L’attache’ d’ambasciata

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L’ATTACHE’ D’AMBASCIATA

Commedia in tre atti

di BERNARD E FREMONT

PERSONAGGI

BARONE RENATO DE LA FERME-AUVERT

IL BARONE GOLDSCHIMIDT

DOTTOR ANTONIO MONTIER

AZIG PASCIA’

MUSTAFA’ PASCIA’

VISCONTE LUCIANO DE GIVRE

PIETO D’ALLIERES

PETER YORICK

JULIUS DIKSON

FIRMINO

S. ECCELLENZA D. PEDRO ANEY

IVETTA GOLDSCHIMIDT (GRAZIA)

GIANNINA HANEY

 

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

 Elegantissimo salotto moderno, in cui però risalta la traccia di un'antica nobiltà. Vecchi quadri di famiglia, ritratti di personaggi di epoche differenti.

All'aprirsi del velario, i personaggi, quattro giovani amici, hanno terminato il pranzo e invadono rumorosamente la scena.

SCENA PRIMA - Renato, Luciano, Pietro, Adolfo, Firmino

Luciano                         - (a Firmino) Firmino, lasciateci lo champagne; (agli amici) quando pranzo sen­za qualche bella donnina io devo bere dello champagne!

Pietro                            - E quando pranzi con delle donne?

Luciano                         - Ne bevo ancora di più (sospira). Questa è la vita!

Adolfo                          - Luciano, sei stupido!

Renato                          - No, credo che sia brillo!

Luciano                         - Che cosa curiosa, la vita! L'apprez­ziamo di più quando possiamo dimenticarla!

Renato                          - Fammi grazia della tua filosofia.

Firmino                         - (porta champagne e bicchieri che de­pone, in iscena, sopra un tavolino.

Pietro                            - Tanto più che la tua filosofia non ti impedisce di gustare le gioie della vita...

Luciano                         - (con disprezzo) Oh, le gioie della vita!... Che miseria!... (a Renato) Non avre­sti ancora un po' di banane al kirsh?

Renato                          - Non ne ho più; me le hai filosofi­camente distrutte!

Luciano                         - (lugubre) Erano squisite.

Renato                          - Me ne ha dato la ricetta Adolfo.

Pietro                            - (a Adolfo) Sei un medico delizioso...

Adolfo                          - (senza importanza) L'ho imparata studiando la febbre gialla all'Avana... (esta­siato) E' una cosa incantevole!

Luciano                         - La febbre gialla?

Adolfo                          - L'Avana...

Renato                          - Il mio sogno!

Adolfo                          - (a Renato) Appena sarai nominato « attaché » fatti destinare a Cuba.

Renato                          - Non sarò mai nominato « attaché »; non andrò in nessun punto del globo, (con disperazione comica) Rimarrò eternamente a Parigi, trascinerò sino alla fine dei miei giorni un'esistenza idiota, circondato da gente cretina e morirò in frak!

Luciano                         - Sei molto gentile!

Renato                          - No: sono infelice!

Adolfo                          - (si avvicina a Renato, scrutandolo) Una donna?

 Renato                         - (depresso) Naturalmente!

Luciano, Adolfo, Pietro- (accorrono premuro­samente attorno a Renato, come se fosse preso da malore) Una donna!

Renato                          - E che donna, amici miei!

Pietro                            - (lugubre) Bella?

Renato                          - (sospira) Graziosa...

Luciano                         - Elegante?

Renato                          - Molto « chic »!

Adolfo                          - (dopo un'esitazione) Temperamento?

Renato                          - (annichilito) Un vulcano!

Luciano                         - (sardonico) Una donna onesta, na­turalmente ?

Renato                          - ...Moglie infedele di un grande spe­culatore che viaggia molto... (come trasognato) Nella sua vita c'era un grande vuoto.

Pietro                            - ...che ti sei affrettato a riempire?

Renato                          - Con entusiasmo... da principio.

Adolfo                          - E poi?

Renato                          - E poi con rabbiosa rassegnazione... Sono caduto da un po' di tempo in una specie dì schiavitù che mi umilia... (animandosi) Amici miei, se vi ho riuniti questa sera attorno a me, è stato per domandarvi un consiglio... un supremo consiglio...

Luciano                         - (con disgusto) Che miseria!... (ad­ditando Renato) Un uomo quasi intelligente, ridotto in questo stato. Per una donna!

Renato                          - Per una donna!!!... Un essere ecce­zionale, terribile... Nessuno di voi resiste­rebbe alla volontà di quella creatura deli­ziosa e perversa, insinuante e dominatrice: Giulietta e Messalina, Isotta e Caterina di Russia!... Lontano da lei io mi sento libero, forte, padrone di me stesso... Ma quando sono in sua presenza tremo come un ragazzo. Sentite, amici miei, ora essa è lontana: sono in- vacanza per due mesi e mi sento pieno di energia... Prima che torni, bisogna che mi consigliate, che mi aiutiate a liberarmi da questa ridicola schiavitù... Dopo, sarà troppo tardi.

Luciano                         - Confidati col marito.

Renato                          - (scoraggiato) E' un mio amico d'in­fanzia: mi ricordo che, quando eravamo in collegio, avevamo tutto in comune...

Pietro                            - Non avete cambiato abitudine...

Renato                          - (a Adolfo che se ne sta muto e pensie­roso) E tu cosa mi consìgli di fare?... Vo­glio guarire, a qualunque costo!

Adolfo                          - (dopo una pausa) Prendi moglie.

Renato                          - (con slancio appassionato) Prende­re moglie!!... Avere una donna... tuttaper me...

Luciano                         - Non esagerare...

Renato                          - (senza dargli ascolto) Poteri a ama­re, liberamente, per sempre!

Adolfo                          - (con un sorriso un po' ironico) Ab­bracciare l'amore e la carriera diplomatica in una sola persona... Non è vero?

Renato                          - (sorpreso, turbato) Che intendi dire ?

Adolfo                          - So come si chiama la tua malattia...

Renato                          - Adolfo!

Adolfo                          - Si chiama Giannina: ha ventidue anni, due occhi profondi come l'Oceano, un padre che è ambasciatore della repubblica di Rio Tinto a Costantinopoli e che si trova ora a Parigi in missione segreta...

