Henrik Ibsen
L’anatra selvatica
PERSONAGGI
WERLE, industriale, proprietario di officine
GREGOR WERLE, suo figlio
Il vecchio EKDAL
HJALMAR EKDAL, figlio del vecchio, fotografo
GINA EKDAL, moglie di Hjalmar
EDVIG, loro figlia, di 14 anni
Signora BERTA SÖRBY, amministratrice della casa dell'industriale
RELLING, medico
MOLVIK, già studente di teologia
GRAABERG, contabile
PETTERSEN, domestico dell'industriale
JENSEN, servitore aggiunto
Un signore grasso e pallido
Un signore calvo
Un signore miope
Altri sei signori, invitati in casa dell'industriale
Servitori aggiunti
Il primo atto in casa dell'industriale Werle, i quattro successivi in casa del fotografo Ekdal.
ATTO PRIMO
In casa dell'industriale Werle. Studio arredato con lusso e con ogni comodità; scansie con libri, e mobili; scrivania con
carte e registri, in mezzo alla stanza, lampade accese con paralumi verdi rischiarano debolmente la stanza. Porta a due
battenti aperta con le portiere rialzate ai lati. All'interno si vede un salone elegante, molto illuminato da lampade.
Davanti, a destra dello studio, una porticina in tappezzeria conduce agli uffici. Davanti a sinistra un caminetto con
carboni accesi, e, più in fondo, una porta a due battenti conduce in sala da pranzo.
Il servitore dell'industriale, Pettersen, in livrea, e il servitore aggiunto Jensen, in abito nero, mettono ordine nello
studio. Nel salone altri due o tre servi si danno attorno per disporre e accendere candele. Dall'interno della sala da
pranzo rumorose conversazioni e risa; si batte con un coltello su un bicchiere; segue un silenzio; si fa un brindisi;
grida di approvazione e di nuovo ronzio di conversazioni.
PETTERSEN (accende una lampada sul caminetto e vi pone sopra il paralume)
Ecco, ascoltate, Jensen; il vecchio ora in piedi presso la tavola propina un lungo brindisi alla signora Sörby.
JENSEN (spinge avanti una poltrona)
È forse vero quel che si dice, che c'è qualcosa tra loro?
PETTERSEN
Lo sa il diavolo.
JENSEN
Perché è stato anche un gran libertino ai suoi tempi.
PETTERSEN
Forse.
JENSEN
È proprio per il figlio che dà questo pranzo, dicono.
PETTERSEN
Sì. Il figlio è ritornato ieri.
JENSEN
Non avevo mai saputo che l'industriale Werle avesse un figlio.
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PETTERSEN
Sicuro, ha un figlio. Ma egli se ne sta costantemente confinato lassù nelle officine del Hödal. Non è mai venuto in città
durante tutti gli anni che ho servito in questa casa.
UN SERVITORE AGGIUNTO (sulla porta del salone)
Pettersen, c'è un vecchietto, che...
PETTERSEN (borbottando)
Chi diavolo viene adesso!
(Si scorge il vecchio Ekdal nel salone a destra. Veste una redingote sdrucita con colletto alto; guanti di lana; in mano
un bastone e un berretto di pelliccia; sotto il braccio un pacchetto avvolto in carta grigia. Parrucca di colore
rossobruno, sudicia, e baffetti grigi)
PETTERSEN (gli va incontro)
Diamine... cosa venite a fare qui?
EKDAL (sulla porta)
Devo andare assolutamente negli uffici, Pettersen.
PETTERSEN
Gli uffici son chiusi da un ora, e...
EKDAL
Me l'han detto alla porta, caro mio. Ma Graaberg c'è ancora. Siate buono, Pettersen, lasciatemi infilare quella porta.
(indica la porticina segreta) Conosco la strada.
PETTERSEN
Bene, allora potete andare. (apre la porta) Ma almeno fate attenzione ad uscire dalla porta principale; perché abbiamo
invitati.
EKDAL
Lo so... hm! Grazie, papà Pettersen! Vecchio buon amico. Grazie. (brontola a voce bassa) Bell'individuo! (entra negli
uffici; Pettersen richiude la porta)
JENSEN
È anche lui un impiegato?
PETTERSEN
No, soltanto uno che fa le copie quando ce n'è bisogno. Ma in verità ai suoi tempi è stato un uomo coraggioso, il
vecchio Ekdal.
JENSEN
Già, ha l'aria di essere qualcuno.
PETTERSEN
Sicuro; è stato tenente, capirete bene.
JENSEN
Diamine... tenente.
PETTERSEN
Già, proprio così. Ma poi si dette al commercio del legno o a qualcosa di simile. Dicono che una volta abbia giocato un
tiro birbone all'industriale. Perché allora i due erano insieme nelle officine di Hödal, vedete. Oh, io conosco bene il
vecchio Ekdal, sapete. Più volte abbiamo bevuto insieme un amaro o una bottiglia di birra in casa di madama Eriksen.
JENSEN
Non deve avere gran che da offrire, costui.
PETTERSEN
Perbacco, Jensen, dovete però pensare che son io che offro. Bisogna esser generosi verso le persone perbene, cui gli
affari sono andati male.
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JENSEN
Ha dunque fatto bancarotta?
PETTERSEN
Macché, peggio assai. È stato in prigione.
JENSEN
In prigione!
PETTERSEN
Oppure, forse, in gattabuia... (in ascolto) Zitto, ora si alzan da tavola.
(Un paio di servitori dall'interno aprono la porta della sala da pranzo. La signora Sörby entra conversando con un
paio di signori. A poco a poco seguono tutti i convitati, tra cui l'industriale Werle. Per ultimi vengono Ekdal e Gregor
Werle.)
SIGNORA SÖRBY (nel passare, ai servitori)
Pettersen, volete far servire il caffè nella sala di musica?
PETTERSEN
Sta bene, signora Sörby. (essa e i due signori entrano nel salone e quindi escono da destra. Pettersen e il servitore
aggiunto Jensen escono per la stessa via)
UN SIGNORE GRASSO E PALLIDO (a uno calvo)
Uff... questo pranzo... è stato un lavoro lungo e pesante!
IL CALVO
Oh, con un po' di buona volontà in tre ore si posson fare cose assolutamente incredibili.
IL SIGNORE GRASSO
Sì, ma poi, poi, mio caro ciambellano!
UN TERZO SIGNORE
Sento, che il moka e il maraschino saranno serviti nella sala di musica.
IL SIGNORE GRASSO
Bravo! Forse così la signora Sörby ci suonerà un pezzo
IL CALVO (piano)
Non si sa mai quel che ci può suonare la signora Sörby, sai.
IL SIGNORE GRASSO
No davvero; Berta non molla i suoi vecchi amici.
INDUSTRIALE WERLE (piano e sospettoso)
Suppongo che non se ne siano accorti, Gregor.
GREGOR (lo guarda)
Di che cosa?
WERLE
Neppure tu lo hai notato?
GREGOR
Che cosa avrei dovuto notare?
WERLE
Eravamo tredici a tavola.
GREGOR
Davvero? Eravamo tredici?
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WERLE (con un occhiata a Hjalmar Ekdal)
Abbiamo l'abitudine del resto d'esser sempre in dodici. (agli altri) Favorite signori miei!
(Egli con gli altri rimasti indietro, fuorché Hjalmar e Gregor, escono dal fondo a destra)
HJALMAR (che ha udito la conversazione)
Non avresti dovuto mandarmi l'invito, Gregor.
GREGOR
Come! Si dice che il pranzo è stato dato per me. E allora non avrei dovuto invitare il mio unico amico.
HJALMAR
Non credo però che abbia fatto piacere a tuo padre. Del resto, non vengo mai in questa casa!
GREGOR
Già, l'ho sentito dire. Ma io dovevo vederti e parlarti; perché ben presto sicuramente ripartirò... Sì, noi due, vecchi
compagni di scuola, ci eravamo proprio perduti di vista, allontanati uno dall'altro; non ci siamo più veduti da sedicidiciassette
anni.
HJALMAR
Da tanto tempo?
GREGOR
Sì, senza dubbio. Ebbene, come stai? Hai un buon aspetto. Ti sei fatto un po' più pieno, grasso.
HJALMAR
Hm, veramente grasso non mi si può chiamare; ma probabilmente ho l'aspetto un po' più virile di allora.
GREGOR
Sì, dici bene; il tuo aspetto non ne ha s offerto.
HJALMAR (con tono fosco)
Ma il morale, sapessi! Credi pure, è ben diverso! Sai bene, come tutto è terribilmente crollato per me e i miei da quando
ci siamo visti l'ultima volta.
GREGOR (più piano)
Come sta ora tuo padre?
HJALMAR
Caro, non me ne parlare. Il mio povero padre sfortunato vive naturalmente in casa con me. Non ha nessun altro al
mondo con cui stare. Ma vedi, è duro, opprimente per me parlar di tutto questo... Dimmi, piuttosto, come te la sei
passata laggiù alle officine.
GREGOR
Me ne sono stato in una deliziosa solitudine... ho avuto una buona occasione per riflettere su tante e tante cose... Vieni
qua; saremo a nostro agio per parlare (si siede su una poltrona presso il caminetto ed obbliga Hjalmar a sedersi in
un'altra al suo fianco)
HJALMAR (con dolcezza)
Ti devo proprio ringraziare, Gregor, per avermi invitato alla tavola di tuo padre; perché ora comprendo finalmente che
tu non l'hai più con me.
GREGOR (sorpreso)
Come mai ti può venire in mente che io l'abbia con te?
HJALMAR
Nei primi anni però era così.
GREGOR
Quali primi anni?
HJALMAR
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Dopo che accadde la grande disgrazia. Ed era naturale che fosse così. Ci mancò un capello che anche tuo padre non
fosse coinvolto in queste... oh, in queste orribili storie!
GREGOR
E perché avrei dovuto averla con te? Chi te lo ha potuto far credere?
HJALMAR
Lo so, Gregor, tu me ne volevi; è stato proprio tuo padre, che me l'ha detto.
GREGOR (con un sussulto)
Mio padre! Sta bene. Hm... è per questo, che da allora non mi hai più dato tue notizie... neppure una parola.
HJALMAR
Sì.
GREGOR
Neppure una volta durante tutto il tempo che hai impiegato a diventar fotografo?
HJALMAR
Tuo padre mi diceva che non valeva la pena che ti scrivessi di tali cose.
GREGOR (guarda davanti a sé)
Già, già, forse poteva aver ragione in questo... Ma dimmi ora, Hjalmar... sei dunque contento della tua situazione?
HJALMAR (con un leggero sospiro)
Oh sì, certo; non potrei in realtà dire diversamente. In principio, comprenderai bene, era tutto un po' strano per me.
Passavo ad una posizione completamente diversa. Ma d'altronde anche il resto era intieramente cambiato. Il grande,
rovinoso disastro di mio padre... il disonore e l'obbrobrio, Gregor...
GREGOR (scosso)
Sicuro, già. Sicuro.
HJALMAR
Non potevo più pensare a continuare i miei studi; non era rimasto più neppure uno scellino; tutti ostili; debiti;
soprattutto verso tuo padre, suppongo...
GREGOR
Hm...
HJALMAR
Ebbene, allora mi parve fosse meglio... così d'un colpo, vedi... uscire da tutte le vecchie abitudini e relazioni. Fu
specialmente tuo padre, che mi consigliò; e allora egli mi venne davvero in aiuto...
GREGOR
Mio padre ti venne in aiuto?
HJALMAR
Sì, ma non lo sapevi? Dove avrei potuto prendere il danaro per imparare il mestiere di fotografo e per mettere su uno
studio e farmi una posizione? Tutto ciò costa, puoi ben immaginarlo.
GREGOR
E tutto questo te lo ha pagato mio padre?
HJALMAR
Sì, caro, non lo sai? Mi parve di aver capito che te lo avesse scritto.
GREGOR
Neppure una parola sul fatto che era lui. Lo avrà dimenticato. Non ci siamo scambiati altro che lettere d'affari. Mio
padre era...
HJALMAR
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Sì, è stato proprio lui. Non ha mai voluto che la gente lo venisse a sapere; ma è stato lui. E sempre lui mi ha messo in
condizioni di sposarmi. Ma forse... non sai neppure questo?
GREGOR
No, non sapevo neppure questo. (gli scuote il braccio) Ma, caro Hjalmar, non ti so dire quanto tutto ciò mi faccia
piacere... e mi rattristi. Sono stato ingiusto però verso mio padre... in certo qual modo. Già, perché tutto questo mostra
del cuore, vedi. C'è come una specie di coscienza...
HJALMAR
Coscienza?
GREGOR
Sì, sì, o come vuoi chiamare tutto ciò. Ah, non ho parole per dire quanto son contento di udire simili cose sul conto di
mio padre... Ecco, tu sei sposato, tu Hjalmar. Non potrò mai dire altrettanto di me. Dunque, spero bene che tu sia uno
sposo felice?
HJALMAR
Sì, davvero felice. Essa è una donna abile e brava, come la si può desiderare. E poi non è del tutto priva di istruzione.
GREGOR (un po' sorpreso)
No, davvero.
HJALMAR
Eh, la vita educa, vedi. La quotidiana convivenza con me...; e poi vengono costantemente da noi un paio di persone di
spirito. Ti assicuro che non riconosceresti Gina.
GREGOR
Gina?
HJALMAR
Sì, caro mio, non ti ricordi che si chiamava Gina ?
GREGOR
Chi si chiamava Gina? Non so proprio...
HJALMAR
Ma non ti ricordi dunque che una volta è stata a servizio in questa casa?
GREGOR (lo guarda)
Gina Hansen...?
HJALMAR
Già, naturalmente, Gina Hansen.
GREGOR
Che ha governato la nostra casa l'ultimo anno che la mamma fu malata?
HJALMAR
Appunto, proprio così . Ma, caro amico, so di certo che tuo padre ti ha scritto che m'ero sposato.
GREGOR (che s'è alzato)
Sì , senza dubbio l'avrà fatto; ma non mi disse che... (va su e già per la stanza) Ecco, aspetta un po'... forse però...
quando ci ripenso. Ma mio padre mi scrive sempre così poco. (si siede a metà sul braccio di una poltrona) Ascolta,
dimmi dunque, Hjalmar... questo è strano... come hai fatto a far la conoscenza di Gina... di tua moglie?
HJALMAR
Ma nel modo più semplice. Gina non rimase in questa casa; perché in quel tempo qui c'era una gran confusione; la
malattia di tua madre... Gina non poteva più starci; e così si licenziò e se ne andò via. Fu l'anno prima che tua madre
morisse... o forse l'anno stesso.
GREGOR
Fu lo stesso anno. Io ero allora lassù alle officine. Ma, e poi?
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HJALMAR
Già, così Gina ritornò a casa sua, da sua madre, la signora Hansen, una donna abile ed attiva, che teneva una piccola
trattoria. E poi aveva anche una camera da affittare; una camera graziosa e comoda.
GREGOR
E tu avesti la fortuna di frequentarla?
HJALMAR
Sì , fu in verità tuo padre, che me ne dette l'idea. E là... vedi... fu proprio là che cominciai a conoscere Gina.
GREGOR
E così si giunse al fidanzamento?
HJALMAR
Sì ! I giovani fan così presto a innamorarsi... hm...
GREGOR (si alza e passeggia un po')
Dimmi... dopo che ti fosti fidanzato... fu allora, che mio padre ti consigliò... voglio dire... fu allora, che ti mettesti a fare
il fotografo?
HJALMAR
Esattamente. Perché volevo senz'altro mettermi a posto e metter su casa al più presto. E così trovammo ambedue tanto
tuo padre quanto io, che l'arte fotografica era la più adatta allo scopo. E anche Gina la pensò così . Già, e c'era poi un
altro motivo; si dava la fortunata combinazione che Gina s'era occupata di ritocchi.
GREGOR
Andava meravigliosamente bene.
HJALMAR (soddisfatto si alza)
Sì , non è vero, caro? Non ti sembra che andasse proprio a meraviglia?
GREGOR
Sì , bisogna convenirne. Mio padre è stato dunque quasi una specie di provvidenza per te, lui.
HJALMAR (commosso)
Non ha abbandonato il figlio del suo vecchio amico nei giorni del bisogno. Perché è un uomo di cuore, vedi.
SIGNORA SÖRBY (entra, sottobraccio all'industriale Werle)
Niente chiacchiere, caro signor Werle; non dovete più entrar là dentro e stare a guardare tutte quelle lampade; non vi fa
bene.
WERLE (lascia il braccio e porta la mano davanti agli occhi)
Credo quasi che in questo abbiate ragione.
(Pettersen e il servitore aggiunto Jensen entrano con vassoi)
SIGNORA SÖRBY (agli ospiti dell'altra stanza)
Favorite, signori miei, se qualcuno vuole un bicchiere di ponce, si scomodi a venir qui.
IL SIGNORE GRASSO (si avvicina alla signora Sörby)
Ma Signore Iddio, è vero che avete soppresso la benedetta libertà di fumare?
SIGNORA SÖRBY
Sì , qui, nei domini dell'industriale, è proibito, signor ciambellano.
IL SIGNORE CALVO
Quando avete promulgato questa dura ordinanza sulla legge dei sigari, signora Sörby?
SIGNORA SÖRBY
Dopo l'ultimo pranzo, signor ciambellano; perché ci furono certe persone che si permisero di trascendere.
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IL CALVO
E non è permesso concedersi una piccola licenza, signora Berta? Assolutamente no?
SIGNORA SÖRBY
Per nessuna considerazione, ciambellano Balle.
(La maggior parte degli ospiti è radunata nello studio dell'industriale; i servitori offrono bicchieri di ponce)
WERLE (a Hjalmar, che sta appartato presso un tavolino)
Che mai state studiando, Ekdal?
HJALMAR
Soltanto un album, signor Werle.
IL CALVO (che va attorno)
Ah, fotografie! Già, a dire il vero è qualcosa per voi.
IL SIGNORE GRASSO (in una poltrona)
Non ne avete portate di vostre?
HJALMAR
No, non ne ho.
IL SIGNORE GRASSO
Avreste dovuto portarle; fa così bene alla digestione starsene seduti e guardare delle immagini.
IL CALVO
E poi serve ad alimentare un po' la conversasazione, vedete.
UN SIGNORE MIOPE
E ogni contributo viene accettato con ringraziamenti.
SIGNORA SÖRBY
I ciambellani voglion dire, che se si è invitati a pranzo, si deve anche lavorare per meritarselo, signor Ekdal.
IL SIGNORE GRASSO
Un buon pranzo è un vero piacere.
IL CALVO
Signore Iddio, quando si tratta della lotta per l'esistenza allora...
SIGNORA SÖRBY
In questo avete ragione! (continuano tra risa e facezie)
GREGOR (piano)
Tu devi parlare con loro, Hjalmar.
HJALMAR (con un'alzata di spalle)
E di che cosa dovrei parlare?
IL SIGNORE GRASSO
Non siete del parere voi, signor Werle, che il Tokay può essere considerato come una bevanda relativamente sana per lo
stomaco?
WERLE (presso il caminetto)
In ogni caso posso rispondere a pieno del Tokay, che oggi avete bevuto; è di una delle migliori annate. Già, del resto lo
avete gustato.
IL SIGNORE GRASSO
Si, aveva un sapore squisito.
HJALMAR (incerto)
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C'è qualche differenza tra le annate?
IL SIGNORE GRASSO (ride)
Ah, quanto siete buono!
WERLE (sorride)
Non val la pena davvero offrirvi del vino nobile.
IL SIGNORE CALVO
Capita al Tokay proprio come alle fotografie, signor Ekdal. Ci vuole la luce del sole. O forse non è così ?
HJALMAR
Certamente la luce ha la sua parte.
SIGNORA SÖRBY
Ma questo è precisamente il caso dei ciambellani; poiché anch'essi hanno assoluto bisogno della luce del sole, come si
dice.
IL CALVO
Ahi, ahi; ecco un motto pungente, a proposito!
IL SIGNORE MIOPE
La signora si esibisce...
IL SIGNORE GRASSO
... e a nostre spese. (minaccia) Signora Berta, signora Berta!
SIGNORA SÖRBY
Già, dunque è proprio vero, vi è una grandissima differenza tra un'annata e l'altra. Le vecchie sono migliori.
IL SIGNORE MIOPE
Voi mi annoverate tra i vecchi!
SIGNORA SÖRBY
Ne son ben lontana.
IL CALVO
Guardate un po'! Ed io allora, amabile signora Sörby?
IL SIGNORE GRASSO
Già, ed io? Quante annate ci attribuite?
SIGNORA SÖRBY
Vi annovero tra le annate dolci, signori miei. (essa beve a sorsi un bicchiere di ponce; i ciambellani ridono e scherzano
con lei)
WERLE
La signora Sörby trova sempre una via d'uscita... quando vuole. Prendete i bicchieri, signori miei!... Pettersen, su,
abbiate cura di... Gregor, vorrei bere un bicchiere con te. (Gregor non si muove) Non volete partecipare, Ekdal? Non ho
avuto occasione di ricordarvi nel brindisi a tavola.
(Il contabile Graaberg schiude la porticina in tappezzeria)
GRAABERG
Scusatemi, signor Werle, ma io non posso uscir fuori.
WERLE
Ebbene, siete di nuovo rimasto chiuso dentro?
GRAABERG
Sì , e Flakstàd se n'è andato con le chiavi...
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WERLE
Sta bene, passate pure di qua.
GRAABERG
Ma c è anche un altro...
WERLE
Via passate, passate tutt'e due; fate pure.
(Graaberg e il vecchio Ekdal escono dall'ufficio)
WERLE (a malincuore)
Ahi!
(Risa e celie cessano tra gli ospiti. Hjalmar trasalisce alla vista di suo padre, posa il bicchiere e si volge verso il
caminetto)
EKDAL (non alza lo sguardo, ma fa dei piccoli inchini a destra e a sinistra mentre cammina e mormora)
Chiedo scusa. Ho sbagliato strada. La porta chiusa... la porta chiusa. Chiedo scusa. (egli e Graaberg escono dal fondo a
destra)
WERLE (tra i denti)
Questo maledetto Graaber!
GREGOR (a bocca aperta e con gli occhi sbarrati, a Hjalmar)
Ma dunque non era forse...
IL SIGNORE GRASSO
Che cos è? Chi era?
GREGOR
Oh; nessuno; soltanto il contabile ed un altro.
IL SIGNORE MIOPE (a Hjalmar)
Conoscevate quell'uomo?
HJALMAR
Non so... non ci ho fatto caso...
IL SIGNORE GRASSO (si alza)
Che diavolo dunque sta succedendo? (va vicino ad altri, che parlano sottovoce)
SIGNORA SÖRBY (sussurra al servitore)
Dategli qualche cosa là fuori; qualcosa di buono.
PETTERSEN (con un cenno di assenso)
Sarà fatto. (esce)
GREGOR (a voce bassa e tremante, a Hjalmar)
Così , era proprio lui!
HJALMAR
Sì .
GREGOR
Eppure tu eri qui e hai detto di non conoscerlo...
HJALMAR (sussurra con forza)
Ma potevo dunque...!
GREGOR
... esser conosciuto da tuo padre?
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HJALMAR (Con dolore)
Oh, se tu fossi stato al mio posto, allora...
(La conversazione tra gli ospiti, sinora a bassa voce, vien condotta ora ad alta voce con affettazione)
IL CALVO (si avvicina a Hjalmar e Gregor, affabilmente)
Oh, si rinfrescano insieme i vecchi ricordi degli anni di scuola? Come? Voi non fumate, signor Ekdal? Volete un
fiammifero? Già, è vero, non possiamo...
HJALMAR
Grazie, no...
IL SIGNORE GRASSO
Non avete una bella poesia da declamarci, signor Ekdal? Ai vostri tempi declamavate tanto bene.
HJALMAR
Mi rincresce di non ricordar nulla.
IL SIGNORE GRASSO
Oh, è un vero peccato. Sì , che cosa dovremmo pensarne, Balle?
(I due signori attraversano la stanza ed escono nella sala attigua)
HJALMAR (rabbuiato)
Gregor, voglio andarmene! Quando s'è sentito il colpo di grazia del destino sul capo, vedi che... Saluta tuo padre da
parte mia.
GREGOR
Sì , sì . Te ne vai a casa?
HJALMAR
Sì . E perché?
GREGOR
Ecco, perché poi forse verrò da te.
HJALMAR
No, non venire. Non venire a casa mia. La mia dimora è triste, Gregor... specialmente dopo una festa splendida, come
questa. Caso mai potremo incontrarci in qualche posto fuori, in città.
SIGNORA SÖRBY
Ve ne andate, Ekdal?
HJALMAR
Sì .
SIGNORA SÖRBY
Salutate Gina.
HJALMAR
Grazie.
SIGNORA SÖRBY
E ditele che verrò a trovarla uno di questi giorni.
HJALMAR
Sì , grazie. (a Gregor) Rimani qui. Voglio sparire senza esser notato. (egli attraversa la stanza, poi entra nell'altra sala
ed esce da destra)
SIGNORA SÖRBY (piano, al servitore che è tornato indietro)
Ebbene, il vecchio ha avuto qualche cosa?
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PETTERSEN
Sicuro; gli ho dato una bottiglia di cognac.
SIGNORA SÖRBY
Oh, avreste anche potuto trovare qualche cosa di meglio.
PETTERSEN
Ma no, signora Sörby: il cognac è quanto di meglio io conosca.
IL SIGNORE GRASSO (sulla porta con un libro di musica in mano)
Non suoneremmo un poco insieme, signora Sörby?
SIGNORA SÖRBY
Ma certo; senz'altro.
GLI OSPITI
Bravo, bravo!
(Essa e tutti gli invitati attraversano la stanza ed escono da destra. Gregor rimane in piedi presso il caminetto.
L'industriale Werle cerca qualcosa sulla scrivania e sembra desideri che Gregor se ne vada; poiché questi non si
muove, l'industriale si avvia alla porta di uscita)
GREGOR
Babbo, non puoi trattenerti un momento?
WERLE (si ferma)
Che c'è?
GREGOR
Devo dirti qualcosa.
WERLE
Non puoi aspettare che siamo soli?
GREGOR
No, non posso; perché potrebbe forse non capitare di essere soli.
WERLE (si avvicina)
Che cosa vuoi dire?
