho fatto, è vero, tutto quanto ho potuto per voi, ma ve­ramente non merito...

Leone                       - Posso sedere? Un momento, un so­lo momento...

Claudio                    - (suo malgrado) Abbiamo tempo fino a mezzanotte...

Leone                       - Come, fino a mezzanotte?

Claudio                    - Sì, perchè la lezione che debbo dare io è a mezzanotte...

Leone                       - E uscivate ora?

Claudio                    - Una vecchia abitudine: mi piace camminare molto prima di dare lezione. I pol­moni sì attivano...

Leone                       - Vedo, vedo. Dunque, ecco qua. Io non m'intendo forse di musica.

Claudio                    - Il signore è troppo modesto: cer­to se n'intende più di me...

Leone                       - Per carità! Per carità! Ma ho la pretesa, dicevo, di intendermi di uomini. E se non fosse così, non sarei riuscito nella vjta co­me sono riuscito. Vero?

Claudio                    - Ah, già... già...

Leone                       - Io posso coniessarvelo: sono con­ tento di essere quello che sono!

 Claudio                   - Ah, siete contento? Quand'è così, io ho avnto torto...

Leone                       - A far che?

Claudio                    - Niente, niente... Un'idea.

Leone                       - (continuando l'apologia di se stesso) Non crediate che occorra un minor senso di psicologia nelle scarpe che in uni altro ramo...

Claudio                    - (vago) Certo... Certo... E' con le scarpe che si muovono i primi passi.,.

Leone                       - 45000 paia al giorno... Mia moglie vi ha detto?

Claudio                    - 45000? E' magnifico! Magnifico!

Leone                       - Ebbene, caro amico, voi siete un uomo! (Proteste di Claudio) Sì, sì: il professo­re di canto che parla come avete parlato voi a un'allieva come mia moglie, è giudicato! E' più che un maestro, è una coscienza...

Claudio                    - Credete, c'è dell'esagerazione nel­le vostre parole!

Leone                       - Guardate: posso dirvi la verità: io se fossi stato al vostro posto, ebbene, non avrei narlato come voi: non avrei rifiutato un red­dito sicuro di 100 franchi il giorno... Ve' *e! Eppure anch'io sono... ,__ Claudio        - Una coscienza?

Leone                       - Grazie. Dunque è stato aupunto questo vostro gesto che mi ha deciso... Ecco... Io m'interesso da qualche tempo, da poco tem­po anzi, per dirvi la verità, a una giovane ar­tista... m'interesso insomma... trovo cioè que­sta giovane artista interessante... Ha una vo­ce... una voce deliziosa... ma che non è mai stata coltivata... Allora m'è venuta l'idea... poiché voi cessate d'occuparvi di mia moglie... di chiedervi se acconsentireste a darle qualche consiglio...

Claudio                    - (alzandosi, perentorio) Signore, impossibile... Io rifiuto allievi. Ne ho che mi pregano, che insistono... Impossibile!

Leone                       - Non siate così inflessibile! E' un favore personale che vi chiedo. Io intendo av­viarla verso il teatro di varietà... Ouiridi non è un lavoro difficile che vi si richiede...

Claudio                    - (con disdegno) Il varietà?! Capi­rete che un'artista di varietà potrebbe farmi torto nei confronti degli altri miei allievi... Ne ho che vanno all'Opera... che danno concerti classici... Il classico, sigmore, è la mia speciali­tà... E Omero... Teocrito...

Leone                       - Capisco, capisco... Ma la signori­na Lulù Darling è la discrezione in persona. Se voi l'esigete, nessuno lo saprà... E' una ra­gazza squisita; due occhi ingenui, chiari come la sua anima. Un corpicino...

Claudio                    - (interrompendolo) Io non mi oc­cupo che della voce, signore. In ogni modo per-mettete che esprima il mio biasimo sulla vo­stra condotta nei riguardi di vostra moglie...

Leone                       - L'avevo detto io! Siete una coscienza... Ma, dovete compatire; l'uomo talvolta è debole...

Claudio                    - Questo lo so!

Leone                       - E anche i santi sono stati preda della tentazione. Hanno resistito, è vero! Ma noi non siamo santi!

Claudio                    - (con un sorriso, verso il ritratto di Crepin) No, non siamo santi. Ma io non pos­so farmi complice di una situazione che in qualche modo offende una mia allieva diletta, oso anzi dire la prediletta, la signora Lherminois...

Leone                       - Che nobiltà d'animo! Uomini co­inè voi si trovano raramente, sapete!

Claudio                    - Non lo dite: mi volete far arros­sire!

Leone                       - Gli onorari farebbero fìssati da voi: io non bado al prezzo.

Claudio                    - Non badate al prezzo?

Leone                       - No. Tanto più che dovreste distur­barvi a venire a darle lezioni a casa sua. Ed essa abita un po' lontano di qui. Rtic Mirosme-nil.

Claudio                    - Sì, andare a casa sua è preferi­bile per me. Non dò più lezioni qui, a nessu­no. À nessuno!

Leone                       - Allora accettate?

Claudio                    - No. Non è possibile...

Leone                       - Duecento franchi per lezione non vi sedurrebbero?

Claudio                    - Duecento?

Leone                       - Facciamo duecentocinquanta e da­temi la mano. Io so che se Lulù è trattata da voi, il suo avvenire è assicurato. Io m'intendo di uomini, ve l'ho detto!

Claudio                    - Avete una tale virtù di persuasio­ne, voi!

Leone                       - Allora è deciso?

Claudio                    - Non m'impegno a mielite... Pri­ma voglio vedere, voglio sentire.

Leone                       - (alzandosi) Allora domani alle Fol­lie Mac Mahon, alle dieci di mattina. Vi aspet­to all'entrata degli artisti. Sono stato io che l'ho fatta scritturare per un numero di debutto. Ma sono un po' inquieto. Essa non ha mai can­tato. La sala sarà ben disposta, ci penso io, na­turalmente. Ma comunque, se ho la vostra as­sistenza, posso dormire tranquillo...

Claudio                    - (sognatore) Duecentocinquanta...

Leone                       - (dandogli la mano) Duecentocin­quanta... A domattina... (Ed esce. Claudio ri­mane come ubbriaco. Le tentazioni gli danza­no davanti agli occhi).

Claudio                    - (fa dei conti sulle mani) 0?gi non si fa più a tempo ad andare a riprendere l'orologio... Ma domattiria alle nove... Così non sarò in ritardo all'ap pinatamente... Prima pe­rò bisogna passare in banca... Una banca! Si fa presto a dire: resisti! Resisti? E come si fa? Ho tanto studiato aor]sti e... per niente... Ed ecco qua, senza conoscere una rota di musica... (Tornando verso il ritratto) Che avresti fatto tu al mio posto, di'? (M volta e si trova da­vanti al vero Crepili che è entrato dalla, porta, seguito dalla figlia. Claudio crede di essere vit­tima di un'allucinazione) Eh! E' mezzanotte?

Crepin                      - Mezzanotte, perchè?

Claudio                    - JNon dovevate rientrare a mezza­notte? Scusale... Ma intanto siete voi, Crepin, vero?

Crepin                      - Felice "Crepin, maestro di canto!

Claudio                    - (stendendogli la mano con vigore di­sperato) Finalmente! Che piacere di fare la vostra conoscenza...

Crepin                      - Cercavate di me?

Claudio                    - Tutti cercavano di voi...

Crepin                      - Ero alle nozze di una cugina... Do­vevo rientrare a mezzanotte, è vero... Ma gli sposi, a un certo punto, hanno desiderato es­ser lasciati soli e ci hanno messo in libertà... Vero, Yvonne? Ma tutto ciò non spiega cosa lacciaie qui voi, in casa mia, solo...

Claudio                    - Vi aspettavo!

Crepin                      - Aspettavate me? Chi siete intanto?

Claudio                    - Io?... Non lo so più...

Yvonne                    - (con dolcezza) Papà, tu lo spa­venti... E' l'inquilino del sesto piano... Profes­sore anche lui...

Crepin                      - Ammetto che siale l'inquilino del sesto piano, ma questa non è una ragione per venire ad abitare al quarto piano, durante la mia assenza. La porta era aperta?

Claudio                    - Sissignore. Onorato faceva il ser­vizio, ed allora...

Crepin                      - Vogliate sedere, intanto...

Claudio                    - Grazie. Siete troppo gentile... Lo avevo capito del resto osservando la vostra fo­tografia...

Crepin                      - Quale?

Claudio                    - Quella lì... Piena di maestà. Mi metteva perfino soggezione.

Crepin                      - Lì sono nel Don Carlos, una delle mie interpretazioni più famose. Avrete forse sentito parlare?...

Claudio                    - Certo. Cerio. E' anzi per questo che mi sono permesso...

Crepin                      - Sì, non lo posso negare: ho go­duto di una certa rinomanza tra i baritoni del mio tempo. E se volete vedere un album con tutti gli articoli scritti in mio onore... Yvonne, va' a prendere l'album.

Claudio                    - Grazie. Ma io vorrei veramente...

Crepin                      - Ah, già... Dunque qua! è l'oggetto della vostra visita?

Claudio                    - Io avrei bisogno di un manuale ben fatto, nel quale ci sia spiegato tutto, di un manuale del... perfetto insegnante di canto...

Crepin                      - (osservando Claudio) Un manua­le...? Come, un manuale? Credete che il can­to si insegni con i manuali? E poi - intendiamoci bene- per farne che? Spieghiamoci chiaro.

Claudio                    - (imbarazzato) E' una cosa tal­mente difficile a spiegare. Ecco, io credo che forse potrei avere delle disposizioni per...

Crepin                      - (continuando) Per l'arte del can­to? Ma sicuro. Ma sicuro che le avete. E vole­te imparare a cantare? Eccellente idea! La­sciate che ve lo dica in confidenza, siete capi­tato bene... Sicuro, il canto, oggi, è una risor­sa straordinaria.

Claudio                    - (palpando il portafogli) Avete perfettamente ragione, maestro!

Crepin                      - Uno crede di essere povero, e non sa di avere la propria banca in gola. Voi inve­ ce ci avete pensato: si vede che siete una per­ sona intelligente. Ma non parliamo di mannali! Non sono cose che s'imparano con i libri. Ci vuole l'insegnamento pratico: l'uomo co­ sciente è ormai rotto a tutte le astuzie del me­ stiere per sospingervi sulla via difficile del­ l'emissione...

Claudio                    - Com'è giusto! Permettete che trascriva ?

Crepin                      - Per far che?

Claudio                    - Niente: sono princìpi che po­trebbero servire.

Crepin                      - (piano a Yvonne) Vedi che abbia­mo fatto bene a tornare presto? Un allievo mi aspettava! Non c'è mai da disperare nella vita!

Claudio                    - (che ha finito di scrivere) « ...del­l'emissione ».

Crepin                      - (a Claudio) Finora non avete mai preso lezioni?

Claudio                    - No: le ho date.

Crepin                      - Come?

Claudio                    - Sì: ho dato lezioni, di greco...

Yvonne                    - Papà, il signore è professore di greco.

Claudio                    - (alzandosi) Permettete che mi presenti ?

Crepin .                    - Non ha importanza: un allievo non è un uomo, è una materia duttile che le mani del maestro devono foggiare!

Claudio                    - Comunque, io mi chiamo, anzi mi chiamavo Merlerault... E chiedo scusa se ho potuto dimenticare questo nome per...

Crepin                      - (perentorio) Dunque, non avete mai preso lezioni di canto? Meglio così. Tra i maestri di canto vi sono tanti incapaci e sono disgraziatamente quelli che trovano il maggior numeri di allievi, credete a me!

Claudio                    - Sono della vostra opinione!

Crepin                      - E' una questione di relazioni, di bluff...

Claudio                    - Di piano di casa...

Crepin                      - (continuando) Dunque voi non sa­pete né filare mi suono, né vocalizzare, né ar­ticolare. Non vi sì vorrebbe nemmeno come corista nel coro municipale di Montpellier! E ora vedrete! Chi finora vi ha chiesto conto del­la vostra criminale ignoranza?

Claudio                    - (stupito) Nessuno!

Crepin                      - Lo so! Eppure io di voi, di questa gola grezza, afona, incolore, posso fare uno strumento docile, armonioso, ricco, squillante! Vero, Yvonne?

Yvonne                    - (docile) Si, papà.

Crepin                      - Dato questo, voi penserete che i miei corsi siano pieni di una folla che si ac­calca per ricevere gli insegnamenti che io dò, diciamolo pure, a un prezzo irrisorio. Ebbe­ne, invece no. Mi si ignora. Ventidue anni di carriera, signore! Ho fatto tutte le parti di ba­ritono del repertorio antico e moderno... Eb­bene, io non; ho la clientela che merito. Non l'ho...

Yvonne                    - (calmandolo) Ma verrà, papà... Sei a Parigi soltanto da qualche mese... Tu hai cantato iquasi sempre in provincia. Qui non sei molto conosciuto. Bisogna aver pa­zienza!

Crepin                      - (baciando la figlia sulla fronte) Hai ragione, piccina mia... (A Claudio) An­diamo, vi ascolto... Che cosa potete farmi sen­tire?

Yvonne                    - (andando a sedere al piano) Non abbiate timore.

Claudio                    - Mio Dio!

Crepin                      - Una cosa qualunque. Un fram­mento di frase qualsiasi che mi permetta di classificarvi. Quel che preferite voi.

Claudio                    - Gli è che io non ho preferenze.

Crepin                      - Un'aria che vi sia rimasta nel­l'orecchio.

Yvonne                    - (suggerendo) La Marsigliese.

Claudio                    - Ah, certo... La Marsigliese, evi­dentemente.

Crepin                      - Vada per la Marsigliese. (Yvonne attacca col piano: essa indica ch'egli deve in­tonare, ma Claudio non si decide. Crepin lo in. coraggio.) Su, su... Allons enfants...

Claudio                    - (arrischiandosi a cantare in un tono simile a quello che gli viene dato) Allons en­fants de la Patrie.. (Parlando) Non ho l'abitu­dine di essere accompagnato al piano... Temo di deragliare...

Crepin                      - Non importa... «De la Patrie »... Riprendete: « De la... ».

Claudio                    - (cantando) De la Patrie...

Crepin                      - (a Yvonne, con tono dottorale) Ba­ritono!

Claudio                    - (diventando più ardito) « Le jour de la gioire... ».

Crepin                      - (interrompendolo) Va bene... Vo­levo soltanto giudicare l'impostazione e deter­minare la tessitura...

Claudio                    - La tessitura?

Crepin                      - Sapere qual'era il vostro registro, se preferite!

 Claudio                   - Ah, già, già!

Crepin                      - Siete baritono: è indubitabile. La voce è calda... un po' corta... Ma con un po' di lavoro non saia difficile migliorare il vostro acuto, che patisce di un'emissione eccessiva­mente gutturale... La voce non è ancora abba­stanza... (toccando i denti) qui... nei denti.

