L’assemblea deserta

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L'ASSEMBLEA DESERTA

L’ASSEMBLEA DESERTA

Commedia in un atto

di OTTIERO OTTIERI

PERSONAGGI

AMMINISTRATORE

MASTROPASQUA

DUBINI

ZERI

TAGLIABUE

DELBUONO

MENINI

ANNALIA TAGLIABUE

MASCHERPA

ragioniere commercialista,

medico di origine meridionale,

dirigente lombardo,

artigiano milanese,

capitalista lombardo,

avvocato, di regione imprecisata,

maestra elementare,

ragazza molto graziosa,

giovane e bellissima vedova.

Commedia formattata da

 

Siamo, ai giorni nostri, nella stanza per assemblee di un commercialista in Milano. Egli è l'Amministra­tore del Condominio dove abita: i condomini quindi si riuniscono presso di lui, per le assemblee ordinarie e straordinarie, senza dover uscire dal palazzo (che è poi una casa abbastanza moderna, modesta, di picco­la borghesia, con qualche condomino borghese più ricco).

La stanza appare nuda, bianca, pulita. C'è un tavo­lo lungo e lucido nel mezzo, con tante sedie intorno, dove si siedono i partecipanti alle riunioni. Una men­sola per il telefono, accanto all'Amministratore, e un tavolinetto metallico con sopra una calcolatrice Oli­vetti. Un brutto mobile falso antico a una parete, che contiene incartamenti. Un quadro sbiadito e ottocen­tesco alla parete di fronte. Ma la stanza sembra lo stesso vuota e fredda. Ha una finestra, naturalmente, e una sola porta, che dà sull'ingresso dell'ufficio-abi­tazione dell'Amministratore.

Dopo cena. Luci accese, finestra chiusa. Acerbo ini­zio di primavera.

SCENA PRIMA

Amministratore             - (amaro, tagliente, un po' rabbioso, tecnico) Signori, sono le ventuno e venti. Qui sa­rò costretto a dichiarare l'assemblea deserta. Manca­no tre persone e diciotto virgola ventisette centesimi. Mi ha telefonato l'ingegner Carnevale per darmi la sua delega per telefono. (Indica il telefono) Ma io per telefono deleghe non ne accetto da nessuno. Poi salta su qualcuno e mi impugna il telefono (fa il gesto) ... il verbale.

Menini                           - (lamentosa) Eppure non avrebbero che da salire o scendere qualche rampa di scale. In fon­do, sono interessi nostri. (Disinteresse, noia e un po' di impazienza nell'attesa dei convenuti. Si guarda in giro per attaccare conversazione) Io qui del palaz­zo non conosco nessuno... Per fortuna ogni tanto ci sono queste assemblee. Nascono tanti bambini nel ca­samento. Lei, dottor Mastropasqua, ha avuto un ma­schio, la settimana scorsa, mi felicito, chissà come sarà contento, con la sua signora.

Mastropasqua                -  Grazie, signora, un bel maschietto.

Delbuono                      - (dolce, ma di colpo) E lecito non esse­re contenti per la nascita di un bel maschietto? (Im­barazzo leggero, sorpresa)

Dubini                           -  Propongo che, anche senza i centesimi necessari, si inizi a discutere, fra noi, lo sconcio delle scritte sull'ascensore.

Menini                           -  E lei si lamenta per l'ascensore della scala A, dove abita la gente migliore. Dovrebbero prendere il nostro della scala B per rendersi conto.

Mastropasqua                -  Eh, signora, ma ognuno prende il suo ascensore.

 Delbuono                     -  Non è vero. Il Natale scorso fu spal­mata una lacca nera sulla parete di fronte a chi en­tra, nell'ascensore della B. Questa lacca ora è graf-fita...

Menini                           -  Viene fuori il giallo del legno.

Delbuono                      -  Emerge in giallo una parola che il nostro portiere è incaricato quotidianamente di tra­sformare in fuga. (Lo guardano fisso)

Dubini                           -  È uno sconcio. Giallo su nero, l'accosta­mento di maggiore spicco che esista. Nella mia Ditta, molto moderna, gli scalini, gli angoli pericolosi, giù in officina, sono verniciati a strisce gialle e nere. Gli psicologi industriali del colore hanno studiato che questa è la combinazione capace di provocare il mag­gior senso di pericolo e di allarme nei lavoratori...

Delbuono                      -  Chi entra, subito vede fuga fuga fu­ga, giallo su nero, come dice l'ingegner Dubini, e ne ha un senso...

Amministratore             - (motto seccato, è evidentemente lui che ha dato l'ordine della trasformazione) Se è per questo, non vede soltanto fuga.

Delbuono                      -  È assurdo che il nostro portiere debba ogni giorno, con la chiave, aggiungere una zampetta...

Amministratore             -  Le ricordo che chi entra vede anche pinuccia sei bona.

Menini                           -  Si è stabilito chi è Pinuccia?

Amministratore             -  Sì.

Delbuono                      -  La signora Giuseppina Andreani è sul serio molto graziosa. (Cambiando tono) Comunque io sono contrario che questi graffiti vengano, come fa il nostro portiere e non so chi gli ha dato l'ordine (ipo­crita, lo sa benissimo), invece che cancellati o gratta­ti trasformati. Per esempio, la parola pirla è stata cambiata in ferla, che sono miei carissimi amici e mi vengono spesso a trovare, prendendo sicuramente l'ascensore perché io abito in alto. (Pausa. Non si ride, mai)

Delbuono                      -  pinuccia sei bona come si trasforma? In altro caso si legge fegato. Questo allungamento è peggiore della breve realtà.

Amministratore             - (difendendosi, violento) Scelga, scelga. Lei preferisce fuga? Che propone? (Delbuono ha uno smarrimento)

Delbuono                      -  Propongo... (Tra sé) Tutte quelle fu­ghe...

Menini                           - (sempre molto lamentosa ma accomodante e materna, come per sciogliere l'attrito spostando il discorso) Hanno notato che tutte le scritte sono scritte molto in alto? Io, per esempio, che sono pie-colina, non ci arriverei.

Delbuono                      - (si riprende, ora affettuosamente ironico) Non tutte. Molti giovani, sedici-diciassettenni della scala B, attraversano l'età critica. La signora Pinuc­cia deve capirli.

Mascherpa                     -  Ma quelle tanto in alto?

Delbuono                      - (misurando mentalmente la statura dei presenti e degli assenti) Il portiere lo escluderei. È uno e cinquantanove. Non le avrà mica fatte il no­stro signor Zampettari, che stasera vedo assente?

Mascherpa                     - (graziosa) Mi pare uscito dai tempi della stupidera.

Delbuono                      -  Mi veniva in mente la sua atletica sta­tura fisica. Ma poi, è vero, c'è quella spirituale.

Dubini                           -  Tecnicamente il problema non può esse­re risolto che con un rivestimento in plastica scana­lata, simile a una gomma dura, inattaccabile da qualsiasi incisione, anche se manda un forte odore di polistirene, oppure da una lamina a coste del tipo alluminio in semi-lega.

Delbuono                      -  Osceno-repellente.

Amministratore             -  Ho chiesto i preventivi per il ri­vestimento a varie ditte. Sono tutti qui in cartellina a disposizione dei signori condomini. Ma per decidere occorre il numero legale, non chiacchiere.

Delbuono                      -  L'oscenità, è vero, è un problema di maggioranze.

Menini                           -  Il peggio è per i minori, per i bambini. Essi dopo aver preso l'ascensore fanno continuamen­te domande.

Delbuono                      - (piano) La fuga colpisce anche gli adul­ti... (Non lo ascoltano)

Mastropasqua                -  Ma signora, se le imparano sui banchi di scuola.

Menini                           -  In ascensore sono molto più pericolose. Io sono insegnante. Intanto nella nostra scuola mista ogni tre settimane passa una ditta a stuccare tutte le incisioni. E poi in ascensore il bimbo si trova solo di fronte alla parola. In aula ogni apprendimento è fat­to in gruppo.

Delbuono                      - (riflettendo) Il gruppo, già, il gruppo.

Mascherpa                     - (maliziosa, senza forse volerlo) Ma insomma, chi le scriverà? (Tutti si voltano verso di lei che è molto bella, provocante)

Mastropasqua                -  È. un bene che la signora Mascher­pa abiti la scala A.

Amministratore             - (tagliando corto) È stato ben detto. Una persona alta. Ho visto troppo spesso aggi­rarsi, vero, un garzone del panettiere del tipo Came­ra. Si è voluta abolire l'interdizione dell'uso dell'a­scensore ai fornitori, ch'era una saggia norma, e adesso...

Mastropasqua                -  Ma che cosa vuole, ragioniere...

