L’anima della terra

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L’ A N I M A D E L L A T E R R A

                                         

               

                                                      

                                                             L’  A N I M A    D E L L A   T E R R A 

                                                           

                                                                      

                                                                                  

                                                                           Dramma   in  tre  atti

                                                                                          Di

                                                                            Antonio   Sapienza

Personaggi:

          Carmelo  Macca / Abel Willians, agricoltori;

          Peppino, figlio di Carmelo/ Joe, figlio di Abel;

         

          Sara Carrubba bracciante/ Lia moglie di Joe;

 

          Turi/ Tom, fratelli di Peppino e di Joe;

          Za’ Ciccia Campisi, bracciante / Rosy, moglie di Tom;

          Tanu Carrubba, capociurma,padre di Sara/Bill, fratello di Joe;

        

          Petru, bracciante;

          Giovanni, carrettiere;

          Lucia, dieci anni, figlia di Carmelo.

E, inoltre, contadini, carrettieri e braccianti.

L’opera esprime, nello stesso momento, la realtà di due diverse civiltà agricole: quella americana e quella siciliana, della fine del diciannovesimo secolo.

Quella americana è rappresentata a sinistra del palcoscenico, quella siciliana a destra. La vicenda, sul palco, si svolge alternativamente, ma con cadenze temporali diverse; quindi, quando l’azione è a sinistra, la parte opposta del palcoscenico è al buio, e viceversa. Gli attori saranno gli stessi per ambedue le rappresentazioni..   

Comunque, sarà facoltà della regia, regolare le varie fasi dell’opera, e assegnare i ruoli, secondo le necessità della rappresentazione.

                                                           

                                                                      

                                                                       Atto  I

Sulla scena, a sinistra,  e` stata ricostruita una scorcio di facciata di una casa di campagna con una piccola veranda lunga quanto tutta la facciata e larga due metri, con una staccionata in legno ben tenuta, con ingresso centrale, dotato di una grande zanzariera, che dà su scalini.

Su detta veranda verra` posta, nei pressi dell'ingresso, una sedia a dondolo. Altre due o tre sedie verranno sparse in fondo alla veranda stessa.

A sinistra della facciata, ci saranno grandi alberi da ombra, dai quali si partiranno due vialetti che si uniranno al centro della facciata, proprio sotto i tre gradini della veranda.

Sulla parete destra della scena, è ricostruita l’aia di una masseria siciliana, con la facciata di un magazzino-deposito dove si vedono, di scorcio, addossati alle pareti, vari sacchi pieni di prodotti agricoli, giare, scale e attrezzi vari. In scena, dentro detto magazzino, vi è la “ciurma” (i braccianti agricoli) che coricati sul pavimento, con guanciali di fortuna, dormono.

All'apertura del sipario, con musica adatta, sulla parte sinistra, vi sara` in scena, seduto sul dondolo, Abel Williams. Egli e` un vecchio solenne; barba e capelli bianchi e lunghi. Indossa sulle spalle un vecchio scialle scuro. Sulle gambe regge, ben piagato, uno scolorito playd. Il vecchio, di tanto in tanto, con sguardo indagatore, scruta il cielo; poi torna ai suoi pensieri. Fuma la pipa. E` tardo pomeriggio

Dopo circa un minuto, entra in scena da sinistra Joe: Uomo sui trentacinque anni, alto e ben piantato, porta la barba, indossa pantaloni scuri, camicia rosso-mattone, panciotto nero, stivali, cappello a larghe falde calzato in testa. Egli, dopo aver percorso lentamente il vialetto, si siedera` sui gradini della veranda. Si togliera` il cappello, si tergera` un po' di sudore con un fazzoletto rosso, e si portera` un filo di paglia alla bocca. Il padre, in un primo momento, assorto nei pensieri, non si accorgera` di lui. Joe dira` le prime battute guardando il cielo.

Joe.- Il cielo è ancora terso, padre.-

Abe.- Già.-

Joe.- Il cielo è terso ma la pioggia non tardera` a venire...( pausa ). Fra qualche giorno prepareremo per la  semina ... (pausa) Ma la terra, non ce la farà più a darci sostentamento a tutti, padre.-

Joh.- Di che vorresti lamentarti, figlio?-

Joe.- Non mi lamento, padre…ma sapete che mio fratello Ben, s’è fidanzato, e sara` sposato quando verra` la primavera...In autunno ci sara` un bambino, e l'estate prossima un altro. La terra non s'ingrandisce, padre. Non bastera` piu`.-

Abe.- Benjamin prende moglie? Non lo sapevo. Comunque è meglio così, perché con la vita dissoluta che conduce, o prima o dopo, finirà perduto, nelle braccia di Satana.-

Joe – Padre, se si sposa la terra non basterà più, ti ripeto.-

Abel- La terra e` sufficiente, Joe. I tuoi fratelli hanno portato in casa le loro mogli e la terra e` bastata. -

Jos.- C'e` un limite, padre. La terra non puo` nutrire piu` di tanto. La fattoria e` troppo piccola. ( alzandosi e curvandosi sul padre) Eppoi desidero tanto una terra tutta mia, padre. ( sedendosi ai piedi del padre, abbassando la testa e spezzettando un ramoscello secco ) Ho letto tante cose intorno al West, e alla terra che vi si trova... quasi per nulla...-

Abe.- ( lisciandosi la barba e pesando le parole) Se tu potessi attendere un anno, Joe. (sospirando) Se tu potessi attendere un anno, non piu` di due certo, allora non m'importerebbe più. Non sei il maggiore, Joe, ma ho sempre pensato di darti la mia benedizione, perche` tu prendessi il mio posto. Non so perche`, ma e` cosi`. C'e` in te qualcosa di piu` forte, Joe; di piu` sicuro e piu` intimo.-

Joe.- Ma stanno appoderando i terreni del West, padre. Basta viverci un anno ararla un poco, costruirvi la casa, e la terra e` vostra. Nessuno puo` piu` portarvela via.-

Abe.- Lo so, ne ho sentito parlare; ma pensa, se ci andassi ora, io avrei tue notizie tramite qualche lettera… Se aspetti, tra un anno, al massimo due, verrei con te. Sono vecchio Joe... (pausa) Starei veramente con te, ma sul tuo capo, nell'aria. Vedrei la terra che avrai scelto, e la casa che ti fabbricherai. Sarei tanto curioso di saperlo, credilo. Troverei qualche maniera per aiutarti, di tanto in tanto. Se ti capitasse di perdere del bestiame, per esempio, forse potrei aiutarti a ritrovarlo; essendo nell'aria potrei vedere tutto da distante. Se tu aspettassi solo un po' di tempo, potrei fare cosi`, Joe.-

Joe.- Stanno prendendosi la terra. ( contrariato) E sono gia` passati tre anni. Se aspetto, possono portare via tutti i buoni terreni. ( con foga) Sono affamato di terra, padre!-

Abe.- Capisco.( pausa) Forse non si tratta solo d'inquietudine... -

Jos.- Può essere. Ascoltate, padre, vi voglio raccontare quello che ho sognato stanotte: Ho sognato che mi trovavo in una grande valle a me sconosciuta. E li`,nella prateria, le avene selvagge si muovevano in onde argentee sotto un venticello fresco; le chiazze azzurre di lupini si stendevano come ombre in una chiara notte lucente. I papaveri, sulle colline laterali, erano larghi raggi di sole. La valle era disseminata da gruppi di querce... come se stessero in assemblea... Al centro troneggiava una solitaria quercia gigante, che protendeva verso di me, un braccio protettore pieno di lucenti ciocche di nuove foglie, luminose e lucenti. Mentre guardavo quella valle, sentii invadermi le vene di un caldo fluido d'amore.  E` terra mia, dissi. E i miei occhi brillarono di lacrime, mentre il cervello si empiva di questa meravigliosa idea: Mi appartiene!

Sentivo i fiori, gli alberi e la terra, come mie creature. Devo averne cura, dissi. Era il tramonto; l'erba era umida di recente pioggia; un silenzio magico invadeva la valle; uno strano fremito mi percorse le ossa e mi gettai a terra pensando: E` mia, e` mia, fino al centro della terra!

E un'esultanza, che divenne acuto spasimo, attraverso` il mio corpo come un fiume ardente. Mi stesi, carponi, sull'erba e allargai le braccia in segno di possesso...Accostai il volto sull'erba bagnata, vi appoggiai la guancia, e le mie dita afferrarono l'erba bagnata: la strapparono, e la strinsero ancora, mentre i miei fianchi battevano pesantemente la terra.

Quando mi svegliai ero coperto di sudore e col ventre impregnato di sperma: Nel sogno mi ero unito carnalmente con la terra. Con la mia terra, padre.-

Abe.- ( pensieroso, quasi tra se, dondolando il capo) Non si tratta soltanto d'inquietudine...Ma si, forse potrei raggiungerti ...dopo. (pausa) Ma avrai bisogno di una donna laggiu`... (pausa) Vieni Joe, metti una mano qui. ( fa poggiare la mano destra del figlio sul suo ginocchio sinistro) Mio padre ha fatto cosi` con me. Un'usanza tanto antica non puo` essere sbagliata. Ecco lascia qui la mano.(Il vecchio copre con la sua mano deformata quella di Joe). Possano la benedizione di Dio, e la mia, posare su di te, figlio. Possa tu vivere nella luce del Volto e amare la tua propria vita. ( Intanto che il vecchio parla, il figlio lo guarda con aria estasiata, quindi china il capo.) Ora, Joe, puoi andare nel West, nella tua terra  protetta dalla tua quercia. Qui hai finito.-

 Quindi il vecchio si alzera` faticosamente dalla sedia, aiutato da Joe, e, accompagnato dal figlio, lentamente rientrera` in casa. Joe lo sorreggera` soltanto fino alla soglia della casa. Poi ritornera` sulla veranda, calzera` il cappello, raccogliera` una pagliuzza da terra e se la portera` in bocca, quindi si risiedera` sui gradini e fissera` lo sguardo assorto, verso il sole che tramonta  Musica adatta. Dopo circa un minuto, entrera` in scena Bill. Egli e` un uomo di media statura, sui quarant'anni, bruno e dall'aspetto malaticcio. Veste in nero.

Bill.- Joe, debbo parlarti.-

Joe.- Parla.- ( continua a fissare lo sguardo lontano).

Bill.- E` importante Joe. Ti prego, stammi attento, guardami.-

Joe.- ( con una punta di sopportazione, guardandolo) Dimmi.-

Bill.- ( che ha capito l'insofferenza del fratello) E` per il tuo bene, bada.-

Joe.- Ti ascolto, Bill. ( con gentilezza).

Bill.- Ti voglio mettere in guardia, Joe.-

Joe.- Su chi?-

Bill.- Su te stesso.( pausa) Bada a quello che fai.-

Joe.- E cosa faccio?- ( guardando Bill incuriosito).

Bill.- ( passando dall'altra parte della staccionata) Ti ho visto oggi... ( impacciato, abbassando il capo).

Joe.- ( girando il capo per guardarlo) Certo che mi hai visto. Ebbene?-

Bill.- Non far finta di nulla. ( con durezza) Ti ho visto la`, nel recinto delle bestie... ( indica verso destra).-

Joe.- Bill, una buona volta, che cosa hai visto?-

Bill.- Ho visto quello che facevi nel recinto delle bestie... Tu non devi piu` farlo. E` cattivo quello che fai... Poi la gente potrebbe vederti...-

Joe.- Ma cos'ho fatto? Cosa potrebbe vedere la gente?-

Bill.- ( tornando al di qua dello steccato e avvicinandosi al fratello.) Poteva vedere quello che hai fatto: Come guardavi il toro mentre montava la vacca! Tu sei pazzo, per caso?-

Joe.- ( trasecolando) Ma io ho solamente incitato il toro a montarla, quella era gia` pronta...-

Bill.- ( facendo un sospiro) La gente potrebbe chiacchierare su di te... e sulle tue stranezze.-

Joe.- Stranezze? Bill, io voglio soltanto vitelli. Che c'e` di male in questo, per la gente e per te?