Renato                          - Come fai a saperlo?

Adolfo                          - Siccome è una missione segreta, così la conoscono tutti...

Renato                          - E... come fai a sapere che l'amo

Adolfo                          - La signorina Giannina Haney è fi­glia di un diplomatico... Dai diplomatici spes­so non si riesce a sapere niente... Ma dalle figlie, è un'altra cosa...

Renato                          - (sempre più emozionato) Cosa ti ha detto la signorina d'Haney?

Adolfo                          - Niente; ed è appunto per questo che ho capito tutto...

Renato                          - Ma... mi ama forse anche lei?!...

Adolfo                          - Questo non lo so (guardo l'orologio) lo saprai tu stesso fra pochi istanti...

Renato                          - (trasfigurato) Giannina viene qui?... In casa mia! ?...

Pietro e Luciano            - (che non frattempo osserva­vano ironicamente Renato e parlavano fra di loro, si avvicinano, interessati).

Adolfo                          - (a Renato) Sì; l'altra sera, al ballo del Ministero degli Esteri, mi sono trovato solo con Sua Eccellenza Don Pedro Haney mentre tu passavi dando il braccio a sua fi­glia... Abbiamo parlato di politica... del Rio Tinto... che pare non sia più così tinto da un po' di tempo... e finalmente di te...

Renato                          - Oh! Adolfo!

Adolfo                          - La vecchia volpe si era accorta di tutto... Allora ho creduto bene confidargli che avevi delle aspirazioni per la diploma­zia... Questo gli ha fatto molto piacere; allo­ra l'ho invitato a casa tua per visitare il tuo ricchissimo medagliere e le tue orchidee: le medaglie per lui e le orchidee per sua figlia.

Renato                          - (con fuoco) Hai fatto questo?!...

Luciano                         - Far visitare delle orchidee» alle dieci di sera!

Renato                          - Quando la signorina Haney entrerà nella mia serra, splenderà il sole! (abbraccia Adolfo con effusione) Sei un fratello...

Luciano                         - (bevendo una coppa di champagne tutta di un fiato) Che momenti indimen­ticabili!

SCENA SECONDA - Detti, Firmino, poi don Pedro Haney, Giannina

Firmino                         - (dalla comune) Sua Eccellenza l'Ambasciatore della Repubblica di Rio Tin­to domanda del signore...

Renato                          - (a Firmino, con un fil di voce) E... Sua Eccellenza è solo?

Firmino                         - No, signor conte: è accompagnalo da una signorina...

Adolfo                          - (sorridendo, dà. un colpo affettuoso alla spalla di Renato che, vinto dall'emo­zione, cade seduto sopra una sedia).

Renato                          - (con un fil di voce) Da una signo­rina? (scambio di occhiate con gli amici). Firmino, introducete quei personaggi... E, specialmente, non dimenticate la signorina in anticamera...

Firmino                         - (non può reprimerò un sorriso) Na­turalmente, signor conte (esce).

Pietro                            - (a Renato) Noi ci ritiriamo...

Renato                          - (supplichevole, alzandosi, ad Adolfo) Tu no; non mi lasciar solo!

Adolfo                          - (un po' ironico) Infatti, sarà me­glio che io rimanga...

Renato                          - Si vede che sono emozionato?

Luciano                         - (lugubre, dopo aver bevuto in fretta un'altra coppa di champagne) Sei in uno stato deplorevole... Se non ti domini farai una pessima figura...

Pietro                            - (sospinge Luciano verso la sala da pran­zo) Arrivederci, Renato. Passeremo doma­ni per avere tue notizie...

Renato                          - Grazie.

Pietro                            - (sospingendo sempre Luciano che si volta a guardare Renato con sprezzante com­miserazione, esce con lui).

Firmino                         - (solenne, dalla comune) Sua Eccel­lenza l'ambasciatore di Rio Tinto, la signo­rina Haney.

Renato                          - (si precipita verso gli ospiti, mentre Adolfo se ne sta in disparte).

Don Pedro                    - (compare dalla comune. Bella ed aristocratica figura di gentiluomo anziano).

Giannina                       - (al fianco del padre: giovane, elegan­te, carina. I capelli e la carnagione rivelano l'origine creola).

Renato                          - (al colmo dell'emozione) Eccellen­za... signorina... (stringe con effusione la mano di Don Pedro; bacia quella di Giannina) L'onore che fate a me... alle mie me­daglie... alle mie modeste orchidee...

Don Pedro                    - (sorridente) Per noi sarà un vero piacere esaminare ed apprezzare le vostre celebri collezioni... (scorgendo Adolfo) Oh, buona sera, dottore!

Adolfo                          - (si fa avanti: saluti).

Giannina                       - (mentre Adolfo chiacchiera sotto voce con don Pedro, a Renato) Mi hanno detto che avete degli « odontoglossi » di tutte le tinte: dev'essere una cosa meravigliosa!

Renato                          - (con passione) Oh! signorina, ho tutte le sfumature più delicate... Voi non potete immaginare la delicatezza ardente del­la loro carnagione... (si confonde) la pro­fondità del loro sguardo... i riflessi dei loro capelli!... La delicatezza musicale...

Giannina                       - (ridendo) Ma di che cosa parlate?

Renato                          - (confuso) Scusate... Non so più quel­lo che dico...

Giannina                       - Sembra che le amiate molto le vostre orchidee!

Renato                          - (con passione, fissandola) Le adoro!

Giannina                       - (sincera e ingenua) Anch'io!

Renato                          - (in estasi) Come siete intelligente!

Don Pedro                    - (a Renato) Dunque avete anche uno scudo d'oro di San Luigi?...

Renato                          - (smarrito) Sì, anche quello...

Don Pedro                    - (malizioso) Ma, da quello che mi si dice, mi pare che le monete e le orchidee non sono le sole vostre passioni?

Renato                          - No... non sono le sole! (frainten­dendo un segno di Adolfo) Cioè, sì... insom­ma, non lo so neanch'io...

Don Pedro                    - (ride) Non c'è niente di male a confessare che avete una certa inclinazione per la diplomazia...

. Renato                        - Sì, adoro anche quella: è stupe­facente il numero delle cose che adoro... Sono molto occupato!

