L’aria del continente

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L’Aria del Continente

L’Aria del Continente

Commedia in tre Atti

di

NINO MARTOGLIO

Adattamento al dialetto Messinese di Nino Prisa & Umberto Costa

  Atti                                PERSONAGGI

1,2,3       Don Cola Duscio, continetale (45 anni)

1,2,3       Marastella, sua sorella, moglie di (40 anni)

}

 
1,2,3       Don Lucino Faru, (46 anni)

loro figli

 
1,2,3       Michelino (19 anni)

1,2,3       Clementina (17 anni)

   2,3       Milla Milord, al secolo Concetta Scannapieco (25 anni)

   2          Il tenente Galieno Galletti (27 anni)

   2          Don Liborio Pappalardo (50 anni)

   2          Donna Michela, sua moglie (45 anni)

   2          Don Filadelfio Vadalà (55 anni)

   2          Donna Sarina, sua moglie (30 anni)

   2          Donna Cuncetta, sua suocera (50 anni)

   2          Cecè Santimitri (25 anni)

   2          Deriu Rapisarda (35 anni)

   2          Sasà Lanzafami (27 anni)

   2          Il cameriere del Casino di Compagnia (40 anni)

      3       La serva di Don Cola (18 anni)

1             Orazio, facchino d’albergo (20 anni)

   2          U Ciaramiddaru (50 anni)

1    3       Il Delegato di P.S. (40 anni)

   2          Borghesi d’ambo i sessi e fanciulli idem

Annotazioni sui Personaggi:

L’Autore esige da tutti coloro che rappresenteranno questa commedia, di attenersi alle didascalie ed alle annotazioni. Il regista è tenuto, scrupolosamente, a seguire tali annotazioni richiamando, nel caso in cui ci fosse di bisogno, l’attore o gli attori che non li rispetteranno.

Don Cola Duscio: È un tipo, non una macchietta, quindi deve contenersi rigorosamente dentro

misura, senza sguiataggini e senza sgambetti, per dare, maggior risalto al balletto che fa nel terz’atto, quando, esasperato, fuori di se, imita la canzonettista che lo ha atrocemente ingannato. Non bisogna dimenticare che siamo in ambiente borghese e non popolaresco. Don Cola è un originale, un esaltato e la sua linea deve essere caricaturale e grottesca, non buffonesca. In lui si deve notare sempre il doppio gioco: di fuori l’ostentato spirito continentale, il disprezzo e la commisarazione per la gelosia e la goffatagine degli altri, di dentro la gelosia che lo rode e tutti gli istinti comuni ai siciliani dell’interno dell’isola.

Milla Milord:          Bella ragazza, appariscente. Popolana diventata canzonettista, è abbastanza elegante nel vestire e nei modi, per quello spirito di adattamento che è comune nelle donne e specialmente nelle isolane. Furba, scaltra, civetta. Veste bizzarramente e parla e si muove con disinvoltura. Il suo accento è meridionale, ma con ostentate cadenze toscane e romanesche.

Marastella:                È un donnone atticciato e terribile, essa è forte e manesca ma, non pertanto, semplice e modesta e di modi non sguaiati. È nata e cresciuta bene e all’infuori della severità coi figli e l’aria di autorità che si da anche col marito, non differisce dalle signore borghesi dei piccoli centri.

Don Lucino:             È tarchiato e rubicondo, occhio porcino e cupido; eggli è portato più alla carnalità che al sentimento. Subisce l’autorità della moglie, ma, posto in libertà, si abbandonerebbe volentieri alle più pazze imprese di donne. Al primo e al secondo atto veste assai alla buona, nel terzo è azzimato e con pretese di eleganza, ma sempre un po’ goffo, sia nel vestire che nel portamento.

Michelino:                  È un ragazzo un po’ melenso, ma furbo come una scimmia; di quelli che sembrano ingenui, ma sotto ne fanno di tutti i colori. Al primo atto veste assai dimesso, nel secondo e nel terzo, invece, è lindo e pinto, ricercato e profumato.

ATTO PRIMO

Tinello in casa di Don Lucino. Comune in fondo, uscio sulla destra e altro sulla sinistra. Accanto all’uscio di destra una finestra, che dà sulla strada. Tavolo in centro, coperto dal tappeto. Una credenza, un buffet, un divanetto, poltrone, sedie a braccioli e semplici, un pendolo, quadri alle pareti etc. Ottobre avanzato.

SCENA PRIMA

Marastella:         (Donnone atticciato, autoritario, tremendo, che veste alla buona, ma con lindura, rivolta al figlio, Michelino, impaziente) Ma inzomma, a curriera arruvau?

Michelino:           Arruvau, arruvau, quantu voti ti l’haiu a diri?

Don Lucino:        E to ziu?

Michelino:           E tonna!... Arruvau, arruvau!...

Marastella:         (Minacciosa) Ouh, picciriddu, stai attentu comu parri, chi tirumpu u cucchiaru i lignu nta schina!...

Don Lucino:        (Quasi contemporaneamente) Stai attentu comu parri, senti, bastasazzu!...

Michelino:           (Allontanandosi per evitare ceffoni) Ma si mi faciti ripetiri na cosa ottanta voti!... Comu vi l’ha fari capiri, cu ziu Cola arruvau ca curriera?...

Don Lucino:        Ma si vinni, picchì non è ccà cu tia?

Michelino:           E chi nni sacciu iò?... Mi dissi, passa avanti chi iò ora vegnu…

Marastella:         Vaddati quantu è scemu stu figghiolu!... Ma unni u lassasti?... A carozza, unni u sbaccau?

Michelino:           Nta piazza!...

Marastella:         E picchì non si fici lassari a so casa, comu fici sempri?...

Michelino:           E chi nni sacciu iò!... Ci dumanni a iddu.

Don Lucino:        Ma picchì u lassasti, scemu?

Michelino:           (Infastidito) Vaddati chi su beddi, ouh! Mi dissi: passa avanti, chi ci rispunnia, no, non vogghiu passari?

Marastella:         Ma no vidivi chi era na cosa stotta, na cosa strana, stu passari avanti, dopu sei misi chi manca?... Non ti rinnivi cuntu chi non l’avivci lassari, quannu nenti mi ci scinni i valiggi?...

Clementina:        Quannu mai Michilinu, fici na cosa giusta!...

Michelino:           (Alla sorella) Tu statti muta chi t’inzivu i mussa, mbecilli!!! (La minaccia)

Clementina:        (Scostandosi) Già, l’imbecilli sugnu iò, è veru?

Don Lucino:        (Severo) Ouh, picciriddi, finemula chi tutti dui i buscati!... (A Michelino) Cu c’era nta vettura cu to ziu?...

Michelino:           C’era na furistera… c’era donna Cuncetta a sinzali, u segretariu comunali… u ziu… e na bedda signura cuntinintali…

Don Lucino:        Dui erunu i furisteri?...

Michelino:           No, una…

Marastella:         Ma si tu dicisti; prima na signura furistera e poi una cuntinintali…

Michelino:           No, pi sbagghiu a potti muntuari du voti, ma una sula, era…

Marastella:         (Guarda il marito, come per interrogarlo, poi) Vacci incontru, tu Lucinu, cu sapi chiddu chi ci succidiu!... Fossi non è ancora bbonu, e stu sceccu, inveci mu iuta, u lassau sulu…

Michelino:           (Seccato) Ma chi c’avia succediri?... Ma chi malatu!... Si avi na facci chi pari un canonicu, tanta!... (Fa il gesto relativo)

Marastella:         Ma allura, picchì non veni?... Unni si fimmau?

Don Lucino:        Basta così, chi staiu annannu iò. (Si avvia per la comune, ma giunto sulla soglia di essa esclama) Allu ccà!... Cola!... (Va incontro al cognato. Da dietro le quinte) Chi bidduni, salaratu!... (Si ode il rumore di baci, Marastella e Clementina si muovono per andare incontro a Don Cola, raggianti, ma questi appare sulla soglia, abbracciato a Don Lucino)

SCENA SECONDA

Don Cola:            (Entra, in soprabito con la martingala, cappello a lobbia con nastro a nodo di dietro, ghette sulle scarpe, frustino, guanti e orologio d’oro al polso. Egli è seguito da un facchino che porta una gran cappelliera e uno scatolo bislungo. Glieli fa deporre sul tavolo, gli dà una manciata di soldi e lo licenzia, poi abbraccia la sorella) Marastella!...

Marastella:         (Stringendoselo al seno) Cola!... Ma è veru!... Ti facisti n’autri tantu, salaratu!... Tutti santi e biniditti i picciuli chi spinnisti fora!...

Don Cola:            (Sciogliendosi dalla sorella e abbracciando la nipote) Si ristava ccà, cari miei, Don Marianu Birritta mi dava u fogghiu i via!... Bellu meducu avemu!... Ni putemu vantari!... «Lombagine, doglia colica, dilatazioni di stomaco, lipoma interno…», i dissi tutti lu bestia, menu chiddu chi era!... Viva la faccia dei medichi di Roma, perdio!... Tri ni cunsuttai, e appena m’ossevvaru tutti e tri, comu si s’avissuru misu d’accoddu, ppa!... Dici: Lei, caro signore, è stato colpito!...

Marastella:         Colpito?... Madunnuzza bedda!...

Don Cola:            Si lei, arrivava quarantott’ore dopo, a quest’ora…

Clementina:        (Peritosa, preoccupata) A quest’ora?...

Don Cola:            (Fa il segno della morte con le dita)

Clementina:        (Scoppia a piangere, Marastella si asciuga una lacrima, tutti sono commossi)

Marastella:         (Abbracciando il fratello) Poviru Cola! (A Clementina) E bonu chi ci cianci tu n’autra, no vidi chi tunnau beddu e sanu? Sia lodatu Diu!...

Don Cola:            (Continuando) La sua malattia, dici, egregio signore, è all’appendice…

Marastella:         All’appendici?...

Michelino:           E chi era un giunnali?...

Don Lucino:        Ma statibbi muti, scecchi!...

Don Cola:            (Continuando) E lei è arrivato in tempo giusto per farsi operare.

Clementina:        Operari?...

Don Cola:            Cettu, di appendicite.

Marastella:         Ma chi malatia era?... Chi è sta pinnici?...

Don Cola:            Si, tacchinu!... Appendice!... L’appendice è un tubo… sissignori… un tubo superfluo, che abbiamo in mezzo alle anteriora… questo tubo si guasta e bisogna tagliarlo… fino a quando è a freddo, si chiama appendice, quanno è a caldo, appendicite.

Don Lucino:        E ti facisti l’operazioni?...

Don Cola:            Annunca no?... Laparatomia muta!... Mu spaccaru comu un ciareddu, mi tagghiaru l’appendici e mi cuceru comu quannu cuciunu i matarazzi!...

Marastella:         Maria Santissima, e unni?... O spitali?...

Don Cola:            In una clinica privata. Un’assistenza chi ccà mancu na nzunnamu. Medichi, aiuti, infermere… alla vigilia mi misuru sutta spiritu…

Michelino:           E chi era girasa?...

Don Lucino:        Statti mutu, cretinu!... Ci ficiru la pulizia alcolica, è veru Cola?...

Don Cola:            Mi lavaru tutto con lo spirito, poi mi misiru intra una coltre di lana e mi puttaru in sala operatoria: Pronti?... Pronti!... (Fa il segno di ferri da taglio che si affilano, poi quello di una enorme incisione nella pancia e poi l’apertura di essa)

Clementina:        (Coprendosi il volto inorridito) Mamma, bedda!... (Poi) E quannu ti spaccavunu, chi facivi?...

Don Cola:            Giucava a trissetti!... C’avia a fari?... Dummiva!... Non vi dissi chi fu laparatomia muta?...

Clementina:        E comu putia dommiri, cu ddu duluri?...

Don Cola:            M’alloppiaru, babba… mi misuru na maschira…

Marastella:         Na maschira?... E picchì, pi non vaddari…

Don Cola:            Ma no, na maschira di gazza… supra da maschira ci misuru na boccia di cloroformio e sghicciavunu…

Clementina:        Ah, ca Califonnia u drummintaru?...

Don Cola:            No, cu Paraguai!... Cloroformio, figghia, l’oppio, l’oppio!... Dissuru; conti da uno a cento, forte… e intantu sghicciavunu!... unu, dui, tri… qua… ttru… cii..ncu… seee…e… ei!... M’addrumintai e non sintia cchiù nenti. Quannu mi ruspigghiai eru fasciatu comu a un picciriddu i quaranta ionna. Dopu na simana (Si alza e si mette a passeggiare) eru così, sanu comu un pisci, e cu na fami!...

Marastella:         Dopu na simana?... Un miraculu, signuri mei!... U signuri mi cci a renni a sti dutturi i Roma, pidda veru!

Don Cola:            N’autru munnu, altri paesi, altra cultura, altro spirito!... Insomma (Rivolgendosi partitamente a tutti), tu hai a to frati, tu hai a to cugnatu, vuatri aviti ancora a vostru ziu, picchì ci vinni l’ispirazioni di scappari di ccà e annari nto Continenti.

Marastella:         Binidittu tuttu, stu continenti!...

Don Cola:            Senza questa ispirazione, a st’ura, saria sutta terra.

Marastella:         Piffaureddu!... (A Clementina) Vai, e pigghicci a scuzzetta ato ziu.

Don Cola:            (Fermando la nipote, che si avvia) No, no, pi carità, non ti moviri, Clementina…

Don Lucino:        Non ta voi mettiri?

Don Cola:            Non si usa cchiù… a scuzzitta, in casa, è robba pacchiana, da contadini…

Michelino:           (Istintivamente si toglie il berretto e se lo mette in tasca)

Don Lucino:        Ma pi tia, chi soffri i raffridduri…

Don Cola:            Si cura, u raffridduri, con le docce fredde.

Clementina:        (Peritosa) Nta stu tempu chi stasti fora, ti n’avia fatta una iò… na papalina tutta ricamata…

Don Cola:            (Accarezzandola) Grazzi… ma non ni usu, non ni usu cchiù, affattu… daccilla a to patri, c’avemu a stissa misura…

Don Lucino:        (Scherzando) Già, daccilla a to patri chi è pacchianu e contadino.

Don Cola:            No, Lucinu, non mi pigghiari i punta!... Tu poi fari chiddu chi voi, ma iò a scuzzitta, in casa, oramai, non ni pottu cchiù… in continenti, unni fa friddu pidda veru, scuzzetti, papalini, nenti. Su cosi ridiculi, si nni vidi una ogni cent’anni, e nta testa di qualchi tignusu lisciu comu un muluni.

Don Lucino:        (Alla sua volta si toglie il berretto)

Don Cola:            Ma nta testa di figghioli nenti, mai, mancu pi schezzu.

Don Lucino:        E nuatri chi semu figghioli?

Don Cola:            Senti, iò no sacciu comu ti senti tu, ma pi cuntu mei…

Clementina:        Pidda veru, u ziu, tunnau chi pari un picciriddu, pidda veru!...  U sai chi vulennu ti putissi maritari…

Marastella:         (Severa) Tu statti muta, scema!

Don Cola:            E picchì è scema?...

Marastella:         Picchì si!... Non sunnu discussi pi idda…

Don Cola:            Quali?... Chi dissi, mali paroli?...

Marastella:         Sti discussi di matrimoniu, non stannu nta bucca di na picciridda…

Don Cola:            (Con le mani nei capelli) Ecco la patti tuccatizza!... Ecco la patti sfatta di questo paese!... Chista è a Sicilia!... E chi putia falliri?... Ora mi dumannu e dicu a tia, chi si vecchia…

Marastella:         (Piccata) Ah, iò sugnu vecchia!... Comu, tu, chi si cchiù ranni i mia ti senti figghiuleddu…

Don Cola:            Intendo dire: chi si bedda ranni, chi si matri di figghi,va… dumannu e dicu, picchì?... Si Clementina avi diciott’anni!...

Marastella:         Non l’avi, ancora, ci mancunu tri misi…

Don Cola:            Diciassetti… diciassetti e rutti… si dumani ci capitiria un bon pattitu di matrimoniu, tu chi farivi, na maritirivi?

Marastella:         Chistu è n’autru paru di manichi…

Don Cola:            No, i manichi sunnu sempri i stissi, e a murali di stu paisi è chista: chi na figghiuledda si po maritari, si, ma non po parrari di matrimoniu!... Cosi chi si sentunu sulu ccà!... E lassatila parrari, lassatici strogghiri lo scilinguagnolo alle ragazze, sveltitele, scaltritele, in modo chi quannu si maritunu sannu chiddu chi hanna fari!...

Marastella:         (Interrompendolo, scandalizzata) Beddi, sti nuvità chi puttasti du continenti!... Lassani campari comu ama sempri campatu a ni autri sicilianeddi…

Don Cola:            E lassani moriri comu ama sempri murutu, a uso di talpe, a uso di scecchi di Pantelleria, è veru? (A Michelino, che ha aperto la finestra) No, chidila, chi mi raffriddu!...

Don Lucino:        Ma caru cugnatu, allura mettiti a papalina chi ti fici to niputi!

Don Cola:            No, ti ho detto di no. (Michelino richiude)

Don Lucino:        Ma cu ti vidi?

Don Cola:            Fra l’altro stare coperto davanti a delle signore è da villano.

Don Lucino:        E cu sunnu ste signore? To soru e to niputi?... Ma vatinni, Cola, chi novità puttasti, pidda veru?...

Marastella:         Si è pi nui, è na cosa i ridiri pidda veru.

Don Cola:            (A Don Lucino) Le donne si rispettano tutte, a cominciare da quelle di casa, si non voi passari, pi viddanazzu ca scoccia!... Iò vi vurria fari stari na para d’anni in continenti… tonniriu canciati, e si penziriu comu avivu campatu finu a ora, vi cadiria a facci nterra, con la convinzioni di essiri pessone civili!

Marastella:         (Per cambiare discorso) Pi manciari, Cola, a chi puntu si?...

Don Cola:            A bon puntu, non ti pigghiari pinzeri.

Marastella:         (Sorpresa e mortificata) Manciasti?...

Don Cola:            …Si… fici colazzioni a Messina, al ristorante della stazione.

Don Lucino:        (Come Marastella) T’aviumu preparatu u beddu brodu…

Marastella:         Mmazzammu na iaddina, chi paria na casa!...

Don Lucino:        E bonu, Marastella, non ti pigghiari i bili… sa pigghia stasira, prima di cena. È veru, Cola?...

Don Cola:            (Impacciato) Nenti, per ora… non pinzati a chistu. (Sciogliendo lo scatolo lungo, deposto sul tavolo, lo apre e lo porge a Don Lucino) Teni ccà, cugnatu…

Don Lucino:        (Ne toglie fuori dodici cravatte assortite) E chi ha fari cu tutti sti cravatti?... (Mostrando la sua, al collo) Si chista ccà, mi dura da du anni!...

Don Cola:            E pi chistu cci a poi mettiri pi sutta panza o sceccu, senza bisogno di falla unciri!... (La osserva e arriccia il naso) Ma si siti genti senza prospettiva!... Cancini una ogni du misi, animali, e fai a pessona pulita.

Marastella:         Ti dividi cu to figghiu, Lucinu…

Michelino:           Si, papà, chi iò n’haiu bisognu di cravatti.

Don Cola:            Pi ttia c’è n’autra cosa. (Toglie di tasca del paletot un portasigarette in legno odoroso, con laccetto a miccia, lungo) Te!...

Michelino:           (Osservandolo poco persuaso) E chi è, potta trinciatu?

Don Cola:            Mai, pottamuzzuni.

Don Lucino:        Ma quantu è sceccu stu figghiolu!... No vidi chi è un pottamuneti con leva di sicurezza?...

Don Cola:            (Ride) Iddu sceccu? Ma chi ti scappa da bucca Lucinu?... Chistu, caru niputi, è portasigaretti, e chista è la miccia. (Eseguendo) Si pigghia a sigaretta e si metti nta bucca, si richiude la scatola, s’accende la miccia… e una volta accesa, cu qualunqui ventu, non si stuta cchiù… Ponnu ddumari dumila cristiani… Quando tutti hanno acceso, si tira la miccia… uno, due e tre, e si mette la scatola in tasca. (Ridà la scatola a Michelino, che intasca, giulivo)

Michelino:           Grazzi, ziu!...

Marastella:         Ma pidda veru, ci su cosi belli nta stu continenti!...

Don Cola:            Precisu comu ccà, chi pi truvari un prospiru i cira unu non sapi a quali santu s’ava vutari!... (Prende lo scatolo dei cappelli, lo apre e ne toglie un cappello a cupola e a larche tese, all’ultima moda) Veni ccà, Clementina!...