Lo sai che amo tutto cio` che si riproduce. Che vive e si riproduce.-

Bill.- La Scrittura dice che sono cose proibite! ( pausa) La gente potrebbe pensare, potrebbe credere che il tuo interesse sia... sia personale.-

Joe.- Ah, la gente potrebbe pensare, potrebbe credere che mi sentissi toro? E` cosi` Bill? ( Bill annuisce) Ebbene e` vero! ( Bill rimane di sasso.) Vedi, Bill, se potessi montare una vacca, per

fecondarla, credi che esiterei? Bill, quel toro puo` impregnare venti mucche al giorno. Se il sentimento potesse impregnare una mucca, io ne potrei montare cento al giorno. Ecco quel che

sento, Bill. ( pausa) Ma non capisci? Io voglio che la terra brulichi di vita. Voglio che le cose mi crescano attorno.( quasi tra se) Tutto sulla terra produce, solo io no. ( poi forte, alzando il capo verso il fratello) Bill, nel West prendero` moglie.-

Bill.- ( sbalordito) Moglie? Nel West?-

Joe.- Si, certo. Parto dopo che saranno terminati i lavori dei campi. Voglio una terra tutta mia. Voglio una valle sterminata, se mi e` possibile. Voglio la vita. E li` l'avro`. Parto, Bill, con la benedizione di nostro padre.-

Bill.- E la fattoria? E... noi?-

Joe.- Voi baderete alla fattoria fino a che nostro padre restera` in vita. La terra dara` abbastanza per tutti voi, per vivere bene.( pausa) Poi, se lo vorrete, potrete raggiungermi.-

Bill.- Tu hai avuto la benedizione di nostro padre. Sei tu che disponi, d'ora in poi. ( con solennita`) Staro` qui, come desideri, finche` sara` necessario, poi ti raggiungero` nel West.

Joe.- Se lo vorrai, Bill.-

Bill.- Io lo vorro`. (pausa) Non so cosa fara` Tom: Quello senza le bestie non puo` sopravvivere. In quanto a Ben, beh, spero che venga, forse li` ritrovera` Cristo.-

Joe.- ( come se sognasse) Eh, Ben...Ma Tom avra` tutte le bestie che vorra`, sta sicuro. Li` avremo cavalli, vacche, maiali... li` c'e` terra, erba…vita.-

Bill.- Lo spero, anzi, sono certo che verra`. Comunque, sai dov'e` in questo momento?-

Joe.- Nella stalla, suppongo.-

Bill.- Certo, nella stalla. E sai cosa fa? ( Joe fa cenno di no) Sta apprestandosi a vegliare la cavalla che deve partorire, dice lui, prima di notte. Ma ti sembra giusto cio`?-

Joe.- Mi sembra normale, Bill.-

Bill.- No, non e` normale! La natura dev'essere lasciata  libera di fare il suo corso. ( pausa) Quello e` capacissimo di restare sveglio tutta la notte per poterla aiutare in caso di necessita`. Ed e` cattivo. Ma lui Tom, e` Tom, colui che capisce le bestie, che ci sa fare con le bestie...( sconsolato) che e`

tutt'uno con esse... -

Joe.- Vedi, nostro fratello, come tu hai detto bene, comprende gli animali, ma non capisce gli uomini. E sai perche`? Perche` lui ha poco da dire, e quel poco lo dice alle bestie e qualche volta a me. A lui le faccende politiche, di commercio o religiose, lo spaventano. Ed io lo capisco.-

Bill.- Ecco Tom. Ci sono novita` nella stalla.

Entra in scena da destra Tom: stessa corporatura del fratello minore;  lunghi baffi spioventi; camminatura dinoccolata. Ha quarantadue anni e parla strascicando le parole.

Tom.- Ha figliato. Volete vedere il puledrino?-

Bill.- Ci vado subito. Tu non vieni Joe?-

Joe.- Vai avanti, ti raggiungero` dopo.- ( Bill esce da destra facendo un segno affermativo).

Tom.- Perche` non sei andato anche tu?-

Joe.- Ci sara` tempo. ( pausa) Tom, vado nel West. Voglio la terra. Ho la benedizione di nostro padre.-

Tom.- ( meravigliato) La benedizione? ( poi convinto) Lo immaginavo. E` giusto.(pausa) Nel West?-

Joe.- Sicuro.-

Tom.- Beh, se ci sono buoni pascoli e una mandria da curare…verrò anch’io.-

Joe.- No, voi aspetterete qui. Prima parto io. Vi chiamero` dopo... ( con imbarazzo) dopo... insomma dopo.-

Tom.- Ho capito. Dopo. E Bill lo sa? ( accennando alla destra del palco da dove e` uscito Bill)-

Joe.- Lo sa e verra` anche lui, a suo tempo.-

Tho.- ( meravigliato) Verra` nel West? -

Jos.- Cosi` ha detto.-

Tom- Beh, devo ammettere che mi meraviglia. Bill  nel West (scuote la testa). Ma forse non verrà. Egli è molto diverso da noi e credo che le fatiche del West possano nuocergli alla salute. Lui è tagliato per la vita contemplativa, per la religione. (avvicinandosi al fratello) Sai, una volta è stato lodato dal predicatore, dal pulpito, di fronte a tutta l’assemblea. Disse quella vecchia cornacchia che Bill è un uomo forte del Signore…(ridacchia) però è debole di lombi. Ma lo sai quante volte ha fatto l’amore con sua moglie?-

Joe – Non lo so e non m’interessa.-

Tom- (come se non avesse udito la risposta del fratello) Solo quattro volte. Capisci quattro volte in cinque anni. (confidenzialmente) L’ha detto sua moglie alla mia Rosy, in un momento di confidenza…-

Joe – Sono cose che non ci riguardano, Tom.-

Tom- (come sopra) Il celibato sarebbe per lui uno stato ideale. (poi, come se avesse finalmente capito che al fratello questi pettegolezzi non lo interessano) Comunque non è questo l’importante… io parlavo della sua salute. Ma non vedi quanto è pallido? Non sta molto bene ti dico… e lui ne trae godimento. Sai cosa mi ha detto l’altra volta?-

Joe- (con sopportazione) Cosa…-

Tom – Mi ha detto che è Dio che lo vuole così sofferente… a causa dei nostri peccati. Ma di quali peccati parla? Tu ne sai nulla Joe?-

Joe- Ha le sue idee. E non ti prendere pensiero per lui e per la sua salute. Nel West l’aria è buona e, per la sua Fede troverà sicuramente qualche predicatore che lo assisterà.-

Tom – E dove andremo di preciso?-

Joe- California.-

Tom.- ( poco convinto) California? Bene, bene. Sicuro, sicuro… Ah, senti Joe, ma sai nulla della siccita` della California?-

Tho.- Siccita`? Ma quelle sono solo voci messe in giro da quel vecchio pazzo di Gray.-

Tom.- E se fossero vere? Mi diceva la signora Norton che suo padre mori` di  crepacuore per il dispiacere che ebbe a causa della siccita`. Dice che duro` dieci anni e che nel loro Ranch seccarono l'erba e le piante; morirono tutte le bestie e fu tutto un deserto. Secco` pure l'aria quella volta.(pausa) Ma forse hai ragione, la siccita` non puo` durare tanto. Saranno dicerie, voci ingigantite dal tempo, dai ricordi. Forse sono fantasie. E quando partirai Joe?-

Joe - Non appena saranno terminati i lavori dei campi.(pausa) La`, oltre a tanta terra, avremo una grossa mandria…-

Tom.- Garantito Joe. Garantito: Verremo, Joe, verremo.-

I due entrano in casa, intanto il sole sara` tramontato. Illuminazione adatta. Si udra`, nel frattempo, una avvinazzata voce d'uomo che cantera` una malinconica canzone. La voce si affievolira` sempre piu`, man mano, che si allontanera` dalla fattoria.

Buio

Nella scena di destra, intanto, nell’aia, ci sarà un leggero chiarore di luna, che entrerà dalla finestra a destra del magazzino, con la porta semichiusa. Musica adatta.

In scena ci sono i braccianti agricoli. Si ode un forte russare.

Pian piano entra in  scena, scostando la porta, Peppino Macca: alto, fisico forte, baffetti all’insù. Indossa una stretta giacca a righe, e coppola calzata in testa. Egli si sforza di riconoscere una persona tra quelle che dormono. Individuatala, vi si accosta e parla sottovoce.

Pep.- Sara, Sara, svegliati. Mi senti?-

Sara- ( ragazza prosperosa sui vent’anni) Sono sveglia, ma non gridare, svegli tutti. (si ode un forte grugnito e il capociurma, Tanu Carrubba, si gira di fianco) Hai visto? a momenti svegliavi mio padre.-

Pep.- Ma non s’è svegliato. Allora, ci vieni?-

Sara- A me piacerebbe, però ci vorrei andare di giorno. Di notte ho paura.-

Pep.- Già, di giorno, ma come faresti? devi lavorare…eppoi  tuo padre potrebbe notare la tua assenza, no?-

Sara- Si, si, ma…di notte ho paura!-

Pep.- Dai Sara, l’avevi promesso…poi di notte si pesca meglio, si prendono più pesci…quelli abboccano solo di notte.-

Sara- Ma non hai detto che peschi con le nasse? Cosa c’entra allora che debbono abboccare..-

Pep.- Volevo dire che di notte sono più fessi, e si fanno prendere più facilmente. Ti basta?-

Sara- Tu la sai lunga…Stamani m’hai detto che i pesci, nelle nasse, ci entrano da soli, per mangiare l’esca…-

Pep.- Ecco, allora abboccano, no? Mangiano l’esca e abboccano…dai alzati. (si ode un altro grugnito, un forte russare e movimenti di corpi nel sonno).-

Sara- Sta’ zitto. Esci. Adesso vengo, però dobbiamo, fare in fretta, non vorrei che si svegliasse mio padre e non mi trova qui. Prometti?-

Pep.- Faremo presto, prestissimo, te lo prometto.-

Peppino esce. Sara si alza, si sistema il vestito da contadina, sta per mettersi le scarpe, quando ode la voce della zia Ciccia, una compagna di ciurma, che stava dormendo accanto a lei, e che si alza lievemente sui gomiti per parlarle.

Cic.- (sussurrato) Sara stai attenta.-

Sara- Ah! m’avete spaventata.-

Cic.- Stai attenta.-

Sara- A cosa debbo stare attenta, za’ Ciccia?-

Cic.- Ai pesci!-

Sara- Non…non capisco…io…-

Cic.- Tu hai capito benissimo...-

Sara- …e voi avete sentito benissimo.-

Cic.- Certo che ho sentito, mica sono una bestia piena di vino come tuo padre.-

Sara- Allora, se avete sentito – bene, saprete che vado a pescare...-

Cic.- …con Peppino, il figlio del Principale.-

Sara- E che male c’è?-

Cic.- A pescare non c’è niente di male. Ma andarci di notte con un giovanotto, e, perdippiù con la fama di donnaiolo, di male c’è n’è anche troppo.-

Sara- So difendermi, io.-

Cic.- Non ne dubito che sai difenderti…se vuoi. (insinuante).-

Sara- Come se voglio? Cosa intendete dire?-

Cic.- Quello che ho detto.-

Sara- Basta, za Ciccia. So benissimo quello che faccio. Eppoi se non ci credete che vado a pescare, al ritorno vi porto i pesci. (poi conciliante) Sentite zietta bella, mi fareste un  piccolo favore?-

Cic.- (burbera) Cosa vuoi?-

Sara.- Se si sveglia mio padre e mi cerca, ditegli che sono uscita per dei bisogni personali. Me lo fate questo favore?-

Cic.- Mi stai chiedendo di farti da ruffiana?-

Sara- Oh, che brutta parola… vi chiedo soltanto un po’ di solidarietà femminile.-

Cic.- Non so se te lo faccio questo favore.(finta reticenza)-

Sara.- Invece sono sicura di si. Me lo farete. (calza le scarpe ed esce socchiudendo l’uscio).-

Cic.- (fra se) Te lo farò e come se non te lo farò…vedrai cosa ti combina Ciccia Campisi, piccola oca.

Il magazzino rimane al buio ancora un po’, musica adatta per un minuto, poi da lontano s’ode il canto di un gallo, e lo zu’ Tanu si agita nel sonno. La za’ Ciccia si leva a sedere e lo controlla. Poi quando il gallo ricanta, Tanu si stiracchia e, quindi, si mette a sedere.

Tanu- Ciccia, sei già sveglia?-

Cic.- Mi sono svegliata pochi minuti fa, quando il gallo ha cantato per la prima volta.-

Tanu- Io mi sveglio sempre alla seconda volta. Quell’importuno animale non ci riesce a buttarmi giù dal letto alla prima.

Cic.- Quale letto?-

Tanu- Insomma è un modo di dire, no? E quanto sei precisina stamani. Avanti, allora, svegliamo gli altri, oggi si annunzia un’altra giornata faticosa.-

Cic.- Già.-

Tanu- Hai visto che bel raccolto, quest’anno? Questa terra è benedetta, e don Carmelo Macca è un uomo fortunato.-

Cic.- Quell’uomo non è fortunato, Tanu, egli è solo caparbio. Crede nella terra, nei suoi figli, e nei suoi uomini. E la terra lo ripaga. Quello ci mette l’anima nella cura della terra.-

Tanu- E va bene, ci metterà pure l’anima, ma è un’anima che sgancia i quattrini. E se l’annata è buona, come quest’anno, per noi sarà la manna del cielo e forse più. Poi quando la nostra ciurma lavora da lui, si mangia a sazietà…-

Cic.- … e si beve a garganelle.-

Tanu- E si beve, e anche vino buono. Poi ci ha pagato sempre bene. E’ una sicurezza lavorare per lui.  Che il signore lo benedica.-

Cic.- (sarcastica) Amen.-

Tanu, un uomo suo quarantacinque anni, ben piantato, con una pancetta, brizzolato e coi mustacchi, si alza, si aggiusta i pantaloni, indossa un logoro gilè, cerca le scarpe, poi prende un cappellaccio di paglia. Intanto nel magazzino filtra un poco di luce dell’alba.

