L’antro di Salamanca

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Farsa in un atto

di Miguel De Cervantes y Saavedra

da FARSE SPAGNOLE del secolo d'oro

Edipem Novara 1974

PERSONAGGI

PANCRAZIO

LEONARDA,  sua moglie

CRISTINA

CARRAOLANO, studente

REPONZIO, sacrestano

NICOLA, barbiere

LEONISO, compare di Pancrazio


Entrano Pancrazio, Leonarda e Cristina.

Pancrazio      Asciugate codeste lacrime, signora, e date tregua ai vostri sospiri, pensando che quattro giorni d'assenza non sono secoli. Io ritornerò, al più tardi, fra cinque giorni, se Dio non mi toglie la vita. Ma forse sarebbe meglio, per non darvi questo mortale dolore, che io venissi meno alla parola data e rinunciassi a questo viaggio. Mia sorella può maritarsi anche senza la mia presenza.

Leonarda       Ma io non voglio, Pancrazio mio e mio signore, che per colpa mia sembriate scortese. Andate pure e fate il dover vostro, poiché non potete farne a meno. Io soffocherò il mio dolore e farò trascorrere la mia solitudine il meno male possibile. Solo vi supplico di ritornare, e non oltre il termine che mi avete detto... Sostienimi, Cristina, che il cuore mi viene meno! (Sviene.)

Cristina         Oh! Benedette le nozze e benedette le feste! In verità, si­gnore, se io fossi in voi, non ci andrei affatto!

Pancrazio      Va a prendere un bicchier d'acqua per bagnarle un po' il viso... Ma no, aspetta: io le dirò all'orecchio certe parole che so, e hanno la virtù di far rinvenire dai deliquii.

Le dice le parole e Leonardarinviene, dicendo:

Leonarda       Basta: è proprio necessario. Non c'è che da aver pazienza. Mio bene, quanto più vi tratterrete, tanto maggiormente ritarderete la mia gioia. Il vostro compare Leoniso vi deve già attendere in car­rozza. Andate con Dio, e ch'Egli vi faccia tornare presto e in buona salute, com'io desidero.

Pancrazio      Angelo mio, se preferisci ch'io rimanga, non mi moverò di qui più che se fossi una statua.

Leonarda       No, no, tesoro mio. Il piacer mio consiste nel vostro, e per ora è meglio che ve ne andiate e non restiate qui giacché lo esige l'onor vostro.                                                      

Cristina         Oh, coniugi esemplari! In fede mia  se tutte le mogli amassero i rispettivi mariti come la mia signora Leonarda ama il suo, ben altro gallo canterebbe per i matrimoni! Leonarda   Va, Cristinuccia, e portami fuori un mantello, che voglio accompagnare il tuo padrone fino alla carrozza

Pancrazio      No, amor mio, no. Abbracciatemi qui e rimanete per la mia vita! Cristina. abbi ogni premura per la tua signora, e al mio ritorno ti regalerò un paio di scarpe, quel che meglio ti piacerà.

Cristina         Vada pure tranquillo, signore, e non stia in pena per la mia signora, che io penso di persuaderla a trascorrere lietamente questi giorni, in modo che non pensi alla mancanza che sentirà di vossignoria.

Leonarda       Lietamente, io? Oh, che poco comprendi, ragazza! Assente il mio giubilo, non piaceri né gioie ci saranno per me bensì solamente pene e dolori!

Pancrazio      Mi fa male prolungare questo strazio. Rimanete in pace luce di questi miei occhi! I quali non vedranno nulla che gli causi piacere, finché non rivedranno voi! (Esce.)

Leonarda       Vatti a scaricare, o fulmine, in casa di Anna Diaz! 1 Vattene e non tornare, come fa il fumo! Per Dio, stavolta non ti ser­viranno più le tue smancerie e le tue precauzioni!

Cristina         Mille volte ho temuto che con i tuoi salamelecchi non lo convincessi a restare davvero, ritardando i nostri spassi.

Leonarda       Verranno stasera coloro che attendiamo?

Cristina         Come no? Li ho già avvertiti, e già hanno mandato, per mezzo della lavandaia, complice delle nostre scappatelle, una cesta piena in apparenza di biancheria, ma in realtà di cibi e leccornie squisite, che pare una delle sporte che il re regala aisuoi poveri il giovedì santo! Ma è una cesta pasquale, più che da giovedì santo, giacché contiene pasticci di carne al forno, antipasti, petti di pollo, due capponi neppur finiti di spiumare, e ogni genere di frutta repe­ribile in questa stagione. E inoltre una fiasca da circa quindici litri di vino, di quello da un'orecchia, profumato da dar le vertigini!