Clementina:        Chi voi, ziu?... (Gli si accosta)

Don Cola:            Mettiti tisa… non ti ittari i ciancu comu un bastimentu sbannatu!... (Le calza il cappello) Non fari smoffi, e statti femma. (Toglie un altro cappello, a pan di zucchero, sempre di moda) Signora sorella, ccà… la testa erta, erta!... Lo sguardo in aria… Non t’incuccari!...

Marastella:         Pidda veru, Cola, chi facisti?... No sai chi pottu u sciallu!?... Quali cappeddi, pi mia!...

Don Cola:            E picchistu pari na mammana, mentri sei una signora!...

Marastella:         Fra l’autri cosi pottu u votu…

Don Cola:            E tu inveci di puttari u votu, potta u cappeddu chi ci fai n’autra figura!... Chi c’entra, non vi muviti, matri e figghia. (Toglie dal fondo dello scatolo due bestiole, oppure due stole di pelliccia e le cinge al collo delle due donne, aggiustandole loro sulle spalle e alla vita, poi le guarda con compiacenza) A verità, Lucinu, non sunnu n’autra cosa?... (Alle donne) Vaddatibbi nto specchiu, e dicitimi chi non pigghiastu n’autra fisionomia, n’autru spiritu!... Pariti cuntinintali! (Don Lucino e Michelino, osservandole, ridono sotto sotto)

Don Lucino:        (Faceto) Si, Marastella l’avuto sempri l’aria continetali!...

Don Cola:            Non ci fari a ripassatu, chi chisti, pi sapillu, furunu scetti da una persona come il fò, piena di gusto e cuntinintali peffetta.

Michelino:           Omà, sai quantu pari bedda!... (Ride)

Marastella:         Statti mutu, beddu spicchiu d’agghiu!... E inveci di fari u scemu, vai e pigghicci i valiggi a to ziu!... (A Don Cola) I lassasti nta carozza?

Don Cola:            (Impacciato) Fossi… (A Michelino) Veni ccà, non c’annari a nuddi i patti, tu!...

Marastella:         Comu, fossi?... Non ni si sicuru?...

Don Cola:            Non ti preoccupari, chi non si pidderu.

Michelino:           Allura i vaiu e i pigghiu…

Don Cola:            Ti dissi mi non ti movi!... (Alla sorella, confuso) Per ora… non mi sebbunu…

Don Lucino:        Si vabbeni, ma picchì i lassasti nta vettura? … È stranu!...

Marastella:         Speciammenti cu stu cucchieri, Occhi i pulici, è pocu fidatu… Michilinu, vai e pigghili…

Don Cola:            (Vivamente) Ma no, vi dico di no!... (C.s.) I valiggi sunnu o sicuru, non vi preoccupati…

Don Lucino:        Cchiù sicuru da to casa?... Cola!... C’è paura c’avisti quacchi incidenti nto viaggiu e non parri?...

Marastella:         Cola!... Chi ti succidiu parra!... Chi hai?...

Don Cola:            Nenti… non vidi chi sugnu nu spigghiu d’agghiu?...

Marastella:         Ma allura?...

Don Lucino:        Cola, c’è paura chi v’assattaru pi strata e vi svaliggiaru?... (Gli fanno tutti attorno, quando si ode il campanello dell’ingresso) Cu sapi cu è, apricci Michilinu.

Michelino:           (Va di là, tutti pendono dalle labbra di Don Cola, che resta un po’ indeciso, finalmente)

Don Cola:            Quantu dumanni chi mi stati facennu!... Così… nta na vota, non pi pozzu pronunciari…

Marastella:         Beddamatri, ma allura veru è!... A trova chi ti succidiu?... Parra, pi carità, parra!...

Michelino:           (Tornando, pallido in viso) Papà…

Don Lucino:        Chi fu, cu era?...

Michelino:           (Con aria di imbarazzo) U delegatu…

Don Lucino:        U delegatu?... E chi voli i nui?...

Marastella:         (Afferrando Cola) Mari Addulurata?... U delegatu?... E chi facisti, Cola?... Chi ti succidiu?... Quannu mai u delegatu nta nostra casa?...

Don Lucino:        Cola, chi fu? Santu Diu, parra!...

Don Cola:            (Infastidito) Ma nenti, nenti, vi dicu!... Chi sacciu di delegatu iò?... A cu voli?...

Michelino:           A tia, ziu!...

Clementina:        (Scoppiando a piangere) Ah, ziu,  ziiceddu mei!... Ora u taccunu!...

Don Lucino:        (A Michelino) E tu ci dicisti chi era ccà…

Michelino:           E chi nni sapia iò!...

Don Lucino:        (Energico, afferrando Don Cola per il braccio) Cola!... Cu to cugnatu non ti cunfidi?...

Marastella:         (Scostando il marito) No, no, cu to soru. Cola, u sangu toi, parra!...

Don Lucino:        (Scostando la moglie) Chi c’entra u sangu?... Iò sugnu l’omu!... Parra Cola!...

Don Cola:            (Più confuso che persuaso) Ma chi mi vuliti fari nesciri pacciu?... Chi ni sacciu iò?...

Don Lucino:        (A Marastella) Vacci tu, nto delegatu, no lassari sulu. (Mentre Marastella va) Cola, parra, non fari l’omu, cu mia!...

Clementina:        (C.s.) Ah, poviru ziu Cola!... E d’unni vinni stu focu ranni, oggi?...

Don Cola:            Muta, picchì cianci, si non c’è nenti?... Facitulu ntrasiri a stu delegatu, chi voli?...

Marstella:            (Dall’interno) Favorisca, signor delegato… Me lo dica a me, per carità, chi cci succidiu a me frati?...

SCENA TERZA

Delegato:             (Entrando, preceduto da Marastella) Ma niente, signora, non si allarmi, cosa di un momento!

Marastella:         Ma veda, quando mai, il delegato, in casa nostra…

Delegato:             Mi perdoni, signora, domando scusa a tutti, ma non ho potuto fare a meno di venire a disturbare il signor Don Cola… Mi duole proprio di averla incomodata nel momento che faceva toletta. (Indica il cappello)

Marastella:         (Ricordandosi di avere ancora addosso il cappello e la bestiola sulla vestaglia) Viditi vui, malu pi mia, e cu ci pinzava cchiù?... U viditi chi figura chi mi facistu fari? (Levandosi cappello e pelliccia e deponendoli, alla figlia) Leviti sti cosi d’incoddu!... (Al Delegato) Ma quali toletta, signor delegato!... Ni dicissi chi succidiu, pi carità!... Chi fici, me frati?...

Don Cola:            Ma chi avia a fari, scema!... Nenti!...

Delegato:             Niente, niente, ha ragione Don Cola.

Don Cola:            (Rassicurato) E cerca di me, cavaliere?... Si accomodi.

Delegato:             (Sedendo) Si, cerco di lei, ma non avrei mai immaginato di disturbare tanto…

Don Cola:            Versi, versi la sua parola… Esponga!...

Delegato:             Un’informazione, una semplice informazione, se crede.

Don Cola:            Da me?... Di che si tratta? Dica!

Marastella:         Ah, il fatto delle valigge, è veru, signor delegato?...

Delegato:             Quali valigie?

Don Cola:            Quali valiggi, chi ci cunti, a stu santu cristianu?...

Delegato:             (Guardando tutti, incerto) Non so se sia opportuno parlare davanti a tutti…

Don Lucino:        Siamo la sua famiglia!... Tutti paranti, sa?

Don Cola:            Si tratta di affari segreti?

Delegato:             No.

Don Cola:            Di ufficio?

Delegato:             Nemmeno.

Don Cola:            E allora dica… spifferi, senza titubanze!...

Delegato:             Ecco… lei, egregio signor Duscio, ha viaggiato insieme con una giovane signora, che è arrivata con la sua stessa vettura… (Tutti pendono dalle labbra di Don Cola)

Don Cola:            (Dapprima, sconcertato, guarda la sorella e il cognato poi, franco) Si, una distinta signora… romagnola.

Delegato:             È sicuro, lei, che sia romagnola?

Don Cola:            Eh… lo stesso nome lo dice: Milla Milord.

Delegato:             E Appunto perché si fa chiamare così dubito che sia il suo cero nome!... Non si tratta, invece, di un nome di battaglia?

Marastella:         (Vivamente) Clementina, dacci n’occhiata a donna Mena, nta cucina, curri!...

Don Cola:            (Mentre Clementina si allontana lentamente e curiosa, verso la cucina, per la sinistra) Di battaglia?... ma scusi, le donne non vanno mica al fronte!...

Delegato:             Intendo dire di nome d’arte, da caffè concerto, via…

Don Cola:            (Che non tralascia di notare l’impressione che questi discorsi fanno alla sorella e al cognato e ne sorprende gli sguardi di intelligenza e gli atti di stupore) Nossignore, è il suo nome vero… È orfana d’un colonnello del genio e della contessa Verzellini Vien dal Mare…

Delegato:             Maggiorenne?

Marastella:         (Guarda il fratello e gli fa dei segni, come per dire: Ma tutto questo perché lo chiede a te?)

Don Cola:            (Confuso e un po’ infastidito) Forse… credo… si.

Delegato:             Forse, crede, o si?... Si decida.

Don Cola:            Si… Se viaggia sola, segno che è emancipata e quindi maggiorenne… Ma lei, scusi perché lo vuol sapere?...

Delegato:             Questo mi permetta di tacerlo, per ora… E… se non le dispiace, che è venuta a fare qui?...

Don Cola:            (Dopo aver guardato la sorella e il cognato che si segnano, stupefatti) Cavaliere, quest’interrogatorio, lei, perché non lo fa alla signora?

Marastella:         Eh!... Giustu!...

Delegato:             L’ho fatto… E appunto per questo sono qua.

Don Cola:            (Seccato) Gliel’ha fatto?... E con quale diritto, scusi?

Delegato:             (Punto) Signor Duscio, se l’ho fatto, segno che ne avevo il diritto.

Don Cola:            Ma per quale ragione?

Delegato:             Questo non ho il dovere di diglierlo.

Don Cola:            (Irritato, alzandosi) Ed io non ho il dovere di dire niente a lei, e mi dispiace, anzi, che ho parlato troppo!...

Marastella:         (Premurosa, accostandoglisi, piano) Chi hai, Cola?... Cu delegatu?

Don Cola:            (Piano alla sorella) U delegatu, u delegatu!... Cu vi pari chi è un delgatu?... Ora ti fazzu avvidiri comu u mettu a tappu!... (Al delegato che si è alzato anche’egli) Se lei è delegato, caro signore, io vengo da Roma!... Dalla Capitale, ha capito?...

Delegato:             Ho capito, ho capito, Don Cola!... Io volevo usarle una cortesia, lei la prende così… non mi resta che chiederle scusa e andarmene a fare il mio dovere. Dopo però, non deve dolersene!...

Don Cola:            Ma scusi, lei che desidera, da me?...

Delegato:             (Come togliendosi un peso) La signora ha tirato un colpo d’ombrello in faccia a Don Gasparino Saglimbene, il figlio del Sindaco.

Don Cola:            (Saltando in aria) Quando?

Delegato:             Un momento fa.

Don Cola:            Dove?

Delegato:             Nella sala d’aspetto dell’albergo.

Don Cola:            E perché?

Delegato:             Perché… dice lei,… Don Gasparino la insolentiva.

Don Cola:            Ha fatto bene!

Delegato:             Chi, Don Gasperino?

Don Cola:            No, Milla… la signora… e se c’ero io assecondavo!... Lei con l’ombrello e io col bastone!...

Marastella:         (E Lucino si guardano intontiti e seguono il discorso del fratello e cognato esterefatti)

Delegato:             Io sono qua, egregio signor Don Cola, perché la signora mi ha detto che lei la protegge e la garantisce…

Don Lucino:        Michelinu, te, pigghimi na scatula i sigarri di prima qualità. (Gli mette i soldi in mano e lo spinge verso la comune, prima adagio, poi quasi con violenza, perché il giovanotto vorrebbe indugiarsi ad ascoltare)

Delegato:             È vero, o si tratta d’una millanteria?

Don Cola:            (Irritato un po’ da tutto e da tutti) E se non fosse vero?

Delegato:             Dovrei farla rimpatriare subito.

Don Cola:            (Fuori di se) Ma per quale ragione?... In forza di quale legge?... Con quale diritto?... Ma scusi, com’è che lei, funzionario di pubblica sicurezza, si mette agli ordini d’un ragazzaccio qualunque e commette un abuso per fargli piacere?... Forse perché è il figlio del Sindaco?... Della prima autorità del paese?... Ma in che mondo viviamo, signor delegato, mi faccia il piacere, mannaggia a li pescetti!...

Delegato:             Senta, il mio dovere non me l’insegna nessuno, quando avrò sbagliato pagherò…

Don Cola:            Ma lei piglia una cantonata, caro cavaliere!... Si tratta d’una signora distinta e impeccabile, che se si lasciò andare con l’ombrellino, segno che quel pulcinella l’ha provocava fortemente!...

Delegato:             Ma in tal caso, caro Don Cola, devo ammettere come vero quello che la signora mi ha detto di lei…

Don Cola:            Che le ha detto?

Delegato:             Che lei la protegge e la garantisce…

Don Cola:            (Guarda prima la sorella, poi il cognato, allibiti, prende il coraggio a due mani ed esclama) Come la mia persona!...

Marastella:         (Tra se) Sugnu motta!...

Don Lucino:        (C.s.) Stai cadennu du quintu pianu!...

Don Cola:            (Che li ha notati e uditi, si ripete, scandendo) Come la mia stessa persona!

Delegato:             Ho Capito. Quand’è così non mi resta che domandarle scusa e togliere il disturbo. (Si alza) Signora!... Signor Don Lucino… Signor Duscio… arrivederli… (Tutti s’inchinano)

Marastella:         (Piano a Lucino) Sugnu sicca nte robbi!

Don Cola:            (Prima che il delegato varchi la soglia) Scusi, cavaliere… Questo lei me lo può dire… Che ci fu macellu?...

Delegato:             Cosa?

Don Cola:            Dico, ci fu subbuglio, chiasso, all’albergo?...

Delegato:             No, neanche per sogno.

Don Cola:            C’erano terze persone, curiosi, imbecilli, cretini?...

Delegato:             No, nessuno.

Don Cola:            E allora lei, scusi, com’è che si trovava lì?

Delegato:             Io ci sono a ogni arrivo do vettura corriera, per vedere il movimento dei forestieri…

Don Cola:            Sta bene, grazie!... Del resto, in locanda. La signora, ci starà ben poco… Domani passerà a casa sua e il paese imparerà a conoscerla e rispettarla… (Stringendogli la mano) Viva la faccia, caro cavaliere!...

Delegato:             Di che?

Don Cola:            Di tutto!... Anche della mondezza di lassù…

Delegato:             Lassù dove?

Don Cola:            In continente, a Roma specialmente, mannaggia li cani!...

Delegato:             (Ridendo) Eh, caro Don Cola, creda pure che tutto il mondo è paese!... (Si inchina ancora) Di nuovo. (Esce)

SCENA QUARTA

Don Cola:           (Uscito il delegato, marito e moglie restano a guardarsi come inetrrogandosi a vicenda, mentre Don Cola, impacciato, per darsi un contegno, passeggia su e giù per la stanza e osserva sottecchi, ora Lucino, seduto presso la parete di destra, ora Marastella, seduta presso quella sinistra. Finalmente, fermandosi, e fissando la sorella, e poi il cognato, esclama, quasi per concludere) Era megghiu chi muria?... A st’ura saria mottu!...

Marastella:         Mottu?

Don Cola:            Allura comu, vivu?... Mottu, seppellitu e putrefattu!... Iò eru destinatu a moriri quaranttott’uri dopu arruvatu a Roma… Facitibbi u cuntu… Mi pottiriu u luttu di cincu misi e vintisetti ionna. (Silenzio) A st’ura annau o campusantu, unni m’avriu fattu un beddu mausoleu, cu na bedda lapidi: «Qui giace la spoglia mortale di Nicola Duscio, possidente. Rapito ai vivi il giorno tale… A cura del medico condotto dottor Mariano Berretta…» No, cioè, chistu non ciu mettiriu pi non facci peddiri u pani a un patri i famigghia… diriu: «U mottu è mottu, pinzamu e vivi!» Pecciò… a st’ura annariu o campusantu, mi pottiriu i ciuri, beddi ghillandi, beddi tocci… (Silenzio) E vuatri non parrati!...

Don Lucino:        E chi avemu a diri?... Si non sapemu unni voi arruvari!...

Don Cola:            A mia mi spaccaru menzu e menzu!... (Segnando con la mano) Di ccà finu a ccà!... (Silenzio) Mi ristau na cicatrici chi fa scantari sulu a vaddalla! (Alla sorella) Mi dispiaci chi tu, pi quantu si me soru, si fimmina, e non ta pozzu fari avvidiri… (A Lucino) Ma a tia chi si masculu!... (Gli si accosta, quasi sbottonandosi giacca e calzoni)

Don Lucino:        (Vivamente respingendolo) Ma chi fai, non c’è bisognu ti cridu…

Don Cola:            No, ta fazzu tuccari, e voti poi pinzari chi è mbrugghiunaria… chi mi staiu nvintannu iò!...

Don Lucino:        (C.s.) Ti dissi chi non c’è bisognu, ti cridemu, ti cridemu…

Don Cola:            Mi vutari dintra e fora, capistu?... (Silenzio) E vuautri non iapriti bucca!...

Don Lucino:        Ma chi cosa avemu a diri, si non ti spieghi!...

Don Cola:            Pecciò… era megghiu chi muria?!

Marastella:         Santu libbiranti!... Ma ora si bbonu, ringrazziannu a Diu…

Don Cola:            Si, sugnu bbonu, ma capirete chi… mi vutaru sutta supra… Vuautri faci finta i non capiri?

Marastella:         Ma chi cosa?... Si non ti spieghi!

Don Cola:            Si non m’aiutati!... Avi menz’ura chi mi viditi ccà, comu un puddicinu nta stuppa e non vi n’accuggiti!

Marastella:         E tu picchì non parri chiaru? Di cu è chi hai suggezioni?... Tutti sti discussi di l’operazioni, chi c’entra?

Don Cola:            C’entra, comu non c’entra?... Capiti chi ora… sugnu n’autru… Picchì non mi vutaru sulu i budedda, ma mi vutaru macari…

Don Lucino:        (Interrompedolo) I sentimenti, ni stamu pessuadennu!

Don Cola:            No, non facciamo esagerazioni… Mi voltarono lo spirito, la mentalità, ecco. Oramai…

Marastella:         Oramai?...

Don Cola:            Mi son fatte altre abitudini e mi sono creati altri bisogni.

Marastella:         (Ironica) Già, bisognu di cumpagnia, per esempiu!

Don Cola:            Ora senti, cara sorella; si iò, inveci di tunnari ccà, m’avissi fimmatu a Roma, dove mi trovavo benone – e sempre viva la faccia! – tu, chi m’avissi dittu?

Marastella:         Chi t’avia a diri? Ognunu è patruni di stari unni voli…

Don Cola:            E cun cu voli!... Oh!... Stamu ntrasennu in carreggiata!... Ora io ho voluto scegliere la via di mezzo: mi ni tunnai a casa, ma per vivere all’uso mio…

Marastella:         (C.s.) Già, all’usu cuntinintali!...

Don Cola:            Che è l’uso civile!

Marastella:         (Vivace) Cettu, a civiltà cunsisti chi unu si potta na fimmina chi non sapi cu è e cu non è…

Don Cola:            Distintissima!

Marastella:         Distintissima… pi essiri u scannulu du paisi!...

Don Cola:            Si tratta di persona rispettabilissima!...

Marastella:         Già, basta chi vinni cu tia!...

Don Cola:            E picchì?... Cu sugnu iò… parra!... Lucinu, parra tu!...

Don Lucino:        No, no, cetti cosi è megghiu chi vi spidugghiati fra frati e soru!...

Marastella:         Oh, non mi fari parrari Cola!... Cu si?... Si un uomo anzianottu, chi non po diri d’aviri a nnammurata pa so gioventù e mancu pa so biddizza!...

Don Cola:            (Punto sul vivo) Anzianottu, anzianottu!... Prima di tuttu chi non sugnu di n’età esaggerata, e poi… mi sentu cchiù figghiolu di tanti figghioli du paisi, chi sunnu di pasta frolla!... (In questo punto rientra Clementina) E tu provu!...

Marastella:         (Alla figlia) Tu chi tunnasti a fari? Passa dda patti!... (Clementina rivà via, scrollando le spalle, ammusonita)

Don Cola:            In continente, dove ci sono le donne intelligenti, non fannu comu ccà, chi s’attaccunu e bausi! In continente, e specialmente a Roma, la donna s’attacca di preferenza all’uomo maturo, all’uomo serio, al senatore, al deputatoanziano… alla persona grigia, brezzolata!...

Don Lucino:        (Ringalluzzito, gli si fa d’accosto, e gli domanda) Dimma na cosa, ma sta Roma, è luntana?...