Menini                           -  Basterebbe che cessasse questo uso di fare la spesa per telefono, e che le nostre signore si scomodassero un pochino.

Delbuono                      - (serio) D'altra parte mi rendo conto come sia difficile resistere alla tentazione del graffito. Io stesso faccio fatica. C'è proprio un demonio che, nell'ascensore della A, ha scritto una piccolissima F in mezzo alla parete destra e poi ha lasciato il vuo­to. Non so se succede anche a loro, ma certe volte non si sa assolutamente che cosa fare durante quei trenta secondi di viaggio nell'ascensore, non si sa as­solutamente che cosa fare. Una f terribilmente im­pura. Ma fuga è peggio. (Pausa)

Menini                           -  Avvocato... (Arriva Tagliabue con la fi­glia. Si scambiano saluti e i nuovi arrivati si accomo­dano)

Amministratore             -  Ecco altre due persone.

Tagliabue                      -  Ho portato mia figlia, cui ho intestato tre appartamenti e il garage. Non poteva darmi la delega, perché ne ho già cinque e allora me la sono portata qui.

Voci                              -  Bravo. Bravo.

Annalia                         -  Ho dovuto lasciar giù degli amici.

Mascherpa                     -  Loro danno spesso ricevimenti?

Annalia                         -  Sennò, d'inverno, ci si annoia. Stasera siamo in sei, ballavamo.

Mascherpa                     -  E difficile ballare cosi in pochi.

Annalia                         -  Perché? Siamo tutti amici, del gruppo.

Delbuono                      -  E difficile perché...

Amministratore             - (dopo un rapido conteggio, a scat­ti, sulla calcolatrice) Adesso mancano uno virgola venticinque centesimi. Non ci siamo ancora. Bisogna attendere.

Annalia                         -   Sia  buono,  per un  centesimo  e  un quarto !

Amministratore             -  Non posso, signorina. Non posso. E se domani qualcuno mi impugna il verbale? Non capisco, vero, questo assenteismo. Anche un ammini­stratore non può essere lasciato solo, vero, deve avere il conforto dell'assemblea. Io preparo un preventivo, un consuntivo, diversi milioncini, interessi miei, ma soprattutto degli altri, e nessuno si preoccupa di ve­nirci a mettere il naso.

Tagliabue                      -  Si fidano troppo di lei!

Delbuono                      -  La democrazia è difficile, paradossale. "Questo regime esige dal maggior numero di uomini virtù che comunemente sono appannaggio di pochi."

Amministratore             -  C'è un'assemblea, vero, un re­golamento, e io debbo rispettarlo.

Delbuono                      -  Ogni assemblea tende al suicidio. La maggioranza tende per pigrizia a mettersi nelle mani di una oligarchia esecutiva, questa tende a partorire un dittatore, il dittatore a esagerare. Allora lo si ro­vescia e il potere torna al popolo, che nomina un'as­semblea. Secondo alcuni, questo è il meccanismo fis­so della storia. (Entra, nero d'umore, veloce, quasi al­la chetichella, un nuovo condomino, ripulito e liscia­to, ma sostanzialmente male in arnese e della scafa B. È il signor Zeri)

Zeri                               -  Sono venuto, ma non volevo venire.

Mastropasqua                -  Intanto ci spieghi, signor Zeri.

Zeri                               -  Da un anno non si convoca l'assemblea. Dov'è la democrazia? Chi ha scritto l'ordine del gior­no? Per me il punto e), stesura di un tappeto-guida, per la scala A, è una manovra.

Amministratore             - (controllandosi a gran fatica) Deciderà l'assemblea, vero. Con la sua presenza ab­biamo raggiunto giusto il numero legale. Le sue in­sinuazioni non le raccolgo, vero.

Zeri                               -  E io me ne vado.

Annalia                         - (mondana) No, no, signor centesimo e un quarto, nostro salvatore, non vada via. Ci rovina.

Zeri                               -  Il mio centesimo vale quanto tutti i miliar­desimi suoi e di suo padre. Se avete bisogno del tap­peto-guida per le vostre feste e anche di un vigile ur­bano che regoli il traffico su strada, compratevelo. A me basta uno zerbino per pulirmi i piedi l'inverno, e le mani le ho pulite in tutte le stagioni.

Menini                           -  Signor Zeri, sì calmi; perché lei è sem­pre arrabbiato?

Amministratore             - (trattenuto ma martellante) Al signor Zeri sfugge che il punto e) come il d) e se­guenti, mirano a un solo scopo: migliorare il tono di tutto il palazzo. Il che ne aumenta il valore locativo. Dispiace al signor Zeri che il suo appartamentino, se del caso, lo possa affittare a 420 invece che a 360 an­nui, o preferisce che l'androne, il marciapiede, siano sporchi come un vicolo della bassa terronia?

Zeri                               -  Che c'entra il marciapiede. È del comune.

Tagliabue                      - (padronale, spiccio) Volevo appunto lamentarmi di questa via, che è indecorosa.

Dubini e Menini            -  Giusto.

Tagliabue                      -  Se continua ad essere cosi sporca, io vendo. (Pausa)

Amministratore             -  Cerco di influire, vero, anche sui portierati circostanti.

Dubini                           -  I palazzi circostanti sono popolari.

Tagliabue                      -  Io li compro. (Pausa)

Menini                           -  Si pesta sempre della roba con le scarpe, sul marciapiede.

Mascherpa                     -  Mi è successo anche ieri notte.

Amministratore             -  Signori, questo stabile ha tutte le basi per diventare di lusso. Io ce lo farò diventare, gradatamente.

Zeri                               -  Voi fate e disfate.

Amministratore             -  Facciamo.

Zeri                               -  Lei fa anche troppo.

Amministratore             - (balza in piedi) L'assemblea, so­lo l'assemblea, deciderà se io debbo restare in carica o andarmene. Ma io ho già deciso! Credete che ci tenga tanto a questo cadreghino?

Zeri                               - (seduto, torvo) Se me ne vado io, l'assem­blea non esiste.

Amministratore             -  Mi dia il tempo di costituire l'assemblea, poi chi c'è, c'è, chi non c'è, non c'è...

Zeri                               -  Me ne vado subito.

Amministratore             -  Se ne vada! Aggiorno tutto a dopodomani. Giusto la mia signora stasera desiderava che l'accompagnassi al cinema, ed è una donna che se lo merita.

Annalia                         -  No, per carità, dopodomani non posso, non posso.

Mastropasqua                -  Si segga, ragioniere, non vede co­me abbiamo bisogno di lei?

Dubini                           -  Qui si sta perdendo del gran tempo. Sta­sera mi ero portato alcune pratiche a casa. (L'Ammi­nistratore, rabbioso, siede. Pausa difficile)

Amministratore             -  Tutto sembra più importante del condominio, non balle, dove si vive. (Imbarazzo. Silenzio)

Mascherpa                     - (ad Annalia, cercando di parlare sotto­voce nel silenzio, fra donne) Dice che loro hanno un night-club privato...

Annalia                         -  In cantina. Altrimenti al primo piano non si resiste dalla noia.

Mascherpa                     -  Allora è collegato direttamente...

Annalia                         -  Con una scaletta.

Mascherpa                     -  Sarà un night tipo cave. Dice che le pareti...

Annalia                         -  Sono tutte nere.

Mascherpa                     -  E il soffitto?

Annalia                         -  Rosso.

Mascherpa                     -  E gli avete dato un nome...

Annalia                         -  Mah. Cut-beef...

Mascherpa                     -  Stasera ballate li?

Annalia                         -  Senza orchestra. Coi dischi, tipo whisky à gogò.

Delbuono                      -  Dal cortile sento sempre salire un jazz freddo.

Amministratore             -  Portierato. Si ritiene che que­sto portiere non sia consono all'auspicato tono del pa­lazzo. Abbiamo due soluzioni davanti a noi. Assumere il Bardelli Giovanni, onestissimo, ma zoppo. Chiede­re ulteriori informazioni sul Civiletti Priamo, che pa­re in gamba, che però è un operaio li-cen-zia-to.

Zeri                               -  Dunque, l'unica soluzione è licenziare quel­lo che abbiamo...

Dubini                           -  Desidero si chiarisca e si metta a verba­le quanto rivelato a carico dell'attuale portiere.

Amministratore             -  Ingegnere, la servo subito. Il Ghislanzoni, benché sposato, tiene cattiva condotta con le domestiche del palazzo.

Menini                           -  Non era stato diffidato?

Amministratore             -  Gli feci infiggere in guardiola un cartello che proibiva al personale femminile di servi­zio di prolungare le soste in guardiola oltre il deci­mo minuto di permanenza.

Mascherpa                     -  E non è servito?