Claudio                    - Capisco. E' un po' indietro.

Crepin                      - Ecco: la porteremo avanti. Lascia­te fare a me!

Claudio                    - Allora si potrebbe cominciare... immediatamente ?

Crepin                      - Da domani, se volete.

Claudio                    - Oli, no... Subito, se è possibile. Ho una tal fretta di... Ho bisogno di assimilar­mi i princìpi immediatamente, prima di do­mattina.

Crepin                      - (a Yvonne) Bella questa impazienti za! Bella. (A Claudio) Tuttavia bisognerà an­che che parliamo delle condizioni.

Claudio                    - Già: è vero.

Crepin                      - In linea generale io domando... trenta franchi; ma a voi che siete un vicino che indovino in una situazione modesta... (Yvonne, ch'egli consulta con lo sguardo, in­crocia i due indici per indicare che bisogna di­minuire della metà il prezzo normale)... quìn­dici franchi vi possono andare?

Claudio                    - Oh, signore, non vorrei abusa­re... Venti almeno...

Crepin                      - (lietamente sorpreso) Sarebbe di cattivo gusto discutere. Se potete dare venti franchi...

Claudio                    - Sì, in questo momento, posso... Se non avessi i mezzi di continuare... non con­tinuerò, ecco tutto...

Crepin                      - Benissimo. Allora io vi domando cinque minuti... il tempo di cambiarmi... cin­que minuti e sono da voi. (Crepin esce dal fon­do. Yvonne fissa Claudio con uno sguardo gen­tilmente ironico. Egli dissimula il proprio im­barazzo con un sorriso un po' idiota).

Yvonne                    - (a mezzavoce) Mollo ingegnoso!

Claudio                    - Che cosa?

Yvonne                    - Il mezzo che avete immaginato per... fare conoscenza!

Claudio                    - Ma, signorina...

Yvonne                    - Oh, sapete, con me la vostra vocazione lirica non attacca...

Claudio                    - Ah, no?

Yvonne                    - No, no... E' già da un pezzo che ho notato, tutte le volte che m'incontravate per le scale...

Claudio                    - Che avete notato che cosa?

Yvonne                    - (gli occhi al soffitto) Che io for­se non vi ero del tutto indifferente!

Claudio                    - (che osservando la ragazza s'accor­ge per la prima volta della sua grazia) Ah... Oh! Ma!

  Yvonne                  - Non abbiate nessun timore: papà Kion s'è accorto di niente!

Claudio                    - Lo spero!

Yvonne                    - Ma come avete fatto a immagi­nare che saremmo tornati a casa così presto, oggi?

Claudio                    - Ma! Una voce me lo diceva.!

IvoNNE                   - Vi ho incontrato anche dal lat­taio... Andate a fare le provviste da solo, voi?

Claudio                    - Sì, che volete? Fino a ieri i miei mezzi erano piuttosto ristretti...

Yvonne                    - E da ieri in poi?

Claudio                    - Da oggi, signorina. Da oggi sono mutati... Un allievo import amie, anzi due allie­vi sono piovuti su di me... E per questo mi permetterò di offrirvi, signorina, anche per indennizzare vostro padre di quel che gli ho preso... un mazzo di violette...

Yvonne                    - Grazie. Ma che cos'avete preso a papà?

Claudio                    - Ah! li tempo... e poi mi sono introdotto qui, abusivamente, senza aspettarlo.

Yvonne                    - Ma appena vi ho visto qui, entrando, io ho indovinato subito!

Claudio                    - Siete prodigiosa! Già non ci so­no che le donne per capile certe cose!

Yvonne                    - Quanti anni avete?

Claudio                    - Io? Trentuno...

Yvonne                    - Già: il greco deve recidere poco...

Claudio                    - Comincio a credere, signorina, di avere sbagliato carriera. Ma sono ancora in tempo...

Yvonne                    - Io so che fate una vita modesta, ritirata, sempre sui libri... La vita di un poeta!

Claudio                    - Come fate a sapere tutte queste cose?

Yvonne                    - Così: guardo, osservo... Avevo notato le vostre occhiate...

Claudio                    - Certe occhiate si lanciano pro­prio senza volerlo...

Yvonne                    - Io invece lavoro la sera: suono il piar.oforte, dove occorre. In qualche sala di cinematografo. In qualche festicciola da ballo...

Claudio                    - Ho capito. E vi chiamate?

Yvonne                    - Yvonne...

Claudio                    - (accendendosi sempre più) Allo­ra, se permettete, le violette le metterò in un vaso... In un bel vaso...

Yvonne                    - (abbassando gli occhi) Se voi vo­lete imparare il canto, potrebbe anche darsi che io volessi imparare il greco...

Claudio                    - Ma siete deliziosa sul serio! E io che noto me n'ero mai accorto!

Yvonne                    - Come? Non ve n'eravate mai ac­corto?

Claudio                    - Sì: ma non me n'ero reso mai conto come ora! (Cambiando tono) No: sono un grande colpevole!

Yvonne                    - Colpevole?

Claudio                    - Se permettete, mando un mazzo di violette arche a vostro padre! E' meglio... Mi sentirò un po' più sollevato!... (Crepin ri­entra con un grosso album).

Crepin                      - Queste, vedete, sono le mie inter­pretazioni... Fotografie e articoli!

Claudio                    - Il libro della gloria!

Crepin                      - (che non Jia resistito alla tentazione di far sfilare davanti all'allievo le immagini della sua carriera lirica, indica, aprendo l'al­bum) «Mefistofele ». I miei debutti a Tolo­sa... La critica comincia a notarmi... Poche pa­role, ma buone... (Claudio finge di guardare, ma i suoi occhi non lasciano Yvonne che gli fa cenno di accontentare papà) Escamillo...

Claudio                    - Il mantello vi sta alla nerfe-ziome...

Crepin                      - (voltando le pagine) « Rigoletto » a Beziers... Se ne ricordano ancora laggiù... « Cortigiani, vii razza dannata! ».

Claudio                    - (che osservava teneramente Yvonne, tornando alla realtà) Già, già! Lo credo io! E' un vero peccato che una voce come la vostra... che abbiate lanciato il teatro così presto...

Crepin                      - Il fiato... il fiato cominciava a mancare... (Rimette, l'album sul mobile) E oia al lavoro: non perdiamo tempo! I ricordi so­no ricordi. Io sono il passato: voi siete l'avve­nire! Io vi vedo già nella natte di Mefistofele...

Claudio                    - Mi vedete già?

Crepin                      - Lasciate fare a me: v'ir segnerò an­che i giochi di scena. Alcune trovatine mie che hanno sbalordito i pubblici! Sarete il mio con­tinuatore, voi! Mettiamoci al lavoro... Dunque la prima cosa che io vi chiedo è il suono fila­to... Il suono filato è alla base dell'insegnamen­to del canto. (Claudio annota febbrilmente quello che Crepin gli dice) Si dice suono fila­to una nota che si attacca pianissimo e che per l'azione progressiva del soffio... Ma non c'è bisogno che prendiate delle note!

Claudio                    - Scusate, io non so lavorare serw za note...

Crepin                      - Ma qua ci sono io...

Claudio                    - Sì, ma domattina voi' non ci sa­rete...

Crepin                      - Domattina?

Claudio                    - Già: io ho bisogno di lavorare anche da solo domattina...

Crepin                      - Ma come potete fare se non sapete la musica?...

Claudio                    - Scrivo il nome delle rote, con una piccola freccia che ha la punta in su quando sì tratta di salire, con una piccola freccia in giù quando si tratta di calare...

Crepin                      - Come volete... Allora filate: A o e i o u.... A o e i o u...

Claudio                    - (docilmente) A o e i o u... (E i vocalizzi continuano mentre il sipario cala).

Fine del primo atto

SECONDO ATTO

La scena rappresenta una parte del palcosce­nico della Folies Mac Mahon, la sera della pri­ma rappresentazione della rivista Paris qui s'enivre. La scena vera e propria si suppone a sinistra: se ne vedono i fianchi allungarsi fin a due terzi della scena; riflettori, padelloni e il quadro del comando delle luci sono ben visi­bili in fondo. Casse, corde, porte di camerini a destra: una scaletta che sale al piano superio­re^ ecc. In fondo a destra la porticina che con­duce in teatro. Quando l'atto comincia l'orche­stra sta suonando: siamo quasi al finale della prima parte. Madame Bouclier, che è la diret­trice, sorveglia attentissima l'andamento dello spettacolo di tra le quinte: l'elettricista mano­vra il getto di luce in scena.

Bouclier                    - Il rosso più a destra!... Tutto a destra... Sorel è pronta?

Sorel                         - Pronta... (Si vede un'attrice, rav­volta nelle bende e truccala da mummia egi­zia, venir messa in un cofano che era in piedi. Il macchinista le chiude il coperchio) Lascialo socchiuso che possa respirare, animale!

Il macchinista           - Non aver paura per la pel­le, va'!

Bouclier                    - Avar.ti! La mummia in scena... (Due inservienti con l'iscrizione di «Comédie Francaise » sul berretto vengono a prendere la mummia e la portano in scena, mentre la mu­siva suona unti marcia funebre).

Il macchinista           - Visto, signora padrona? Tulio fila conie un olio! Avremo cfuattrocento repliche!

Bouclier                    - (airelettricista) Il viola sulla mummia! E il. verde su Mistinguett!

(L'orchestra suona in sordina mentre sulla scena si stanno svolgendo delle danze o una pantomima. Entra dalla porla aperta di un ca­merino che è a destra Lulìi Darling; è in abito molto succinto).

Lulù                          - Io tremo, signora...

Bouclier                    - Eppure il riscaldamento è cu­rato...

Lulù                          - Non tremo di freddo: è il trac.

Bouclier                    - Tu? Ma andiamo, non sei alle prime armi.

Lulù                          - Non mi sono mai presentata davan­ti a un pubblico... Il mio maestro garantisce di me e della mia voce. Ma ho il trac lo stesso.

Bouclier                    - Appena sei in scena passa: ve­drai! (Guardando in scena) Che fa quella be­stia? Dimentica i veli!

Il macchinista           - No: già fatto!

Bouclier                    - Più luce! Più luce! Così r.ion si vedono nemmeno le rughe... Non valeva la pe­na... (Scoppia un applauso).

Il macchinista           - Visto, signora? Che effetto, la mano che si alza e che va in polvere? La polvere dei secoli!

Lulù                          - Non sono più capace di star ferma un minuto! (Al macchinista) La truccatura va bene?

Il macchinista           - Non mi venire tra i piedi in questo momento!

Lulù                          - (a madame Bouclier) Il costume può andare.

Bouclier                    - (occupatissima alla scena) Il piede non si è staccato...

Lulù                          - (tra se, guardandosi i piedi) Come?

Il macchinista           - Un momento! Uno, due... tre... Ecco fatto!

Lulù                          - (osservando in scena) Bello questo motivo...

Il macchinista           - (autoritario) E' l'aria del-la putrefazione!

(Un attimo di immobilità silenziosa dei pre­senti: dalla porticina del fondo entra Leone, in punta di piedi, esageratamente preoccupato di non disturbare nessuno. D'altra parte è in­quieto per conto proprio. Fa per dirigersi ver­so il camerino di Lulù: si fa sulla "orta, vede ch'essa non c'è, si volta, la scorge presso le quinte, le si avvicina).

Lulù                          - (scorgendolo) Tu, qui?

Leone                       - (tutto sorrisi e dolcezze) Sì, cara... Ho mia moglie in palco: ma sono riuscito a evadere un momento per salire a dirti una pa­rola d'incoraggiamento...

 Lulù                         - (aggrappandosi al braccio di Leone) Leone! Leone! Abbiamo fatto male...

Leone                       - A far che?

Lulù                          - A volere correre questo rischio... Io non sono nata attrice, lo sento. Sono troppo spaventata. Io ero nata amante solamente...

Leone                       - Tesoro! Oramai ci siamo...

Lulu                          - Mi pare di non aver più voce...

Leone                       - Ma no: ti assicuro anzi che il tuo timbro è perfetto...

Lulù                          - Che ne sai tu?

Leone                       - Fammi un gorgheggio, piano pia­no, all'orecchio...

Lulù                          - (eseguendo) Che ti pare?

Leone                       - Una polla!

Lulù                          - (offesa) Come, una polla?

Leone                       - Acqua sorgiva: una delizia!

Bouclier                    - (al macchinista) Pronto per il temporale ?

Il macchinista           - Lampi in una mano e tuo­ni nell'altra!

Lulù                          - (a Leone) Di' che mi ami anche se stasera non ottengo un grande successo.

Leone                       - Ma avrai un successo enorme: an­che il maestro mi ha assicurato...

Lulù                          - Ma perchè non è qui il maestro? Mi sentirei un po' più sicura se ci fosse lui.

Leone                       - E' giù nella sala: l'ho visto. Assi­ste allo spettacolo...

Lulù                          - E' un egoista anche lui. Invece di essere qui, accanto a me...

Leone                       - Ci sono io, amore!

Lulù                          - Se va male, promettimi che mi fai un bel regalo...

Leone                       - Ma sì, cara, quello che vuoi...

Lulù                          - Una Bugatti, otto cilindri...

Leone                       - Ma se non sai ancora guidare...

Lulù                          - Oh Dio, siamo alla fine: e al prin­cipio della seconda parte tocca a me!

Leone                       - Lulù, non ti riconosco più. Tu sei sempre stata così sicura...

Lulù                          - Lo so, ma è il trac. Col trac non si discute. Me l'hanno detto molti uomini corag­giosissimi...

Leone                       - Vuoi bere un bicchierino di li­quore?

Lulù                          - No: è pessimo per la voce...

Leone                       - Eppure Mistinguett prima di en­trare in scena beve sempre...

Lulù                          - Appunto: e quando è in scena non ha più un filo di voce. Di', ma la Bugatti me la dai anche se va bene, vero?

Leone                       - Tutto quel che vorrai, ma non ti eccitare!

Lulù                          - Come sei buono! Oh Dio, ma tremi anche tu?

Leone                       - Mia cara, ma io sono più emozio­nato di te. Stasera a tavola ho rotto tre bic­chieri.

Lulù                          - Tua moglie non dirà niente non ve­dendoti tornare?

Leone                       - No: sta osservando la rivista! Mia mofglie è d'un'ingenuità straordinaria: crede a tutto quel che le dico io. E poi quando la conduco a teatro - di rado - rimane lì a boc­ca aperta ad ammirare lo spettacolo. Da quel lato lì sono tranquillo!

Lulù                          - Non c'era nessun bisogno che sta­sera tu conducessi qui tua moglie! Avresti allo­ra potuto rimanere tutta la sera accanto a me... E poi, se credi che sia piacevole per me, can­tare, espormi seminuda davanti a tua moglie!