Don Pedro                    - (grave) Non posso che appro­varvi: in fondo niente rassomiglia di più alle orchidee che la diplomazia: una cosa delicata e complicata, fatta di sfumature, rara e co­stosa, molto spesso con degli screzii...

Adolfo                          - (sorridendo, a don Pedro) Se i vo­stri colleghi vi sentissero!

Don Pedro                    - (ride) Mi darebbero ragione...

Giannina                       - (a don Pedro) Ecco che ricominci!

Don Pedro                    - Se un diplomatico non parla male della diplomazia, non sa più cosa dire!

Renato                          - (con passione) Parliamone, Eccellenza, parliamone!

Adolfo                          - (a Giannina) E allora, signorina,non ci rimane che andare nella serra a visi­tare i fiori del nostro amico...

Giannina                       - Volentieri... (con un grazioso sor­riso a Renato) A più tardi.

Renato                          - Sì, a più tardi... (segue come un allucinato Giannina e Adolfo che escono dal­la veranda).

SCENA TERZA  - Renato - Don Pedro

Don Pedro                    - (grave, riflessivo) Dunque la amate molto?

Renato                          - (con passione) Ne vado pazzo!

Don Pedro                    - Siete ben deciso a dedicarvi a lei con tutte le vostre forze?

Renato                          - Con tutto quello che ho.

Don Pedro                    - (che si è seduto) Non è un ca­priccio passeggero?

Renato                          - Eccellenza, è per tutta la vita...

Don Pedro .................. - Ricordatevi però che essa è pie­na di difficoltà... di astuzie

Renato                          - (sempre equivocando) Oh!... Mi sembra invece tanto sincera!

Don Pedro                    - (con fuoco) Errore, amico mio!... grave errore! Non vi fidate delle apparenze... Essa è tutta fatta di menzogne e di corruzio­ne... di sorrisi e dì tradimenti...

Renato                          - (stupefatto) Non è possibile!

Don Pedro                    - (con un sorriso protettore) Cre­dete a me che la conosco a fondo!... Essa si serve di tutti quelli che le capitano a portata di mano. Non ha preferenze, pur di raggiungere il suo scopo!

Renato                          - (atterrito) Che orrore!

Don Pedro                    - Essa potrà esservi molto utile, a condizione che sacrifichiate i vostri scru­poli... borghesi e che sappiate chiudere un occhio di tempo in tempo.

Renato                          - (affranto dal disgusto) E siete voi, proprio voi, che mi parlate a questo modo?!

Don Pedro                    - (con forza ed orgoglio) Nessuno meglio di me conosce la diplomazia!

Renato                          - (sgranando gli occhi, con immenso sol­lievo) Ah!... perché noi parliamo ancora della diplomazia?

Don Pedro                    - (meravigliato) Naturalmente!... Di che cosa credevate che parlassi?

Renato                          - (impacciato: sorriso idiota) Mi face­vate l'effetto di parlare di una donna!

Don Pedro                    - (ridendo) Siete un burlone, ami­co mio... Mi piace il vostro modo di fare... Avrete molto successo...

Renato                          - Lo credete?

Don Pedro                    - (grave) Ne sono sicuro.

Renato                          - (timido) Però...

Don Pedro                    - (perentorio) Avreste delle idee personali su certe questioni scottanti?

Renato                          - Io?!... Ma non ne ho affatto!

Don Pedro                    - Dite, dite pure! Avete forse un concetto differente dal mio sul vasto movi­mento islamitico?

Renato                          - Ma neanche per sogno!

Don Pedro                    - Che forza l'Islam!... E quanta oscurità, in certe regioni dell'India!

Renato                          - (assecondandolo, con espressione idio­ta) Tutto dipende dal colore della pelle...

Don Pedro                    - (assorto nelle sue meditazioni) Sapete voi quello che sta maturando all'om­bra del Corno d'oro?

Renato                          - No... non so per quale ragione, ma non mi sono mai occupato del Corno d'Oro...

Don Pedro                    - (si è alzato, passeggia febbrilmen­te) Avete torto... V'insegnerò ad amarlo...

Renato                          - (seguendolo) Siete molto gentile!

Don Pedro                    - (volgendosi di scatto e guardando Renato negli occhi) E Gerusalemme? E la questione armena? il Califfo?

Renato                          - (guardandolo, come un allucinato) Che insalata eh?!

Don Pedro                    - E' il pane quotidiano della Di­plomazia Orientale... è il mio pane specialmente!

Renato                          - (con finta ammirazione) Chi lo avrebbe mai immaginato?

Don Pedro                    - (con orgoglio soddisfatto) Non è vero?... E' questa la suprema abilità... Avete mai sentito parlare di Don Pedro Haney a proposito della questione orientale?

Renato                          - Mai!

Don Pedro                    - Chi è don Pedro Haney?

Renato                          - (con voce tremante) E' il padre di...

Don Pedro                    - Precisamente... il padre dei cat­tolici latini, degli ortodossi, degli armeni, dei siriaci, dèi bulgari, dei maroniti e dei copti!

Renato                          - (istupidito) Che famiglia!

Don Pedro                    - (sempre più infervorato, improvvi­samente misterioso) C'è a Costantinopoli un nuovo partito che diventa ogni giorno più influente e che è in gran parte opera mia... Malgrado l'ostilità e il disprezzo di cui sono circondato, nei miei sforzi, sono sicuro di riuscire... (insinuante) tanto più se potrò avere sotto mano un collaboratore giovane... attivo... scaltro... Cosa ne pensate?

Renato                          - Penso che siete il padre di un par­tito molto carino...

Don Pedro                    - (sorridendogli) Ebbene... domandate... nulla vi sarà rifiutato.

Renato                          - Oh! Dio!

Don Pedro                    - Coraggio! che diamine!

Renato                          - E allora, Eccellenza, non c'è più da esitare: domando la mano di vostra figlia!

Don Pedro                    - (deluso) La mano di mia figlia?... Nient'altro?

Renato                          - Mi pare che basti...

Don Pedro                    - (con forza) Ebbene, non basta, j ragazzo mio. Voglio darvi qualche cosa di più: una moglie non è sufficiente per un uomo come voi.

Renato                          - (stupefatto) Volete darmene due?

Don Pedro                    - Anche dieci, anche trenta! Vo­glio legarvi a tutte le mie opere.