Marastella:         (Che l’ode) Picchì, chi hai, quacchi appendiciti macari tu?... (Don Lucino torna a sedere quatto quatto)

Don Cola:            E poi, dumannu e dicu; perché dovrebbe formare lo scandalo del paese?... U paisi picchì non vadda i mammogghi du Vicariu, cu donna Rosa? (Rientra Michelino, con la scatola di sigari e la porge al padre) Picchì non vadda i fratelli Carusu, chi pi non dividiri l’eredità, si pigghiaru na mugghieri in dui…

Marastella:         (Segnandosi) Gesu, Gesu, ma chi stai dicennu?... (A Lucino) Manna a chistu, mannulu!...

Don Lucino:        (Spinge fuori Michelino, che recalcitrantre, perché vorrebbe restare e si lascia trascinare)

Don Cola:            (Continuando con foga) U paisi picchì non vadda nta casa i Don Filadelfiu, chi si teni matri e figghia? (Notando Lucino che spinge fuori Michelino) Si, si, mannatulu, casu mai si scannalia, u picciriddu!... Chiddu a st’ura ni sapi cchiù i mia e di tia!...

Marastella:         Non ci cridiri, sai, chiddu crisciu sutta all’occhi mei!...

Don Cola:            E veni cchiù gesuita e cchiù stottu d’un ferru i cavaddu!... E strogghila sta codda, fallu viaggiari, fallu praticari chi fimmini, chi si sveltisce e ci iapri l’inteligenza!...

Marastella:         (Fiottando, appena il figlio è uscito) Senti, Cola,  cu st’idei chi puttasti di stu cuntinenti, capia chi è megghiu c’arruvamu a na conclusioni. Tu, a chiddu chi capia, ti voi fari n’autra casa, è veru?

Don Lucino:        Ma chi dici bestia?... Si vidi chi non capisti nenti!...

Don Cola:            No, mi pari chi a bestia si tu, picchì me soru capiu peffettamenti… Voialtri non vi dovete offendere… iò sempri bbeni vi vogghiu, a stissa manera!...

Marastella:         Chi c’entra!... E quannu ti ni voi annari?...

Don Cola:            Ora stissu. (Solleva la manica e guarda l’orologetto del polso, con ostentazione) M’ha fari ancora u bagnu!...

Marastella:         (Stupita) U bagnu?... E quannu mai tu t’ha fattu u bagnu?... A fini d’ottobbri, Gesu Gesu!...

Don Cola:            (Con aria di commiserazione) Andate a Roma, andate a Roma, e vedrete a genti sempri nta l’acqua, comu e cani i caccia!

Marastella:         Vabbeni, cchiù taddu ti mannu tutti i cosi nta lucanna.

Don Cola:            Quali lucanna?... A casa.

Don Lucino:        E unn’è sta casa?...

Don Cola:            O bella!... A me casa! Chidda di facci o Casinu di cumpagnia.

Don Lucino:        Ah, dd tonni?...

Don Cola:            Non ti pari loggicu?

Don Lucino:        Non tantu loggicu, veramenti.

Don Cola:            E picchì?

Don Lucino:        Siccomu avivi dittu chi dda casa cioa davi a Clementina…

Don Cola:            Ma chi è, si sta maritannu?... No, quannu si marita, nesciu iò e trasi idda.

Marastella:         (Inviperita) Chi dicisti?... Nta casa unni ci stesi na fimmina…

Don Cola:            Distintissima…

Marastella:         Distintissima, comu a chista chi puttasti i fora, a me figghia non cià fazzu trasiri!...

Don Cola:            (Ironico) E bbonu, u rimediu c’è. Prima di falla trasiri, chiamamu u Vicariu, chiddu chi s’antenni ca tabbaccara…

Marastella:         (Segnandosi) Gesu, Gesu!

Don Cola:            D’accoddu cu maritu!... e ccià facemu benediri!...

Marastella:         (Abbozzando) Basta, è toi e ni poi fari chiddu chi voi… Sulamenti… non ci pinzasti chi essennu di facci o Casinu i cumpagnia, ci saravi u tagghiu e cuci, da matina a finu a sira?...

Don Cola:            Di mia non hannu nenti di cuciri e scuciri, tantu pi sapillu?

SCENA QUINTA

Michelino:           (Rientrando dalla comune) Ziu, tunnau u facchinu di l’abbeggu.

Don Cola:            E chi voli?... Fallu trasiri!

Michelino:           Trasi, Oraziu.

Facchino:             (Entrando) Baciu li mani a vossia.

Don Cola:            C’è cosa?...

Facchino:             Dici a signurina, o vossia va ddà o idda veni ccà, picchì sula, dici, si siddia…

Marastella:         (Furente, investendo il facchino, che indietreggia) Veni idda ccà?... Veni idda ccà?... Unni, nta sta casa?... Sta signura veni ccà?... (Minacciosa)  Si s’arrisica sulu d’avvicinari l’umbra nta sta casa, ci fazzu n’accoglienza, bbona!... Viditi vui, chi facci i battituri i putticatu!... Ccà, non ci veni nuddu, ccà!...

Don Cola:            (Seccato, battendo il frustino sul paletot) Bonu, bonu, cammati, cammati… chi non veni nuddu!... (Al facchino) Dirai alla signora che fra non guarì sarò costì… (Tutti lo guardano ammalocchiti, il facchino non si muove, allora precisa) Dicci chi staiu vinennu.

Facchino:             Si, ccillenza. (Saluta e va via, seguito da Michelino)

SCENA SESTA

Don Cola:            (Dopo breve silenzio e relativo via vai per la stanza) Ora, iò, sempri na cosa dicu; era megghiu chi muria?... A mia mi spaccaru!... Mi vutaru sutta supra… mi nisceru tutti i cosi i fora; ficutu, pummuni, budedda… e vuautri non vidistu nenti!... (Siede in mezzo alla stanza, mentre  Marastella e Don Lucino riprendono i loro posti accanto alle pareti della scena, li guarda, poi comincia a far segno a Marastella, indicandole la ferita enorme che gli han fatto alla pancia e, sotto lo sguardo attonito di lei e del cognato, rifà l’operazione della laparatomia, esagerando la fuoriuscita degli intestini, e poi il rimmetterli a posto, e il cucire della ferita, e, prima, l’assonnata col clorofornio e tutto, nel modo più evidente raccapricciando e commovendo i conuigi. Finita la scena muta, si calca il cappello in testa ed esce, esclamando) Chi ni sapiti vuautri?... E ora lassatimi viviri a modu mei!...

SCENA SETTIMA

Marastella:         (Dopo breve silenzio) Vidisti?

Don Lucino:        Visti e sintia!

Marastella:         U vutaru sutta supra pidda veru! Di iancu a niru!...

Don Lucino:        E tuttu, pi cuppa di ddu medicu sceccu!... Si non ci sbagghiava a malatia, Cola non pattia e ristava chiddu chi era na vota!...

Marastella:         È pessu, è pessu!... Ora chista su mancia vivu!... Na fimmina cuntinintali!... Iddu chi è così entusiasta di stu continenti!... Ci fa fari chiddu chi voli!... È capaci chi sa marita, e saravi u coppu finali!... Picchistu non tunnava cchiù!... Sei misi, sei misi fora da casa!... Iddu chi non avia nisciuta mai…

Don Lucino:        E nta sei misi setti littri!... E tutti mi si fa mannari soddi!... Tu na sai tutta!... A spatti chiddi chi si puttau, e si ni puttau assai, si fici mannari, du nutaru, cchiù di ottumila liri.

Marastella:         Ottumila liri!... e nuatri non sapiumu nenti, comu tanti obbi!... nni l’aviumu immagginari!...

Don Lucino:        Ni l’aviumu immagginari!... Sai chiddu chi s’avia fari? Chi dopu c’aviunu passatu vinti ionna, pattia iò e annava a pigghiallu, appena guaritu.

Marastella:         Sulu u Sugnuri u sapi, chiddu c’avirivi cumminatu macari tu!... Tantu rittu mancu tu si!... Ti canusciu, beddu nei!... Non ti scuddari u fattu da ballerina i Catania!...

Don Lucino:        Matri!... Un peccatu i gioventù, senza conseguenzi, e ancora ci penzi!...

Marastella:         Senza cunseguenzi picchì ci sugnu iò chi non mi fazzu mettiri a musca supra du nasu!... Tu scuddasti? (Fa il segno di busse) A ballerina non scuddau sicuru!... Cafuddai tumpulatuni, chi bastaru pi tutti di dui!...

Don Lucino:        Senti, Marastella, t’avvisu, non ti fari scappari u fattu da ballerina davanti e to figghi, ma s’annunca… fazzu u pacciu… e di unni vegnu vegnu du mulinu… mi capisti?

SCENA OTTAVA

Clementina:        (Rientrando dalla sinistra) Papà, è veru chi u ziu si nni va a stari nta n’autra casa?

Marastella:         Cu tu dissi?

Clementina:        (Mentre Michelino rientra dalla comune) Michilinu.

Michelino:           Eh!... bucca di vasu!...

Don Lucino:        E a tia cu tu dissi?...

Michelino:           U zu Cola, mentri niscia: Speru, dissi, chi tu mi veni a truvari, a casa nova…

Marastella:         Non t’arrisicari, picciriddu!... (Lo minaccia e l’insegue)

Don Lucino:        Un momentu, non t’arrisicari finu a un cettu puntu. Non pretenderai, spero, che si perda il contatto con tuo fratello.

Marastella:         Quannu ni voli avvidiri veni ccà iddu!...

Don Lucino:        E si non ci veni?... E si puru veniria, cettamenti non ti veni a cuntari chiddu chi fa nta so casa ca signura.

Michelino:           Giustu dici u papà!... Inveci annannucci iò…

Marastella:         Annannucii tu, sceccu babbu, chi fai?... Clementina vatinni dda patti, macciamu…

Don Lucino:        E lassila stari!... Avi raggiuni to frati!... Chi ci mucci u sulu cu scula pasta?

Marastella:         Ma chi si pacciu?... Ma comu stai parrannu?...

Don Lucino:        Parru comu mi fai parrari tu!... Mancu si sariumu nto monasteru!... E finiscila!... Scattriscila!...

Marastella:         (Furibonda) A, fici scola, to cugnatu!... Macari tu voi nzignari i to figghi alla continentali?...

Don Lucino:        Ma no, chiddu chi è giustu è giustu! Ma Santu Diu, fai ccupari a tutti!... Na picca d’aria cuntinintali, in casa nostra, non guasta, credi!...

Michelino:           Raggiuni avi u papà!...

Marastella:         (Minacciando il figlio) Sentu aria di bastunati,ccà intra!...

Don Lucino:        Ma lassulu stari!... Veni ccà tu: a vdisti sta signura?... Com’è?

Michelino:           (Dopo aver guardato la madre, quasi di nascosto, piano) Magnifica paà. (Riguarda la madre) Pari na cassata!...

Marastella:         (Dandogli un ceffone e rifacendolo) Magnifica papà!... Pari na cassata!... Cu t’inzignau st’espressioni?... (A Clementina) E tu vatinni, non ci dari cuntu a to patri! Non vogghiu chi senti sti descrizioni!...

Clementina:        Chi c’è di mali?

Marastella:         Tuttu u mali possibbile e immaginabbili!...

Clementina:        (Riandandosene) Matri chi camuria!... Sempri, vatinni, vatinni, non pozzu sentiri mai nenti, comu si saria na picciridda!...

Marastella:         Peggiu!...

Clementina:        (Uscendo) A mà, si esagerata, e iò sugnu stufa, stufissima!...

Marastella:         (Sconcertata, rivolta al marito, rifacendone il verso) Scattriscila!... U stai vidennu?... Quannu mai, mi rispunniu così?

Don Lucino:        (A Michelino) Chi età po aviri?

Michelino:           Vinticincu, vintisei anni!...

Marastella:         Bedda matri, ma na figghiuledda è!...

Don Lucino:        Ma chi si l’avia puttari vecchia?... (Al figlio) E com’era vistuta?

Michelino:           Avia un abbutu cu na caiella chi ci sbattia di ccà e di ddà (Si batte i fianchi) e na cammicietta di velu biancu, scullata finu a ccà. (Fa il segno fin quasi alla vita)

Don Lucino:        Finu a unni?

Michelino:           (Ripetendo il gesto) Finu a ccà.

Don Lucino:        Ma allura non l’avia a cammicietta!...

Michelino:           A vesti cutta, un cappeddu a bessagliera, scappini a du culuri, e cuasetti traforati, a spica, di ccà finu a ccà. (Fa il segno della caviglia fin su, su, molto su, sorridendo, con occhi che sfavillano di desiredrio)

Marastella:         (Che l’ha seguito a bocca aperta, segnandosi e risegnadosi) Signuri, mei sugnu motta! Chistu a pittau e a spugghiau cu l’occhi!... Ma comu facistia vidir tutti sti cosi?

Michelino:           A visti scinniri da carrozza…

Marastella:         E nent’autru?

Michelino:           Poi a visti annari a lucanna…

Marastella:         E poi?

Michelino:           Poi s’affacciau o baccuni…

Don Lucino:        E iddu era ddà sutta…A visti bbona, u criaturi!...

Marastella:         Sugnu meravigghiata, figghiu mei!... Chi occhi chi hai e chi memoria?...

Don Lucino:        cara Marastella, io mi radico sempre più nell’opinione che non bisogna perderne il contatto.

Marastella:         Di cui?

Don Lucino:        Di to frati.

Marastella:         E comu u voi conservare, stu contattu?

Don Lucino:        È semplicissimu. Tu signora per bene, è logico che in casa di tuo fratello non ci poi mettiri peti, ed io sono il primo a proibirtelo.

Marastella:         Cui iò? Iò non ci vaiu, anzi mancu ci penzu, poi stari cettu.

Don Lucino:        benissimo!... iò, inveci, ci pozzu annari.

Marastella:         Unni?

Don Lucino:        A casa i to frati!

Marastella:         Cu chidda ddà intra?

Don Lucino:        E chi cci mpizzu?... Io, sugnu omu!...

Michelino:           E macari iò, chi ci mpizzamu?...

Marastella:         E già,… chi cci mpizzati?... (Inviperita, tremenda, convulsa) Senti, tu dicu davanti a to fighhiu, si menza mai Diu t’arrisichi a fari na cosa di chista, vegnu finu a ddà, e ti dugnu tanti di ddi puzzicuna, cauci, moffi, ti caddu comu na iatta sebbaggia, ti usciu comu un palluni, chi to cumpari u fammacista c’ava stari tri ionna mi ti risistema! (Al figlio) E tu, picciriddu, non giucari cu to matri, chi è megghiu pi tia. (Battendo una sedia sul piancito) Vi fazzu vidiri cosi di pacci, parola d’onori. (Al marito) Ricodditi u fattu da ballerina di Catania! (Lucino guarda il figlio, quindi irato guarda la moglie, ella va via, infuriata e spaventata, per la sinistra)

SCENA NONA

Don Lucino:        (Resta come stordito, poi volge lo sguardo verso Michelino, che era scappato per la comune e ritorna)

Michelino:           (Con aria melensa) Papà… papà… chi è stu fattu da ballerina i Catania?

Don Lucino:        (Come punto, salta su dalla sedia e lo insegue, minaccioso poi, prendendo una sedia) A vidi sta seggia, bauseddu?... Dumannini n’autra vota u fattu da ballerina i Catania e ta rumpu nta testa!... Bastasazzu e maleducatu!... (Lo lascia presso l’uscio di sinistra, uscendo per la comune)

Michelino:           (Rimasto solo, si avanza nel mezzo della scena, siede e poi osserva, a voce alta) No, ora iò vaiu unni u ziu… m’invitau, e iò ci vaiu!... Dumani matina, vaiu!... Dumani?... No ci vaiu ora stissu!... (Va affrettatamente verso  la comune)

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

Il Salone del casino di Compagnia, al pianterreno. Comune a destra, alcova in fondo, con due usci laterali e uscio a sinistra. Dentro l’alcova altarino per la novena di Natale (cona), messo con tutte le note caratteristiche e cioè: grappoli d’arance tra rami di cipresso, ostie colorate, cotone sfioccato ect. Sotto la comune servizio in vimini, composto di un canapè e quattro poltrone, tavolinetto e sedie. Dal lato opposto tavolini da gioco e nel mezzo del salone tavolo da lettura, con su giornali e riviste. Alle pareti quadri e una carta geografica d’Europa, nonché una delle tre Venezie. Al levar della tela, Don Lucino, Don Liborio, Don Filadelfio, nel primo tavolo da gioco, fanno il terziglio. Michelino fa finta di interessarsi al gioco, ma il suo pensiero è altrove; Deriu sfoglia giornali presso il tavolo di centro, Sasà e Cecè sono presso Don Cola, il quale, sdraiato sul canapè, si annoia…

SCENA PRIMA

Don Liborio:       (Rimescolando nervosamente il mazzo) Chistu non è trissetti, è schezzu!... Quannu mi capita un cumpagnu sceccu, mi nchiana a frevi e u friddu!... Saria megghiu chi mi n’annassi sulu tutti i voti, si haiu o non haiu giocu! (A Filadelfio) Isati.

Sasà:                                     Sta sintennu vossia? Ma quantu si nni dicunu, Don Cola!

Don Cola:                            (Con sorriso di commiserazione) Povera gente!... Sfido!... Tutta a so vita è cuncintrata ddocu!... Non hanno viaggiato, non hanno vissuto…

Don Liborio: (Dividendo le carte) Quannu unu non sapi giucari, o non avi a testa o giocu, non si

 setta, e non nfilicita u cumpagnu!...

Don Lucino: (Ironico) Ma vui, caru Don Libboriu, picchì non vi iammati un tavulu di trissetti

scientificu!...

Don Cola:                            (C.s.) Già… Ccà i scenziati fetunu!...

Sasà:                                     Sdurrupunu macari i cantuneri, Don Cola!...

Don Cola:                            E mu dici a mia?...

Don Liborio:                      Fozza, ora chi siti i manu, speriamu a Diu chi giucati bbonu!

Don Lucino:                        (Smistando le carte che ha in mano) Ou, si venunu!...

Don Cola:                            Chisti, u vidi, a cumunciari i me cugnatu, sunnu besti di cunseguenza!...

Don Filadelfio: Allura, chi faciti?

Don Lucino:        (Guardando in cagnesco Don Liborio) Passu!

Don Filadelfio: Bbonu, allura chiamu iò.

Don Liborio:                      A mala sotti, n’autra vota cumpagnu i Faru sugnu?... (Posa le carte)

Don Cola:                            Lucinu, a chiddu chi vidu, mancu pi cumpagnia i prucissioni ti vonnu!... Ti facisti na nomina di bestia!...

Don Lucino:                        Lassili parrari!... Mencu mali chi è l’ultima manu!... Fozza isati sti catti triulusu!... (A Filadelfio) Chi chiamati vui?

Don Filadelfio: Bastuni.

Don Lucino:                        Allu cca!... (Gli butta la carta)

Don Liborio:                      (Irritato) E comu?... Aviti un tri e passati?

Don Lucino:                        E sia haiu sulu chistu e na maniata i lisci!...

Michelino:                           Papà, iò fazzu un sautu a casa du zu Cola e tonnu…

Don Lucino:                        Aspetta, fammi finiri sta pattita, chi ta mannari a n’autra patti.

Michelino:                           (Contrariato) Unni?

Don Cola:                            Veni ccà, Michilinu. (Gli fa cenno, col giornale che ha in mano, di accostarsi. Michelino gli si accosta)

Don Lucino:                        Un momentu, com’è a giucata?

Don Liborio:                      Ma si mentri unu gioca ava pinzari a tri mila cosi!... (Aggiustando le carte giocate sul tavolo, ognuno con la sua) Così è. E stati attentu chi cappottu ni fa, iò non haiu nenti!... (Per maggior verità l’autore desidera che la partita continui, giocata a regola)

Don Cola:                            (A Michelino) Chi avivi a fari a me casa?... Dimmillu a mia.

Michelino:                           Avia puttari cetti notizzi a signura Milla.

Don Cola:                            Di che generi?

Michelino:                           Da decisioni chi vonnu pigghiari nto Cicculu, pi non fari ntrasiri estrani.

Don Cola:                            E chi nni sai tu?...

Michelino:                           Comu no! A riunioni si fici a me casa!...

Don Cola:                            Quantu sentu…

Michelino:                           Pi no fari na cosa  chi smovi mummuriamentu, ci ficiru fari a dumanna di sociu o Tenenti.

Don Cola:                            Quali Tenenti?...

Michelino:                           Ah, tu no canusci!... Chiddu chi vinni tri misi fa quannu tu eri a Roma.

Don Cola:                            (Adombrato) Cumminaru tuttu stu macellu, pi non fari trasiri a Milla!... Imbecilli!... E iò ci fazzu fari a dumanna!...