Leone                       - E' una piccola soddisfazione sadi­ca! Capisci, cara...

Lulù                          - Stai zitto! Non è il momento...

Leone                       - E poi non avrei potuto lasciarla a casa e uscire io. Mia moglie non avrebbe vo­luto! E' docile, ingenua, va bene, ma vuole quello che vuole! Non ti dà nessun disturbo, va'! E poi tu non hai nulla da temere: il tuo corpo è magnifico...

Lulù                          - Non parliamo di cose simili, ora: porta disgrazia!

(Dalla porticina del fondo entra, piuttosto timida, e con un mantello al disopra dell'abito da sera, Yvonne: parla piano con la donnetta che è seduta accanto alla porta e costei le indi­ca madame Bouclier. Yvonne allora si dirige, in punta di piedi, verso madame Bouclier; la vede intenta a osservare lo svolgersi della scena e rimane allora a due passi da lei, in attesa).

Bouclier                    - (eccitata) Più foga, mille diavoli!... Ma che ha? La malattia del sonno quel­la marmotta? Su, su, su! Più nervi! E dire che ha vent'anini! Che vergogna! (Rumor di applausi) Meno male! E' andata... (Si volta: vede Yvonne) Che fai tu, qui? Che vuoi? Sta­sera non voglio vedere nessuno!

Yvonne                    - Io ero venuta perchè la signo­rina Oallier è malata!

Bouclier                    - Malata la Gallier? E me lo dice a quest'ora?

Yvonne                    - Ho ricevuto un espresso un'ora e mezzo fa... Eccolo... (Lo porge a Madame Bouclier) Mi prega di sostituirla al pianoforte...

Bouclier                    - (leggendo alla luce d'un padellone) Naturale! Vanno a casa a piedi alla sera, prendono freddo e ipoi si buscano le polmoniti! Idiota!

Yvonne                    - Ma non ha i quattrini per pren­dere un taxi... Costano cari!

Bouclier                    - Ci si prende un amico, che dia­mine! Sarà sem'pre meglio un amico che una polmonite, penso! No? (Cambiando tono) Sai quello che devi suonare?

Yvonne                    - Io veramente non so nulla...

Bouclier                    - E allora, guarda, mettiti d'ac­ cordo con la signorina... L'accompagnamento è per lei... (Poi torna a osservare la scena e a  dare ordini a bassa voce al macchinista e al­l'elettricista, che eseguiscono. Yvonne frattanto s'è avvicinata a Lulù).

Yvonne                    - Scusate, signorina... La signorina Gallier è maiala e sono incaricata io di sosti­tuirla stasera. Vorrei sapere di che si tratta...

Lulù                          - (fuori di se) E' malata? E aspetta ora ad ammalarsi ? Leone, questo è il colmo

Leone                       - (che non sa di che. si tratta) Che c'è, cara? Guarirà! Non aver paura!

Lulù                          - Me n'infischio: ma è stasera che avevo bisogno di lei. E' la mia accompagna­trice. Quella che deve sostenermi al piano­forte...

Yvonne                    - Signorina, io farò del mio meglio « sono sicura...

Lulù                          - Ma se non sapete neanche di che cosa si tratta...

Yvonne                    - Se la signorina mi dà la musica, in due minuti io sono al corrente...

Lulù                          - Per carità! E' un disastro, Leone! Un disastro... Io avevo fatto tutte le prove con l'altra. Quella sapeva i miei tempi, le con­cessioni che bisognava fare alla mia voce. Quel­lo che è scritto è una cosa, quello che canto io è un'altra.

Yvonne                    - Non abbiate paura, signorina, so di che si tratta: ho accompagnato tante volte: mi so adattare.

Lulù                          - (incaponendosi) No, no: io non canto! Mi ritiro... Non è possìbile... Io non sono ancora Toti Dal Monte per potermi per­mettere certi lussi. Non canto! (Cambiando opinione all'improvviso) Anzi, canterò, ma sot­to la vostra responsabilità...

Yvonne -                  - Signorina, io farò del mio me­glio...

Lulù                          - Non dubito. Anzi vi dirò che ho molta fiducia in voi. Mi par di leggere nei vo­stri occhi che abbiate dell'intelligenza e della prontezza... Comunque eccovi il pezzo. Leg­getelo. (Le dà alcuni fogli di musica che. aveva in mano).

Leone                       - Brava, Lulù. Cosi mi piace...

Lulù                          - Quella Gallier, se sapessi quante me n'ha fatte: tutti i giorni attaccava più su. H mio maestro era esasperato. Ha fatto bere ad ammalarsi. Se lo meritava. Oh, posso dir­telo: con lei non mi sentivo affatto sicura. Que­sta mi pare una ragazza diligente. Vai a dirle che se ottengo un bel successo le farai un bel regalo...

Leone                       - Non sarebbe dignitoso.

Lulù                          - Mi sentirei più tranquilla...

Leone                       - Se è per darti una maggiore tran­quillità... (Si avvicina a Yvonne) Signorina, io sono sicuro delle vostre qualità... Comunque mi permetto di dirvi che qualora il numero della signorina Lulù Darling ottenga il suc­cesso che otterrà senza dubbio... io mi permetterò di offrirvi un modesto ricordo di questa serata...

Yvonne                    - Troppo gentile... (Leone s'inchi-na e torna verso Lulù).

Bouclier                    - (all'elettricista,) Pronti tutti i I fuochi per i finale?

Il macchinista           - Tutto pronto. (Madame I Bouclier fa un segno di tra le quinte al direttore d'orchestra e l'orchestra attacca il crescente strepitoso del finale. Varie ballerine in costume sono andate a porsi in scena per il quadro fi­nale. Il macchinista lancia dei fumi in scena che l'elettricista illumina con i fasci di luce dei riflettori. Si vedono i riflessi di tutta que­sta fantasmagoria mentre si sentono gli echi dell' orchestra).

Lulù                          - Questo è il finale! Ci siamo, Leone..

Leone                       - Hai studiato un mese... Con un maestro ohe, oso dirlo, è una vera autorità nel suo mestiere...

Lulù                          - Per questo, sì: un asso!

Leone                       - Di che vuoi aver paura, allora? Nulla è stato risparmiato per assicurarti il trionfo...

Lulù                          - E' vero, caro: sei stato tanto buono. Ma è istintivo, cosa vuoi? E' come il soldato che ha la corazza. Ha un bell'avere la corazza: la prima cannonata lo fa tremare. 'Cambiando tono) Credi che nella sala abbia degli amici?

Leone                       - Per lo meno trecento.

Lulù                          - Trecento?

Leone                       - Sì: sono trecento operai della mia fabbrica di scarpe. Ho regalato loro i biglietti. E hanno l'incarico di impazzire di entusiasmo per te. Del resto hanno un direttore che rego­lerà il loro entusiasmo. Potrebbero sbagliarsi: s'intendono soltanto di pelli e di tacchi.

Lulù                          - (con riconoscenza) Ecco, mi sento più rinfrancata allora. Quanti posti contiene il teatro?

Leone                       - Quattrocentocinquanta.

Lulù                          - Allora due terzi del pubblico è as­sicurato. E' una buona notizia, questa. Se me l'avessi data prima forse mi evitavi il trac.

Leone                       - Avrei voluto non: dirti niente per lasciarti la sensazione del trionfo spontaneo. Ma al vederti così nervosa...

Lulù                          - Ecco: ci siamo! (Accordo finale in orchestra, fracasso di applausi attutiti dal calar del velario: poi intensificato ogni volta che il sipario si apre).

Bouclier                    - Su, il sipario. Giù. Su! Giù. Su. Giù. (Ascolta) Su? No: non applaudono più. (Si volta a Lherminois) Tiepidi i vostri calzolai, Lherminois...

Leone                       - Non è ancora giunto il momento. Sono disciplinati!

Bouclier                    - Ragazze, cambiatevi, di corsa! E niente chiasso, mi raccomando. Qxii non siamo a scuola! (Le girls sciamano e corrono nei loro camerini a cambiarsi di costume).

Leone                       - (a madame Bouclier, mentre il tram­busto dell'intervallo è al completo, i macchi­nisti stanno smontando e rimontando, ecc.) Mi pare che siamo andati bene, finora, no?

Bouclier                    - Il « Nautilus » è stato un po' impacciato...

Leone                       - Era in carattere, allora. Ma il pub­blico è stato contento, no?

Bouclier                    - Speriamo. Il risultato ve lo dirò il mese venturo: vedremo gli incassi. Gli ap­plausi non contano mai molto... Avete riani­mato Lulù?

Leone                       - E' forte e sicura. Certamente quel cambiamento di pianista all'ultimo momento...

Bouclier                    - E che fa? Una pianista vale l'altra. Se non fosse vernata a dircelo, Lulù non se ne sarebbe nemmeno accorta. Le ha dato la musica ?

Leone                       - (indicandola) Sta leggendola...

Yvonne                    - (alzandosi e venendo verso i due) Io sono pronta. Posso suonare anche a memo­ria, oramai...

Bouclier                    - Per carità: Qui non vogliamo virtuosismi. Il direttore di scena vi darà il te­sto. Scenderete in orchestra al segnale. Il vo­stro è il primo numero della seconda parte, subito dopo l'introduzione. Capito?

Yvonne                    - (docile) Sissignora.

Bouclier                    - E appena finito, salirete in am­ministrazione a farvi pagare. L'amministrazio­ne è lì: terza porta.

Yvonne                    - Benissimo, signora. E se chiedono il bis?

Bouclier                    - Un bis, uno solo, mi raccoman­do: e soltanto dell'ultimo ritornello. Glie non vi verga in mente di cominciare da capo. Una rivista è una cosa regolata come un movimento d'orologeria. Se si comincia con i bis non si fi­nisce più. Per la signorina Lulù, stasera, si può fare un'eccezione, dato che essa debutta e che ha in teatro degli ammiratori, una che sia una piccola eccezione! Siamo intesi?

Yvonne                    - Sissignora! (Yvonne torna verso la propria cassa: Madame Bouclier dà un or­dine e qualcuno viene a portare della musica a Yvonne che entra a destra. Madame Bou­clier va, viene, sparisce, travolta dalle occupa­zioni direttoriali che esigono la sua presenza. Frattanto Lulù è scomparsa nel proprio ca­merino. Un ornane grosso e con dei gran baffi è comparso dalla porticina che dà in platea e si dirige verso Leone).

Cesare                      - Le masse sono al loro posto e aspet­tano il mio ordine per far fuoco. Desidero sa­pere se volete il bombardamento di sortita o no.

Leone                       - (un po' interdetto) Scusale... Ma io...

 Cesare                     - Non siete voi Lheiniinois ? Non m'avete dato 300 volontari per lo scontro di stasera ?

Leone                       - Ah! Volete parlare dei miei ope­rai?

Cesare                      - Non so che cosa siano: ci, tengo però subito a dirvi che la vostra è stata una pessima idea. Poco economica e niente pra­tica.

Leone                       - Non capisco...

Cesare                      - Se vi foste affidato interamente a me e ai miei militi...

Leone                       - M'hanno detto che voi prendete venti franchi per ogni indivìduo: invece i miei operai vengono gratis.

Cesare                      - Si vede che non avete nessuna pra­tica di queste tenzoni! Voi avete allineato 300 novizi. Che risultato daranno? Mistero! Soli trecento individui che, non avendo mai visto il fuoco, non hanno prontezza, freddezza, atten­zione: sono distratti e imbambolati. Scommet­to che più della metà non vedranno il mio se­gnale e si troveranno con le armi scariche.

Leone                       - Le armi?

Cesare                      - Le armi sono le mani, signore! E poi quali sono ì loro colpi? Poveri applausi: forse uno al secondo! Una pena! I miei uomini hanno un ritmo di cinrrue al secondo! Hanno l'allenamento... E' tutta un'altra cosa. I vete­rani, signore, vincono le grandi battaglie!

Leone                       - Sarà per la prossima volta. Co­munque mi raccomando egualmente.

Cesare                      - Tuttavia, prevedendo il pericolo di un contrattacco possìbile e data la debolezza delle mie forze, io mi sono -permesso di con­durre con me una dozzina, noni più che una dozzina di uomini miei. Mi autorizzate a im­piegarli in caso di necessità? Hanno le mani munite di amplificatori di mia invenzione per rendere gli applausi più fragorosi! Un tuono quando li scateno. Venti franchi l'uno, gli in­dividui, e venti franchi l'uno gli amplificatori.

Leone                       - Sta bene. Ma quello che mi racco­mando è che l'applauso sia spontaneo e oppor­tuno: non vorrei che il pubblico compren­desse. ..

Cesare                      - (mano sul cuore) Voi non cono­scete ancora Cesare! Vedrete...

Leone                       - Per l'applauso di sortita, credo che sia opportuno un tentativo d'applauso sol­tanto, subito represso. Intanto essa è debut­tante: e un così largo favore preventivo po­trebbe far credere che tutti sono suoi amici in­timi. Voi mi capite! E poi l'applauso represso dà la sensazione che la sala è piuttosto diffi­dente nei suoi riguardi: euìndi il successo che voi le procurerete avrà dopo maggior valore. No?

Cesare                      - Tattica magnifica: fronte appa­rentemente sguernito perchè il nemico possa procedere fiducioso, e poi accerchiamento ful­mineo con schiacciamento dell'avversario! Affar mio!

Leone                       - (avviandosi con Cesare verso la porti­cina del jorado, dalla quale è già entrato Ibra-him, continua a parlare) Ci terrei molto al bis. Almeno uno, uno solo. La piccina è così sensibile agli omaggi della folla... Ha studiato con tanta passione... (Escono).

Ibrahim                     - (a madame Bouelier) Bene, bene, cara madame Bouelier; ma quelle girla dove le avete prese? Tutte decrepite! Le ho osser­vate col canocchiale: non ce n'è una che abbia meno di sedici anni!

Bouclier                    - (sorridente) Siete troppo esi­gente, Ibrahim! C'è un ordine della polizia che ci proibisce...

Ibrahim                     - (scettico, battendo sulla spalla di madame Bouclier) Non lo raccontate a me: faccio parte anch'io della polizia del mio paese!

Bouclier                    - Ebbene, le ragazzine non si tro­vano più! Non vogliono lavorare: ci sono trop­pi americani a Parigi. Ecco la verità!

Ibrahim                     - Anche in Egitto, anche a Ber­lino: non si sa più dove andare per non tro­vare degli americani...

Bouclier                    - Forse in America, Ibrahim. Ma ora debbo lavorare... Scusate...

Ibrahim                     - Non mi fate conoscere proprio nessuno allora?

Bouclier                    - Guardate: quella è Lulù Dar-linig... E' con un calzolaio... Ma non dimostra neanche sedici anni... Debutta stasera...