Renato                          - (entusiasmato) La più bella delle vostre opere è vostra figlia.

Don Fedro                    - (sorridendo) Spero che ci metterete lo stesso entusiasmo... In quanto alla mano di mia figlia, io ve la concedo molto volentieri... soltanto è necessario che vi intendiate direttamente con lei; mi è piaciuto allevarla nella più assoluta indipendenza di carattere e di sentimenti... (grave). Quanto alla nostra collaborazione, ho notato che le vostre idee sono un poco anche le mie...

Renato                          - Un poco?!... Ma volete dire che sono le vostre addirittura!

Don Pedro                    - Avete tutte le qualità necessarie per diventare un buon diplomatico... Ho già del lavoro pronto per voi.

Renato                          - Così presto?

Don Pedro                    - Voglio approfittare del vostro viaggio di nozze a Costantinopoli.

Renato                          - (timido) Io veramente desideravo andare in Norvegia...

Don Pedro                    - (autoritario) Andrete a Costanti­nopoli: la questione Orientale lo esige.

Renato                          - Ah! benissimo.

Don Pedro                    - (misterioso) Vi darò da portare laggiù e... nel massimo segreto, il testo di un trattato fra Rio Tinto e la Turchia.

Renato                          - (commosso) Eccellenza, che onore!

Don Pedro                    - E che responsabilità!... Una vo­stra imprudenza potrebbe costarvi la vita...

Renato                          - (coi sudori freddi) E' una cosa molto interessante...

Don Pedro                    - Nella nostra carriera siamo abi­tuati a giuocare ad ogni passo, con la vita...

Renato                          - ... degli altri?

Don Pedro                    - Naturalmente (rumore di passi). Oli, ecco mia figlia.

SCENA IV  - Detti - Giannina - Adolfo

Giannina                       - Padre mio! Habeis perdido un espectaculo maravilloso! Pareciame estar en la orlila de uno de nuestros lagos equatoriales.

Don Pedro                    - (intenerito) Era verdaderamente tan bello hija de mi alma? (l'accarezza).

Giannina                       - Asì debe de ser el Paraiso! Està aun comorida! (piange).

Don Pedro                    - (accarezzandola) Que sensible! Eres corno tu madre (que en paz descanse) mi torcerà y querida mujer!

Renato                          - (ad Adolfo, inquieto perché non capi-sco quello che dicono) Cosa le hai fatto?

Adolfo                          - (ride) Niente: piange di gioia... Ti ha svaligiato la serra singhiozzando... e invo­cando la memoria di tutti i suoi antenati...

Renato                          - Sento che l'amo come un pazzo!

Don Pedro                    - (ad Adolfo) Caro dottore, l'entu­siasmo di mia figlia è tale che mi vien voglia di imitarla, (a Renato) Se non mi sbaglio avete un medagliere di gran valore?

Renato                          - Sì... sì...

Don Pedro                    - (ad Adolfo) Mentre questi due giovani parleranno di fiori, volete condurmi a visitare le monete del vostro amico?

Adolfo                          - Molto volentieri, Eccellenza.... (a Renato, sottovoce). Ti avverto che, se farà come sua figlia, ti porterà via una buona parte delle tue medaglie...

Renato                          - (sottovoce, ad Adolfo) Lascialo fare: sono tanto felice!

Don Pedro                    - (ad Adolfo) Sono vostro...

Renato                          - (tenero, a Giannina) E voi, signo­rina?

Giannina                       - (maliziosa) Anch'io...

Don Pedro                    - (a Giannina con finta severità) Ti lascio sola col signore, ma bada che tornosubito. (Esce con Adolfo dalla sala da pranzo).

SCENA V  - Giannina - Renato

Giannina                       - (appena Don Pedro è uscito, seden­dosi) Ha detto che tornerà subito ma non è vero. Papà è fatto così.

Renato                          - (turbato, commosso) E' fatto molto bene, papà!

Giannina                       - (maliziosa, guardando di sfuggita) E allora... volete incominciare?

Renato                          - (sorpreso) A fare che cosa?

Giannina                       - A farmi la corte...

 Renato                         - (molto imbarazzato) Già, è vero, scusatemi... E' strano, ma quando non era­vamo soli avevo una voglia pazza di mandar via tutti; e ora non so più cosa dirvi...

Giannina                       - Ditemi una cosa qualunque... così, tanto per incominciare...

Renato                          - Avete ragione: siete uito bella che non potete mai aver torto!

Giannina                       - Siete molto gentile... e poi siete commosso... Perché commosso?

Renato                          - (timido) Non lo so... sarà forse ef­fetto della stagione...

Giannina                       - Ah?... Perché voi avete indovi­nato in che stagione siamo?

Renato                          - Sì... credo che siamo in primavera...

Giannina                       - Siete osservatore... Amate le rose?

Renato                          - (con passione) Tanto!... E voi?

Giannina                       - Anch'io: ma preferisco le fra­gole...

Renato                          - Hanno del buono anche le fragole... Desidero conoscere tutti i vostri gusti...

Giannina                       - Sono molto semplici.

Renato                          - E io?... Che effetto vi faccio?

Giannina                       - Siete molto semplice anche voi.

Renato                          - E allora sono di vostro gusto?

Giannina                       - (energica, sicura) Sì; siete di mio gusto e vi accordo la mano che state per do­mandarmi tanto faticosamente...

Renato                          - (delirante) Oh! Giannina!... E' possibile?... Voi, voi così bella! Mia moglie?!

Giannina                       - Sì.

Renato                          - (che non sa più quello che dice) Esclusivamente mia!?

Giannina                       - (ridendo) Lo spero bene!

Renato                          - Oh! scusatemi! La gioia mi rende sconveniente... Se sapeste quello che provo io in questo momento...

Giannina                       - Me lo immagino: calmatevi...

Renato                          - Ma voi non siete turbata?

Giannina                       - Un poco...

Renato                          - Cosa provate all'idea che fra qual­che mese potremo essere marito e moglie?

Giannina                       - Niente: me l'aspettavo... Una si­gnorina finisce spesso col diventar la moglie di qualcuno. Voi mi piacete; fate in modo che la cosa si prolunghi.

Renato                          - Oh, si prolungherà!... Mi sento la forza non soltanto di piacervi, ma anche di conservare il vostro amore... (con energia) malgrado tutto quello che possono avervi raccontato sul mio conto.