Michelino:                           E non po essiri!... U statutu non ammetti soci fimmini… I fimmini ponnu ntrasiri, si, ma qualora sunnu mugghieri, o figghie, o sorelle nubbili di soci.

Don Cola:                            E ficiru tutta sta congiura pi non fari trasiri cchiu a Milla… E to patri è u capu, non è veru?...

Michelino:                           No, no!... I cchiù accaniti sunnu Don Libboriu…

Don Cola:                            Stu cretinu!...

Michelino:                           A mamma…

Don Cola:                            Me soru!... Me soru!... (Gualcendo il giornale, e poi strappandolo con violenza) Sangu contru sangu!...

Michelino:                           E a mugghieri i Don Filadelfiu…

Don Cola:                            I mugghieri!... Dui n’avi chistu, dui; matri e figghia!... Ma si chisti mi pigghiunu i punta e mi fannu girari i vini di pusa, iò ma maritu e la faccio entrare come socia imperativa!... Signuri mei, chi genti!... Menu mali chi tu crisci i n’autra manera!... Ti vogghiu dari n’educazioni modenna!... E si i to parenti non sunnu cuntenti, ti nni veni cu mia!...

Michelino:                           Macari Diu!... Ci vaiu a casa ziu?

Don Cola:                            No!... Pi camora non ci vogghiu fari sapiri nenti, a Milla, capisti?... Assettiti ddocu. (Si accosta e va verso il tavolo da gioco seguendo la partita con la solita aria di commiserazione)

Sasà:                                     (Sedendo accanto a Michelino e battendogli una mano sulla gamba) E chi voi, si nto meli!...

Cecè:                                     (Sedendogli dall’altro lato) Si noto gileppu!...

Michelino:                           Ma chi vuliti?

Sasà:                                     (Piano, insinuante) Simpaticuna è sta… zia!... E dicunu chi u niputi ci piaci cchiù du ziu!... Veru è?

Michelino:                           Iò non haiu nudda zia…

Cecè:                                     Avaia, non fari l’omu!... Ma si si nn’accuggeru macari i mura.

Michelino:                           (Alzandosi seccato) Ma vatinni scemu i guerra!... (Si reca presso il tavolo da gioco, per evitare il discorso)

Derio:                                   (Butta in aria, furibondo, il giornale che leggeva ed urla) Gesu, Gesu, chi cosi!... Signuri mei, non c’è i cridiri!... (Riprende il giornale, aperto) E cu sunnu sti popoli balcanici?... Sti bulgari, sti greci, cu sunnu?...

Don Cola:                            (Che è saltato in aria dallo spavento) Oh, malanova chi mmi hai, aviri tossucu e vilenu, chi ti pigghiau?... (Volta le spalle ai giocatori)

Don Liborio:                      (Da un pugno sul tavolo e si alza) Benissimu!... (Getta le carte in aria)

Don Cola:                            (Saltando, c.s.m una seconda volta) Ou, ma c’aviti? Animali sebbaggi!

Don Liborio:                      Calau!... Signori mei, calau!... Cappottu!... (Mentre Don Lucino ride) A ddocu ccà ci sunnu quattru liri… Vota e gira, all’uttumu, l’unicu chi peddi, cu è?... Iò!... Iò chi ci putria dari lezzioni itrissetti a tutti di dui!... (Va a sedersi sulla destra, accanto al canapè)

Don Filadelfio: (Resta al tavolo da gioco, raccoglie le carte e inizia un solitario)

Don Lucino:                        Ma docu chi si leva u re quattu, Cola, diccillu tu!... (Ride)

Don Cola:                            Caru Don Libboriu, pi sta vota avi raggiuni me cugnatu!... Il re solo non si lascia mai!... Andate a Roma, andate a Roma, e vedrete!...

Don Liborio:                      Iò, caru Don Cola, vi dugnu lezzioni macari a vui a trissetti!... (continuando la conversazione presso il canapè)

Don Lucino:                        (Traendo in disparte il figlio, piano) Vadda chi fai, fai un sautu a chiesa, e ci dici a to matri chi si voli avvidiri a Cola mi veni ccà, chi non c’è megghiu occasioni. (Michelino va, Don Lucino siede anch’esso presso il gruppo di destra)

SCENA SECONDA

                              

Cameriere:          (Entra dalla comune, si avvicina a Don Cola, ch’è in piedi presso il tavolo di lettura, e gli dice) A signurina dissi: chi vossia ma spetta ccà, chi ora veni… (Controscena di Don Lucino, Don Liborio e Don Filadelfio) Ma intantu, dici, chi fici, vossia, cu… passaggiu?...

Don Cola:            Quali passaggiu?

Cameriere:          Chi nni sacciu, mi dissi così!... U passaggiu… Chiddu chi si fa ogni dopu pranzu…

Don Cola:            Ah!... (Sorride e gli batte un buffetto sulla guancia) Vai a Roma, cretino, e impara a parrari!... Il massaggio!...

Sasà:                     Comu?...

Don Cola:            Fregagioni, va… stricamenti…

Sasà:                     Ah!... Vossia, Don Cola, massaggi fa?...

Don Cola:            Tutti i pomeriggi, levandomi dal pisolino…

Don Liborio:       (Maligno) E cu è chi vi fa, a vostra signura?...

Don Cola:            Si, è una buona massosa…

Don Liborio:       (Con un sorrisetto) Ah, chistu è cettu!...

Don Cola:            (Al Cameriere) Dirai che oggi mi esimo!... (Il Cameriere va)

Don Liborio:       Chi dicistu? Mi esimo?... (Sorride c.s. e provoca i sorrisi degli altri)

Don Cola:            Sicuro: mi dispenso, ecco… (Notando i sorrisi) Chi vuliti diri, con questo tono ironico?...

Don Liborio:       Iò?... Nenti!…Vogghiu diri, chi faciti tuttu all’usu cuntinintali, massaggi, parrata…

Don Cola:            E mi nni vantu!... Viva la faccia del continente, unni c’è genti evoluta, genti di spiritu, e no cetti cretini chiusi i testa dall’ignoranza e dai pregiudizi, comu ccà!... Unni si po fari il comodaccio suo…, cioè, mio… anzi proprio, senza dari cunti a nuddu, senza complotti ridiculi, senza pettegolezzi e senza sorrisi ironici, comu chiddi chi stati facennu tutti, compresu st’animali i gebbia i me cugnatu!...

Don Lucino:        Nui complotti non ni stamu facennu!...

Don Cola:            Non lo so, ma i sorrisi ironici vi visti fari iò… (Passeggia, poi) E riditi i mia?!... Mi cumpatiti?... Povira genti!... Mi fate pietà!... (Scandendo) Mi facitipi e ta te!... Ma chi campati a fari?... Ma picchì non vi sparati?... Si non aviti pistola, vi prstu iò!... A suicidatibbi in massa!... Rifriscati e faciti rifriscari un paisi sanu!...

Don Filadelfio: E poi quannu resti sulu, chi fai?...

Don Cola:            Piangerò sulle vostre tombe!... Sempri megghiu chi cianciri supra a vostra imbecillitudini!...

Sasà:                     Pi diri a verità, Don Cola, non po ristari sulu, picchì a cumpagnia sa puttau i fora.

Don Cola:            Persona progredita!... Che sa vivere!... Persona fine!...

Don Liborio:       Ma caru Don Cola, dal momento chi ccà semu tutti bestia, e ddà supra ci sunnu genti di progressu e di spiritu, mu spiegati picchì tunnastu ccà e non vi stastu dda supra?...

Don Cola:            Eh!... Mio caro!... (Spiegazza un altro giornale) Mio caro!... Mi avete toccato nel tallo d’Achille!... Nel punto debole… nella piaga!… Picchì l’affari mei e i me interessi sunnu ccà… ma sinnò di ccà non ci passava cchiù, mancu cu direttissimu… Si direttissimu!... A carozza, comu e tempi di Noè!... Si ca viditi un direttissimu vi ittati ca facci nterra, picchì a trova chi vi pari, spiritu fossi!... (Al cognato, che tentenna il capo guardandolo con occhio di rimprovero) Picchì t’annachi comu na scimmia e mi vaddi comu nu lampatu, tu?...

Don Lucino:        Iò?... Mi dispiaci chi nto cuntinenti non ci pozzu annari puru iò!...

Don Cola:            E vacci!... Fai catti fausi, ma vacci!... Tornerai cchiù incivilito!... (A tutti) Viditi, pi vuatri ci vulia na nzitata!... Cettu, un innesto. Metà i vui avriunu annari in cuntinenti, a fari un corso di civiltà… dicemu pi na decina d’anni, e altrittanti cuntinintali avriunu a veniri ccà, o vostru postu!... V’assicuru chi stu paisi diventiria un paradisu!...

Don Liborio:       Giustu, iò sugnu d’accoddu pi stu scanciu d’abbitanti, di na patti a n’autra, ma ccà avriunu a veniri sulu fimmini!...

Tutti:                     Benissimo!... Approvatu!... Fimmini, fimmini!...

Don Cola:            (Ride, osservandoli e commiserandoli) Già!... E quannu sti fimmini veniriunu ccà, pi disgrazzia d’iddi, troviriunu a vuatri, (Ironico) tutti istruiti, eleganti, galanti, spiritusi… (Duro) Voi le accogliereste ca scuzzitta nta testa e u menzu sicarru nta bucca o fossi a pipa… e chiddi si namuririunu a tappu ma sulu si sunnu obbi!... (Ride, ride) Senza cuntari chi i chiudiriu intra, a chiavi, e ci mettiriu macari i catinazza nte baccuni, pi non falli affacciari!...

Don Filadelfio: Chisti su esaggirazioni!...

Don Cola:            Ah, vadda cu parra!... Chiddu cu fa cu so mugghieri (Calcando) e cu so soggira!... (Grande risata)

Don Filadelfio: (Seccato) Si ora ora, discisti chi ognunu po fari i comodacci propri, senza mi ci

dugna cuntu all’autri, senza mi l’autri s’intricunu!... Allura non è veru chi pensi all’usu cuntinintali!...

Don Cola:            Un momentu, cretinu, distinguemu!... Ognunu è patruni di fari i comodi soi, quando questo comodo non nuoce agli altri; ma si si procura disagiu ad altre persone e le infelicita, non è più comodo, è tirannia, è savvagitudini!... (Scandendo) Sav va gi tu di ni!... (Con foga) Lasciatele libere, le donne, per Dio, fatele respirare, emancipatele dalla schiavitù!... Vi rispetteranno di più, per sentimento spontaneo del proprio dovere!...

Don Liborio:       E si pi sentimentu spontaniu, inveci, vi mettunu (Fa il segno delle corna) …in ridiculu, chi faciti?...

Don Cola:            Non vi mettunu!...

Don Filadelfio: Ma livativi!

Don Cola:            Non vi mettunu!...

Don Liborio:       Ma si vi mettunu?...

Don Cola:            Non vi mettunu, vi dicu!... La donna non coattata è più fedele di chidda chi si teni sutta chiavi, intra na scaffarata di cristallu!... Questo è provato anche nel Mille e una notte!... A fimmina, pi fottificassi, ava stari sempri in menzu e tentazioni e o periculu e deve imparare a vincerli o a fuggirli…

Don Liborio:       (Ironico) E si chista, tra tentazioni i ccà e periculi i ddà, ci sta un beddu mossu mi si nzigna, ni ritruvamu cu na mugghieri libbira, emanciapata, e cu cchiù conna d’un panaru i stuppateddi, caru Don Cola!...

Tutti:                     (Ridendo) Cettu!... Conna, conna!...

Don Cola:            Vi cumpatisciu!... Gente retrograda!... Che non ha viaggiato!... Chi vuliti i cchiu?

Don Filadelfio: Tutti chisti sunnu belli paroli, caru Cola, ma poi, all’attu praticu, cuminciannu i

tia…

Don Cola:            Di mia?... E chi ci proibbia fossi, alla mia Milla, di trasiri e nesciri a piaciri soi libbira comu l’aria?... Di fari chiddu chi voli?... Pi mia po annari puru nto menzu d’un reggimentu di suddati!... Si po fari corteggiare…

Derio:                   Bonu, Don Cola, non dicemu fissarii, pi l’amuriu di Diu!...

Don Cola:            Si, si, sceccu!... Patrunissima!... Ma chi vuliti diri genti antidiluviana?... Pi essiri corteggiata , una donn, deve eseere simpatica, avvenente, leggiadra, spiritosa, sciolta… e quindi tantu megghiu pi cu a pussedi. Si dici: beato lui, uomo di gusto, uomo fortunato!...

Derio:                   Pozzu essiri patruni mi non ci cridu?...

Don Cola:            Tu si patruni macari mi ti spari!... È chi non ti spari!... iò, cari miei, haiu un sulu dispiaciri; chi ccà, in menzu a vuatri scecchi e zauddi, non c’è nuddu capaci mi ci fa un mossu di cutti. (Accennando a uno a uno i presenti) Chiddu cu solitariu, d’autru, chi ci poi parrari di nzitari ficatigna, zappari, pasculari animali i gebbia comu a iddu, st’autru chi Balcani e Greci, chi fa sautari i iaddini d’intrasattu, sta bestia cu giummu di me cugnatu, cu dda pipa, chi mazza muschitti megghiu du fritti… e sti dui, ccà (Cecè e Sasà), chi sunnu na picca cchiù civili, non fannu autru chi sparrari da genti da matina a sira, e non penzunu a autru… Eccetira, eccetira. Allura?... Non valiti mancu un chiovu, tutti assiemi; chi cutti ci putiti fari a na fimmina intellettuali?... (Li guarda, li vede sorridere e far segni d’intelligenza un’altra volta e si punge) Ora iò un sulu auguriu vi pozzu fari, per il bene vostro e du paisi; chi vi veni l’appendiciti, pattiti tutti pi Roma, vi spaccunu, vi levunu u sabbaggiu d’intra e tunnati civilizzati!...

SCENA TERZA

 

Tenente:               (Entra dalla comune, disinvolto, si mette sull’attenti e saluta tutti) Signori!... (Si avanza verso il gruppo)

Derio:                   Oh, tenente, ben tornato.

Tenente:               (Stringe la mano a tutti e si ferma davanti a Don Cola, cui fa un inchino)

Don Lucino:        (Subito presentando) Signor Tenente, questo è mio cognato che viene da fuori.

Don Cola:            Nicola Duscio. (Gli porge la mano)

Tenente:               Tenente Galieno Galletti, ai suoi ordini. (Stringe la mano)

Derio:                   A ddocu, Don Cola, u tenenti è cuntinintali comu a vui, vi putiti sfugari u cori!...

Tenente:               Continentale, il signore?...

Sasà:                     (Mentre Don Cola sorride e vuole spiegare) Non propriamente, ma comu si saria.

Tenente:               Dimora in continente?

Don Cola:            Disgraziatamente no.

Tenente:               Vi ha dimorato molto?...

Don Liborio:       Sei mesi!... Ma tunnau cuntinintali tunnu!...

Derio:                    Ah, peffettu, signò tenenti!...

Don Cola:            Senza mi ci faciti a ripassata, sono continentale nell’anima.

Tenente:               Insomma, per modo di dire!...

Don Cola:            (Piccato, a proposito) Allura lei è menzu lariu!...

Tenente:               Che significa, scusi?...

Don Cola:            Per modo di dire e per modo di fare. Sono continentale di spirito, di mentalità, di adozione, ha capito?... E la prego di non confondermi cu st’animali i boscu. Mi stacchi, mi stacchi!...

Tenente:               Ci si è trovato bene, lassù?...

Don Cola:            Viva la faccia!... Come dicono a Roma!... Altra vita, altri costumi, altra civiltà!... E lei, di che gente è?... Gente bassa, immagino…

Tenente:               Che dice?...

Don Cola:            Dico, lei è del continente, ma non nordico, sarà della bassa Italia, si sente dalla gorga…

Tenente:               (Sorridendo, per gli sfondoni di Don Cola) Ah, sono basilisco… di Potenza.

Don Cola:            E che ci venne a fare, qua?

Tenente:               Comando il distaccamento.

Don Cola:            Qua?... Ma che idea!... Lo stacchi, lo stacchi, ascolti il mio consiglio, e vada a d attaccarlo a Roma!... Qui si muore di ipocondria!...

Tenente:               A dirle il vero io mi ci trovo benissimo. Ho trovato tutta gente ospitale e piena di cuore…

Don Cola:            Ah, pi sta cosu, cu furisteri, ni cumputtamu tutti bboni. Anzi!... quannu semi ntra nuautri chi ni mazzamu comu i cani!... Ma il forestiero, qua, sta come il verme nel formaggio!... Basta, chi non vadda fimmini, ma sannunca sparunu macari e muschi chi volunu!...  Genti sebbaggia comu i nnimali… Lei non capisce!... Gente retrograda, caro signor Galletti. Qua ci vorrebbe il rasoio, pelo e contropelo!... A vedere come si tratta in continente!... Gente chi non s’intrica i nenti, che non guarda se lei è ammogliato o è morganatico, che non s’interessa se lei veste così o colì, se porta le scarpe di coppale o di vacchetta… Ognuno tira diritto per la sua strada, con la fronte alta e l’occhio rivolto al cielo, in alto, in aria, sempre in alto!... A lei ci cadi u pottafogghiu cu milli liri?... Po’ stari ddà cent’anni, nuddu u vidi!... Inveci ccà, si ci cadi un soddu, chistu non avi tempu i tuccari nterra chi già scumpariu… E poi, che gente educata, cordiale, gentile, che si trova là!... Come tratta bene, come accoglie l’individuo…

Tenente:               Ha fatto molte amicizie?...

Don Cola:            Uh!... Incredibile!... Non conoscevo soltanto chi non volevo conoscere!... Mi dovetti fare stampare più di seicento carte da visita… Uno conosce una persona, così, accademicamente, in un restaurant, in un caffè, a teatro, in un campo di corse?... L’indomani, o vuole o non vuole, ci presenta la famiglia. Tutti, sa!... Uomini e donne!... Anche le cameriere!... E poi lo invitani a preanzo, a cena, a fare le scampagnate!... Senza gelosie!... Lei ci corteggia le donne, e ci fa piacere, anzi è obbligo, il corteggiarle!... Lo faccia qui!... Lo faccia qui!... Ca prima scupittata ci fannu scoppulari a testa, e lei, tuttu nta na vota cecca a testa e na trova!... Ma dicu, lei cca i fimmini unni i vidi?...

Don Liborio:       Vabbeni, ma ora c’è a so signura…

Tenente:               Ha sposato laggiù?...

Don Liborio:       No, ma comu si fussi!...

Don Cola:            (Portandoselo in disparte, piano) Convivo!...

Tenente:               Come?...

Don Cola:            (C.s.) Ho fatto menaggio… Con una distintissima signora romagnola, che le farò conoscere…

Don Liborio:       E che lei può corteggiare, perché Don Cola permette.

Tenente:               Oh, non mi spingerò a tanto!...

Don Cola:            (Ostentatamente) No, si spingesse… si spinga!... Altrimenti mi obbliga a spingerlo io!... Ci voglio dare una lezione di saper vivere a st’animali di gebbia.

Tenente:               (Notando l’altarino) Oh, guarda!... Hanno fatto anche qui l’altarino per la novena!

Don Lucino:        La cona, caro tenente. Si fa ogni anno. Vengono le famiglie dei soci, a cantare la litania, viene lo zampognaro… Sa, costumanze di piccoli paesi.

Tenente:               Ah, interessante!... Patriarcale!...

Don Cola:            E ccà, luvannicci i patriacchi!... Lo sa, lei, chi sunnu i patriacchi?...

Tenente:               Son dei prelati!

Don Cola:            Comu?

Tenente:               Dei preti!

Don Cola:            (Piano, agli altri) Ma comu u ficiru tenenti, a chistu!... (Al Tenente) Ma che preti, no, veda, sono limoni dolci che nascono dall’innesto tra il Portogallo…

Sasà:                     E la Spagna.

Don Cola:            E u cretinu chi si!... Tra il portogallo e il limone… Limoncelli, via, i cosiddetti limoncelli!...

Tenente:               Ah, ho capito!... Curioso!...

SCENA QUARTA

 Milla:                   (Entra, disinvolta, dalla comune, e si avanza verso il gruppo. Essa veste un grazioso abito da passeggio, con un cappello di paglia e feltro, rigido, a larghissime tese. Molti la salutano con un gesto del capo, qualcuno si scosta dal gruppo, per non salutarla. Essa risponde ai saluti tendendo la mano a Don Cola) Eccomi qua.

Don Cola:            (Si inchina, tenendole la mano, poi gliela bacia con esagerata galenteria, indi le fa fare un giro per metterla di fronte al tenente) Il Tenente Galieno Galletti.

Cecè:                     Suo compatriotto.