Lulù                          - (avvicinandosi) a madame Bouclier) ' - Posso provare almeno una volta la canzone con la pianista nuova?

Bouclier                    - Purché vi sbrighiate. Il piano è lì... (E se ne va fulmineamente).

Ibrahim                     - (accostandosi a Lulù) Scusate, si­gnorina...

Lulù                          - Non ho tempo. Debutto ora, si­gnore. Con una pianista nuova. E il mio mae­stro non è nemmeno salito a darmi gli ultimi conforti! Potete capire il mio stato d'animo...

Ibrahim                     - Lo capisco: io capisco tutto. Sono egiziano, addetto alla polizia. Prenido gli or­dini dal Governo nazionalista del Cairo e lo stipendio da Londra. Per non comprometter­mi, vìvo a Parigi!

Lulù                          - (distratta, che non ha udito una paro­la, dandogli la mano) Grazie, signore. Quel­lo che mi avete detto mi rianima: è molto gen­tile da parte vostra. Volete ripassarmi la can­zone? Guardate la musica... Ecco... chiama­temi la pianista. (Canta).

Ibrahim                     - Brava! E' un vero peccato che una donnina graziosa come voi siete perda la pro­pria gioventù dal calzolaio...

Lulù                          - Dal calzolaio?

 Ibrahim                    - Il vostro amico non è calzolaio?

Lulù                          - (dignitosa) ' E' un grosso fabbrican­te di scarpe. E' tutta un'altra cosa.

Ibrahim                     - No: è la stessa cosa. Signorina, se non fossi indiscreto, potrei chiedervi l'età?

Lulù                          - Avrò sedici anni tra dieci giorni.

Ibrahim                     - Non c'è tempo da perdere, al­lora. Io vado pazzo per le fanciulle che non hanno ancora sedici anni! In questi dieci gior­ni potrete fare di me quello che volete. Ma bisogna che ne approfittiate. Tra dieci giorni io non sarò ipiù lo stesso.

Lulù                          - Ho capito: grazie. Ma in questi, dieci giorni credo che sarò molto occupata.

Ibrahim                     - Come preferite: scendo in tea­tro. Vi avverto che sarò un giudice spietato della vostra voce.

Lulù                          - (prendendolo per una manica) Non siate cattivo... Voi avete degli occhi buoni, l'ho visto subito.. E poi questa tenerezza paterna (per le fanciulle... Prenderemo il tè domani al­le cinque insieme al Ritz, vi va?

Ibrahim                     - Alle cinque e mezzo, se non vi disturba: alle cinque debbo conferire con La­vai. Mi sbrigherò, ma comunque...

LulÙ                         - D'accordo. Ma ditemi che sarete pazzo d'entusiasmo...

Ibrahim                     - Domani, certo.

Lulù                          - No: ora: quando avrò cantato. Ba­date, domani esaminerò le vostre mani. E se non troverò le tracce dei vostri applausi, guai a voi!

Ibrahim                     - Saranno fasciate.

Lulù                          - Siete un vero gentiluomo.

Ibrahim                     - Grazie: sono anch'io di questa opinione.

Lulù                          - (confidenzialmente) Figuratevi che soffrivo di crisi nervose. La voce c'era: era qui, in gola. Ma non voleva uscire.

Ibrahim                     - Era una voce pudica.

Lulù                          - Ecco: ogni mio sforzo, inutile. Eb­bene, ho trovato un professore, ah, meraviglio­so. Non si è occupato della voce: sapeva che c'era. L'ha lasciata stare. Si è occupato invece dei miei nervi. Ha operato con la fiducia. E mi ha dato una fiducia, ma una tale fiducia in me che ormai non ho più paura di niente... E dire che lui invece è così timido...

Leone                       - (entrando dalla porticina e, trasci­nando quasi a forza Claudio) Andiamo. Es­sa ha bisogno di voi. E' il momento critico. Il vostro posto è accanto a lei in una serata simile.

Claudio                    - (imbarazzato) Ma no... Vi assi­curo che... Oramai...

Leone                       - (a Lulù) Ecco. L'ho trovato. Era nell'atrio, dietro una colonna. Ma perchè dia­volo nascondervi?

Lulù                          - Se tutto andrà bene il merito è vo­stro.

Claudio                    - No, signorina. Io non c'entro. Io desidero rimanere nell'ombra. Non volevo nem­meno venire in teatro stasera.

Lulù                          - Avrei voluto veder questo...

Claudio                    - E poi ho avuto questa debolezza: non ho resistito... Ma sono già pentito. Voi mi avevate (promesso che io non avrei figurato...

Lulù                          - Ma perchè questa mania? Tocca a me ora ridarvi la fiducia che voi m'avete dato?

Claudio                    - Io non amo il pubblico. Vi ho insegnato a sfidarlo, ma io personalmente non ne sono mai stato capace... Ho orrore della fol­la. Non voglio farmi vedere; farmi conoscere...

Ibrahim                     - Tanta modestia è bella. Ed è rara nella vostra professione...

Leone                       - (ad Ibrahim) Il signore?...

Ibrahim                     - Appartengo alla polizia...

Claudio                    - (sussultando) Ah, scusatemi...

Ibrahim                     - (continuando) Egiziana... Mi oc­cupo soltanto di questioni politiche...

Claudio                    - (respirando) Fate benissimo. La politica egiziana è appassionante. Comunque, se permettete, vorrei ritirarmi...

Lulù                          - Ma perchè? Non sono dunque più la vostra allieva prediletta?

Claudio                    - Oh, sì. Le altre, sapete, per me, niente... Ma questo palcoscenico... Quel pom­piere che mi guarda in un certo modo...

Lulù                          - Ho un'altra pianista. Una nuova... L'altra s'era ammalata...

Claudio                    - Non ci pensate. La musica è fa­cile... Non guardatela in faccia. Vi sembrerà che sia l'altra.

Lulù                          - E poi è simpatica. Sento che posso fidarmi di lei... purché voi rimaniate tra le quinte. Non potete immaginare che forza mi dia il vostro sguardo posato su di me anche da lontano...

Ibrahim                     - La suggestione... A proposito, maestro, avrei un'amica mia che vedrei volen­tieri fra le vostre mani.

Claudio                    - Vi prego. Mai. Ho troppo da fa­re... Impossibile...

Lulù                          - (a Ibrahim) Vedete che tipo. Rifiu­ta il lavoro...

Ibrahim                     - Incredibile.

Claudio                    - (preoccupato dalle occhiate che ma­dame Bouclier gli manda) Che cos'ha quel­la signora?

Leone                       - E' la direttrice del teatro. Ora ve la presento...

Claudio                    - Ma no... Vi prego. Non voglio conoscere nessuno. Io sono misantropo...

Leone                       - (a madame Bouclier) Madame Bou­clier, permettete che vi presenti Crepin? n j.rofessore che ha educato la voce di Lulù. Una autorità.

Claudio                    - (stringendo la mano di madame Bouclier) Oh, fortunato... Ma io veramen­te... Così... un po' di soggezione...

 Bouclier                   - E' il solo metodo efficace con le voci...

Ibrahim                     - Pudiche...

Bouclier                    - Precisamente. Lulù aveva una voce pudica. E, dite, maestro, come vi. è parsa la prima parte?

Claudio                    - Magnifica... Ma io sono così...

Ibrahim                     - Misantropo. Il signore è misan­tropo...

Claudio                    - Oh, non esageriamo... Soltanto il flauto m'è parso...

Boucleir                    - Come? E' un professore. Un vero professore...

Claudio                    - Appunto... Meraviglioso. E' sta­ta la rivelazione della serata. Bisognerebbe far­gli eseguire un a solo...

Bouclier                    - Giusto. Se voleste scrivermelo voi, maestro, sarebbe una fortuna. Un pezzettino allegro per flauto...

Claudio                    - Io? Scrivere...

Lulù                          - Ma sì. Ci penso io. Lo scriverà.

Claudio                    - Oh, no. Impossibile. Vi assicuro che è impossibile...

Lulù                          - E' così occupato. Ma per me, vedre­te...

Bouclier                    - Scusate... (e si allontana, chia­mata dai propri doveri) un critico... (e si avvi­cina ad Armando Petit Jean che è entrato ora dal fondo. Claudio non lo vede).

Ibrahim                     - ( a Claudio) Ci sarebbe bisogno di uomini come voi in Egitto. Le nostre voci so­no quasi tutte pudiche. Avete un metodo, voi?

Claudio                    - Ecco, dirò... Un metodo proprio personale, no...

Lulù                          - (interrompendolo) Ma sì, diamine...

Leone                       - Il metodo Crepin.

Claudio                    - E' vero. Io applico rigidamente il metodo Crepin. Del resto non ne conosco altri. E' un metodo pratico, semplice, chiaro...

Ibrahim                     - E' stampato?

Claudio                    - Magari. L'ho tanto cercato... (Riprendendosi) No, non è stampato. Molti edi­tori avrebbero voluto, ma...

Bouclier                    - (a parte, ad Armando) Che ono­re per noi...

Armando                  - Mio dovere, signora. Quando si tiene la rubrica del music-hall in un giornale come il mio, non si può ignorare madame Bou­clier e le sue novità... Si ha un bel dire New York... Sì, laggiù hanno il denaro, il colossale. Ma quel che si fa qui con un po' di buon gusto e quattro paia di gambe ben fatte non teme con­fronti...

Bouclier                    - Come fa bene sentire ogni tanto qualche parola che solleva lo spirito. Ed è bello che siate proprio voi, un critico...

Claudio                    - (in mezzo ad un discorso, scorgendo di colpo Armando) Ma quello...

Ibrahim                     - E' un critico. Un critico influente. Lo conosco. Ora vi presento...

Claudio                    - No. Per carità...

Lulù                          - Ma sì. Mi può essere utile.

Claudio                    - I critici sono tutti pagati...

Leone                       - Appunto: provvedo io...

Claudio                    - No. Vi proibisco...

Leone                       - Ma perchè?

Claudio                    - Quello lì non lo pagate. Ve ne prego io. Per ragioni personali. Da parte vostra ììon sarebbe decoroso.

Leone                       - Non vedo...

Ibrahim                     - Io ho capito.

Claudio                    - Bravo. Vedete? Lui ha capito...

Ibrahim                     - Per forza: sono della polizia...

Claudio                    - Venite via... Entriamo nel came­rino. Dov'è il camerino?

Lulù                          - (indicandolo) Eccolo... Tuttavia...

Claudio                    - (perentorio, nascondendosi ogni vol­ta che Armando volta la testa verso di lui) Entrate. Venite... (e trascina con sé Lulù, Leone ed Ibrahim).

Leone                       - (seguendolo) A me pareva che un critico... (e li segue).

Bouclier                    - (ad Armando) Allora posso con­tare su un articolo favorevole?

Armando                  - Cara amica, la mia opinione d'uomo è una cosa, la mia opinione di critico è un'altra. Sapete benissimo che non posso miai scrivere quello che voglio o quello che penso. Dirò anch'io come non so più che Luigi: «Sono re, è vero, ma non posso mica fare quello che voglio ». Dipenderà dagli ordirà che troverò sulla mia scrivania al giornale.

Bouclier                    - Saranno eccellenti: nessuna pa­ura... Lherminois s'è incaricato di tutto.

Armando                  - Lherminois? Quale Lherminois?

Bouclier                    - Quello delle scarpe... Il milio­nario...

Armando                  - E che fa qui?

Bouclier                    - Stasera una sua protetta si pre­senta per la prima volta al pubblico: Lulù Dar-ling. La vedrete. Una piccina ancora acerba ma che farà strada...

Armando                  - E voi dite che è l'amichetta dà Lherminois?

Bouclier                    - Come, « dico »? E' lui che prov­vede a tutto. E' sempre fra i piedi. Era qui an­che poco fa.

Armando                  - Infatti l'ho scorto in teatro.

Bouclier                    - E' una fortuna per noi: i costumi al giorno d'oggi costano così cari...

Armando                  - E si permetteva il lusso di essere geloso...

Bouclier                    - Oh, per questo, gelosissimo. Ci tiene a quella piccina in modo straordinario... Ma certo voi siete un critico importante e al­lora...

Armando                  - Grazie. Grazie. Ma non è que­ sto... (Si dirige verso l'uscita. In questo mo­ mento Claudio sporge la testa dalla norta del camerino per spiare l'uscita di Armando, il quale si volta di colpo e vede Claudio: questi sparisce nel camerino). E quello lì... Dove ho mai veduto quella faccia? (Scrolla le spalle e se ne va. Claudio allora torna in scena e a passi cauti si dirige verso l'uscita evidentemente per andar­sene. Yvonne ricompare e s'imbatte in lui).

Yvonne                    - Voi qui?

Claudio                    - (che perde ogni controllo) Oh, io? Guarda... Voi qui? Già. Passavo. Un po' d'aria dopo pranzo. Allora son salito un istante.

Yvonne                    - Sul palcoscenico? Voi salite sul palcoscenico così?

Claudio                    - Sì: ho uno zio pompiere. Mi ha dato la sua tessera. Allora posso salire libera­mente su tutti i palcoscenici. E' comodissimo. Ma come siete bella stasera...

Yvonne                    - Eppure papà mi aveva tanto detto di non uscire la sera. Fa umido e le vostre corde vocali sono già così delicate...

Claudio                    - Pa»pà ha ragione. Non uscirò più la sera. Del resto non m'importa niente delle mie corde vocali. Io studio unicamente per po­tervi rimanere vicino, voi lo sapete...

Yvonne                    - Lo credevo anch'io, in principio, ma ora comincio a dubitare.

Claudio                    - Come? E perchè? Non vi mando sempre il solito mazzo di violette? Il solito vaso?...

Yvonne                    - Grazie. Ho già una collezione di vasi che non so più dove metterli. Ma ora mi pare che dovreste finalmente parlare a papà...

Claudio                    - Mi intimidisce. E' un uomo così solenne...

Yvonne                    - Parlategli delle sue interpretazioni: si commuoverà. Quando è commosso, èl vinto.

Claudio                    - Ho bisogno di essere sicuro dei vostri sentimenti...

Yvonne                    - Ho imparato a memoria i verbi greci ?...

Claudio                    - Sì: questo è meraviglioso.

Yvonne                    - E guardate le vostre violette: le porto qui...

Claudio                    - (commosso) E' troppo... Non me­rito tanto. Yvonne, io non sono degno di voi.

Yvonne                    - Mi nascondete qualcosa?

Claudio                    - Non tentate d'indovinare. Sì, nel­la mia vita c'è un segreto.

Yvonne                    - Allora, non dovevate introdurvi in casa nostra.

Claudio                    - Impossibile: il segreto è proprio questo. E poi, basta: Yvonne, se voi avete per me la stessa simpatia che io ho per voi, riman­diamo questo colloquio. Qui il terreno scotta. Non è il momento né il luogo. Siamo su un palcoscenico e su un palcoscenico di varietà...