Giannina                       - Avete un'amante?

Renato                          - Sì... (di più in più imbarazzato) sì... ma è tanto piccola!

Giannina                       - E' innamorata di voi?

Renato                          - Non lo so.

Giannina                       - Di che cosa si occupa?

Renato                          - Di me.

Giannina                       - Soltanto di voi?

Renato                          - No...

Giannina                       - (con un sospiro di sollievo) Tan­to meglio!

Renato                          - Perché?

Giannina                       - Per me... per voi... per il marito... E' facile liberarsi da una donna maritata...

Renato                          - Non tanto quanto credete...

Giannina                       - Si dice tutto al marito...

Renato                          - (spaventato) Ma voi siete pazza!

Giannina                       - Nel mio paese è una cosa che si fa moltissimo...

Renato                          - A Parigi si fa molto meno...

Giannina                       - Insomma, non vorrete sposarvi con me e... conservare quell'altra!

Renato                          - Ah! questo poi no!... Conto esservi fedele per tutta la vita.

Giannina                       - E allora non ne parliamo più.

Renato                          - Ma... vedete... c'è una piccola com­plicazione in questo programma...

Gianninna                     - E cioè?

Renato                          - Io voglio esservi fedele, e sento che lo sarò... ma ad una sola condizione: biso­gna che io non veda mai più quella donna...

Giannina                       - (offesa) L'amate ancora?!

Renato                          - La odio!... ma quando la vedo io faccio tutto quello che vuole lei e, per una strana combinazione, quello che vuole lei non è... insomma, non è mai quello che vo­glio io... e allora... (balbetta).

Giannina                       - ... e allora siete nelle mani di una donna fatale?

Renato                          - (desolato, vergognoso) Sì.

Giannina                       - (dopo un silenzio) Quello che mi dite è molto interessante... Non ho mai visto una donna fatale...

Renato                          - In apparenza non si distingue dalle altre...

Giannina                       - Coinè è fatta?... Scommetto che è bionda?

Renato                          - Sì.

Giannina                       - Ha lo sguardo imperioso?

Renato                          - No: è dolcissimo, insinuante... pene­trante... la voce armoniosa e i gesti felini... Ma se tento reagire, ecco che si trasforma: i suoi occhi diventano terribili, freddi come l'acciaio, la sua voce diventa secca... e allora le mie ginocchia tremano, le idee mi si con­fondono e la mia volontà svanisce... Temo che non mi amiate più...

 Giannina                      - Al contrario! Le difficoltà mi entusiasmano. Sento che saprò strapparvi dalle mani di quella donna... (ride).

Renato                          - Andremo lontano?

Giannina                       - Andremo a vivere a Costantinopo­li... (energica). E voi farete tutto quello cheti vorrò io.

Renato                          - (già dominato) Sì.

Giannina                       - Voglio che siate un uomo energico... (insinuante, graziosa) il mio padrone...!

Renato                          - (l'allaccia timidamente) Oh! Giannina!... Coinè sarà bello essere il vostro padrone! Però portatemi via subito!...

Giannina                       - Dove si trova quella donna?

Renato                          - E' lontana... sta facendo un lungo viaggio... Se fosse stata a Parigi non avrei» mai avuto il coraggio di parlarvi così... (trionfante). E quando tornerà, non mi troverà più... Avrà un bel fare e un bel dire: lo schiavo avrà spezzato le sue catene e sarai andato a godere la sua libertà fra le braccia f della più dolce, della più bella delle creature...

Giannina                       - (sorridente) Siete anche poeta?

Renato                          - (infervorato) Sì, sono poeta, pittore, scultore, musicista, sono tutto quello che vo­lete, perché, dal momento che ho conquistato il vostro amore, tutte le armonie e tutte le bellezze sono entrate in me... (abbraccia lungamente Giannina che gli restituisce il bacio).

SCENA VI.  - Detti - Don Fedro e Adolfo

Don Pedro                    - (entrando dalla sala da pranzo e scorgendo i due giovani allacciati, a Renato, ridendo) Caro mio, è questo quello che voi chiamate abbracciare la diplomazia?

Renato                          - (divincolandosi) Oh, Eccellenza, per­donatemi... ho mancato di tatto...

Don Fedro                    - (ridendo) Non si direbbe!

Giannina                       - (a Don Fedro) Papà, non lo rim­proverare: ha domandato la mia mano...

Don Pedro                    - E tu gli hai aperto le braccia? Tanto meglio... Tanto meglio (accarezza sua figlia, piuttosto commossa) Mia piccola Gian­nina, eccoti fidanzata... Sei contenta?

Giannina                       - Tanto, papà!

Don Pedro                    - (ad Adolfo) Mia figlia ha uncuore d'oro

Adolfo_____________ - (a don Fedro) E' deliziosa!

Don Pedro                    - (parla sottovoce a Giannina).

Adolfo                          - (si avvicina a Renato, che è rimastoin disparte, e gli sussurra) Ti avverto che Sua Eccellenza ti ha portato via qualche me­daglia rarissima, colla scusa di voler conser­vare un ricordo di questa serata.

Renato                          - (come in un sogno) Ma ha fatto benissimo... Io gli porto via un esemplare ancora più raro...

Adolfo                          - (scrolla le spalle in un atto di compati­mento).

Don Pedro                    - (a Giannina) E ora, figliuola mia bisogna pensare alla partenza... (a Renato). Mio caro conte, abbiamo veramente abusato della vostra ospitalità...

Renato                          - Eccellenza, voi vedete in me il più felice degli uomini

Don Pedro                    - Vi crederò quando avrete saputo fare di mia figlia la più felice delle donne...

Renato                          - Potete esserne sicuro...

Don Pedro                    - Giannina è stanca e l'accompa­gno al Ritz. Volete che venga a prendervi fra un momento? Avremo certamente da par­lare di molte cose.

Renato                          - Potete immaginare un rifiuto? Par­leremo di quello che vorrete, purché si parli della signorina Giannina.

Don Pedro                    - (a Adolfo) E' strano come gli innamorati manchino di fantasia!

Adolfo                          - E' naturale! Sono dei poeti...

Giannina                       - (a Renato) A domani... Renato! (gli tende la mano).