(Durante la scena seguente si ode il suono del pianoforte dalla sala di musica)
GREGOR
Come mai s'è potuto far scendere tanto in basso quella famiglia?
WERLE
Intendi parlare degli Ekdal, suppongo.
GREGOR
Sì , intendo parlare degli Ekdal. Una volta il tenente Ekdal ti era tanto vicino.
WERLE
Già, sfortunatamente, egli mi stava anche troppo vicino. L'ho sentito e ne ho sofferto per molti anni. È stato per colpa
sua, e di questo posso ringraziarlo, se una specie di fango s'è posato sul mio buon nome e sulla mia reputazione.
GREGOR (piano)
Era realmente il solo colpevole?
WERLE
Ma di chi intendi parlare?
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GREGOR
Egli e tu eravate pure insieme, tutt'e due, nel grande acquisto di foreste...
WERLE
Ma non fu Ekdal, che rilevò la carta del terreno... quella carta inesatta? Fu lui che fece tagliare contro la legge tutti quei
boschi sui terreni dello Stato. Fu ben lui, che rimase lassù per l'intero periodo del taglio dei boschi. Io non avevo alcuna
notizia di ciò che il tenente Ekdal stava facendo.
GREGOR
Il tenente Ekdal stesso non sapeva bene quel che faceva.
WERLE
Può darsi. Ma un argomento decisivo è che lui fu condannato ed io assolto.
GREGOR
Sì , so bene che non c'era alcuna prova.
WERLE
Una assoluzione è una assoluzione. Perché vai a rimescolare queste vecchie cose noiose, che prima del tempo mi hanno
dato i capelli bianchi? E durante tutti questi anni lassù ci hai ripensato, hai sofisticato su simili cose? Ti posso
assicurare, Gregor... qui in città tutte queste storie son dimenticate da lungo tempo... per quel che mi riguarda.
GREGOR
E la disgraziata famiglia Ekdal, dunque?
WERLE
Ma che cosa volevi che io facessi per quella gente? Quando Ekdal ritornò a piede libero, era un uomo finito, cui proprio
non si poteva dare aiuto. Ci son degli uomini nel mondo, che vanno a fondo quando si ritrovano nel corpo un paio di
pallini di piombo, e poi non ritornano più a galla. Credi alle mie parole, Gregor; mi sono spinto lontano quanto mi era
possibile, senza però espormi e alimentare sospetti di qualsiasi specie e le chiacchiere della gente...
GREGOR
Sospetti...? Ecco, sì .
WERLE
Ho procurato ad Ekdal del lavoro per l'ufficio e per questo lo pago molto, ma molto più di quello che il suo lavoro non
meriti...
GREGOR (senza guardarlo)
Hm; non ne dubito.
WERLE
Tu sorridi? Forse non credi che sia vero quel che dico? Nei miei libri ad ogni modo non c'è nulla di ciò; non registro
mai simili spese.
GREGOR (sorride freddamente)
Ecco, ci son delle spese, che è meglio non segnare.
WERLE (si riscuote)
Che intendi dire con questo?
GREGOR (con coraggio)
Hai segnato quanto t'è costato fare imparare a Hjalmar Ekdal l'arte del fotografo?
WERLE
Io? Come registrarle?
GREGOR
Adesso io so che sei tu che hai fatto questa spesa. E so pure che sei stato tu a metterlo in condizione di potersi sposare.
WERLE
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Lo vedi; e si dice ancora che non ho fatto nulla per gli Ekdal! Ti posso assicurare che quella gente m'ha procurato
davvero parecchie spese.
GREGOR
Ne hai registrata qualcuna, di queste spese?
WERLE
Perché me lo chiedi?
GREGOR
Oh, ci son buone ragioni. Senti, dimmi un po'... quel periodo in cui con tanto calore ti interessavi del figlio del tuo
amico... non era proprio quando egli stava per sposarsi?
WERLE
Sì , come mai, diamine... come mai dopo che tanti anni sono passati...?
GREGOR
Tu allora mi scrivesti una lettera... una lettera d'affari naturalmente; e in un poscritto dicevi, in forma brevissima, che
Hjalmar Ekdal si era fidanzato con una signorina Hansen.
WERLE
Già, proprio esatto; essa si chiamava così .
GREGOR
Ma tu non mi scrivevi nella lettera che questa signorina Hansen era Gina Hansen... la nostra antica cameriera.
WERLE (con riso ironico, ma forzato)
No, perché in verità non pensavo che ti interessasse tanto la nostra antica cameriera.
GREGOR
Non m'interessava davvero. Ma... (abbassa la voce) c'era pur qualcuno qui in casa, cui interessava molto.
WERLE
Che intendi dire con questo? (sbuffa verso di lui) Non pensi mica a me, nevvero?
GREGOR (piano ma con fermezza)
Sì , penso a te.
WERLE
E questo tu osi...! Tanto ti permetti...! Come può lui, l'ingrato, lui, il fotografo... come osa, come presume fare simili
insinuazioni!
GREGOR
Hjalmar non ha detto una sola parola su tutto ciò. Non credo che abbia neppure il sospetto di qualcosa di simile.
WERLE
Ma allora come ti viene questa idea? Chi ha potuto dire una cosa simile?
GREGOR
L'ha detto la mia povera madre infelice. Proprio l'ultima volta che l'ho veduta.
WERLE
Tua madre! Già, dovevo quasi immaginarmelo!Voi due stavate sempre insieme. Fu lei che sin da principio allontanò da
me il tuo cuore.
GREGOR
No, fu piuttosto tutto quello che essa dovette soffrire e sopportare, sino a che finì per soccombere.
WERLE
Oh, essa non ha dovuto soffrire e sopportare un bel nulla; non più di tante altre, in ogni caso! Ma con i malati, gli
esaltati non c'è nulla da fare. L'ho ben provato... E così eccoti a nascondere un simile sospetto... eccoti a dar retta a
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vecchie chiacchiere d'ogni specie e a calunnie contro il tuo proprio padre. Ascolta ora, Gregor, mi sembra in verità che
alla tua età potresti dedicarti a qualche cosa di più utile.
GREGOR
Sì , dovrebbe infatti essere tempo.
WERLE
Allora forse ti sentiresti il cuore più leggero di quanto ora non sia. Dove ti può condurre l'asserragliarti lassù nelle
officine, lo sgobbare a tavolino come un semplice impiegato, senza voler ricevere uno scellino di più del mensile
ordinario? Questa è pura follia da parte tua.
GREGOR
Sì , se ne fossi completamente sicuro.
WERLE
Ti comprendo bene. Tu vuoi essere indipendente, non vuoi essermi debitore di nulla. Ma ora c'è un'occasione per te di
diventare indipendente, padrone di te stesso in tutto e per tutto.
GREGOR
Davvero? E in qual modo...?
WERLE
Quando ti ho scritto che assolutamente dovevi venire subito in città... hm...
GREGOR
Già, che cos'è dunque che vuoi da me? Tutto il giorno sono stato ad aspettare di poterlo sapere.
WERLE
Voglio proporti di entrare come socio della Società.
GREGOR
Io? Della tua Società? Come socio?
WERLE
Sì . Non è necessario perciò che restiamo insieme. Tu potresti dirigere gli affari qui in città, ed io andarmene lassù alle
officine.
GREGOR
Davvero?
WERLE
Sì , vedi, io non posso più lavorare come prima. Mi trovo nella necessità di curare gli occhi, Gregor; perché hanno
cominciato a indebolirsi un po'.
GREGOR
Ma lo sono stati un po' sempre.
WERLE
Non come ora. E inoltre... le circostanze potrebbero forse rendere desiderabile per me d'andarmi a stabilire lassù...
almeno per un certo tempo.
GREGOR
Non avrei mai immaginato una cosa simile.
WERLE
Ascolta ora, Gregor; ci son tante e tante cose, che ci separano. Comunque siamo pure padre e figlio. Mi sembra che
dovremmo poter arrivare a una specie d'intesa tra noi.
GREGOR
Apparente, vuoi dire, nevvero?
WERLE
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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Sta bene, sarà in ogni caso qualcosa. Pensaci, Gregor. Non ti sembra che dovrebbe essere possibile? No?
GREGOR (lo guarda con occhi freddi)
Qui c'è sotto qualcosa.
WERLE
Come dici?
GREGOR
Ci dev'esser qualcosa, per cui hai bisogno di me.
WERLE
In rapporti così intimi come i nostri, l'uno ha pur sempre bisogno dell'altro.
GREGOR
Già, così si dice.
WERLE
Con piacere ti tratterrei adesso per un certo tempo a casa con me. Sono solo, Gregor; mi sono sempre sentito solo... per
tutta la mia vita; ma ora soprattutto, che comincio ad andare avanti con gli anni. Ho bisogno di avere qualcuno vicino.
GREGOR
Hai pure la signora Sörby.
WERLE
Sì , è vero, ed essa è divenuta per me, diciamo così , quasi indispensabile. È vivace, ha un umore sempre uguale; rianima
la casa... e di tutto questo io ho bisogno.
GREGOR
Ma allora: tu hai quel che desideri.
WERLE
Sì , ma temo che non possa continuare. Una donna in queste condizioni facilmente viene a trovarsi in una falsa posizione
per il mondo. Già, ho detto poco fa che neppure un uomo ci guadagna.
GREGOR
Oh, quando un uomo dà pranzi simili, come fai tu, può ben permettersi parecchie cose.
WERLE
Già, ma e lei, Gregor? Temo che essa non voglia più oltre trovarsi in tale condizione. Ed anche se essa, per affetto verso
di me, si esponesse alle chiacchiere della gente e ad altre simili cose...? Non ti sembra, Gregor, secondo il tuo
spiccatissimo senso di giustizia...
GREGOR (l'interrompe)
Dimmi un po'. Pensi di sposarla?
WERLE
E se ora pensassi qualcosa di simile? Ebbene, allora?
GREGOR
Già, anch'io ti chiedo. E allora?
WERLE
Ti riuscirebbe proprio tanto sgradito?
GREGOR
No, niente affatto. Assolutamente.
WERLE
Ecco, non sapevo, se per un riguardo alla memoria della tua mamma defunta...
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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Io non sono un esaltato.
WERLE
Bene, che tu lo sia o no, in ogni caso mi hai alleggerito il petto da un gran peso. Mi è sommamente caro di poter fare
assegnamento sul tuo consenso.
GREGOR (lo guarda fisso)
Ora comprendo in che cosa volevi servirti di me.
WERLE
Servirmi di te? Che espressione!
GREGOR
Oh, non preoccupiamoci troppo nella scelta delle parole... almeno quando siamo soli. (sogghigna) Bene, dunque! In
conseguenza di ciò, io, morto e seppellito, dovevo comparire in città proprio di persona. A causa della signora Sörby
bisognava sistemare la vita della famiglia in questa casa. Quadro tra padre e figlio! È qualcosa di nuovo, tutto questo!
WERLE
Come osi parlare con questo tono!
GREGOR
Quando c'è stata mai qui una vita di famiglia? Mai, per quanto mi ricordi. Ma oggi, starei per dire, se ne sente un po' il
bisogno. Per questo, innegabilmente, sarebbe così bene se si potesse dire che il figlio - sulle ali della pietà filiale - è
volato a casa per la festa delle nozze del vecchio padre. Che cosa resterebbe così di tante voci circa tutto quel che ha
dovuto soffrire e sopportare la povera defunta? Neppure un'ombra. Suo figlio le ha dissipate.
WERLE
Gregor... non credo vi sia persona al mondo a cui tu sia tanto ostile quanto a me.
GREGOR (piano)
Ti ho veduto troppo da vicino.
WERLE
Mi hai veduto con gli occhi di tua madre. (abbassa un po' la voce) Ma dovresti ricordare che quegli occhi erano... ogni
tanto, un po' annebbiati.
GREGOR (tremando)
Comprendo a che alludi. Ma chi porta la colpa di questa infelice debolezza della mamma? Tu e tutte queste...! L'ultima
di costoro è stata quella cameriera, con cui s'è sposato Hjalmar Ekdal, quando tu non hai voluto più saperne... oh!
WERLE (alza le spalle)
Una parola dopo l'altra, come se udissi tua madre.
GREGOR (senza badargli)
... ed egli se ne sta, qui, con il suo animo di fanciullo pieno di fiducia in mezzo agli inganni... vive sotto lo stesso tetto
insieme con una donna simile, e non sa che questa che egli chiama la sua casa, è costruita su una menzogna! (un passo
più vicino) Quando guardo indietro su tutta la tua vita, allora mi sembra di vedere un grande campo e dappertutto destini
umani infranti.
WERLE
Ho l'impressione che tra noi vi sia un abisso troppo grande.
GREGOR (si china dominandosi)
Me ne sono accorto; e perciò prendo il cappello e me ne vado.
WERLE
Te ne vai? Via da casa?
GREGOR
Sì . Perché adesso finalmente, una buona volta, vedo uno scopo per cui vivere.
WERLE
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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E qual è mai questo scopo?
GREGOR
Tu non faresti che ridere, se lo udissi.
WERLE
Un solitario non ride tanto facilimente, Gregor.
GREGOR (addita il retroscena)
Vedi, babbo... ecco là i ciambellani che giocano a moscacieca con la signora Sörby... Buonanotte e addio.
(Esce dal fondo a destra. Si sentono risa e facezie degli invitati, che compaiono nella sala esterna)
WERLE (mormora con ironia dietro a Gregor)
Ah... Poverino... e poi dice di non essere un esaltato.
ATTO SECONDO
Lo studio di Hjalmar Ekdal. L'interno piuttosto ampio, ha un po' l'aspetto di una soffitta. A destra, tetto obliquo con
grandi vetrate per metà coperte da tendine blu. Nell'angolo a destra la porta d'ingresso; più avanti, dallo stesso lato,
una porta che dà nel salotto. Sulla parete di sinistra due porte e tra esse una stufa di ferro. Sulla parete di fondo
un'ampia porta a due battenti, che si può spingere di lato. Lo studio è sistemato e mobiliato con decorosa semplicità. A
destra tra le porte, discosto dalla parete, un sofà con un tavolo e sedie; sul tavolo una lampada accesa con paralume;
di fianco alla stufa una vecchia poltrona. Un po' dappertutto sono sparsi apparecchi e strumenti fotografici. A sinistra
della porta a due battenti, sulla parete di fondo, c'è uno scaffale su cui stanno libri, scatole e bottiglie di sostanze
chimiche, varie specie di strumenti, utensili e altri oggetti. Sul tavolo, fotografie e piccoli oggetti come pennelli, carte e
cose simili.
Gina Ekdal è seduta presso il tavolo e cuce. Edvig, seduta sul sofà con le mani davanti agli occhi e i pollici nelle
orecchie, legge un libro.
GINA (la guarda un paio di volte, con contenuta preoccupazione; poi dice)
Edvig!
EDVIG (non la sente)
GINA (più forte)
Edvig!
EDVIG (scosta le mani e solleva gli occhi)
Eh, mamma?
GINA
Cara Edvig, non dovresti legger tanto.
EDVIG
Oh, mamma; ma non posso leggere ancora un po'? Solo un pochino!
GINA
No, no, ora dovresti metter via il libro. Il babbo non vuole; neppure lui legge mai di sera.
EDVIG (chiude il libro)
Già, perché il babbo non ci tiene tanto a leggere, lui.
GINA (mette da parte il cucito e prende una matita e un quadernetto sul tavolo)
Riesci a ricordarti quanto abbiamo speso per il burro oggi?
EDVIG
Una corona e settantacinque.
GINA
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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Esatto. (annota) Si spende tanto per il burro in questa casa. E poi ci sono le salsicce e il formaggio... fammi vedere...
(annota) ... e poi il prosciutto... hm... (fa la somma) Già, ecco abbiamo subito...
EDVIG
E poi la birra.
GINA
Già, si capisce. (annota) Il conto cresce; ma non ci si può far nulla.
EDVIG
E poi, siccome il babbo era fuori, abbiamo potuto fare a meno di qualcosa di caldo a pranzo.
GINA
Sì , per fortuna. Bene, e poi ho incassato anche otto corone e cinquanta per fotografie.
EDVIG
Pensa... tanto!
GINA
Proprio otto corone e cinquanta.
(Silenzio. Gina riprende il suo lavoro. Edvig prende carta e matita e si mette a disegnare qualcosa, facendosi ombra
con la sinistra davanti agli occhi)
EDVIG
Non è simpatico pensare che il babbo è stato invitato a un gran pranzo in casa dell'industriale Werle?
GINA
Non puoi dire che sia in casa dell'industriale. È stato il figlio a mandargli l'invito. (un po' dopo) Noi non abbiamo nulla
a che fare con l'industriale.
EDVIG
Mi rallegro tutta nell'attesa che il babbo ritorni a casa. Perché mi ha promesso di chiedere alla signora Sorby qualcosa di
buono per me.
GINA
Sì , ci son tante cose buone in quella casa, puoi immaginartelo.
EDVIG (intenta ora a disegnare)
E poi, ho quasi un po' fame.
(Il vecchio Ekdal, con un pacco di carte sotto il braccio e un altro pacco nella tasca della giacca, entra passando dalla
porta d'ingresso)
GINA
Come ritorna a casa tardi oggi il nonno.
EKDAL
Avevano chiuso l'ufficio. Ho dovuto attendere da Graaberg. E poi son dovuto passare per... hm.
EDVIG
Ti hanno dato altre cose da scrivere, nonno?
EKDAL
Tutto questo pacco. Guarda un po'.
GINA
Benone.
EDVIG
E in tasca hai un altro pacco.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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EKDAL
Come? Sciocchezze; non c'è. nulla. (posa il bastone in un angolo) Ci sarà lavoro per un bel po', tutto questo, Gina.
(schiude un po' un battente della porta sulla parete di fondo) Zitti! (guarda un momento nell'interno della stanza e
richiude la porta con precauzione) Ah... ah! Dormono tutti insieme. E da sé s'è messa nella cesta. Ah... ah!
EDVIG
Sei sicuro che non abbia freddo nella cesta, nonno?
EKDAL
Che idee! Freddo? Con tutta quella paglia? (egli si dirige verso l'altra porta a sinistra) Troverò i fiammiferi?
GINA
I fiammiferi sono sul comò.
(Ekdal entra in camera sua)
EDVIG
È proprio una fortuna, che il nonno abbia da scrivere ancora tutta quella roba.
GINA
Già, povero vecchio; potrà guadagnarsi così qualche spicciolo.
EDVIG
E potrà anche fare a meno di stare tutta la mattina laggiù in quell'odioso ristorante di madama Eriksen.
GINA
Anche, davvero. (breve silenzio)
EDVIG
Credi che siano ancora a tavola?
GINA
Dio lo sa; certo, può darsi.
EDVIG
Pensa, quante buone vivande il babbo avrà mangiato. Sono sicura che sarà felice e contento quando ritornerà. Non lo
credi anche tu, mamma?
GINA
Sì ; ma se ora potessimo annunciargli di avere affittato la camera.
EDVIG
Non è necessario però stasera.
GINA
Oh, potrebbe esserne contento, sai. La stanza non ci serve a nulla.
EDVIG
Voglio dire che non è necessario, perché stasera il babbo sarà certo di buon umore. È meglio tenere la notizia della
camera per un altra volta.
GINA (la guarda)
Tu sei contenta se hai qualche buona notizia da raccontare al babbo quando la sera ritorna a casa?
EDVIG
Sì , perché allora qui tutto diventa più gaio.
GINA (riflettendo)
Ah sì , questo è vero.
(Il vecchio Ekdal rientra e vuole uscire dalla prima porta a sinistra)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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GINA (si volge a metà sulla sedia)
Nonno, ha bisogno di qualche cosa in cucina?
EKDAL
Sì , vorrei qualcosa. Ma rimani seduta. (esce)
GINA
Non andrà mica a frugare tra i carboni? (aspetta un po') Edvig, guarda un po' che cosa fa.
(Ekdal rientra con un piccolo boccale)
EDVIG
Sei andato a cercar dell'acqua calda, nonno?
EKDAL
Sì , infatti. Ne ho bisogno. Devo scrivere; e l'inchiostro s'è fatto denso come fango... hm.
GINA
Ma il nonno dovrebbe prima cenare. La cena è stata riposta.
EKDAL
Non fa niente per la cena, Gina. Ho molto lavoro, dico. Non voglio nessuno in camera mia. Nessuno... hm. (entra in
camera sua. Gina e Edvig si guardano)
GINA (piano)
Sai capire, dimmi, dove s'è procurato del denaro?
EDVIG
L'avrà sicuramente avuto da Graaberg.
GINA
Ma no. Graaberg manda il denaro sempre a me.
EDVIG
E allora avrà preso in qualche posto una bottiglia a credito.
GINA
Povero nonno, a credito non gli darebbero proprio nulla.
(Hjalmar Ekdal, con il soprabito e un cappello di feltro grigio, entra da destra)
GINA (mette via il lavoro e si alza)
Ma come, Ekdal, sei già di ritorno!
EDVIG (contemporaneamente, salta su)
Pensa, torni già, babbo!
HJALMAR (si toglie il cappello)
Sì , quasi tutti se n'erano andati.
EDVIG
Così presto?
HJALMAR
Sì , era soltanto un pranzo. (vuol togliersi il soprabito)
GINA
Lascia che ti aiuti.
EDVIG
Anch'io (gli fanno togliere il soprabito; Gina lo appende alla parete di fondo)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
23
EDVIG
C'erano molte persone, babbo?
HJALMAR
Ma no, non molte. Eravamo in dodici-quattordici persone a tavola.
GINA
E tu hai potuto parlare con tutti?
HJALMAR
Oh sì , un po'; ma poi specialmente Gregor mi ha sequestrato.
GINA
Gregor è sempre così brutto.
HJALMAR
Già, continua a non avere un bell'aspetto... Il vecchio non è ritornato a casa?
EDVIG
Sì , il nonno è là dentro a scrivere.
HJALMAR
Non ha detto nulla?
GINA
No, cos'avrebbe dovuto dire?
HJALMAR
Non ha accennato a...? Mi sembra di aver udito che è stato da Graaberg. Voglio andare un po' da lui.
GINA
No, no, non ne vale la pena...
HJALMAR
Perché no? Ha detto che non voleva vedermi?
GINA
Non vuole che nessuno vada là dentro stasera...
EDVIG (fa un cenno)
Hm... hm!
GINA (non lo nota)
... è stato qui ed è andato a procurarsi dell'acqua calda...
HJALMAR
Aha, sta...?
GINA
Sì , probabilmente.
HJALMAR
Signore Iddio... povero vecchio padre dai capelli bianchi...! Sì , lasciamo stare e lasciamolo divertire quanto vuole.
(Il vecchio Ekdal, in abito da casa e con una pipa accesa, entra venendo dalla sua camera)
EKDAL
Ritornato a casa? Mi sembrava bene d'aver sentito che eri tu che parlavi.
HJALMAR
Sono ritornato proprio adesso.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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EKDAL
Non mi hai veduto, di'?
HJALMAR
No, ma dicevano che eri passato per... e allora ho voluto seguirti.
EKDAL
Hm, gentile da parte tua, Hjalmar... E chi erano mai tutte quelle persone?
HJALMAR
Oh, ce n'erano diverse. C'era il ciambellano Flor e il ciambellano Balle e il ciambellano Kaspersen e il ciambellano... il
tale; non so...
EKDAL (fa un cenno con la testa)
Lo senti, Gina. È stato insieme con tanti ciambellani.
GINA
Sì , ci sarà stata dunque molta eleganza.
EDVIG
Hanno cantato i ciambellani, babbo? Oppure hanno declamato qualche cosa?
HJALMAR
Non hanno fatto che chiacchierare. Poi avrebbero voluto che io declamassi davanti a loro; ma non ci sono riusciti.
EKDAL
Non ci sono riusciti, dici?
GINA
Lo avresti anche potuto fare.
HJALMAR
No; non bisogna mettersi, così su due piedi, a disposizione di chiunque. (passeggia per la stanza) In ogni caso, io non
mi ci presto.
EKDAL
No, no; Hjalmar non è uomo da far questo, lui.
HJALMAR
Non capisco, perché proprio io dovrei darmi la pena di divertire gli altri, una volta tanto che vado in società. Sgobbino
gli altri. Questi individui vanno da una casa all'altra e mangiano e bevono ininterrottamente un giorno qua e un altro là.
Siano dunque tanto gentili da rendersi utili, in cambio dei buoni pranzi che vengono loro offerti.
GINA
Ma questo non l'avrai detto, nevvero?
HJALMAR (canticchia)
Ha... ha... ha... in verità hanno avuto modo di sentirselo dire, un po' su tutti i toni.
EKDAL
Pur trattandosi di ciambellani!
HJALMAR
Ma non è servito a nulla. (cambiando tono) Poi abbiamo avuto una piccola discussione sul vino del Tokay.
EKDAL
Vino del Tokay, dici? È un vino fino.
HJALMAR (fermandosi)
Può essere fino. Ma ti dirò, che non è ugualmente buono in ogni annata; tutto dipende da quanto sole hanno preso gli
acini dell'uva.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
25
GINA
Oh, tu sai proprio tutto, vedi, Ekdal.
EKDAL
E si sono messi a discutere?
HJALMAR
Ci si sono provati; ma poi ho risposto che capitava proprio la stessa cosa con i ciambellani. Neppure per loro tutte le
annate sono ugualmente buone... ho detto.
GINA
Ecco, tu sai cogliere nel segno.
EKDAL
Eh... eh! E l'hanno mandata giù?
HJALMAR
In pieno.
EKDAL
Senti, Gina, l'ha cantata sul viso a tutti quei ciambellani.
GINA
Ma pensa, proprio sul viso.
HJALMAR
Sì , non voglio però che se ne parli. Simili cose non si raccontano. Tutto poi s'è svolto in un tono amichevole,
naturalmente. Erano persone calme, cordiali, perché avrei dovuto poi ferirle? No!
EKDAL
Ah, proprio sul viso...
EDVIG (insinuante)
Quant'è divertente vederti in marsina. Stai bene in abito da sera, babbo!
HJALMAR
Già, non ti pare? E questa in realtà è impeccabile. Si direbbe quasi che sia stata cucita per me... un pochino stretta sotto
le ascelle, forse... aiutami, Edvig. (si toglie la marsina) Mi metto piuttosto la giacca. Dove hai messo la giacca, Gina?