Delbuono                      -  Ma se vive in una stanza con la figlia, la suocera, la moglie, e di tanto in tanto la cognata.

Amministratore             -  Signornò. Non gli bastano. Usa salire nei nostri appartamenti vuoti.

Mastropasqua                -  Deve avere le chiavi in caso di in­cendio.

Mascherpa                     -  D'estate, sono terribili gli incendi d'e­state.

Delbuono                      -  In brughiera, in pineta.

Amministratore             -  Io le mie chiavi, per buona re­gola, non le do mai a nessuno.

Zeri                               -  A sua moglie le dà, le chiavi, a sua moglie! E mica soltanto le sue, anche le nostre. L'amministra­tore abbiamo, e l'amministratrice! (L'Amministratore si alza indignato, di scatto)

Amministratore             -  Abbandono la seduta. Trovatevi un presidente! Trovatevi un altro amministratore! Ma prima vi comunico, com'è mio dovere, che il Ghislan­zoni è stato colto da me     - (volutamente volgare, in spregio all'assemblea) a toccare la serva del quarto piano.

(Se ne va dalla stanza. Il signor Zeri responsabile della crisi, immobile, guarda fosco e indifferente nel vuoto. Periodo di silenzio generale)

Delbuono                      -  Il Ghislanzoni è vittima della sua so­litudine. (Pausa. Durante la pausa si nota, quasi impercettibilmente, l'avvocato Delbuono incupirsi e a-strarsi)

Tagliabue                      - (esuberante) Penso che l'assemblea mi incarichi volentieri di fare opera di convincimento presso il ragioniere. ,

Delbuono                      - (non ascoltato) Bisogna tener presente che un portiere non ha compagni, che un portiere... Io l'ho veduto il giorno di ferragosto, seduto su una sedia in mezzo al cortile. Il portone era stato da lui chiuso perché tutti erano partiti. (Con l'approvazione di tutti, Tagliabue esce e,va a recuperare l'Ammini­stratore nel suo aventino. Senza il ragioniere e senza Tagliabue, l'assemblea è come rimasta sola)

Mascherpa                     - (che sembrava non avesse nemmeno lei ascoltato, di sorpresa a Delbuono e come con sospet­to) Lei non era andato in ferie?

Delbuono                      -  Aspettavo...

Mastropasqua                - (un po' allegro) Il Ghislanzoni avrà guardato le due ragazze alla finestra di cortile del numero 23...

Dubini                           -  Già. Qualche volta le vedo anch'io, due ombre. Il sabato pomeriggio... Stanno sempre in casa, le feste. (Ritornano Tagliabue e l’Amministratore. Fra questo ultimo e Zeri non corre nemmeno uno sguardo)

Amministratore             - (ripreso il suo posto) Se volete che io rimanga, metto subito ai voti la sostituzione del portiere.

Delbuono                      - (piano) Scusatemi. (Guarda l'orologio, fuma, è irrequieto, ma sempre in modo pacato, mai clamoroso)

Tutti                              - (tranne Zeri) Va bene.

Delbuono                      -  Scusatemi. (Si alza) Debbo andarme­ne... assentarmi un momento. Salgo un momento a casa mia e ritorno.

Amministratore             -  Stiamo votando sul punto a), av­vocato.

Delbuono                      -  Aspetto una interurbana.

Amministratore             -  Avvocato, viene a mancare il nu­mero legale.

Delbuono                      - (mite ma frettoloso) È vero. Eppure devo proprio assentarmi un momento, un momentino. Una telefonata urgente. Urgentissima. Me n'ero di­menticato. (Esce)

Amministratore             -  Non capisco, vero. Questo por­tiere è diventato troppo importante. Si manca, oserei dire, di rispetto all'assemblea.

Menini                           -  Forse si preferisce mancare di rispetto all'assemblea che a qualcun altro.

Mascherpa                     -  A chi?

Menini                           -  A una signora.

Mascherpa                     -  Quale... signora?

Menini                           -  Una signora orgogliosa. Non frequenta le assemblee.

Mascherpa                     -  La signora... di questa scala?

Amministratore             - (rompendo il pettegolezzo) Si­gnore ce ne sono anche qui.

Zeri                               - (piano) Mah... (Rientra, molto pallido, Delbuono e siede)

Delbuono                      -  Scusatemi.

Annalia                         -  Ha fatto cosi presto a telefonare.

Delbuono                      -  Mi chiamavano da vicino. Da Torino.

Amministratore             - (piccato) Pospongo la discussio­ne sul portiere. La faremo in fondo. Pongo prima sul tappeto i problemi che riguardano l'aumento di li­vello del tono materiale della casa, come il problema del tappeto...

Zeri                               -  ... rosso. Sarebbe meglio aumentare il livel­lo del tono della caldaia.

Menini                           -  Già, fa freddino.

Amministratore             -  Lei come la cambia la caldaia? In una mezzoretta? Intanto viene lei ad accenderci il camino in casa?

Zeri                               -  Ci mandi sua moglie. (Sembra che l'Ammi­nistratore esploda. Invece non lo degna che di uno sguardo di disprezzo)

Amministratore             - (facendo il grande) Mi costa fa­tica, lo sappiamo. Eppure preferisco ignorare la pre­senza di quel signore, non sporcarmi le mani e il cer­vello. (Zeri fortunatamente rimane seduto e si limita a ghignare)

 Menini                          - (alla Mascherpa, in sordina) Fra i due c'è proprio una vecchia ruggine. Non riescono a stare nella medesima stanza.

Amministratore             - (gelido) Ho dato già ordine al Ghislanzoni di procedere alla doratura delle cassette postali.

Delbuono                      -  Il Ghislanzoni non si è opposto.

Amministratore             -  Che c'entra?

Delbuono                      -  La vita del Ghislanzoni è soffocante, soffocante. Vive in una gabbia tutto il giorno. Gli si deve offuscare il cervello. Quando esco la mattina al­le nove mi dice: Buongiorno. Se poi rientro verso le dieci mi dice: Buongiorno.

Amministratore             -  Metto ai voti la spesa per la do­ratura delle cassette postali su preventivo della ditta Riboldi.

Delbuono                      -  Scusatemi. Devo risalire un momento in casa mia.

Annalia                         -  Ma che c'è, che c'è...

Delbuono                      -  Scusatemi. (Si alza)

Annalia                         -  Approfitto per scendere un momento anch'io.

Amministratore             -  Aggiorno tutto, vero.

Delbuono                      -  No, no, ragioniere, non ne vale la pena. Io torno subito. (Allarmato) E anche la signorina tor­nerà subito, non è vero? Io cerco di tornare il più presto possibile. Anche prima sono tornato presto, non hanno visto? È questione di momenti. Mi dispia­ce che la signorina...

Amministratore             -  Mi rivolgo a lei, signor Tagliabue. È opportuno che le passi la presidenza.

Tagliabue                      - (guarda un attimo la figlia, poi autorevo­le) Chiedo ai signori un briciolo di pazienza. Ef­fettivamente mia figlia aveva qualche impegno socia­le, stasera. (L'assemblea rimane tutta interdetta. Delbuono esce e la ragazza lo segue)

Menini                           - (dopo un lungo silenzio) I giovani non sono adatti per queste cose diciamo amministrative, commerciali. Hanno questi loro night-club.

Mastropasqua                -  L'avvocato Delbuono non è più tan­to giovane. Ha la mia età.

Mascherpa                     -  Strano. Sembra tanto più giovanile. (Tutti guardano e valutano, sia pur di sfuggita, Ma­stropasqua)

Menini                           -  Torneranno insieme, almeno?

Amministratore             -  Ritengo l'assemblea andata de­serta.

Tagliabue                      - (con tutto il peso dei suoi centesimi) Ritengo che sia il caso di attendere. Dovevo intanto comunicarvi che la spesa per il tappeto-guida me l'assumo interamente io.

Zeri                               -  Intanto la caldaia sta scoppiando.

Dubini                           -  Solo un tecnico può dirci se sta scop­piando o meno.

Zeri                               -  O lo scoppio.

Dubini                           -  Certo, io lo so che sono stati aumentati clandestinamente i termoconvettori.

Menini                           -  Di notte, li aumentano. Chiamano gli ope­rai di notte.

Mastropasqua                -  Occorre una perizia.

Dubini                           -  E lei si fida di questi periti esterni.

Mastropasqua                -  No, ma dal momento che lei stesso è dubitativo.

Amministratore             -  Faccio presente che non siamo qui riuniti stasera per la caldaia. (Guardando Zeri) Alcuni mi sembrano voler sostenere che il nostro pa­lazzo sta appoggiato sopra una bomba atomica ine­splosa. (Ridacchia) Il che significa dire che io sono un incosciente, mentre vi avverto che non sono inco­sciente affatto.