Leonarda       È molto gentile, e sempre lo è stato, il mio Reponzio, sacrestano dell'intimo del cuoricino mio!

Cristina         E che cosa manca al mio mastro Nicola, barbiere delle mie viscere e rasoio delle mie pene, che infatti me le rade e me le toglie, quando lo vedo, in modo che mi sembra di non averne mai avute?

Leonarda       Hai messo al sicuro la cesta?

Cristina         L'ho messa in cucina, ben coperta e nascosta sotto un ceneracciolo.

Bussa alla porta lo studente Carraolano, e appena bussato entra, senza aspettare che rispondano.

Leonarda       Cristina, vedi un po' chi bussa.

Studente        Sono io, signore, un povero studente.

Cristina         Si vede bene che siete povero e che siete studente. La prima cosa dal vostro vestire, la seconda dalla vostra sfacciataggine. È molto strano che non ci sia un povero che aspetti sulla porta l'ele­mosina ma subito s'infila in casa fino al più remoto angolo, senza preoccuparsi magari di svegliare la gente che dorme.

Studente        Risposta più amabile aspettavo io dalla buona grazia di vossignoria! Tanto più che non cerco né voglio altra elemosina che l'angolo di un fienile o di una stalla in cui difendermi per que­sta notte dalle inclemenze del cielo, che da quel che pare minac­ciano la terra con durissimo rigore.

Leonarda       Di dove siete, amico?

Studente        Salmantino, signora: che significa di Salamanca. Andavo a Roma con un mio zio, che morì in viaggio, nel centro della Francia. Rimasto solo, risolsi di tornare al mio paese. In Catalogna mi deru­barono i servi o banditi di Rocco Guinarde1; in assenza di lui, ché se fosse stato presente non avrebbe permesso che fossi derubato, essendo molto cortese e generoso. La notte mi ha sorpreso a questa santa porta, che tale la giudica, e cerco ricovero.

Leonarda       In verità, Cristina, questo studente mi muove a compassione.

Cristina         A me ha già solleticato le viscere. Teniamolo in casa sta­notte, ché coi resti del castello si potrà sfamare l'esercito; voglio dire che nelle reliquie della cesta qualcuno potrà venerare la propria fame. Inoltre mi darà una mano a spiumare i volatili contenuti nella cesta medesima.

Leonarda       Ma, Cristina, possiamo farci entrare in casa un testimone delle nostre marachelle?

Cristina         Mi pare che non sia un tipo loquace. Venga qua, amico: sa pelare?

Studente        Se so pelare? Non capisco bene a che cosa allude vossi­gnoria, a meno che non voglia prendermi in giro dandomi dello stra­pelato, nel qual caso non ci sarebbe niente da ridere, perché io con­fesso senz'altro di essere spelacchiato come nessun altro al mondo.

Cristina         Non volevo dir codesto, sull'anima mia; ma solamente se sarebbe capace di pelare due o tre paia di capponi.

Studente        Posso rispondere, signore mie, che io, per la grazia di Dio, sono Baccelliere graduato a Salamanca, e non dico...

Leonarda       È sufficiente questo per dedurne che saprete pelare non solo capponi, ma anche oche e otarde. Ma quanto a custodire se­greti, che cosa ci dice? È forse tentato di riferire tutto quanto vede, immagina o sente?

Studente        Ammazzassero sotto i miei occhi tanti uomini quanti mon­toni al macello pubblico, non aprirei bocca a una parola sola!

Cristina         Si tappi dunque la bocca e si cucia la lingua con una strin­ga da scarpe, e si affili i denti ed entri in casa nostra, e vedrà misteri e cenerà meraviglie, e potrà misurare in un fienile la lunghezza ne­cessaria a farle da letto.

Studente        Sette piedi mi bastano, poiché non sono avido né sibarita.

Entrano il sacrestano Reponzio e il Barbiere.

Sacrestano   Oh, ben trovate siano le guide e automedonti dei carri dei nostri  piaceri, le luci delle nostre tenebre e le due reciproche volontà che servono di basamenti e di colonne all'amorosa fabbrica dei nostri desideri.