GINA
Eccola. (gli porta la giacca e lo aiuta)
HJALMAR
A proposito! Ricordati però di restituire a Molvik la marsina domani, subito e per tempo.
GINA (la pone da parte)
Sarà mia cura.
HJALMAR (si stira)
Ah, così ci si sente più a casa propria. E poi quest'abito di casa, libero e trasandato, si adatta meglio a tutto il mio tenore
di vita. Non ti pare, Edvig?
EDVIG
Sì , babbo!
HJALMAR
E se facessi sventolare i due capi della cravatta così ... Ecco qua! Come sta?
EDVIG
Sì ; sta tanto bene col tuo pizzo e con la massa dei tuoi capelli crespi.
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
26
Crespi proprio non li chiamerei; piuttosto direi ricci.
EDVIG
Sì , veramente sono molto mossi.
HJALMAR
Proprio ricci.
EDVIG (un po' dopo, tirandogli la giacca)
Babbo!
HJALMAR
Ebbene, che c è?
EDVIG
Ah, sai bene, quel che c'è.
HJALMAR
No, proprio non lo so.
EDVIG (sorride e piagnucola)
Ma sì , babbo; non mi devi dunque far soffrire tanto.
HJALMAR
Ma che c'è dunque?
EDVIG (scuotendolo)
Sciocchezze; tu me le darai ora, babbo! Lo sai, le buone cose che m'hai promesse.
HJALMAR
Oh... ma guarda, me ne dovevo dimenticare!
EDVIG
No, vuoi soltanto ingannarmi, babbo! Oh, è una vergogna da parte tua! Dove le hai?
HJALMAR
Sì , davvero, me ne son dimenticato. Ma aspetta un po'. Ho qualcosa per te, Edvig.
(Si allontana e cerca nelle tasche della marsina)
EDVIG (salta e batte le mani)
Oh, mamma, mamma!
GINA
Vedi; se dai tempo, allora...
HJALMAR (con un foglio di carta)
Vedi, ecco qua.
EDVIG
Questo qui? Non è che un foglio di carta.
HJALMAR
È la lista del pranzo, vedi, tutta la lista. Qui c'è il «menu»; significa lista.
EDVIG
Non hai qualcos'altro?
HJALMAR
L'ho proprio dimenticato, l'altro, vedi. Ma puoi credere alle mie parole: son tanto divertenti queste ghiottonerie. Mettiti
a sedere ora là vicino alla tavola e leggi la lista, e io ti descriverò poi il gusto dei piatti. Su, via, Edvig.
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EDVIG (inghiotte le lacrime)
Grazie.
(Essa si siede, ma senza leggere; Gina le fa un cenno; Hjalmar lo nota)
HJALMAR (passeggia per la stanza)
È proprio incredibile di quante cose si deve ricordare un padre di famiglia; e se ci si dimentica soltanto di un'inezia... si
devon subito vedere dei musi. Ebbene, ci si abitua anche a questo. (si ferma presso la stufa vicino al vecchio) Hai dato
un occhiata là dentro, stasera, babbo?
EKDAL
Sì , puoi immaginarlo. È andata nella cesta.
HJALMAR
No, è andata nella cesta! Comincia dunque ad abituarsi.
EKDAL
Già, vedi; era appunto quello che io prevedevo. Ma ora, vedi, ora ci sono alcune cosucce per...
HJALMAR
... qualche miglioramento, sì .
EKDAL
Ma bisogna farlo, sai.
HJALMAR
Sì , parliamo un po' di questi miglioramenti, babbo. Vieni qua, e mettiamoci a sedere sul sofà.
EKDAL
Sicuro! Hm, ecco, voglio prima caricare la pipa... devo anche un po' ripulirla. Hm. (entra in camera sua)
GINA (sorride a Hjalmar)
Pulire la pipa, sai.
HJALMAR
Sì , sì , Gina, lascialo stare... povero vecchio naufrago... Già, i miglioramenti... è meglio metterci mano da domani.
GINA
Domani non avrai tempo, Ekdal...
EDVIG (interrompendo)
Ma certo, mamma!
GINA
... perché devi pensare alle copie, che bisogna ritoccare; ce le hanno più volte richieste.
HJALMAR
Sta bene; di nuovo ora le copie? Saranno pronte. Son venute forse ancora nuove ordinazioni?
GINA
No, purtroppo; domani non ho altro da fare che i due ritratti che sai.
HJALMAR
Nient'altro? Ma no, se non ci si dà da fare allora...
GINA
E cosa posso dunque fare? Metto sui giornali tutto quel che posso, mi sembra.
HJALMAR
Già, i giornali, i giornali; lo vedi a che servono. E non sarà neppure venuto nessuno a vedere la camera!
GINA
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No, non ancora.
HJALMAR
Era da aspettarselo. Quando non si sa fare, allora... Bisogna darsi da fare, Gina!
EDVIG (va verso di lui)
Non ti devo prendere il flauto, babbo?
HJALMAR
No, niente flauto; non ho bisogno di alcuna gioia in questo mondo. (passeggia) Sì , domani mi metterò proprio a
lavorare; ci si può contare. Lavorerò di certo sino a che me lo permetteranno le forze.
GINA
Ma, caro Ekdal, non è questo che volevo dire.
EDVIG
Babbo, non devo portare una bottiglia di birra?
HJALMAR
No, proprio no. Non mi serve nulla... (si ferma) Birra?... Parlavi della birra, nevvero?
EDVIG (con vivacità)
Sì , babbo; birra deliziosamente fresca.
HJALMAR
Ebbene... dal momento che proprio lo vuoi, portane una bottiglia.
GINA
Sì , portala; ci daremo bel tempo.
(Edvig corre verso la porta della cucina)
HJALMAR (presso la stufa, la ferma, la guarda, le prende il capo e se lo stringe al petto)
Edvig! Edvig!
EDVIG (felice e in lacrime)
Oh, babbo mio caro!
HJALMAR
No, non chiamarmi così . Mi sono seduto alla tavola di gente ricca... mi sono seduto e ho mangiato a una mensa
stracarica...! Eppure dovevo almeno...!
GINA (sorride presso la tavola)
Oh sciocchezze, sciocchezze, Ekdal.
HJALMAR
Sì ! Ma voi non dovete tenerne troppo conto. Sapete bene che ciononostante vi voglio bene.
EDVIG (gli getta le braccia al collo)
E noi ti vogliamo bene senza misura, babbo!
HJALMAR
E se talvolta sono lunatico, allora... Signore Iddio... ricordatevi che io sono un uomo tormentato dalle preoccupazioni.
Via! (si asciuga gli occhi) Non birra in questo momento. Dammi il flauto.
(Edvig corre allo scaffaletto e lo prende)
HJALMAR
Grazie. Sì , così . Con il flauto in mano, e con voi due vicino a me... oh!
(Edvig si mette a sedere presso il tavolo vicino a Gina; Hjalmar passeggia in su e in giù, attacca a suonare con forza
ed esegue una danza popolare boema, ma a tempo lento ed elegiaco e con tono sentimentale)
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HJALMAR (interrompe la melodia, tende a Gina la mano sinistra e dice commosso)
Si ha un bell'essere nelle strettezze sotto il nostro povero tetto, Gina. È pur sempre la nostra casa. Ed io dico: qui si sta
bene. (comincia a suonare di nuovo; subito dopo si picchia alla porta d'ingresso)
GINA (si alza)
Zitto, Ekdal... penso che venga qualcuno.
HJALMAR (posa il flauto nello scaffaletto)
Ecco, di nuovo! (Gina va ad aprire la porta)
GREGOR WERLE (fuori dalla porta)
Scusate!
GINA (arretrando un po')
Oh!
GREGOR
Non è qui che abita il fotografo Ekdal?
GINA
Sì , è qui.
HJALMAR (si avvicina alla porta)
Gregor! Sei venuto, malgrado tutto! Bene, entra allora.
GREGOR (entra)
Ti ho pur detto, che sarei venuto a vederti.
HJALMAR
Ma stasera...? Hai lasciato la comitiva?
GREGOR
La comitiva e la casa paterna, tutte due. Buonasera, signora Ekdal. Non so, se potete riconoscermi.
GINA
Ma sì ; non è tanto difficile riconoscere il giovane signor Werle.
GREGOR
No, io somiglio a mia madre; e voi la ricorderete bene.
HJALMAR
Sei venuto via da casa tua, hai detto?
GREGOR
Sì , me ne sono andato in albergo.
HJALMAR
Davvero? Ebbene, giacché sei venuto, togliti il cappotto e mettiti a sedere.
GREGOR
Grazie.
(Si toglie il cappotto. Ora è vestito di un semplice abito grigio di foggia campagnola)
HJALMAR
Là, sul sofà. Accomodati.
(Gregor si siede sul sofà, Hjalmar su una seggiola presso il tavolo)
GREGOR (si guarda intorno)
Qui dunque te la passi, Hjalmar. E ci abiti pure.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
30
HJALMAR
Questo è lo studio, come vedi bene...
GINA
Ma qui c'è spazio; e per questo viviamo qui di preferenza.
HJALMAR
Prima avevamo una casa migliore; ma questo alloggio ha un grande vantaggio: ci sono tante magnifiche camere per gli
impicci...
GINA
E poi dall'altra parte del pianerottolo abbiamo una camera, che possiamo affittare.
GREGOR (a Hjalmar)
Guarda, guarda... tu hai anche degli inquilini .
HJALMAR
No, non ancora. Non è tanto facile, vedi; bisogna darsi da fare. (a Edvig) Ma, e questa birra, di'?
EDVIG (fa un cenno di assenso e va in cucina)
GREGOR
è dunque tua figlia?
HJALMAR
Sì , è Edvig.
GREGOR
Ed è l'unica figliola?
HJALMAR
Sì , è figlia unica. È la nostra più grande gioia al mondo, e... (abbassa la voce) è anche la più grave preoccupazione,
Gregor.
GREGOR
Che dici, mai!
HJALMAR
Sì , sai; perché c'è pericolo che stia per perdere la vista.
GREGOR
Diventar cieca!
HJALMAR
Sì . Sinora non si possono scorgere che i primi sintomi; e ciò può durare ancora qualche tempo. Ma il medico ci ha
prevenuti. È inevitabile.
GREGOR
Questa è proprio una disgrazia terribile. Come le è venuta questa malattia?
HJALMAR (sospira)
Ereditaria, probabilmente.
GREGOR
Ereditaria?
GINA
La mamma di Ekdal pure aveva la vista debole.
HJALMAR
Sì , lo dice il babbo; io non posso ricordarlo.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
31
GREGOR
Povera figliola. Ed essa come lo sopporta?
HJALMAR
Oh, puoi immaginartelo, non abbiamo il cuore di dirle una cosa simile. Non sospetta il pericolo. Felice e spensierata, e
cinguettando come un uccellino, volando, entra nella eterna notte della vita. (accasciato) Oh, è una dura oppressione per
me, Gregor. (Edvig porta un vassoio con birra e bicchieri, che posa sul tavolo)
HJALMAR (le carezza il capo)
Grazie, grazie, Edvig.
EDVIG (gli pone il braccio attorno al collo e gli sussurra qualche parola all'orecchio)
HJALMAR
No. Non pane e burro ora. (guarda Gregor) Già, forse Gregor ne vorrà un po'?
GREGOR (rifiutando)
No, no, grazie.
HJALMAR (di nuovo melanconico)
Ebbene, ce ne puoi portare un pochino ugualmente. Se puoi trovare una crosta, tanto meglio. E poi mettici sopra
abbondante burro, sai.
EDVIG (assente, contenta e ritorna in cucina)
GREGOR (che l'ha seguita con gli occhi)
Ma ha l'aspetto così fresco e sano, mi sembra.
GINA
Sì , del resto non le manca nulla, grazie a Dio.
GREGOR
Essa col tempo vi rassomiglierà, signora Ekdal. Che età può avere?
GINA
Edvig tra breve avrà appunto quattordici anni; dopodomani sarà il suo compleanno.
GREGOR
Abbastanza grande per la sua età.
GINA
Sì , è molto cresciuta l'anno scorso.
GREGOR
Guardando i figlioli che crescono si vede bene quanto si invecchi... Quant'è che siete sposati?
GINA
Ci siamo sposati dunque da... già, tra poco saranno quindici anni.
GREGOR
Ma, pensa, tanto!
GINA (si fa attenta; lo guarda)
Sì , proprio così .
HJALMAR
Già, certo, è così . Quindici anni, tra qualche mese. (cambia tono) Devono essere stati degli anni lunghi per te, tutti
questi, lassù alle officine, Gregor.
GREGOR
Furono lunghi, mentre li vissi... adesso, che son trascorsi, quasi non so come sia passato il tempo.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
32
(Il vecchio Ekdal viene dalla sua camera, senza pipa, ma con un logoro berretto della sua uniforme sul capo;
l'andatura è un po' vacillante)
EKDAL
Vedi dunque, Hjalmar, ora possiamo metterci a sedere e chiacchierare... hm. Di che si trattava?
HJALMAR (gli va incontro)
Babbo, c'è qualcuno, Gregor Werle... Non so se ti ricordi di lui.
EKDAL (guarda Gregor, che s'è alzato)
Werle? È il figlio, no? Che vuole da me?
HJALMAR
Nulla; è venuto da me.
EKDAL
Bene, così non c'è nulla di nuovo?
HJALMAR
No di certo, no.
EKDAL (agita le braccia)
Non per questo vedi; non ho paura, ma...
GREGOR (gli va incontro)
Vorrei soltanto salutarvi da parte degli antichi luoghi di caccia, tenente Ekdal.
EKDAL
Luoghi di caccia?
GREGOR
Sì , lassù tutt'intorno alle officine di Höjdal.
EKDAL
Già, lassù. Sì , mi conoscevano bene a quel tempo.
GREGOR
Allora eravate un gran cacciatore.
EKDAL
Lo ero, sì . Può darsi. Voi guardate l'uniforme. Non chiedo a nessuno il permesso di portarla qui dentro. Purché non vada
per la strada...
(Edvig porta un vassoio di fette di pane imburrate, che posa sulla tavola)
HJALMAR
Ora mettiti a sedere, babbo, e prenditi un bicchiere di birra. Favorisci, Gregor.
(Ekdal brontolando e barcollando raggiunge il sofà. Gregor si siede su una sedia molto vicino a lui, Hjalmar dall'altra
parte di Gregor, Gina siede un po' lontano dal tavolo e cuce; Edvig in piedi vicino a suo padre)
GREGOR
Vi ricordate, tenente Ekdal, quando Hjalmar ed io eravamo lassù e vi venivamo a trovare d'estate e a Natale?
EKDAL
Voi? No, no, no, non mi ricordo. Ma oserei dire di essere stato un cacciatore impenitente, io. Ho anche abbattuto degli
orsi. Ne ho abbattuti nove in tutto.
GREGOR (lo guarda con passione)
Ed ora non andate più a caccia?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
33
EKDAL
Oh, non dovete dirlo, caro mio. Vado ancora a caccia, ogni tanto. Sì , ma non come allora. Perché la foresta, vedete... la
foresta, la foresta...! (beve) Sta bene adesso la foresta, lassù?
GREGOR
Non è più come al tempo vostro. Si sono fatti molti tagli.
EKDAL
Dei tagli? (più piano e quasi con paura) È una azione pericolosa, questa. Porta delle conseguenze. La foresta si vendica.
HJALMAR (gli riempie il bicchiere)
Favorisci: ancora un pochino, babbo.
GREGOR
Come può un uomo come voi... un uomo abituato all'aria aperta... vivere in una città piena di fumo, qui dentro tra
quattro pareti?
EKDAL (sorride e strizza l'occhio a Hjalmar)
Oh, qui non si sta poi tanto male. Affatto male.
GREGOR
Ma tutto quell'insieme di cose tra cui la vostra anima è cresciuta? Quell'aria fresca carezzante, quella vita libera nella
foresta e sugli altipiani, tra fiere ed uccelli...?
EKDAL (sorride)
Hjalmar, dobbiamo mostrarglielo?
HJALMAR (con vivacità e un po' contrariato)
Ma no, no, babbo, non questa sera.
GREGOR
Che cosa vuoi mostrarmi?
HJALMAR
Oh, è soltanto qualcosa come... lo potrai vedere un'altra volta.
GREGOR (si rivolge al vecchio)
Già, era questo che volevo dire, tenente Ekdal: ora voi potreste venire con me alle officine; poiché io riparto subito.
Anche lassù facilmente potranno trovar per voi da fare delle ricopiature. E qui non avete nulla al mondo, che possa
attrarvi o interessarvi.
EKDAL (lo guarda con stupore)
Non ho nulla, che...!
GREGOR
Sì , avete Hjalmar; ma egli alla sua volta ha i suoi. E un uomo come voi, che sempre s'è sentito tanto attratto verso tutto
ciò che è libero e selvaggio...
EKDAL (dà un pugno sul tavolo)
Hjalmar, adesso deve vederlo!
HJALMAR
Ma no, babbo, ora non ne val la pena. È tutto buio...
EKDAL
Sciocchezze; c'è chiar di luna. (si alza) Lo deve vedere, dico. Fammi passare. Vieni ad aiutarmi, Hjalmar!
EDVIG
Ma sì , mostralo, babbo!
HJALMAR (si alza)
Sì , e sia dunque.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
34
GREGOR (a Gina)
Che cos'è mai?
GINA
Oh, in verità non dovete credere che sia qualche cosa di straordinario.
(Ekdal e Hjalmar vanno alla parete di fondo e scostano ciascuno un battente della porta; Edvig aiuta il vecchio;
Gregor rimane in piedi presso il sofà; Gina rimane tranquillamente seduta e cuce. Attraverso il vano della porta si
vede un'ampia lunga soffì tta di forma irregolare con delle travi e un paio di tubi da stufa. Ci sono abbaini da cui un
luminoso chiaro di luna penetra nell'interno in certe parti della vasta stanza; altre restano in profonda oscurità)
EKDAL (a Gregor)
Dovete venire senza esitare, voi.
GREGOR (va verso di loro)
Di che si tratta dunque?
EKDAL
Potete vedere. Hm.
HJALMAR (un po' contrariato)
T utto questo appartiene a mio padre, comprendi.
GREGOR (sulla porta, guarda nell'interno della soffitta)
Voi allevate dei polli, tenente Ekdal!
EKDAL
Volete dire che alleviamo dei polli. Sono appollaiati, ora. Ma dovreste soltanto vederli alla luce del giorno, questi polli,
voi!
EDVIG
E poi ci sono...
EKDAL
Zitta... zitta; non dir nulla ancora.
GREGOR
E avete anche dei piccioni, a quel che vedo.
EKDAL
Ma sì , potrebbe anche darsi che avessimo dei piccioni! Hanno i loro nidi lassù sotto il tetto, essi; perché i piccioni
stanno volentieri in alto, capite bene.
HJALMAR
Non son altro che dei piccioni comuni.
EKDAL
Comuni! No, proprio non lo direi! Abbiamo i piccioni culbutants, e poi abbiamo anche un paio di grands-goviers. Ma
venite un po' qui! Riuscite a vedere quella cassettina lassù sul muro?
GREGOR
Sì ; a che serve?
EKDAL
Là stanno di notte i conigli, caro mio.
GREGOR
Davvero; avete anche i conigli?
EKDAL
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
35
Sì , potete dunque anche pensare, corpo del diavolo, che abbiamo dei conigli! Chiede, se abbiamo conigli, senti,
Hjalmar! Hm! Ma ora viene il bello, vedete! Ora viene il bello! Scansati, Edvig. Mettetevi là, così , ecco; e guardate poi
laggiù... Non vedete una cesta con dentro della paglia?
GREGOR
Sì . E vedo che nella cesta c è un uccello.
EKDAL
Hm... un «uccello»...
GREGOR
Non è un'anitra?
EKDAL
Già, evidentemente è un'anitra.
HJALMAR
Ma un'anitra di quale specie pensi mai che sia?
EDVIG
Non è un'anitra comune...
EKDAL
Zitta!
GREGOR
E neppure un'anitra turca.
EKDAL
No, signor Werle; non è un'anitra turca; ma è un'anitra selvatica.
GREGOR
Ma davvero? Un'anitra selvatica?
EKDAL
Sicuro, proprio così . L'«uccello», come voi dicevate... è un'anitra selvatica, proprio. È la nostra anitra selvatica, caro
mio.
EDVIG
La mia anitra selvatica. Perché è mia.
GREGOR
E può vivere quassù in una soffitta? Ci sta bene?
EKDAL
Comprenderete bene che ha un mastello con l'acqua per sguazzarci.
HJALMAR
Acqua fresca ogni due giorni.
GINA (si volta verso Hjalmar)
Ma, caro Ekdal, ora comincia a fare un freddo glaciale qui, sai.
EKDAL
Hm, chiudiamo dunque. Non va bene neppure disturbarli nella quiete della notte. Aiutami, Edvig. (Hjalmar e Edvig
chiudono la porta della soffitta)
EKDAL
Un'altra volta avrete modo di vedere meglio. (si siede in una poltrona presso la stufa) Oh, sono proprio interessanti, le
anitre selvatiche, sapete?
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
36
Ma come avete fatto a prenderla, tenente Ekdal?
EKDAL
Non l'ho presa mica io. C'è un uomo qui in città, che dobbiamo ringraziare per questo.
GREGOR (si ferma un po')
Quest'uomo dunque non potrebbe essere per caso mio padre?
EKDAL
Sì , certamente. Proprio vostro padre. Hm.
HJALMAR
È strano davvero che tu l'abbia indovinato, Gregor.
GREGOR
M'hai detto poco fa che tu eri debitore di tante cose verso mio padre; e allora ho pensato che...
GINA
Ma non abbiamo ricevuto l'anitra direttamente dall'industriale...
EKDAL
Dobbiamo però ringraziare ugualmente Haaken Werle, Gina. (a Gregor) Egli era fuori in barca, vedete; e tirò sulla
bestiola. Ma ci vede tanto male, vostro padre. Hm; non fece altro che storpiarla.
GREGOR
Avrà ricevuto un paio di pallini nel corpo.
HJALMAR
Già, ricevette due o tre pallini di piombo.
EDVIG
È stata colpita sotto l'ala, e così non poteva più volare.
GREGOR
Bene, e allora si sarà tuffata sino al fondo, naturalmente?
EKDAL (mezzo assopito, con la lingua impacciata)
Lo sapete bene. Fan sempre così le anitre selvatiche. Vanno sul fondo... tanto a fondo quanto possono, caro mio... si
attaccano con tenacia alle alghe e ai fuchi... e a tutte le diavolerie, che si trovano laggiù. E così non ritornano mai a
galla.
GREGOR
Ma, tenente Ekdal, la vostra anitra selvatica è ritornata a galla.
EKDAL
Aveva un cane incomparabilmente vorace, vostro padre... E quel cane... si tuffò e riportò l'anitra a galla.
GREGOR (rivolto a Hjalmar)
E così l'avete avuta?
HJALMAR
Non subito; prima andò a casa di tuo padre; ma là non si trovava bene; e così Pettersen ebbe ordine di farla finita con
quella bestia...
EKDAL (mezzo addormentato)
Hm... già, Pettersen... quel bel tipo...
HJALMAR (parla più piano)
Fu in tal modo che la ottenemmo, vedi; poiché il babbo conosce un po' Pettersen; e quando udì della povera anitra, si
dette da fare perché gli venisse ceduta.
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
37
Ed ora, qui nella soffitta, si trova bene.
HJALMAR
Sì , proprio incredibilmente bene, sai. S'è ingrassata. Già, e poi è tanto che sta là dentro, che avrà dimenticato la vita
selvatica; è tutto quel che ci vuole.
GREGOR
Hai perfettamente ragione, Hjalmar. Non farle però veder mai più cielo o mare... Ma non oso trattenermi ancora; mi
pare che tuo padre dorma.
HJALMAR
Oh, se è per questo...
GREGOR
Ah, è vero... tu dicevi poco fa che avevi una camera da affittare... una camera libera?
HJALMAR
Sicuro; ebbene? Conosci forse qualcuno...?
GREGOR
Potrei averla questa camera?
HJALMAR
Tu?
GINA
Ma voi, signor Werle...?
GREGOR
Posso averla questa camera? Così trasloco subito domattina per tempo.
HJALMAR
Sì , con il più grande piacere.
GINA
Ma no, signor Werle, evidentemente non è una camera per Voi questa.
HJALMAR
Ma, Gina, come lo puoi dire?
GINA
Sì , perché la camera non è grande e neppure abbastanza luminosa e...
GREGOR
Non fa nulla, signora Ekdal.
HJALMAR
Mi sembra, in realtà, che sia una camera proprio carina; e neppure tanto male arredata.
GINA
Ma ricordati dei due che abitano di sotto.
GREGOR
Chi sono questi due?
GINA
Oh, c'è uno, che è stato precettore...
HJALMAR
È il candidato Molvik.
GINA
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
38
... e poi c'è un dottore, che si chiama Relling.
GREGOR
Relling? Lo conosco un pochino; ha esercitato un tempo lassù a Hödal.
GINA
Proprio una coppia di scioperati. Fan baldoria di sera; e poi tornano a casa molto tardi di notte, e non sono sempre
tanto...
GREGOR
Ci si abitua presto a simili cose. Farò come l'anitra selvatica...
GINA
Hm, mi sembra che dovreste prima dormirci sopra.
GREGOR
Proprio tanto malvolentieri mi prendereste in casa, signora Ekdal.
GINA
Ma Santa Croce: come fate a pensar questo?
HJALMAR
Sì , è davvero strano da parte tua, Gina. (a Gregor) Ma dimmi, pensi di rimanere qui in città per il momento?
GREGOR (si mette il soprabito)
Sì , adesso penso di rimanere qui.
HJALMAR
E non in casa di tuo padre? Che cosa dunque pensi di fare?
GREGOR
Già, se soltanto lo sapessi, sai... non sarei tanto a mal partito. Ma quando si ha addosso la croce di chiamarsi Gregor...
«Gregor»... e poi anche «Werle»; hai mai sentito nulla di più brutto?
HJALMAR
Oh! non mi sembra affatto.
GREGOR
Uf! Che errore! Mi vien voglia di sputare su un individuo, che si chiami così . Quando dunque, ancora una volta, si ha la
croce di esser Gregor... Werle a questo mondo, allora...
HJALMAR (ride)
Ah... ah, se tu non fossi Gregor Werle, che cosa vorresti essere?