Tanu- Sara, alzati, è ora. Sara, alzati!-

Cic.- Sara è fuori a fare un bisogno personale. ( detto senza convinzione, anzi stuzzicando il sospetto dell’uomo).-

Tanu- Bisogno personale hai detto? ( si dirige verso l’uscita del magazzino, apre tutta la porta, e guarda fuori) Sara, Sara, Sara! (poi a Ciccia) Vecchia ruffiana, il bisogno personale te lo sei inventato tu. Sara là fuori non c’è.-

Cic.- E cosa vuoi da me allora?-

Tanu- Sara fuori non c’è, e tu sai dov’è. A te non sfugge nulla, vecchia “mavara”!-

Cic.- Io non so nulla… poi chi frequenta tua figlia lo dovresti sapere tu, che sei il padre… Certo, con tanti giovani che si sono qui attorno…(vedendo che Tanu sta reagendo alle sue parole) Oh, basta! E’ tua figlia, non mia. E’ tua e tu devi sapere dov’è e, soprattutto, con chi è tua figlia.-

Tanu- (riflettendo) Eppure è vero… forse so dov’è, e con chi…-

Cic.- Davvero? (beffarda) ma guarda che genio…-

Tanu- Dov’è Petru? Quello gli ha messo gli occhi addosso.-

Cic.- Petru dorme lì, non lo vedi…orbo di tutti e due gli occhi.-

Tanu- Come sarebbe?-

Cic.- Sarebbe che non ci vedi o non ci vuoi vedere. E non vuoi vedere, come in questo momento…-

Tanu- Come sarebbe?-

Cic.- Ahò, non sai dire altro? (poi con calma) Ma ti sei guardato in giro? sono tre giorni che stiamo qui, e non hai visto nessuno bazzicare e ronzare attorno a…Sara?

Turi- Per la miseria! Sicuro, sicuro…certo: Da tre giorni, da quando siano qui, Peppino Macca ha gironzolato attorno a Sara. Strega, credi che non abbia occhi? Ma speravo che mia figlia fosse abbastanza virtuosa da tenerlo a bada.-

Cic.- (ironica) Lei?-

Tanu- E che è una buttana? Bada a come parli, Ciccia!-

Cic.- Calmati, calmati…che sgualdrina e sgualdrina…e non mi riferivo poi alla sua…virtù…ma, sai la gioventù, le tentazioni…il diavolo…-

Tanu- (convincendosi sempre più) Si, sarà con lui. Anzi ne sono sicuro! E ora credo che…credo che…mannaggia, quello se la sta facendo, in qualche posto, magari non lontano da qui. Ma non ha fatto i conti con me. Con Tanu Carrubba! (prende la doppietta che teneva accanto a se ed esce dal magazzino).-

Cic.- Tanu non fare sciocchezze. Petru (a un giovane bracciante che dorme lì vicino) Petru, svegliati, alzati, segui u zu’ Tanu. Quello oggi ammazza qualcuno! ( a bassa voce) E non deve scorrere il sangue del figlio, ma deve cadere nella polvere la dignità del padre. Disgrazia si, morte no!…(poi forte) Corri Petru!-

Pet.- (alzandosi e infilandosi le scarpe) Chi? Che cosa? Quando?-

Cic.- Imbecille, corri subito ho detto! Segui lo zu’ Tanu, quello ha preso il fucile. Quello li ammazza se li trova!-

Pet.- Trova chi?-

Cic.- Peppino e Sara.-<

Pet.- Ah…ma dove?.-

Cic.- Là fuori, Bestia!-

Pet.- Vado, vado,  vengo, vengo…vado, vado. (intanto si svegliano gli altri braccianti: domande a soggetto. Petru esce e rientra subito) Non c’è bisogno, cca sunu, sono qua, stanno tornando (guardando fuori) Presto, venite dentro.-

Entrano, trafelati, Sara e Peppino.

Cic.- Vi ha visto?-

Pep.- Chi?-

Cic.- Suo padre, lo zu Tanu.-

Pep.- No, credo di no… io non l’ho visto.-

Sara- Si, si! L’abbiamo visto! Peppino è inutile negare…ma mio padre non ci ha visto perché ci siamo nascosti, e quando è passato oltre, siamo venuti di corsa qui.-

Cic.- Quello, se vi vedeva, v’ammazzava!-

Pep.- Bummm!-

Cic.- Bum? Dici bum? Senti giovanotto, tu sei uno sbarbatello e non conosci Tanu Carrubba.A quello, quando il sangue gli va negli occhi, niente e nessuno gli fa paura, niente e nessuno lo ferma! Hai capito?-

Sar- E’ così Peppino. Papà è un violento. Soltanto la za’ Ciccia lo sa calmare.-

Pet.- (affacciandosi) Sta arrivando, sta arrivando.-

Cic.- Sara, tu mettiti là, in fondo, insieme agli altri. Tu giovanotto senza paura, devi stare accanto a me, e fai parlare me,capito?-

Pep- Io non mi nascondo tra le gonnelle di una donna, sono un uomo…-

Cic.- …che se non fa come dico io, sarà si un uomo, ma morto!-

Entra Tanu. E’ scuro in viso, appena vede Peppino gli punta il suo fucile.

Tanu- V’ho visto, v’ho visto! (freme)-

Cic.- (mettendosi al fianco e abbassandogli l’arma) Tanu Carrubba non ammazza a sangue freddo.-

Tanu- Sante parole, ma l’onore di mia figlia, fa eccezione!-

Cic.- (parandoglisi davanti) L’onore? Ma l’onore si recupera anche con la riparazione, non capisci ancora Tanu? Ri-pa-ra-zio-ne!-

Intanto Ciccia si avvicina a Petru e gli sussurra qualcosa all’orecchio. Petru annuisce ed esce. Fuori è già giorno.

Tanu- (che finalmente capisce) Giovanotto, sei disposto alla riparazione?-

Pep.- E cosa dovrei riparare? La pompa dell’acqua? (irrisorio).-

Tanu- Stai attento giovanotto, bada a come parli con me. Allora ti ripeto: sei disposto a riparare l’onore che hai tolto a mia figlia, e di conseguenza a me?-

Pep.- Non vi conosco! E non vi ho tolto proprio nulla! In quanto a Sara, più che a toglierle l’onore, gli ho tolto un po’ di sonno…Andate via, và.-

Tanu- (fremente) Ciccia, ma lo senti?-

Cic.- Calmati Tanu. Ci parlo io con questo giovane bell’imbusto. Senti bello, qui siamo in Sicilia, te lo sei scortato, per caso? e chi toglie l’onore a una ragazza, che ha un padre o un fratello, o se la sposa o viene ammazzato. E’ la legge dell’onore.-

Pep.- Ma via, non abbiamo fatto nulla…eppoi non la posso sposare…non ci amiamo…ma che sposare e sposare…-

Tanu- Ciccia, io l’ammazzo!-

Entra Carmelo Macca. Egli è un uomo di mezza età, forte, abbronzato, volitivo, sicuro di se. Porta grandi baffi spioventi. Indossa un giaccone e calza in testa una coppola nera. Lo segue Petru.

Car.- A chi ammazzi! - Tanu Carrubba?-

Tanu- (girandosi sorpreso) A vostro figlio ammazzo, don Carmelo, perché stanotte s’è portata mia figlia Sara al fiume, disonorandola.-

Car.- Peppino. È vero?-

Pep.- Al fiume ci siamo stati. Quando a disonorarla…-

Car.- Basta così! Tanu Carrubba, abbassa quel fucile, non serve più. Peppino farà quello che deve fare un galantuomo: sposerà tua figlia!-

Pep.- Papà, io non l’amo.-

Car.- Non l’ami, non l’ami. E ci pensavi prima; prima di portartela al fiume. ( a Tanu)  Tanu, dopo che avremo sistemato il raccolto, penseremo a questo matrimonio. Sei d’accordo?-

Tanu – La parola di don Carmelo Macca è oro colato. D’accordo! Petru, posa stu coso (gli porge l’arma) non serve più.-

Carmelo e Tanu si stringono la mano.

Tanu- Avanti ciurma, fuori! Il lavoro ci aspetta. Don Carmelo, se non è oggi, per domani sicuro che tutto il frumento sarà falciato. Sabbenedica (la ciurma esce, tranne Ciccia, che si aggira nel magazzino come se fosse indaffarata).

Pep.- Papà… ti prego…-

Car.- Niente preghiere. A te, col tuo comportamento, ti doveva accadere- sicuro come la morte. Chi campa come te, o prima o poi fa una brutta fine: O finisce ammazzato da qualche padre, fratello, o marito di una delle donne che vai insidiando, oppure… oppure…se e nubile finisce, nolente o volente, che se la deve sposare, chiunque essa sia.

Ora, a te, in questo caso, ti è capitata la disgrazia più piccola: Ti sposerai quella ragazza, ma almeno vivrai.-

Pep.- No, meglio morto. Papà, neanche Sara mi ama. Eppoi, là, al fiume abbiamo anche parlato. A lei queste nostre usanze non piacciono. Non le sopporta. Vorrebbe vivere libera, libera di fare ciò che vuole, senza dover rendere conto delle sue azioni ad un padre o a un fratello - a nessuno. E neanche ai compagni di ciurma, al vicinato  - che considera un covo di pettegoli…-

Car.- E’ strano questo modo di pensare per una ragazza siciliana. (scuotendo il capo) Che strane idee.-

Pep.- Eppure è così.-

Car.- Le sue idee non mi interessano. Io vivo qui e con questa gente mi ci rapporto giorno dopo giorno. Conosco le regole della società e non solo le osservo, ma anche le approvo. Ho le mie salde convinzioni. (pausa)  Peppino, hai fatto la “fesseria”, paga le conseguenze, ora te la sposi e basta!-

Pep.- Ma non ci sarebbe un altro modo…magari pagando?-

Car.- Ma allora non hai capito nulla di quanto ti ho detto? Carmelo Macca è un uomo d’onore, ricordalo! E tu, che fai? Ti comporti senza onore e vorresti disonorare pure me? Sposati e basta, e l’argomento è chiuso!-

Pep.- Io…io…pur di non sposarmi…m’ammazzo…oppure…-

Cic.- …parto lontano…( come se parlasse solo a Peppino)-

Pep.- Ecco, si, parto lontano.-

Car.- Tu la sposi.-

Pep.- Io non mi sposo! -

Car.- Disubbidisci?-

Pep.- Ma no papà, neanche ci penso.-

Car.- E allora? (ripensandosi) E allora…forse… vorresti fuggire? (Peppino annuisce) Quale onore per il figlio di don Carmelo Macca. Quale onore.  E di grazia, dove andresti? A Catania, a Palermo? Scriteriato! Quello ti verrebbe a cercare, ovunque. Quello è tosto...e se decide di sparare, spara.-

Pep.- Scusa papà, ma sono sconvolto. Certo non voglio disubbidirti, né, tanto meno, disonorarti, ma te l’ho detto: sono sconvolto. Io…io…io vorrei fare in modo da…da…no, farò così: prima la sposo quindi riparo, e poi parto. Emigro, in alta Italia, con le carte in regola, per farmi una nuova vita.

E’ permesso tutto ciò dal codice d’onore?-

Car.- Casa c’entra il codice d’onore. Tu la sposi e non parti, perché tuo padre ha deciso così…(con imbarazzo) e anche perché se tu partissi, quella, con le sue idee, alla prima occasione, si metterebbe nei guai-

Pep.- La cosa non mi interessa più di tanto.-

Car.- Ma ci potrebbe disonorare!

Ora basta Peppino, questi discorsi non mi piacciono… ma insomma! Partire, e che?… lasciare il lavoro, la contrada, tutti noi…qui c’è bisogno anche di te…-

Pep.- Papà, papà, è la mia vita in ballo.-

Car.- Hai ragione…hai ragione… eppoi,  per dove partiresti, sentiamo, per dove…-

Cic.- … lontano…lontano…nell’America… -

Pep.- Vado lontano, in capo al mondo, magari…magari in America!-

Car.- In America? Allora per me sarai morto.-

Pep.- Mi maledici, papà?-

Car.- No, no, ma so che se parti per l’America, per me morirai due volte. (ripetuto come un infausto presentimento).-             

Calano le luci, lentamente. Fermo di scena. Solamente Ciccia, come se fosse sola davanti ad un altare pagano, parlerà.