Renato                          - (baciandole la mano) Oh! mi chia­mate col mio vero nome! Che delicatezza!

Don Pedro                    - (a Adolfo) Vi posso offrire un posto nella mia automobile?

Adolfo                          - Volentieri, Eccellenza... tanto più che ho una visita urgente fino da stamattina'.

Don Pedro                    - Tanto meglio (saluti generali tutti escono dalla comune).

SCENA SETTIMA - Renato, poi Ivetta

Ivetta                            - (dalla veranda, sporge cautamente il capo prestando orecchio alle voci lontane e confuse. Espressione accigliata e dubitosa)

Renato                          - (rientra quasi subito dalla comune; è eccitatissimo dalla gioie), quasi saltella, si frega le mani, fischia. Arriva così in mezzo alla scena, senza aver scorto Ivetta. Rivolto verso gli spettatori, estatico) Fidanzato!... Sono fidanzato alla signorina Giannina Haney! Bisogna che lo dica ad alta voce per convincermi .che è vero!... Però, come è facile fidanzarsi... quando si è in due!... (sisiede in una poltrona, sempre di fronte allo spettatore; accende una sigaretta, si perde nell'estasi). Giannina!... Che bel nome!... Un nome storico... almeno per me... Mi sento pieno di energia... (con energia). Sì, voglio sposarmi fra un mese al massimo... così quan­do l'altra... sarà di ritorno, non troverà più nessuno... Che bellezza!... Arriverà qui tutta gaja, profumata... Suonerà il campanello... e domanderà a Firmino: «Il signore è in casa? ». E allora Firmino le rispenderà: « No, signora, il signore è partito per il suo viaggio di nozze e mi ha incaricato di presen­tare alla signora questo biglietto »... Chi sa che scena!... Che pianti!... Romperà certo qualche cosa... Bisogna che ritiri tutti gli oggetti di valore. Sono molto contento... Nessu­na 'donna mi chiamerà più Rirì e mi pizziche­rà il collo... (rimane estatico e beato).

Ivetta                            - (nel frattempo si è portata in punta di piedi dietro la poltrona di Renato; lo con­templa per un istante, poi gli pizzica forte­mente la nuca) Riri!

Renato                          - (smorfia di dolore. Spalanca gli occhi dallo stupore. Volge lentamente lo sguardo dietro a se come se dubitasse della realtà. Scorge Ivetta e allora, in preda ad uno spa­vento comico, si alza di scatto) Non è ve­ro!... Non è vero ?!

Ivetta                            - (calma) Che cosa, amor mio?

Renato                          - (indietreggiando) Non sei tu...

Ivetta                            - (ridendo) Chi vuoi che sia?

Renato                          - No: tu non sei Ivetta: sei uno spa­ventoso fantasma!...

Ivetta                            - Ne sei proprio sicuro?... Come sei stupido! (lo abbraccia con esuberanza, se lo tiene stretto). Non mi aspettavi, non è vero?

Renato                          - (che suda freddo) No, non ti aspet­tavo... Da che parte sei entrata?

(vetta                             - Dal piccolo cancello del giardino...

Renato                          - (tremante) Nessuno ti ha veduta?

Ivetta                            - Nessuno : (si guarda attorno con finta indifferenza). Eri solo?

Renato                          - No: avevo degli amici...

Ivetta                            - (con un lampo di severità negli occhi) Ho infatti veduto un'automobile alla por­ta... (sorride teneramente). Riri!... Perché non mi salti al collo?

Renato                          - (equivoco) Ti salterei al collo tanto volentieri!

Ivetta                            - (procace) Per divorarmi di baci?

Renato                          - (c. s.) Precisamente.

Ivetta                            - Sei molto gentile... Sono arrivata que­sta mattina e ho voluto farti un'improvvisata.

Ivetta                            - (si abbandona di nuovo e mormora) Mi sento tanto male!

Adolfo                          - (le palpa il polso) Il polso è molto debole.

Renato                          - (facendo dei segni di connivenza ad Adolfo, al disopra della testa di Ivetta) Sarà meglio trasportarla subito a casa sua?

Adolfo                          - Sarebbe imprudente, almeno per il momento.

Renato                          - (esterrefatto) E allora non si può muovere da qui?

Adolfo                          - Almeno finché più segni di stanchezza, iniezione eccitante.

Renato                          - Va a prenderla, all'angolo della strada...

Adolfo                          - Vado e torno subito...

Ivetta                            - (con un fil di voce) Dottore... c'è pe­ricolo ?

Adolfo                          - Neanche per sogno: soltanto bisogna stare tranquilla... (a Renato). Sarebbe me­glio coricarla sul letto...

Ivetta                            - (rianimandosi) Sì, sì, sul suo letto: sento che starò meglio!

Adolfo                          - (sorride a Renato) Vado e torno su­bito (si avvia verso la comune seguito da Re­nato, al quale sulla soglia mormora) Ti sei cacciato in un bell'impiccio!

Renato                          - Don Fedro d'Haney deve venir a prendermi fra un quarto d'ora!

Adolfo                          - Fa in modo che non veda questa donna, altrimenti tutto è perduto! (esce dalla comune).

Renato                          - (correndo verso la sala da pranzo) Firmino! (torna verso Ivetta). Va meglio?

Ivetta                            - Tutto continua a girare... Portami sul tuo letto: voglio morire nel tuo letto!

Renato                          - Non dire delle sciocchezze!

Firmino                         - Il signore mi ha chiamato?

Renato                          - Preparate il mio letto per la signora.

Firmino                         - Come al solito?

Renato                          - Risparmiatemi le vostre osserva­zioni!

Firmino                         - (via da sinistra).

Ivetta                            - (a Renato) Riri, ho voglia di qualche marrons glacés!

Renato                          - Sei pazza?

Ivetta                            - Non mi rifiutare questa piccola con­solazione: tanto è l'ultima volta...

Renato                          - Vado a prendertene...

Ivetta                            - Non temere... Ricorderò sempre quel­lo che stai facendo per me...

Renato                          - (fra se) Basta che non capiti DonPedro d'Haney!... Oh, Giannina, quantomi costi! (esce dalla destra).