Mascherpa                     -  Meno male.

Amministratore             -  Ci sono invece altre questioni che devono essere affrontate e vengono eluse. Que­sto palazzo rischia di passare in mano ad elementi che non ne garantiscono il decoro. Questo palazzo sta scivolando. Loro non vorranno dirmi che si possa stendere biancheria fine sui terrazzini, quando dai pia­ni superiori cadono mozziconi di sigarette accesi, scro­sci d'acqua che oserei dire poco pulita. È perfetta­mente inutile che le nostre domestiche, o le nostre signore stesse, lavino la biancheria, se poi, quando si asciuga, si risporca. (Con un crescendo d'invettiva fredda) È perfettamente inutile progettare una fonta­na zampillante per l'abbellimento del cortile e su questa fontana dovrete deliberare se essa, per la continua caduta di oggetti e liquidi dall'alto, noi la facciamo diventare, a priori, una fogna, un ricetta­colo del peggio, una roggia, una pattumiera, uno spur­go. È perfettamente inutile che il signor Tagliabue si offra di stendere a sue spese il tappeto guida, rosso o mica rosso, se poi questo deve condurre a un ascen­sore che ci fa arrossire, sotto gli occhi di un portiere che non c'è mai, perché sale, per i suoi scopi, non di pulizia ma di sporcizia, ai piani superiori. Qualcuno ha insinuato che il portiere è troppo solo. Non capi­sco. Ha famiglia ed è in compagnia del suo quotidia­no dovere. Comunque, se l'assemblea mi confermerà nell'ingrata carica di Amministratore, con la quale non si compra la Jaguar, io sottoporrò all'assemblea un progetto di ampliamento della vetrina della guardio­la, da cui il portiere goda la visuale dell'intero an­drone. Egli potrà, senza muovere qua e là la testa come un cagnolino, e magari senza troppo distogliersi dai suoi amati cruciverba, osservare coloro che en­trano. E dovrà indossare una divisa, un berretto.

Mascherpa                     -  Certo, col berretto si sentirà più se­rio.

Amministratore             -  Signora, serio o non serio, noi dobbiamo difenderci. (Squilla il telefono accanto all'Amministratore. Questi, ancora accalorato, quasi stan­co, ma fiero, impugna forte la cornetta. Dice Pron­to! poi tace. Lo fissano. Lunghe frasi, che non si capi­scono, all'altro capo dell'apparecchio)

Amministratore             - (sempre dentro il microfono, di botto) Lei avrebbe anche ragione, se fosse qui. Ma lei non può pretendere di deliberare da lontano. Co­modo, caro signore. (Butta giù il microfono)

Menini                           - (spaventata) Era l'avvocato Delbuono?

Amministratore             -  No, Per la seconda volta, l'inge­gner Carnevale. (Rientra pallidissimo l'avvocato Delbuono. Fa un breve giro intorno ai condomini seduti e va ad accomodarsi nella sua seggiola, solerte, ta­cendo)

Menini                           - (non riuscendo a trattenersi) E la signo­rina Annalia?

Delbuono                      -  Ma non era con me. Io ero a casa mia, un momento, solo...

Tagliabue                      -  Naturalmente.

Mascherpa                     -  Mio Dio, e ora quando torna la signo­rina?

Tagliabue                      -  Tra breve. (Pausa)

Menini                           -  Lei è sposato, avvocato Delbuono?

Delbuono                      -  È come se lo fossi. (Ancora silenzio)

Dubini                           - (duro) Desidero si metta a verbale che la caldaia non corre pericolo in se stessa, ma in-funzio-ne-dell'aumento-fraudolento-degli-elementi.

Mastropasqua                -  L'affermazione è grave.

Dubini                           -  Una volta, dopo dieci anni, andava uffi­cialmente fatta.

Amministratore             -  Si allude a qualcuno.

Dubini                           -  Lei svolgerà un'inchiesta. La scala B con i termoconvettori esagera.

Zeri                               - (alzandosi) La scala B desidera si metta a verbale che prima viene la caldaia, poi il tappeto ros­so, poi la fontana, in ultimo il berretto. E ora di fare giustizia.

Delbuono                      - (stranamente euforico) Debbono deci­dere le signore, di queste precedenze. Si tratta di una scelta. Si tratta sempre di una scelta.

Menini                           -  Troppe signore del palazzo disertano si­stematicamente le nostre assemblee.

Delbuono                      -  Hanno il senso della casa, non quello del casamento. (L'aria è molto tesa)

Tagliabue                      - (a voce forte) Ho già detto che la spe­sa per il tappeto rosso me l'assumo interamente io. Gli altri miglioramenti saranno equamente suddivisi in centesimi.

Zeri                               -  Per il berretto io non spendo un centesimo. (Pausa. Si guarda intorno e cerca con gli occhi gli in­quilini della sua scala)

Zeri                               -  Signora Menini! La scala B non ha bisogno di berretti e di fontane.

Menini                           - (con voce stridula) Il signor Tagliabue offre il tappeto per tutti. E la fontana ci servirà, quando guardiamo dalle nostre finestre il cortile, che è cosi squallido, a rinfrescare lo sguardo.

Amministratore             - (ghignando a Zeri) Lei mi sem­bra piuttosto in minoranza.

Zeri                               -  Ah, si? Qui si pastrugna ad oltranza. (Pren­de e se ne va. Sulla porta si imbatte in Annalia che rientra, appena arrossata in volto, con qualche capel­lo in disordine)

Delbuono                      - (a voce forte, molto animato, allegro e vo­litivo) Zeri, ci siamo! Si vota! Torni indietro, Ze­ri! (Il signor Zeri si ferma sulla porta a questo inso­lito richiamo. Allora Annalia, con una abitudine un po' fanciullesca, un po' sofisticata e mondana, lo pren­de per un braccio e lo riconduce alla sua seggiola. Contraddetto, ammansito, egli siede)

Amministratore             - (ignorando la scena) Pongo al primo punto dell'ordine del giorno il mantenimento in carica dell'attuale amministratore, cioè di me stes­so. (Si alza) E per non interferire nelle loro decisio­ni, mi assento. (Fa per uscire)

Mastropasqua                -  Ragioniere, non si tratta che di malintesi.

Amministratore             -  Non malintesi. Malevolenze, che vengono da più parti.

Dubini                           - (esatto, eccessivamente pacato, saggio. Sen­te che è il suo momento, di vero leader informale dell'assemblea) Si segga, la prego, ragioniere. Si segga. Noi non desideriamo altri amministratori che lei. (Più duro e veloce) E poi lei è amministratore e condomino, mi spiego. Se lei si assenta, tornano a mancare i centesimi necessari. L'assemblea va de­serta.

Mastropasqua                -  Si pone una questione giuridica.

Dubini                           -  Di praticità. Siamo uomini pratici abi­tuati a organizzare. Io, in Sidermet, ho cinquanta persone sotto di me, in ufficio. Sono un tecnico e, modestamente, un dirigente. Vi faccio un discorso da tecnico. Questa casa ha dieci anni e vi abbiamo pas­sato dieci anni della nostra vita.

Menini                           -  E quanti bambini ci sono nati.

Dubini                           -  Si sta deteriorando, come noi, e non vo­gliamo accettare questa usura. Né vogliamo rinno­varci. (Delbuono lo ascolta, sempre più affascinato. L'Amministratore è tornato al suo posto, costretto ad ascoltare)

Dubini                           -  Corriamo disordinatamente, mi pare, ai ripari, e non siamo capaci di affrontare l'evoluzione del tempo con un programma, con un piano.

Delbuono                      -  È vero. Dobbiamo affrontare il pro­blema centrale.

Dubini                           -  Scesi nelle cantine l'altra sera: marci­scono. Ieri sono salito nei solai, di persona: dissecca­ti dal sole, e la pioggia filtra d'inverno attraverso le screpolature della siccità estiva. Mi sono accorto che i canali delle grondaie si piegano e stanno crollando sotto un drenaggio di terra. Da qui a tre anni avre­mo tutte le tubature, colonne di salita e discesa, schiantate.

Mascherpa                     -  Ingegnere!

Dubini                           - (impassibile) Stamani ho visitato la cal­daia. Nel pomeriggio ho controllato i fori dovuti alle antenne televisive in aumento. Ormai il tetto è al limite del punto di rottura. Prima di venire qui ho voluto esaminare, accompagnato dal Ghislanzoni, lo stato delle terrazze. Mi preoccupa. (L'Amministrato­re non reagisce ancora) È necessario portare alla lu­ce ciò che non si vede.

Delbuono                      -  E vero, è vero.