Ciccia.- Carmelo Macca, questa volta, grazie a tuo figlio, dovrai piegare la tua caparbietà e la tua alterigia. Questa volta conoscerai la mortificazione della tua figura di galantuomo, di uomo tutto d’un pezzo, che sarà spezzata, e spazzata via da tuo figlio, che la infangherà con un matrimonio vergognoso: Sposerà una semplice bracciante, figlia di un capo ciurma povero, ubriacone e violento. E con la fuga in America, tuo figlio, inesorabilmente si perderà e cadrai nella disperazione e nel dolore. E nella polvere e nell’umiliazione ti ridurrai, perché Tanu Carrubba te ne chiederà conto, e Sara, con la sua vita sregolata, infangherà il superbo nome dei Macca, in tutta la contrada.

Sicuro, certo, umiliazione e disperazione, come quella che conobbi io, trent’anni fa, quando ingenua ragazzina piena di sentimenti d’amore per te, fu respinta da te! (poi piano) da te, dopo che, vincendo il suo pudore, ella ti offrì il suo corpo per una notte d’amore.

Oddio che vergogna!

Ora quella ragazzina, ormai vecchia e avvizzita, che ha atteso il suo momento con fede assoluta, quasi religiosa, istigando Sara e Tanu, ti ha colpito nel cuore e nella tua immensa superbia: gusterai la vergogna!  

Vergogna che mi ha perseguitato per tutta la vita. Una vita sprecata, vissuta solamente per la vendetta.

Vendetta che ormai giunge quasi al compimento.

Carmelo, uomo sicuro di se, anima della terra, forte come una quercia, che non crollasti quando ti morì la moglie nel partorire la tua ultima figlia; che non ti ha abbattuto quando per due annate consecutive il raccolto è andato perduto a causa della pioggia. (ridendo sguaiatamente, poi con determinazione) Pioggia invocata, evocata, supplicata da me, Ciccia Campisi, divenuta ormai la Mavara, per tutti. Io la strega della contrada!

Sono una mavara? Ebbene mavara mi avete voluto, mavara sarò: La maledizioni, la malanova, il malocchio, si dovranno abbattere su di te, Carmelo Macca, dovrai mordere la polvere, conoscere il rifiuto!

Ed io, appagata nella mia lenta, tardiva, ma inesorabile vendetta, schiatterò di soddisfazione, e ballerò e riderò sulle spoglie della tua personalità.-

   

Buio, tela.

                                                                            Atto  II

Interno della casa di Carmelo Macca, tavolo sedie, credenza, qualche ritratto appeso alle pareti, al centro una finestra, a destra la comune, sinistra un’altra porta che conduce nelle altre camere. Qualche giorno dopo.

Si ode bussare all’uscio. Entra in scena Lucia, la figlia di Carmelo, una bambina di dieci anni, che va ad aprire la porta, entrerà Tanu.

Tanu- Buongiorno…è permesso? (vedendo Lucia) Ciao piccola, c’è papà?-

Lucia- Buongiorno a voi. Lo chiamo subito, entrate e sedetevi.-

Tanu- No, grazie, preferisco aspettarlo in piedi (resta davanti all’uscio con la coppola in mano).-

Lucia- (affacciandosi dall’altra porta) Papà, papà, c’è un uomo che ti vuole. (dall’interno si ode la voce di Carmelo che dice: “vengo, vengo”, quindi Lucia si rivolge a Tanu) Dice che sta venendo.-

Tanu- (entrando) Tu sei Lucia, vero?-

Lucia- Si.-

Tanu- Sei precisa tua madre, sai?-

Lucia- (illuminandosi) Avete conosciuto mia madre?-

Tanu- Si, la conobbi quando tuo padre prese questa contrada – tanti anni fa- perché fin d’allora io ero giornaliero e ho lavorato molte volte per tuo padre.-

Lucia- Che bello, avete conosciuto la mamma. (a Carmelo che è entrato) Papà, papà, quest’uomo ha conosciuto la mamma.-

Tanu- Sabbenedica don Carmelo. Ho detto a vostra figlia che ho lavorato per voi fin da quando avete preso Testapisima, e che ho avuto l’onore di conoscere vostra moglie, buonanima.-

Car.- (sbrigativo) Salutiamo. E già, ne è passato di tempo…-

Tanu- Sapete don Carmelo, mi rammento come se fosse oggi del giorno della disgrazia. Quando apprendemmo la …la mala notizia, tutta la ciurma si mise sotto la vostra finestra a pregare per donna Salvatrice, affinché le febbri maligne la lasciassero e si salvasse.-

Car.- E non la lasciarono, e non si salvò.

Ma, se siete qui, vedo che avete finito prima del tempo.-

Tanu- La promessa è promessa.-

Car.- E bravi. Vi pagherò lo stesso tutta la giornata- intera. Ora fate mangiare e riposare i vostri uomini, stasera faremo la festa per il buon raccolto. Domani all’alba probabilmente trebbieremo e poi la ciurma potrà partire. Tu puoi restare per concludere quell’affare.-

Tanu- Con comodo, don Carmelo, con comodo...-

Car.- (prendendo dal cassetto del denaro e porgendolo a Tanu) Ecco, per non perdere tempo domani, prendi ora questi soldi e divideli con gli altri, secondo merito, poi passa dallo zu Cola e fatti dare pane, fave e vino a volontà, per te e per tutta la ciurma. Vai!-

Tanu- Grazie, grazie assai. Baciamo le mani. Buongiorno Lucia.-

Car.- Salutiamo…-

Tanu esce.

Lucia- Papà, chi è quest’uomo che conosceva la mamma?-

Car.-  E’ uno dei braccianti più vecchi della contrada. Lavora qui spesso, ecco perché conosceva tua madre.-

Lucia- E sa anche com’è morta?-

Car.- Sa quello che sappiamo tutti: cioè che subito dopo che nascesti tu, la mamma fu colpita da febbri maligne e morì.-

Lucia- Ma allora è morta per causa mia!.-

Car.- Non dire sciocchezze. La mamma è morta perché il signore l’ha voluta con se, in Paradiso.-

Lucia-  Papà, quell’uomo sa se la mamma è in Paradiso?-

Car.- No, certamente, no. Come farebbe a saperlo?-

Lucia- Così, mi è sembrato uno che sa tutto.-

Car.- Beh, non sa proprio tutto, ma sa fare bene il suo mestiere: sa della campagna, sa del tempo, sa comandare gli uomini.-

Lucia- Come te.-

Car.- Come me. Perché anche lui, come me, ha previsto un’ottima annata.-

Lucia- Cos’è un’annata?-

Car.- Per la campagna, le annate sono i cicli di produzione della terra. L’annata del grano, a Testapisima, inizia a novembre e termina ai primi di luglio dell’anno successivo, con la trebbiatura.-

 Lucia- Allora quest’anno, buona annata significa molto grano?-

Car.- Molto, moltissimo grano. Questo è stato un raccolto meraviglioso. Le spighe sono piene, i covoni sono decine e decine… centinaia.(prende dei chicchi di grano dalla credenza) Guarda qua, vedi che magnificenza? Sono grossi come piselli.

E questo si che è lavoro, che è soddisfazione. Guarda Lucia (si avviano verso la finestra), guarda che grano, guarda i covoni. Solo ogni dieci anni Testapisima ci da questa abbondanza. Le gocce del nostro sudore, le cambia in mille spighe; per ogni chicco di semenza ti da il 60 o a volte anche il 70.

Terra benedetta è questa.

Vedi, a me non importa assai del guadagno – mi basterebbe pagare l’affitto della contrada, gli operai, le semenze e quel poco per campare – quello che desidero maggiormente è vedere realizzato lo scopo delle fatiche: sia le nostre che quelle degli operai e dei braccianti, perché non mi sembra giusto che i sacrifici, le attese, il lavoro, non vengano ripagati da un buon raccolto. Ciò mi sembra nelle natura delle cose, come il sorgere del sole; giusto come la morte.-

Lucia- Papà abbiamo avuto cattive annate, vero?-

Car.- (facendosi serio) Si, purtroppo ne abbiamo avute. Recentemente due volte consecutive, lo scorso anno e l’anno prima…ma non per colpa della terra…-

Lucia- E di chi?-

Car.- Dell’acqua! L’acqua è vita, ma nel giusto momento e nella giusta quantità cioè: prima della semina, durante il sonno del seme, quando spuntano la prime piantine, quando crescono - poi basta. Poi diventa cattiva. Come lo fu due anni fa, quando avevano appena appena trebbiato, e l’acqua venne giù a cataratte e bagnò inesorabilmente tutto il frumento. E frumento bagnato è frumento “ammuffato”. E fummo costretti a seminare i campi con frumento riservato per i bisogni della famiglia.

L’anno scorso, invece, quando le spighe erano alte e bionde, una tempesta di acqua e di vento giunse dal mare - e lo stese al suolo - irrecuperabile. Ne salvammo poco, pochissimo, nemmeno il dieci su cento… sai, vedere quelle spighe contorte, inzuppate, infangate, fu uno spettacolo doloroso, straziante… fu una vera e propria ecatombe, una grazia di Dio – ormai inservibile.-

Lucia- Ma hai appena detto che il grano si raccoglie in luglio, allora, com’è possibile che piova in quel mese caldo, di mezza estate?-

Car.- Mah. e chi lo sa. Il tempo è capriccioso… non è più quello di una volta…forse la colpa è dell’invenzione della luce elettrica, forse delle locomotive a vapore, forse quelle navi a carbone impestano l’aria del mare, chissa…-

Entra Turi, il figlio maggiore di Carmelo Macca.

Turi- Papà, è tutto pronto, quando trebbiamo?-

Car.- Magari domani. Prenditi la “damatrice” e vai a dire a compare Scandurra che siamo pronti e che può portare la trebbiatrice all’alba.-

Turi- Papà, hai contato i covoni? Roba mai vista prima d’ora.-

Car.- Ho visto, Turi, e ti ringrazio per il tuo impegno.-

Turi- Eh, il mio impegno senza di te, sarebbe stato nullo. Allora vado da compare Scandurra.-

Lucia- Se prendi la damatrice voglio venire anch’io. Papà posso?-

Car.- Se lui ti può portare con se…-

Lucia- Dai Turi, dì di si.-

Turi – (Prendendola per le ascelle e sollevandola da terra) E certo che puoi, mi farai da dama. Ciao papà. (escono).

Car.- (guardandoli dalla finestra) Che bravi figli… e Turi è il mio braccio destro ideale: sempre pronto a intervenire, attento ai bisogni della terra e degli operai, oculato nelle spese. Ora sono sicuro che quando sarò vecchio e stanco, Testapisima continuerà a vivere e a produrre, a sostenerci. Certo anche Peppino è in grado di badare alla terra, ma è ancora testa pazza, e pensa troppo alle gonnelle. Ed ora ci ha rimesso le penne: dovrà sposare per forza quella ragazza… non c’è niente da fare perché con Tanu Carubba non si può ragionare… che peccato. In compenso, spero, che si metta la  testa a posto.-

Buio a destra. Luce a sinistra.

Sulla scena, sempre a sinistra,  e` stata ricostruito l'interno di un soggiorno di una casa di campagna. Nella parete di fronte, a sinistra, c'e` una finestra con tendine. Essa, opportunamente illuminata, segnera` il passare dal giorno alla notte. Mentre il trascorrere delle stagioni si otterra`, oltre che con l'illuminazione della predetta finestra, anche tramite il caminetto, posto al centro della parete, acceso nella stagione invernale e spento in quella estiva.  Alla destra di detta parete ci saranno vari appendimantelli.  Un barometro appeso al muro, sara` posto alla sinistra della finestra. Nella parete a destra della scena c'e` l'uscio principale, che da all'esterno, sul cui stipite, in alto, sono appesi due fucili.  Nella parete di sinistra vi e` un uscio che porta nei locali interni.

Nella grande stanza sono stati posti: un tavolo rotondo con sopra un lume acceso e una biscottiera; alcune sedie in legno ordinarie; due sedie a dondolo imbottite, vicino al caminetto acceso; una credenza con vasellame a vista; una piccola scrivania o troumeau, e quant'altro potrebbe sembrare utile alla regia.  E` sera.

L'atto inizia, a sipario chiuso, con un urlo di donna subito soffocato. Poi si udra` un pianto che man mano si affievolira`.

Quando, lentamente, il sipario si apre, sulla scena ci sono due donne sedute sulle dondolo, vicino al caminetto: Sono Rosy ed Lia, quest'ultima e` la moglie di Joe Willians: donna abbastanza carina, sui vent'anni, che veste con una certa eleganza, da cittadina, da donna colta.