SCENA DECIMA  - Ivetta sola, poi Firmino, poi Adolfo

Ivetta                            - (appena è sola si alza arzilla, va al telefono e cercando di smorzare la voce) M 15.002... Pronti!... Sei tu Arcibaldo?... Sì, sono io, Ivetta... Ti telefono dalla casa di Renato che mi ha accolta svenuta poco fa Ho incontrato un negro vestito di bianco e allora mi sono sentita male. Non ti spaventare, è una cosa da niente, ma un medico 1’dichiarato che per il momento sono intramontabile... Sì, vieni subito, ti aspetto. Come dici?... Sì, sono ancora svenuta e per a te. (depone il ricevitore e va a rimettersi punta di piedi nella poltrona dove si abbandona. Campanello).

Firmino                         - (dalla sinistra, traversando la scena Ivetta) Il letto del signore è pronto.

Ivetta                            - (con un filo di voce) Grazie, Firmino

Firmino                         - (esce dalla destra e introduce Adolf che ha in mano un pacchetto).

Adolfo                          - Come vi sentite, signora?

Ivetta                            - Molto male, grazie.

Adolfo                          - Vi faccio subito un'iniezione (prepara i suoi strumenti sopra un tavolino d fondo). Dov'è Renato?

Ivetta                            - E' uscito un momento ma torna a biro... Siete un amico di Renato?

Adolfo                          - (lievemente turbato) Sì.

Ivetta                            - Siete il dottor Adolfo Montici?

Adolfo                          - Come fate a saperlo?

Ivetta                            - Renato mi ha parlato spesso di v non ha altri medici fra i suoi amici...

Adolfo                          - (che subisce gradualmente il fascino di Ivetta, scuotendosi) Se volete, vi facci l'iniezione e poi andrete a coricarvi...

Ivetta                            - (graziosa) Ecco, se foste veramente gentile rinuncereste a quell'iniezione...

Adolfo                          - Ah? E perché?

Ivetta                            - Perché le iniezioni mi impressionai io.

Adolfo                          - Vi assicuro che è necessaria per gua­rirvi prontamente...

Ivetta                            - Io non ho bisogno di guarire pron­tamente: preferirei guarire poco a poco...

Adolfo                          - (avvicinandosi, sempre più sedotto, con la siringa in mano) Avete il cuore debole...

Ivetta                            - (affascinandolo) Lo so! (sospira). Se non fosse debole, non mi sarei innamorata pazzamente di Renato!

Adolfo                          - - Non è quello che volevo dire...

Ivetta                            - (stendendogli una mano) Non im­porta: lo avete detto bene egualmente.

Adolfo                          - (turbato) Siete molto gentile.

Ivetta                            - Stringetemi questa mano...

Adolfo                          - (le prende la mano) A che scopo?

Ivetta                            - Ho tanto freddo!

Adolfo                          - Se volete, ve le scaldo tutte e due...

Ivetta                            - Non osavo domandarvelo.

Adolfo                          - (nella foga di prenderle le due mani, lascia cadere la siringa che si spezza) Si è rotta la siringa!

Ivetta                            - (ridendo) Si vede che era scritto!

Adolfo                          - (stringendole le due mani) Dove?

Ivetta                            - Lassù!

SCENA UNDICESIMA  - Detti, Renato poi Firmino

Renato                          - (dalla destra con un pacchetto in mano, guarda stupefatto Adolfo con le mani di Ivet­ta fra le sue) Eccomi qua... (avanzandosi, a Adolfo) Cosa fai in quella posizione?

Adolfo                          - (un po' imbarazzato) Scaldavo le mani della signora...

Renato                          - (a Ivetta) Come ti senti?

Ivetta                            - (svenevole) Un po' meglio... ma pro­vo ancora una grande debolezza.

Renato                          - (diffidente, a Adolfo) Non è ancora trasportabile?

Ivetta                            - (con disperazione) Quest'uomo vuol farmi morire!... (a Renato). Dammi un marron glacé.

Renato                          - (a Adolfo) Ha domandato dei marrons glacés... E' una pazzia, non è vero?

Adolfo                          - Sono indicatissimi in questi casi.

Ivetta                            - (mangia un marron glacé, poi stringen-do la mano di Renato che è a destra, e quella di Adolfo che è a sinistra, guardando quest'ultimo) E ora, andiamo a letto.

Adolfo                          - Appoggiatevi a noi.

Ivetta                            - (sollevata dai due Uomini, si alza lenta­mente e, sorretta, si avvia a sinistra. Suono di campanello).

Renato                          - (ha un sussulto, scambia un'occhiata con Adolfo dietro la testa di Ivetta che tenta di trascinare verso la porta di sinistra).

Ivetta                            - Adagio, altrimenti muoio!

Firmino                         - (dalla destra) C'è un signore che domanda del signore.

Renato                          - Chi è?

Firmino                         - E' il signor Barone Goldschmidt.

Renato                          - (terrorizzato) Oh Dio!

Ivetta                            - (con un filo di voce) Mio marito!

Adolfo                          - Diamine!

Renato                          - (a Firmino) Fatelo passare fra cin­que minuti... (a Ivetta) Presto...

Ivetta                            - (abbandonandosi nelle braccia dei due uomini) Come mi sento male! (scompare dalla sinistra con Renato e Adolfo)

Firmino                         - (scompare dalla destra).

SCENA DODICESIMA  - Renato, Goldschmidt, Firmino

(scena vuota, poi Firmino introduce, dalla destra, Goldschmidt e scompare. Goldschmidt è un uomo sulla quarantina, elegante e solenne: tipo di banchiere israelita. Ha l’aria preoccupata ed ha in mano una, valigetta).

Renato                          - (dopo un istante, compare dalla sini­stra molto turbato e timoroso).

Goldschmidt                 - (gli va incontro con impeto) Come sta mia moglie?

Renato                          - Sai che si è sentita male?

Goldschmidt                 - So che si è sentita male per la strada, vicino a casa tua, vedendo passare un negro vestito di bianco. So che l'hai ac­colta in casa tua... (gli stringe la mano). E' una cosa che non dimenticherò mai...

Renato                          - (intontito) Neanch'io...

Goldschmidt                 - Voglio vederla...

Renato                          - Mi sono permesso di farla adagiare sul mio letto.