GREGOR
Se potessi scegliere, vorrei essere piuttosto un cane intelligente.
GINA
Un cane!
EDVIG (contrariata)
Oh, ma no!
GREGOR
Sì , proprio un cane incomparabilmente intelligente; uno di quelli che vanno sul fondo dietro alle anitre selvatiche,
quando si tuffano e si aggrappano alle alghe e ai fuchi giù nella mota.
HJALMAR
Sai, Gregor... non capisco neppure una parola di tutto questo discorso.
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
39
Ma no, e a dire il vero l'idea non è neppure strana. Domani per tempo dunque... mi trasferirò qui. (a Gina) Non avrete
alcun fastidio da parte mia; perché mi fo tutto da me. (a Hjalmar) Quanto al resto, ne riparleremo domani... Buonanotte,
signora Ekdal (fa un cenno a Edvig) Buonanotte!
GINA
Buonanotte, signor Werle.
EDVIG
Buonanotte.
HJALMAR (che ha acceso una candela)
Aspetta un po'; ti farò luce; sarà certamente buio per le scale.
(Gregor e Hjalmar escono dalla porta d'ingresso)
GINA (guarda davanti a sé, con il lavoro in grembo)
... Non era una strana idea dire che preferiva essere un cane?
EDVIG
Ti dirò, mamma... mi pare che con questo intendesse dire un'altra cosa.
GINA
E che poteva essere?
EDVIG
Mah, io non lo so; aveva però l'aria di pensare ad altro, a cose diverse da quelle di cui parlava, in ogni momento.
GINA
Credi? Già, strano.
HJALMAR (ritorna)
La lampada era ancora accesa. (spegne la candela e la posa da parte) Ah, finalmente ci si potrà dunque procurare un
boccone di pane nella vita. (comincia a mangiare pane e burro) Ebbene, lo vedi, Gina, quando ci si dà da fare, allora...
GINA
Come darsi da fare?
HJALMAR
Sì , perché è stata proprio una fortuna di poter finalmente una buona volta affittare la camera. E poi, pensa... a un uomo
come Gregor... un vecchio buon amico.
GINA
Già, non so che dirne.
EDVIG
Oh mamma, vedrai, sarà tanto divertente!
HJALMAR
Sei proprio curiosa. Prima eri tanto impaziente di affittare la stanza; ed ora non ti va più a genio.
GINA
Sì , Ekdal; se si fosse soltanto affittata ad un altro, allora... Ma che cosa dirà l'industriale?
HJALMAR
Il vecchio Werle? Non lo riguarda.
GINA
Dovresti pur capire, che è accaduto qualcosa tra loro, dal momento che il giovane se ne va da casa. Sai bene quali siano
i rapporti di quei due.
HJALMAR
Già, può anche darsi, ma...
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
40
GINA
E adesso forse l'industriale crederà che sia tu, che gli sei stato dietro per...
HJALMAR
Ebbene, creda quel che vuole! L'industriale Werle ha fatto moltissimo per me; Dio me ne guardi... lo riconosco. Per
questo però non posso eternamente dipendere da lui.
GINA
Ma, caro Ekdal, tutto finirà per ricadere sul nonno; forse ora il poveretto perderà il piccolo guadagno di Graaberg.
HJALMAR
Starei quasi per dire: tanto meglio! Non è un po' umiliante per un uomo come me vedere il proprio padre con i capelli
grigi andare attorno come un proscritto? Ma verrà una buona volta, e presto un tempo felice, penso. (prende un altro
pezzo di pane imburrato) Io ho in verità un dovere nella vita, e lo adempirò.
EDVIG
Oh, sì babbo! Davvero!
GINA
Zitta; non svegliarlo!
HJALMAR (più piano)
Lo adempirò, dico. Verrà una buona volta il giorno, in cui... Ecco perché è bene che abbiamo potuto affittare la stanza,
perché così sarò indipendente. E deve esserlo l'uomo che ha un compito nella vita. (volgendosi alla poltrona,
commosso) Povero vecchio padre dai capelli grigi... Puoi aver fiducia nel tuo Hjalmar, sai... Ha le spalle larghe, spalle
solide in ogni caso... Un bel giorno pure ti sveglierai e... (a Gina) Forse non ci credi?
GINA (si alza)
Certo che ci credo; ma prima vediamo di metterlo a letto.
HJALMAR
Sì , è vero.
(Sollevano il vecchio con cautela)
ATTO TERZO
Lo studio di Hjalmar; la luce del giorno scende dalle grandi finestre del tetto obliquo; le cortine sono alzate.
Hjalmar sta seduto presso il tavolo, intento a svolgere una fotografia; molte altre immagini gli stanno davanti. Poco
dopo dalla porta di fondo entra Gina con cappello e mantello; ha in mano un cestino per le provviste.
HJALMAR
Già qui, Gina?
GINA
Oh, sì , bisogna spicciarsi. (posa il cestino su una sedia e si toglie il mantello)
HJALMAR
Hai dato un'occhiata di là da Gregor?
GINA
Ma certo che l'ho data. Sta proprio bene là dentro; ha messo subito tutto a posto appena entrato.
HJALMAR
Davvero?
GINA
Già, ha voluto far da sé la sua camera, ha detto. E poi ha dovuto pure metter legna nella stufa; e così ha chiuso lo
sfiatatoio e la camera s'è tutta riempita di fumo. Uf, c'era un odore che...
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
41
HJALMAR
Ma no.
GINA
E poi viene il bello; perché ha voluto spegnere, ha gettato dentro la stufa tutta l'acqua della brocca, ed ha insudiciato
tutto il pavimento.
HJALMAR
Proprio spiacevole.
GINA
Ora ho mandato la portinaia a pulire in camera di quel porco; ma non ci si potrà entrare prima del pomeriggio.
HJALMAR
E che farà intanto?
GINA
È andato un po' fuori, ha detto.
HJALMAR
Anch'io sono stato da lui un momento... dopo che eri uscita.
GINA
Ho udito. E lo hai invitato a colazione.
HJALMAR
Soltanto una piccola prima colazione, capisci. È il primo giorno... non potevamo farne a meno. Tu poi hai sempre roba
in casa.
GINA
Vedrò di trovare qualcosa.
HJALMAR
Ma guarda però che non sia troppo poco. Perché anche Relling e Molvik verranno su, credo. Ho incontrato Relling per
le scale, vedi, e così ho dovuto...
GINA
Come, anche quei due?
HJALMAR
Signore Iddio... un paio di più o di meno, questo non fa differenza.
IL VECCHIO EKDAL (apre la porta e guarda dentro la stanza)
enti, Hjalmar... (nota Gina) Bene.
GINA
Nonno, vuole qualche cosa?
EKDAL
Oh no; fa lo stesso. Hm! (rientra)
GINA (prende il cestino)
Sta' attento, che non esca.
HJALMAR
Sì , sì , ci baderò... Ascolta, Gina; un po' d'insalata con le aringhe ci starebbe proprio bene; perché Relling e Molvik sono
stati fuori a far bisboccia anche stanotte.
GINA
Purché non mi capitino troppo spesso addosso...
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
42
HJALMAR
Ma no; prenditi pure il tempo necessario.
GINA
Ma sì , ma sì ; e tu intanto cerca di lavorare un po'.
HJALMAR
Mi metterò a lavorare! Quanto potrò!
GINA
Perché io possa avere le mani libere, vedi. (va con il cestino in cucina)
HJALMAR (rimane seduto un po' e fa ritocchi sulla fotografia; lavora con negligenza ed a malincuore)
EKDAL (fa capolino, guarda attorno nella stanza e dice a bassa voce)
Hai da fare, tu?
HJALMAR
Sì , sto qui a rompermi la schiena con queste fotografie...
EKDAL
Già, già, Dio ce ne liberi... poiché hai tanto da fare, allora... (ritorna in camera; la porta rimane socchiusa)
HJALMAR (continua a lavorare un po' in silenzio; poi posa il pennello e va verso la porta)
S ei occupato, babbo?
EKDAL (dall'interno borbotta)
Se tu sei occupato, lo sono anch'io. Hm!
HJALMAR
Sì , sì , sta bene. (ritorna al suo tavolo)
EKDAL (dopo un po', si presenta di nuovo alla porta)
Hm; vedi, Hjalmar, non ho poi tanto da fare.
HJALMAR
Mi sembra che tu debba scrivere.
EKDAL
Diamine, non potrà aspettare, Graaberg, un giorno oppure due? Non si tratta della vita, ch'io sappia.
HJALMAR
No, e poi tu non sei mica uno schiavo.
EKDAL
E ci sarebbe da fare ben altro là dentro...
HJALMAR
Già, infatti. Forse vorresti entrare? Devo aprirti la porta?
EKDAL
Non sarebbe proprio a sproposito.
HJALMAR (si alza)
Eppoi sarà bell'e fatto.
EKDAL
Proprio così , già. Dev'esser pronto per domattina presto. Perché è per domani, nevvero? Hm?
HJALMAR
Sicuro, per domani.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
43
(Hjalmar e Ekdal tirano da parte ciascuno un battente della porta di fondo. Il sole mattutino rischiara l'interno
attraverso gli abbaini, alcuni piccioni volano avanti e indietro, altri camminano e tubano sulle impalcature; le galline
schiamazzano di quando in quando più lontano, dall'interno della soffitta)
HJALMAR
Ecco, ora puoi entrare, babbo.
EKDAL (entra)
E tu non vieni con me?
HJALMAR
Sì , sai perché... credo quasi... (vede Gina sulla porta di cucina) Io? No, non ho tempo, devo lavorare... Ed ora il
meccanismo... (tira un cordone; scivola giù un telone, la parte inferiore è una striscia di vecchia tela, la parte
superiore un pezzo di rete da pesca. In tal modo non è più visibile il pavimento della soffitta)
HJALMAR (si avvia al tavolo)
Guarda; ecco, me ne potrò star seduto un po' in pace.
GINA
Ora starà là dentro a rimestare di nuovo?
HJALMAR
Era meglio, forse, che fosse sceso già da madama Eriksen? (si siede) Che vuoi? Dicevi appunto...
GINA
Volevo soltanto chiederti se credi che possiamo servire la colazione qui.
HJALMAR
Sì , nessuno verrà poi tanto presto.
GINA
No, non aspetto che i due fidanzati, devono posare insieme.
HJALMAR
Che diavolo, non potrebbero posare insieme un altro giorno!
GINA
No, caro Ekdal, ho dato l'appuntamento per dopo mezzogiorno, quando tu dormi.
HJALMAR
Bene, va proprio bene. Già, allora mangeremo qui.
GINA
Sì , sì ; ma non c'è fretta di apparecchiare ancora; ancora per un po' puoi servirti del tavolo.
HJALMAR
Oh, mi sembra, e tu lo vedi, che me ne sto qui e mi servo del tavolo quanto posso!
GINA
Dopo sarai libero, vedi. (ritorna in cucina)
(Breve pausa)
EKDAL (sulla porta della soffitta, dall'altra parte della rete)
Hjalmar!
HJALMAR
Ebbene?
EKDAL
Temo che finiremo col rimuovere il mastello.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
44
HJALMAR
Già, è appunto quello che io ho sempre detto.
EKDAL
Hm... hm... hm. (si allontana di nuovo dalla porta)
HJALMAR (lavora un po', guarda il soffitto e si alza a metà. Edvig entra dalla cucina)
HJALMAR (in fretta si rimette a sedere)
C he cosa vuoi?
EDVIG
Volevo soltanto venir da te, babbo.
HJALMAR (dopo un po')
Mi sembra che tu vada spiando attorno. Fai la guardia, forse?
EDVIG
No, affatto.
HJALMAR
Che sta facendo la mamma ora là dentro?
EDVIG
Oh, la mamma sta preparando l'insalata con le aringhe, sai. (va verso il tavolo) Non potrei aiutarti, in qualche piccola
cosa, babbo?
HJALMAR
Ma no. È meglio che faccia tutto da me... Sino a che le forze mi aiuteranno... Non c'è bisogno, Edvig; sinché tuo padre
potrà aver salute...
EDVIG
Ma no, babbo; ora non devi dire brutte cose.
(Essa va un po' attorno, si ferma presso il vano della porta, e guarda nell'interno della soffitta)
HJALMAR
Che sta facendo, di'?
EDVIG
Certamente farà una nuova strada per salire sul mastello.
HJALMAR
Non riuscirà mai a farlo con le sue mani! Ed io che devo essere condannato a star seduto qui...!
EDVIG (va verso di lui)
Lasciami prendere il pennello, babbo; so fare abbastanza.
HJALMAR
Oh, sciocchezze; non faresti che rovinarti gli occhi.
EDVIG
Niente affatto. Dammi qua il pennello.
HJALMAR (si alza)
Sì , non sarebbe poi che per un minuto o due.
EDVIG
Beh, che cosa potrebbe farmi? (prende il pennello) Vedi, così . (si siede) E qui ho un modello.
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
45
Ma non rovinarti gli occhi! Lo comprendi? Io non voglio avere nessuna responsabilità; devi far ricadere su te la
responsabilità... te lo dico io.
EDVIG (ritocca)
Sì , sì , sarà mia.
HJALMAR
Sei molto brava, Edvig. Solo un paio di minuti, comprendi. (egli sguscia da un lato del telone nell'interno della soffitta.
Edvig sta seduta al suo lavoro. Si senton discutere nell'interno Hjalmar e Ekdal)
HJALMAR (si mostra dall'altra parte della rete)
Edvig, dammi le tanaglie, che stanno sul palchetto. E poi il martello, sai. (si volge all'interno) Sì , ora vedrai, babbo.
Lasciami prima avere il permesso di mostrarti come l'intendo io!
EDVIG (ha preso gli utensili dallo scaffale e glieli passa)
HJALMAR
Così , grazie. Sì , era proprio necessario che venissi io. (si allontana dal vano della porta; lavorano da falegname e
chiacchierano nell'interno)
(Edvig rimane in piedi e li guarda. Un po' dopo si picchia alla porta d'ingresso; essa non ci fa caso)
GREGOR WERLE (a capo scoperto e senza soprabito, entra e si ferma un po' sulla porta)
Hm...!
EDVIG (si volta e va verso di lui)
Buongiorno. Favorite, venite avanti.
GREGOR (guarda verso la soffitta)
Sembrerebbe che abbiate operai in casa.
EDVIG
No, sono il babbo e il nonno. Ora li avverto.
GREGOR
No, no, non avvertiteli; preferisco aspettare un po'. (si siede sul sofà)
EDVIG
Qui è tutto in disordine... (vuol metter via le fotografie)
GREGOR
Ma lasciate stare. Lavorate con le fotografie?
EDVIG
Sì , un pochino, devo aiutare il babbo.
GREGOR
Non bisogna però ch'io vi disturbi.
EDVIG
Oh no.
(Essa attira a sé gli oggetti e si mette a lavorare; Gregor la guarda intanto in silenzio)
GREGOR
Ha dormito bene stanotte l'anitra selvatica?
EDVIG
Sì , grazie, suppongo.
GREGOR (rivolto verso la soffitta)
Alla luce del giorno ha un aspetto completamente diverso da quello di iersera al chiaro di luna.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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EDVIG
Sì , ha un aspetto del tutto diverso. Di mattina è completamente diversa dalla sera; e quando piove da quando fa bel
tempo.
GREGOR
Ve ne siete accorta?
EDVIG
Sì , lo si vede tanto bene.
GREGOR
E ci state volentieri là dentro vicino all'anitra selvatica?
EDVIG
Sì , quand'è possibile, allora...
GREGOR
Ma sicuramente non avrete tanto tempo libero; andrete pure a scuola.
EDVIG
No, ora non più; perché il babbo teme che mi faccia male agli occhi.
GREGOR
Bene, allora vi farà studiare lui.
EDVIG
Il babbo mi ha promesso di farmi studiare; ma non ne ha ancora avuto il tempo.
GREGOR
E non c'è nessun altro, che vi aiuti un pochino?
EDVIG
Sì , il candidato Molvik; ma non è sempre così normale... vero...
GREGOR
Si ubriaca, no?
EDVIG
Sicuro.
GREGOR
Bene, e così avrete del tempo libero. E là dentro dev'essere proprio un mondo a parte, nevvero... suppongo?
EDVIG
Proprio un mondo a parte. E poi ci son tante cose meravigliose.
GREGOR
Davvero?
EDVIG
Sì , ci sono grandi scaffali con libri; e in molti libri ci sono illustrazioni.
GREGOR
Aha!
EDVIG
E c'è un antico mobiletto con tiretti e coperchi a cerniera, e un grande orologio con figure che escono fuori. Ma
quell'orologio non cammina più.
GREGOR
Anche il tempo s'è fermato là dentro... dall'anitra selvatica.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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EDVIG
Sì . E poi ci son delle vecchie scatole colorate e altre cose; e poi tutti i libri.
GREGOR
E voi i libri li leggete?
EDVIG
Ma sì , quando posso andarci. Nella maggior parte però sono in inglese; e io non lo comprendo. Così ne guardo le
figure... C'è un libro molto grosso, intitolato «Harryson's History of London»; avrà sicuramente cent'anni; e ci sono poi
moltissime figure. Sul frontespizio è rappresentata la morte con un orologio a polvere, e una Vergine. Mi sembra brutta.
Ma poi ci son tutte le altre figure con chiese e castelli e vie e grandi bastimenti, che veleggiano sul mare.
GREGOR
Ma ditemi, da chi avete avuto tutte queste cose straordinarie?
EDVIG
Oh, qui abitò una volta un vecchio capitano di mare, e se le portò a casa. Lo chiamavano «l'Olandese volante». Ed è
strano; perché non era affatto olandese.
GREGOR
No?
EDVIG
No. Ma poi un bel giorno non tornò più; e tutto questo è rimasto qui.
GREGOR
Sentite, ditemi un po'... quando ve ne state là dentro a guardare le figure, non avreste voglia di andar fuori e di andare a
vedere direttamente voi stessa il grande mondo?
EDVIG
Ma no! Io voglio rimaner sempre qui a casa e aiutare il babbo e la mamma.
GREGOR
A ritoccare fotografie?
EDVIG
Non questo soltanto. Vorrei soprattutto imparare a incidere immagini, come quelle che sono nei libri inglesi!
GREGOR
Hm; e che ne dice vostro padre?
EDVIG
Non credo che piaccia, al babbo; perché il babbo è tanto strano in questo. Pensate, dice che dovrei imparare a intrecciare
ceste e impagliare! Ma non mi sembra che possa andare per me.
GREGOR
No, non sembra neppure a me.
EDVIG
Il babbo ha però ragione in questo: se io avessi imparato a intrecciare cestelli, ora avrei potuto fare la nuova cesta per
l'anitra selvatica.
GREGOR
Davvero; e sarebbe proprio quel che ci vorrebbe.
EDVIG
Sì ; perché è mia l'anitra selvatica.
GREGOR
Sì ; certo.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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EDVIG
Sicuro; mi appartiene. Ma il babbo e il nonno possono prendermela quando vogliono.
GREGOR
Davvero; e che ne fanno?
EDVIG
Oh, se ne occupano loro, fabbricano oggetti per essa, e cose simili.
GREGOR
Me lo immagino; perché l'anitra selvatica è senz'altro la cosa più importante là dentro.
EDVIG
Sicuro, proprio così ; perché è un vero uccello selvatico. E poi fa tanta compassione; non ha nessuno con cui stare,
poverina.
GREGOR
Non ha famiglia come i conigli...
EDVIG
No. Di galline anche ce ne son parecchie, che sono cresciute insieme; ma essa è tanto lontana da tutti i suoi, sapete. E
poi è una cosa proprio straordinaria, l'anitra selvatica. Non c'è nessuno, che la conosca; e nessuno sa neppure di dove sia
venuta.
GREGOR
E poi essa è stata nel fondo dei mari.
EDVIG (lo fissa, reprime un sorriso e chiede)
Perché dite «il fondo dei mari»?
GREGOR
Come dovrei dire altrimenti?
EDVIG
Potreste dire «fondo del mare»... o «in fondo al mare».
GREGOR
Oh, e non posso ugualmente bene dire «fondo dei mari»?
EDVIG
Sì ; ma mi suona tanto strano, quando altre persone dicono «fondo dei mari».
GREGOR
E perché? Ditemi perché.
EDVIG
No, non voglio; è una sciocchezza.
GREGOR
Oh, no davvero. Ditemi ora, perché avete sorriso.
EDVIG
Perché sempre, ogni volta che... a un dato momento... mi vien fatto di pensare a tutto quello che c'è là dentro, sempre mi
sembra che la stanza e le altre cose insieme si debbano chiamare «fondo dei mari»... Ma è proprio una sciocchezza.
GREGOR
Non dovreste dire questo.
EDVIG
Sì , non è che una soffitta.
GREGOR (la guarda fisso)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
49
Ne siete proprio sicura?
EDVIG (stupefatta)
Che sia una soffitta?
GREGOR
Sì , lo sapete proprio con certezza?
EDVIG (tace e lo guarda a bocca aperta)
(Gina viene dalla cucina con la tovaglia e le stoviglie)
GREGOR (si alza)
Son venuto anche troppo presto da voi.
GINA
Oh, in qualche posto dovevate stare; ed ora tra poco sarà pronto. Sgombra la tavola Edvig.
(Edvig sgombra; essa e Gina apparecchiano durante la scena seguente. Gregor si siede su una poltrona e sfoglia un
album)
GREGOR
Sento che voi sapete ritoccare, signora Ekdal.
GINA (con un'occhiata di traverso)
Già, difatti.
GREGOR
Proprio una fortunata coincidenza.
GINA
Come fortunata?
GREGOR
Dal momento che Ekdal è diventato fotografo, intendo.
EDVIG
La mamma sa anche far fotografie.
GINA
Oh sì , ho ben dovuto imparare questo mestiere.
GREGOR
E così siete voi forse che dirigete gli affari?
GINA
Sì , quando Ekdal non ha tempo, allora...
GREGOR
Il vecchio padre difatti deve tenerlo molto occupato, suppongo.
GINA
Sì , e poi non è cosa per un uomo come Ekdal andar di qua e di là a far ritratti a tutti.
GREGOR
Sembra anche a me; ma dal momento che una buona volta si è messo su questa strada, allora...
GINA
Il signor Werle deve ben immaginare che Ekdal non è uno dei soliti fotografi.
GREGOR
No, di certo! Ma...?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
50
(Un colpo d'arma da fuoco dall'interno della soffitta)
GREGOR (trasalisce)
Cos'è?
GINA
Uf, sparano di nuovo!
GREGOR
Sparano anche?
EDVIG
Vanno a caccia.
GREGOR
Come mai? (verso la porta della soffitta) Vai a caccia, Hjalmar?
HJALMAR (dall'altra parte della rete)
Sei arrivato? Non ne sapevo nulla; ero tanto occupato... (a Edvig) E tu, che non ci avverti! (entra nello studio)
GREGOR
Tu spari in soffitta?
HJALMAR (mostra una pistola a doppia canna)
Oh, è soltanto con questa.
GINA
Già, tu e il nonno finirete una buona volta per provocare qualche disgrazia con questa pigstola.
HJALMAR (adirato)
Io credo di averti detto che una simile arma da fuoco si chiama pistola.
GINA
Oh, non è gran che di meglio, questo, mi sembra.
GREGOR
E così anche tu sei diventato cacciatore, Hjalmar.
HJALMAR
Soltanto un po' di caccia ai conigli, ogni tanto. E soltanto per colpa di mio padre, comprenderai bene.
GINA
Gli uomini son proprio strani, loro; devono aver sempre qualche cosa con cui distrarsi.
HJALMAR (irritato)
Sì , proprio, sì ; dobbiamo avere sempre qualcosa con cui divertirci.
GINA
Ecco, è appunto quel che dico.
HJALMAR
Bene, hm! (a Gregor) Già, vedi, e fortunatamente la soffitta è situata in modo che nessuno ci può udire quando
spariamo. (posa la pistola sul più alto palchetto dello scaffale) Non toccare la pistola, Edvig! Una canna è carica,
ricordatelo.
GREGOR (guarda nell'interno attraverso la rete)
Hai anche un fucile da caccia, a quel che vedo.
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
51
È il vecchio fucile di mio padre. Non ci si può più sparare, perché è guasto il cane. È molto divertente comunque
possederlo; possiamo smontarlo e pulirlo ogni tanto e ungerlo con grasso e poi rimontarlo... Sì , ci si diverte con cose del
genere.
EDVIG (avvicinandosi a Gregor)
Adesso potete vedere bene l'anitra selvatica.
GREGOR
La sto appunto guardando. Trascina un po' un'ala, mi pare:
HJALMAR
Già, è naturale, è stata colpita.
GREGOR
E così zoppica un po' da un piede. O non è così ?
HJALMAR
Forse, soltanto un tantino.
EDVIG
Sì , dal piede che le morse il cane.
HJALMAR
Ma del resto, essa non ha nessun difetto e nessuna imperfezione; ed è proprio straordinario perché ha preso una scarica
di pallini nel corpo ed è stata tra i denti di un cane...
GREGOR (con un'occhiata a Edvig)
... ed è stata nel fondo dei mari... per tanto tempo.
EDVIG (sorride)
Sì .
GINA (si mette accanto al tavolo)
Questa benedetta anitra selvatica, già. Ce ne dà di fastidio.
HJALMAR
Hm... non è ancora apparecchiato?
GINA
Sì , presto, tra poco. Edvig, ora puoi venire ad aiutarmi.
(Gina ed Edvig vanno in cucina)
HJALMAR (a mezza voce)
Non credo che valga la pena di stare a guardare il babbo; non gli piace.
GREGOR (si allontana dalla porta della soffitta)
HJALMAR
E così sarà meglio che chiuda prima che vengano gli altri. (batte le mani) Sciò... sciò; volete andar via (in questo
momento solleva il telone e tira i battenti della porta) Questo meccanismo è di mia invenzione. È realmente divertente
doversi occupare di cose del genere e rimetterle a posto, quando si guastano. E poi è necessario, vedi; perché Gina non
vuole avere conigli e galline qui dentro lo studio.
GREGOR
Già, già; e senza dubbio sarà tua moglie a stare al timone in questa casa?
HJALMAR
Le lascio in generale gli affari correnti; perché così io posso ritirarmi un po' nel salotto e pensare a cose che sono più
importanti.