Leonarda       Solo codesto m'infastidisce di lui! Reponzio mio per la tua vita eterna, parla come si deve e in modo da farti capire e non arrampicarti dove non posso seguirti!                                 

Barbiere         Questo ho di buono, io, che parlo più liscio d'una suola di scarpa; pane al vino e vino al pane, come suol dirsi.

Sacrestano   Certo, c'è una bella differenza fra un Sacrestano saputo e un barbiere incolto.                                                                

Cristina         Per quello che mi serve il mio Barbiere, sa tanto latino quanto Antonio de Nebrija, se non di più! E non si disputi adesso di cultura né di modi di parlare, ché ognuno parla se non come deve, almeno come sa; e andiamo dentro, e mano all'opera, che c'è molto da fare.

Studente        E molto da pelare.

Sacrestano              Chi è questo buon uomo?

Leonarda       Un povero studente salamanchese  che chiede ricovero per questa notte.

Sacrestano   Io gli darò un paio di reali per la cena e l'alloggio, e se ne vada con Dio.

Studente        Signor sacrestano Reponzio, sono grato della mercede e dell'elemosina, che accetto; ma io sono muto, e per di più pelato, come esige questa signora donzella che mi ha invitato; e giuro a... di non andarmene da questa casa stasera, me lo comandasse tutto il mondo. Vossignoria abbia fiducia molto malvolentieri in un uomo delle mie doti, che si contenta di dormire nel fienile; e se temono per i loro capponi, glieli peli il sultano di Costantinopoli e se li mangino e non gli escano giammai dalla pelle!

Barbiere         Costui sembra un briccone piuttosto che un povero. Ha l'aria di sapersi sgraffignare tutta la casa.

Cristina         Io non sarò contenta se non lo accogliamo. Andiamo e met­tiamoci al lavoro, ché il poveraccio pelerà e starà zitto come alla messa,

Studente        E anche come ai vesperi.

Sacrestano   Non mi lascia tranquillo questo povero studente. Scom­metto che sa più latino di me.

Leonarda       Per questo gli viene quella disinvoltura che dimostra. Ma non ti spiaccia, amico, di fare la carità, che vale per tutte le cose.

Escono tutti, ed entrano Leoniso, compare di Pancrazio, e Pancrazio.

Compare         Lo vidi subito, io, che ci si sarebbe rotta la ruota. Non c'è cocchiere che non sia ostinato. Se avesse fatto un giro ed evitato quella discesa, a quest'ora eravamo già due leghe di qui.

Pancrazio      A me non importa gran che; anzi sono più lieto di tornare indietro e trascorrere questa notte con mia moglie Leonarda, piut­tosto che alla locanda. Questa sera, quando la lasciai, stava quasi per morire dal dolore per la mia partenza.

Compare         Gran donna! Il cielo vi ha dato in lei un gran regalo, signor compare, e dovete essergliene grato.

Pancrazio      Gli sono grato come posso, non come dovrei. Non c'è Lucrezia che le assomigli né Porzia che la uguagli. L'onestà e la pudi­cizia hanno fatto in lei la loro dimora.

Compare         Se mia moglie non fosse gelosa, non avrei da desiderar di meglio. Questa via mi conduce più in fretta a casa; voi, compare, prendete quella e vi ritroverete presto a casa vostra. E vediamoci do­mani, che la carrozza sarà pronta per il viaggio. Addio.

I due escono.

Entrano di nuovo il Sacrestano e il Barbiere, con te rispettive chi­tarre; e Leonarda, Cristina e lo Studente. Il Sacrestano ha la tonaca alzata e stretta alla vita, e balla al suono della sua stessa chitarra; e ad ogni capriola che fa ripete queste parole:

Sacrestano              Bella sera, bei momenti, bella cena e bell'amore!

Cristina         Signor sacrestano Reponzio, adesso non è il momento di ballare. Prima la cena e il resto; e le danze rimangono per miglior congiuntura.

Sacrestano  Bella sera, bei momenti, bella cena e bell'amore!

Leonarda       Lascialo fare, Cristina, che mi piace moltissimo la sua agilità.

Bussa alla porta Pancrazioe dice:

Pancrazio      Ehi! Gente addormentata, non udite? Come mai? È an­cora presto e la porta è già sbarrata? È certo la verecondia della mia Leonarda che l'ha fatta chiudere.