Don Cola:            La mia signora, Milla Milord, romagnola…

Tenente:               (Dopo aver baciato la mano che Milla gli mette sotto il naso per ostentare gli anelli) No, signor Cecè, ho detto che sono basilisco.

Cecè:                     E chi ci fa? La Basilica non è in continenti?...

Sasà:                     Si, e a Basilicata è sutta l’attari maggiuri!...

Don Cola:            Ma quantu è bestia stu figghiolu!... Lo compatisca!...

Cecè:                     Vulia diri a Basilicata… m’impiccicau a lingua!...

Don Cola:            Vidi chi non t’impiccicau a lingua, ma a cuda… sceccu!

Milla:                    Ma no, Cola, non lo strapazzare tanto, povero Cecè! (Tirando per la mano il giovanotto) Venite qua, sedete vicino a me. (Siedono sul canapè)

Sasà:                     Posso sederle accanto io pure?...

Milla:                    Si, se non avete ancora detto male di me. (Gli fa posto)

Don Cola:            (Al Tenente) Vede com’è sciolta!... Che scilinguagniolo, che grazia?... Altro che le marmotte di qua!...

Sasà:                     Di lei, comu si po parrari mali?…

Milla:                    Non mi avete ancora baciato la mano!

Sasà:                     (Confuso, prendendole la mano) Si Don Cola pemmetti…

Milla:                    (Ridendo) Oh, guarda Cola!... Non hai udito?...

Don Cola:            Chi fu?...

Milla:                    Attende il tuo permesso per baciarmi la mano!...

Don Cola:            (Ridendo sgangheratamente, ostentatamente, esageratamente e buttandosi addosso al tenente, come convulso) Oh, che cosa buffa!... Ma guarda un po’!... Mi domanda il permesso di baciare la ma… Uhu!... Che ridicolo!... Signor Tenente, ha capito?... il permes… Bacia, bacia, cretino!...

Cecè:                     Allura iò macari!... (Prende l’altra mano di Milla e, uno d’un lato , uno dall’altro, baciano lungamente, a più riprese)

Don Cola:            (Finendo, alfine, di ridere e notandoli, al Tenente) Ecco, vede come sono?... O fotti chi pattunu!... Ora s’attaccaru comu i francubbulli!... (Va presso il gruppo, tura con le mani il naso dei due giovanotti e volta loro la testa) Se non si ci gira il rubinetto non la finiscono più!...

Tenente:               (Spiando la comune, come in attesa di qualcuno, si riaccosta al gruppo) Si trova bene, lei, qui, signora?...

Milla:                    Oh, benissimo! Per me, veda, è una villeggiatura, della quale avevo tanto bisogno, perché l’arte m’aveva un po’ sciupata… La facevo con molta passione!...

Tenente:               Ah, lei è artista?

Don Cola:            Lirica!... Chi voli diri!... Cantava l’Ernani, il Mefistofele, l’Otello, la Morte Civile… è veru Milla?...

Tenente:               Ah, mi congratulo!... Ora capisco; per lei è un riposo…

Milla:                    Ah, si, un dolce riposo!... Poi Cola è tanto buono!... Se sapesse com’è gentile, premuroso, caro… indulgente! (Stende la mano fino a lui e lo carezza)

Don Cola:            Bontà tua!

Milla:                    (Continuando) Non immaginavo, creda, di trovare in un siciliano un tipo così mite… di così facile adattamento ai nostri usi… un po’ spregiudicati, se vogliamo… Ma spregiudicati nel senso buono della parola, intendiamoci!... Non è vero, Nicolino?

Tutti:                     (Udendo chiamarlo Nicolino, ridono sotto sotto)

Don Cola:            (Facendo finta di non accorgersene) Ah, noi ci siamo capiti subito, con Milla… È vero?...

Milla:                    Sicuro, lo stesso temperamento, la stessa reciproca fiducia!... (Con affettata tenerezza, carezzandolo) Ah, è un uomo delizioso, il mio Nicolino!

Tutti:                     (C.s. qualcuno sbuffa, qualche altro alza il bavero del paletot, per non farsi notare)

Don Cola:            (Seccato, a Milla) Cola, Cola, chiamami, Cola!...

Milla:                    Perché?... È tanto caruccio, Nicolino!?...

Don Cola:            Si, ma è più adatto per un ragazzo, un piccolino; iò sugnu un omu ranni, oramai…

Milla:                    Ma non sei un gigante!... Sei minuto… fine…

Don Cola:            (Urtato della canzonatura di tutti) Del resto non credere, cara Milla, chi ccà era facili truvari un simili adattamentu…

Derio:                   Già, picchì non tutti fummu in continenti, comu a Don Cola!...

 

Don Cola:            Si, picchì s’anniriu, pigghiriu subbutu l’aria comu a mia?... Iò… sugnu l’eccezzioni chi cunfemma a regula!... Ci avevo la predisposizione!... Unu di vui va nto continenti ci sta pi deci anni, e tonna cchiù zzaurdu i prima!... Chi voli diri!.... Iò appena passai u strittu di Missina, dissi: Ci semu!... Pigghiai l’aria du continenti e mi sintia a me casa… senza scosse… non è che ho inteso scosse!... È vero, Milla?...

Milla:                    Difatti, anche per l’accento.

Sasà:                     Già, non si senti, chi è siciliano Don Cola!...

Derio:                   Quannu mai!... Unu chi no canusci, dici, chistu è Toscano.

Cecè:                     Allura, Cubanu!... Don Cola ha preso l’accento veneziano di Malamocco!...

Sasà:                     Comu è è, è cettu chi non si senti chi è sicilianu.

Don Cola:            Non è, chi non si senti… Un pocu, ma si senti… ma ddà supra, col contatto, haiu la facoltà di pigghiari subbutu la gorga. «Pe dindirindina, che fam li giochi?... Fermete lì, basta la mossa! Te possino acciaccatte!»

Don Lucino:        Cola.. Cola!... Veni ccà, senti, attriccatti!

Don Cola:            Acciaccatte, bestia, a-ccia-cca-tte!

Don Lucino:        Bbonu comu dici tu. (Lo trascina in disparte) A testa mi dici chi oggi succeddi un pasticciu cca intra.

Don Cola:            Picchì?

Don Lucino:        Picchì, fai cuntu chi unn’è chi spunta to soru cu Clementina e si trova a… signura cca intra…

Don Cola:            E chi ci fa?... Ah, vuautri vi mittistu nta testa chi Milla cca intra non c’ava mettiri pedi e stati facennu in modo di escluderla o di falla escludiri…

Don Lucino:        Nuatri?... To soru… U sai com’è Marastella!...

Don Cola:            Me soru non po’ cumannari a me volontà… E… tantu pi sapillu, Lucinu, ancora iò u testamentu non l’haiu fattu.

Don Lucino:        Chi c’entra stu discussu du testamentu ora?... Pi camora è necessariu chi me mugghieri e a signura non s’incontrunu cca intra, pi l’interessi i tutti…

Don Cola:            E chi pretenni chi mi nni vaiu iò cu Milla?...

Don Lucino:        No, chistu, no… Ma si po’ truvari na scusa qualunqui, pi falla passari i dda patti, a signura Milla, nta sala i bigliaddu.

Don Cola:            E trovila tu… iò di sti figuri ridiculi non ni vogghiu fari, cu na cuntinintali.

Don Lucino:        Ma iò… non haiu… cunfidenza, ca to signura… Non ci parrai mai.

Don Cola:            E parricci, bestia sebbaggia, parricci, chi non ti muzzica; metticci un pocu i cunfidenza e vedrai che femmina gentile ella è… Ma di chi ti scanti? Di peddiri a reputazioni di omu onestu e bonu patri di famigghia, parrannucci?...

Don Lucino:        Chi c’entra!... (Si accosta al gruppo di destra dove Milla civetta con Ceè e Sasà, ma di preferenza con quest’ultimo, che è acceso di lei, tutto in fiamme, e dice forte a tutti) Signori, cu sa voli fari na bedda pattita a bigliaddu?... Deriu chi dici giochi?...

Derio:                   Picchì no?

Don Lucino:        Lei, signor Tenente?...

Tenente:               Ma volentieri.

Don Lucino:        Cecè, tu?...

Cecè:                     Si gioca Sasà.

Don Lucino:        Sasà… Sasà… Sasà… (Agli altri ammiccando) U picciriddu, sballau tuttu, gioicedda!... (Più forte) Sasà!...

Sasà:                     Ah!... Chi voli Don Lucinu?...

Don Lucino:        T’ha fai na pattita o bigliaddu?

Sasà:                     Si, si, passati avanti chi iò ora vegnu.

Don Lucino:        (Vincendo la sua riluttanza) Signo,… a lei piace di veder giocare a bigliardo?...

Milla:                    Tanto!... Ma mi piacerebbe di più giocare, veramente…

Tenente:               Gioca, lei?...

Milla:                    E come!...

Tenente:               A boccetta?

Milla:                    No, gioco con la stecca, signore!... All’Italiana, a bazzica, a carambola, a carolina, alla goriziana…

Don Lucino:        Allura non c’è di megghiu!... Se vuole entrare nella partita…

Milla:                    (Si alza, giuliva, batte le mani, prende pel braccio Don Lucino, confuso, e, spingendolo verso la sala da bigliardo, a sinistra) Si, si, andiamo, andiamo!...

Don Lucino:        (Notando che Don Cola li segue) Unni vai Cola?...

Don Cola:            Dda patti! Picchì non pozzu giucari fossi?...

Don Lucino:        Ma… si ntrasi macari tu nto bigliaddu, ddà pissuna… vinennu, a cu trova?... A nuddu e si nni trasi ritta ritta ddà inta, e così succedi a frittata!... No, caru, tu devi restare qua, ad aspittarla.

Don Cola:            Santa pacenza!... (Prende un giornale)

Milla:                    Signor Tenente, venga!... Che sta a guardare, con gli occhi sull’ingresso?... Attende qualcuno?...

Tenente:               (Confuso) No, nessuno!...

Milla:                    Ed allora venga!... (Lo prende pel braccio e lo trascina) Goriaziana per tutti!... (Tutti seguono Milla in sala da bigliardo)

Don Cola:            (Al Tenente) Si spinga, si spinga!... Altrimenti la spingo io, sa! (Il Tenente via c.s.)

Derio:                   (Sconcertato di quello che Don Cola ha detto al Tenente, prima di entrare in sala lo rimprovera con lo sguardo e si calca il berretto sugli occhi, per dispetto)

Sasà:                     (Passa ultimo e prima di varcare la soglia, dice a Don Cola, con entusiasmo) Viva la faccia!... Raggiuni avia vossia!... Benedetto sia il continente!...

Don Cola:            (Sorride, per veste, ma resta impressionato dall’entusiasmo di Sasà)

SCENA QUINTA

Don Liborio:       (È rimasto solo presso il tavolo di lettura, facendo finta di leggere, ma se la ride sotto sotto, perché Don Cola, non accorgendosi della sua presenza, non fa che riaprire l’uscio del bigliardo, che si richiude sempre, e spiare, smanioso, mentre da dentro arrivano i trilli di Milla che tripudia con i giovanotti)

Don Cola:            (A un certo punto, per dispetto e gelosia gualcisce il giornale che ha in mano e, abbandonato l’uscio, si volta per tornare verso il tavolo. Soltanto allora si accorge di Don Liborio e riprende il suo sorriso stereotipato di uomo contento e di spirito. Poi, poiché Don Liborio gli ride quasi in faccia, seccato gli domanda) E vui, non giucati?...

Don Liborio:       No… picchì sugnu di chiddi chi non sapi trattari chi signori cuntinintali!... E poi, non mi sacciu privari di menzu tuscanu!...

Don Cola:            (Acre) E mancu da birritta!...

Don Liborio:       Si, ma sugnu di chiddi chi na peddunu, nta confusioni!...

Don Cola:            E non vi pidditi mancu vui, picchì si no si peddi a razza!...

Don Liborio:       Razza Siciliana antica, caru Don Cola, a mi nni vantu!...

SCENA SESTA

Marastella:         (Entra dalla comune, seguita dai figli e gira lo sguardo attorno, facendo le viste di cercare il marito. A Michelino) Unn’è, to patri?... (Saluta, con la testa, Don Liborio, che si leva col berretto in mano, e fa con lei i convenevoli d’uso, poi, rivolta a Don Cola) Oh, Cola!... Cu vidi a tia vidi a Pasqua!...

Don Cola:            Haiu statu occupatu!...

Don Liborio:       (Per discrezione, si allontana) Con Permesso. (Passa in sala bigliardo)

Don Cola:            (Abbracciando la nipote) Comu si, Clementina?

Clementina:        Sugnu scassa di vostri cumanni.

Michelino:           Mamma, iò sugnu i dda patti. (Corre in sala bigliardo)

Don Cola:            Preghiere!... U zu Cola prega sempri, specialmenti a na niputedda comu a ttia, chi divintasti un ciuri… Chi si dici?... Non c’è nenti per aria?...

Clementina:        Di che geniri?

Don Cola:            Di che geniri po essiri?... Geniri di figghiuleddi!... Di belle ragazze come te.

Marastella:         (Che è rimasta con le orecchie tese ai discorsi del fratello e gli ochhi fissi all’uscio del bigliardo, sospettosa) Chi sai cosa, tu?...

Don Cola:            Di chi?...

Marastella:         Nenti ti dissi, Lucinu?...

Don Cola:            Nenti.

Marastella:         Clementina, vai dda patti.

Don Cola:            (Trattenendo la nipote, che si avvia al bigliardo) No, no, unni vai?... Femmiti.

Marastella:         E picchì a femmi?...

Don Cola:            Picchì dda patti stannu giucannu… d’azzaddu.

Marastella:         Ah, si!... Ah, Ah!... U santu natali, o solitu!... (Allarmata) E Lucinu è dda intra? (Fa per correre di là)

Don Cola:            (C.s.) No, settiti!... To maritu annau non sacciu aunni… Non c’è nto cicculu.

Marastella:         E Michelinu?... Si gioca u mazzu! (Si muove c.s.)

Don Cola:            Ma chi s’ava giucari, Michelinu, u pappaiaddu?... Dda inta si gioca fotti… Assettiti, ti dissi, e parramu di cosi seri… Senza mannari, a Clementina!... Non ti voi cunvinciri chi to figghia ommai e rannuzza… Parra… Chi c’è?

Marastella:         (Come facendo uno sforzo) C’è na nuvoletta, luntana luntana.

Don Cola:            Di bon tempu?

Marastella:         Pari.

Don Cola:            E comu si chiama?...

Marastella:         Il Tenente Galieno Galletti.

Don Cola:            Ah… allura a nuvoletta è vicina!...

Marastella:         Mandò una persona a tastare il terreno… A occhiu e cruci non saria malu, ma… chi sapemu si è giocaturi… (Guarda la figlia, che arrossisce, la scosta con la mano, coprendole la faccia e dice, a bassa voce) Si ci piaciunu i fimmini…

Don Cola:            (Sorridendo, forte) Mi fai ridiri!... Si non ci piaciunu i fimmini, non dumanniria a to figghia!... Si pigghiria un cani i caccia…

Marastella:         Sempri u stissi si, Maria Santissima!... Non parrari fotti!... Iò, pinzava: tu Cola, chi canusci a tutti, in continenti, non putrivi pigghiari infommazzioni?...

Don Cola:            Ma, chi ti pari, chi u continenti è l’isula di Pantelleria?... Ci sunnu trentacincu miliuna di cristiani, in continente, oh!... (Vedendo riapparire il Tenente) Ecco la nuvoletta!...

SCENA SETTIMA

Tenente:               (Richiude diligentemente l’uscio del bigliardo e si mette sull’attenti, salutando; poi si avvicina, sorridente e va a stringere la mano alle signore) Signora!... Signorina!...

Marastella:         (Seria) Signor Tenente… a quel che vedo, lei, è amante di gioco!...

Tenente:               Mai più, signora!tanto vero che avevo cominciato una partita così, per far contenti gli altri, e ora la continua per me il signor Michelino.

Marastella:         (Scattando, severa) Mio figlio?... E chi è signor Tenente?... Lei prima dice che non gioca, e poi, non solo gioca, ma ci fa pigghiari u vizziu a me figghiu?... (Fa per alzarsi) Ma a Michelinu, ora u sistemu iò!...

Don Cola:            (Piano, trattenendola) Assettiti!... Non fari a proncialotta!... Non ti fari canusciri!... (Forte) Qua c’è un equivoco, Marastella!... Il signor Tenente non è giocatore, testimonio io, ma siccome c’è un signore di Grammichele, di passaggio, per dovere di ospitalità si stannu facennu tutti una partita a bigliaddu, capistu?...

Marastella:         Ma… si mi dicisti chi dda patti si gioca d’azzaddu?... Parli lei signor Tenente!

Tenente:               Non so, signora, io ho giocato a bigliardo… (Guarda Don Cola) con quel sugnore…

Don Cola:            Il gioco d’azzardo è nella stanza in fondo, quella del giardino… (Piano a Marastella) Assettiti, non fari mala cumpassa!... (Al Tenente) Come gioca, l’amico, ah?...

Tenente:               Bella stecca?

Don Cola:            (Tronfio) Ah!... E lei non lo ha visto negli altri giochi!... Specialista, sa?... Ha una coltura di gioco che sbalordisce.

Marastella:         (Più confusa che persuasa) Ora a mia, mi scusassi, signor Tenente, mi piacciono le persone che non conoscono nessun gioco, neanche l’asso pigliatutto… E mia figlia è come me, sa?... Siamo di razza…

Tenente:               E fanno bene… Chi ama il gioco non ama il lavoro… lo conosco un po’ il bigliardo così… come conosco la scherma, perché è un esercizio del corpo ed è bene che un ufficiale lo conosca…

Don Cola:            Sotto le armi è obbligatorio… mi pari!...

SCENA OTTAVA

Milla:                    (Ridendo forte, riapre l’uscio del bigliardo e, senza curarsi delle signore, con la sigaretta in bocca e la stecca in mano, si avanza, gridando) Tenente!... Tenente!... Lei ha disertato il gioco, ma Michelino ha perduto per lei, sa?... Paghi, paghi, e venga a prendersi la rivincita!... Su!... Su!...

Voci dei Giocatori: (Dall’interno) Signora Milla, tocca a lei!...

Milla:                    (Forte) Vengo, vengo!... (Al Tenente riandandosene) Le diamo la rivincita, venga, Tenente!...

Marastella:         (Che è rimasta allibita, fuori di se, a Clementina, stordita) Suggiti, suggiti!... (A Don Cola)  Chista chi si affacciau… ddocu, sta… signura, se non mi sbagghiu, è il forestiero di Grammichele!... È veru signò Tenenti?...

Tenente:               Veda signora…

Marastella:         Non vogghiu avvidiri nenti, chiddu chi vidu chi lei è una persona molto seria, e me ne congratulo!... Farà una bella carriera!...

Don Cola:            (Seccato) Ma chi vidisti?... A quale scandalo hai assistito? Settiti, non mi fari pigghiari i nebbi!...

Marastella:         M’assettu? Cca?... Unni trasunu sti… furisteri di Grammicheli?... (Avvicinandosi alla sala da bigliardo, forte) Michelinu!... Michelinu!... (Al figlio, che viene fuori, timido) Cammina!... Accumpagnini a casa, e quantu a tia, poi, regolerai il conto con tuo padre, quando saprà tutto!

Tenente:               Ma signore, senta, la prego…

Marastella:         La prego io, signor Tenente!... La prego di non rivolgermi più la parola, perché io non so lei cu è, a chi razza appatteni e di unni sbaccau…

Clementina:        (Porgendo la mano al Tenente, afflitta) Arrivederla…

Marastella:         (Scostandola, bruscamente) Quali arrivedella, cammina!... E tu, sdisonestu (A Michelino) macciamu!... (Spinge i figli verso la comune, poi, volgendosi a Don Cola) Mi meravigghiu i tia… chi hai i capiddi ianchi! (Di nuovo ai figli c.s.) Macciamu!... Subbutu a casa!... (Escono, lasciando il Tenente mortificato, avvilito, stupefatto)

SCENA NONA

Don Cola:            (Dopo breve silenzio) Non se la prenda, Tenente!... Mia sorella, veda, ha un carattere un poco difficile ma poi è capace di diventare una suocera adorabile!...

Tenente:               Mi faccia il piacere!... Io resto stupito!...

Don Cola:            La prego credere, signor Tenente, che benchè siamo fratello e sorella, con Marastella, io appartengo a un’altra razza… a un’altra categoria, sa!...

Sasà:                     (Riapre l’uscio del bigliardo, dal quale giungono grida allegre di baccanale, e si precipita in iscena, acceso, esaltato, e grida) Cameriere, cameriere!...

Cameriere:          (Affacciandosi dalla destra di fondo) Comandi?...