Dubini                           -  Bisogna curare organicamente quello che sta dietro e... sotto la facciata.

Delbuono                      -  Si.

Dubini                           -  Occorre una continua analisi delle strutture. Anche se la facciata è importante, e va restaurata, di tanto in tanto.

Delbuono                      -  Ad esempio, le tapparelle. Non chiudo­no più. Già all'alba una luce terribile filtra sugli occhi.

Mastropasqua                - (scuro in volto) Ma allora, inge­gnere...

Dubini                           -  Molti di noi resteranno chissà per quan­to in questa casa. Molti se ne andranno. Ma i primi senza sapere che cosa possiedono, i secondi che cosa vendono.

Delbuono                      - (illuminato) Giusto.

Dubini                           -  È necessario saperlo.

Delbuono                      -  È necessario.

Tagliabue                      -  Non mi vorrà dire, ingegnere, che la casa sta precipitando.

Annalia                         -  Allora la nostra cantina?

Dubini                           -  Non voglio dir questo. (Silenzio di at­tesa)

Dubini                           -  Propongo la costituzione di un ristretto comitato tecnico che, affiancando l'Amministratore, metta gli occhi dietro, sotto i muri, e controlli la casa nelle sue viscere.

Delbuono                      -  È una sicurezza. Lei deve presiederlo.

Amministratore             - (sbottando, agrodolce) Non sa­rò certo io contrario, vero, ad essere sollevato da tutte queste incombenze tecnicistiche.

Mastropasqua                -  Il comitato sarebbe esclusivamen­te consultivo?

Amministratore             -  Se volete che tante teste coman­dino, fate pure. Il bilancio io lo passo di peso, lo scarico, e delego al comitato. Benone. Mi do alla car­riera diplomatica.

Dubini                           -  No, ragioniere. Lei ci amministra.

Delbuono                      -  Si, occorrono dei tecnici. Ma poi una guida... uno scopo... (Detto questo, l'avvocato Delbuo­no senza nessun motivo apparente, si alza, si allon­tana un poco dal tavolo. Dapprima egli dà la sensa­zione di volere fare qualche cosa di utile, ad esem­pio mediare la scelta del comitato tecnico e i rap­porti fra quest'ultimo e l'Amministratore. Ma poi, sempre in piedi, si volta dinanzi all'assemblea)

Delbuono                      -  Vorrei subito partecipare a... Scusino. Debbo salire in casa mia. (Scatena un moto di sba­lordimento e anche di indignazione)

Amministratore             - (sfogando contro di lui l'ira repres­sa per il comitato) Lei, che sta facendo, avvocato? Noi non giochiamo.

Delbuono                      -  Non gioco. Mi sento... (Ora tutti te­mono un malessere, uno svenimento. Alcuni stanno per alzarsi allo scopo di sorreggerlo. Il dottor Ma­stropasqua si alza effettivamente)

Delbuono                      - (parandolo cortesemente con un gesto della mano) No, no. Grazie. Non c'è bisogno.

Mastropasqua                -  Forse è un arresto di digestione.

Delbuono                      -  Non è un arresto di... Mi conosco. Lo­ro non sanno quanto mi dispiaccia andarmene. (Tut­tavia non si muove. Anche Mastropasqua è fermo. L'avvocato, ora, non è neppure tanto pallido)

Annalia                         -  Perché allora non prova a restare?...

Delbuono                      -  Se potessi restare, non mi muoverei. (Delbuono non si allontana ancora. Non sapendo co­me reagire davanti a una simile perplessità, lo guar­dano come un fantasma, ed egli se ne accorge)

Delbuono                      -  Vorrei spiegarmi. (Non si spiega. Dal­la sua faccia non trapela nulla di comprensibile, di definitivo)

Delbuono                      - (gentilmente) Mi dispiace moltissimo... Buonasera. (È già uscito. Un attimo di silenzio. Ma­stropasqua risiede)

Amministratore             -  Questo, a parer mio, è un com­portamento di nuovo tipo.

Menini                           -  Deve avere una malattia.

Amministratore             - (secco, a Mastropasqua, verso cui tutti girano gli occhi) Che malattia?

Mastropasqua                -  Mi permettano, ma potrebbe esse­re colite...

Menini                           -  Ah, colite, allora... (L'imbarazzo dell'as­semblea si fa di un tratto maggiore e diverso)

Dubini                           - (disorientato) La colite, però, mette ancora maggior fretta. (Pausa)

Amministratore             -  Oggi nel pomeriggio non ce l'a­veva... È venuto a confermarmi la sua presenza per stasera. E si è trattenuto a lungo, senza mai chiedermi...

Dubini                           -  Meglio, se si dava assente giustificato fin dal pomeriggio.

Tagliabue                      -  Procediamo.

Amministratore             -  Non ho avuto ancora modo di costituire l'assemblea. Manca la maggioranza.

Tagliabue                      -  Aggiorniamo.

Amministratore             -  Si dica la verità, ci ha fatto perdere del gran tempo. Si è ammalato in maniera non troppo consona... Si è ammalato a singhiozzo.

Menini                           -  All'inizio della riunione sembrava molto allegro.

Mastropasqua                - (misterioso) Non vuol dire.

Dubini                           -  Vogliamo concludere almeno su un pun­to per non buttare la serata?

Mastropasqua                -  Quale punto?

Amministratore             - (battendo secco una matita sul ta­volo) Qui c'è un solo punto! (Ne è cosi sicuro che nemmeno lo dice. Scatta la voce afona e confusiona­ria di Zeri)

Zeri                               -  Il punto lo so io. L'ingegnere si preoccupa delle tubature. Il signor Amministratore della sporci­zia che cade dalle finestre. Ma non di quella che re­sta in casa. (Sfiducia e ostilità generica verso tutto quello che dice Zeri, per il modo in cui lo dice)

Mastropasqua                - (sempre bonario tanto per gettare ac­qua sui fuochi fatui di Zeri) L'ascensore?

Zeri                               -  Il terzo piano. Scala B. (Un movimento, dovuto alla precisazione)

Zeri                               -  La... signora che abita al terzo piano della mia scala non è italiana, è jugoslava, di origine te­desca. Non è sposata. Non è signorina.

Amministratore             - (imbarazzato) L'assemblea non apre le porte di domicili, di alcove.

Zeri                               -  L'avvocato Delbuono sarà molto in gamba-Pero si lascia, come dire... influire, da persone meno in gamba di lui... No, volevo dire...

Menini                           - (di rimbalzo) Ah, forse per quello lo ve­de sempre passare per l'androne cosi nero, straniero. Con una faccia. Quando esce non si ricorda mai dove ha messo l'automobile e certe volte rientra alle quat­tro e mezzo del pomeriggio. Una volta invece di sali­re, ha piegato verso il cortile. E conosce le scritte della scala B. Il macellaio di fronte, che lo vede tutti i giorni, mi ha chiesto che cosa gli manca nella vita: cammina come con la testa dentro un secchio, e po­trebbe avere tutto...

Mascherpa                     -  Questo non si può mai sapere, di nes­suno. (Pausa)

Zeri                               -  No, io volevo dire. Qualche altra roba...

Menini                           - (sottovoce) La droga... Non è un'idea mia. È un sospetto del tabaccaio di Via Niccolò Ma­chiavelli.

Amministratore             -  Signora, allora salirebbe in ca­sa sua a farsi delle punture, si, insomma, io non me ne intendo, vero, delle annusate? Siamo al colmo! E la prenderebbe in compagnia, nel condominio?

Zeri                               -  Un'altra roba.

Mascherpa                     -  La droga si prende quando si è infe­lici.

Zeri                               -  Un'altra roba...

Dubini                           -  Mi domanderei perché l'avvocato sia in­felice.

Mastropasqua                -  Se non è affetto da colite, che di questa stagione è rara, forse tutto dipende dalla man­canza di una famiglia regolare. È solo.

Amministratore             -  Io abito sotto di lui. Solo, solo, solo! Un corno!

Tagliabue                      - (deliberatamente spiccio) Avrà trop­pa compagnia.

Mascherpa                     -  Rumori non li fa mai. È uno dei po­chi che appoggiano piano le porte dell'ascensore e cammina in punta di piedi.

Mastropasqua                -  Psichiatricamente, non è buon se­gno.

Annalia                         - (come risvegliandosi da una lunga assenza) Che segno è?

Mastropasqua                -  Di paura. (La sentenza del dottore ha spaventato anche loro)

Menini                           -  Una volta l'avvocato è partito per il ma-

 re in automobile, con un pesce rosso dentro un ba­rattolo d'acqua.

Tagliabue                      - (spazientito con voce rimbombante) Chi tiene, chi teneva in casa oltre il pesce?