Leonarda       Ahi, me infelice! questa voce, questi colpi! Ècerto mio marito Pancrazio! Gli dev'esser successo qualcosa, ed è tornato in­dietro. Signori, nascondetevi nella carbonaia, voglio dire nello stan­zino dove c'è il carbone. Corri, Cristina, accompagnali! Intanto io intratterrò Pancrazio, per darti il tempo di far sparire ogni cosa.

Studente        Brutta sera, amari momenti, cattiva cena e peggio amore!

Cristina         Spiritoso! Suvvia, venite tutti!

Pancrazio      Cosa diavolo succede? Perché non mi aprite, ghiri?

Studente.       Il fatto è che io non voglio correre l'alea di questi signori. Si nascondano essi dove gli pare; me invece conducano al fienile, così se mi ci trovano sembrerò piuttosto un povero che un adultero.

Cristina         Presto, che butta giù la casa a pugni!

Sacrestano              Io ho l'anima fra i denti!

Barbiere         E io nei calcagni!

Tutti escono e si affaccia Leonardaalla finestra.

Leonarda       Chi è mai? Chi bussa?

Pancrazio      Sono tuo marito, Leonarda mia. Aprimi, che è mezz'ora che sto rompendo a pugni questa porta!

Leonarda      Alla voce mi pare bensì di riconoscere il mio Pancrazio; ma la voce di un gallo somiglia a quella di un altro gallo, e non mi fido!

Pancrazio    Oh, mirabile pudicizia di donna prudente! Sono io, vita mia, sono tuo marito Pancrazio, aprimi con tutta tranquillità.

Leonarda       Si  avvicini che voglio veder bene. Mi dica, che cosa ho fatto io, quand'egli è partito, questa sera?                      

Pancrazio      Sospirasti, piangesti e infine cadesti in deliquio. È esatto. Però mi dica anche questo: che segni ho io su una delle mie spalle? Sulla spalla sinistra hai un neo grande come mezzo reale, con tre peli come tremila fili d'oro.

Leonarda       Esatto. Ma come si chiama la cameriera di casa?

Pancrazio    Suvvia, sciocchina, non fare la noiosa! Cristinuccia si chiama! Che vuoi ancora?

Leonarda       Cristinuccia! Cristinuccia! È il tuo padrone. Aprigli, ragazza!                                                                     

Cristina         Subito, signora. Che sia benvenuto! Come mai padrone dell'anima mia? Ha anticipato il ritorno?

Leonarda       Ah, ben mio. dicci subito com'è stato, ché il timore di qualcosa di grave mi fa tremare i polsi!

Pancrazio      Nient'altro che questo: ci si ruppe una ruota della car­rozza in una discesa, e il compare ed io abbiamo deciso di ritornare, per non passare la notte in campagna; e domani cercheremo un altro mezzo d'andare, che tanto c'è tempo. Ma... chi grida a questo modo?

Dentro, e come molto di lontano, dice lo Studente:

Studente        Ehi, apritemi, signori, che soffoco!

Pancrazio     È in casa o in istrada?

Cristina         Che mi accoppino se non è quel povero studente che chiusi in fienile perché passasse la notte!

Pancrazio      Uno studente rinchiuso in casa mia, in mia assenza? Brutta storia! In verità, signora, se non fossi tranquillo per la vostra molta verecondia, questa chiusura desterebbe in me qualche sospetto. Ma va', Cristina, e aprigli: gli dev'essere caduta la paglia addosso.

Cristina         Vado subito. (Esce.)

Leonarda       Signor mio, è un povero salamanchese, che ci domandò per amor di Dio di ospitarlo stanotte, anche nel fienile; e tu sai il mio temperamento, che non posso negare niente che mi si chieda. Così l'abbiamo rinchiuso... ma eccolo qui, guarda come vien fuori.

Entrano lo Studente e Cristina; e lo studente ha la barba, la testa e il vestito pieni di paglia.

Studente        Se io non avessi tanto timore e fossi meno scrupoloso, avrei evitato il pericolo di soffocare nel fienile, e avrei cenato meglio e avuto un letto più morbido e meno pericoloso.                

Pancrazio      E chi mai, amico, vi avrebbe dato miglior cena e miglior letto?

Studente        Chi? La mia abilità! Solo che il timore della giustizia mi tiene te mani legate.

Pancrazio      Pericolosa abilità dev'essere la vostra, se temete la giustizia!