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
52
E precisamente a quale sorta di cose, dimmi Hjalmar?
HJALMAR
Mi sorprende che tu non me l'abbia chiesto prima. O forse non hai sentito parlare dell'invenzione?
GREGOR
L'invenzione? No.
HJALMAR
Davvero? Non ne hai sentito parlare? Ma già, lassù tra le foreste e quei luoghi deserti...
GREGOR
Tu hai dunque fatto un'invenzione?
HJALMAR
Proprio fatta, non ancora; ma ci sto lavorando. Puoi ben pensare che se mi son deciso a darmi alla fotografia non è stato
per andare di qua e di là a far ritratti alla gente.
GREGOR
No, no; anche tua moglie l'ha detto.
HJALMAR
Ma giurai che, dal momento in cui avrei dedicato le mie forze a questo mestiere, lo avrei anche elevato tanto in alto che
sarebbe divenuto insieme e un'arte e una scienza. E così mi diedi a questa notevole scoperta.
GREGOR
E in che consiste dunque questa scoperta? Che cosa riguarda?
HJALMAR
Ecco, caro mio, non devi ancora chiedermi i particolari. Ci vuol tempo, vedi. E poi non devi credere che io sia spinto
dalla vanità. Non lavoro davvero proprio per me. Oh no, c'è uno scopo della mia vita che mi sta davanti notte e giorno.
GREGOR
Quale scopo della vita dunque?
HJALMAR
Dimentichi il vecchio con i capelli grigi?
GREGOR
Il tuo povero padre; sì , ma che cosa puoi fare per lui?
HJALMAR
Posso ridestare dalla tomba il suo amor proprio, restituendo al nome degli Ekdal l'onore e la dignità.
GREGOR
Questo è dunque lo scopo della tua vita?
HJALMAR
Sì . Voglio redimere quel naufrago. Perché egli naufragò quando la tempesta si abbatté su lui. Da quando son cominciate
quelle terribili inchieste, non fu più lui. Quella pistola là, sai, ... quella che noi usiamo per sparare ai conigli... ha avuto
la sua parte nella tragedia della famiglia Ekdal.
GREGOR
La pistola! Davvero?
HJALMAR
Quando fu pronunciata la condanna ed egli fu messo in prigione... prese tra le mani la pistola...
GREGOR
Prese...!
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
53
Sì ; ma non osò. Fu vile. Già sin da allora la sua anima era del tutto intristita, rovinata. Oh, lo puoi comprendere? Egli,
un militare, egli che aveva ucciso nove orsi e che discendeva da due tenenti colonnelli... sì , uno dopo l'altro,
naturalmente... Lo puoi comprendere tu, Gregor.
GREGOR
Sì , capisco.
HJALMAR
Io no. E allora la pistola ebbe di nuovo parte nella tragedia della nostra famiglia. Quando vestì l'abito grigio e stette
dietro le sbarre sotto catenaccio... oh, quello fu per me un periodo terribile, puoi immaginare. Restarono chiuse le
persiane di tutt'e due le mie finestre. Quando gettavo un'occhiata furtiva al di fuori, vedevo che il sole splendeva come
al solito. Non comprendevo più nulla. Vedevo la gente andar per la strada e ridere e parlare di cose indifferenti. Non
comprendevo più nulla. Mi sembrava che tutto ciò che esiste dovesse arrestarsi, come durante un'eclissi di sole.
GREGOR
Provavo lo stesso sentimento anch'io, dopo la morte della mamma.
HJALMAR
In una simile ora Hjalmar Ekdal ha puntato la pistola contro il proprio petto.
GREGOR
Anche tu pensavi di...
HJALMAR
Sì .
GREGOR
Ma non tirasti?
HJALMAR
No. Nel momento decisivo riportai la vittoria su me stesso. Rimasi in vita. Ma credimi, ci vuol coraggio a scegliere la
vita in quelle circostanze.
GREGOR
Già, secondo i punti di vista.
HJALMAR
Sì , incondizionatamente, sai. Ma è stato meglio così ; perché ora tra poco avrò fatto la mia invenzione; e il dottor Relling
appunto crede, come me, che a mio padre verrà concesso di portare di nuovo l'uniforme. Chiederò questo come unico
compenso.
GREGOR
È dunque per l'uniforme che egli...?
HJALMAR
Sì , questo soprattutto desidera, è la sua aspirazione. Tu non puoi immaginare come il mio cuore sanguini per lui. Ogni
volta che celebriamo una piccola festa di famiglia... come l'anniversario delle mie nozze con Gina... oppure qualche
altra cosa simile... allora il vecchio fa il suo ingresso qui dentro indossando la sua uniforme di tenente, quella dei bei
tempi felici. Ma appena si picchia alla porta d'ingresso... perché egli non osa mostrarsi così davanti ad estranei, sai...
allora corre di nuovo in camera, tanto presto quanto possono le sue vecchie gambe. Per il cuore d'un figlio è un dolore
straziante veder tutto ciò, capisci!
GREGOR
Tra quanto tempo pressappoco credi che possa esser pronta questa invenzione?
HJALMAR
Ma, Signore Iddio, non devi chiedermi simili particolari circa il tempo. Una invenzione è qualche cosa, di cui non si è
interamente ed esattamente padroni. Dipende in gran parte dall'ispirazione... dall'intuizione... ed è quasi impossibile
calcolare in anticipo in quanto tempo questa si produce.
GREGOR
Ma tuttavia va avanti?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
54
HJALMAR
Sicuro, va avanti. Ogni santo giorno lavoro all'invenzione, essa mi prende tutto. Ogni dopopranzo, quand'ho mangiato,
mi chiudo nel salotto, e posso meditare in pace. Ma non mi si deve metter fretta; perché non serve a nulla; lo dice anche
Relling.
GREGOR
E non ti sembra che tutte quelle occupazioni della soffitta non ti sviino e ti distraggano troppo?
HJALMAR
No, no, no; anzi al contrario. Non devi dire una cosa simile. Io non posso continuamente andare e venire qua dentro,
sempre preso dai medesimi ossessionanti pensieri. Devo avere pure qualcosa, che possa bene occupare la mia attesa.
L'ispirazione, l'intuizione, vedi... quando deve venire, viene.
GREGOR
Mio caro Hjalmar, penso quasi che tu abbia in te un po' dell'anitra selvatica.
HJALMAR
Dell'anitra selvatica? Che intendi dire?
GREGOR
Ti sei tuffato e ti aggrappi tenacemente alle alghe.
HJALMAR
Vuoi forse alludere a quel colpo quasi mortale, che ha colpito mio padre nell'ala... e me pure?
GREGOR
Non proprio questo. Non voglio dire che tu sia storpiato; ma sei caduto in una palude avvelenata, Hjalmar; hai contratto
una malattia che si cela nel tuo corpo e così sei andato a fondo per morire nell'oscurità.
HJALMAR
Io? Morire nell'oscurità? No, sai, Gregor, non devi dirmi mai simili sciocchezze.
GREGOR
Sta' tranquillo, però; vedrò di riportarti a galla. Perché anch'io adesso ho uno scopo nella vita, vedi, e sin da ieri.
HJALMAR
Sì , può essere possibile; ma devi lasciarmi al di fuori di tutto questo. Ti posso assicurare che... prescindendo dalla mia
malinconia ben spiegabile del resto... mi trovo tanto bene quanto si può desiderare.
GREGOR
È un'altra conseguenza del veleno.
HJALMAR
No, caro Gregor mio, non parlar più di malattie e di veleni; non sono abituato a tali discorsi, a casa mia non mi si parla
mai di cose sgradevoli.
GREGOR
Non ne dubito.
HJALMAR
No, perché non mi piace. E qui non c'è affatto aria di palude, come dici tu. Basso è il tetto della povera casa del
fotografo, lo so bene... e modesta è la mia condizione. Ma io sono un inventore, sai... e sono insieme anche un padre di
famiglia. E questo mi eleva al disopra delle mie modeste condizioni... Ah, ecco vengono con la colazione!
(Gina e Edvig portano bottiglie di birra, un boccale di acquavite e bicchieri. Nello stesso momento entrano dall'uscio
Relling e Molvik, tutti e due senza cappello e senza soprabito; Molvik è vestito di nero)
GINA (posa gli oggetti sulla tavola)
Bene, questi due giungono proprio al momento giusto.
RELLING
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
55
A Molvik è parso d'aver sentito odore d'insalata con aringhe, e allora non è stato più possibile tenerlo. Ancora una volta
buongiorno, Ekdal.
HJALMAR
Gregor, posso presentarti il candidato Molvik; il dottor... già, ma Relling lo conosci, nevvero?
GREGOR
Sì , di vista.
RELLING
Ah, è il signor Werle junior. Sì , noi due ci siamo acciuffati lassù alle officine di Hödal. E vi siete trasferito qui?
GREGOR
Mi ci son trasferito stamane.
RELLING
E di sotto abitiamo Molvik ed io, di modo che non avete lontano il dottore e il prete, nel caso voi abbiate bisogno di
loro.
GREGOR
Grazie, può anche darsi; perché ieri eravamo in tredici a tavola.
HJALMAR
Oh, ma non ricominciare con questi discorsi noiosi.
RELLING
Tu puoi star tranquillo, Ekdal; perché questo non ti riguarda.
HJALMAR
Me lo auguro per il bene della mia famiglia. Ma ora mettiamoci a sedere e mangiamo e beviamo e stiamo allegri.
GREGOR
Non aspettiamo tuo padre?
HJALMAR
No, egli mangerà dopo in camera sua. Cominciamo dunque!
(I signori si seggono a tavola, mangiano e bevono. Gina ed Edvig entrano ed escono e servono)
RELLING
Ieri Molvik s'è preso una bella sbornia, signora Ekdal.
GINA
Davvero? Ieri, un'altra volta?
RELLING
Non lo avete sentito stanotte, quando sono ritornato a casa con lui?
GINA
No, non posso dire d'averlo sentito.
RELLING
Meglio; perché stanotte Molvik era proprio disgustoso.
GINA
È vero, Molvik?
MOLVIK
Tiriamo un frego sui fatti di stanotte. Cose simili non sono espressione davvero del mio migliore io.
RELLING (a Gregor)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
56
Lo prende come una suggestione; e allora devo andare a far baldoria con lui. Perché il candidato Molvik è un
demoniaco, vedete.
GREGOR
Demoniaco?
RELLING
Molvik è un demoniaco, già.
GREGOR
Hm.
RELLING
E le nature demoniache non sono fatte per camminar diritte sulle gambe per il mondo; bisogna che vadano per vie
traverse ogni tanto... Bene. E voi sopportate dunque ancora quassù questo brutto ceffo nero?
GREGOR
L'ho sopportato sino ad ora.
RELLING
E avete potuto riscuotere quel credito, di cui andavate in cerca?
GREGOR
Credito? (lo comprende) Sicuro.
HJALMAR
Hai riscosso crediti, Gregor?
GREGOR
Oh, sciocchezze.
RELLING
Ma certamente lo ha riscosso; egli andava attorno per tutte le capanne dei contadini e presentava qualcosa che chiamava
il «credito dell'ideale».
GREGOR
Ero giovane allora.
RELLING
In questo avete ragione; eravate molto giovane. E il credito ideale... non è stato mai pagato sin tanto che io rimasi lassù.
GREGOR
E neppure dopo.
RELLING
Bene, allora devo ritenere che siate diventato tanto saggio da transigere un poco sull'importo.
GREGOR
Mai, quando mi trovo di fronte a un vero uomo, degno di tal nome.
HJALMAR
Già mi sembra perfettamente giusto. Un po' di burro, Gina.
RELLING
E poi un pezzo di lardo a Molvik.
MOLVIK
Oh, niente lardo!
(Si picchia alla porta della soffitta)
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
57
Apri, Edvig; il nonno vuole uscire.
(Edvig va e socchiude la porta; il vecchio Ekdal entra con la pelle di un coniglio scuoiato di fresco; quindi essa chiude
la porta)
EKDAL
Buongiorno, signori miei! Abbiamo fatto buona caccia stamane. Ne ho ucciso uno grosso.
HJALMAR
E lo hai scuoiato prima ch'io venissi!
EKDAL
E l'ho anche salato. È buona, tenera, la carne di coniglio; e poi anche dolce; sa di zucchero. Buon appetito, signori miei!
(entra in camera sua)
MOLVIK (si alza)
Scusatemi... io non posso... devo scender giù in fretta...
RELLING
Bevete acqua di soda, caro mio!
MOLVIK (sigaretta)
Uh... uh! (esce per la porta d'ingresso)
RELLING (a Hjalmar)
Beviamo un bicchiere in onore del vecchio cacciatore.
HJALMAR (brinda con lui)
Per uno sportivo sulla soglia della tomba, sì .
RELLING
Per i suoi capelli grigi. (beve) Già, dimmi... sono grigi i suoi capelli oppure bianchi?
HJALMAR
Qualcosa di mezzo, direi; del resto non ha poi troppi ciuffi di capelli sul cranio.
RELLING
Bene, anche senza capelli si riesce ad andare avanti per il mondo. Ecco, tu sei in fondo un uomo fortunato, sai, Ekdal;
hai nella tua vita questa magnifica meta, cui aspirare...
HJALMAR
E quanto ci lavoro, immagina.
RELLING
E poi hai la tua brava moglie che deliziosamente scivola di qua e di là sulle sue pantofole di feltro e si dondola sulle
anche e provvede a tutto per te.
HJALMAR
Sì , Gina... (e le fa un cenno) tu sei una brava compagna, con cui andare per la via della vita, sai.
GINA
Oh non stare a far chiacchiere sul mio conto.
RELLING
E poi la tua Edvig; nevvero, Hjalmar?
HJALMAR (commosso)
La figliola, già! La figliola prima di tutto. Edvig, vieni qui da me. (le carezza i capelli) Che giorno è domani, di'!
EDVIG (lo scuote)
Ma no, non devi dir nulla, babbo!
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HJALMAR
Mi sento un coltello fitto nel cuore quando penso che ci sarà tanto poco; una piccola festa soltanto nella soffitta.
EDVIG
Ma per questo sarà appunto tanto carino!
RELLING
Aspetta solo, Edvig, che la meravigliosa scoperta venga al mondo!
HJALMAR
Sì allora... allora vedrai! Edvig, ho stabilito di assicurare il tuo avvenire. Starai bene sino a che vivrai. Voglio chieder
qualcosa per te... una qualunque cosa. Sarà l'unica ricompensa del povero inventore.
EDVIG (gli parla sottovoce ponendogli il braccio attorno al collo)
Oh caro, caro babbo mio!
RELLING (a Gregor)
Ebbene, non vi sorride l'idea, tanto per cambiare, di star seduto a una tavola ben servita, in seno a una famiglia felice?
HJALMAR
Sì , difatti apprezzo molto questi momenti trascorsi a tavola.
GREGOR
Io, per parte mia, non mi sento bene nell'aria di palude.
RELLING
Aria di palude?
HJALMAR
Oh; non ricominciare con questi discorsi!
GINA
Qui non c'è, lo sa Iddio, nessun'aria di palude, signor Werle; perché in verità do aria ogni santo giorno.
GREGOR (se ne va da tavola)
Il lezzo, di cui parlo, non riuscirete certamente a cacciarlo.
HJALMAR
Lezzo!
GINA
Già, che te ne pare. Ekdal?
RELLING
Scusate... non sareste per caso voi stesso, che portate con voi quaggiù il lezzo delle miniere?
GREGOR
Avreste il cattivo gusto di chiamare lezzo quel che io porto in questa casa?
RELLING (va verso di lui)
Ascoltate, signor Werle junior, sospetto sul serio che voi andiate con «il credito dell'ideale» ficcato in fondo alle vostre
tasche.
GREGOR
Nel petto lo tengo.
RELLING
Già tenetelo dove diamine vi pare, non vi consiglio comunque di far la parte dell'esattore qui, sino a che ci sarò io.
GREGOR
E se invece lo facessi?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
59
RELLING
Allora scendereste le scale con la testa all'ingiù; ed ora lo sapete.
HJALMAR (si alza)
Ma no, Relling!
GREGOR
Sì , provate a cacciarmi via.
GINA (si mette tra loro)
Non vi si permetterà, Relling. Questo però devo dirvi, signor Werle: voi, che avete fatto tutto quel po' po' di sudiciume
dentro alla vostra stufa, voi proprio non dovreste venirmi a parlare di fetore. (si picchia alla porta d'ingresso)
EDVIG
Mamma, c'è qualcuno che picchia.
HJALMAR
Guarda un po'; adesso comincerà anche la processione!
GINA
Lascia fare a me. (va ad aprire la porta, si ferma, trasalisce e indietreggia) Oh! Ma...!
(L'industriale Werle, in pelliccia, fa un passo avanti)
WERLE
Vi prego di scusarmi; ma mio figlio deve abitare in questa casa.
GINA (soffocata)
Sì .
HJALMAR (si avvicina)
Non vorreste, signor Werle, esser così gentile...?
WERLE
Grazie; desidero soltanto parlare con mio figlio.
GREGOR
Sì , che c'è di bello? Eccomi qua.
WERLE
Desidero parlare con te nella tua camera.
GREGOR
In camera mia... bene... (vuole andar via)
GINA
No, Dio sa in che stato si trova...
WERLE
Bene; allora di fuori sul pianerottolo; desidero un abboccamento a quattr'occhi.
HJALMAR
Potete restar qui, signor Werle. Vieni in salotto, Relling.
(Hjalmar e Relling escono da destra; Gina conduce con sé Edvig in cucina)
GREGOR (dopo una breve pausa)
Ecco, siamo a quattr'occhi.
WERLE
Tu hai lasciato cadere qualche insinuazione iersera... E siccome ora ti sei sistemato in casa degli Ekdal, così dovrei
quasi supporre che tu abbia qualche cattiva intenzione nei miei riguardi.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
60
GREGOR
Io ho intenzione di aprire gli occhi a Hjalmar Ekdal. Egli deve vedere la sua situazione qual è... ecco tutto.
WERLE
È questo lo scopo della tua vita, di cui parlavi ieri?
GREGOR
Sì . Tu non me ne hai lasciato nessun altro.
WERLE
Son dunque io, che ti ho turbato l'anima, Gregor?
GREGOR
Tu mi hai guastato tutta la vita. Non penso a tutto quel che riguarda mia madre... Ma devo ringraziare proprio te, se mi
sento perseguitato e morso da una coscienza carica di colpa.
WERLE
Aha, è la coscienza che zoppica.
GREGOR
Avrei dovuto agire contro di te allorché venne teso un laccio al tenente Ekdal. Avrei dovuto avvertirlo; perché avevo
sospettato dove la cosa sarebbe andata a finire.
WERLE
Sì , allora avresti dovuto parlare.
GREGOR
Non osavo; ero tanto vile e pavido. Avevo una paura indicibile di te... tanto allora quanto dopo.
WERLE
Questa paura è passata adesso, a quel che sembra.
GREGOR
Fortunatamente è passata. Il male che è stato fatto al vecchio Ekdal, e da parte mia e da parte di... altri, non potrà mai
essere espiato; ma Hjalmar potrò liberarlo da tutte le menzogne e finzioni in cui sta per cadere.
WERLE
Credi con questo di fare una buona azione?
GREGOR
Ne sono pienamente convinto.
WERLE
Ritieni forse che il fotografo Ekdal sia uomo da ringraziarti per una tale prova di amicizia?
GREGOR
Sì ! Lo credo.
WERLE
Hm... staremo a vedere.
GREGOR
E poi... io devo ancora continuare a vivere, e allora devo veder di trovare un rimedio per la mia coscienza malata.
WERLE
Essa non guarirà mai. La tua coscienza è stata malata sin dagli anni della tua infanzia. È una parte dell'eredità di tua
madre, Gregor!... l'unica eredità, che ti abbia lasciato.
GREGOR (con un mezzo sorriso ironico)
Tu non hai ancora potuto digerire lo smacco che ricevesti credendo di poter acquistare ricchezze per mezzo suo?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
61
WERLE
Ma non divaghiamo con fatti estranei... Sei ancora irremovibile nel proposito di mettere il fotografo Ekdal sulla traccia
che ritieni sia quella buona?
GREGOR
Sì , sono ben deciso.
WERLE
Bene, allora avrei potuto risparmiarmi questa visita. Perché in tal caso è inutile chiederti se vuoi ritornare a casa mia.
GREGOR
No.
WERLE
E neppure vuoi entrare nella Società?
GREGOR
No.
WERLE
Sta bene. Ma siccome ora ho intenzione di contrarre un nuovo matrimonio, vorrei regolare l'asse ereditario tra noi.
GREGOR (con vivacità)
No; non lo desidero.
WERLE
Non lo desideri?
GREGOR
No, non lo posso accettare a causa della mia coscienza.
WERLE (un po' dopo)
Ritornerai lassù alle officine?
GREGOR
No; mi considero uscito dal tuo servizio.
WERLE
Ma che cosa dunque vuoi fare?
GREGOR
Assolvere il compito della mia vita; nient'altro.
WERLE
Bene, e poi? Di che cosa vivrai poi?
GREGOR
Ho messo da parte un po' del mio stipendio.
WERLE
Già, e quanto ti basterà!
GREGOR
Penso che mi basterà per tutta la vita.
WERLE
Che vuoi dire?
GREGOR
Adesso non rispondo più.
WERLE
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
62
Allora addio, Gregor.
GREGOR
Addio.
(L'industriale Werle esce)
HJALMAR (fa capolino)
Se n'è dunque andato?
GREGOR
Sì .
(Hjalmar e Relling entrano. Vengono dalla cucina anche Gina e Edvig)
RELLING
La colazione è bell'e fritta.
GREGOR
Vatti a vestire, Hjalmar! Devi venire a fare una lunga passeggiata con me.
HJALMAR
Volentieri. Che voleva tuo padre? Si trattava di me?
GREGOR
Ma vieni. Dobbiamo parlare un po' insieme. Vado di là a mettermi il soprabito. (esce dalla porta d'ingresso)
GINA
Non dovresti uscire con lui, Ekdal.
RELLING
No, non uscire, sai; rimani dove sei.
HJALMAR (prende il cappello e il soprabito)
Come! Quando un amico della mia giovinezza sente il bisogno di confidarsi con me a quattr'occhi...!
RELLING
Ma, per il diavolo... non comprendi dunque che quell'individuo è tocco, mezzo matto, pazzo!
GINA
Già, lo vedi. Anche sua madre aveva ogni tanto simili crisi.
HJALMAR
Tanto più avrà bisogno dell'occhio vigile di un amico. (a Gina) Infine, che il pranzo sia pronto all'ora giusta. Intanto
addio. (esce dalla porta d'ingresso)
RELLING
È proprio un peccato che quest'uomo non se ne sia andato all'inferno in uno dei pozzi di Hojdal.
GINA
Gesù... perché dite così ?
RELLING (brontola)
Oh, sì , perché anch'io ho le mie idee.
GINA
Credete che il giovane Werle sia proprio pazzo?
RELLING
Purtroppo no; non è più pazzo di quanto lo siano gli altri. Ha comunque in corpo una malattia.
GINA
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
63
Che cosa gli manca dunque?
RELLING
Sì , ve lo dirò, signora Ekdal. Egli soffre di una acuta febbre di giustizia.
GINA
Una febbre di giustizia?
EDVIG
È una specie di malattia, questa?
RELLING
Sicuro; è una malattia nazionale; ma si rivela soltanto sporadicamente. (fa un cenno a Gina) Grazie per il pranzo! (esce
dalla porta d'ingresso)
GINA (passeggia inquieta per la stanza)
Uf; questo Gregor Werle... è stato sempre un brutto originale.
EDVIG (sta in piedi presso la tavola e la guarda scrutandola attentamente)
Mi sembra che sia tutto strano.
ATTO QUARTO
Lo studio di Hjalmar Ekdal. Sono state fatte fotografie; in mezzo alla stanza un apparecchio coperto di stoffa scura, un
treppiedi, un paio di sedie, una consolle e cose simili. Luce di pomeriggio; il sole sta per tramontare; più tardi
comincia a imbrunire.
Gina è sulla porta d'ingresso. Ha in mano un piccolo astuccio e una negativa bagnata e parla con qualcuno che è di
fuori.
GINA
Sì , siamo intesi. Quando prometto una cosa, mantengo la promessa. Lunedì sarà pronta la prima dozzina... Addio,
addio!
(Si sente che qualcuno scende le scale. Gina chiude la porta, mette la negativa nell'astuccio e ficca questo
nell'apparecchio coperto)
EDVIG (entra dalla cucina)
Se ne son dunque andati?
GINA (rassettando)
Sì , Dio sia lodato, finalmente me ne sono liberata.
EDVIG
Ma sai capire tu perché il babbo non sia ancora tornato a casa?
GINA
Sei certa, che non sia giù da Relling?
EDVIG
No, non c'è; proprio ora sono scesa per la scala di cucina e l'ho cercato.
GINA
E il pranzo è bell'e pronto e gli si raffredda.
EDVIG
Ma pensa... il babbo, che ci tiene tanto ad essere puntuale per l'ora di pranzo!
GINA
Oh! tra poco verrà, vedrai.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
64
EDVIG
Oh, venisse almeno; perché tutto mi sembra tanto strano.
GINA (grida)
Eccolo!
(Hjalmar Ekdal entra dalla porta d'ingresso)
EDVIG (gli va incontro)
Babbo! Oh, ma quanto ti abbiamo atteso!
GINA (lo guarda)
Sei stato tanto fuori, Ekdal.
HJALMAR (senza guardarla)
Sono stato un bel po' fuori, già. (si toglie il soprabito; Gina ed Edvig vogliono aiutare; egli si scosta)
GINA
Hai forse mangiato con Werle?
HJALMAR (appende il soprabito)
No.
GINA (va verso la porta di cucina)
E allora ti porterò il pranzo.
HJALMAR
No; lascia stare il pranzo. Ora non mangio.
EDVIG (si avvicina)
Non ti senti bene, babbo?
HJALMAR
Bene? Ma sì , passabilmente. Gregor ed io abbiamo fatto insieme una passeggiata, e mi sono stancato.
GINA
Non dovresti farlo, Ekdal; perché non ci sei abituato.
HJALMAR
Hm; ci sono tante e tante cose, a cui un uomo si deve abituare in questo mondo. (passeggia un po' su e giù) Non è
venuto nessuno mentre ero fuori?