Yvonne                    - Io ci sono per il mio lavoro.

Claudio                    - Anch'io...

Yvonne                    - Come?

Claudio                    - Sì, ci sono perchè ci siete voi. Non ho osato dirvelo subito, ma vi ho seguita. Sono venuto qui perchè ero geloso: non sapevo quel che venivate a fare qui. Ora so. Son contento. Me ne vado.

Yvonne                    - Ma non sapete niente... Non vi ho ancora detto quel che faccio qui.

Claudio                    - Non importa: vi credo.

Yvonne                    - Cosi geloso poco fa, e ora niente più?

Claudio                    - Ho visto la sincerità nei vostri sguardi. Vedo dei fogli di musica tra le vostre mani. So che siete venuta per suonare. Non chie­do di più. Ho vergogna dei miei sospetti e me ne vado.

Yvonne                    - Ma no: rimanete giù. Ho finito su­bito. Un numero breve con una principiante. Poi mi riaccompagnerete.

Claudio                    - Benissimo. Sarò all'uscita degli artisti non appena finito il numero di Lulù...

Yvonne                    - (sorpresa) Come fate a sapere che si chiama Lulù?

Claudio                    - Io? Si chiama Lulù? Oh, guarda... Coincidenza... (Decidendosi) L'avevo letto sul programma...

Yvonne                    - Badate: io non sono gelosa...

Claudio                    - Lo so: non ci sarebbe nessuna ra­gione...

Yvonne                    - Ma siccome gli uomini si lasciano tentare...

Claudio                    - Io no: sono incorruttibile.

Yvonne                    - Donne nude o quasi passano di continuo. Non sono spettacoli adatti a un tem­peramento timido come il vostro.

Claudio                    - E' vero, Yvonne. Io ero sempre vissuto con Platone e Demostene... Persone così per bene. Non potete immaginare come tutto ciò mi turbi. I solfeggi da una parte, le violet­te dall'altra, le girls qui, la mia riconoscenza laggiù...

Yvonne                    - Claudio, non scendete in teatro. Rimanete sulla strada: è meglio.

Claudio                    - Sì, Yvonne. Scendo. Aspetterò sotto un fanale. Qui non c'è niente da fare per me... (Si dirige ancora una volta verso l'usci­ta; madame Bouclier passa rapida).

Bouclier                    - Maestro, volete passare un mo­mento nel camerino di Ginette? (E sparisce).

Yvonne                    - Conoscete la direttrice? E vi chia­ma maestro?

Claudio                    - No: parlava al maestro... Al di­rettore d'orchestra. Non si capisce mai con chi parli perchè ha un occhio di traverso. Parla con uno e guarda un altro.

Yvonne                    - Ma allora voi siete già venuto qui per conoscere tutto ciò?

Claudio                    - Una volta, prima di conoscervi. L'anno scorso: una sera di neve. Avevo freddo. Sono salito per scaldarmi. Ma domani parlerò a papà.

Yvonne                    - Papà ha sempre fatto quello che voglio io, mi adora. (Lulù ricompare seguita dal­l'egiziano e da Leone. Claudio che l'ha vista tenta di svignarsela).

Lulu'                         - Maestro... Caro maestro...

Claudio                    - Chi? Ah! Non posso... Auguri...

Yvonne                    - (fermandolo) Allora conoscete an­che quella lì.

Claudio                    - Quale? Ah, sì: vagamente. Una volta mi ha quasi schiaccialo sotto la sua auto­mobile. Guida come una banana. Una sera di neve.

Yvonne                    - Claudio, voi mentite.

Claudio                    - Siete crudele ad accorgervene.

Lulu’                        - (venendo a riprendere Claudio) Non mi abbandonate così, andiamo...

Claudio                    - Stavo appunto spiegando alla vostra pianista... (E segue desolato Lulù che lo riconduce presso Ibrahim e Leone).

Lulu'                         - Secondo voi, quando entro in sce­na... maestro...

Claudio                    - (volubile e rapidissimo per tentare di giustificarsi agli occhi di Yvonne che sta ascoltando) La signorina esagera... maestro, io? Ber modo di dire... Il greco è un'arte vera­mente complicata ma che dà delle soddisfazio­ni indimenticabili... (piano) alle quali il canto non ha nulla da invidiare... (Forte) I dialoghi sono una delle forme più difficili... Ma anche gli a solo... Il signore dunque fa parte della polizia, dicevamo... Sono felice...

Lulu'                         - Claudio, che avete? Siete più ner­voso di me...

Claudio                    - Lo credo...

Lulu'                         - Credete che il mare possa nuocere alla mia voce? Il signore mi parlava appunto d'una scrittura in Egitto...

Leone                       - H mare è deleterio...

Claudio                    - No, no. Demostene, che balbet­tava, è guarito in faccia al mare... Con dei sas­solini in bocca... L'emissione... Il registro... Vorrei andar a prendere un po' d'aria... E' una sera di neve...

Ibrahim                     - Come, di neve?

Claudio                    - Scusate:, le idee si confondono. Pensavo a una canzone. Scusate: non sono tran­quillo circa la pianista... Vorrei darle qualche consiglio... Scusate... (Va verso Yvonne).

Leone                       - Molto simpatico, no?

Ibrahim                     - Un po' bizzarro... Un po' difficile da seguirsi nelle sue idee...

Lulu’                        - (perentoria) E' un grand'uomo. I grandi uomini sono tutti così.

Claudio                    - (a Yvonne) Vi spiego...

Yvonne                    - (eccitata e amara) Ho già capito.

Claudio                    - Non è possibile. La cosa è più complicata di quel che sembra.

Yvonne                    - Siete un bugiardo.

Claudio                    - Vi giuro che domani parlerò a vostro padre. Che volete di più?

Yvonne                    - Vi ha chiamato per nome.

Claudio                    - Impossibile: non lo sconosce.

Yvonne                    - Vi ha detto: Claudio.

Claudio                    - (riprendendosi) Ah, Claudio! Già... E' una mania che ha. Fa così con tutti.

Yvonne                    - (quasi piangendo) Io non sono gelosa, tuttavia...

Claudio                    - (interrompendola) Avete ragio- I ne: passerò la vita accanto a voi, senza mai ; staccare lo sguardo da voi. Sarà divertentissimo. Non metterò mai più il piede su un palco- I scenico...

Yvonne                    - Non vi credo. Non posso credervi più.

Lulù                          - (chiamando) Crepin...

Yvonne                    - Eccomi. Devo andare in scena?

Lulu'                         - Non parlavo con voi... Non è stato ancora dato il segnale... (A Claudio) Maestro...

CLAUDIO              - (guardandosi attorno) - Dove? Ah... (A Lulù) Qui c'è della polvere. Con tutto questo trambusto. Dannosissimo per la voce respirare la polvere. Tornate in camerino. Così...

Leone                       - Io scendo… Vado a raggiungere mia moglie.

Ibrahim                     - Io sarò in prima fila. Prima fila a destra. E... coraggio.

Claudio                    - In camerino, in camerino. Sì, sì... Scendo, scendo... (Leone e Ibrahim escono dal fondo. Lulù entra nel suo canterino). Ineredibile. Perchè una volta mi ha quasi schiacciato, pretende ohe io sorvegli la sua voce. Le donne hanno delle idee così... Yvonne, per favore, te­nete basso il piano: altrimenti la voce di que­sta Lulù non si sentirà più...

Yvonne                    - (a denti stretti) Ah, no?

Claudio                    - Fatelo per me.)

Yvonne                    - Ci tenete molto, a quanto pare, a questa debuttante.

Claudio                    - Mio dovere. Mi ha salvato la vita. Domani vi spiegherò tutto.

Yvonne                    - Come può sapere che io mi chia­mo Crepin? Glie l'avete detto voi?

Claudio                    - Macché! E' un dono che ha: indovina i nomi di tutti. Avete sentito? Claudio  a me, Crepin a voi. Prodigiosa. Un fenomeno. I Ecco: il vostro piano va in scena.

Bouclier                    - (ai macchinisti che spingono il pia­no) Adagio. Ecco. Siamo pronti? Lulù?

Lulu’                        - (ricomparendo) Ecco. Io sono pronta. Il cuore mi batte un po', ma...

Bouclier                    - Appena sarete in scena passa...  vedete...

Lulù                          - (a Claudio) Sentite le palpitazioni... (e gli prende una mano).

Claudio                    - (sottraendosi) Ci credo... Ci credo… (A Yvonne) Avanti: alla tastiera. In scena.

Yvonne                    - Non sono poi così ingenua come si crede...

Claudio                    - Vi dò la mia parola... Vi giuro che....

Yvonne                    - Va bene. (Si avvia ma rimane ac­canto alle quinte).

Lulu’                        - (a Claudio) Ho paura che la voce tutt'a un tratto...

Claudio                    - Nessuna paura. Ricordate quel che v'ho detto. E' una questione di volontà. Il pubblico non c'è; Voi siete sola. Il pubblico non c'è. Ripetetevi questo.

Lulu’                        - (con slancio) Come potrò mai di­mostrarvi la mia riconoscenza?

Claudio                    - Non ci pensate. Non pensatea me.

Lulu'                         - No. No. Io voglio pensare a voi. Mi darà forza.

Bouclier                    - Andiamo. Il preludio. (L'orche­stra attacca il preludio della seconda parte}.

Lulu’                        - (a Claudio) Il vestito. Guardate... Mi si è slacciato sulla schiena... Presto.,,.

Claudio                    - (riagganciando) Così?...

Lulù                          - Press'a poco... Datemi un bacio.

Claudio                    - Io? Perchè?

Lulu'                         - Vedo che ne avete desiderio. Mi  porterà fortuna...

Claudìo                    - Ma no... Vi assicuro....

Lulu'                         - Vi sono proprio così indifferente? Me n'ero già accorta. Tuttavia...

Claudio                    - Ma no., Pensate alla canzone...

Lulu'                         - Ebbene, ve lo dò io... To'... (e lo bacia).

Yvonne                    - (avvicinandosi a Claudio) Bu­giardo.

Claudio                    - Vi assicuro...

Yvonne                    - Tacete.

Bouclier                    - In scena, voi.

Yvonne                    - Ah sì? Ci vado... E ci divertire­mo... (Sparisce in scena, dove Lulù è già pronta a entrare, accanto a una quinta).

Claudio                    - Ma no. C'è errore...

Bouclier                    - Ssst!

(Mentre il preludio continua, oscura e la platea si illumina. Si vede in pol­trona, prima fila, Ibrahim. In un'altra poltro­na Armando Petit Jean, e nel palco di prosce­nio Leone con Antonietta, Quando il preludio è finito sulla scena appare Yvonne seduta accanto al pianoforte e Lulù entra avvici­nandosi alla ribalta. Qualche applauso di sor­tita, qualche ssst discreto, d'attenzione, poi Lulù comincia la sua canzone. Dopo una strofa normale, Yvonne            - (al piano) comincia ad au­mentare il tono così che la povera Lulù deve spingersi in zone acute, sempre più ardue. Co­minciano i guai. Dopo le prime stecche, per quanto Lulù faccia dei gesti disperati a Yvonne, questa suona sempre più per conto proprio fin­ché finisce con l'eseguire un pezzo tutto diver­so. La cacofonia è sempre, più stridente. Il pub­blico mormora e protesta. Leone nel suo palco è fuor di sé, vuol intervenire, si agita).

Leone                       - (esasperato) Ma che succede?

Antonietta                - (indifferente) Un'infelice che non sa cantare...

Leone                       - Ma no... Ma no... (Le proteste so­no generali. Leone si sporge dal palco e ar­ringa la folla). Signori, vi prego.;. Un po' di silenzio... Un po' di educazione...

Voci                         - E' assurdo... Incredibile...

Leone                       - (alla folla) E' il trac... Non è che il trac... La colpa non è sua... Canta per la prima volta... Bisogna aver rispetto per l'arte e per coloro che...

Antonietta                - Ma che ti piglia? Che c'en­tri tu?

Leone                       - Sono nauseato. Questo è un parti­to preso. I soliti malintenzionati.... Qui c'è del­la gente pagata... Con tutto quanto ho spe­so io...

Antonietta                - Che cos'hai speso?

Leone                       - Tutto... Tutto... Canaglie... Tradi­tori... (Madame Bouclier entra in scena, con gesto brusco strappa Yvonne. dal piano dove si era attaccata, la manda tra le quinte e si mette al suo posto).

Bouclier                    - Signori...

Leone                       - Ssst... Ssst...

Bouclier                    - Signori, un momentaneo e im­provviso malessere della pianista... Questo in­crescioso incidente...

Leone                       - Brava... La colpa è della pianista... Lulù non c'entra... Ora la sentirete...

Antonietta                - Chi è questa Lulù?

Leone                       - Quella lì. Guardala. Si capisce su­bito che deve avere una bella voce...

Voci                         - Ssst... ssst...

Leone                       - (ad Antonietta) Ssst... (Accompa­gnata al piano da Madame Bouclier Lulù canta la canzone benissimo).

Leone                       - Brava... Brava... Brava...

Antonietta                - Leone... Smettila di applau­dire... E' vergognoso...

Leone                       - Non posso. L'ammirazione... Io sono così...

Cesare                      - (in fondo alla sala con voce stento­rea) Brava... Forza... Brava...

Leone                       - Siamo salvi. Il contrattacco...

Ibrahim                     - Brava...

Cesare                      - Ragazzi, forza... (Scoppia un ap­plauso fragoroso).

Leone                       - (raggiante) Gli amplificatori... (Lulù ringrazia) Il maestro...

Ibrahim                     - Il maestro... (Lulù si volta, va verso le quinte, prende di forza Claudio, lo tra­scina in scena).

Antonietta                - Chi? Lui??

Leone                       - (battendo le mani) Bravo! Bravi!! (Ad Antonietta) E' il maestro d£ canto... Il tuo...

Antonietta                - Oh... (e rimane sbalordita).

Fine del secondo atto

 

TERZO ATTO

La scena rappresenta un salotto nel nuovo appartamento di Claudio, avenue Marceau. In fondo, urta grande vetrata che dà su un balco­ne. A destra porta che dà in anticamera, sul davanti altra porta che conduce al bar. A. sini­stro porta che dà nello studio propriamente detto dove il maestro impartisce le sue lezioni. Mobili d'un modernismo violento e sontuoso. Ai muri fotografie di artiste e tavole a colori rappresentanti sezioni della gola durante le differenti fasi dell' emissione di un suono. Pol­trone, tavolini, divani. - Quando si alza il sipario la signora Serval è seduta davanti a una tavola e sta sfogliando una rivista. Entra di grande premura Claudio, elegantissimo, fiore all'occhiello, disinvoltura ormai totale: è se­guito da un servitore in livrea, il quale è il portinaio Onorato, trasformato.