Studente        Se fosse permesso usare, senza timore della santa Inquisi­zione, la scienza che imparai nel la mia città natia1, io so che avrei cenato e arcicenato a spese dei mici eredi. E forse non sono alieno dall'usarla, almeno per questa volta, spinto dalla necessità, e perciò senza colpa. Ma non so se queste signore saranno tanto silenziose come lo fui io.

Pancrazio      Non si preoccupi di esse, amico, e faccia quello che vuole, che io le farò tacere. Ho desiderio vivissimo di vedere qualcuna di quelle cose che, a quanto si dice, si imparano nell'Antro di Salamanca.

Studente        Si accontenterà vossignoria che io faccia uscire qui due diavoli in aspetto umano, portatori di una cena piena di squisiti cibi freddi?

Leonarda       Diavoli in casa mia e in mia presenza? Gesù! Sia io libe­rata da quello da cui non so liberarmi!

Cristina         Questo studente ha il diavolo in corpo! Piaccia a Dio che que­sta pula vada a buon vento! Il cuore mi sta ballonzolando in petto!

Pancrazio      Ebbene, se ha da essere senza pericolo e senza spaventi, a me piacerebbe vedere quei signori diavoli e la cesta delle pietanze. Purché, ripeto, non si tratti di immagini spaventevoli.

Studente        Affermo che i diavoli assumeranno le figure del sacrestano della parrocchia e di un barbiere amico di lui.

Cristina         Dice forse il sacrestano Reponzio e il barbiere di casa, mastro Nicola? Disgraziati loro, se devono tramutarsi in diavoli! Ma mi dica, fratello:   saranno diavoli battezzati?

Studente        Carina questa! Dove diavolo ci sono diavoli battezzati, o a quale scopo si dovrebbero battezzare i diavoli? Benché potrebbe anche darsi che questi lo fossero, che non c'è regola senza ecce­zione. Si facciano un momento da parte e vedranno prodigi.

Leonarda       (a parte)  Ahi, me disgraziata! Qui vengono a galla le nostre birbonate! Sono spacciata!

Cristina         (a parte)  Coraggio, signora, che saldo cuore spezza cattiva sorte!

Studente

O voi sciagurati che nella carbonaia

trovaste ricovero alla vostra disgrazia,

uscite, portandovi in fretta e con grazia

la cesta dei cibi sulle vostre spalle.

Non costringetemi a scongiurarvi

in modo più duro! Suvvia! Che attendete?

Guardate che se rifiutaste di uscire

la mia nuova chimera riuscirebbe male!

Ma so ben io quel che ho da fare con codesti demoniucci umani. Vado a fargli uno scongiuro così forte, che usciranno di corsa, anche se sono di genere tale che val di più saperli consigliare che scongiurarli. (Esce.)                                    

Pancrazio      Io dico che se costui  riesce a fare quel che ha detto, sarà la cosa più nuova e più strana che si sia vista al mondo.

Leonarda       Ci riuscirà certamente. Come potrebbe ingannarci!

Cristina         Si ode un baccano là dentro. Scommetto che li tira fuori! Ma eccolo che torna con i diavoli e l'aggeggio della cesta.

Entrano lo Studente, il Sacrestano e il Barbiere.

Leonarda       Gesù! Come somigliano, quelli della cesta, al sacrestano Reponzio e al Barbiere della piazzetta!                          

Cristina         Badate, signora, che non si deve dire Gesù! in presenza di diavoli.                                                                       

Sacrestano              Dicano quello che vogliono, che noi siamo come il cane del fabbro, che dorme al suono delle martellate. Nessuna cosa ci turba né ci spaventa.

Leonarda       Si avvicinino, che vorrei mangiare qualcosa della cesta, non se l'abbiano a male!

Studente        Proverò io, e comincerò col vino. (Beve.) Eccellente! È di Esquivias, signor sacrediavolo?

Sacrestano  Di Esquivias è: lo giuro a...

Studente        Alto là, per la sua vita,  non vada oltre! Son proprio amico io di diavoli giuratori! Demoniuzzo mio bello, qui non siamo venuti a far peccati  mortali, bensì a trascorrere un'ora di spasso, e cenare e poi andarcene con Cristo.

Cristina         E costoro devono cenare con noi?

Pancrazio      Già! I diavoli non mangiano mica!

Barbiere         Sì, ce n'è di quelli che mangiano. Non tutti. Ma noi siamo di quelli che mangiano.