Rosy.- Ti prego Lia, niente lacrime. Non si usa da noi. Poi tu sei arrivata da poco, e non hai conosciuto bene il morto, sicche` non puoi rimpiangerlo. E ti assicuro che non lo rivedrai mai. Percio` niente lacrime e niente paura. Stai calma, invece. Ci sara` d'attendere un pezzo.-

Lia.- Ma almeno dimmi com'e` accaduto...-

Rosy.- ( alzandosi e prendendo qualcosa dalla credenza) E` un cattivo momento questo, anzi  vergognoso ...(pausa, ritorna al dondolo) E`morto in dieci minuti, pugnalato. Fra due giorni ci saranno i funerali. Ora sai. Chiedi tutto cio` che vuoi, stanotte...(pausa) C'e` stata violenza per cui non siamo piu` le stesse.( ha un brivido) Un fatto simile cambiera` le nostre nature per qualche tempo. ( attizza il fuoco del caminetto) Chiedi ora quello che desideri, domani, puo` darsi, che ci si vergogni. (pausa) Quando lo avremo sotterrato non nomineremo piu` Ben. Fra un anno avremo dimenticato la sua esistenza.-

Lia.- E tutto questo perche`?-

Rosy- Perche` Ben era un ladro. Non desiderava molto le cose che rubava. ( si avvicina piu` da presso a Lia.) Rubava il prezioso pudore delle fanciulle, e beveva per impossessarsi di una particella

della morte: e ora l'ha tutta. Questo doveva accadere, Lia. Se si getta una grande manciata di fagioli su un ditale rovesciato, uno di essi, e` quasi certo, entrera` dentro. Lo capisci ora?-

Lia.- E... Ben stava rubando...quando..-

Rosy- Esatto. Stava rubando, quando il marito della donna, rientrando in casa, trovo` il... ladruncolo all'opera.( allusiva).-

Lia.- ( Chinando il capo) Capisco.-

Rosy- Volevamo tutti bene a Ben, anche coi suoi difetti. Non c'e` grande differenza tra sprezzo e affetto.-

Lia - ( turbata, per cambiare discorso) Dove sara` Joe, adesso?-

Rosy - Da quello che ne so, tuo marito stara` fuori un bel pezzo.-

Lia - ( rabbrividendo) Ho freddo.-

Rosy- Faccio un po' di the. ( Rosy traffica un pochino tra la credenza e il caminetto, mentre Lia prende qualche biscotto dalla biscottiera e lo mangiucchia. Si udra`, proveniente dall'esterno, l'ululato del vento).-

Rosy- Che serataccia...-

Lia - E Joe e` fuori...-

Rosy - Non pensarci. Passami le tazze.-

Lia - Eccole. ( passa le tazze a Rosy).

Rosy- ( servendo il the, come soprappensiero) Sai, non avrei  mai creduto che Joe sapesse scegliere una moglie... cosi`. ( allude alla persona di Lia) -

Lia.- ( guardandosi a sua volta) Cosa vuoi dire? Certo che sapeva...( chinando il capo confusa).-

Rosy - Non lo conoscevo bene come credevo. (quasi sorridendo) Pensavo... pensavo che avrebbe scelto la moglie come sceglie una mucca: perfetta nella sua attivita` e insieme una buona moglie, quasi eguale ad una mucca. (pausa) Forse e` piu` umano di quanto non credessi.-

Lia - Certo che e` umano. Non capisco perche` dici che non e` umano. E` timido ed e` impacciato, ecco tutto.-

Rosy - No, non e` timido. Non c'e` al mondo un uomo meno timido. Tu non conosci quell'uomo. Ti parlero` di lui, non per impressionarti, ma perche` tu non possa spaventarti quando lo conoscerai meglio.

Adesso vedo che stai cercando mille scuse... scuse per dissimulare i tuoi pensieri e nasconderli. Ma non è necessario  nascondersi, talvolta, per fronteggiare i pensieri. ( pausa) Joe è un bambino, tu dici a te stessa – e sogna. ( con voce aspra) Ma non e` un bambino, e non sogna. E anche se sogna, i suoi sogni non li conoscerai mai!-

Lia - Ma che dici? Mi ha sposato. Cerchi di rendermelo un estraneo? (pausa) Certo che lo conosco. Credi che avrei sposato un uomo senza conoscerlo?-

Rosy - ( bonaria) Non spaventarti, Lia, sai gia` qualcosa: E cioe` che non c'e` crudelta` in lui. Quindi lo puoi adorare senza paura d'essere sacrificata.-

Lia - Adorare, sacrificare, cosa intendi dire?-

Rosy- ( alzandosi e passeggiando per la stanza) Questo e` un momento strano. Te l'ho detto in principio che stanotte c'e` un varco nella coscienza. E` come la sera dei morti, quando i fantasmi sono in liberta`. (pausa)

Questa notte, poiche` nostro fratello e` morto, c'e` una porta aperta per me, e in parte anche per te.

Pensieri che si celano nel cervello, nell'oscurita`, sotto le ossa, possono uscire. ( pausa, si siede)

Ti raccontero` quello che ho pensato e tenuto segreto. ( come se volesse scacciare qualcosa che ha davanti agli occhi, e parlando quasi a se stessa)... A volte anche negli altri ho visto lo stesso pensiero, simile ad un'ombra sfuggente...( avvicina la sedia a Lia, le poggia una mano sul ginocchio, protende il busto e quasi il suo viso sfiora quello della cognata). Conosco gli uomini. (Pausa. Quando riprendera` a parlare si riportera` nella stessa posizione di quando inizio` il discorso, tranne che per la sedia.)

Tom lo conosco cosi` bene che capisco il suo pensiero all'inizio. E ne conosco gli impulsi prima che

abbiano tanta forza da mettere in movimento le membra. Bill lo conosco fino al fondo della sua smunta anima. Li conoscevo tutti. Ma Joe non lo conosco. E non ho conosciuto nemmeno suo padre. ( ritornando con la sedia al proprio posto e alzandosi per attizzare il fuoco) Non so se ci siano uomini nati al di fuori della natura, o se alcuni siano tanto uomini da far sembrare gli altri irreali. ( chinandosi su Lia) Forse un Semidio vive, a volte, di tanto in tanto, sulla terra. ( tornando a sedersi e guardando il fuoco che arde) Joe ha la forza al di la` di ogni possibile sconfitta; ha la calma delle montagne; e il suo sentimento e` selvaggio, crudele e acuto come una folgore. Ed e` altrettanto irragionevole.( breve pausa) Per quanto io lo possa vedere e sapere, è naturale. ( altra breve pausa) Quando ne sarai lontana, prova a pensare a lui, e vedrai quello che intendo. La sua figura diverra` immensa, tanto da sovrastare le montagne; e la sua forza sara` simile all'irresistibile impeto del vento. ( pausa) Ben e` morto. Ma non puoi pensare che Joe muoia. Egli e` eterno!

Suo padre e` morto, ma forse non e` stata una morte. ( quasi a se stessa) Ti dico che quell'uomo non e` un uomo, a meno che non sia tutti gli uomini in uno. E` la forza, la resistenza, il lungo incespicante pensiero di tutti gli uomini. E anche la gioia e la sofferenza che, in essi, si cancellano a vicenda, senza uscirne fuori. Egli e` tutto questo. E` il ricettacolo di almeno un frammento d'ogni anima umana.

Joe e` il simbolo dell'anima della terra! (pausa)  Te l'ho detto che stasera c'era una porta aperta per me.- ( finalmente si rilassa ).

Lia - ( guardandola con sospetto) Tu ami mio marito. Lo ami e ne sei spaventata.-

Rosy ( con una punta di rammarico) Non lo amo. Non c'e` possibilita` di contraccambio.

Lo venero. E in cio` non c'e` bisogno di essere ricambiata. (pausa) Anche per te sara` cosi`.

Ora sai tutto. La porta e` chiusa. E` finito tutto. Ricordatene solo in caso di bisogno. Bevi il the. ( beve anche lei).-

Le due donne bevono in silenzio, lentamente, scrutandosi a vicenda. Ma mentre Lia guarda Rosy e intanto sta con gli occhi bassi sulla tazza, l’altra, invece la guarda con insistenza, direttamente negli occhi. Fuori infuria un temporale.

Si udranno per un poco i rumori della pioggia e del temporale, e quindi, da destra, entra Bill. E` bagnato. Si toglie la cerata e il cappello e li appende all'attaccapanni.

Bill- Che serataccia. Ma finalmente la tanto attesa pioggia e` arrivata.-

Rosy- ( porgendogli una tazza di the) Prendi, riscaldati.-

Bill- ( prendendo e bevendo un sorso) Grazie.-

Lia .- Bill, Joe dov'e`?-

Bill- E` andato nel bosco dei pini, sulla collina, qualche ora fa. Sotto la pioggia!- ( contrariato).

Rosy- ( con una punta di preoccupazione) Perche` ci e` andato?-

Bill- Perche`? (irato) Perche` col tempo Joe diventa sempre piu` strano. Capite? Anche sotto la pioggia va nei luoghi sacri ai selvaggi, con quel mezzo idolatra di Juan.

Lia – Forse quando sono partiti non pioveva…-

Bill- Non giustificatelo! Non giustificatelo… Da quando siamo arrivati quaggiu`, in California, e` sempre piu` strano. Sai cos'ha fatto ieri?-

Rosy- Cosa?-

Bill - Ha ucciso un falchetto e lo ha appeso al tronco della grande quercia...-

Lia.- E cosa c'e` di strano? Io so che si fa cosi` per tenere lontano dal pollaio gli altri falchi.-

Bill- E` un'illusione! Un'illusione che avete voi cittadini. Ma noi sappiamo che ai falchi non gliene importa nulla se un loro cugino sta appeso per i piedi, stecchito, su un ramo d'albero centenario.

La verita` e` che Joe sta diventando pagano. ( con forza) Egli deve tornare a Cristo! ( mesto) Io

sono molto addolorato..(piano) in quell'albero c'e` il Male.-

Rosy - ( che ha sentito) In quell'albero non c'e` il Male. E` un gran bell'albero a cui Joe e` affezionato… -

Lia - … e la pineta sulla collina è un’incanto.-

Bill - Li` c'e` il demonio! E qua c’è il Male! E voi tutti siete pazzi! Pazzi! Pazzi!-

Entra Joe, è bagnato. Si toglie la cerata e la porge a Lia, che l’appende.

Joe.- Che tempo da lupi…(saluti a soggetto).-

Bill- …specialmente sopra la collina dei selvaggi…-

Joe – E’ un bel posto…-

Bill- E’ il luogo dello spirito maligno.-

Joe- Gli indiani dicono il contrario: è un posto sacro ai loro Dei.-

Bill – Senti Joe, ora che siamo in argomento te lo voglio proprio dire. E lo sai che io non ti ho mai chiesto nulla, e quindi se ora te lo chiedo, immagina quale sacrificio sia per me. Tu non devi più andare sulla collina…nè offrire sacrifici a quell’albero. Giuramelo!-

Joe – Ma cosa dici? Che sacrifici? Collina malvagia, albero maligno…Bill, stai esagerando. No, non posso seguirti nelle tue fissazioni e non giurero`. Poi, perché non voglio cedere alle due idee, che potrebbero essere balorde... Perche` dovrei? ( rivolto ad Lia).-

Bill- Perche` tu fai entrare il Male. ( gridando) Perche` stai aprendo l'uscio al Maligno. Un fatto simile non  puo` rimanere impunito.-

Joe.- Allora lascia che accetti la punizione.-

Bill- ( disperato) Ma non vedi che non sei solo? ( indica Lia) Joe, tutti saremo coinvolti nella rovina. Riabbraccia Cristo, non rinnegarlo!-

Joe.- Io non rinnego nessun Cristo. Faccio qualcosa che mi da piacere, ecco tutto.-

Lia- Bill, e` come uno gioco. Non e` nulla...-

Bill- Allora per voi non e` nulla appendere vittime, versare sangue, aspargerlo, offrire sacrifici all'albero? Dargli le primizie, quello che abbiamo di meglio?-

Lia - Non stai esagerando?

Bill - No! L'ho visto io. L'ho visto uscire di notte, alla chetichella, andare sotto l'albero, parlargli.