Claudio                    - (alla signora Serval) Sono subito da voi. Un solo istante... (La signora Serval fa un cenno di consenso col capo: Claudio si rivolge allora a Onorato e gli parla a parte) Chi hai detto?

Onorato                    - L'agente delle tasse...

 

Claudio                    - Cominciano presto...

Onorato                    - Non era per pagare. Ma per sta­bilire sotto che nome bisognava iscrivere il ruo­lo...

Claudio                    - Come per la luce elettrica, il te­lefono... Claudio Merleraut detto Crepili. Grepin è il mio nome d'arte. Come fanno tutti a Parigi. Sull'annuario del telefono figurerà il solo Crepin, come sulla targa fuori della porta.

Onorato                    - Ma il signore non teme ehe...?

Claudio                    - Mi sono informato dal mio le­gale. Io sono perfettamente in regola. Ho pre­so uno pseudonimo.

Onorato                    - Meglio così. (E si avvia, mentre Claudio si avvicina a madame Serval).

Claudio                    - Dunque, cara signora, in che co­sa posso esservi utile? Del resto, ho già capi­to... La signora vuole dedicarsi all'arte lirica. E fa bene. Ciascuno di noi ha nascosto in gola un tesoro che bisogna sviluppare, coltivare, sfruttare. Dunque vediamo un po': soprano leggero? Soprano drammatico? Io giudico più dal viso che dai vocalizzi. Anche la voce è un po' schiava della suggestione, come diceva Teo­crito. Io giurerei che la signorina ha delle at­titudini, grandi attitudini per le operette: gra­zia e delicatezza... Vero? Mi sono forse sba­gliato?

Serval                       - (che parla con un vociane da basso profondo) Forse no... Deve essere così: gra­zia e delicatezza...

Claudio                    - (sobbalzando al suono di quella voce) Perbaceo! E avete proprio l'intenzio­ne di cantare, voi?

Serval                       - Se fosse possibile, maestro... Mi hanno detto che voi sapete fare miracoli.

Claudio                    - Ecco: miracoli, forse è dir trop­po. Io so rianimare le voci timide, che si na­scondono...

Serval                       - E' questo: la mia si nasconde.

Claudio                    - No, non mi pare. E... avete consultato altri maestri?

Serval                       - Oh, sì. E' il mio sogno poter diventare una donna conosciuta. Allora non indietreggio davanti a nulla.

Claudio                    - Ne sono persuaso.

Serval                       - Ma finora non ho avuto fortuna. L'ultimo mio maestro mi aveva promesso di fare qualcosa per me. Era un bell'uomo. Io avevo perduto la testa per lui...

Claudio                    - Provate a filare una nota...

Serval                       - A e i o u... Ma quand'egli ha sa­puto che io l'amavo si è ucciso.

Claudio                    - (con un sobbalzo) Come dite?

Serval                       - Non credo che si sia ucciso per questo. Aveva giocato. Comunque è stato un colpo duro per me.

Claudio                    - Anche per lui... Signora, lo non posso garantire niente. Non so se l'abbiate saputo, io opero con metodi1 piuttosto speciali...

Serval                       - Lo so. Ma sono pronta a pagare... A pagare tutto quel che occorre.

Claudio                    - E' il solito argomento. Siamo tut­ti schiavi del denaro: è ignobile! Andiamo, passate di là. Nel mio laboratorio.

Serval                       - Non mi farete male, vero?

Claudio                    - No, signora. La vittima non sa­rete voi... (Serval passa nello studio, a sini­stra. Onorato introduce in questo momento tbrahim).

Ibrahim                     - Maestro... Caro maestro...

Claudio                    - Sono occupatissimo... Un sopra­no dell'Opera...

Ibrahim                     - le ero venuto per Lulù...

Claudio                    - Non è ancora venuta.

Ibrahim                     - Avrei bisogno del vostro aiuto. Ho tanta fiducia in voi.

Claudio                    - Grazie.

Ibrahim                     - Io la vorrei sposare. Essa è la mia donna. Lo sento.

Claudio                    - Sposatela. E tanti auguri.

Ibrahim                     - Essa nicchia.

Claudio                    - Come?

Ibrahim                     - Nicchia: è indecisa. Ha paura di dare un dolore al suo calzolaio.

Claudio                    - E che c'entro io?

Ibrahim                     - Se voi metteste una buona pa­rola...

Claudio                    - Alto là, caro signore. Io mi oc­cupo della voce; non mi occupo di altro.

Ibrahim                     - Far dire di si a una donna, è un esercizio di voce anche questo!

Claudio                    - Non rientra nei doveri dell'arte! Dolentissimo...

Ibrahim                     - Io sono molto ricco, maestro... E saprei compensare il vostro interessamento...

Claudio                    - Signore! E la mia dignità? Non una parola d« più... Scusate. (Si avvia. Giunto sulla soglia dello studio si ferma e ritorna len­tamente sui propri passi) Se voi amaste pro­prio quella fanciulla, forse sarebbe la sua fe­licità, sposarvi...

Ibrahim                     - Certo: la sua piena felicità...

Claudio                    - Tanto più se voi siete ricco... (Tra sè) lo sono la vittima del denaro... della fatalità... Non per me, per te, Yvonne. Per liberarmi e poterti raggiungere...

Ibrahim                     - (vedendolo indeciso) Io volevo portarvi una spilla per cravatta che avevo ve­duto... Una perla... Ma non ho osato... Era una forma d'omaggio...

Claudio                    - Avete fatto bene a non portarla. Non avrei potuto (accettare... Comunque riflet­terò... La piccina, è vero, subisce molto il mio ascendente... Rifletterò... Com'era questa spilla?

Ibrahim                     - Oh, una spilletta di platino, con una bella perla...

Claudio                    - Non so se avrei potuto accettar­ la. Rifletterò. Intanto potete accomodarvi. Ci sono delle riviste. Lulù deve venire più tardi:. Tra non molto.

Ibrahim                     - Grazie.

Claudio                    - Permettete? Il mio dovere. (E sparisce mormordndo) Una spilletta in plati­no... Potrebbe rappresentare l'importo d'un viaggetto di nozze... (Ibrahim, rimasto solo, passeggia: si guarda allo specchio, jyoi è col­pito dai vocalizzi che vengono dalValtra stan­za; ascolta).

Ibrahim                     - Soprano dell'Opera? Curioso! (Onorato introduce Antonietta).

Antonietta                - (a Onorato) Il maestro?

Onorato                    - Il maestro sta dando lezione. Non potrà tardare...

Antonietta                - (fissando meglio Onorato) Ma io conosco il vostro viso...

Onorato                    - (grave, con un lieve cenno d'assen­so) Sissignora... Io sono lui... Anche il si­gnor Petitjean aveva lasciato la casa. La por­tineria non aveva più nessuna risorsa...

Antonietta                - (facendo per dargli una man­cia) To', prendete. Andate a dire al mae­stro che ci sono io...

Onorato                    - Non posso disturbarlo mentre opera... (Grido straziante dall'altra parte).

Ibrahim                     - (inquieto) Ma opera come? Con i ferri?

Onorato                    - (allontanandosi) Non può mica adoperare il cloroformio! (Ed esce).

Antonietta                - (nervosa) Inaudito! Sbalor­ditivo...

Ibrahim                     - (sempre estatico) Che metodi! Metodo Crepin!

Antonietta                - (acre) Anche il signore viene per prendere lezioni di canto da... Crepin?

Ibrahim                     - Oh, no. Io accompagno.

Antonietta                - Al pianoforte?

Ibrahim                     - No. Accompagno qualche al­lieva...

Antonietta                - E trovate ch'egli sia un buon maestro?

Ibrahim                     - Unico.

Antonietta                - Non siete difficile...

Ibrahim                     - Io ho una vera passione per il canto. Per questo voglio sposare una fanciulla ohe abbia una voce d'oro.

Antonietta                - E la venite a cercare qui?

Ibrahim                     - L'ho già trovata. Naturalmente, un'allieva di Crepin.

Antonietta                - (ironica) Non ne dubito... (Ascoltando) Sentite! (Urlo lamentoso da si­nistra) Voce d'oro, vero?

Ibrahim                     - Io son pronto a scommettere che questa voce che sembra tanto sgradevole, di­venterà, grazie a Crepin, un usignolo del­l'Opera!

Antonietta                - Siete di una bella ingenuità.

MfrMMtimnir*'

Ibrahim                     - Ghie volete? Ho fiducia nei meto­di Crepin. Ho visto quel che ha fatto di Lulù.

Antonietta                - Lulù? Che Lulù?

Ibrahim                     - Lulù Darling. Una creatura squi­sita. L'avrete sentita nominare.

Antonietta                - E come! Una celebrità...

Ibrahim                     - Tra poco verrà qui. Se rimane­te, la potrete vedere. Ne vale la pena.

Antonietta                - E' appunto questa la mia in­tenzione. Ma pare che voi non siate il solo ad apprezzare le grazie di questa Lulù...

Ibrahim                     - Lo so: c'è anche un calzolaio. Ma la spunterò. Io le offro il matrimonio. Il calzolaio invece è già sposato.

Antonietta                - E voi invece siete scapolo?...

Ibrahim                     - No: sono sposato anch'io. Ma 6ono musulmano.

Antonietta                - Vedo, vedo.

Ibrahim                     - L'unica mia preoccupazione è che ancihe il calzolaio, quando lo saprà, non penai a divorziare per poterle offrire anche lui la sua mano. Sarebbe veramente spiace­vole!

Antonietta                - Spiacevole? Criminale! Ma non temete...

Claudio                    - (rientrando da sinistra e avvicinan­dosi a Ibrahim) Ho riflettuto... Potete an­dare a comperare la spilla...

Ibrahim                     - Grazie. Siete un amico.

Claudio                    - Faccio quello che posso... (Ri­conoscendo Antonietta) Oh, signora!

Ibrahim                     - Corro. Non voglio perdere un momento. (S'inchina ed esce).

Claudio                    - Quale onore, per me! In che co­sa posso esservi utile? Io sono interamente a vostra disposizione! Vi debbo molto...

Antonietta                - Lo so. Tutto.

Claudio                    - Mi avete dato la spinta, ecco, la spinta decisiva...

Antonietta                - E non vi siete fermiato più...

Claudio                    - Prego, accomodatevi...

Antonietta                - Questo vostro studio è molto meglio dell'altro.

Claudio                    - Sì: in questo ho voluto provve­dere personalmente.

Antonietta                - E voi non avete più quell'aria impacaiata d'allora. Ricordate?

Claudio                    - Ero alle prime armi.

Antonietta                - E pare che abbiate una clien­tela di prim'ordine, ora, e che tutti giurino per le vostre qualità d'insegnante. Ammette­rete che la cosa è un po' curiosa!

Claudio                    - Si vede che in me c'era un pro­fessore di canto nascosto!

Antonietta                - E se io non fossi salita quel giorno, spaventata, fin da Crepin, e se egli fosse stato in casa, voi sareste rimasto sempre nascosto. Mi dovete una bella riconoscenza, non c'è che dire! Una riconoscenza da 15.000 fran­chi il mese, almeno!

Claudio                    - Che volete dire?

Antonietta                - Guadagnate di più?

Claudio                    - Non so. Non ho ancora fatto i conti,. Tutto questo non ini dice ancora a che cosa debbo l'onore di questa visita inattesa.., Non credo che vogliate riprendere le lezioni...

Antonietta                - Perchè no?

Claudio                    - Signora, siete la sola persona al­la quale non oserei mai... E poi sapete che avete la voce spostata...

Antonietta                - Inutile ripetermelo! No: non sono venuta da voi "per questo. Ma perchè ho ancora una volta bisogno del vostro aiuto. Sie­te stato così cortese con me, una volla, che ho pensato di ricorrere ancora a voi. Voi siete il mio uomo...

Claudio                    - Signora, ma sono cose che si fan­no una volta nella vita e che hanno, come avete visto, delle conseguenze imprevedibili... E poi qui non ci sono dei piani inferiori...

Antonietta                - No: voi non siete più l'usci­ta di sicurezza... Non si ricorre più a voi come paravento...

Claudio                    - Meglio così. Ma allora...

Antonietta                - Allora sono venuta proprio per trovare voli. Il piano inferiore è questo.

Claudio                    - Non capisco.

Antonietta                - Amico mio, io sono a un mo­mento critico della mia vita. Voi non mi avete conosciuta che sotto una luce effimera e sfavo­revole. Ci guadagno a essere conosciuta meglio.

Claudio                    - Non ne dubito. Ma non vedo an­cora...

Antonietta                - Se sapeste come sono sola io nella vita...

Claudio                    - Non m'era parso.

Antonietta                - Già, si crede, ci s'illude. E poi ci si risveglia a un tratto e si vede la di­stesa della solitudine che ci circonda.

Claudio                    - Già, già. Ma si compra un ap­parecchio radio, un grammofono...

Antonietta                - Io parlo del sentimento.

Claudio                    - Si allevano dei cani, dei gatti...

Antonietta                - Materialista!

Claudio                    - Che volete? La fortuna mi ha traviato. Oramai mi faccio pagaie. Accetto del­le spille di platino.

Antonietta                - Avete acquistato un fascino strano. L'ho visto quella sera, alle « Foljes Mac Mahon », quando siete per la prima vol­ta comparso alla ribalta. La vostra immagine non mi ha abbandonato più.

Claudio                    - Troppo buona...

Antonietta                - Non credete che i nostri de­stini siano un po' legati?

Claudio                    - Sì: dal vincolo di un'amicizia purissima: è il più bello dei sentimenti.

Antonietta                - Voi avete tra le vostre mani un mio segreto. Io ho tra le mie, il vostro. Questo crea una complicità...

Claudio                    - Signora, io sono un gentiluomo. Potete contare sulla mia discrezione...

Antonietta                - Grazie. Come fa ben€ sen­tóre queste parole. So, so che posso fidarmi di voi, Claudio. Per questo sono qui. Voi avete tutto per piacere a una donna delicata, sensi­bile, appassionata e infelice. Avete un appar­tamento con due ingressi, un alibi autentico: il canto...

Claudio                    - Signora, non perdiamo là testa. Ragioniamo. Io in fondo non sono che un umi­le professorucolo di greco, voi lo sapete.

Antonietta                - Non ditelo. Guardate quelle fotografìe. Tutte le celebrità parigine sfilano nel vostro salotto: Parysis, Maud Loty, Jose­phine Baker...

Claudio                    - Non bisogna credere. Sono foto­grafie che ho comperato io, che ho messo in cornice per pubblicità. Nessuna di costoro è mai venuta da me...

Antonietta                - Magnifico! Avete tutte le astuzie. Come si può resistervi?

Claudio                    - Sono lusingato, commosso. Ma pensate che avete un marito. Un marito che è anche amico mio. Un marito che vi adora, che è geloso...