Cristina         Oh, signori, già che i poveri diavoli hanno portato la cena, restino serviti con noi; che sarebbe scortesia lasciarli andare morti di fame, tanto più che sembrano diavoli perbene e molto onorati.

Leonarda       Purché non ci spaventino, se mio marito è d'accordo, rimangano.

Pancrazio      Rimangano. Voglio vedere quello che non ho visto mai.

Barbiere         Nostro Signore ricompensi le signorie loro dell’opera buona.

Cristina         Che ben educati e che cortesi! Se tutti i diavoli sono come questi,  possa io finir male se non saranno amici miei, da adesso in poi!

Sacrestano   Stiano dunque a sentire, affinché s'innamorino davvero.

Il Sacrestano suona e canta, e il Barbieregli fa eco dicendo soltanto il ritornello.

Sacrestano

Odano i poco avvertiti

quel che la mia lingua franca

dice del bene che possiede

Barbiere

l'antro di Salamanca.

Sacrestano

Odano  quello che scrisse

di esso il Baccelliere Tudanca1.

sulla pelle d'una cavalla

che dicon che fu puledra,

sulla parte della pelle

che confina con l'anca,

alzando ai sette cieli

Barbiere

l'antro di Salamanca.

Sacrestano

In esso studiano i ricchi

e quelli che non hanno un soldo,

ed esce intera e robusta

la memoria che manca.

Siedon colà gli insegnanti

di catrame su una panca,

che tali  bombe racchiude

Barbiere

l'antro di Salamanca.

Sacrestano

In  esso si fanno furbi

i mori della Palanca1,

e lo studente più scemo

scienze dal  suo petto estrae.

A quelli che studiano in esso

nessuna cosa gli manca.

Viva perciò molti secoli

Barbiere

l'antro di Salamanca.

Sacrestano

E il nostro scongiuratore,

se per caso è di Loranca,

vi abbia centomila viti

d'uva nera e d'uva bianca;

e al diavolo che l'accusasse

gli menino con una stanga,

né per lui serva giammai

Barbiere

l'antro di Salamanca.

Cristina         Basta; anche i diavoli dunque sono poeti?

Barbiere         E anche tutti i poeti sono diavoli.

Pancrazio      Mi dica un po', signor mio, già che i diavoli sanno tutto: dove sono stati inventati questi balli come la Sarabanda, e lo Zambapalo, il Menedispiace, e il nuovo e famoso dell'Escamarrán?2.

Barbiere         Dove? Ma all'inferno!  Colà hanno avuto origine e principio.

Pancrazio      Ne sono convinto anch'io.

Leonarda       A dire il vero, qualche abilità escarramanesca io ce l'avrei; ma per la mia pudicizia e per rispetto al decoro che mi è proprio non m'azzardo a ballarlo.                         

Sacrestano  Basterebbe che io insegnassi a vossignoria quattro giri  ogni giorno, per una settimana, e riuscirebbe danzatrice senza rivali; perché so che le manca ben poco.                 

Studente        Ogni cosa a suo tempo.  Per adesso andiamo a cena, che è quello che più importa.                          

Pancrazio      Andiamo a cena, così vedrò se i diavoli mangiano o no, e altre centomila cose che di essi si raccontano. E, per Dio, non li lascerò uscir di casa mia finché non mi avranno erudito per bene nella scienza e nelle scienze che si insegnano nell'antro di Salamanca.


1   Frase proverbiale, per congedare o allontanare persone sgradevoli.

1 Celebre bandito, realmente esistito ai tempi di Cervantes, e  da questi particolarmente ammirato, perché lo nomina con elogi anche nel Chisciotte.

1   Intorno all'Antro di Salamanca esisteva un'antichissima tradizione po­polare. Pare che effettivamente, agli albori del secolo XIV, fosse esistita una specie di scuola di magia e di scienze occulte nella cripta sotterranea dell'antica chiesa di San Cebrián, demolita nel secolo XVI.

1   Personaggio coniato dal Cervantes ai soli fini della rima con Salamanca.

1   Dei territori dell'Africa  Settentrionale.

2   Balli famosi in Spagna al principio del secolo XVII ein qualche caso (come quello della Sarabanda)  esportati poi largamenre in Europa. Vennero fieramente combattuti dai moralisti, che li dissero inventati da Satana; e a tale opinione sembra alludere ironicamente Cervantes nelle battute seguenti.