Lo sta idolatrando, Lia!-

Lia - Suvvia, Bill, lo fa per gioco, t'ho detto.-

Bill - Allora e` ancora un gioco quell'offerta, del vostro primogenito, quando arriverà, che ti ho sentito promettere all’albero? Anche questa un'inezia?-

Joe.- Mi farebbe piacere far conoscere al nostro albero...il bimbo…quando sarà il momento.-

Bill- Avete sentito? Ha detto che farà conoscere all’albero il suo bimbo. E non viceversa, come dovrebbe essere logico, cioè: far conoscere l’albero - al bimbo! Questo è tutto, definitivo! Bene, bene. ( rassegnato) Ho cercato, ho tentato con  piu` impegno di quanto non dicano le Scritture.(pausa)  ( con decisione) Allora non vuoi giurare?-

Joè.- No, non giuro niente che possa limitarmi, che possa diminuire la mia attivita`. Sta certo che non giuro.-

Bill- Allora ti ripudio! Non restero` qui e non mi faro` coinvolgere da questa faccenda. (poi come un’ultima possibilità, quasi parlando a se stesso) L'ho visto una notte dopo l'altra uscire nell'oscurita` e fare cio` che ha fatto, la`, sotto l'albero. ( concitato) Ho fatto quanto ho potuto. Ora me ne vado da questa vergogna. Parto. Ho dei risparmi. Andro` sulla costa. Vendero` la mia parte, mi costuiro` una casa... forse apriro` in  piccolo negozio in citta`. Addio Joe, ma ti avverto, tu ami troppo la terra. Non dedichi un solo pensiero all'aldila`. ( di scatto va verso l'uscita).

Le luci caleranno. Buio. Quando riprenderanno, si accendera` anche il caminetto. Joe sara` in scena indossando abiti invernali ( potrebbe bastare un giaccone). Egli fa l'atto di riscaldarsi alla fiamma del caminetto, quindi si spostera` verso sinistra e controllera` il barometro. E` un mattino d'inverno. Giri armonici di chitarra in lontananza.  Entra Tom.

Tom- E` morto.-

Joe - ( girandosi a guardare il fratello) Sei sicuro?-

Tom- Sicuro.-

Joe - Non c'e` nulla da fare?- ( detto piu` a se stesso).

Tom- Temo di si. Bill ha reciso le vene. L'albero e` morto! ( fa cenno con le mani)

Joe.- ( portandosi davanti al caminetto) Nulla da fare...

Tom- Beh, una cosa ci sarebbe da fare: Prendere a legnate Bill. Se lo farai, io ti daro` una mano. Accidenti, era un gran bell'albero... e l’avevi dedicato a nostro padre.-

Joe.- E’ andata così. No, non gli faro` nulla. Ormai e` lontano da noi.-

Tom - Ma perche` l'avra` fatto, Joe?-

Joe.- Credo per me. Forse avra` pensato che fosse giusto farlo.- ( Joe parlera` con calma, come se parlasse di bestiame o di pascoli, forse con una punta di fatalita` sott'intesa.)

Tom- Quando e` partito era molto sconvolto...( poi forte) Ma e` stupido prendersela con la quercia...-

Joe.- Lui l'ha pensato diversamente.-

Tom.- Joe, mi dispiace dirlo, ma se fossi in te...( tende il pugno minaccioso verso l'uscio) -

Joe- Non era certo lui stesso, d'aver ragione, Tom. Si punira` da se.- ( ritorna a guardare il barometro).

Tom- ( avvicinandosi anche lui) Non so cosa dica a te quell'arnese, ma so che non c'e` pioggia in quelle nuvole.- ( accenna alla finestra e indica il cielo).

Joe.- Lo so, e` nebbia dell'oceano.-

Tom.- Gia`, e` solo nebbia dell'oceano...- ( guardando il  fratello con aria preoccupata)

Joe.- Tom, non e` ancora tempo. In questa terra le piogge  non vengono prima di…Natale.-

Tom- Certo... Ma, vedi, l'altr'anno di acqua ne abbiamo avuto veramente poca, e` spuntato appena appena qualche filo d'erba, subito divorato dalle bestie; Ora, questa estate, ha assorbito l'acqua fino al profondo...ci vorrebbe molta pioggia per fare un po' di bene.( pausa) E se anche quest'anno...-

Joe.- ( troncandogli la frase in bocca) Non e` ancora tempo.-

Tom- Joe, ti debbo dire quello che ho visto stamani.-

Joe.- Hai visto le pozze del fiume che si stanno  prosciugando. ( voltandogli le spalle) Ne ho avvertito il puzzo..-

Tom- Gia`. Sono le anguille che muoiono. ( Tom non sa piu` cosa dire ne` cosa fare) Torno alle bestie.- (Esce da destra.)

Joe resta in scena, guarda ancora il cielo. Si ode la voce di Lia. Joe da` un'ultima occhiata al barometro, quindi esce da sinistra.

Lia - ( dall'interno) Joe, per favore, aggiustami questo manico...Joe? ( entra Rosy da sinistra).-

Rosy – E’ uscito.-

Lia – Ah. Sarà uscito dal retro. Sai Rosy, sono veramente preoccupata. Joe e` strano.-

Rosy- Tutti siamo un po' strani. Siamo tesi per questo ritardo delle piogge. Soprattutto Joe.

 ( esitante) Sai, il pozzo e` quasi asciutto. (pausa, intanto aiuta Lia) E se continua la siccita` dovremo veramente partire.-

Lia.- Perche` partire?-

Rosy - Per portare le bestie nei pascoli dell'interno. ( breve pausa) Fino ad ora le abbiamo nutrito col foraggio accumulato due anni fa. Ora sta per terminare...-

Lia.- Ma non e` piu` semplice comprare delle balle di fieno o vendere le bestie...-

Rosy- Una balla di fieno, oggi, costa piu` di una vacca...Poi ce ne vorrebbero tante. Le bestie consumano, sai? No, non si puo`. L'unica possibilita` e` partire.-

Lia- Joe dice che c'e` tempo, e che piovera`.-

Rosy- Lo so. E spero che abbia ragione lui.(pausa) Guarda tu stessa, ( la fa affacciare dalla finestra)

Vedi? Le colline sono arse. Non cresce un filo d'erba da mesi...e Tom ha gia` trovato dieci vacche morte, col ventre gonfio come palloni e con gli avvoltoi…-

Lia- ( interrompendola) Joe dice che piovera`. ( sicura) Quindi aspettiamo e preghiamo, per il bene della terra e... per Joe.-

Rosy- Certo piovera`. Joe avra` ragione.-

Lia- Senti? Rosy, senti? ( tende l'orecchio) E` acqua? Eh?-

Rosy- Si... mi pare. ( va alla finestra) E` acqua... pioggia, ma di quella che non dura... ( quasi a se stessa)

Lia – Piove, piove, piove.- ( esce)

Rosy- ( dalla finestra, sconsolata; poi dura) Poche gocce, cattiva pioggia... ed e` gia` cessata. Era solo umidita`dell'oceano.-

Calano le luci. Buio. Quando riprendono, sempre col caminetto acceso, sara` sera. In scena ci sono Joe e Lia che sta seduta vicino al fuoco e rammenta. Joe e` seduto vicino al tavolo e pulisce un fucile. In scena disporre qualche oggetto che ricordi l'approssimarsi del Natale.

Lia.- Joe, dovremo partire?-

Joe – Forse…purtroppo…-

Entra Tom.

Tom.- Joe, cos'hai deciso?-

Joe.- Quanto foraggio ci resta?-

Tom.- Un covone e mezzo, forse..-

Joe.- Lia, ci faresti del the?-

Lia.- ( eseguendo e uscendo da sinistra) Certamente.-

Joe.- E quanto possiamo durare?-

Tom- ( andando vicino al fuoco) Una settimana, forse meno. ( breve pausa) Le bestie sono affamate.-

Joe.- ( passeggia meditabondo) Va bene... va bene..-

Tom- ( di scatto) Soffro ad andarmene, Joe. Solo se ci fosse un po` di nutrimento per il bestiame...-

Joe.- ( come se parlasse a se stesso) Qualcosa e` mancato. Ero destinato ad avere cura del paese ed ho mancato allo scopo. Ma io non lo lascero`. Staro` qui. (pausa) Forse ancora non e` morto. ( pausa) Se la pompa tira ancora, il paese non e` morto. ( al fratello) Domani andro` a vedere le condizioni della sorgente sulla collina.-

Tom.- Joe, sai bene che è inutile andare…la sorgente è gia asciutta da molti giorni.-

Joe – Vorrei constatare di persona…-

Tom.- Non vorresti dare ragione a Bill, per caso? Ci vai per pregare gli dei indiani?- per la pioggio?-

Joe – Ma ti pare…-

Tom – Tu mi hai capito Joe. Eppoi quel posto non mi piace, mi fa…mi fa paura. ecco.- ( quasi rabbrividendo)

Joe.- Ti comporti come le tue bestie: d’istinto. Forse Bill ti ha influenzato?-  ( seccamente)

Tom.- ( rassegnato) No, macchè. Però non mi piace, e tu non ti fissare. (poi come se avesse deciso in quel momento) Ma tu sai quello che e` giusto, Joe. ( breve pausa e, intanto, si aggira per la stanza) Ci sono rimaste solo quattrocento bestie, camminando adagio, col tuo aiuto, ne salveremo piu` della meta`, ne sono certo.-

Joe.- No, io non verro`, te l'ho detto mi pare. Poi non sopporto di vedere le vacche morte. Partirete quando sarà tornato dalla collina. E se… e se non ci dovesse essere ancora acqua…beh vi farò un segnale, magari col fumo, tu capirai. (grande pausa e intanto prende la giacca e il cappello) Tu capirai e ti comporterai in conseguenza. Intanto preparatevi, e non appena vedrete il mio segnale, fate mangiare tutto il foraggio disponibile alle bestie. Fatele mangiare a sazieta`. Date tutto. Abbattete i recinti. ( affievolendo la voce) Tutto! Tutto! Date tutto cio` che abbiamo...prima partirete, meglio sarà per quelle povere bestie…poi, Tom, darai il via alla partenza.-

Tom- ( disorientato) Lo faremo. Disporro` per la partenza. Ma tu? Che farai?

Joe – Te l’ha già detto: resterò qui!-

Tom- Dio sia con te.( esce quasi di corsa)-

Joe.- Si… si… date.. date tutto...tutto…- ( ormai assente).

Calano le luci.

Tela.

                                                                          Atto  III

Sulla parte destra del palco ci sarà l’aia della casa di don Carmelo Macca. L’entrata del magazzino, qualche albero e sullo sfondo dei covoni. E’ pomeriggio inoltrato. In scena, con musica adatta, ci sono dei braccianti che sistemano degli attrezzi agricoli, agli ordini di Turi. Ciccia sta seduta in disparte, intenta a rammendare degli stracci.

Turi – Ecco, così va bene. Potete “levare mani” e preparare per la festa. Andate dallo zu Cola e fatevi dare quello che serve, compreso il vino… ditegli di darvi quello buono, per l’occasione. (i braccianti rispondono a soggetto ed escono di scena)

Entra Giovanni, il carrettiere. Abbigliamento adatto, e lunga frusta in mano.

Giov.- Salutiamo Turi Macca, siamo qua.-

Turi- Oh, Giovanni, siete già arrivati?-

Giov.- Siamo in anticipo…per partecipare al festino… e chi se lo sarebbe perso? Da voi il buon vino non manca.-

Turi- In quanti siete?-

Giov.- Siamo in nove. Che dici? bastiamo?-

Turi- Eventualmente si faranno più viaggi…-

Entra Carmelo.

Giov.- Sabbenedica don Carmelo, siamo qua.-

Car.- Benarrivati, picciotti, avete sete?-

Giov.- Eh, la trazzera è polverosa e la gola è secca…-

Car.- Andate dallo zu Cola e fatevi dissetare col vino rosso.-

Giov.- Di corsa…picciotti, andiamo a bere. (rivolto ad ipotetici carrettieri).

Turi – Papà che cosa pensi di fare con Peppino? Lo potremmo aiutare in  qualche modo?-

Car.- Quello ha fatto una frittata grossa così (fa cenno con le mani), come uno stupido.-

Turi- Ma papà…-

Car.- Turi, pensa ai preparativi della festa!-

Turi- Ho capito …-

Car.-  (come per chiudere la discussione si rivolge a Ciccia) Che cosa fate voi? Non partecipate ai preparativi?-

Cic.- Mi sono sentita un poco male… ora raggiungo gli altri.-

Car.- Aspettate, io vi conosco, non vi chiamate per caso Ciccia Campisi?-

Cic.- Al vostro servizio, don Carmelo.-

Car.- A momenti non vi riconoscevo, ne sono passati di anni…-

Cic.- Certo, tanti, e si cambia, s’invecchia, ci si aggrinzisce, s’imbiancano i capelli…-

Car.- Ma và! Si va avanti cogli anni, ma la vecchiaia è un’altra cosa.-

Cic.- Magari fosse così… sentite don Carmelo, scusatemi tanto, ma avrei una domanda da farvi, posso?-

Car.- (con insofferenza) Avanti, parlate.-

Cic.- E’ vero che date vostro figlio Peppino alla figlia di Tanu Carrubba?-

Car.- (irritato) Vero, vero.-

Cic.- E’ com’è possibile che il figlio di don Carmelo Macca, sposi una bracciante figlia di bracciante?-

Car.- Nella vita tutto è possibile.-

Cic.- (provocatoria) Allora siete contento?-

Car.- Contento no, ma sa da fare.-

Cic.- Dunque l’accettate? Non v’addolora?-

Car.- Quel che è fatto è fatto! Andate con gli altri, via, raggiungeteli.-

Cic. (allontanandosi, tra se) Sangue di Giuda ladro e di Caino assassino, niente lo scalfisce. E’ duro come la roccia! Che la vendetta mi sfugga? (esce)-

 

Inizio della festa campestre: canti e balli e solenne bevute di vino. Carmelo sta impassibile seduto su una poltroncina di vimini sul bordo destro della scena. Egli è come se fosse in un'altra dimensione.