Antonietta                - Sfacciato!

Claudio                    - Non avete un marito?

Antonietta                - Sì: un marito che mi trascu­ra, che mi tradisce, che non pensa che alla sua Lulù...

Claudio                    - Calunnie. Vi giuro che...

Antonietta                - Voi credete allora che Lulù, la piccola Lulù delle «Folies Mac Mahon», non sia l'amante di mio marito?

Claudio                    - Ne sono certo.

Antonietta                - Ebbene, io sono certa del con­trario. Ho trovato un biglietto. Eccolo qui. « Amor mio, troviamoci da Crepin alle 5 e mezzo. Lulù del tuo cuore ».

Claudio                    - E' apocrifo. Fate vedere.

Antonietta                - E' autografo. L'ho già fatto fotografare.

Claudio                    - Fotografare?

Antonietta                - Sì: non si sa mai. La lastra è depositata in una cassetta di sicurezza. Con un marito milionario sono precauzioni necessa­rie. Come vedete sono nel mio pieno diritto e bisogna che imi vendichi.

Claudio                    - Io non so coinè si possano dimen­ticare biglietti simili. E poi come si osino fis­sare appuntamenti qui, in casa mia. Non è mjca un albergo a ore, questo! (Cambiando tono) Signora, comprendo il vostro risentimento. E da parte mia, guardate, vi prometto che quanto posso fare per voi...

Antonietta                - Grazie. Siete un amico!

Claudio                    - Interverrò e vedrete che, grazie a me, quella Lulù partirà. Sposerà un egizia­no. Lascerà la Francia e voi sarete la donna più felice della terra. Farò questo... per voi!

Antonietta                - Ma no: non è questo che vo­glio. Lulù deve rimanere. La sua relazione con mio marito mi copre... Mi assolve. Mi permet­te di vendicarmi.

Claudio                    - (un po' spazientito) Ma perchè allora non andate da quel giovane che per tan­ti mesi vi ha fatto una così tenera compagnia? E col quale vi eravate abbondantemente ven­dicata in anticipo?

Antonietta                - Com'è basso da parte vostra insultarmi così. Dite, su, che debbo scendere sul marciapiede e offrirmi al primo che .passa. Ditelo, su, abbiate coraggio.

Claudio                    - Calmatevi. Ma siccome quel gio­vane aveva dei diritti di precedenza...

Antonietta                - Non l'ho più rivisto. L'avevo trovato scialbo. Del resto è stato un errore, un istante di smarrimento.

Claudio                    - Tre mesi, ogni giorno, due ore il giorno...

Antonietta                - Ho bisogno di redenzione. Di un amore leggendario. Di un sentimento ele­vato. Claudio...

Claudio                    - Antonietta, ingannarvi sarebbe ignobile da parte mia. Io ho troppo da fare.

Antonietta                - Sareste per caso innamorato dì un'altra?

Claudio                    - Anche. Sì. Sono innamorato.

Antonietta                - (colpita) Ed essa vi ama?

Claudio                    - Lo credo. E' un pezzo che non ci vediamo più.

Antonietta                - (nervosa) Ah, sì?

Claudio                    - E' una cosina. Piena di profu­mo: un mazzo di violette. Riservata, pudica. Il contrario di voi. Ci siamo separati per ra­gioni intime. Ma appena la mia posizione sia consolidata, spero di rivederla, di sposarla...

Antonietta                - Non vi credo!

Claudio                    - Come? Ricordate Yvonne, la pic­cola pianista che ha provocato quello scandalo, a teatro... E' stato per gelosia...

Antonietta                - Ebbene, andrò a trovarla: voglio conoscere anch'io questa Yvonne... Ve la ricondurrò.

Claudio                    - Non sapete nemmeno dove abi­ta né chi sia...

Antonietta                - Non mi perdo per così poco: la direttrice delle « Folies » avrà nome e in­dirizzo. Ha lavoralo per lei, dunque...

Claudio                    - (inquietissimo) Ma no... Perchè? Che volete fare?

Antonietta                - Andare da lei, dirle tutto il vostro grande amore, la vostra esemplare e grottesca fedeltà...

Claudio                    - (sorridente) Questo è vero...

Antonietta                - E dirle anche il vostro vero nome, quale truffa voi andate da due mesi com­mettendo. E se essa per caso conosce il vero Crepin, la manderò da luì. Così tutti sapranno che bel campione voi siate...

Claudio                    - Signora, voi non farete questo...

Antonietta                - Come no? Io son venuta qui, trepidante, affettuosa, e voi mi avete respinta...

Claudio                    - Non è vero!

Antonietta                - Una cosa che non mi era mai capitata! Vogliamo essere così onesti, maestro? Siamolo sino in fondo...

Claudio                    - Ma se voi andate a dire a Yvonne che io sono Crepin, non potete immaginare le conseguenze. Crepin, il vero Crepin, è suo padre... Quindi essa sarebbe mia figlia... C'è qualcosa di simile in. Sofocle. Antonietta... (Le si avvicina per placarla: entra Onorato).

Onorato                    - Maestro, c'è... il signor... (Esita).

Claudio                    - Chi?

Onorato                    - Il marito... della signora...

Claudio                    - (staccandosi precipitosamente da Antonietta) Ah? E ora?

Antonietta                - Riprendiamo i nostri voca­lizzi...

Claudio                    - Ecco, sì, ma passate di là. Li ri­prenderemo, se occorre, dì là.

Antonietta                - (decidendosi) Non gli dite che ci sono io. Voglio sorprenderlo con la sua Lulù!

Claudio                    - Ma...

Antonietta                - Ricordatevi che siete in ma­no mia...

Claudio                    - Ma scusate, anche voi siete in mano mia. Io so di voi...

Antonietta                - Intanto voi siete un gentiluo­mo. E poi non ci sono prove. Io non ho mai scritto bigliettini. A fra poco... (Passa a sini­stra).

Claudio                    - (a Onorato) Fate passare il signo­re... (Onorato esce e introduce Leone) Caro Lherminois...

Leone                       - Sono un po' in ritardo, vero?

Claudio                    - (che parla per Antonietta che starà ascoltando) Per carità, non vi aspettavo nemmeno... E non so...

Leone                       - Come? Oggi non c'è lezione? Non deve venire Lulù? Non è già qui?

Claudio                    - Ah, Lulù... Sì... Ma la vostra presenza...

Leone                       - Io godo ad assistere alle lezioni che voi le impartite. E' così bello vedere la sua gola gonfiarsi in quelle note... come dite? fi­late...

Claudio                    - (sulle spine) D'ora innanzi le mie lezioni saranno strettamente riservate. Proibi­to l'ingresso ai non addetti. E poi oggi non so neppure se Lulù verrà...

Leone                       - Come? Mi ha mandato un espresso.

Claudio                    - Perchè non l'avete distrutto? Certi bigliétti si distruggono subito.

Leone                       - E' così dolce fiutare ogni tanto il « suo » profumo su un foglietto di carta che è stato nelle « sue » mani...

Claudio                    - (nervosissimo) Ma che dite mai? Queste sono cose che si lasciano fare ai colle­giali... Quando un uomo ha la vostra posizione,

Leone                       - Io, con Lulù, mi sento un ragazzo, un vero ragazzo. E voi lo sapete...

Claudio                    - Io? Vi nrego di credere die io non so niente: che non voglio sapere niente.

Leone                       - Caro maestro, m'avete detto mille volte: « Amatela, amatela tanto, Lulù: ne ha bisogno! ».

Claudio                    - Vi sbagliate: non ero in questo senso che parlavo! (Dallo studio si ode venire  una minaccia « cantata » da parte di Antonietta).

La voce di Antonietta             - « Me la pagherai... ».

Leone                       - Chi c'è di là?

Claudio                    - Delle allieve... Fanno degli esercizi... Non ci badate... Niente!

Leone                       - (guardando l'orologio) Avrebbe dovuto già essere qui... Non che io sia gelo­so... Ma...

Claudio                    - (mettendogli una mano sulla spalla) Leone! Permettete che vi chiami Leone?

Leone                       - Ma vi prego!

Claudio                    - Non avete mai osservato bene vostra moglie?

Leone                       - Come no?

Claudio                    - E' una donna squisita, vostra moglie!

Leone                       - Non dico di no: ma è moglie!

Claudio                    - E' male quello che fate! Quan­do si ha una moglie di quel genere... appas­sionata... in mezzo a un deserto di solitudine...

Leone                       - Che dite? Non ci pensate: mia moglie mi adora ed ha una cieca fiducia in me!

Claudio                    - E se scoprisse che esiste una Lulù?

Leone                       - Nessuna paura: mia moglie è una pecorella docile docile. (Nuovi vocalizzi sem­pre più acuti di Antonietta nello studio. Clau­dio si affretta a fare dei rumori con dei mobili, per coprire la voce di Antonietta) Ma che cos'è?

Claudio                    - E' la cavatina. Questa è la cava­tina!

Leone                       - A proposito, voi non avete più ri­veduto mia moglie da quando ha interrotto le sue lezioni di canto?

Claudio                    - No.... Non ho più avuto questa fortuna...

Leone                       - Bisognerà che veniate a pranzo una di queste sere a casa... Avete cenato tante vol­te con me e Lulù, che bisognerà che pranzia­te una volta anche con la mia compagna legit­tima...

Claudio                    - (schermendosi) Ecco... Vera­mente...

Leone                       - (tace).

La voce di Antonietta - (cantando) Accet­ta, codardo!

Claudio                    - (indicando verso sinistra) Questa è la maledizione del secondo atto... Accetta, codardo, oppur morrai... Volentieri... Sarò felice, felice e onorato... (Ibrahim rientra da destra: ha in mano un astuccio che porta subito a Claudio).

Ibrahim                     - Ecco. Spero che sarà di vostro gradimento e che... (Claudio mette rapidamen­te in tasca l'astuccio ed indica Leone).

Claudio                    - Riconoscente...

Ibrahim                     - (a Leone) Oh, caio Lherminoìs!

Leone                       - (che vuol fare il furbo) Scommetto che voi siete qui per trovare Lulù? Sapevate che doveva venire, e allora... Oh, io capisco tutto a volo...

Ibrahim                     - Inutile nascondeivelo. Sono qui per Lulù...

Leone                       - Non ci riuscirete. Ve l'ho detto tante volte. Non me la porterete vìa... Fatele, fatele pure la corte. Tempo perduto!

Claudio                    - Ibrahim ha molte qualità.

Leone                       - Fisicamente non vedo... Su, dite voi; chi preferireste tra noi due?

Claudio                    - Oh Dio! Come fare?

Leone                       - Sì: guardateci bene. Non c'è para­gone possibile!

Claudio                    - Certo che... voi siete più snello...

Ibrahim                     - (toccandosi la cravatta) La spilla...

Claudio                    - (cambiando subito opinione) Ma Ibrahim è più uomo, più solido.

Leone                       - Come disponibilità in Banca non temo concorrenze: e anche quello è un titolo.

Claudio                    - Al portatore.

Ibrahim                     - Sta bene: accetto la sfida.

Leone                       - (ridendo) Non vi temo! La mia Lulù io l'ho qua, nel palmo della mano.

Claudio                    - Benissimo. Questa fiducia è bel­la. Però credevo che la vostra morale fosse più solida... Quando sì ha moglie, una moglie...

Leone                       - Oh, insomma, finitela! Io di mia moglie me n'infischio! La moglie, si sa, è un mobile necessario: un po' di vernice ogni tan­to, una spolveratura e basta...

La voce di Antonietta             - E la granata in testa!

Claudio                    - E' un'opera romana. Si parla di guerre: bombe, granate...

Leone                       - Come, romana?

Claudio                    - Sì: della Roma del Rinascimen­to. Non esiste mica soltanto la Roma dei Ce­sari. Volete passare al bar? Potreste disputare Lulù ai dadi. C'è anche il bussolotto.

Leone                       - Mattacchione! Venite, Ibrahim.

Claudio                    - Appena sarà venuta, vi chiamo. Intanto io spedisco quella... (con un'occhiata a sinistra) prima donna. (Ibrahim e Leone spariscono a destra, primo piano. Claudio si dirige verso lo studio di sinistra. Ma prima di entrare si ferma, mette la mano in tasca, ne toglie l'astuccio, lo apre: guarda la spilla con compiacenza) La carne è debole. Forse non lo vendo... Lo tengo... Credo mi stia bene... (Se lo infila alla cravatta: si contempla allo spec­chio) Che perla, quell'egiziano! Che perla!

 (Lulù è entrata da destra, in punta di piedi: guarda Claudio, gli si avvicina pian piano. Gli copre gli occhi con le mani, gaiamente).

Lulù                          - Cucù!

Claudio                    - (sobbalza, toglie le mani, si volta) Ah, voi? Ma che modi sono questi?

Lulù                          - Non fare il cattivo, su! Uh, che brutta faccia hai!

Claudio                    - Per carità! Signorina...

Lulù                          - Che c'è? Sei arrabbiato con me? Sono in ritardo?

Claudio                    - Ssst! (E prudentemente viene a mettersi accanto all'apparecchio radio ch'egli sbircia come, àncora di salvezza: i suoi occhi andranno successivamente dalla porta di sini­stra all'apparecchio radio).

Lulù                          - Che c'è?

Claudio                    - Niente. Debbo parlarvi...

Lulù                          - Andiamo di là... (Si dirige verso lo studio).

Claudio                    - (trattenendola) Per carità! Di là c'è un'allieva che sta esercitandosi...

Lulù                          - Da sola?

Claudio                    - Sì: le ho dato da fare un eserci­zio. Non so se abbia finito.

Lulù                          - Che allieva è?

Claudio                    - E' un'orientale. Una di quelle che portano ancora il viso velato. Non vuole essere veduta. E' la moglie di un alto funzio­nario del Belucistaii.

Lulù                          - Allora che avevi da dirmi?

Claudio                    - Diamoci del voi, vi prego.

Lulù                          - Che è questa novità? Tra vecchi collegh'i come noi.

Claudio                    - Sì, signorina... Come la signori­na desidera.

Lulù                          - Smettila di parlare come se fossi il mio cameriere! Vuoi che ti tiri i capelli?

Claudio                    - Lulù, questi scherzi sono di' pes­simo gusto. Se qualcuno sentisse potrebbe cre­dere chissà che cosa.

Lulù                          - Ma poiché nessuno ci sente...

Claudio                    - (indicando la destra) Di là c'è Leone... Il signor Leone...

Lulù                          - (alzando le spalle) Me ne infischio.

Claudio                    - Fate bene. Bisogna lasciarlo ai suoi doveri. Ma c'è anche l'egiziano.

Lulù                          - E allora? Su, non fare l'idiota... (Strillo di Antonietta nello studio. Claudio muo­ve, i comandi della radio) Che è?