Dubini                           -  Non ci siamo riuniti per stabilire ciò, stasera.

Tagliabue                      -  Ma se non c'è la maggioranza, per Dio, ingegnere! ! (La sfuriata di Tagliabue ha mortificato l'assemblea. Persino l'Amministratore si limita a tor­mentare i tasti della sua calcolatrice, battendoci so­pra le unghie)

Menini                           -  Forse stasera l'avvocato non aveva tro­vato...

Mascherpa                     -  Chissà... Forse... non aveva trovato qualcuno. Capita, quando si è soli. Mi sembra... come un vuoto basso, che si allarga, si allarga. Da qui fi­no in periferia, al Monte Rosa e dall'altra parte, ver­so Lodi, la Bassa...

Mastropasqua                -  Lei?

Amministratore             -  Ha ragione la signora Mascher­pa. Quando si è soli manca qualcuno. Qui non si ha il coraggio delle proprie idee. (Guarda Zeri) Chi gli manca? (Tutti guardano Zeri che tace)

Menini                           -  La jugoslava tedesca?

Mascherpa                     - (con voce acuta, convinta) Non è pos­sibile. Il tabaccaio ha la fissazione della droga. Ha paura che la gente non fumi più sigarette. (Tutti guardano la Mascherpa)

Annalia                         - (come per divagare) Perché gli deve mancare una persona? Gliene possono mancare tan­te... un ambiente...

Mastropasqua                -  Ha avuto qualche trauma recen­te? Qualche disgrazia automobilistica in famiglia?

Dubini                           -  Lo avremmo letto sul Corriere.

Amministratore             - (riprendendo in mano la situazio­ne) Se non è orfano, se non ha perso la moglie, i figli, se non ha nemmeno la colite, se la droga è uno spettro agitato dal tabaccaio di una strada adiacen­te, mi sanno spiegare, vero, perché fugge l'assemblea, ci ritorna, fugge ancora? Mi permettano, egli ci vuol rompere l'anima. Non è innocente. Sarà veramente andato a casa sua? Magari è uscito dal palazzo. Dot­tor Mastropasqua, mi rivolgo a lei, specialista di ma­lattie interne.

Menini                           -  Uscire dal palazzo non è uscito. Avrei sentito lo scoppio del portone. Io qui di notte, anche se sono in compagnia, sento sempre sbattere il por­tone. E sento anche gli scatti dell'ascensore, ai piani, quando parte, quando arriva, quando ronza il moto­re, quando chiudono la porta, lo rimandano giù. Trac. Tatòn. Trac. Sono d'accordo che si trovi un rimedio allo sconcio delle scritte oscene, ma non devono di­menticare la rumorosità dell'ascensore, è un altro sconcio.

Mastropasqua                -  Dovrei visitarlo.

Dubini                           -  Non attendeva una interurbana? I pro­fessionisti vengono svegliati nel cuore della notte. Io in Sidermet ricevo dalle 7 alle 12 chiamate/ora, da­te le mie responsabilità. Ma la notte a casa è più raro. Per quanto gli altiforni...

Mascherpa                     -  Questo ascensore è un inferno. Altro che Pinuccia sei bona. Lo so io che vivo sola. Quan­do, specie la notte, capita di aspettare qualcu­no... un'amica, trac, tatòn, trac, come dice la signora Menini, i colpi mi battono sul cuore, non una corsa ci viene risparmiata. Sembra sempre che si fermi al mio piano. Ma dove sta il motore di questo maledetto ascensore? Nel cervello? E si sente sbattere il porto­ne, fermarsi le automobili, i taxi, la TV, i passi nell'androne. Di tutti, di tutti, dobbiamo sapere l'anda­re e venire?

Dubini                           -  Signora, per l'ascensore, io da tempo ave­vo proposto un silenziatore applicabile... (La signora Menini scuote recisamente la testa)

Tagliabue                      -  Ora qualcuno deve andare a cercare l'avvocato.

Amministratore             -  E chi?

Tagliabue                      -  Qualcuno deve andare a cercarlo.

Amministratore             -  è probabile che stia per ridi­scendere.

 51

 Mastropasqua               -  Se non si è coricato.

Mascherpa                     -  Si sarà coricato...

Amministratore             -  Si tenti, poi dichiaro l'assem­blea deserta e mi corico io, vero. La giornata, lorsignori, è lunga.

Mastropasqua                -  Io non posso andare, se non chia­mato. Segni clinici... premonitori di una disgrazia... non ci sono.

Mascherpa                     -  Eh, le disgrazie bisogna prevenirle. Lo so io...

Mastropasqua                -  Signora. Ma se ha qualche ele­mento...

Mascherpa                     -  Ho la sensibilità.

Amministratore             -  Insomma! Il signor avvocato non amava troppo deliberare, ecco il tutto! Ho no­tato come si allontanasse nelle adiacenze del voto: ci sono troppi interessi in gioco, qua dentro. Questi ci sono! Gli interessi! Lo so io! Io so troppe cose, per potermi in coscienza lavare le mani! Mando il portiere! A chiamarlo! (Ha già impugnato il telefono e sta formando rapidamente un numero)

Annalia                         -  Ragioniere, perché non usa il citofono?

Amministratore             -  Perché è semirotto. Dà un suo­no debole come una ranocchia che affoga. Invece di farfalle, un altro punto che avevo messo all'ordine del giorno ma oggi c'è solo disordine era l'ana­cronismo di questo tipo, cartaginese, di impianto ci-tofonico, totalmente in contrasto con il rinnovamento del palazzo. Ma durante le assemblee ci si vuole occupare sempre d'altro! (Si ferma un momento, prima di riesplodere in direzione diversa) E il signor portiere ha il telefono, si, ha il telefono, la sua cen­trale privata! (Un tempo) Sta nell'elenco, cari signo­ri, nell'elenco cittadino, come tutti noi! Cerchino sot­to Ghislanzoni! (Chiama casa Ghislanzoni. Si odono lunghi squilli, dall'altra parte del filo. Forse sono tutti a letto e dormono. Finalmente risponde una vo­ce di donna)

Amministratore             -  Mi dia il Ghislanzoni. Sono io.

Voce femminile            - (incomprensibile)

Amministratore             -  Non ho capito: dorme o è sve­glio?

Voce femminile            - (c. s.)

Amministratore             -  In sostanza lei sostiene che si troverebbe dalla signora Hofer.

Voce femminile            - (c. s. più a lungo)

Amministratore             -  Gli riferisca che ne parliamo do­mattina alle sette e trenta. Lei chi è?

Voce femminile            - (c. s. brevemente)

Amministratore             -  Buona notte. (Butta giù indi­gnato la cornetta)

Amministratore             -  Ne abbiamo appresa un'altra. (Un tempo) Di notte il Ghislanzoni sale a fare le pu­lizie dalla Hofer.

Mastropasqua                - (con una ingenuità quasi sincera) Si potrebbe telefonare dalla Hofer. Forse potremmo trovarci anche l'avvocato ed essere più tranquilli.

Menini                           -  La Hofer è partita oggi. Vanno due gior­ni, con un signore, sul lago di Como. Si portano die­tro anche il cane.

Amministratore             -  L'avevo diffidata dal far circola­re il cane in cortile! Evidentemente il Ghislanzoni ha le chiavi dell'appartamento della Hofer! Questa fac­cenda delle chiavi va rivista! Se loro non prendono una decisione, io sono costretto a far rifare tutte le serrature !

Dubini.                          -  Questo mi sembra esagerato.

Menini                           - (a Mastropasqua) Lei, come dottore, dice che l'avvocato potrebbe trovarsi nell'appartamento della Hofer?

Mastropasqua                -  È una donna cosi sola?

Menini                           -  Ha un juke-box in casa. Sente dischi tut­to il giorno. È molto ingrassata in questi ultimi tem­pi, anche se è rimasta bionda. Le serate, con il cane, le trascorre in portineria. Con il cane, parla.

Zeri                               - (torvo) Ha una cameriera.

Tagliabue                      -  Quella tedesca anche lei, bionda...

Mascherpa                     -  È una sarda, con le trecce nere, se­dicenne. Alta un metro e quarantasette. Prima stava da me. L'ho licenziata, perché si tratteneva troppo a

 lungo in ascensore.

Dubini                           -  Chi cura i suoi interessi? Chi delega presso l'assemblea?

Zeri                               - (con sfida) Loro credono che deleghi l'av­vocato Delbuono? (Attesa. L'Amministratore sfoglia alcune carte per controllare le deleghe)

Amministratore             -  No. L'ingegner Carnevale. (Que­sta affermazione getta ancora un disorientato silen­zio nell'assemblea)

Annalia                         - (nervosa, non si capisce perché, all'Ammi­nistratore) Ma chi ha risposto?