Sasà:                     due bottiglie di malvasia vecchio, subito!...

Cameriere:          Subito!... (Rientra, per riuscire da li a poco con una guantiera con le due bottiglie e sei bicchieri, recandosi in sala da bigliardo)

Don Cola:            (Che è rimasto male all’udire il baccano del bigliardo e nel vedere Sasà così infervorato, è sulle spine per passare anch’egli di la, e vuol trascinarsi il Tenente) Venga, venga di la, Tenente!... E chi succidiu?... Così se la prende, lei?... Venga…

Tenente:               (Resistendogli) No, vada lei, io non vengo…

Don Cola:            No, solo qua non la lascio… Non ci pensi, le dico!...

Tenente:               Capirà… Se avessi potuto dire alla signora che chi mi invitò a giocare a bigliardo fu proprio suo marito!...

Don Cola:            Glielo dico io, non dubiti!.... E lei s’accorgerà domani che ho mantenuto la promessa, perché incontrerà mio cognato con la testa fasciata e la faccia piena di graffi…

SCENA DECIMA

Ciaramiddaru: (Entrando, dalla comune, con la sua cornamusa sotto braccio e il berretto in mano) Benediciti!

Don Cola:            Oh, salutamu, ciaramiddaru!... Signor Tenente, ascolti, che la faccio ridere. (Al Ciaramiddaru) Chi tempu fa a patti di mari?...

Ciaramiddaru: Ma, voscenza, mi voli babbiari?

Don Cola:            (Al Tenente) Babbiari: prendere in giro. (Al Ciaramiddaru) Picchì?

Ciaramiddaru: Ma chi ni pozzu sapiri iò, muntagnolu?...

Don Cola:            Picchì, nto vostru paisi non ci n’è mari?...

Ciaramiddaru: (Sorridendo) Noni!...

Don Cola:            (Al Tenente) Noni: no, voce latina. (Al Ciaramiddaru) E allura comu faciti pi l’acqua?

Ciaramiddaru: Ma ci sunnu i istenni!... C’è chidda da Santissima chi è di trimila sammi… e c’è midè chidda du scoppu chi esti cchiu ranni…

Don Cola:            (Al Tenente) Ecco: hanno le cisterne. Una molto capace e un’altra midè… pure – voce greca- ch’esti cchiu ranni. Esti: è!... ha capito? Voce araba!... (Al Ciaramiddaru) Ma u mari l’aviti vistu mai?

Ciaramiddaru: Gnursì.

Don Cola:            (Al Tenente) Signor si. Senta, senta. (Al Ciramiddaru) Spiegatimi na cosa, allura: com’è chi si ittamu un cutigghiuni (Al Tenente) – Un sasso -, chi è picciriddu, si nni va o funnu, e si ci mittemu un papuri, chi è così ranni, resta a galla?...

Ciaramiddaru: (Ridendo) Filominu… Metafisicu.

Don Cola:            (Al Tenente) Fenomeno… Metafisico! (Al Ciaramiddaru) Spiegatibbi, chi non vi capisciu.

Ciaramiddaru: Eni comu si voscenza voli tagghiari u pani cu cozzu du cuteddu… U cozzu, essennu rossu, non trasi; si inveci u tagghia ca lama, chi è fina, si nni trasi sula sula!... Così eni lu filominu du mari!... U cutigghiuni, chi è finu, si nni trasi nta l’acqua liscia liscia, u papuri, chi è rossu, non trasi e resta a galla.

Don Cola:            (Al Tenente) Ha capito?

Tenente:               Affatto.

Don Cola:            Già… Picchì stu ciaramiddaru parra un dialettu chi è n’ammassu di lingui motti!... Lui dice così: il fenomeno è questo; se lei prende un pane e lo vuol tagliare col coltello dalla parte del dorso, il dorso è grosso e non entra, nel pane; se invece adopera il filo, che è fino, se n’entra facilmente e taglia. Lo stesso si dica del sasso e del battello col mare. Il sasso essendo piccolo e fino, taglia l’acqua ed entra in mare, il battello, essendo grosso, non la taglia e resta a galla!...

Tenente:               (Ridendo) Specioso!...

Don Cola:            Discussu di ciaramiddari!... (Frattanto sono arrivate le signore e i ragazzi, che han preso posto presso l’altare, disposti in due file di sedie, con le spalle al pubblico. Il Ciaramiddaru ha gonfiato l’otre e comincia a suonare. Tutti intonano la litania. Nel meglio si odono dal bigliardo delle grida:«Hip, hip, urrah!... » che si ripetono tre volte, conturbando Don Cola. Che si accosta, sulle spine, all’uscio semiaperto del bigliardo, e cominciando a scandalizzare le signore, che tendono l’orecchio e rivolgono lo sguardo verso l’uscio. Dal quale, alfine, appaiono Milla, con la sigaretta in bocca, e Don Lucino, con una bottiglia vuota in mano e ubbriaco, che ballano una specie di can can, applauditi da Cecè e Sasà. A questa apparizione si ode un urlo formidabile. Sono tutte le signore che protestano, scandalizzate, alzandosi e segnandosi)

SCENA UNDICESIMA

Donna Michela: Chistu non è cchiu un Casinu di Cumpagnia!...

Donna Concetta: Chistu è nu scannalu, na poccheria!...

Don Cola:            Signura, ma chi voli diri, lei?

Donna Concetta: Vogghiu diri, chi è n’indecenza un sacrileggiu!... E mi meravigghiu di me iennuru, chi veni ancora cca intra! (Afferrando Don Filadelfio pel braccio) Cammina, Filadelfiu, cammina!... Cca intra non ci putemu cchiu mettiri pedi, pu nostru decoru!...

Don Cola:            Ma chi sta dicennu, lei?

Donna Sarina: Avi raggiuni!... Cammina, Filadelfiu. (Escono, infuriate, protestando e trascinandosi Don Filadelfio)

Donna Michela: Chi scannalu, signuri mei, chi scannalu!... Libboriu, penzicci tu, fallu finiri, ma si no ti dimetti, capisti?... (Segue le signore precedenti)

Don Cola:            (Seccato) Scannalu, scannalu!... Ma chi fu, chi succidiu, chi visturu?...

Don Liborio:       Scannalu, scannalu, sissignori!... Si vidunu cosi chi non s’hannu mai vistu!... Signuri mei, un sociu veni cca mi si leggi u giunnali, a so famigghia veni per una funzione sacra e s’ava assistiri a queste scene obbrobriose!... E andate a fare baldoria alle vostre case!... Ha ragione mia moglie!... O si finisci, cu stu trafucu, o ni dimittemu tutti in massa!...

Don Cola:            E dimittitibbi!... Restu sociu sulu iò!... Pago io solo il fitto di casa!...

Derio:                   Chi è? Cchi pagati?... Il locale è del Municipio e il Municipio non può concederlo per locale di… divertimento!...

Don Cola:            Ni fazzu a menu!... Fazzu un cicculu a me casa, comu a Roma!...

Don Liborio:       Bravu!... Così aviti a fari!...

Sasà:                     Se fa circolo, vossia, iò mi fazzu sociu!...

Milla:                    Bravo!...

Don Cola:            (Infervorato) Bravu… E unu!...

Cecè:                     Iò macari.

Don Cola:            E dui!... Lei, signor Tenente, ci sta?...

Tenente:               Se è per farle piacere!...

Don Cola:            (Trionfante) Vedrete, vedrete, miei cari, che circolo! Altro che questo povero casino di compagnia, povertoso e retrogrado!... (Sentenzioso) Da domani, il casino, a casa mia!...

SIPARIO

FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO TERZO

Interno mezzo studio salotto, in casa di Don Cola. L’ambiente è arredato con un certo gusto. Comune a destra, due usci in fondo e finestra a sinistra. Presso la finestra, scrivania e davanti a questa, sedia a dondolo. Al lato opposto, divanetto e poltrone, un tavolinetto da the e altro da lavoro. Tra i due usci di fondo, mobile moderno con specchio.

SCENA PRIMA

Milla:                                   (Dietro la finestra, guarda sulla strada e sorride e civetta con qualcuno. Essa è in vestaglia rosa, tutta trine, elegantissima. Ha in mano un bigliettino. Dopo aver salutato maliziosamente, va presso la scrivania e vi si appoggia, pensosa,  poi siede sulla sedia a dondolo, con le spalle alla parete di fondo, spiega il foglio e legge, sorridendo di soddisfazione)

Don Cola:            (Apre, pian pianino, l’uscio di fondo a sinistra, sorridente, come per farle una sorpresa, nota che Milla legge il bigliettino e si arresta, conturbato. Le si accosta in punta di piedi, tentando di afferrare, da lontano, qualche parola dello scritto… non vi riesce, sta in forse; a un movimento brusco di Milla, scappa via, pian pianino, poi torna, si mostra ancora indeciso, finalmente tossisce)

Milla:                    (Sopresa, serra il foglio nel pugno, e poi se lo fa scivolare nel seno, si ricompone, si volge a Don Cola con un sorrisetto provocatore, quindi allunga le braccia verso di lui, come per invitarlo ad accostarsele)

Don Cola:            (Mal dissimulando il suo turbamento, non accetta l’invito)

Milla:                    (Insinuante) Vieni qua, Nicolino!...

Don Cola:            (Alla parola Nicolino si fa brutti e risponde, secco) Chi voi?...

Milla:                    Vieni!...

Don Cola:            (Dopo breve esitazione, le si accosta e si lascia prendere una mano) Eccomi.

Milla:                    Dondolami!...

Don Cola:            (Non esegue, e allora lei, facendo leva del braccio di lui, riesce a dondolarsi, imprimendogli un movimento che lo fa curvare e rialzarsi in modo buffo. Finalmente, seccato) Basta, basta, Milla, chi mi vommucu!

Milla:                    (Fermandosi) Che hai detto?... Non capisco!...

Don Cola:            Soffro il mal di mare…

Milla:                    Nelle mie braccia, soffri il mal di mare?...

Don Cola:            No… dico, con questa nnaculiata… (Milla non capisce) Con questo dondolamento che facevi… (Essa si alza ed egli la scruta attentamente)

Milla:                    Perché mi osservi così?...

Don Cola:            Per niente… non ti posso guardare?...

Milla:                    Si… ma mi guardi in certo modo!... Che hai oggi, Nicolino?...

Don Cola:            (Come se volesse farle una sfuriata) Senti!...

Milla:                    Continua… Perché ti sei fermato?... Che vuoi dirmi con quest’aria feroce?... Ti sei pentito?... A me non piacciono i pentimenti, sai?...

Don Cola:            Ti volevo dire… chi ti pregu mi non mi chiami cchiu Niculinu.

Milla:                    Perché?

Don Cola:            Perché… non sono quel Nicolino che tu credi, ecco!...

Milla:                    Che parlare oscuro che tu fai?... Non ti capisco!... Se non ti spieghi chiaro!... Che vuoi dirmi?... Non farmi il Siciliano, te ne prego, e ricordati il nostro patto… Se non ti avessi stimato uomo di spirito, non ti avrei seguito qui.

Don Cola:            Eccu!... Quannu voi aviri raggiuni, tu batti sempri supra all’omu di spiritu!... E iò, pi essiri omu di spiritu, devo fare il Nicolino!...

Milla:                    Quando voglio avere ragione?... Che significa questo linguaggio?... Ho forse dei torti, verso di te?... Mi son forse cambiata, in questi sei mesi?...

Don Cola:            No, non dicu chistu…

Milla:                    E allora?... Sei tu, invece, che ripigliando l’aria del paese, cominci a guastarti, a vivere di sospetti e di pregiudizi… a perdere quel bel carattere, quello spirito superiore che t’eri già fatto!... E non sai quanto mi dispiace!... Ma per te!...

Don Cola:            (Quasi mortificato) No… e iò, chi c’entra?... Lo spirito ce l’ho sempre!... Com’è chi dici chi mi finiu!... Ti ho fatta, forse, qualche scena di gelosia?...

Milla:                    Oh, del resto non l’avrei sopportata!...

Don Cola:            Dunque?... T’ho impedito di vivere a modo tuo?...

Milla:                    Oh, sarei scappata via!...

Don Cola:            E allora?...

Milla:                    E allora… adesso che hai?...

Don Cola:            Niente!

Milla:                    Con quella faccia?...

Don Cola:            Chi facci haiu?...

Milla:                    Brutta e scura come la notte!...

Don Cola:            (Istintivamente si accosta allo specchio del mobilino di fondo e, senza parere, si osserva) Impressioni chi fa a tia. (Atteggiando il volto al solito sorriso stereotipato e idiota) Invece guarda:

Milla:                    (Correndogli incontro) Oh… così ti voglio!... Caro!... (Lo abbraccia, ma si ricorda del biglietto e si accolla la vestaglia)

Don Cola:            (Che comprende, si fa un’altra volta scuro)

Milla:                    Ecco, vedi, da capo!... Ma che hai?...

Don Cola:            (Tornando a sorridere) Che mi vedi?...

Milla:                    Ah, bravo, bravo!... Sempre così!... Vedi quanto sei simpatico così?... (Riabbracciandolo) È ora dimmi un po’, briccone, perché te ne venivi pian piano, di là?

Don Cola:            Cui, iò?...

Milla:                    Di che sospetti?...

Don Cola:            Ma che!... Mancu per idea!...

Milla:                    Vuoi negarmi che venivi di nascosto?... Perché?...

Don Cola:            Perché… ti volevo fare una sorpresa…

Milla:                    E di che genere?... Ancora un regalo?... Bada che non voglio che tu spenda ancora in gioielli per me… per ora!...

Don Cola:            No, non si tratta di gioielli…

Milla:                    E di che, allora?...

Don Cola:            Una sciocchezza… Non fari mali pinzeri…

Milla:                    (Impaziente) E di…

Don Cola:            Un cesto di fichidindia maturi… L’ha portati il massaro ora ora!...

Milla:                    Oh, buoni, buoni!...

Don Cola:            Figuriti, ficadigna bastadduni a mazzu!... Na rarità…

Milla:                    Bravo!...Grazie!...

Don Cola:            (Ridendo) Ricordati chi si manciunu cu tutti l’ossa!... Ci penzi a prima vota?...

Milla:                    (Ridendo e abbracciandolo) Oh, Dio com’ero buffa!... Li sputavo tutti!...

SCENA SECONDA

Servetta:              (Entra dalla comune, mentre i due si abbracciano, si baciano e si fanno le moine, vorrebbe tornare indietro, ma poi si fa coraggio, si avanza ancora e dice, prima piano, poi più forte) Permesso?... Permesso?...

Don Cola:            (Dopo che Milla s’è svincolata, guardando la Servetta con severità) Permesso e ntrasi senza spittari risposta?... Chi c’è?...

Servetta:              C’è u signurinu Michilinu.

Don Cola:            E c’è bisognu d’annunziallu, a me niputi?...

Servetta:              A signurina voli così…

Milla:                    Certo! Perché è tuo nipote deve potere entrare quando vuole?... Se mi trovasse in disabbigliè e non potessi riceverlo?... (Alla Servetta) Fa passare.

Don Cola:            (Siede presso l’ultima sedia accaanto al divanetto, più vicina alla parete e alla ribalta, volgendo le spalle alla comune, e osserva, di sottecchi, Milla, che istintivamente si ravvia i capelli e si acconcia tutta)

Servetta:              (Da dietro le quinte) Voscenza ntrasissi.

SCENA TERZA

Michelino:           (Entra con l’occhio acceso e, senza notare lo zio, va, difilato e risolente, verso Milla. Egli ha un braccio al collo, un occhio pesto e la faccia tutta graffi. Giunto presso Milla, mentre sta quasi, per abbracciarla, a un segno di lei si volta, vede lo zio e resta di sasso, senza parola)

Don Cola:            (Notandolo così pesto e malconcio) E chi hai?...

Milla:                    (Confortandolo e incoraggiandolo con gli occhi) Che vi è accaduto?...

Michelino:           Ah!... Son caduto, si… dalla mula.

Don Cola:            E chi ti facisti nto brazzu?...

Michelino:           Mu sdullicai.

Milla:                    ( Non comprende) Come?

Don Cola:            Una lussazione.

Michelino:           (Convinto di ripetere) Un’illustrazione.

Don Cola:            Cettu; l’illustrazioni italiana!... E chi vinisti a fari?...

Michelino:           (Impacciato) Così… pi na visita.

Don Cola:            Pi na visita?... Così cumminatu?... Ma picchì non annavi o spitali, chi era megghiu?!...

Milla:                    Poverino… non lo rimproverare. L’avevo pregato io, d’una commissione… (A Michelino) Ma potevate fare a meno di venire in questo stato!...

Michelino:           (Guardandola, senza capire) No… non ci fa nenti…

Milla:                    (Imperterrita) Avete fatta la mia commissione?... (Poi che Michelino non risponde) Si?... Bravo, ditemi il risultato, venite di la. (Si avvia verso l’uscio di fondo a sinistra, ma Michelino non si muove) Prechè non vi muovete?... (Michelino guarda lo zio)

Don Cola:            (A Milla, più confuso che persuaso) Chi è, cosa segreta?

Milla:                    Si, Cola, davanti a te non può parlare… (A Michelino) Venite dunque!...

Michelino:           (Allo zio, dopo averlo interrogato con lo sguardo) Permetti, vossia?...

Don Cola:            Vai, vai!...

Milla:                    (Dopo aver fatto passare Michelino, corre da Don Cola, e, carezzandolo, gli dice) Non sei geloso, è vero?

Don Cola:            (Col solito sorriso ostentato) Ma che dici!... Ah!...

Milla:                    (Corre anch’essa di la, e richiudendo l’uscio in faccia a Cola, gli sorride)

Don Cola:            (Dopo che l’uscio sarà stato richiuso, con un sorriso, stavolta amaro, e un viso lungo lungo) Potete anche chiudere… volendo!... (Resta per un po’ seduto, esclamando) Ma quantu spiritu chi haiu!... (Poi si alza, va, conturbato, pian pianino, verso l’uscio chiuso e cerca di spiare; poscia torna, afferra, nervosamente, il campanello a battacchio ch’è sulla scrivania, e suona)

Servetta:              (Rientra dalla comune) Cumanna?...

Don Cola:            Pigghimi l’occhiali!... (E siccome essa va per l’uscio di fondo a destra) No, no, dda patti, bestia! (La Servetta va per l’uscio indicato, a sinistra, e sta per richiuderlo, ma lui le fa segno di lasciarlo aperto; la Servetta non capisce e lui ci si arrabbia ed esclama) Lassila apetta, a potta, bestia!...

Milla:                    (Riapparendo, seguita da Michelino) Sta bene grazie!... Sedete.

Michelino:           (Siede nel centro della stanza, presso il tavolinetto da the e non stacca gli occhi, cupidi, da Milla)

Servetta:              (Torna con gli occhiali e li porge a Don Cola, che, nervosamente, comincia a baloccarsi con essi e quasi li rompe; poi, per interrompere la sfacciata corrispondenza d’amorosi sensi tra i due, chiede a Milla) Di che si tratta?... (Si riode il campanello d’ingresso)

Milla:                    (Piano) Ti dirò tutto, per ora non chiedermi nulla, perché non posso parlare…

Servetta:              (Che è corsa di là, torna annunziando) C’è so cugnatu Don Lucinu…

Michelino:           (A quest’annunzio scatta in piedi e corre verso l’uscio di fondo a sinistra, inciampando nel tavolinetto da the e facendolo cadere, poi scompare dietro l’uscio, che richiude)

Servetta:              (Facendo una smorfia espressiva, risolleva il tavolinetto e lo mette a posto, mentre)

Don Cola:            (Evidentemente seccato, guarda Milla come per interrogarla)

Milla:                    (Alla Servetta) Fa passare. (Appena questa sarà uscita per la comune, piano, rapidamente, seccata) I tuoi parenti non vogliono che tuo nipote venga qui!... Ecco di che si tratta!...

Don Cola:            Comu?... Ma si veni so patri!...

Milla:                    Ma!... Lo sai come sono curiosi!... (Sorridendogli, maliziosa, e carezzandolo) Non dire che Michelino è qui da noi!... Lo farò uscire dalla parte del giardino, hai capito?...

Don Cola:            (Col solito sorriso idiota) Si!... Ma mi sta parennu na casa di pacci, chista!...

SCENA QUARTA

Don Lucino:        (Appare, dalla comune, sospettoso, indagando con gli occhi, scrutando, come cetìrcando qualcuno. Egli è tutt’altro uomo del primo e secondo atto: pulito, azzimato, vestito a nuovo, con soprabito fiammante, paletot con martingala, cappello alla lobbia, da garzoncello, scarpe di coppale, cravatta sgargiante e canna nella mano guantata, nonché fiore all’occhiello)

Don Cola:            Illustre cognato!... E chi fu ti restaurasti? Comu si?...