Tutto dura pochi minuti, poi man mano gli uomini e le donne escono di scena, mentre si passerà dal tramonto alla sera lunare. Quando tutti saranno fuori scena, Peppino si avvicinerà al padre e si siederà vicino a lui, su di un paniere capovolto. Ancora qualche canto campestre in lontananza, poi si udrà, in sottofondo una anonima e celebre serenata siciliana ( a scelta della regia potrebbe cantarla Peppino):

                        “ Mi votu e mi rivotu suspirannu.

                           Passu li notti interi senza sonnu,

                           Li biddizzi to’ vaiu cuntimplannu,

                           E mi passa la notti, finu a jornu.

                          Pi tia nun pozzu, ‘n’ura, arripusari,

                          Paci nun aiu cchiù intra lu cori.

                          Si vo’ sapiri quannu t’aia lassari:

                          Quannu la vita mia finisci e mori.

                         …mi votu e mi rivotu suspirannu…”

A scelta della regia, il brano potrebbe essere ripetuto in tutto o in parte. Appure inserire anche quest’altro motivo, allegro, opportunamente musicato, durante la festa campestre:

                          Picciuttedda mia, cchi siti bedda:

                          Cu ssa facciuzz’i mennula spicchiata,

                          Cu ssu nasiddu menz’a patatedda,

                          Cu ‘na ‘nzalora in vucc’appiccicata.

                          Sapiti? Lu scuru di ssi capiddi

                          E ss’occhi lattri, pronti a lampiari,

                          Fann’alla notti perdiri li stiddi,

                          E i vampi d’o focu fann’ammasciari.

                          Po’ ssu pittuzzu - forsi ‘n ci criditi?

                          Gilatu Cola da Montagna pari.

                          Ma ss’annacata di cianchi ca faciti,

                          Li muriceddi fa arrusbigghiari!

                          E “A facciazza to!” pari ca diciti,

                          A cu si fremm’anticchia a talari. 

traduzione:

                         Ragazzina mia, come siete bella,

                         col faccino di mandorla sgusciata,

                         col nasino a patatina, e quella

                         boccuccia di sorba, zuccherata

                          Sapete? Il nero dei vostri capelli,

                          gli occhi scintillanti, d’impazzire,

                          alla notte appannano le stelle,

                          e la vampa viva fa scolorire.

                          Poi, quel seno – non ci credete?

                          Sembra un dolce pomo dell’Etna.

                          Ma… quel dondolio di fianchi che avete,

                          anche i morti fa resuscitare!

                          E pare che dica, a chi l’ammira:

                          schiatta bello! per te - niente da fare.     

 

Quindi silenzio e canto delle cicale.

Pep.- ( Avvicinandosi al padre, come se volesse riprendere il discorso sul matrimonio) Bella festa, vero papà.-

Car.- (freddo, che non ne vuole parlare) Bella.-

Pep.- Ed è anche una bellissima serata…(guarda il cielo). La trebbiatrice è arrivata?-

Car.- Arriverà domani all’alba, Mazzaredda ha avuto problemi per strada… Hai parlato col capitano Giacobbe per l’ora dell’imbarco?-

Pep.- Abbiamo concordato per il pomeriggio, man mano che i sacchi verranno caricati nei carri. Ci saranno da fare molti viaggi, secondo me.-

Car.- E anche secondo me. Vuol dire che Giacobbe aspetterà l’alba per salpare.-

Pep.- Sai papà, questi momenti sono gli attimi più belli della mia vita. E’ bello quando mietiamo, quando accatastiamo, quando facciamo i covoni, quando trebbiamo e riempiamo i sacchi di grano. E’ bello il festino, ma il momento più bello è questo:

Una serata di quiete che precede la trebbiatura, perché domani, in quest’aia, ci sarà un formicolare di uomini. La macchina farà un rumore infernale, la pula si leverà nell’aria, gli uomini faranno viaggi dai covoni alla trebbia, mentre altri insaccheranno il grano, e altri ancora li porteranno ai carri, accatastandoli. Le donne faranno viaggi su viaggi per portare acqua agli uomini assetati. E ci sarà odore di fieno, di grano, di sudore. Si mangerà in piedi, si continuerà a lavorare fino alla fine dell’ultimo covone e alla partenza dell’ultimo carro. Poi un’ultima bevuta di vino a garganelle, direttamente dal “carateddu” e quindi lasciarsi andare per terra, sfiniti, ma felici, in attesa del pasto caldo e della notte di meritato riposo. 

Car.- Dici giusto.-

Pep – (rassegnato, alzandosi) Beh, visto che ci aspetta una lunghissima giornata di fatica, io vado a dormire. Buonanotte papà.-

Car.- Buonanotte.-

 

Entra Turi.

Turi- Papà, non vai a dormire?-

Car.- E che ci vado a fare? Tanto non dormirei…poi quella stanza è un forno. E tu non vai?-

Turi- Ho sistemato le ultime cose e mi apprestavo ad andare, quando ti ho visto. Ma ora salgo su e mi faccio qualche ora di sonno. Senti papà, non mi giudicare male se insisto, ma non si può fare proprio nulla per Peppino?-

Car.- E cosa ci sarebbe da fare? Te l’ho già detto: Solo il matrimonio sistemerà le cose. ( si alza e guarda il cielo)-

Turi- Ma se si potesse parlare con Tanu, magari dando una dote a Sara…sai ci sarebbe Petru che forse se la prenderebbe.-

Car.- Io queste schifezze non le faccio. E mi meraviglio che me li proponi tu.-

Turi- Se l’ho fatto è perchè penso che a quello interessano più i quattrini e la sistemazione per tutta la vita, che l’onore (ironico) della figlia.-

Car.- Questo lo pensi tu, perchè non conosci bene Tanu Carrrubba. Ma se lo conoscessi come lo conosco io, non parleresti così: Quello è un uomo violento, che col suo senso dell’onore rusticano, anche senza essere ubriaco di cattivo vino, è capacissimo di dare una schioppettata nella schiena a chi, secondo lui, l’ha offeso – senza pensarci due volte. Pum e fine. (scrutando ancora il cielo e annusando l’aria) E’ cambiato il tempo, c’è un leggero venticello, lo senti? (si fa più buio?-

Tanu- Lo sento. Papà, permettimi di dire un’altra cosa e poi non parlerò più: Non si potrebbe interessare qualche… qualcuno… diciamo una “persona di sostanza”, per parlare con Tanu convincerlo e sistemare la faccenda in modo diverso, ma sempre conveniente per lui?-

Car.- Tu stai diventando pazzo, pazzo da legare. Io richiedere tale intervento? Io mettermi con quella gente? Ma sei in te?-

Turi- Scusami papà, volevo solo tentare un’ultima possibilità per sistemare la faccenda senza rovinare Peppino. Ma vedo che probabilmente hai ragione tu.

Ora vado a letto.- 

Car.- (annuendo) E fai bene, vai e santa notte.-

Turi- Santa notte anche a te, papà.-

Sta per allontanarsi quando Carmelo, che annusava l’aria, lo chiama.

Car.- Turi, Turi, la senti quest’aria?-

Turi- (Guardando in alto e annusando l’aria) E’è un’aria diversa, sembra più fresca. (calano le luci)-

Car.- (alzandosi di colpo) Turi, questa è aria di pioggia, questa è acqua! Corri, sveglia gli uomini, portate i teloni, copriamo i covoni, sangue del diavolo, forse riusciremo a salvare il raccolto.-

Turi- (esce correndo) Peppino, Cola, chiamate tutti, arriva la pioggia!-

Car.- (portandosi verso il centro della scena) Signore Iddio, non può essere, non può essere. Tre anni consecutivi? No, no! No! Ma che maledizione è mai questa? Che punizione mi è data? Perché, perché? Perché!

Signore, lo so, sono nel peccato, ma non nell’abominio! Lo so, lo so, lo so!! Gli uomini siamo tutti peccatori, lo so! Ma che la punizione di tutte le nostre colpe ricadano tutte e solo su di me, è ingiusto! Tremendamente ingiusto!  Come puoi permetterlo tu giusto per eccellenza! (cadono le prime gocce e si alza il vento) Non vuoi…o non vuoi, dimmelo! No, no! Fermati nube! Calmati vento! Passate oltre nuvole preghe d’acqua - maledette!  Andate a bagnare i monti arsi e aridi, fate rinnovare i pascoli sulle colline, abbeverate le mandrie assetate nelle pianure, fate gonfiare i fiumi, arricchite i lagni. Ma non scaricate i vostri ventri gonfi qui! Qui non vi vogliamo! Passate oltre, com’è giusto (intanto inizia le saette). E tu cielo, allargati, fammi rivedere la luna e le stelle. Hai sentito? Allargati cielo! (scoppia il temporale gli uomini, con a capo Turi e Peppino, restano basiti coi teloni in mano, e guardano Carmelo che sotto la pioggia battente impreca contro gli elementi. Lucia, intanto si fa largo e si affianca al padre, guardandolo con aria spaventata).

Dio! No! No! Ma perché non intervieni! Perché lasci libere le forze del male? Perché mi vuoi distruggere? Mi hai in così grande odio da annientarmi?

E a te, Nembo del demonio, io, Carmelo Macca lancio in faccia tutto il mio disprezzo. Non ti ho mai temuto, né ti temerò ora! Si! non ti ho mai temuto! Non ti temerò – mai! Mai! Mai! Distruggi pure il mio sudore, il mio sangue, le mie fatiche, le mie attese, i miei campi, ma non intaccherai la mia anima, la mia volontà! Essa è più forte di te! E sarà sempre pronta a resisterti! Non mi abbatterai! Non mi piegherai e schiaccerai!

Scatena pure le tue tempeste, ma non ci riuscirai!

Non te lo permetterò!

Mi rifarò!

Risorgerò! (gridato col le braccia al cielo)

E voi forze maligne, avete udito?

Voi forze malefiche, mi sentite?

Mi sentite! -       

Scocca un lampo, seguito da violento tuono. Carmelo cala le braccia, piega i ginocchi e cade al suolo senza vita. Vicino a lui Lucia, in camicia da notte inzuppata, le si avvicina, si abbassa e chiama)

Lucia- Papà.

Altri lampi e, poi, buio.

Dall’altra parte della scena e` stata ricostruita l’ingresso della fattoria dei Willians. La scenografia, con qualche piccola modifica, potrebbe essere la stessa di quella del primo atto. In più ci sarà nell’aia una vecchia pompa, manovrata a mano, per aspirare l’acqua da un pozzo. E’ mezzogiorno. In scena c’è Joe. E’ irrequieto.

Joe.- Ed ora siamo soli. Io e il paese siamo un essere solo. Lavoreremo insieme. ( si aggira attorno alla pompa del pozzo, nell’aia, accarezzandolo di tanto in tanto) (pausa) Il getto si è già abbassato, ma l'acqua non manca.

Non manchera` mai! Qui c'e` sicurezza. Qui c'e` il seme della vita che sopravvivera` fino al ritorno delle piogge. Questo e` il cuore del paese, e il cuore continua a battere. (guarda l’orizzonte) Mi sono ingannato, credevo che fosse nebbia...o nuvole, invece è la polvere che lascia Tom, e le bestie che ci sono finora sopravvisute. (pausa)

Ma io resto qui. La campagna, mi sembra, che sia presa da uno spirito di vendetta, ora che e` morta. ( guarda la pompa del pozzo) La terra verrebbe qui e sopprimerebbe il pozzo e berrebbe il mio sangue, se potesse.

E` impazzita di sete! (pausa)

Questa terra dev'essere protetta, debbo adoperare l'acqua per proteggerne il cuore. ( mette in funzione la pompa che fa uscire un piccolo fiotto d’acqua che cade nella grande vasca adiacente, dove Joe attinge e poi bagna la terra, come se l’aspergesse. L’atteggiamento dell’uomo è quello di una mente invasata) Questo sapore d'acqua potrebbe indurre la terra assetata ad aggredirci. La fermerò.