GINA
Nessuno fuorché i due fidanzati.
HJALMAR
Nessuna nuova ordinazione?
GINA
No, oggi no.
EDVIG
Vedrai però che domani verrà qualcuno, babbo.
HJALMAR
Dio lo voglia; perché domani penso di mettermi al lavoro proprio sul serio.
EDVIG
Domani! Ma non ti ricordi più, dunque, che giorno sia domani?
HJALMAR
Già, è vero... Sì , sarà dopodomani dunque. D'ora in poi voglio fare ogni cosa da me; voglio essere solo in ogni lavoro.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
65
GINA
Ma a che ti servirebbe, Ekdal? Soltanto ad amareggiarti la vita. Io posso bastare per le fotografie, vedi; e così tu potrai
continuare ad occuparti dell'invenzione.
EDVIG
E poi dell'anitra selvatica, babbo... e di tutte le galline e dei conigli e...!
HJALMAR
Non mi parlare di queste grullerie! Da domani in poi non metterò più piede in quella soffitta.
EDVIG
Sì ma, babbo, tu mi hai pure promesso che domani ci sarebbe stata festa...
HJALMAR
Hm, è vero. Bene, sarà da dopodomani allora. A quella maledetta anitra selvatica avrei proprio voglia di tirarle il collo!
EDVIG (manda un grido)
All'anitra!
GINA
Si sono mai udite cose simili!
EDVIG (lo scuote)
Ma no, babbo... è mia l'anitra selvatica!
HJALMAR
E appunto per questo non le faccio nulla. Non ne ho il cuore... non ne ho il cuore per te, Edvig. Ma nel mio intimo sento
che dovrei far così . Non dovrei tollerare sotto il mio tetto una creatura che è stata tra quelle mani.
GINA
Ma, Signore Iddio, siccome il nonno l'ha avuta da quel bel tipo di Pettersen, allora...
HJALMAR (passeggia)
Ci sono certi diritti... Come devo chiamarli questi diritti? Dirò... diritti dell'ideale... ci sono certe obbligazioni, che un
uomo non può trascurare senza recar danno all'anima sua.
EDVIG (gli va dietro)
Ma pensa, l'anitra selvatica... la povera anitra selvatica!
HJALMAR (si ferma)
Lo senti bene, la risparmio... per te. Non le sarà torta neppure una piuma... bene, ho detto, la risparmierò. Perché ci son
doveri più grandi di questi, da adempiere. Ma ora tu dovresti uscire un po' come al solito, Edvig; ora s'è fatto
sufficientemente buio per te.
EDVIG
No, non mi va di uscire adesso.
HJALMAR
Sì , esci; mi sembra che tu socchiuda un po' gli occhi; non ti fanno bene tutte queste esalazioni qui dentro. C'è un'aria
viziata sotto questo tetto.
EDVIG
Sì , ma sì , correrò giù per le scale della cucina e ritornerò tra un pochino. Il mantello e il cappello...? Oh, sono là in
camera mia. Babbo... tu non devi però far male all'anitra, durante la mia assenza.
HJALMAR
Neppure una piuma le sarà strappata dal capo. (se la stringe al petto) Tu ed io, Edvig... noi due...! Bene, va' pure.
(Edvig fa un cenno con il capo ai genitori ed esce dalla cucina)
HJALMAR (cammina per la stanza senza alzar gli occhi)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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Gina.
GINA
Eh!
HJALMAR
Da domani in poi... oppure, diciamo pure da dopodomani in poi... avrei voglia di tenere io stesso il libro delle spese.
GINA
Vuoi ora tenere anche il libro delle spese?
HJALMAR
Sì , oppure verificare almeno le entrate.
GINA
Oh, Dio ci aiuti, è presto fatto.
HJALMAR
Non si crederebbe, mi sembra che tu faccia bastare i denari per un tempo abbastanza lungo. (si ferma e la guarda)
Come mai?
GINA
Abbiamo bisogno di tanto poco, Edvig ed io.
HJALMAR
È vero che il babbo viene pagato profumatamente dall'industriale Werle per il suo lavoro di copiatura?
GINA
Non so, se sia pagato profumatamente. Non conosco i prezzi per simili lavori.
HJALMAR
Bene, quanto gli danno press'a poco? Dimmi un po'!
GINA
Secondo i mesi; gli danno all'incirca quel che ci costa, e poi gli rimane qualche soldo in tasca.
HJALMAR
Quel che ci costa! Non me l'hai mai detto!
GINA
No, non potevo; eri tanto contento credendo che egli ricevesse tutto da te.
HJALMAR
E invece lo riceve dall'industriale Werle!
GINA
Ma sì , l'industriale ne ha tanti, sai.
HJALMAR
Accendi un po' la lampada!
GINA (accende)
E poi non possiamo sapere se sia proprio l'industriale; potrebbe anche essere Graaberg...
HJALMAR
Perché tiri fuori questa scusa di Graaberg?
GINA
Ma non so; pensavo solo...
HJALMAR
Hm?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
67
GINA
Del resto non sono stata io a procurare al nonno il lavoro di copiatura. Fu Berta, quando entrò in quella casa.
HJALMAR
Mi sembra che ti tremi la voce.
GINA (mette il paralume)
Davvero?
HJALMAR
E poi ti tremano le mani. Oppure non è così ?
GINA (risolutamente)
Dimmi francamente, Ekdal. Che cosa mai t'è venuto a dire sul mio conto?
HJALMAR
È vero... può essere mai vero, che... che c'era una specie di relazione fra te e l'industriale Werle quando eri a servizio in
quella casa?
GINA
Non è vero. Non allora, no. L'industriale mi stava appresso, questo è vero. E la signora credeva che ci fosse qualche
cosa; e così mise tutto sossopra e fece un baccano d'inferno, e mi picchiò e mi tirò i capelli; tutto questo fece... e allora
me ne andai dal servizio.
HJALMAR
Ma più tardi dunque!
GINA
Sì , quando tornai a casa. E la mamma... non stava in realtà proprio come tu pensavi, Ekdal; ed essa mi faceva
continuamente certi discorsi; perché l'industriale era già rimasto vedovo.
HJALMAR
Ebbene, e poi?
GINA
Sì , è meglio ormai che tu lo venga a sapere. Non la smise fin che ottenne quel che voleva.
HJALMAR (congiunge le mani)
E questa è la madre di mia figlia! E come hai potuto tacermi una cosa simile?
GINA
Sì , ho fatto male; avrei dovuto dirtelo da tanto.
HJALMAR
Avresti dovuto dirmelo subito... almeno così avrei saputo chi eri.
GINA
Ma mi avresti poi sposata ugualmente?
HJALMAR
Come puoi dubitarne?
GINA
Ecco; appunto per questo non ho osato dirti nulla allora. Perché m'ero innamorata pazzamente di te, e tu lo sai. E non
potevo fare la mia infelicità...
HJALMAR (passeggia)
E questa è la madre della mia Edvig! E sapere poi che tutto quel ch'io vedo davanti ai miei occhi.. (dà un calcio a una
sedia) ... tutta la mia casa, di tutto questo sono in debito verso un favorito predecessore! Oh, questo seduttore,
l'industriale Werle!
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
68
GINA
Rimpiangi i quattordici-quindici anni, che noi abbiamo vissuti insieme?
HJALMAR (si pone davanti a lei)
Dimmi: ogni giorno, ogni ora non hai pianto su questa tela di menzogne, che tu, come un ragno, hai tessuto attorno a
me? Rispondimi! Non sei vissuta qui tormentandoti nel dolore e nell'angoscia?
GINA
Oh caro Ekdal, ho avuto tanto da fare pensando alla casa e alla vita di ogni giorno...
HJALMAR
E non getti dunque mai un'occhiata purificatrice sul tuo passato?
GINA
Le avevo quasi dimenticate tutte queste vecchie relazioni, ormai.
HJALMAR
Oh, questa sorda, apatica calma! Ha in sé qualche cosa che mi rivolta il sangue. Pensa... neppure un pentimento!
GINA
Ma dimmi un po', Ekdal... che ne sarebbe stato di te, se non avessi trovato una donna come me?
HJALMAR
Una...!
GINA
Sì , perché dopo tutto io sono stata sempre un po' più disinvolta di te. Già, si capisce, sono anche di un paio d'anni più
vecchia.
HJALMAR
Che ne sarebbe stato di me!
GINA
Perché ti stavi avviando su cattive strade quando mi incontrasti; questo non lo puoi negare.
HJALMAR
E tu le chiami cattive strade? Oh, tu non comprendi la condizione di un uomo che soffre e si dispera... specialmente un
uomo dal temperamento focoso come il mio.
GINA
No, no; sarà così . E non voglio neppure speculare su questo, perché sei diventato un uomo profondamente buono
appena hai avuto una casa e una famiglia... Ed ora si stava tanto bene, con tanta cordialità qui da noi; e poi Edvig ed io
tra poco avremmo cominciato a costar meno per il vitto e per gli abiti.
HJALMAR
Nella palude della menzogna, già.
GINA
Uf, questo detestabile individuo che doveva venire a mettere piede in questa casa!
HJALMAR
Ed anche a me sembrava, che a casa ci si stesse bene. Era una illusione. Di dove attingerò lo slancio necessario per
tradurre la mia invenzione nel mondo della realtà? Forse morrà con me; ed allora sarà il tuo passato, Gina, che l'avrà
uccisa.
GINA (sta per piangere)
No, tu non devi dire simili cose, Ekdal. Io, che per tutta la mia vita non ho voluto che il tuo bene!
HJALMAR
Io chiedo... che ne sarà ora del mio sogno di padre di famiglia? Quando stavo seduto sul sofà e pensavo all'invenzione,
allora avevo il presentimento che essa avrebbe assorbito le mie ultime forze vitali. Sentivo bene che il giorno in cui
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
69
avrei avuto il brevetto tra le mani... quel giorno sarebbe stato il mio... ultimo giorno. E tale era il mio sogno: che tu
dovessi rimanere la onorata vedova del defunto inventore.
GINA (si asciuga le lacrime)
No, non devi parlar così , Ekdal. Nostro Signore non mi faccia vivere il giorno in cui dovessi rimaner vedova!
HJALMAR
Oh, non fa niente. Adesso tutto è irrimediabilmente finito. Tutto!
(Gregor Werle apre prudentemente la porta e fa capolino)
GREGOR
Posso entrare?
HJALMAR
Sì , vieni.
GREGOR (s'avanza con il volto raggiante, lieto e vuol tender loro le mani)
Bene, cari miei...! (li guarda uno dopo l'altro, poi sussurra a Hjalmar) Dunque non è ancora fatto?
HJALMAR (con dolore)
È fatto.
GREGOR
È fatto?
HJALMAR
Ho vissuto l'ora più amara della mia vita.
GREGOR
Ma anche la più solenne, ritengo.
HJALMAR
Bene, per il momento è finito, in ogni caso.
GINA
Dio vi perdoni, signor Werle.
GREGOR (con grande sorpresa)
Ma io non capisco.
HJALMAR
Che cosa non capisci?
GREGOR
Una liquidazione così grande... una liquidazione, su cui si sarebbe dovuta fondare una nuova esistenza... una nuova
esistenza, una vita in comune, nella verità e senza menzogna...
HJALMAR
Sì , lo so; lo so bene.
GREGOR
Ero così intimamente convinto che quando sarei entrato dalla porta mi avrebbe colpito una luce di glorificazione da
parte del marito e della moglie. E davanti a me, invece, vedo che tutto è cupo, pesante, triste.
GINA
Bene, così . (toglie il paralume)
GREGOR
Voi non mi volete comprendere, signora Ekdal. No, no; perché vi ci vorrà del tempo... Ma tu, Hjalmar? Dalla grande
liquidazione avresti dovuto poi iniziarti a vedute più elevate.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
70
HJALMAR
Sì , naturalmente. Vuol dire... in certo qual modo.
GREGOR
Perché non c'è proprio nulla nel mondo che possa paragonarsi a questo: perdonare a una peccatrice ed elevarla sino a se
stesso con l'amore.
HJALMAR
Credi tu che un uomo così facilmente digerisca l'amara bevanda che io poco fa ho inghiottita?
GREGOR
Un uomo comune, no; può darsi. Ma un uomo come te...!
HJALMAR
Già, Signore Iddio, lo so bene. Ma tu non devi forzarmi, Gregor. Ci vuol del tempo, vedi.
GREGOR
Tu hai molto dell'anitra selvatica, Hjalmar. (Relling è entrato dalla porta d'ingresso)
RELLING
Guardate un po', adesso è di nuovo in ballo l'anitra selvatica?
HJALMAR
Già, il trofeo di caccia colpito nell'ala dall'industriale Werle.
RELLING
Dall'industriale Werle? Ma parlate di lui?
HJALMAR
Di lui e di... noialtri.
RELLING (a mezza voce a Gregor)
Che il diavolo vi porti!
HJALMAR
Che dici?
RELLING
Esprimo l'intimo augurio che il ciarlatano si ritiri a casa sua. Se rimane qui, è un uomo capace di mandarvi alla malora
tutt'e due.
GREGOR
Questi due non andranno alla malora, signor Relling. Di Hjalmar non voglio neppure parlare. Lo conosciamo. Ma anche
lei ha nel suo intimo qualcosa di sincero, d'infallibile...
GINA (sta per piangere)
Allora avreste dovuto farmi passare per quella che sono.
RELLING (a Gregor)
È indiscreto chiedervi che cosa mai venite a fare in questa casa?
GREGOR
Voglio fondare una vera unione coniugale.
RELLING
Non vi sembra dunque che l'unione coniugale degli Ekdal sia abbastanza buona così com'è?
GREGOR
È in realtà un matrimonio buono come tanti altri, purtroppo. Ma non è ancora un vero matrimonio.
HJALMAR
Tu non hai mai considerato i diritti dell'ideale, Relling.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
71
RELLING
Sciocchezze, ragazzo mio!... Scusate, signor Werle; quante... approssimativamente... quante vere unioni coniugali avete
veduto nella vostra vita?
GREGOR
Credo di non averne veduta neppure una.
RELLING
Neppure io.
GREGOR
Ma ho veduto innumerevoli matrimoni del tipo contrario. E ho avuto modo di vedere da vicino come simili unioni
possono rovinare due creature.
HJALMAR
Tutti i principi morali d'un uomo gli possono crollare sotto i piedi; questo è terribile.
RELLING
Già io non sono mai stato sposato; quindi non posso darne un giudizio. So questo però, che del matrimonio fa parte
anche la figlia. E la figlia dovreste lasciarla in pace.
HJALMAR
Oh... Edvig! La mia povera Edvig!
RELLING
Sì : Edvig; voi dovreste esser così saggi da tenerla lontana da tutto questo. Voi due siete persone mature; voi potete, in
nome di Dio, frugare e pasticciare nei vostri rapporti, se ne avete voglia. Ma con Edvig dovete procedere con cautela, vi
dico; altrimenti potreste finire per procurarle una disgrazia.
HJALMAR
Una disgrazia?
RELLING
Sì , essa potrebbe attirare su se stessa una disgrazia... e forse farla ricadere anche su altri.
GINA
Ma come potete dunque sapere simili cose, Relling?
HJALMAR
C'è dunque un pericolo imminente per gli occhi?
RELLING
Tutto ciò non ha niente a che fare con gli occhi. Ma Edvig è in un'età difficile. Essa potrebbe fare qualche pazzia.
GINA
Già, pensa... è proprio così ! Da qualche tempo ha cominciato a giocar col fuoco in modo strano di là in cucina. Lo
chiama: attizzare un incendio. Ho paura che qualche volta non dia fuoco alla casa.
RELLING
Lo vedete: lo sapevo bene.
GREGOR (a Relling)
Ma come spiegate una cosa simile?
RELLING (sgarbato)
Essa è nell'età dello sviluppo, caro mio.
HJALMAR
Sino a che la figliola avrà me...! Sino a che io sarò al mondo...! (si picchia alla porta)
GINA
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
72
Zitto, Ekdal; c'è gente sul pianerottolo. (grida) Favorite! (La signora Sörby, con mantello, entra)
SIGNORA SÖRBY
Buonasera!
GINA (le va incontro)
Ah, sei tu, Berta!
SIGNORA SÖRBY
Sì , son proprio io. Ma forse vengo in un momento poco opportuno?
HJALMAR
No, affatto; un messo da quella casa...
SIGNORA SÖRBY (a Gina)
A dire il vero speravo di non trovare a quest'ora a casa i tuoi uomini; e allora ho fatto una scappatina quassù per far due
chiacchiere con te e salutarti.
GINA
Davvero? Parti dunque?
SIGNORA SÖRBY
Sì , domani presto... per Höjdàl. L'industriale è partito nel pomeriggio. (dando un'occhiata a Gregor) Devo salutarti
tanto da parte sua.
GINA
Ma pensa...!
HJALMAR
E così l'industriale Werle è partito? Ed ora voi lo seguite?
SIGNORA SÖRBY
Sì , che ne dite, Ekdal?
HJALMAR
State attenta, dico.
GREGOR
Ti spiegherò. Mio padre sposa la signora Sörby.
HJALMAR
La sposa!
GINA
Ma davvero, Berta; dunque sul serio?
RELLING (con voce un po' tremante)
Non può esser vero, no?
SIGNORA SÖRBY
Sì , caro Relling, è proprio vero.
RELLING
E ora vi sposerete di nuovo?
SIGNORA SÖRBY
Sì , sto per sposarmi. Werle ha preparato le carte, e poi faremo il viaggio di nozze in santa pace lassù alle officine.
GREGOR
E allora non mi resta, da bravo figliastro, che augurarvi felicità.
SIGNORA SÖRBY
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
73
Vi ringrazio, se con questo intendete dire qualche cosa. E spero per la felicità di Werle e per la mia.
RELLING
Speratelo pure e consolatevi. L'industriale Werle non beve mai troppo... per quanto io sappia; e non ha l'abitudine
neppure di bastonare le sue mogli, come faceva il compianto veterinario.
SIGNORA SÖRBY
Ah, ma lasciatelo stare, dove sta. Aveva anche egli le sue buone qualità.
RELLING
L'industriale Werle ha però delle qualità, che sono migliori, devo supporre.
SIGNORA SÖRBY
In ogni caso non ha dissipato quanto aveva di buono. L'uomo deve sopportare sempre le conseguenze di quello che fa.
RELLING
Stasera uscirò con Molvik.
SIGNORA SÖRBY
Non dovreste, Relling. Non uscite... fatelo per me.
RELLING
Non c'è altro da fare. (a Hjalmar) Se vuoi, vieni con noi.
GINA
No, grazie. Ekdal non va in case di quel genere.
HJALMAR (adirato, a mezza voce)
Ma sta' un po' zitta!
RELLING
Addio, signora... Werle. (esce dalla porta d'ingresso)
GREGOR (alla signora Sörby)
Sembra che voi e il dottor Relling vi conosciate parecchio da vicino.
SIGNORA SÖRBY
Sì , ci conosciamo da tanti anni. Un tempo saremmo anche potuti venire a capo di qualche cosa, noi due.
GREGOR
È stato proprio un bene per voi, che non se ne sia fatto niente.
SIGNORA SÖRBY
Sì , potete dirlo sul serio. Ma io sono stata sempre cauta nell'andar dietro alle ispirazioni. Una donna non può sacrificarsi
del tutto.
GREGOR
E voi non avete il minimo timore che io possa far cenno a mio padre di questa vecchia conoscenza?
SIGNORA SÖRBY
Potete bene immaginare che io stessa gliene ho parlato.
GREGOR
Davvero?
SIGNORA SÖRBY
Vostro padre sa ogni più piccola cosa che si possa dire sul mio conto, con una certa veridicità. Gli ho detto tutto; è la
prima cosa che ho fatto quando mi lasciò intendere che aveva serie intenzioni.
GREGOR
Allora voi siete di una franchezza non comune mi sembra.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
74
SIGNORA SÖRBY
Sono stata sempre franca. È quel che riesce meglio, a noi donne.
HJALMAR
Che ne dici, Gina?
GINA
Oh, noi donne siamo tanto diverse tra noi; sai. Chi fa in un modo, chi in un altro.
SIGNORA SÖRBY
Sì , Gina, io credo però che sia più saggio comportarsi come ho fatto io. E Werle neppure mi ha nascosto nulla da parte
sua. Vedi, questo appunto è quel che ci ha più saldamente uniti. Adesso egli può starsene a chiacchierare con me con la
franchezza di un bambino. Non ne ha mai avuto l'occasione sino ad ora. Egli, un uomo sano, pieno di vitalità, ridotto a
trascorrere tutta la giovinezza e gli anni migliori della vita non ascoltando altro che ammonimenti. E molte volte poi
queste prediche si riferivano a fatti del tutto immaginari... a quel che mi hanno detto.
GINA
Sì , è proprio vero.
GREGOR
Se le signore vogliono continuare su questo terreno, sarà meglio che me ne vada.
SIGNORA SÖRBY
Se è per questo potete pure rimanere. Non dirò più una parola. Ma volevo che voi sapeste che io non mi sono fatta
strada a mezzo di menzogne o di sotterfugi. Potrà forse sembrare che mi capiti una grossa fortuna; ed è vero in certo
qual modo. Mi sembra però di non ricevere più di quanto dia. Non lo abbandonerò mai, di certo. E potrò servirlo ed
essergli utile quanto nessun altro, quando tra breve egli rimarrà privo di aiuto.
HJALMAR
Rimarrà privo di aiuto?
GREGOR (alla signora Sörby)
Sì , sì ; non ne parlate.
SIGNORA SÖRBY
Non c'è bisogno di dissimulare più a lungo, sebbene egli lo desideri. Diverrà cieco.
HJALMAR (trasalisce)
Diverrà cieco? È strano. Diverrà cieco, lui pure?
GINA
Tanti lo diventano.
SIGNORA SÖRBY
E si può bene immaginare che cosa voglia dire per un uomo d'affari. Bene; mi proverò ad aiutarlo con i miei occhi come
meglio potrò. Ma ora non posso restare di più, ho tanto da fare in questi momenti... Già, dovevo dire una cosa, Ekdal; se
Werle potrà esservi utile in qualche cosa, dovrete rivolgervi direttamente a Graaberg.
GREGOR
Certamente Hjalmar Ekdal declinerà l'offerta.
SIGNORA SÖRBY
Davvero; non mi sembra che nei tempi passati egli...
GINA
Sì , Berta, ora Ekdal non ha più bisogno di ricevere nulla dal signor Werle.
HJALMAR (lentamente e con forza)
Vogliate salutare da parte mia il vostro futuro marito e dirgli che quanto prima conto di andare dal contabile Graaberg...
GREGOR
Come! Puoi accettare una simile offerta?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
75
HJALMAR
...andare dal contabile Graaberg, dico, e chiedere il conto della somma che devo al suo principale. Io voglio pagare
questo debito d'onore... ah... ah... ah, questo dovrebbe chiamarsi un debito d'onore! Ma basta. Voglio pagar tutto, con
l'interesse del cinque per cento.
GINA
Ma, caro Ekdal, pensaci, non abbiamo i denari!
HJALMAR
Vogliate dire al vostro fidanzato che lavorerò instancabilmente alla mia invenzione. Gli direte che il desiderio di
liberarmi di una penosa obbligazione sosterrà le forze del mio spirito durante queste faticose ricerche. Per questo
condurrò a termine l'invenzione. Tutto il ricavato sarà impiegato a riscattare le spese pecuniarie del vostro futuro sposo.
SIGNORA SÖRBY
Dev'essere successo qualche cosa in questa casa.
HJALMAR
Sì , proprio così .
SIGNORA SÖRBY
Bene, allora addio. Avrei avuto ancora da parlare un po' con te, Gina; ma sarà per un'altra volta. Addio. (Hjalmar e
Gregor salutano in silenzio; Gina accompagna la signora Sörby alla porta)
HJALMAR
Non oltre la soglia, Gina!
(La signora Sörby va via; Gina chiude la porta)
HJALMAR
Ecco qua, Gregor; adesso mi son finalmente sbarazzato di questo opprimente debito.
GREGOR
In ogni caso, ben presto.
HJALMAR
Credo che la mia condotta può considerarsi irreprensibile.
GREGOR
Tu sei come ti avevo sempre creduto.
HJALMAR
In certi casi non è possibile sottrarsi alle esigenze dell'ideale. Come padre di famiglia dovrò gemere e penare per questo.
Perché tu puoi immaginare, non è una bazzecola per un uomo privo di fortuna doversi liberare di un debito di tanti anni
che era stato sepolto, per dir così , sotto la polvere dell'oblio. Ma non fa niente; l'uomo in me esige anche i suoi diritti.
GREGOR (gli pone una mano sulla spalla)
Caro Hjalmar... non è dunque bene che io sia venuto?
HJALMAR
Sì .
GREGOR
E che si sia fatta piena luce su tutte queste relazioni... non è stato un bene?
HJALMAR (un po' impaziente)
Sicuro, è stato un bene. Ma c'è una cosa, che fa rivoltare il mio sentimento di giustizia.
GREGOR
E cos'è mai?
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
76
È questo, che... già, non so se posso esprimermi tanto liberamente sul conto di tuo padre.
GREGOR
Non avere alcun riguardo per me.
HJALMAR
Sta bene. Ecco, vedi, mi sembra una cosa rivoltante dover pensare che ora non sono io ma lui che attua il vero
matrimonio.
GREGOR
Come puoi dire una cosa simile?
HJALMAR
Ma certo, è così . Tuo padre e la signora Sörby concludono un patto coniugale, che è basato sulla piena reciproca
fiducia, basato sulla intera e incondizionata franchezza delle due parti; non si nascondono nulla; non si nasconde alcuna
menzogna nelle loro relazioni; si sono notificati, se posso esprimermi così , una indulgenza plenaria delle loro colpe.
GREGOR
Ebbene, e poi?
HJALMAR
Già, ma tutto questo regge. Sulla unione di tutte le miserie, che tu stesso hai veduto, è stata fondata questa vera unione
coniugale.
GREGOR
Ma è in una maniera del tutto diversa, Hjalmar. Non vorrai davvero paragonare né te né lei con questi due...? Via, tu mi
comprendi.
HJALMAR
Eppure non riesco ad evitare che in tutto questo vi sia qualcosa che ferisce e offende la mia coscienza di giustizia.
Sembrerebbe quasi che non ci fosse giustizia nel governo di questo mondo.