Don Lucino:        Bonu, tu si bonu?... (A Milla, stringendole la mano come in una morsa e con tono tra l’ironico e l’acre) Come state signora Milla?...

Milla:                    (Piano) Ahi!... Mi fate male!... (Forte) Benissimo! E voi Don Lucino?

Don Lucino:        S’è visto mio figlio?... (La guarda fisso)

Milla:                    (Sostenendo impunemente lo sguardo) No, accomodatevi.

Don Lucino:        (Siede e guarda Cola) Non s’è visto, ah?...

Don Cola:            (Sotto lo sguardo di Milla) Pi nenti!...

Don Lucino:        (Dopo breve silenzio) Cola, chi hai cuffari, stamatinu?

Don Cola:            Aspettu l’omini, per la paga.

Don Lucino:        E voi signora?...

Milla:                    (Dondolandosi sdraiata sulla sedia) Ah, io mi annoio dal non far niente!...

Don Lucino:        Volete venire meco?...

Don Cola:            (Ridendo) Comu dicisti, Lucinu?...

Don Lucino:        Meco… con me…

Milla:                    (Mentre Don Cola ride, ride) Dove?...

Don Lucino:        Vi conduco all’Acqua Rossa, ove si fa la levata dei capitoni.

Milla:                    (Alzandosi e battendo le mani) Oh bella!... Deve essere interessante!...

Don Lucino:        Interessantissima!... Orsù, vestitevi, dunque…

Milla:                    E come si fa, con gli uomini?... Nicola, non li puoi rimandare a domani?...

Don Cola:            A chi?... Ci su di chiddi chi si non pigghiuni i soddi oggi, dumani non ponnu manciari!... Mi dispiaci, caru Lucinu…

Milla:                    Che peccato!

Don Lucino:        Oh, perbacco, ma per forza Cola, deve venire?...

Milla:                    E come?... Senza di lui?...

Don Lucino:        Perché?... Temete che vi mangi?... O, niente, niente, Cola è geloso di me?...

Milla:                    Cola geloso?... Di suo cognato?... Ma senti, senti Cola!...

Don Cola:            (Col solito sorriso) Ah, ah!... Lassulu parrari!...

Don Lucino:        Beh, allora vestitevi, che non c’è tempo da perdere, signora…

Milla:                    (Accostandosi a Cola e carezzandolo al solito) Davvero non ti secca, Cola?... (Don Cola sorride c.s. e fa segno di no) Di la verità!... Perché se ti secca, io posso farne a meno!...

Don Cola:            No, non mi secca…

Milla:                    (C.s.) Come sei buono!... Un angelo!... Allora vado. (A Don Lucino) Faccio presto, sapete? (Rivà in camera e richiude l’uscio dietro di se)

SCENA QUINTA

Don Cola:            (Con visibile malumore, pentito di aver consentito la gita a Milla sola) All’Acqua russa, però, c’è umidu, e a strata è china di fangu… non c’avivi pinzatu…

Don Lucino:        E mica c’avemu annari a pedi!... Cca sutta c’è a carrozza, c’aspetta…

Don Cola:            Già… ma carrozza scopetta… Milla è cagionevoli…

Don Lucino:        Carrozza chiusa!... Affacciti e vidi!...

Don Cola:            (Più seccato di prima, ma non di meno costretto ad abbozzare, tace; ma dopo breve silenzio, osservando il cognato e guardandolo con intenzione, per scrutarlo, dice) Viva la faccia du continenti, ah, Lucinu?...

Don Lucino:        (Che ha evitato lo sguardo, un po’ turbato) Picchì dici così?...

Don Cola:            Così, pi diri na cosa… Si saria na fimmina siciliana, ci vinia cu tia sula, in carozza chiusa?...

Don Lucino:        Eh, cettu! Nta stu poccu i paisi non si po fari la cosa più innocenti!...

Don Cola:            To mugghieri…

Don Lucino:        (Voltandosi di soprassalto credendo che Cola annunzi la sorella, che entri, e quasi deciso a scappare, si rasserena quando nota la stanza vuota e Cola che sorride) Lassimi stari!... Si fici un carattiri sempri cchiù pemmalusu e cchiù violentu!...

Don Cola:            E to figghiu?...

Don Lucino:        Unn’è?... U vidisti?... A verità, Cola fu ccà?...

Don Cola:            No… tu dumannava appuntu picchì non vi vidu cchiù assemi, comu sempri…

Don Lucino:        No, no vogghiu cu mia!... Si ittau a mala strata!...

Don Cola:            E cettu!... Un giovanottu tinutu strittu strittu finu a ieri, appena eppi un pocu i laggasia, si ittau a tumma, comu u pisci palamitu!... A ripigghiatulu, ora!... Vadda chi fai: mannimmillu unni mia, chi ci fazzu na bedda predica.

Don Lucino:        (Vivamente) No, no, Cola!... Anzi ma fari un piaciri, chi ti ccà non l’ha riciviri cchiù!... Ti nni fazzu una questioni personali!... Ava aviri l’affrontu di non essiri cchiù trattatu da tutta a parintila, stu… figghiu di cani!...

Don Cola:            Raggiuni hai, t’approvu! (Ride)

Don Lucino:        (Convinto d’averla detta marchiana, ride anch’egli, quando si ode, dall’interno, un grido di)

Milla:                    (Come se essa avesse ricevuto una percossa o comunque un dolore fisico) Ahi, Ahi!...

Don Cola:            Chi fu?... (Guarda il cognato)

Milla:                    Ahi!!...

Don Lucino:        (Meravigliato) Cu c’è da patti?...

Don Cola:            (Forte) Milla!... Milla!!... Che fu?... Che è, questo ahi?...

Milla:                    (Dall’interno) Nulla, nulla, ho battuto!...

Don Lucino:        Ovu sbattutu?...

Don Cola:            No zabbaglioni!... (Forte a Milla) Com’è che hai battutto?... Dove hai battuto?...

SCENA SESTA

Milla:                    (Riapparendo, in un grazioso abito sportivo, accesa in volto) Eccomi pronta.

Don Lucino:        Avete sbattuto?...

Don Cola:            Dove hai battuto?...

Milla:                    (Sicura) Non ho battuto, precisamente. Mi s’è impigliato il braccio tra le due lettiere, che mi hanno stretta la carne come in una morsa!... M’è rimasto un segno nero come di un gran pizzico…

Don Cola:            (Guardando Don Lucino) Comu potti succediri, tuttu chistu…

Don Lucino:        È stranu!...

Milla:                    Davvero, non ,o so nemmeno io!... (Porgendo il paletoto a Don Lucino, per cambiare discorso) Volete aiutarmi?

Don Lucino:        (Impacciato e poi aiutato da Don Cola le regge il paletot, che lei indossa, poi le offre il braccio)

Milla:                    (Ridendo, senza prendere il braccio) Passate… (A Cola) Arrivederci, caro!... (Segue Don Lucino, ma giunta sulla soglia della comune, torna e gli dice, dolce) Pensa a me… io penserò a te! Ciao!

Don Cola:            Se vedemo…

Don Lucino:        Ciao!

Don Cola:            Cerea, ne!... (I due escono)

SCENA SETTIMA

Don Cola:            (Rimasto solo, aggrotta le ciglia e siede, esclamando fra se) Si, ma troppu spiritu!... Troppu cuntinenti!... (Si tocca la vecchia ferita) Iò m’abbiliu!... (Si ode il tintinnire dei campanelli della vettura e corre alla finestra, sorride, c.s., e saluta, con la mano e con la voce) Ciao!... Ciao, Milla!... Ciao!... (Si appoggia, come stanco, alla scrivania) Chi sugnu spiritusu!... Mancu na buttigghia d’alcool puru!... (Si ritocca la ferita) A mia mi pizzica!... (Seccatissimo, afferra il campanello e risuona, prima adagio, poi forte, irritato)

Servetta:              (Apparendo dalla camera) Cumanna!...

Don Cola:            Portami un bicchiere d’acqua… (La Servetta parte) e un limoni. (La Servetta si ferma)

Servetta:              (Affettuosa) Picchì, chi avi bili, voscenza, è veru?... (Don Cola la minaccia col campanello e lei scappa)

Don Cola:            (Attendendo si tasta la ferita, mettendovi la sinistra sopra e battendovi coi polpastrelli della destra, come fanno i medici nelle ascoltazioni)

Servetta:              (Torna con una guantiera con dentro un bicchiere a metyà colmo d’acqua, un bel limone, un coltello e un tovagliolo, e glieli porge) Voscenza teni.

Don Cola:            (Che s’è seduto nel mezzo della scena, prende il tovagliolo e lo apre sul ginocchio, poi il coltello e il limone, che taglia a mezzo, deponendone metà sulla guantiera e accingendosi a strizzare l’altra metà nell’acqua) Dimmi na cosa, i me parenti su assidui ccà intra, è veru?...

Servetta:              (Maliziosa) Oh!... Ma chi voli diri!... Pi sta cosa po stari tranquillu!... Sa signurina saria pidda veru vostra mugghieri, non putia essiri trattata megghiu, di vostri parenti!...

Don Cola:            Quali parenti?...

Servetta:              Comu quali?... So niputi Michilinu e… so cugnatu…

Don Cola:            E basta!...

Servetta:              E già… Ma Don Lucinu specialmenti… affezzionatu!... Ma assai, assai, vaia!...

Don Cola:            U cchiù assiduu è iddu, è veru?...

Servetta:              Assiduissimu!... Non c’è ionnu chi non veni ammenu du voti! (Don Cola, nervosamente strizza il mezzo limone nell’acqua)

Don Cola:            Anchi quannu non ci sugnu iò, è naturali!...

Servetta:              Anzi!... Speciammenti quannu non c’è voscenza!... Meccoledì passatu, per esempiu, chi voscenza pattiu pa campagna e cincu i matina… ebbeni, e cincu e menza Don Lucinu era cca pi teniri cumpagnia a signurina!

Don Cola:            (Afferra l’altro mezzo limone e lo strizza rabbiosamente c.s. coi denti, poi tracanna la limonata quasi d’un fiato. Si ode, frattanto, il campanello d’ingresso, Don Cola siede, nervoso)

Servetta:              Vegnu! (Depone la guantiera su una sedia e corre per la comune) Vegnu!...

SCENA OTTAVA

Servetta:              (Dall’interno, mentre Don Cola si pulisce la bocca e butta il tovagliolo sulla guantiera, dove ha deposto il bicchiere) Oh, signurina, voscenza cc?!... (Riapparendo, seguita da Marastella) Voscenza mi vadda cu c’è, signurinu!... E comu fu?... (Va a riprendere la guantiera)

Marastella:         (Facendo una rapida ispezione per la stanza, arcigna, scura) Macari tu ti fai meravigghia, è veru?...

Don Cola:            Tutta la sacra famigghia oggi!...

Marastella:         (Nervosa, irata, con bile, quasi con livore) E hai a facci tosta mu mu dici a mia?...

Don Cola:            (Alla Servetta, che va) Potta n’autru biccheri d’acqua e n’autru limoni!... (Alla sorella) Cammiti, cammiti, chi ti succidiu?... Com’è chi ti decidisti di veniri ccà?...

Marastella:         Menu mali chi mu dumanni!... Picchì tu u capisci, è veru?... Pi mettiri pedi iò ccà: Maria Stella Duscio in Faro, ci devi essiri una ragione ptente!...

Don Cola:            Senti, Marastella, senza fari a traggica, all’uso toi… dimmi chi ti succidiu.

Marastella:         Ora ti sebbu. (Si alza un po’ le maniche, che scendono troppo, poi, minacciosa) Unn’è madama?... La tua signora unn’è?... Chiamala!... Chiamala chi c’ha diri du paruleddi!...

Don Cola:            Comu!... Tu, la signora Maria Stella Duscio in Faro, non ti fai scrupolo di metterti a contatto con una donna non maritata?...

Marastella:         (C.s.) Senti, Cola, lassa i cantu l’ironia e chiamala chi ti fazzu ridiri!...

Don Cola:            Non c’è!...

Marastella:         Non c’è?... E unn’è?...

Don Cola:            E chi nni sacciu iò?...

Marastella:         Comu, no sai?...

Don Cola:            Non sugnu di chiddi chi ci cuntunu i passi e so fimmini, tu u sai!...

Marastella:         Obbu!... Rimbambinutu!... Imbecilli!... Sceccu!...

Don Cola:            Basta Marastella!... U sai chi sugnu to frati u ranni, e sugnu nta me casa?...

Marastella:         (Con gli occhi fuori dalle orbita) Iò sacciu, chi ca to ridiculaggini cuntinintali e ca cecità, non sulu divintasti a favula d’un paisi, ma mittisti u nfennu nta me casa!...

Don Cola:            Chi c’entra, a to casa?...

Marastella:         Comu chi c’entra?... Chi patri e figghiu si odianu, oltri a tuttu u restu, pi causa di sta fimminazza chi puttasti i fora!...

Don Cola:            Patri e figghiu, cui?...

Marastella:         Me maritu e Michilinu!... Lucinu, stamatinu, cu na scusa, firrau a Michelinu, e u mulincianau tuttu, u scaccagnau a pugna, cauci, ci sdillicau un brazzu, u spasciau a bastunati e u ittau fora da casa!... Nta quali munnu campi, obbu?...

Don Cola:            E chi c’entra Milla?...

Marastella:         Quali Milla e dumila!... Ora tu fazzu sapiri iò, comu si chiama sta strafalaria, chi nfinucchiau prima a me figghiu, pa gioventù, e poi a me maritu, pu pottafogghiu!... Sunnu du pazzi furiusi, e tu ci teni u commodinu a casa!...

Don Cola:            (Strabiliato e irritato) Auh, ma chi stai dicennu?... Chi ti scappa da bucca?... Chi si paccia?...

Marastella:         (Ridendo di rabbia, con sarcasmo) Signuri mei,vaddatilu!... Vaddati nta quali statu, na fimminedda di nenti, po ridduciri un omu seriu!... Tu non ci cunti i passi, è veru?... All’usu cuntinintali!... E chidda, a locu di passi, fa sauti comi i capri i muntagna, …megghiu di na lepri!... (Nervosamente toglie dalla borsa un biglietto gualcito e glielo mostra) È calligrafia soi, chista?... Leggi!... (Glielo mette in mano) Leggi!... È calligrafia soi?... Ciù truvai nto pottafogghi i to cugnatu, mentri chi dummiva… Leggi!...

Don Cola:            (Prende gli occhiali, li pulisce, nervosamente, e li inforca)

Marastella:         (Si segna) Signuri mei, macari obbu, divintau!... Non c’è cchiù munnu!...

Don Cola:            (La guarda irato) Non essiri esaggerata, chi l’occhiali i puttava di prima c’annava a Roma!... (Spiega il foglio, osserva la calligrafia, fa un moto di dispetto, poi legge, legge e gualcisce il foglio più di quanto non sia, per la rabbia; poi, con voce roca, bassa) Ci dumanna picciuli?... E chi bisognu avia, di picciuli di Lucinu? Si iò non ci fici mai mancari nenti, e ci desi sempri chiddu chi avi vulutu?...

Marastella:         Sti fimminazzi, o frati, sunnu comu un puzzu!... Non ci sunnu picciuli chi bastunu!... Quantu a to niputu, nuccinterddu, ciancennu e lagrimannu sangu, mi cunfissau tutti i cosi!... Fu idda cu sconcicau!... O picciriddu…

Don Cola:            Già, u picciriddu!...

Marastella:         U giovanottu comu voi tu. Iddu non ni vulia sapiri nenti, pi rispettu toi, ma idda ci dissi:«Se non vuoi acconsentire alle mie voglie, mi metto con Sasà Lanzafame!». Allura, criatura pinzau: chiuttostu mi si metti cu unu stranu…

Don Cola:            (Fermandola col braccio) Si capisci!... Megghiu chi iddu, chi è niputi!... Così a cosa resta in famigghia!...

Marastella:         (Passeggiando su e giù, nervosa pel salotto) Ah, chi focu ranni!... Chi focu ranni chi vinni nta me casa!...

Don Cola:            (Seguendola, a stento, irato) Senti, tantu to maritu chi to figghiu sunnu du emeriti mascalzoni!...

Marastella:         (C.s.) Due vittime!... Due disgraziati!... Na fimmina coma a chista è capaci di canciari angiuli in demoni!....

Don Cola:            (C.s.) Non vulia chi ricivissi cchiù a to figghiu!...

Marastella:         Cui?...

Don Cola:            To maritu!... Mi faceva una questione personale!... Farabutto!... Tutti di dui farabutti, patri e figghiu!...

Marastella:         (C.s.) Du sventurati, ti dicu!...

Don Cola:            Già, sventurati!... Mu fai u piaciri mi ti femmi, chi mi facisti stancari, mi ti curru d’ampressu?...

Marastella:         (Si ferma e, sbadatamente, cade di peso sulla sedia a dondolo, che la spinge in aria. Si alza e prende una sedia comune, nella quale siede, dopo averla attentamente esaminata) Chi iunnata, signuri mei, chi iunnata!...

Don Cola:            Aviunu un trafucu ccà intra!... (Come parlando a se stesso, comincia a montarsi) Unu trasia da potta e l’autru niscia da finestra!... (Rifacendo la voce di Milla e i gesti di lei) Non dire che Michelino è qua, senti?... – No – Lo farò uscire dalla parte del giardino!... –Sta bene!... – Pariunu misi d’accoddu!...

Marastella:         E a mia così mi paria!...

Don Cola:            Ammucca aciddazzu!... Ahun! Ahun! (Fa il relativo gesto con la mano presso la bocca) Chiddu si ni vinni tuttu sgaggiatu e lazzariatu, cu brazzu o coddu… - C’avisti?... – Cadia du sceccu!...

Marastella:         Chi t’avia a diri, a criatura?!...

Don Cola:            (Rifacendo Milla) Avete fatta la commissione?... Venite, venite!... Con te davanti non posso parlare, Cola!... Si n’annaru ddà patti, chiuderu a potta, e iò ccà!... Ahun! Ahum!... – Non credo che sei geloso di tuo nipote?... – Ma che!... quando mai!... – Facia l’omu di spiritu!... Ammucca aciddazzu!... Ahum!... Oh, imbecilli chi sugnu!...

Marastella:         No, Cola, non diri così, chi c’entra?...

Don Cola:            Ma faciunu di facci e facci, ou!... E si mi facia bruttu. (C.s.) – Ah, non farmi il siciliano!... Non perdere quel bel carattere che ti sei fatto!... – Carattiri di… aciddazzu: ahum!... ahum!... Oh, imbecilli chi sugnu, oh cretinu!... Oh, scimunitu!...

Marastella:         (Severa) Basta, Cola, basta!... Non ti fari st’insulti!...

Don Cola:            Oh, vadda chi è bedda!... Prima, quannu mi divitu era tutto regolari; ora chi mi dicu iò stissu, personalmenti, non po essiri!... (Sempre rinforzando, e dopo le prime invettive dandosi schiaffi, sempre più forte) Cretinu!... Mbecilli!... Scemunitu!... Bestia!... Animali di gebbia!... Animali boschivu!... Pupu!

Marastella:         (Trattenendogli le mani) Ma chi  fai, ti ruvini, Cola?... E picchì?...

Don Cola:            (Insistendo) Mi vogghiu spasciari a facci, leviti!...

Marastella:         No, no, pi carità, a suruzza, cammati!... (Qui avviene una lotta vivacissima, tra lui che vuole darsi pugni in testa e vuol cavarsi gli ochhi con le dita, e lei che glielo impedisce a stento, trattenendogli le mani, cone mezze parole ed esclamazioni, a soggetto)

Don Cola:            (Finalmente appare calmo, ma continua a parlare, c.s. rievocando) Ahi, ahi!...

Marastella:         Chi fu, chi hai?...

Don Cola:            (C.s.) Chi ti succidiu, Milla?... – Ho battuto!... Cioè non ho battuto, propriamente, mi si è impigliato il braccio tra le due lettiere…

Marastella:         E chi fai, sparri a soruzza?...

Don Cola:            (C.s.) …Che mi hanno stretta come in una morsa!... M’è rimasto un segno nero, come di un gran pizzico! – Ahum, ahum!... Ammucca aciddazzu!... Cretinu, ammucca!...

Marastella:         Le due lettiere?...

Don Cola:            Ma quali!... Quali tavacchi!... Eppa essiri un pizzicuni, chi ci desi du bastasazzu di Michilinu, quannu seppi chi niscia sula cu so patri!...

Marastella:         (Si volta di scatto, mettendosi in piedi, parandosi ritta con le mani sui fianchi) Un momentu… chi dicisti?... Quali patri?... Quali patri parra!... (Lo scuote forte e lo spinge e trascina) Quali patri?...

Don Cola:            To maritu!...

Marastella:         Sulu cu idda, nisciu?...

Don Cola:            In carozza chiusa!...