Vivro` qui, ora. Ti starò vicino. Mi accampero` qui, accanto a te.-

Calano le luci. Buio. Quando riprendono, sulla sinistra vi sara` montata una piccola tenda e tra questa e la fattoria vi è acceso un fuocherello. Joe dorme sulla sedia a dondolo, arrotolato in una coperta, vicino alla vasca ed al fuocherello. E` notte di luna piena. Musica adatta. Dopo un minuto circa, Joe si sveglia.

Joe.- Ho dormito molto. Il pozzo s'e` asciugato? ( balza su dalla coperta e controlla). Per fortuna no. ( prende un recipiente e fatica a riempirlo, poi bagna la terra) Mi sembra che la pressione sia calata. Vediamo dove arriva il getto ( controlla la pressione della pompa che è misera). E’calata,  e` calata di almeno due pollici. Vince. La siccita` vince! ( si alza e si pone in ascolto) Ecco, scende dalla collina, sento i suoi passi, avverto lo scricchiolio della terra arsa. Avanza con cautela, come se mi volesse sorprendere. E’ astuta come la volpe… affamata come un lupo…silenziosa come la lince. Ma il mio orecchio la stana. So che è vicina e stanotte sara` qui. Quando sara` quaggiù il pozzo si prosciugherà e il paese morrà!-

Allora soltanto saro` abbandonato. (pausa)

Rimarro`.

 Staro` qui fino alla morte. E quando verra`  non ci sara` piu` nulla.- ( ampio gesto, poi guardando il cielo stellato ) Nessuna nuvola sta venendo su`. (Joe, annuisce a se stesso, e si risiede nella sedia e si avvolge alla coperta, poi torna guardando il cielo) Perchè mi viene in mente questa preghiera indiana e non una preghiera cristiana? Forse Bill aveva ragione, sto diventando pagano per amore della terra, della mia terra. (recita la preghiera prima stentatamente, poi sempre più scioltamente) Come dice.. ah, ecco:

      Egli e` quegli che da` respiro;

      la forza e` il suo dono...

      I sommi Dei obbediscono ai suoi voleri.

      La sua ombra e` vita, la sua ombra e` morte.

      Chi e` Colui,

      al quale offriremo il nostro sacrificio?

      La sua potenza l'ha reso signore del vivo e rutilante

      mondo.

      Dalla sua forza prendono esistenza le montagne, il

      mare, e il fiume remoto.

      Ha fatto il cielo e la terra, fissandone il luogo.

      Chi e`Colui,

      al quale offriremo il nostro sacrificio?

      Il sole levato continua a splendere su di lui;

      ha scrutato le acque generando il sacrificio;

      Non ci colpira` un giorno chi fece la terra, il cielo e

      il mare plendente?

      Chi e` Colui,

      al quale offriremo il nostro sacrificio?-

Joe.- Già, chi è Colui al quale offriremo il nostro sacrificio? (pausa) E  se il chi delle favola indiana,  non fosse un Colui, ma…una Colei? Chi è Colei alla quale offriremo il nostro sacrificio? (pausa)Ma alla terra! Alla terra si deve offrire l’ultimo sacrificio (si comporta da demente).-

 

Joe si alza lentamente, prende il recipiente e cerca di riempirlo d'acqua per bagnare la terra. Ma c'e`pochissima acqua e il secchio stenta a riempirsi. E` gia` l’alba. Musica adatta. Dopo un minuto, Joseph lascia cadere, sconsolato, il recipiente nella vasca quasi vuota.

Joe.- Diminuisce ancora. Sento che  e` finita. Lo so che si doveva arrivare a questo. Ecco, con la luce del sole vedo che è secco (fa un altro tentativo). E` finita. (pausa, si guarda attorno, scruta l’orizzonte) Sono completamente solo.( altra pausa) Ora mi mi stenderò qui. ( esamina il posto, poi prende una grande secchio, lo capovolge, vi si siede sopra appoggiandosi la schiena nella vasca).  Ecco ( si mette meglio).

Strano, vedo i miei arti come se fossero montagne. Una grande catena montuosa...(si guarda le braccia nude a meta`) piena di vegetazione. Ci sono valli, grandi e piccolissime... forse in essi scorrono dei fiumi, scorre l'acqua. ( prende il coltello e lo guarda facendolo brillare alla luce del sole). Credo che... ( si taglia le vene dei polsi) io sia l'acqua... ( si stende sul piccolo balzo di terra languidamente. Un braccio gli pende, mettendo in evidenza il sangue che cola dal polso) la pioggia. ( pausa) Ma io sono la pioggia. ( breve pausa) Avrei dovuto saperlo. ( pausa) Tra poco crescera` l'erba.- ( con voce flebile)

Mentre Joe parlera`, il sole sara` scomparso, il cielo si fara` sempre piu` scuro, e in lontananza si udranno rullare i tamburi indiani.

Un colpo di vento scuotera` i  vestiti e i capelli dell'uomo riverso sulla roccia, morto. Poi, preceduta da una saetta, la pioggia incomincera` a scrosciare sempre piu` forte, sempre piu` intensa. Il tutto durera` qualche minuto, mentre le luci, man mano, si affievoliranno.

Buio. Musica adatta.

Quando riprendono le luci, sempre sulla stessa scena, con musica adatta, sulla veranda ci sarà Lia seduta sul dondolo. E’ il tramonto. Subito dopo entra Rosy che sbatte delle uova in una zuppiera.

Rosy- Bel tramonto, vero?-

Lia –(estasiata) Meraviglioso.-

Rosy- Fosse sempre così…-

Lia – … sarebbe una monotonia. E’ un bene che i giorni non siano tutti uguali… e anche le stagioni, gli anni… non credi?-

Rosy- Certo, certo… soprattutto se ci ricordiamo di qualche anno fa, quando siamo scappati da questa terra, diventata ostile.-

Lia- Quattro anni ci sono voluti per riportarla in vita. E adesso è uno splendore.-

Rosy- Il raccolto quest’anno è stato eccezionale.-

Lia – Il più grosso della contea…cento carri ferroviari abbiamo riempito.-

Rosy- Ah, si? Non lo sapevo. Chi te l’ha detto?-

Lia- Me l’ha detto ieri sera il nostro sovrastante… ero seduta qui, a prendere un po’ di frescura, quando è venuto, s’è scappellato e mi ha parlato degli affari e dei suoi futuri programmi per la valle… se siamo d’accordo.-

Rosy- Ah, si? E quali sarebbero?-

Lia – M’ha detto che vorrebbe far venire dalla Sicilia delle piante di agrumi e delle viti, perché, dice, che qui la terra e il clima sono adattissimi per la loro coltura. Basterebbe scavare qualche pozzo in più. Ed io gli ho detto di provare.-

Rosy-  Ecco perché in pochi anni, da semplice operaio è diventato sovrastante, il nostro Peppino, perché è un vulcano d’idee.-

Lia- Non lo chiamare Peppino. Si chiama Giuseppe, Giuseppe Macca.-

Rosy- Ma tutti lo chiamano Peppino, il siciliano.-

Lia- Tutti chi? Tutti quelli che gli mancano di rispetto!-

Rosy- Beh, gli operai, che sono anche suoi amici, e che lo rispettano e lo stimano come un ottimo agricoltore, lo chiamano così…-

Lia- …ed è sbagliato.-

Entra Tom, si toglie il cappello e si deterge il sudore dalla fronte.

Tom.- Bella serata donne.-

Lia- Già, bellissima.-

Rosy- Vieni dai recinti? Allora vatti a fare un bagno e togliti di dosso quella puzza di vacca.-

Tom- Dammi tempo. (cincischia) Sapete? Abbiamo più di mille bestie…-

Rosy- (ironica) Ma davvero?-

Tom – Davvero. E figliano in continuazione...-

Rosy- …e tu gli fai da levatrice…-

Tom- … vorrei, ma sono tante. Eppoi non figliano più nelle stalle, ma dove capita prima: nella prateria, nel pascolo vicino, nei recinto…dappertutto.-

Lia- E ti dispiace questo?-

Tom- Certo che no…però vorrei controllare io… come vorrei controllare tutto ciò che succede nella fattoria…-

Rosy- Ma via Tom, tu sai solo di mucche e di maiali, lascia che dei campi e della gestione se ne occupi chi ne capisce più di te.-

Lia- Tom, mi pare di capire che forse non vai d’accordo col nuovo sovrastante?-

Tom. Non ho detto questo. E’ solo…è solo…-

Rosy- …che è geloso dei suoi successi!-

Tom- (risentito) Ma questa è una bugia. Io volevo dire solamente che è…insomma…è sempre…sempre un estraneo. E noi siamo stati abituati a vedercela tra di noi in famiglia.-

Lia- Tom, i tempi cambiano…senti questa musica? (s’ode la romanza della Cavalleria: “O Lola che hai di latti la cammisa”) Lo senti?  Canta il grande Enrico Caruso. Ebbene, qualche anno fa, se lo volevi sentire cantare, dovevi andare a vederlo di presenza, là nell’Est. Oggi invece, grazie al progresso, cioè ai dischi e al grammofono, lo abbiamo qui il suo canto, tra di noi, nell’alloggio del sovrastante. Non è una meraviglia? E’ il progresso caro Tom, il progresso.-

Rosy- Bella questa melodia, ma cos’è?-

Lia- E’ una aria di un’opera lirica italiana, che si chiama “Cavalleria rusticana”.-

Rosy- E cosa dicono le parole? E’ italiano, no?-

Lia- E’ lingua siciliana. E le parole dicono di un uomo che ama talmente la sua donna che, se lui dovesse  morire e andare in Paradiso, se lì, non trova la sua amata, non ci vorrà entrare.-

Rosy- Bella metafora. E la musica è bellissima, straziante. Ma tu come sai tutte queste cose?-

Lia- ( in lieve imbarazzo) Me l’ha detto lui, l’altra sera.-

Rosy – Ah…l’altra sera…-

Tom- Per me questo è cinese. Rosy, la cena è pronta.-

Rosy- (seccata) Pronta, pronta. Entra e serviti pure.-

Tom - Buona serata Lia. (entra)-    

Rosy- (dopo un attimo di silenzio) A quando pare, certe serate si susseguono…bene, bene…-

Lia- … non insinuare, Rosy.-

Rosy ( fingendosi scandalizzata) Io? Mai!(pausa) certo che il nostro Peppino… -

Lia- … ti prego di non chiamarlo così. E’ mancanza di rispetto…almeno secondo me.-

Rosy- Ma Lia, lui non se ne cura…poi, ho sentito che qualcuno lo chiama anche Joe, sai?-

Lia- Come si permettono?-

Rosy- Come si permettono, come si permettono. Ehi, cognata, siamo in California, America. (pausa) Lia, mi permetti che ti parli liberamente?-

Lia – Lo hai sempre fatto.-

Rosy- Ma ora voglio il tuo permesso.-   

Lia- Che cattiva notizia mi porti, Rosy?-

Rosy- Nessuna cattiva notizia. Voglio solo dirti: dimentica! Dimentica tuo marito. Dimenticalo, è morto. E’ morto e seppellito, là dietro gli eucalipti. Datti pace e dai pace a tutti, Lia. Stai diventando acida come una vecchia zitella incartapecorita a soli venticinque anni…Tu hai bisogno di un uomo. Cercatelo, trovalo, prendilo e sposatelo. E ritorna a vivere! Ecco, te l’ho detto.-

Lia- E’ facile per te parlare così: tu hai il tuo Tom che si, ama le bestie più di te, ma ce l’hai, ed è vivo! Il mio è morto qui, per dar nuova vita a questo paese. E’ mio dovere riconoscere il suo sacrificio fatto per il bene di tutti. Soprattutto per la terra. (pausa) eppoi, dove lo trovo un altro uomo come il mio Joe? Chi è alla sua altezza? Chi ha la sua saggezza, la sua bontà, il suo amore per la terra?-

A  scelta della regia, si potrebbe far udire in lontananza la serenata più sopra menzionata.

Rosy- Beh, qualcuno ce l’ha, e sta arrivando…suvvia non arrossire Lia. (rientra dalla porta)-

Lia cerca di mettersi in ordine, poi, a sinistra entra in scena Peppino, che calza un cappello a larghe tese. Egli, non appena si avvicina a Lia, si toglie il cappello e saluta con un leggero inchino. Musica adatta. Luci che lentamente calano.

Sipario e fine.

 

  Nota dell’autore.

Nella composizione del presente dramma, per la parte ambientata in America, ho tratto spunto da  opere di vari romanzieri americani, con particolare attenzione per John Steinbech; mentre per la parte ambientata in Sicilia, mi sono avvalso del ricordo di vecchie narrazioni materne, su fatti realmente accaduti a mio nonno, naturalmente adattate e rimpolpate con la mia fantasia.