Amministratore             -  Dove?

Annalia                         -  Dove... (impaziente) dai Ghislanzoni.

Menini                           -  Sarà stata la cognata. Molto giovane, bel­loccia.

Amministratore             - (ad Annalia) Perché, signorina?

Annalia                         - (fredda) Niente.

Amministratore             -  Ha risposto la sorella della co­gnata.

Annalia                         -  Dormono tutti insieme? C'è anche la cognata?

Amministratore             -  Si.

Annalia                         -  Per questo il Ghislanzoni passeggia sem­pre sul marciapiede... Sembra uno sfollato. Quante camere hanno?

Amministratore             -  Una, e la guardiola.

Tagliabue                      -  Quanti letti?

Amministratore             -  Uno matrimoniale. Uno piccolo, di traverso, in fondo.

Tagliabue                      - (incalzante) Il bagno ce l'hanno?

Amministratore             -  Accanto al cucinino.

Tagliabue                      -  Da dove vengono la cognata e la so­rella della cognata?

Amministratore             -  Dalla provincia. Dice che cerca­no lavoro.

Tagliabue                      -  Le assumo io. Ma la suocera...

Amministratore             -  La domenica vanno in campa­gna e lasciano la vecchia in guardiola.

Annalia                         -  Vanno in campagna?

Tagliabue                      -  Annalia, sali tu, a cercarlo.

Annalia                         -  Io? Papà...

Tagliabue                      -  Meglio vedere come sta, dove sta. Ci parlo io.

Menini                           -  Forse è sceso in portineria. Si ferma spesso col Ghislanzoni.

Tagliabue                      -  Annalia, va' a vedere.

Annalia                         -  Perché proprio io?

Tagliabue                      -  Perché lo sai. (Annalia non si muo­ve. Ha un'antica paura del padre)

Annalia                         -  Io torno a casa.

Tagliabue                      -  Macché casa. Ti rimetti in cantina! Chiamalo.

Annalia                         -  I miei amici mi aspettano.

Tagliabue                      -  Che te ne importa dei tuoi amici?

Annalia                         -  Non ci vado.

Tagliabue                      -  Vacci.

Annalia                         -  No!

Tagliabue                      -  Corri! Dovresti essere già in piedi! Hai bisogno della frusta!

Annalia                         -  No! No! Papà! (L'assemblea è allibita)

Dubini                           -  Consiglio l'aggiornamento (Tutti fanno per alzarsi. Tagliabue, però, resta seduto)

Tagliabue                      -  Se non ci vai, non mi muovo.

Menini                           -  È successo qualche cosa fra...

Mascherpa                     -  Se la signorina ha paura... Succedono di questi litigi... Però, Delbuono, di fondo, è buonis­simo.

Tagliabue                      - (reciso) Che c'entra? (Tutti si sono nuovamente seduti)

Amministratore             -  Queste bizzarrie non si tratta­no in casa mia. L'avvocato Delbuono si comporta come un ginnasiale! (Stridente) Non ha la mamma che gli fa il biglietto di giustificazione?

Zeri                               - (stridente) L'avvocato Delbuono ha l'ango­scia. (Zeri si alza si mette dietro la propria sedia)

Amministratore             - (scattando contro Zeri) Che ro­ba è? Chi gliel'ha detto?

Zeri                               -  Lui me l'ha detto! Una sera che l'ho incon­trato in cortile! A me, a me l'ha detto! E al portiere! Adesso ci vado io dall'avvocato Delbuono.

 Tagliabue                     - (fa un gesto con la mano) Lei non si muova. (Un tempo) Che roba è quest'angoscia?

Mastropasqua                -  Il signor Zeri vorrà dire stati an­siosi.

Menini                           -  Ma l'ansia ce l'ho anch'io.

Maschekpa                    -  Anch'io, d'inverno. Certe angosce, la mattina... Mi fa bene solo il mare.

Tagliabue                      -  È l'ansia o l'angoscia? (Silenzio)

Amministratore             - (cattivo, a Zeri) Beh... tutto qui?

Zeri                               -  Una mattina, alle undici, con il sole, in cortile, mi ha detto che doveva mettersi a letto.

Amministratore             -  Lo ha detto a lei come poteva raccontarlo a chiunque.

Mascherpa                     -  Era solo?

Zeri                               -  È sempre solo.

Dubini                           -  Uno si mette a letto se ha sonno o la febbre.

Zeri                               -  Lui si mette a letto senza sonno e senza febbre.

Dubini                           -  Si annoierà.

Zeri                               -  Non si annoia. (Un tempo) Non può stare in piedi.

Menini                           -  Ha... il piccolo... male?

Mastropasqua                -  Oh, l'avrei visto subito, dalla bocca.

Annalia                         - (a Mastropasqua) Dottore, perché lei non lo aiuta?

Mastropasqua                -  Si deve aiutare da sé.

Annalia                         - (a Zeri) Perché non sta in piedi?

Zeri                               -  Perché dentro si piega. Affonda.

Dubini                           - (a tutti) Ma c'è un motivo?

Mastropasqua                -  Dovrei visitarlo. Di solito c'è e non c'è.

Amministratore             -  Insomma sarebbe l'esaurimento nervoso. Anche mia moglie ce l'ha avuto tre anni fa, per il matrimonio di mia figlia. Eh, vero, mi veniva addosso col  coltello.

Zeri                               -  Se gli parla d'esaurimento, gli trema a scat­ti la testa. Guai a dirgli che è esaurimento.

Menini                           -  Allora è matto.

Mascherpa                     -  Non è matto! Non è matto! Una mia amica lo conosce bene.

Dubini                           -  Non ha orari giusti. Non si getta nel lavoro.

Tagliabue                      -  M'hanno detto che in tribunale è bra­vissimo.

Dubini                           -  Non si getta nel lavoro. È successo cosi anche a un mio impiegato in gamba. Un giorno ven­ne da me e mi disse: Ingegnere ho bisogno di un periodo di ferie. No, gli risposi. Lei non ha bisogno di un periodo di ferie. Lei ha bisogno di un periodo di straordinari non pagati, e anche la Società ne ha bisogno. Dapprima sembrava che svenisse, voleva correre subito a casa, senza sonno, senza febbre. Do­po tre giorni che si era rimboccate le maniche, che ci dava dentro, venne da me a ringraziarmi, perché era guarito.

Mascherpa                     -  La mia amica mi ha detto che lavo­ra anche di notte.

Menini                           -  Lavora troppo. (Pausa)

Amministratore             -  Mi riservo il mio diritto di ri­tenere che sia tutto una scusa.

Annalia                         -  Di che cosa?

Amministratore             -  Di tutto.

Mascherpa                     -  Ma sta male, dottore?

Mastropasqua                -  Male, che vuol dire male?

Mascherpa                     -  Si potrebbe operare.

Mastropasqua                -  Non credo.

Menini                           -  È una delusione d'amore. Quando gli ho chiesto: Lei è sposato? e lui mi ha risposto: £ come se lo fossi, loro hanno pensato che cosa vuol dire? Io si.

Mascherpa                     -  La mia amica mi assicura che ha tutte le donne che vuole.

Menini                           -  Tranne una.

Mascherpa                     -  Chi?

Menini                           -  Lo saprà lei.

Mascherpa                     -  Che ne so io, signora. Ma se può averle tutte...

Amministratore             -  Ehi, non si esageri. E poi, donne o non donne, quando c'è un'assemblea, vero, si presenzia lo stesso. (Tacciono. Adesso si sente sbatte­re forte il portone. Passi nell'androne. Scatti delle porte dell'ascensore e ronzio del motore. Tutti seguo­no questi rumori, tranne Annalia che alza gli occhi al soffitto)

Amministratore             - (mettendo una mano sulla cornet­ta) Richiamo il Ghislanzoni. (Ma tutti sono distol­ti dal movimento del viso di Annalia verso l'alto)

Annalia                         -  Che starà facendo su di sopra? Lei, Ze­ri, lo sa? (Assoluto silenzio)

Zeri                               -  Una volta l'hanno visto sdraiato per terra, in terrazza.

Amministratore             -  Era inverno? (Ritira la mano dal microfono)

Zeri                               -  Era estate. Si dimenava. Quattro anni fa.

Mascherpa                     -  Quattro anni...

Menini                           -  Eh già, abita in questa casa da dieci anni. Strano che non abbia cambiato...

Amministratore             -  Non lo sapevo. Chi l'ha visto, qualcuno si diletta a passeggiare sul tetto?

Zeri                               -  Gli operai che facevano il buco per mettere la Sua televisione.

Amministratore             -  Dovevo forse installare il televi­sore senza antenna? (Nessuno risponde)

Dubini                           -  Magari faceva ginnastica.