GINA
Ma no, Ekdal, non dovresti dire simili cose.
GREGOR
Hm; non entriamo in questo argomento.
HJALMAR
E poi, d'altra parte, mi sembra anche di vedere il dito regolatore del destino. Diverrà cieco.
GINA
Oh, forse non è poi una cosa tanto sicura.
HJALMAR
È certo. Comunque non sta a noi dubitarne; perché proprio in questo consiste la giusta remunerazione. A suo tempo egli
ha accecato una creatura piena di fiducia.
GREGOR
Purtroppo, ne ha accecate parecchie.
HJALMAR
Ed ora viene l'implacabile, il misterioso ed esige proprio gli occhi dell'industriale.
GINA
Ma come osi pronunciare parole così terribili! Mi fai proprio paura.
HJALMAR
Giova ogni tanto tuffarsi nelle parti tenebrose dell'esistenza.
(Edvig con il cappello e il mantello entra dalla porta d'ingresso, contenta e ansante)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
77
GINA
Già di ritorno?
EDVIG
Sì , non volevo andar lontano. Ed è stato bene; perché adesso ho incontrato qualcuno sulla porta.
HJALMAR
Sarà sempre questa benedetta signora Sörby.
EDVIG
Sì .
HJALMAR (passeggia su e giù)
Voglio sperare che sarà l'ultima volta che l'hai veduta.
(Silenzio. Edvig guarda inquieta ora l'uno e ora l'altro come per scrutarne l'animo)
EDVIG (si avvicina, con grazia)
Babbo.
HJALMAR
Ebbene... che c'è, Edvig?
EDVIG
La signora Sörby aveva qualche cosa per me.
HJALMAR (si ferma)
Per te?
EDVIG
Sì . Qualcosa per domani.
GINA
Berta ha mandato sempre qualche regalino per te in questo giorno.
HJALMAR
Che è mai?
EDVIG
No, non devi vederlo ora; la mamma me lo darà domani presto a letto.
HJALMAR
Oh, sempre qualche cosa che mi si nasconde!
EDVIG (con fretta)
Ma puoi vederlo. È una grande lettera. (prende una lettera dalla tasca del mantello)
HJALMAR
Anche una lettera?
EDVIG
Sì , solo una lettera. Il resto verrá poi, dopo. Ma pensa... una lettera! Non ho mai ricevuto una lettera sinora. E poi c'è
scritto «Signorina» (legge) «Signorina Edvig Ekdal» Pensa... son io.
HJALMAR
Fammi vedere la lettera.
EDVIG (gliela porge)
Ecco, guarda.
HJALMAR
È la mano dell'industriale Werle.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
78
GINA
Ne sei sicuro, Ekdal?
HJALMAR
Guarda tu.
GINA
Oh, credi che io me ne intenda?
HJALMAR
Edvig, posso aprire la lettera... e leggerla?
EDVIG
Ma certo, se vuoi.
GINA
No, non questa sera, Ekdal; deve essere aperta domani.
EDVIG (piano)
Oh, ma puoi fargliela leggere! Sarà di certo qualcosa di carino, e così il babbo sarà contento! e così qui ritornerà la
gioia.
HJALMAR
Dunque, posso aprirla?
EDVIG
Sì , sii tanto gentile, babbo. Sarà divertente sapere che cos'è.
HJALMAR
Bene. (apre la lettera, ne estrae un foglio, lo scorre e sembra turbato) Che cos'è questo...?
GINA
Che c'è dunque mai scritto?
EDVIG
Oh sì , babbo... dillo!
HJALMAR
Sta' calma. (la scorre ancora una volta; impallidisce, ma dice dominandosi) una lettera di donazione, Edvig.
EDVIG
Ma davvero! Che cosa mi si dona dunque?
HJALMAR
Leggi tu.
EDVIG (va vicino alla lampada e legge per un po')
HJALMAR (a mezza voce, stringe i pugni)
Gli occhi! Gli occhi... e poi la lettera!
EDVIG (interrompe la lettura)
Sì , ma mi sembra che sia per il nonno tutto questo.
HJALMAR (le prende la lettera)
Tu Gina... sai tu comprenderci qualcosa?
GINA
Non so nulla di nulla; ma di' tu.
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
79
L'industriale Werle scrive ad Edvig che il suo vecchio nonno non avrà più bisogno di affaticarsi con il lavoro di
copiatura, ma che d'ora in poi potrà ritirare ogni mese dall'ufficio cento corone...
GREGOR
Aha!
EDVIG
Cento corone, mamma! L'ho letto anch'io.
GINA
Una fortuna per il nonno.
HJALMAR
...cento corone, sintanto che ne avrà bisogno... ciò vuol dire naturalmente, sino a che egli non avrà chiuso gli occhi.
GINA
Bene, eccolo dunque assicurato, poveretto.
HJALMAR
Ma poi viene il resto; Tu non l'hai letto, Edvig. In seguito questa donazione passerà a te.
EDVIG
A me! Tutto quanto?
HJALMAR
Ti è assicurata la stessa somma per tutta la vita, scrive lui. Lo senti, Gina?
GINA
Sì , lo sento.
EDVIG
Pensa... tutti questi quattrini mi daranno. (lo scuote) Babbo, babbo, non sei contento...?
HJALMAR (la scosta)
Contento? (passeggia per la stanza) Oh, che prospettiva si spiega davanti a me! E proprio Edvig; è lei, che ricompensa
così lautamente!
GINA
Sì , perché è appunto Edvig, che celebra il suo compleanno...
EDVIG
E tu avrai tutto ugualmente, babbo! Puoi ben immaginarlo: io darò tutti i quattrini a te e alla mamma.
HJALMAR
Alla mamma, sì ! Ecco qui.
GREGOR
Hjalmar, è un tranello, che ti si tende.
HJALMAR
Credi che potrebbe essere un altro tranello?
GREGOR
Quand'era qui stamane, ha detto: Hjalmar Ekdal non è l'uomo che t'immagini.
HJALMAR
Non è l'uomo...?
GREGOR
Avrai modo di vederlo, dico.
HJALMAR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
80
Tu avresti potuto immaginare che io mi sarei lasciato tenere a bada con il danaro...!
EDVIG
No, mamma, che c'è dunque?
GINA
Va' a toglierti il mantello.
(Edvig sta per piangere, esce dalla porta di cucina)
GREGOR
Sì , Hjalmar... ora si vedrà, chi ha ragione, se lui o io.
HJALMAR (strappa lentamente in due il foglio, pone i due pezzi sulla tavola e dice)
Ecco la mia risposta.
GREGOR
Me l'aspettavo.
HJALMAR (va verso Gina, che è in piedi presso la stufa e dice piano)
Ed ora più nessuna menzogna. Se la relazione fra te e lui era del tutto terminata, quando tu... cominciasti ad amarmi,
come dici... perché egli ci mise in condizione di poterci sposare?
GINA
Avrà pensato di poter venire in questa casa.
HJALMAR
Questo solo? Non aveva forse timore di qualche eventualità?
GINA
Non comprendo che cosa tu voglia dire.
HJALMAR
Voglio sapere, se... tua figlia ha il diritto di vivere sotto il mio tetto.
GINA (si raddrizza, gli occhi sfavillano)
E tu me lo chiedi?
HJALMAR
Devi rispondermi... a questo soltanto: Edvig è mia... oppure...? Suvvia!
GINA (lo guarda con freddo atto di sfida)
Non so.
HJALMAR (leggermente rabbrividendo)
Non lo sai!
GINA
Come potrei saperlo? Una donna come me...
HJALMAR (calmo, le volge le spalle)
E allora non ho più niente da fare in questa casa.
GREGOR
Pensaci, Hjalmar!
HJALMAR (si mette il soprabito)
Non c'è nulla da pensare per un uomo come me.
GREGOR
Ma sì , c'è una quantità indicibile di cose su cui riflettere. Voi tre dovete stare insieme se vuoi arrivare al grande
sacrificio del perdono.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
81
HJALMAR
Non ne voglio sapere. Mai, mai! Il cappello! (prende il cappello) La casa è in rovina attorno a me. (scoppia in pianto)
Gregor, non ho più una figlia!
EDVIG (che ha aperto la porta di cucina)
Che cosa dici! (verso di lui) Babbo, babbo!
GINA
Guardala!
HJALMAR
Non mi venir vicino, Edvig! Vattene via, lontano. Non ti posso vedere. Oh, quegli occhi...! Addio. (vuol dirigersi alla
porta)
EDVIG (gli si attacca saldamente e grida con tutta la voce)
Ma no! Non andar via da me!
GINA (grida)
Guarda questa figliola, Ekdal! Guarda questa figliola!
HJALMAR
Non voglio! Non posso! Devo andar via... lontano da tutto!
(Egli si libera da Edvig ed esce dalla porta d'ingresso)
EDVIG (con gli occhi disperati)
Ci lascia, mamma! Ci lascia. Non tornerà più!
GINA
Ma non piangere, Edvig. Il babbo ritornerà.
EDVIG (si getta singhiozzando sul sofà)
No, no, non ritornerà più a casa, da noi.
GREGOR
Credetemi, io volevo sistemar tutto per il meglio, signora Ekdal.
GINA
Sì , può darsi; però, Dio vi perdoni.
EDVIG (sul sofà)
Oh, sento che ne morrò! Che cosa gli ho fatto dunque? Mamma, tu devi ricondurlo a casa!
GINA
Sì , sì , sì ; solo sta' calma, uscirò e andrò a cercarlo. (si mette il mantello) Forse sarà andato da Relling. Ma poi non devi
piangere. Me lo prometti?
EDVIG (in una crisi di pianto)
Sì , non piangerò; purché il babbo ritorni.
GREGOR (a Gina, che vuole uscire)
Eppure non sarebbe meglio che gli lasciaste combattere sino alla fine la lotta del suo dolore?
GINA
Oh, ci penserà più tardi. Prima di tutto dobbiamo calmare la figliola. (esce dalla porta d'ingresso)
EDVIG (si mette a sedere e si asciuga le lacrime)
Ora dovete dirmi che cosa accade. Perché il babbo non vuol più saperne di me.
GREGOR
Non dovete chiederlo, prima che siate diventata grande e ragionevole.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
82
EDVIG (singhiozza)
Eppure io non posso continuare ad essere così tormentata. Comprendo bene che cos'è. Forse io non sono la vera figlia
del babbo.
GREGOR (inquieto)
Come mai sarebbe possibile?
EDVIG
La mamma potrebbe anche avermi trovata. E forse il babbo è venuto a saperlo soltanto ora; ho letto cose del genere.
GREGOR
Bene, ma se fosse così ...
EDVIG
Sì , mi sembra che egli per questo potrebbe volermi ugualmente bene. Sì , anche di più. Anche l'anitra selvatica l'abbiamo
avuta in dono, eppure le voglio tanto bene.
GREGOR (cambia discorso)
Già l'anitra selvatica, è vero! Parliamo un po' dell'anitra, Edvig.
EDVIG
La povera anitra selvatica. Egli non vuol più nemmeno vedersela davanti agli occhi. Pensate, avrebbe avuto voglia di
tirarle il collo!
GREGOR
Oh, ma certamente non lo farà.
EDVIG
No, ma l'ha detto. E mi sembra che il babbo abbia detto una bestemmia; perché ogni sera io recito una preghiera per
l'anitra selvatica e prego che possa essere preservata dalla morte e da tutto ciò che è male.
GREGOR (la guarda)
Avete l'abitudine di pregare la sera?
EDVIG
Sicuro.
GREGOR
Chi vi ci ha abituata?
EDVIG
Da me; perché una volta il babbo stette tanto male e gli misero le sanguisughe sul collo; e mi diceva che era nelle mani
della morte.
GREGOR
Davvero?
EDVIG
Allora recitai una preghiera per lui, quando mi coricai. E poi ho sempre continuato.
GREGOR
Ed ora pregate per l'anitra selvatica?
EDVIG
Ho pensato che ne avesse bisogno, perché in principio era tanto malata.
GREGOR
E recitate forse la preghiera anche al mattino?
EDVIG
No, proprio no.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
83
GREGOR
Perché non dite la preghiera anche al mattino?
EDVIG
Di mattina c'è luce; e allora non c'è più motivo di aver paura.
GREGOR
E a quest'anitra selvatica, a cui volete tanto bene, vostro padre voleva tirare il collo.
EDVIG
No, ha detto che sarebbe stato meglio se lo avesse fatto; ma volle risparmiarla per amor mio; e fu gentile da parte del
babbo.
GREGOR (un po' più vicino)
Ma, e se ora spontaneamente sacrificaste a lui l'anitra selvatica?
EDVIG (si alza)
L'anitra selvatica?
GREGOR
Se voi adesso, con spontanea offerta, deste a lui quanto di più prezioso possedete al mondo?
EDVIG
Credete che servirebbe?
GREGOR
Provatevi, Edvig.
EDVIG (piano, con gli occhi splendenti)
Sì , mi ci voglio provare.
GREGOR
E credete di avere il coraggio necessario?
EDVIG
Pregherò il nonno di sparare all'anitra per me.
GREGOR
Sì , fate così . Ma non una parola alla vostra mamma su ciò!
EDVIG
Perché no?
GREGOR
Essa non ci comprende.
EDVIG
L'anitra selvatica? Proverò domattina presto.
(Gina entra dalla porta d'ingresso)
EDVIG (le va incontro)
L'hai incontrato, mamma?
GINA
No, ma ho sentito che è andato da Relling ed è uscito con lui.
GREGOR
Ne siete sicura?
GINA
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
84
Sì , me l'ha detto la portinaia. Anche Molvik è andato con loro, m'ha detto.
GREGOR
E tutto questo ora, mentre la sua anima avrebbe bisogno di lottare in solitudine.
GINA (si toglie il mantello)
Già, gli uomini sono tanto strani, sapete. Dio solo lo sa, dove Relling l'avrà trascinato! Ho fatto una capatina da madama
Eriksen; ma non c'erano.
EDVIG (lotta col pianto)
Oh, se non tornasse più a casa!
GREGOR
Ritornerà a casa. Domani gli porterò l'ordine; e allora vedrete come verrà. Dormiteci su tranquilla, Edvig. Buonanotte.
(esce dalla porta d'ingresso)
EDVIG (si getta singhiozzando al collo di Gina)
Mamma, mamma!
GINA (le carezza le spalle e sospira)
Ma sì ; Relling aveva ragione, lui. Ecco cosa capita, quando dei pazzi vengono a presentarci questi complicati «crediti
dell'ideale».
ATTO QUINTO
Lo studio di Hjalmar Ekdal. La fredda, grigia luce del mattino penetra nell'interno; ci sono chiazze di neve sui vetri del
lucernario.
Gina, in grembiule, viene dalla cucina con uno strofinaccio e una scopa e si avvia verso la porta del salotto. Edvig
entra contemporaneamente dal pianerottolo.
GINA (si ferma)
Ebbene?
EDVIG
Sì mamma, credo quasi che sia giù da Relling...
GINA
Guarda bene!
EDVIG
...perché la portinaia ha detto d'aver sentito che c'erano due insieme con Relling, quand'è rincasato stanotte.
GINA
Proprio quel che pensavo.
EDVIG
Ma non serve a nulla, perché egli non vuol salire da noi.
GINA
Allora scenderò da lui per parlargli.
(Il vecchio Ekdal, in vestaglia e pantofole e con la pipa accesa, vien sulla porta della sua camera)
EKDAL
Senti, Hjalmar... Non è a casa Hjalmar?
GINA
No, dev'essere uscito.
EKDAL
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
85
Così presto? E durante una così spaventosa tormenta? Già, già non ti disturbare; posso far da solo il mio giretto
mattutino. (scosta i battenti della porta; Edvig lo aiuta; entra; essa richiude dietro di lui)
EDVIG (a mezza voce)
Pensa, mamma, quando il povero nonno verrà a sapere che il babbo vuol lasciarci.
GINA
Oh, sciocchezze; il nonno non deve venir a saper nulla di tutto ciò. È stata una vera fortuna che ieri non fosse a casa
durante tutto quel baccano.
EDVIG
Sì , ma...
GREGOR (entra dalla porta d'ingresso)
Ebbene? Siete sulle sue tracce?
GINA
Dovrebbe essere giù da Relling, almeno così dicono.
GREGOR
Da Relling! Sarebbe sul serio uscito con quella gente?
GINA
Purtroppo.
GREGOR
Già, lui che avrebbe veramente bisogno nell'intimo... di solitudine e di raccoglimento...!
GINA
È proprio vero.
(Relling entra dalla porta d'ingresso)
EDVIG (gli va incontro)
Il babbo è da voi?
GINA (contemporaneamente)
È da voi?
RELLING
Sicuro, è da me.
EDVIG
E voi non ci dite nulla!
RELLING
Sì , sono una bestia. Ma prima mi son dovuto occupare di un'altra bestia; già, lui, il demoniaco, naturalmente; e poi ho
dormito così sodo che...
GINA
Che dice Ekdal stamane?
RELLING
Non dice nulla di nulla.
EDVIG
Non parla neppure?
RELLING
Non dà segno di vita.
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
86
No, no; lo comprendo benissimo.
GINA
Ma che fa dunque?
RELLING
È coricato sul sofà e russa.
GINA
Davvero? Già, Ekdal russa forte.
EDVIG
Dorme? Può dormire?
RELLING
Sì , a quel che sembra.
GREGOR
È comprensibile; dopo la lotta spirituale che lo ha lacerato...
GINA
E poi lui non è abituato a vagabondare fuor di casa la notte.
EDVIG
È forse un bene, questo, che possa dormire, mamma.
GINA
Lo penso anch'io. Ma allora non è il caso di svegliarlo troppo presto. Vi ringrazio, Relling. Adesso devo prima far
pulizia in casa e metter tutto in bell'ordine, e poi... Vieni ad aiutarmi, Edvig.
(Gina ed Edvig vanno in salotto)
GREGOR (si rivolge a Relling)
Potete spiegarmi il turbamento che ora passa nell'anima di Hjalmar Ekdal?
RELLING
In fede mia, non mi sono accorto che la sua anima traversi una crisi.
GREGOR
Come? In un momento così critico, quando tutta la sua vita si ricostruisce su nuove basi...? Come mai potete pensare
che un uomo di spiccata individualità come Hjalmar...?
RELLING
Oh, individualità... lui! Se mai ha avuto tendenze per quel genere di anormalità, che voi chiamate individualità, tanto le
radici quanto le fibre sono state estirpate radicalmente fin dall'infanzia: ve lo garantisco.
GREGOR
Sarebbe davvero strano... con quell'educazione così ricca di affetti, che ha ricevuta.
RELLING
Da parte di quelle due bisbetiche, isteriche signorine sue zie, volete dire?
GREGOR
E io vi dirò che eran donne che non hanno mai dimenticato i diritti dell'ideale; già, ora volete di nuovo fare il buffone.
RELLING
No, non ne ho voglia. Del resto son bene informato; perché egli ha vomitato molta retorica contro queste «due assassine
dell'anima sua». Ma non credo che egli le debba ringraziar troppo per questo. La disgrazia di Ekdal è di essere stato
sempre considerato un astro nel suo ambiente...
GREGOR
E forse non lo è? Nel fondo dell'anima, intendo.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
87
RELLING
Non me ne sono mai accorto. Che suo padre lo abbia creduto... passi; perché il vecchio tenente è stato proprio un
bestione in tutta la sua vita.
GREGOR
Egli è stato in tutta la sua vita un uomo con l'anima d'un bimbo; questo è quel che non comprendete.
RELLING
Sì , ma sì ! Ma quando dunque il nostro caro Hjalmar divenne, come si dice, studente, allora anche tra i suoi compagni
egli passò subito per un grande astro dell'avvenire. Era bellino, e questo colpiva... bianco e rosso... proprio come le
ragazzine desiderano vedere i loro compagni; e poi aveva l'animo sensibile e una certa seduzione nella voce, e sapeva
declamare così bene i versi degli altri e i pensieri degli altri...
GREGOR (adirato)
È di Hjalmar Ekdal che voi parlate così ...?
RELLING
Sì , con il vostro permesso; per mostrarvi così l'intimo, l'immagine del dio, dinanzi a cui voi state prostrato.
GREGOR
Non credevo davvero d'esser del tutto cieco.
RELLING
Ma sì , è proprio così . Perché voi pure siete un malato, sì , anche voi.
GREGOR
Per questo avete ragione.
RELLING
Sicuro. Voi soffrite di un caso complicato. Prima di tutto questa inquietante febbre di giustizia; e poi, quel che è
peggio... voi siete sempre nel torbido delirio di un'adorazione; sempre dovete avere qualche oggetto da ammirare fuori
di voi.
GREGOR
Già, naturalmente devo cercarlo fuori di me.
RELLING
Ma voi prendete così pietosi abbagli grazie a quelle grandi ali meravigliose che credete di vedere ed udire attorno a voi.
Siete entrato di nuovo, ancora una volta in casa altrui con i vostri crediti dell'ideale; qui, in questa casa, non abita
nessuna persona solvibile.
GREGOR
Dal momento che non avete un'idea molto alta sul conto di Hjalmar Ekdal, come mai potete trovare piacere a stare
mattina e sera con lui?
RELLING
Signore Iddio, ho vergogna a dirlo, ma dovrei pur essere una specie di dottore; e così devo anche occuparmi dei poveri
malati, che abitano nella mia medesima casa.
GREGOR
Davvero! Anche Hjalmar Ekdal è un malato?
RELLING
Gli uomini son press'a poco tutti quanti malati, purtroppo.
GREGOR
E quale cura usate dunque per Hjalmar?
RELLING
Quella solita. Cerco di mantenere deste in lui le menzogne della vita.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
88
GREGOR
Le menzogne... della vita? Non ho udito forse bene...?
RELLING
Sì , ho detto le menzogne della vita. Perché sono il principio motorio, vedete.
GREGOR
Potrei chiedervi qual è la menzogna, da cui è posseduto Hjalmar?
RELLING
No, grazie; non rivelo simili segreti ai ciarlatani. Voi siete capace di rovinarmelo ancora di più. Ma il metodo è provato.
L'ho applicato anche a Molvik. L'ho reso «demoniaco». C'è un altro medicamento che devo applicargli alla nuca.
GREGOR
Non è dunque demoniaco?
RELLING
Che diavolo vuol dire essere demoniaco? Non son che chiacchiere che ho trovato per salvargli la vita. Se non lo avessi
fatto, allora questo povero bravo porcaccione già da molti anni sarebbe impantanato nella disperazione e nel disprezzo
di se stesso. E così pure il vecchio tenente! Egli però s'è rovinato da sé la cura.
GREGOR
Il tenente Ekdal? Che fa?
RELLING
Già, che cosa ne pensate di questo cacciatore di orsi che se ne va a passeggio in soffitta e caccia conigli? In tutto il
mondo non c'è cacciatore più felice di lui, di quel vecchio, quando può rovistare là dentro fra tutto quel ciarpame. I
quattro o cinque alberi di Natale secchi, che egli conserva, son per lui tutta la grande, fresca foresta di Höjdal; il gallo e
le galline sono i grandi uccelli sulle cime dei pini, sapete; e i conigli, che saltellano per la soffitta, sono gli orsi a cui si
getta addosso, lui, il vigoroso vecchio abituato all'aria aperta.
GREGOR
Questo sfortunato vecchio tenente Ekdal, già. Ha dovuto davvero far macchina indietro davanti agli ideali della sua
giovinezza.
RELLING
Intanto vi ricordo questo, signor Werle junior... non usate questa parola esotica: ideale. Abbiamo pure una bella parola
norvegese: menzogna.
GREGOR
Ritenete che tra le due cose vi sia una certa parentela?
RELLING
Sì , press'a poco come fra il tifo e la febbre gastrica.
GREGOR
Dottor Relling, non cederò prima di aver liberato Hjalmar dalle vostre grinfie!
RELLING
Tanto peggio per lui. Se voi togliete la menzogna vitale a un uomo comune, gli togliete insieme la felicità. (a Edvig che
viene dal salotto) Ebbene, cara mammina dell'anitra selvatica, ora andrò giù a vedere se il babbo è ancora coricato a
meditare sulla meravigliosa invenzione. (esce dalla porta d'ingresso)
GREGOR (si avvicina a Edvig)
Vedo da voi che non è stato fatto nulla.
EDVIG
Che cosa? Ah, parlate dell'anitra selvatica. No.
GREGOR
Vi è mancato il coraggio, quando bisognava passare all'azione, ritengo.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
89
EDVIG
No, non è proprio così . Ma quando stamane presto mi sono svegliata e mi son ricordata di quel che s'era detto, allora
m'è parso che fosse tanto strano.
GREGOR
Strano?
EDVIG
Sì , non so... Ieri sera, subito subito, mi sembrava fosse una cosa deliziosa; ma dopo averci dormito sopra e averci
ripensato, non era più così .
GREGOR
Ma no, voi non avete potuto crescere qui senza sciuparvi.
EDVIG
Non me ne preoccupo; purché il babbo ritorni...
GREGOR
Oh, se davvero poteste aprire gli occhi su ciò che dà valore alla vita... se aveste un sincero, lieto, coraggioso spirito di
sacrificio, allora vedreste che egli verrebbe da voi... Ma io credo in voi ancora, sì , Edvig. (esce dalla porta d'ingresso)
(Edvig passeggia per la stanza; poi vuole andare in cucina; in questo stesso istante si picchia alla porta della soffitta;
Edvig la socchiude; ne esce il vecchio Ekdal, essa richiude la porta)
EKDAL
Hm, è poco divertente far da solo il giretto mattutino, sai.
EDVIG
Non avresti voglia di andare a caccia, nonno?
EKDAL
Non è tempo da caccia, oggi. C'è un buio; non ci si vede a due passi.
EDVIG
Non ti vien mai voglia di tirare a qualcosa di diverso da tutti questi conigli?
EKDAL
E non son dunque più buoni i conigli, forse?
EDVIG
Sì , ma, e l'anitra selvatica?
EKDAL
Ah... ah tu hai paura che io tiri all'anitra selvatica? Mai al mondo, sai. Mai.
EDVIG
Già, non potresti; perché dev'essere difficile tirare alle anitre selvatiche.
EKDAL
Non potrei? Mi sembra di sì , potrei.
EDVIG
Come faresti dunque nonno... intendo dire non alla mia anitra selvatica, ma a un'altra?