Claudio                    - Niente... Questa è la radio... Ho aperto la corrente... Deve essere Varsavia... Dunque, vi dicevo, c'è l'egiziano. Mi ha par­lato. Vuole sposarvi.

Lulù                          - L'ha detto anche a me.

Claudio                    - E' una proposta seria, Importan­te: bisogna prenderla in considerazione...

Lulù                          - C'è la faccenda della religione: io dovrei diventare musulmana...

Claudio                    - Portereste il velo anche voii... Ripara la carnagione...

Lulù                          - Mi vorrebbe portare in Egitto...

Claudio                    - Magnifico viaggio: d'inverno l'E­gitto è alla moda.

Lulù                          - Sono le altre tre stagioni che mi preoccupano.

Claudio                    - Pensateci... Il Cairo! Le mo­schee... Diventare una delle dame più autore­voli di tutta una nazione...

Lulù                          - C'è qualcuno qui che non posso piantare.

Claudio                    - Oh, Leone è un uomo così me­schino... Una povera cosa... Magro...

Lulù                          - Non si tratta di Leone. Non posso lasciare te.

Claudio                    - Lasciare me? E che c'entro io? Io non sono il tuo amante, mi sembra... (Nuo­vo strillo di Antonietta, nuovo ricorso alla ra­dio) Ecco: questo è il Cairo, appunto! Si sente benissimo!

Lulù                          - (continuando) Lo so: ma avevo sem­pre sognato che lo saresti diventato.

Claudio                    - (guardando verso sinistra) Ma che è questa mania?

Lulù                          - Se vado in Egitto, il sogno spari­sce...

Claudio                    - Non diciamo sciocchezze, su...

Lulù                          - Ci sarebbe una soluzione sola!

Claudio                    - Quale?

Lulù                          - Che tu diventassi il mio amante su­bito! Il sogno sarebbe realizzato. Potrei spo­sarmi subito dopo e andare in Egitto!

Claudio                    - Ma no, ma no! (Nuovo strillo dallo studio: Claudio è troppo lontano dall'ap­parecchio radio per tentare di riparare). E' Co­stantinopoli...

Lulù                          - Sta' zitto! E' la tua orientale... Si direbbe che sia gelosa...

Claudio                    - Per carità!

Lulù                          - Bada che non tollero che tu appar­tenga a un'altra. Non mi vuoi? Pazienza! Ma un'altra, no...

Claudio                    - Ma che pensi? Una donna che non ha nessun fascino... (Urlo da sinistra) Cioè, che è bellissima...

 LULÙ                     - - Ah, bellissima?

Claudio                    - (tra se) Se pesco l'ingegnere che ha fabbricato questa casa con pareti simili, lo strozzo!

Lulù                          - Ho capito tutto! E' la tua amante!

Claudio                    - No. Ti giuro...

Lulù                          - E allora dammi la bocca! Se è ge­losa, almeno, che crepi di rabbia! (Prende la testa di Claudio e gliela bacia a lungo. Da si­nistra compare Antonietta e. da destra Ibrahim. Claudio è voltato in modo da non vedere che l'egiziano, e Lulù non vede che Antonietta).

Claudio                    - (sciogliendosi) La alo persuaden­do... E' quasi persuasa...

Lulù                          - Ah, eravate voi l'orientale?

Antonietta                - Io, signorina... E siccome ave­vo dei diritti di precedenza...

Lulù                          - Quale precedenza?

Antonietta                - Sono stata io a nominarlo maestro di canto... Sicuro, questo bellimbusto che vi divertite e baciare con tanto entu­siasmo...

Claudio                    - Ma no... E' stato... (Leone com­pare a sua volta da destra e rimane sulla soglia intontito).

Leone                       - Mia moglie?

Antonietta                - (scatenata) Questo pulcinella non è che un professorucolo di greco... Sicuro, di greco. E anche un professorucolo da sesto piano... Non è mai stato professore di canto...

Leone                       - Oh, Antonietta!

Claudio                    - Non è vero!

Antonietta                - Ma egli non è maestro, non è Crepin, non è niente: non è che un imbro­glione. Ecco, ora voi siete servito, mio caro!

Leone                       - (facendosi avanti) Voi non siete Crepin?

Claudio                    - Un momento. Non bisogna esa­gerare-

Antonietta                - Non conosce neanche l'abici della scala. Mettetelo al piano. Provate a farlo suonare.

Claudio                    - Rifiuto. Ci sono tanti maestri che non sanno suonare.

Leone                       - (di colpo) Ma se costui non è Cre­pin e non è mai stato maestro di canto, die cosa andavi a fare tutti i giorni da lui?

Claudio                    - Ecco: che cosa venivate a fare da me se non ero Crepin?

Antonietta                - Credevo che fosse quelle che non era.

Leone                       - (stordito) Credeva che fosse quello che non era?...

Ibrahim                     - (minaccioso) Ma allora qui c'è usurpazione di personalità..-.

Claudio                    - (piano a Ibrahim) Zitto. Vi spo­sa. E' persuasa...

Ibrahim                     - Ah, (raggiante) mi sposa?... Claudio   - (a tutti) Intendiamoci. Io sono e non sono Crepin. Il mio nome di battesimo sarebbe Merlerault. Ma siccome sono stato al­lievo del grande Crepili, del famoso baritono il cui nome non è stato ancora dimenticato... Crepili, il creatore di tutte le più grandi figure liriche del... secolo scorso... allora io, col con­senso della famiglia, ho assunto il nome di Cre­pili... Un omaggio. Merlerault: Crepili. Il Mer­lerault è caduto. Il Crepin è rimasto.

Antonietta                - Ma...

Claudio                    - Che cosa venivate a fare allora a casa mia, tutti i giorni?

Leone                       - Ma questo Crepin... il vero?...

Claudio                    - E' sepolto al Pantheon, tra le glo­rie della Patria. (Da qualche istante il vero Crepin è sulla soglia e tenta di capire qualcosa in mezzo alle frasi che ascolta. Finalmente si fa avanti).

Crepin                      - Allora Crepin sareste voi?

Claudio                    - (sobbalzando) Oh, caro amico... Che felicità! Si diceva appunto: non manca che lui!

Crepin                      - Allora il vero Crepin sarebbe se­polto al Pantheon?...

Claudio                    - Badate che ho detto: il famoso baritono il cui nome non è ancora dimentica­to... Il creatore... (Agli altri) Volete favorire là e mettervi un po' d'accordo tra di voi...

Lulù                          - Ma chi sarebbe costui?

Claudio                    - Un... parente... Andate, andate di là: dovete stabilire tante cose... Il viaggio di nozze... Il numero di mogli che gli concedete...

Lulù                          - Come? (Sospinta da Claudio si av­via verso sinistra con Leone).

Leone                       - (seguendo gli altri due, ma pensoso) Ma che diavolo poteva andare a fare mia moglie tutti i giorni, da quello lì, se il canto non lo sapeva?...

Antonietta                - Non lo sapevo neanch'io, quindi non me ne rendevo conto. Vieni. Ti spiegherò! (Esce col marito. Claudio rimane solo in faccia al vero Crepin).

Crepin                      - Allora Crepin sareste voi?

Claudio                    - (aprendo le braccia) Fate di me quello che volete... Con voi non oso negare. Io non sono Crepin.

Crepin                      - E io sono seppellito al Pantheon?

Claudio                    - Dovreste esserlo. Lo sarete... Quando sarete morto, beninteso. Ma come ave­te fatto per sapere?...

Crepin                      - Cercavo un posto di assistente presso un maestro di canto alla moda. Mi han­no indicato il vostro nome, che è il mio. Stu­pito accorro. E trovo... oh!

Claudio                    - (umile?) Io ripetevo le lezioni che mi avete dato voi. Quindi in fondo il vero mae­stro è Crepin, sempre Crepin...

Crepin                      - Nequizia! E quanto prendete per lezione? Con dei locali simili?

Claudio                    - (abbassando gli occhi) ' Duecento­cinquanta!

Crepin                      - Duecentocinquanta? L'ora?

Claudio                    - La mezz'ora.

Crepin                      - E' inaudito!

Claudio                    - E' vergognoso, lo so.

Crepin                      - Io che conosco il canto, che sono un Crepin autentico, prendo trenta franchi quando trovo un allievo... E voi... Il mio nome rende dunque tanto?

Claudio                    - Rende... (Crepin si guarda attor­no, esamina i mobili) Palissandro... E poi ave­vo anche una specie di diritto di assumere il nome di Crepin... La radio!... Perchè entrare a far parte della vostra famiglia... Di là c'è an­che un bar... E' sempre stato il mio sogno...

Crepin                      - Un bar? Della mia famiglia?

Claudio                    - Amo vostra figlia: chiedo di po­terla sposare.

Crepin                      - Non so se mia figlia vi ami. Sono tutte vostre allieve le celebrità di cui vedo i ri­tratti...?

Claudio                    - Quasi. Diventare vostro genero sarebbe il mio ideale!

Crepin                      - Ed è tutta roba pagata quella che c'è qui?

Claudio                    - In parte pagata, in parte presa a rate...

Crepin                      - Quante stanze l'appartamento?

Claudio                    - Sette, più i servizi... Due in­gressi. ..

Crepin                      - La vostra condotta è inqualifica­bile, signore. Mi avete preso quel che avevo di più caro: il nome... E se mia figlia vi perdo­nasse non sarebbe più mia figlia... (Cambian­do tono) Ma temo che vi voglia proprio per­donare. ..

Claudio                    - Eh?

Crepin                      - Sì: quando ha saputo che andavo da un altro Crepin, mi ha voluto accompa­gnare, per placare il mio furore, ha detto. Il mio eventuale furore.

Claudio                    - Dov'è?

Crepin                      - Di là.

Claudio                    - Mi ama! (Correndo alla porta)

Yvonne                    - (Yvonne. compare sulla porta). Ho detto tutto a papà. Voi mi amate, io vi amo. Ci sposiamo!

Yvonne                    - V'ingannate!

Crepin                      - Brava! Della dignità... S'era pre­so il mio nome, il nome di una celebrità...

Yvonne                    - Lo avevo saputo fin da quella sera delle « Folies Mac Mahon »...

Crepin                      - Avevi saputo? E non mi hai detto niente?

Yvonne                    - Volevo risparmiargli la prigio­ne...

Claudio                    - Mi ama!

Yvonne                    - Ho coperto il mio silenzio col mio disprezzo...

Claudio                    - Mi ama...

Yvonne                    - Ma ora che vi vedo nel quadro delle vostre usurpazioni, sento un infinito disgu­sto per voi...

Claudio                    - Non mi ama!

Yvonne                    - Papà! Noi non abbiamo più nul­la da fare qui. Il signore cambierà il nome che e'è sulla targhetta.

Crepin                      - (intervenendo) Yvonne, un mo­mento. Rifletti prima di prendere delle deci­sioni precipitate.

Yvonne                    - Che cosa c'è da riflettere?

Crepin                      - Qui c'è un appartamento di sette stanze.

Claudio                    - Più i servizi.

Crepin                      - I mobili sono tutti pagati. C'è la radio... Il bar...

Yvonne                    - E con questo?

Crepin                      - Sarebbe follia distruggere questo edificio... e questo sentimento!

Yvonne                    - Non credo a nulla di quanto ri­guarda quel signore.

Crepin                      - Le ragioni per le quali egli ha assunto il mio nome, tu non le sai... Egli me le ha spiegate... Sono nobili e cavalleresche. Innanzi tutto è stato per un senso di deferenza verso di me. Io sarò sepolto al Pantheon. E poi c'è di mezzo...

Claudio                    - Una donna...

Crepin                      - Ecco: una donna...

Claudio                    - Della quale non potevo compro­mettere l'onore.

Yvonne                    - No so: con lui ci sono sempre di mezzo le donne. Andiamo, papà!

Crepin                      - Ma è una follia, Yvonne. Se il mio nome, portato da lui, renda 250 franchi l'ora...

Claudio                    - La mezz'ora!

Crepin                      - Non possiamo rinunciare... L'i­diozia del pubblico è prodigiosa...

Claudio                    - Infinita!

Crepin                      - Egli ti ama!

Yvonne                    - Non è vero. E' un dongiovanni!

Claudio                    - Qui intervengo io! Potete schiac­ciarmi sotto qualunque accusa, meno che que­sta. Io non ho mai tradito un istante, mal­grado le occasioni, Yvonne... la mia Yvonne...

Yvonne                    - Non posso credergli!

Claudio                    - Hai torto: io riconosco i toni. Il suo è il tono della verità!

Yvonne                    - E Lulù? E la signora di cui vo­levate difendere l'onore?

Claudio                    - (con un'idea improvvisa, perento­rio) Là, mettetevi là, dietro il paravento, in modo che non vi si veda...

Crepin                      - Che volete fare?

Claudio                    - Un esperimento! Non una pa­rola... State a sentire... (Spinge i due dietro il paravento: poi va alla porta di sinistra, la a-pre e invita) Signora Lherminois... Signorina Lulù... Un momento, per favore... (Lulù e An­tonietta entrano. Claudio rinchiude la porta).

Lulù                          - Che c'è

Antonietta                - Che volete?

Claudio                    - Niente: la verità... Lascio fare a voi...

Lulù                          - Non capisco. A proposito: Ibrahim mi ha persuasa. Accetto. Vado in Egitto. Ri­nuncio al mio sogno... Ma avrò una villa sul Nilo.

Antonietta                - Beata voi.

Lulù                          - Non avrò avuto Claudio...

Antonietta                - Vi consolerete in Egitto...

Lulù                          - Ma neanche voi, cara signora, se non ci siete riuscita finora, non riuscirete a farlo crollare. Ve lo dice una che se n'intende. E' di una virtù ridicola...

Antonietta                - Lo so: sospetto che non sia in grado di fare onore alla propria firma...

Claudio                    - Alt! Qui si cominciano dei di­scorsi che non sono per signorine...

Antonietta                - E dove sono?

Claudio                    - C'è la mia fidanzata. (Andando a prendere Yvonne per una mano) La signo­rina Crepin!

Crepin                      - Qui siamo tutti Crepin...

Antonietta                - Complimenti, signorina: il vostro è un fidanzato come oramai non se ne fabbricano più.

Yvonne                    - Comunque preferisco d'ora in­nanzi stare io al pianoforte quando darà lezio­ne...

Antonietta                - Continuerete a dare lezioni di canto?

Crepin                      - Come, signora? E' un asso. L'ho formato io. E' il mio migliore allievo. Se la signora vuole prenotarsi per un corso coni' pleto...

Antonietta                - Grazie. Io ho la voce apo­stata...

Crepin                      - (a Lulù) La signorina, forse?

Lulù                          - Io parto per l'Egitto!

Crepin                      - (a Claudio) Claudio, hai ragione. Io non sono fatto per trovare clienti. Io farò il suggeritore.

FINE