Annalia                         - (ridendo, di colpo, a Dubini) Se ne sarà stato a prendere il fresco. Si agitava perché la ter­razza era dura. (Pausa)

Dubini                           -  La signorina ha buon senso.

Zeri                               - (cocciuto, torvo, antipatico, perde terreno) L'avvocato  Delbuono  ha  l'angoscia. (Pausa)

Mastropasqua                - (conclusivo) Insomma, siamo chia­ri, ha paura.

Menini                           -  Di che? Di che?

Dubini                           -  Praticamente, lo saprà lui.

Amministratore             - (ridacchiando, contento della tro­vata) Avrà paura di aver paura.

Annalia                         -  Forse di sé...

Menini                           -  0 di qualcuno.

Tagliabue                      - (col suo vocione) Io certe volte ho pau­ra di ieri... Cambiali...

Mascherpa                     - (lo interrompe) Di domani. Uno spa­vento. (Buio)

SCENA SECONDA

Si riaccende di colpo la luce. L'Amministratore fa i conti seduto al medesimo posto del medesimo ta­volo. Accanto a lui, in piedi, c'è soltanto Delbuono, appena arrivato.

Amministratore             -  Avvocato. Io sono un uomo fran­co, chiaro, schietto, le cose non le mando a dire a nessuno, e tanto meno dal portiere. Vivo in pieno giorno. Lei ha l'angoscia?

Delbuono                      - (arretra, vergognandosi, ma non può sot­trarsi) Un po'... d'ansia.

Amministratore             -  Ha l'ansia o l'angoscia? (Pausa. Vuoto)

Delbuono                      -  La depressione. (L'Amministratore è scoraggiato)

Delbuono                      - (con l'intenzione di rianimarlo) La...

Amministratore             -  È ancora un'altra roba?

Delbuono                      -  La... Un...

Amministratore             -  Beh...

Delbuono                      - (concreto) Queste assemblee sono mol­to importanti. Mi piace di seguirle tutte.

Amministratore             -  Importantissime, c'è da decide­re un bilancio. (Delbuono si guarda attorno)

Delbuono                      -  Sono già andati via tutti?

Amministratore             -  Alle 23 e 15 ho sciolto l'assem­blea.

Delbuono                      -  Mi dispiace moltissimo di essere do­vuto andar via.

Amministratore             - (conciliante) Lei avrebbe solo dovuto spiegare perché al momento buono...

Delbuono                      -  ... consiste nel non potersi spiegare.

Amministratore             - (di nuovo, scattando) Comodo, vero.

Delbuono                      -  Non spiegarsi non è comodo.

Amministratore             -  A un'assemblea il condomino, vero, viene per spiegarsi. Dà e riceve delucidazioni. Dal coacervo dei punti di vista nasce il voto. (L'am­ministratore, soddisfatto, si mette a fare un'opera­zione sulla calcolatrice)

Delbuono                      -  Mi dispiace moltissimo, lei non sa quanto mi dispiace, che l'assemblea sia andata de­serta per colpa mia. Se mi permette... sono andato deserto anch'io. (L'Amministratore non ride. Continua a calcolare, provocando scrosci interiori nella mac­china)

Delbuono                      -  Anche io volevo decidere. Comunque non voglio impedire di decidere. Speravo di ritrova­re qui, loro, tutti. Sono andati via molto presto.

Amministratore             -  Presto?

Delbuono                      -  Aspettavo da un momento all'altro di tornare. (Pausa)

Amministratore             -  Da dove?

Delbuono                      -  Da casa mia.

Amministratore             -  L'assemblea aveva il diritto di sapere da dove lei tornava.

Delbuono                      -  Ma dalla mia camera, certo.

Amministratore             -  Questo inconveniente, di anda­re ogni tanto in camera propria -  se non si va al­trove -  è suscettibile di rimedio?

Delbuono                      -  Lo chiedevano?

Amministratore             -  Se lo chiedevano. Il palazzo ha leggi, che non sono nel regolamento, mi spiego.

Delbuono                      -  Non lo so. Spero.

Amministratore             -  Perché ha bisogno all'improvvi­so di stare in camera sua?

Delbuono                      -  Devo usare qualche immagine. Il mon­do si abbassa e si stringe. Diventa come una brandi-na al buio, senza gambe, senza materasso, senza cu­scino.

Amministratore             -  Vuole che le mandi il portiere?

Delbuono                      -  ...

Amministratore             -  A... dormire con lei... A farle compagnia.

Delbuono                      -  No, no. Se mai, scendo io.

Amministratore             -  Ah. (Pausa) Allora può scen­dere.

Delbuono                      -  Prima sembra di non poter più scen­dere. Poi bisogna, si può scendere.

Amministratore             -  Fuori o dentro casa? (Un tem­po) Le è successo qualcosa? Nel palazzo? (Delbuono arretra impercettibilmente)

Delbuono                      -  Varie cose. Ma in un certo modo. (Un tempo) In seconda convocazione, dopodomani, sarò qui dal principio alla fine.

Amministratore             -  Non c'è seconda convocazione.

Delbuono                      -  Perché?

Amministratore             -  Abbiamo telefonato all'ingegner Carnevale perché ci desse la sua delega per telefono. E-quella-della-signora-Hofer.

Delbuono                      - (ha un piccolo scatto) Ma lei per te­lefono deleghe non ne accetta da nessuno. Altrimenti salta su qualcuno e le impugna (guarda fisso il tele­fono) il verbale.

Amministratore             -  Adesso non salterà su lei.

Delbuono                      -  No, no. Ma deleghe per telefono...

Amministratore             -  Abbiamo trovato un comma del regolamento che le contempla.

Delbuono                      -  E poi, che cosa avete fatto?

Amministratore             -  Si è ammonito il portiere.

Delbuono                      -  Cosi tardi?

Amministratore             -  Era urgente. Scendeva le scale dell'appartamento della Hofer. (Guarda attentamente l'avvocato) Lei sa che in quell'appartamento c'è una domestica sedicenne, lasciata sempre sola, di bassa statura? (Attesa)

Delbuono                      -  Allora certe scritte dell'ascensore non può leggerle. (L'Amministratore tace. Pausa) Vorrei sapere tutto quello che voi avete deciso. Non per interferire, ma per mio interesse.

Amministratore             -  Se vuole leggere il verbale, da domani sarà a disposizione dei signori condomini, qui in cartellina. Lo redigo domattina.

Delbuono                      -  Sono contento che nessuno abbia fatto opposizione a questo nuovo comma del regolamento. (L'Amministratore  diffidente,  tace)

Delbuono                      -  Nessuno?

Amministratore             -  L'ingegner Dubini ha voluto ec­cepire. Ma è un tecnico.

Delbuono                      -  Adesso dov'è andato?

Amministratore             -  Chi?

Delbuono                      -  L'ingegner Dubini.

Amministratore             -  Sarà andato a letto.

Delbuono                      -  Sennò andavo a trovarlo...

Amministratore             - (seccato) Ci può andare doma­ni,

Delbuono                      -  Si, si, domani... Ma vede, è stasera che io... (Si guarda intorno)

Amministratore             -  Cerca qualcuno? (Un tempo) Zeri?

Delbuono                      -  No.

Amministratore             -  È un comunista.

Delbuono                      -  È fascista.

Amministratore             - (alzandosi) L'assurdità di quel comitato tecnico è stata bocciata.

Delbuono                      -  Ah si?

Amministratore             -  Adesso, se permette, vorrei co­ricarmi. (L'avvocato Delbuono non saluta subito, in­dugia)

Delbuono                      -  Andrei a coricarmi anch'io... (Ma in­dugia) Quando sarà la prossima assemblea?

Amministratore             -  Tra un anno. (L'avvocato arre­tra lentamente verso la porta)

Delbuono                      -  Tutto il resto è stato deliberato?

Amministratore             -  Che cosa?

Delbuono                      -  L'ascensore, la caldaia, la fontana, il tappeto... tutte insomma le nostre faccende.

Amministratore             -  Ovviamente.

Delbuono                      - (va al muro e lo tocca) Le tubature? Le tubature? (Un tempo) Anche senza di me?

Amministratore             -  Le ho detto, c'è venuto in soc­corso quel comma.

Delbuono                      - (più trepidante e desideroso di prolunga­re il colloquio, che polemico) Allora io non ser­vivo...

Amministratore             - (si avvia all'interruttore per spe­gnere) Si, prima serviva. Poi, non è servito più. (L'Amministratore spegne e si avvia verso la porta, seguito da Delbuono. Li vediamo perché dalla came­ra accanto, che è l'ingresso, filtra la luce di una lam­pada accesa)

FINE