EKDAL
Vedrei di metterle un colpo nel petto, capisci; perché è il colpo più sicuro. E poi, bisogna tirare contro corrente, vedi...
non secondo la corrente.
EDVIG
E muoiono allora, nonno?
EKDAL
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
90
Ma certo che muoiono... quando si tira bene. Dunque; devo andarmi a vestire. Hm... capisci... hm. (entra in camera sua)
EDVIG (aspetta un po', guarda verso la porta del salotto, va allo scaffale, si rizza in punta di piedi, tira giù dal
palchetto la pistola a due canne e la guarda)
(Gina, con lo strofinaccio e la scopa, viene dal salotto)
EDVIG (posa in fretta e senza farsi notare la pistola)
GINA
Non stare a frugare nelle cose del babbo, Edvig.
EDVIG (si allontana dallo scaffale)
Volevo fare solo un po' di pulizia.
GINA
Va' piuttosto in cucina a vedere se il caffè si mantiene caldo; voglio prender con me il vassoio, quando scenderò da lui.
(Edvig esce; Gina comincia a spazzare e a pulire lo studio. Dopo un po' si apre con precauzione la porta d'ingresso; e
fa capolino Hjalmar Ekdal; ha indosso il soprabito, ma è senza cappello, non s'è lavato e ha i capelli arruffati, in
disordine; gli occhi stanchi, spossati)
GINA (si ferma con la scopa in mano e lo guarda)
Oh, ma no, Ekdal... e così , torni?
HJALMAR (entra e risponde con voce grave)
Vengo... per sparire al medesimo istante.
GINA
Sì , sì ; me lo immagino. Ma Gesù mio... che aspetto hai!
HJALMAR
Aspetto?
GINA
E poi il tuo cappotto d'inverno! Ha fatto il suo tempo.
EDVIG (sulla porta della cucina)
Mamma, non devo...? (vede Hjalmar, manda un alto grido di gioia e gli corre incontro) O babbo, babbo!
HJALMAR (le volge le spalle e fa un gesto con le mani per allontanarla)
Via, via, via! (a Gina) Tienila lontana da me, dico!
GINA (a mezza voce)
Va' in salotto, Edvig.
(Edvig si allontana in silenzio)
HJALMAR (apre precipitosamente il cassetto del tavolo)
Bisogna che porti i miei libri. Dove sono i miei libri?
GINA
Quali libri?
HJALMAR
Le opere scientifiche, naturalmente... le riviste tecniche, di cui mi servo per l'invenzione.
GINA (cerca sullo scaffale)
Sono queste qui tutte slegate?
HJALMAR
Sicuro, son queste.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
91
GINA (posa un pacco di fascicoli sul tavolo)
Non devo fartele tagliare da Edvig?
HJALMAR
Non ho bisogno che mi si taglino i fogli.
(Breve silenzio)
GINA
E così sei deciso ad andartene, Ekdal?
HJALMAR (fruga tra i libri)
Sì , si capisce, senz'altro; mi pare.
GINA
Già, già.
HJALMAR (con forza)
Perché io non posso restar qui e sentirmi il cuore trafitto ogni ora del giorno!
GINA
Dio ti perdoni le cattive idee che hai sul mio conto.
HJALMAR
Prove...!
GINA
Mi sembra che tu dovresti provare.
HJALMAR
Dopo un passato, come il tuo? Ci sono certi diritti... potrei tentare di chiamarli diritti dell'ideale...
GINA
Ma, e il nonno? Che ne sarà di lui, poverino?
HJALMAR
So il mio dovere; egli, privo di aiuto, verrà via con me. Andrò in città e provvederò... Hm... (con esitazione) Non c'è
nessuno che abbia trovato il mio cappello per le scale?
GINA
No. Hai perduto il cappello?
HJALMAR
Naturalmente lo avevo in testa, quando son ritornato stanotte; non c'è alcun dubbio; ma oggi non riesco a trovarlo.
GINA
Gesù, dove sei stato con quei due scapestrati?
HJALMAR
Oh, non chiedermi cose inutili. Credi che io sia nelle condizioni di spirito di ricordarmi dei particolari?
GINA
Purché tu non abbia preso freddo, Ekdal. (va in cucina)
HJALMAR (parla tra sé, a mezza voce e amareggiato, mentre vuota il cassetto del tavolo)
Sei un briccone, Relling!.. Un gaglioffo sei!... Ah, miserabile seduttore!... Potessi davvero aver qualcuno per
assassinarti! (mette da parte alcune vecchie lettere, trova il foglio stracciato il giorno prima, lo prende e ne guarda i
pezzi; in fretta lo posa appena viene Gina)
GINA (posa un vassoio con il caffè sul tavolo)
Ecco un goccio di roba calda, se ne hai voglia. E poi ecco del pane e burro e anche un po' di aringa affumicata.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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HJALMAR
Aringa affumicata? Mai sotto questo tetto! Son quasi ventiquattr'ore che non piglio cibo solido; ma non fa niente... Le
mie note! I ricordi della mia vita che avevo cominciato a scrivere! Dove trovare il mio diario e le mie carte importanti?
(apre la porta del salotto, ma indietreggia) Ancora lei!
GINA
Ma sì , Signore Iddio, in qualche luogo dovrà pur stare quella figliola.
HJALMAR
Esci. (cede il passo)
(Edvig spaventata entra nello studio)
HJALMAR (con la mano sulla maniglia della porta, dice a Gina)
Durante gli ultimi istanti che io trascorro nella casa del mio passato, desidero che mi si risparmi la presenza degli
intrusi... (entra in salotto)
EDVIG (con un salto verso sua madre, chiede a voce bassa e tremante)
Sono io?
GINA
Rimani in cucina, Edvig; oppure no... va' piuttosto in camera tua (parla a Hjalmar, mentre va da lui) Aspetta un po'
Ekdal; non frugare così nel comò; io so dov'è ogni cosa.
EDVIG (resta immobile un istante, con aria sgomenta, si morde le labbra per soffocare il pianto; poi stringe i pugni
convulsamente e dice piano)
L'anitra selvatica! (si avvicina furtivamente e prende dallo scaffale la pistola, schiude la porta della soffitta, vi scivola
dentro e poi richiude la porta. Hjalmar e Gina cominciano a leticare nell'interno del salotto)
HJALMAR (viene con alcuni quaderni e vecchi fogli sciolti, che posa sulla tavola)
Ma come può bastare la valigia? Ci son mille cose che devo portare con me.
GINA (segue con una valigia)
Ma lascia stare un po' tutto il resto; prendi solo con te una camicia e un paio di mutande.
HJALMAR
Puah... tutti questi preparativi snervanti...! (si toglie il soprabito e lo getta sul sofà)
GINA
Il caffè è là; guarda che diventa freddo.
HJALMAR
Hm. (beve a malincuore un sorso e poi un altro)
GINA (spolvera le spalliere delle sedie)
La cosa più difficile ora sarà per te trovare una soffitta grande come questa per i conigli.
HJALMAR
Come! Dovrò portare con me anche tutti i conigli?
GINA
Già, il nonno non potrà stare senza i conigli, ch'io sappia.
HJALMAR
In verità ci si dovrà pure abituare. Ci sono dei beni della vita ben più grandi dei conigli, a cui io devo rinunciare.
GINA (spolvera lo scaffale)
Devo metterti il flauto nella valigia?
HJALMAR
No. Niente flauto. Ma dammi la pistola!
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
93
GINA
Vuoi portare con te la pistola?
HJALMAR
Sì , la mia pistola è carica.
GINA (la cerca)
Non c'è. Deve averla portata là dentro.
HJALMAR
È nella soffitta?
GINA
Sicuro, nella soffitta.
HJALMAR
Hm... quel vecchio solitario. (prende un pezzo di pane e burro, lo mangia e beve la tazza di caffè)
GINA
Se non avessimo affittato la camera, ti ci saresti potuto sistemare.
HJALMAR
Io dovrei andare ad abitare sotto lo stesso tetto dove...! Mai... mai!
GINA
Ma non potresti dunque per un giorno o due startene in salotto? Sarebbe tutto per te.
HJALMAR
Mai, dentro a questi muri!
GINA
Sta bene, ma allora giù da Relling e Molvik?
HJALMAR
Non pronunciare i nomi di quella gente! Potrei perder l'appetito soltanto a pensarci... Ma no, piuttosto andare là fuori
nella tempesta e nella tormenta... andar di casa in casa in cerca di un asilo per mio padre e per me.
GINA
Ma tu non hai il cappello, Ekdal! Hai perduto il cappello.
HJALMAR
Oh, quei due, che feccia, ricchi di tutti i vizi! Mi occorre un cappello. (prende un altro pezzo di pane e burro) Bisognerà
provvedere. Perché io non ho davvero l'intenzione di passar qui la mia vita. (cerca qualche cosa sul vassoio)
GINA
Che cosa cerchi?
HJALMAR
Burro.
GINA
Il burro verrà subito. (va in cucina)
HJALMAR (le grida)
Oh, non ce n'è bisogno; posso mangiare del pane abbrustolito.
GINA (porta un vaso di burro)
Ecco; è stato schiumato da poco. (gli versa un'altra tazza di caffè; Hjalmar si mette a sedere sul sofà, mette ancora del
burro sul pane già imburrato, mangia e beve per un po' in silenzio)
HJALMAR
Io vorrei, senza esser disturbato da nessuno... poter rimanere là dentro in salotto un giorno o due.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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GINA
Sì , puoi benissimo, se vuoi.
HJALMAR
Perché non vedo la possibilità di portar via tutte le cose di mio padre in un simile trasloco.
GINA
E poi un'altra cosa; dovresti prima dirgli che non vuoi più vivere insieme con noialtri.
HJALMAR (scosta da sé la tazza del caffè)
Anche questo, già; dover rimuginare ancora tutto questo pasticcio... Devo riflettere sul da farsi; bisogna che abbia un po'
di respiro; non posso portar via tutto in un solo giorno.
GINA
No, e poi con questo tempaccio, che c'è fuori.
HJALMAR (rigira la lettera dell'industriale)
Vedo che questo foglio è rimasto ancora qui.
GINA
Io non l'ho mosso.
HJALMAR
Questo pezzo di carta non mi riguarda...
GINA
Bene, e io non penso davvero di servirmene.
HJALMAR
...non è però una ragione questa per farlo finire tra le immondizie... in tutto questo trambusto, quando io me ne sarò
andato, potrebbe pure...
GINA
Ci starò attenta, Ekdal.
HJALMAR
La lettera di donazione riguarda prima di tutto e soprattutto mio padre; ed è affar suo, se vuole farne uso.
GINA (singhiozza)
Sì , povero vecchio padre...
HJALMAR
Per maggiore sicurezza... Dove potrei trovare un po' di colla?
GINA (va allo scaffale)
Il vaso della colla è qui.
HJALMAR
E poi un pennello.
GINA
Ecco anche un pennello. (gli porta gli oggetti)
HJALMAR (prende un paio di forbici)
Solo una piccola striscia di carta sul rovescio (taglia e incolla) ben lontana da me l'idea di volermi appropriare i beni
altrui... e meno di tutto quelli di un vecchio senza mezzi. E neppure... quelli dell'altra... Ecco qua. Lasciala così per un
bel po'. E quando sarà asciutta, allora mettila via. Non voglio più vedere davanti ai miei occhi questo documento. Mai
più!
(Gregor Werle entra dal pianerottolo)
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
95
GREGOR (sorpreso)
Come... sei seduto qui, Hjalmar?
HJALMAR (si alza in fretta)
Ero sfinito dalla stanchezza.
GREGOR
Hai però fatto colazione, a quel che vedo.
HJALMAR
Anche il corpo fa valere talora i suoi diritti.
GREGOR
Che cosa hai deciso?
HJALMAR
Per un uomo, come me; non c'è che una via da prendere. Sto mettendo insieme le mie cose più importanti. Ma ci vuol
del tempo, lo puoi ben immaginare.
GINA (un po' impaziente)
Ti vado a preparare la camera oppure devo far la valigia?
HJALMAR (dopo aver dato un'occhiata contrariata di traverso a Gregor)
Fa' la valigia... e prepara la camera!
GINA (prende la valigia)
Sì , sì , ci metterò dentro la camicia e le altre cose. (entra in salotto e chiude la porta dietro di sé)
GREGOR (dopo un breve silenzio)
Non ho mai pensato che tutto questo dovesse finire così . È realmente necessario per te andartene via da casa e dalla
famiglia?
HJALMAR (va attorno irrequieto)
Che vuoi dunque che faccia?... Non son fatto per essere infelice, Gregor. Devo avere attorno a me calma, benessere e
serenità.
GREGOR
Ma non puoi aver tutto questo? Cercalo soltanto. Ora mi sembra che ci sia un terreno solido su cui costruire... e allora
comincia. E ricordati che devi anche vivere per l'invenzione.
HJALMAR
Oh, non parlare dell'invenzione. Forse ci sarà da attendere.
GREGOR
Davvero?
HJALMAR
Già, Signore Iddio, che cosa vuoi che io debba scoprire? Gli altri hanno già scoperto quasi tutto prima di me. Diventa
ogni giorno più difficile...
GREGOR
E tu che ci hai tanto lavorato.
HJALMAR
È stato quello scapestrato di Relling che mi ha dato l'idea.
GREGOR
Relling?
HJALMAR
Già, è stato lui che per primo mi fece notare il mio talento per qualche grande scoperta nel campo della fotografia.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
96
GREGOR
Aha... fu Relling.
HJALMAR
Oh ero infinitamente felice per questo. Non tanto per l'invenzione in sé; quanto perché Edvig ci credeva... ci credeva
con tutta la potenza e la forza della sua anima di fanciulla... Sì , vuol dire... io, pazzo, mi son venuto immaginando che
essa ci credesse.
GREGOR
Puoi realmente pensare che Edvig fingesse nei tuoi riguardi?
HJALMAR
Adesso posso pensare quel che si vuole. È Edvig, che mi taglia la strada. Essa viene ad offuscare il sole in tutta la mia
vita.
GREGOR
Edvig! È di Edvig che parli? Come potrebbe render buia la tua vita?
HJALMAR (senza rispondere)
Ho amato in modo indicibile quella figliola. Mi sentivo indicibilmente felice ogni volta che ritornavo a casa, nella mia
povera casa, ed essa mi correva incontro con i suoi occhi dolci, un po' ammiccando. Ahimè, pazzo pieno di fiducia! Le
volevo bene in modo incredibile... e così fantasticavo e sognavo nell'immaginare che anch'essa mi riamasse di un amore
indicibile.
GREGOR
Dici che tutto ciò era soltanto un'immaginazione?
HJALMAR
Come posso saperlo? Non riesco a cavare nulla da Gina. E poi a lei manca completamente il senso del lato ideale di ciò
che succede. Ma davanti a te, Gregor, sento il bisogno di aprire il mio cuore. C'è questo terribile dubbio... forse Edvig
non ha mai avuto un vero affetto per me.
GREGOR
Sarebbe però possibile procurartene una prova. (ascolta) Cos'è? Mi sembra che l'anitra selvatica strida.
HJALMAR
Sì , schiamazza. Mio padre è in soffitta.
GREGOR
È lui! (la gioia brilla in lui) Io dico che tu potresti anche procurarti una prova dell'amore della povera Edvig
misconosciuta.
HJALMAR
Oh, quale prova potrebbe darmi? Non oso più credere a nessuna assicurazione che mi venga da quella parte.
GREGOR
Sicuramente Edvig non conosce l'inganno.
HJALMAR
Oh, Gregor, di questo appunto io non sono sicuro. Chissà che cosa hanno potuto dire e macchinare Gina e quella
signora Sörby tante volte, stando qui insieme? Ed Edvig ha l'abitudine di stare in ascolto, sai. Forse pure quella lettera
di donazione non è giunta inattesa. Mi è sembrato di notare qualcosa.
GREGOR
Che specie di spirito maligno è mai sceso in te!
HJALMAR
Ho tenuto gli occhi aperti. Sta' attento... vedrai che la lettera di donazione non è che l'inizio. La signora Sörby ha sempre
avuto un certo debole per Edvig; ed ora essa ha la possibilità di fare quel che vuole per quella figliola. Possono
portarmela via quando loro piaccia.
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
97
Edvig non se ne andrà mai da te, per tutto l'oro del mondo.
HJALMAR
Non devi esserne troppo sicuro. Nel caso le facciano segno con le mani piene...? Ed io che l'ho tanto amata! La mia più
grande felicità sarebbe stata prenderla dolcemente per mano e condurla come si conduce un bambino che ha paura del
buio per un grande luogo deserto!... Ora ne ho la dolorosa certezza... il povero fotografo quassù nella soffitta non è stato
mai qualche cosa, tutto, per lei. Essa ha soltanto cercato astutamente di stare in buona con lui fintanto che le avesse fatto
comodo.
GREGOR
Neppure tu credi a tutto questo, Hjalmar.
HJALMAR
Proprio questo è il terribile, che io non so che cosa devo credere... che non potrò mai saperlo. Ma puoi tu realmente
dubitare che non sia come dico? Ah ah, tu hai una eccessiva fiducia nei diritti dell'ideale, mio buon Gregor! Se
venissero gli altri, con le mani piene, e gridassero alla figliola: Vieni via da lui; qui da noi ti aspetta la vita...
GREGOR (con vivacità)
Già, che credi dunque?
HJALMAR
Se io poi le chiedessi: Edvig, sei disposta a dare la tua vita per me? (sogghigna) Sì , grazie... allora potresti udire la
risposta che mi si darebbe! (Si ode un colpo di pistola dalla soffitta)
GREGOR (ad alta voce, con gioia)
Hjalmar!
HJALMAR
Vedi; ora egli va anche a caccia.
GINA (entra)
Uff, Hjalmar, mi sembra che il nonno stia sparando da solo in soffitta.
HJALMAR
Voglio andare a vedere...
GREGOR (con vivacità, colpito)
Aspetta un po'! Sai cos'è?
HJALMAR
Certo che lo so.
GREGOR
No, non lo sai. Ma io lo so. È la prova!
HJALMAR
Quale prova?
GREGOR
È un sacrificio infantile. Essa ha indotto tuo padre a sparare all'anitra selvatica!
HJALMAR
Sparare all'anitra selvatica!
GINA
Ma, pensa...!
HJALMAR
A che servirebbe?
GREGOR
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
98
Essa voleva sacrificarti la cosa più cara che possedeva al mondo; con questo saresti stato costretto a volerle bene di
nuovo, pensava lei.
HJALMAR
Oh, quella figliola!
GINA
Guarda, a che cosa va a pensare.
GREGOR
Voleva solo riavere il tuo amore, Hjalmar; le sembrava di non poter vivere senza di esso.
GINA (trattiene il pianto)
Lo vedi tu stesso, Hjalmar.
HJALMAR
Gina, dov'è?
GINA (lacrimante)
Poverina, di certo se ne starà di là in cucina, suppongo.
HJALMAR (va alla porta di cucina, l'apre e dice)
Edvig... vieni! Vieni qui da me! (si guarda attorno) No, qui non c'è.
GINA
Allora sarà nella sua cameretta.
HJALMAR (da fuori)
No, non c'è neppure qui. (entra) Dev'essere uscita.
GINA
Già, tu non volevi vederla, qui in casa.
HJALMAR
Oh, tornasse almeno presto a casa... potrei dirle... Ora tutto andrà bene, Gregor; perché ora son convinto che una nuova
vita potrà cominciare per noi.
GREGOR (calmo)
Lo sapevo; da quella figliola sarebbe venuta la redenzione.
(Il vecchio Ekdal viene sulla porta della sua camera; indossa la grande uniforme e stenta ad appendere la sciabola)
HJALMAR (sorpreso)
Babbo! Eri lì !
GINA
Il babbo ha sparato in camera?
EKDAL (adirato, si avvicina)
E così tu vai a caccia da solo, di', Hjalmar?
HJALMAR (sforzandosi, turbato)
Non sei dunque tu che hai sparato in soffitta?
EKDAL
Ho sparato io? Hm!
GREGOR (grida a Hjalmar)
Ha ucciso l'anitra selvatica da sola, capisci!
HJALMAR
Cosa dici! (si precipita alla porta della soffitta, ne apre i battenti, guarda nell'interno e grida ad alta voce) Edvig!
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
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GINA (corre verso la porta)
Gesù, cos'è!
HJALMAR (entra)
È distesa in terra.
GREGOR
Distesa!... Edvig! (entra e raggiunge Hjalmar)
GINA (contemporaneamente)
Edvig! (entra nella soffitta) No, no, no!
EKDAL
Aha... ah; anche lei va a caccia?
(Hjalmar, Gina e Gregor trasportano Edvig nello studio; nella mano destra penzoloni tiene stretta tenacemente la
pistola tra le dita)
HJALMAR
Il colpo è partito! S'è colpita da sé. Chiamate aiuto, aiuto!
GINA (corre al pianerottolo e grida in basso)
Relling! Relling! Dottor Relling, correte su presto, presto!
(Hjalmar e Gregor depongono Edvig sul sofà)
EKDAL (calmo)
La foresta si vendica.
HJALMAR (in ginocchio presso di lei)
Presto ritornerà in sé. Ora ritornerà in sé... sì , sì , sì .
GINA (che è rientrata)
Dov'è ferita? Non riesco a veder nulla... (Relling viene in fretta, e subito dopo Molvik; quest'ultimo senza panciotto e
senza cravatta, con la giacca sbottonata)
RELLING
Che c'è?
GINA
Dicono che Edvig s'è sparata.
HJALMAR
Vieni qui e dacci aiuto!
RELLING
S'è sparata! (tira il tavolo da parte e comincia ad esaminarla)
HJALMAR (per terra, lo guarda con ansia)
Non c'è dunque pericolo? Non è vero, Relling? Non versa sangue neppure. Non può essere pericoloso?
RELLING
Com'è successo?
HJALMAR
Oh, che so io...!
GINA
Voleva tirare all'anitra selvatica.
RELLING
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
100
All'anitra selvatica?
HJALMAR
Il colpo dev'esser partito...
RELLING
Hm. Sicuro.
EKDAL
La foresta si vendica. Tuttavia io non ho paura. (entra nella soffitta e si chiude dentro)
HJALMAR
Ebbene, Relling... perché non dici nulla?
RELLING
La pallottola è penetrata nel petto.
HJALMAR
Sì , ma essa ritornerà in sé.
RELLING
Vedi bene, che Edvig non vive più.
GINA (scoppia in pianto)
Oh, figlia, figlia!
GREGOR (con voce strozzata)
Nel fondo dei mari...
HJALMAR (balza in piedi)
Sì , sì , deve vivere! Oh, che Dio ti benedica, Relling... solo un istante... solo il tempo che io possa dirle quanto
indicibilmente l'ho amata tutta la vita!
RELLING
Il cuore è colpito. Emorragia interna. È morta sul colpo.
HJALMAR
Ed io, che l'ho scacciata da me come una bestia! E così , spaurita, s'è rifugiata nella soffitta ed è morta del suo amore per
me. (singhiozzando) Non poter mai riparare! Mai poterle dire...! (si contorce le mani e grida fuori di sé) Oh, tu che sei
lassù...o se tu esisti dunque! Come hai potuto far ciò?
GINA
Zitto, zitto, non devi parlar così . Forse non avevamo il diritto di tenerla.
MOLVIK
La figliola non è morta; dorme.
RELLING
Sciocchezze.
HJALMAR (si calma, va al sofà e con le braccia incrociate guarda Edvig)
Essa giace, così rigida e calma.
RELLING (cerca di liberare la pistola)
La stringe così forte, così forte.
GINA
No, no, Relling, non le spezzate le dita; lasciate star la pigstola.
HJALMAR
La porterà con sé.
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
101
GINA
Sì , lasciategliela. Ma la figliola non deve star qui fuori a farsi vedere. Dovrà andar nella sua cameretta; in camera sua
deve andare. Aiutami a portarla, Hjalmar. (Hjalmar e Gina prendono Edvig tra loro)
HJALMAR (mentre la trasportano)
Oh Gina, Gina, riesci a sopportarlo!
GINA
L'uno aiuterà l'altro. Poiché credo che ora essa appartenga veramente a tutt'e due.
MOLVIK (stende le braccia e mormora)
Sia lodato il Signore; alla terra ritornerai; alla terra ritornerai...
RELLING (sussurra)
Sta' zitto, tu; sei ubriaco.
(Hjalmar e Gina trasportano la salma attraverso la porta di cucina. Relling chiude la porta dietro di loro. Molvik se la
svigna dal pianerottolo)
RELLING (va verso Gregor e dice)
Nessuno mai riuscirà a farmi credere che questa sia una morte accidentale.
GREGOR (che è rimasto costernato, scuote le spalle convulsamente)
Nessuno può dire come sia accaduta questa cosa orribile.
RELLING
La palla ha attraversato il petto. Essa deve aver premuto la pistola contro di sé e fatto fuoco.
GREGOR
Edvig non è morta invano. Avete veduto come il dolore ha liberato quel che v'è di grande in lui?
RELLING
Quasi tutti divengono grandi quando sono costernati presso un cadavere. Ma quanto tempo credete che durerà in lui
questo splendore?
GREGOR
E non dovrà durare e crescere per tutta la vita?
RELLING
Fra tre trimestri la piccola Edvig non sarà altro per lui che un bel tema per declamazioni.
GREGOR
E voi osate dire questo sul conto di Hjalmar Ekdal!
RELLING
Ne riparleremo, quando la prima erba sarà appassita sulla sua tomba. Allora lo potrete sentir piangere sulla «figliola
troppo presto strappata al suo cuore paterno»; allora lo potrete veder cuocere nella commozione, nell'ammirazione e
nella compassione per se stesso. State attento!
GREGOR
Se voi avete ragione, ed io torto, la vita non è degna d'esser vissuta.
RELLING
Oh, la vita potrebbe pure avere del buono, a dispetto di tutto, quando noi potessimo solo esser lasciati in pace da questi
benedetti esattori, che si presentano alle porte di povera gente, come noi, con i diritti dell'ideale.
GREGOR (guarda davanti a sé)
In tal caso son contento della risoluzione che ho preso.
RELLING
Con il vostro permesso... qual è dunque la vostra risoluzione?
Henrik Ibsen L’anatra selvatica
102
GREGOR (in procinto di andarsene)
D'essere il tredicesimo a tavola.
RELLING
Oh, che il diavolo vi porti.