Marastella:         E unni annaru?... Unni?...

Don Cola:            All’Acqua russa… pi pigghiari i capituni…

Marastella:         E tu i lassasti annari suli?...

Don Cola:            E già!... Eru omu di spiritu!...

Marastella:         Oh, imbecilli pidda veru, tu meriti!... (Rimettendosi lo scialle) Ora vaiu e i trovu iò, e ti fazzu avvidiri chiddu chi succedi. (Corre verso la comune ma ivi giunta esclama) Oh, signor Delegato, finalmente!... Trasissi, chi avi menz’ura chi l’aspettu!...

SCENA NONA

Marastella:         (Precedendo il Delegato, rapidamente, a Cola) Ora vedrai cosa ha saputo fare tua sorella, chi quannu si metti nta na cosa, arriva finu a fini. (Fa segno al Delegato di avanzare) S’accomodassi, cavaleri…

Don Cola:            (Tuttavia in orgasmo, ripete forte) Imbecilli!...

Delegato:             (Inchinandosi a Don Cola) Signor Duscio!...

Don Cola:            (C.s.) Cretinu!...

Delegato:             (Sconcertato, lo guarda, poi, mettendo la mano in tasca e traendone un foglio) Ecco, egregia signora, il rapporto pervenutomi dalla questura di Roma, in ordine a quella sedicente signora… (Prende gli occhiali e li inforca)

Marastella:         Bravu cavaleri!... Ma s’accomodassi!...

Don Cola:            S’accomodi!... Obbu!...

Delegato:             (C.s.) Scusi, signor Duscio, lei con chi ce l’ha?...

Don Cola:            Ah, non badi!... Con una persona intima!... Cretinu!... Ahum, ahum!...

Marastella:         Non ci badi, cavaliere, è in orgasmo. Prosegua!...

Delegato:             Che proseguo, signora, io ancora devo cominciare!...

Marastella:         E cominci, scusi!...

Delegato:             (Apre il foglio e legge) Giusto quanto… eccetera eccetera… In risposta … eccetera eccetera… Risulta a questo ufficio…

Don Cola:            Eccetera eccetera!...

Delegato:             Ma che eccetera!... Lei è nervoso, signor Duscio, si calmi. Dunque: «Risulta a questo ufficio che la sedicente Milla Milord…»

Don Cola:            (C.s.) Lorda, chi mi lluddau da testa finu e peti!...

Marastella:         Fimminazza tinta e strataria!...

Delegato:             (Li guarda come per dire: Permette? Poi prosegue) :…«Usa questo nome dal carnevale dello scorso anno, e lo denunziò, per la prima volta, in questa pensione Violetta di via Frattina. Prima si faceva chiamare, anche nei programmi dei teatri di varietà, Elsa Spada, e sotto questa denominazione fu implicata nel processo del Barone Pollicino, per falso in cambiali. Essa fu assolta per non provata reità, ma nel processo emerse che le sue vere generalità sono le sugeunti: Nome, Concetta Cafiso, di padre ignoto e della fu Rosaria. Età di allora, tre anni fa: ventidue anni. Luogo di nascita: Valguarnera di Sicilia…»

Don Cola:            (Fuori si sé, scattando) Comu dissi?... Come ha detto?... Luogo di nascita…

Delegato:             (Mettendogli il foglio sotto gli occhi) Valguarnera di Sicilia, legga.

Don Cola:            (Esterefatto) Carrupipi!...

Delegato:             Caropepe, sissignore.

Don Cola:            Valguarnera Caropepe, in provincia di Caltanissetta?...

Delegato:             per l’appunto.

Don Cola:            (Come preso dalla tarantola, andando su e giù, con le mani in testa) Signuri mei, carrupipana!... A cuntinintali, a romagnola, era di Carrupipi!... M’ammazzu!... Mi iettu du baccuni, a testa sutta!... Siciliana è!...

Delegato:             Coraggio, don Nicola, che importa, se è siciliana?...

Don Cola:            Comu chi importa?... Ma lei u sta sintennu, chiddu chi voli diri?... Si era cuntinintali, marciava all’usu soi; cuntinintali di nascita idda, cuntinintali d’adozioni iò… putia puru ridiri!... Ma essennu siciliana e sapennu comu si maccia ccà, voli chi mu fici in piena facoltà mentale, cu tutti i sentimenti!... E ccà fari ora?... Iò putia fari u cuntinintali cu una i ddà supra!... Ma cu na siciliana è loggicu c’ha fari u sicilianu!... Ma cumprumettiri pi fozza!...

Marastella:         Ouh, Cola, ma chi si pacciu?... Si c’è quacchi d’unu chi s’ava cumprumettiri, mi cumprumettu iò!...

Delegato:             Signori miei, prego, qua non si deve compromettere nessuno!... Che diavolo!... Perché ci sono io?...

Marastella:         Ah, signor cavaliere, questa donna ha messo l’inferno in una famiglia di gente buona!... Malidittu di quannu a cunuscisti, Cola!...

Delegato:             Ma dove la conobbe lei, signor Duscio?...

Don Cola:            (Con crescente orgasmo) A Roma!... A Roma, nella pensione Violetta, di via Frattini!... Cantava dda sutta, al Trianon… poi veniva a tabledocco con me, vestita di gheicia…

Delegato:             E già, canzonettista!...

Don Cola:            Canzunittista stunata!... Stunata comu un piattu ruttu!... E iò, di dda sutta: Beni, brava!... La rivolemo, la rivolemo!... Ci facia a clacchi…E comu!... Chinnici, vinti liri a sira a cincu, sei bastasazzi, mi ci battiunu i manu!... Non cuntannu i ceni, e i corbelli!... «Stasera voglio una corbella, altrimenti non scendo!... Oggi ne voglio due, col nastro di seta!...» E iò corbelli, corbelli! (Si rischiaffeggia, ma la sorella e il delegato lo fermano. Continua, nell’orgasmo) Cantava chidda:« Tutte le donne, il cuore ce l’hanno qua!». (Si batte con la mano il posteriore, poi, nel parossismo, con il volto congestionato, rifà la scena del canto e del balletto relativo di Milla, sul palcoscenico, con sgambetti, sollevamenti di sottana, inchini, etc. in ultimo si scaraventa un sacco di schiaffi e pugni in testa, si morde le mani, si strappa i capelli, a stento trattenuto dal Delegato e da Marastella, che lo conforteranno con brevi parola, a soggetto, e lo ridurranno alla calma. Egli, come un sacco di cenci, si butta a sedere, e piange) …E comu fazzu, ora comu fazzu?... Diventerò il ludibrio del paese!... Lo zimbello di tutti!... Signori miei, siciliana!... Putia mai immagginari chi na siciliana, na Carrupipana, aviria avutu tuttu stu spiritu di cantari a Roma? Dove c’è i Re, c’è il Papa, ci sono senatori, deputati e tuttu l’andarivieni di persone illustri?...

Marastella:         Così sunnu i siciliani, botta di vilenu!... Difficilmenti ni rinesci unu, ma quannu rinesci, passa teni e potta a bannera!... Malanova chi mmi avi idda sula, nuccintedda!...

Don Cola:            (C.s.) Mi manciau na posizioni!...

Marastella:         U sacciu, u sacciu, sta disgrazziata!...

Don Cola:            Sempri mannannu, pacchi e soddi alla sorellina di Milano…

Delegato:             Ma che sorella?... Un’amica, complice…

Don Cola:            E cettu!... U patri colonnellu, a matri cuntissa… Tutti motti!... Chista i parenti l’avi tutti motti…

Marastella:         U sintisti chi è di patri ignotu?... Trovatella…

Don Cola:            Bastadda!... E intantu mi ruvinau!... M’ammazzu!... M’ammazzu!...

Delegato:             (Notando che sta per ricominciare il parossismo) Ma scusi, Don Cola, che bisogno ha, lei, di far sapere che ha scoperto che è siciliana?... Qua non lo sappiamo che noi tre soltanto. Io non parlerò, la signora e voi tanto meno…

Marastella:         (Con la gioia negli occhi) Miscula, cavaleri, tuttu santu e binidittu!... Veru è, Cola!... Tu, appena tonna, a manni, beddu lisci e pettinatu; ci dici: sugnu stufu – senza mi ci fai capiri nenti – e a fai cociri nto so brodu, finu a chi non si nni va!... Si, si, a soruzza!... Peffettu!...

Delegato:             (Vedendo Don Cola consenziente e quasi rasserenato) Vede che tutto s’aggiusta senza bisogno di disperarsi?... Signora, io me ne vado; signor Duscio, arrivederla e calma perfetta.

Marastella:         Delegato, vengo con lei. (Poi che Don Cola la trattiene e si porta il braccio di lei al petto) Mi voi ccà, cu tia?... E comu, chi s’incontru a ddà strascinata e tappinara ci tiru u coddu comu un iadduzzu?....

Delegato:             Si, è bene che lei resti, signora. Quando verrà quella donna lei si nasconda, pronta a intervenire nel caso di qualche debolezza… capisce?...

Marastella:         Sta bene, allora farò come dice lei, cavaliere!... Arrivederla.

Delegato:             Don Cola, i miei ossequii… (Esce)

Don Cola:            Arrivederla, cavaliere. (Resta a sedere, affranto)

SCENA DECIMA

Marastella:         Senti, Cola, vidi chi appena tonna mancu c’ha fari pigghiari ciatu, capisci?... L’ha mannari comu un tappu! (Notando che il fratello piange in silenzio) E chi fai, cianci?... Pi na fimminazza i chista?... E chi sunnu sti cosi, Cola?... Mancu cchiù omu mi pari!... Stai bbonu, stai bbonu!... C’è ccà to soru!... Ci sunnu i to niputeddi… (Correggendo) Vulia diri: c’è Clementina, criatura!... Ora n’annamu in campagna, ti nni vai a caccia, ti distrai e ti scoddi, u senti, fraticeddu mei!... E non pinzari cchiù e fimmini, chi tu non si adattu, pi sti cosi!...

Don Cola:            In America mi nni vaiu!...

Marastella:         E chi si pacciu?... E lassi a mia sula?... E i to beddi proprietà, a to casuzza, la’mici toi?...

Don Cola:            Mu leggirannu nta l’occhi!...

Marastella:         E comu, mancu chistu si bonu a finciri?... Picchistu ti dicu chi n’annamu in campagna, e tonni quannu ta scuddasti!... Così ti cridunu tutti, chi a mannasti picchì eri stufu…

Don Cola:            (Resta pensoso, con lo sguardo nel vuoto, preoccupando la sorella, che lo osserva teneramente, trepidante; poi, a un certo punto, mormora, con voce profonda) Si è decisu!... (Si alza, e la sorella gli si accosta, trepidante, fissa la finestra e fa pre slanciarsi, come avendo presa una risoluzione seria)

Marastella:         (Afferrandolo, grida) Ah!... Chi fai, Cola?!...

Don Cola:            Lassimi annari!...

Marastella:         No, chi voi fari?...

Don Cola:            Nenti, lassimi!...

Marastella:         No, no, Cola, no!... Fraticeddu mei, no! (Avviene una piccola colluttazionee, finalmente Don Cola si svincola e corre verso la finestra. Marastella emette un urlo angoscioso) Ah!...

Don Cola:            (Si ferma presso il tavolo, afferra il campanello e suona forte, gittandolo, poi, sul tavolo stesso)

Marastella:         (Affannata, respira e, affranta, per l’emozione, cade a sedere sul divanetto)

SCENA UNDICESIMA

Servetta:              (C.s.) Cumanna?...

Don Cola:            Pigghimi, u bastuni i canna americana, a scuzzitta cu giummu, a pipa di rasta, ntartarata, e na scatula d’accenni di lignu… Macciamu!... (La Servetta va via) Ora ti fazzu avvidiri, Marastella.

Marastella:         (Gioisce) Femmu, ah?...

Don Cola:            Non t’innincaricari!... Tu, quannu veni idda, t’ammucci dda patti, cali a tenna e senti.

Marastella:         Si, si, o frati. (Alla Servetta, che torna recando a Don Cola gli oggetti chiesti) Ouh, non diri a nuddu… mancu a… da signura, quannu tonna, chi sugnu ccà, u senti?... (Si riode il campanello d’ingresso, forte) Chistu saravi ddu filibbusteri di me maritu!...

Servetta:              Non s’innincaricassi. (Va via, mentre Don Cola calza il berretto, carica la pipa e accende un fiammifero. La Servetta torna e dice piano, in fretta) A, signurina è!... Alla ccà, tunnau!...

Marastella:         Aspeta, ouh!... (Raccoglie lo scialle e la borsa) Vai e apricci!... Mi raccumannu ouh, capisti?...

Servetta:              Non dubita. (Rivà via)

Marastella:         (Corre dietro l’uscio di fondo a destra, ne abbassa le tende e vi si nasconde dietro)

Don Cola:            (Accende la pipa, dalla quale caccia vere ondate di fumo, e mette la mazza tra le gambe, seduto in una poltrona, presso il divanetto)

SCENA DODICESIMA

Milla:                    (Rientra, accaldata, seccantissima, nervosa, e cerca con lo sguardo Don Cola) Ah, sei li?...

Don Cola:            (Ironico) Si… e tu sei là.

Milla:                    (Ergendosi, imperiosa) Senti, da questo momento in poi ti proibisco di far rimetter piede qui a tuo cognato! È un villanzone!...

Don Cola:            (Calcandosi il berretto, per ostentarlo) Chi succidiu?... Coppa, ah?... (Fa il gesto relativo)

Milla:                    (Superba) Ti prego di credere che a me, colpi, non me ne ha dati e non me ne darà mai nessuno!... Mi fece una scenata perché abbiamo ricevuto qui quello stupido di suo figlio… e impone che non lo si riceva più!... L’ho piantato in mezzo alla strada e son tornata indietro a piedi!... Ed egli a seguirmi in carrozza, urlando… finchè fummo fuori dall’abitato… Entrati in paese l’ha smessa, per non compromettersi con quel carabiniere di sua mogli, e m’ha lasciata sola…

Marastella:         (Affaccia la testa dietro le tende, quasi volesse intervenire, irata, ma poi si ritira)

Milla:                    (C.s.) Ma aspettatelo da un momento all’altro!... Ed io non voglio più veder qui ne lui ne quello scimunito di suo figlio, ecco!... (Intanto s’è levato il cappello e l’ha deposto sul tavolinetto da the, e mentre si toglie il paletot, osserva Don Cola, che fuma come un vulcano. Meravigliata, sconcertata, facendo finta di tossire e arricciando il naso per la puzza, esclama) Hai capito?...

Don Cola:            (Con ostentata freddezza) Oggi, tantu me cugnatu chi me niputi, sunnu nvitati a pranzu ccà.

Milla:                    (C.s.) Ah si?... Starai con loro soli, perché io me ne andrò via!... Con quei villani pazzi furiosi non voglio avere più relazioni di sorta!

Don Cola:            (C.s.) Vabbeni!

Milla:                    Va bene, che?...

Don Cola:            Quello che hai detto.

Milla:                    E cioè?...

Don Cola:            Che resto a pranzo solo con loro…

Milla:                    (Impallidendo) Ma che significa, questo linguaggio?... E quel berretto che ti sei messo in testa?... E quella pipa puzzolente che fumi?...

Don Cola:            (Agitando il bastone) E questo marruggio?... No vidisti ancora?...

Milla:                    Ebbene, spiegati, che significa?...

Don Cola:            Significa chi mi stufai di fari u cuntinintali, e tunnai sicilianu!...

Milla:                    Ah si?!... E con questo?...

Don Cola:            E con questo tonnu a usari a pia di rasta con canna di canna, accenni di lignu cu suffuru… (Riagitando il bastone) ed altri oggetti casalinghi!...

Milla:                    Oh, che delizia!...

Don Cola:            E non sulu!... Ma mi stufai di tia.

Milla:                    Come?...

Don Cola:            Mi son instofato di te!... Non comprendi?... La danimarchese non comprende! Tu mi sto…fa…sti… Non mi confanferi cchiù…. Non mi gabbizzi… non mi aggradi, mancu?...

Milla:                    (Che comprende che la partita è perduta) Non ti piaccio più eh?...

Don Cola:            No!... E sai perché?...

Milla:                    Perché?...

Don Cola:            Picchì si cuntinintali!... Ni vogghiu una sicula… della Trinacria… dell’antica Sicania… siciliana, vaia!... Del vero centro della Sicilia!... per esempio di Carrupipi!... Vualguarnera-Caropepe, provincia di Caltanissetta…

Milla:                    (Si morde le labra e adagio adagio riprende il paletot)

Don Cola:            (C.s.) Di chiddi chi manciunu i ficadigni senza sputari i nozzula!... Di chiddi chi sannu capiri: Marruggiu, non mi tucculiari, vidi chi vegnu (Solleva il bastone) vidi chi ncugnu e ti struppiu, (Batte il bastone fortemente a terra)

Milla:                    (Mettendosi il paletot e prendendo il cappello) C’è altro?

Don Cola:            Non ti basta?...

Milla:                    Anzi, ne ho d’avanzo, mio bel villano!...

Don Cola:            Prego, non si disturbi, chi si llodda!... Lo capisce lei, che vuol dire chi si llodda?... Non mi lluddari cchiù!...

Milla:                    E davvero, non voglio più insudiciarmi con te!...

Don Cola:            Prego, prego!...

Milla:                    Ero così stufa di stare con un tipo buffo come te!...

Don Cola:            Troppo gentile!...

Milla:                    (Che ha già calzato e fermato il cappello, si allontana verso la comune, ma giunta presso il divanetto, in pretto siciliano gli dice) Vecchiu stranchillatu e puddicinedda cu giummu!... (Scappa via)

Don Cola:            (Scatta in piedi e tira una bastonata a vuoto, mentre Marastella esce da dietro le tende) Siciliana è, ouh?... A sintisti?...

Marastella:         E comu!... E tu non eri cunvinti, ancora?...

Don Cola:            Si, ma questa è la conferma!... Si non era siciliana non putia diri chiddu chi dissi.

Marastella:         Vecchiu stranchillatu…

Don Cola:            E puddicinedda cu giummu!...

Marastella:         (Presso la comune, soddisfatta) Acqua davanti e ventu d’arretu…

Don Cola:            …e sapuni sutta di pedi (Si ode un fischio)

Marastella:         A friscata di Lucinu!

Don Cola:            E menu mali chi veni du giaddinu, ma si nnò su puttava cu idda, si si ncuntraunu!...

Marastella:         Ah si?... Ora u giustu iò, a Don Lucino!... (Torna a nascondersi dietro la tenda)

SCENA TREDICESIMA

Don Lucino:        (Rientrando dalla sinistra in fondo, come in cerca di qualcuno, acceso, si ferma vedendo Don Cola, brutto in volto e con una mano sulla ferita, perché gli fa male) Vidisti a…

Marastella:         (Quasi saltandogli addosso, tremenda) A cui?... A cuè chi cecchi?...

Don Lucino:        (Pronto al ripiego) A tia!... Com’è chi ti trovi ccà, a tia?...

Marastella:         (Calma, ironica) Ah, scusa, Lucinu, se ti ho disobbedito… vinni… u sai picchì?...

Don Lucino:        Picchì?...

Don Cola:            (Intanto si mette a sedere, quasi contorcendosi, con le mani sulla pancia)

Marastella:         Picchì seppi chi me frati mannau a dda fimminazza… e vosi veniri a faricci i congratulazzioni.

Don Lucino:        (A Cola, quasi irato) A mannasti?... E quannu?...

Marastella:         Ora, ora!... (Fissandolo feroce) Ma comu, non si cuntentu tu?...

Don Lucino:        (Sulle spine, ma pur contenendosi) E u poi dubbitari?... (Facendo, alfine, attenzione a Don Cola, che geme) Cola, chi hai?...

Don Cola:            Ahi, ahi!...

Marastella:         (Allarmata) Maria Santissima, Cola! E chi fu?... A pinnici, n’autra vota?...

Don Lucino:        Di chistu si tratta?...

Don Cola:            E chi nni sacciu?... Po essiri!...

Don Lucino:        Ouh, tanto mi nni capemu; se devi tornare a Roma, stavota, t’accumpagnu, iò!...

Marastella:         Pacciu mi stai perennu!... Si me frati ava pattir, l’accumpagnu iò!

Don Lucino:        E comu ti movi tu, matri di famigghia?...

Marastella:         Pa famigghia ci si tu!...

Don Lucino:        Marastella, non diri fissarii, ci vaiu iò!

Marastella:         No, tu si pacciu, ci vaiu iò!...

Don Cola:            (Sollevandosi, con uno sforzo) Non vi sciarriati, ouh, chi si m’hanna spaccari n’autra vota mi fazzu spaccari cca!... Mi fazzu spaccari ccà!...

FINE DEL TERZO ATTO

FINE DELLA COMMEDIA