Goldschmidt                 - Hai fatto benissimo... Quello è il suo posto... La lasceremo finche non starà bene del tutto... M'installo in casa tua... (mo­strando la valigetta). Ho portato l'occorrente.

Renato                          - (estere fatto) Ah! benissimo.

Goldschmidt                 - Sei un vero amico. Da che parte è la camera da letto?

Renato                          - (additando la sinistra) E' di là.

Goldschmidt                 - (si avvia verso la sinistra).

SCENA TREDICESIMA Detti - Adolfo

Adolfo                          - (dalla sinistra).

Goldschmidt                 - (a Renato) Il medico?

Renato                          - (presentando) Il dottor Montier... Il barone Goldschmidt.

Goldschmidt                 - (stringendo la mano di Adolfo) Come sta mia moglie?

Adolfo                          - Riposa.

Goldschmidt                 - C'è pericolo?

Adolfo                          - No... Ma ha bisogno di tranquillità...

Goldschmidt                 - (a Renato e a Adolfo con ener­gia) Aspettatemi qui (entra risolutamente a sinistra).

SCENA QUATTORDICESIMA Renato, Adolfo, poi Goldschmidt

Renato                          - (fissando Adolfo) Ha intenzione di passare la notte vicino a Ivetta.

Adolfo                          - (calmo) E' nel suo diritto.

Renato                          - Questo incidente può compromettere il mio matrimonio.

Adolfo                          - La presenza del marito salva le ap­parenze.

Renato                          - Purché Don Pedro d'Haney non si incontri con Ivetta.

Adolfo                          - Non hai bisogno di ricevere il tuo futuro suocero in camera da letto.

Goldschmidt                 - (in pigiama e pantofole, dalla si­nistra, affaccendato) Dei marrons glacés, subito... Vuole dei marrons glacés.

Renato                          - (additando il pacchetto sul tavolo) Eccoli lì... ma farà un'indigestione!

Goldschmidt                 - I desideri di una donna malata non si discutono... Ti avverto che dormirò vi­cino a Ivetta. Sono molto stanco.

Renato                          - Fa come se fossi in casa tua.

Goldschmidt                 - Precisamente (autoritario). Il tuo domestico veglierà tutta la notte.

Renato                          - Ah?... E io cosa farò?

Goldschmidt                 - Tu ti terrai a nostra disposi­zione seduto su quella poltrona.

Renato                          - Veramente, avrei un impegno...

Goldschmidt                 - Lo disdirai, ecco tutto... Ah! e poi bisogna cambiare la posizione del letto al più presto: mia moglie ed io non possiamo dormire con una finestra di fronte...

Renato                          - Di notte non ci si accorge...

Goldschmidt                 - Potrebbe esserci la luna: chia­ma il tuo personale e aiutami a cambiare la posizione del letto (via da sinistra).

Renato                          - (rassegnato, va a suonare il campa­nello: passando vicino a Adolfo gli sussurra) Incomincia a seccarmi...

Adolfo                          - Non irritare il marito.: è il meno che puoi fare...

Renato                          - Tu ti fermi qui, non è vero?

Adolfo                          - (stupefatto) Io? Non ci contare... Ho ancora qualche visita.

Renato                          - Sei un vero amico!

Firmino                         - (dal fondo) Il signore ha suonato?

Renato                          - Sì: dovete aiutarmi a cambiare di posizione il letto.

Firmino                         - Non sarà facile: è molto pesante.

Renato                          - Bisognerà farlo ugualmente!

Firmino                         - (va a sinistra e bussa alla porta).

Goldschmidt                 - (mette fuori la testa) Chi è che si permette di risturbare?

 Renato                         - (contenendosi) E' per il letto.

Goldschmidt                 - (socchiudendo la porta) Entrate pure, ma in punta di piedi.

Firmino e Goldschmidt - (scompaiono dalla sinistra).

Adolfo                          - A rivederci a domani.

Renato                          - (accompagnandolo) Se mi abbandoni, commetto qualche pazzia...

Adolfo                          - Non sarà la prima: ad ogni modo non ti servirebbe a niente. Sta tranquillo!domani tutto sarà aggiustato, (esce dalla destra con Renato).

SCENA QUINDICESIMA Ivetta, Goldschmidt, poi Renato, poi Firmino

Ivetta                            - (sostenuta amorevolmente da Goldschmidt entra dalla sinistra e viene adagiata sulla poltrona. E' in vestaglia elegante) Perché mi hai fatta alzare, Arcibaldo?

Goldschmid                  - Per cambiare la posizione del letto.

Ivetta                            - (senza pensarci) L'avevo già detto tante volte a Renato... Il letto in quella posizione non mi andava... M'intimidiva...

Goldschmidt                 - Malgrado il tuo male, ti eri! accorta di questo?

Ivetta                            - (riprendendosi) Sì.

Goldschmidt                 - Che natura sensibile!

Renato                          - (dalla destra).

Goldschmidt                 - (a Renato) Finalmente sei! qui: vieni ad aiutarci.

Renato                          - (fremente, dopo un'occhiataccia a Ivetta, esce dalla sinistra seguito da Goldsch­midt. Suono di campanello).

Renato                          - (ricompare, agitatissimo).

Goldschmidt                 - (lo segue) Ma insomma, si | può sapere cos'hai?

Renato                          - Hanno suonato il campanello...

Goldschmidt                 - Non è il caso di agitarsi a J questo modo.

Renato                          - Sarebbe forse meglio ricondurre Ivetta... (riprendendosi) la baronessa Gold­schmidt in camera...

Ivetta                            - (smaniando) Se il letto non è pronto non mi muovo...

Goldschmidt                 - (severo a Renato) Mia moglie ha ragione, (nuovo suono di campanello).

Firmino                         - (dalla sinistra) Mi pare che abbia­no suonato: vado ad aprire.

Renato                          - (sulle spine) Vado io...

Goldschmidt                 - Lascia andare il domestico; il tuo posto è qui.

Firmino                         - E allora vado.

 Renato                         - (a Firmino, tentando di fargli dei ge­sti d'intesa) Se è quel signore di poco fa ricevetelo altrove.

Firmino                         - Non ci sono altri salotti ali'infuori di questo.

Renato                          - (esasperato) Ditegli che ho dovuto uscire!

Goldschmidt                 - (a Renato) Ma sai che sei stra­no? Si vede che l'emozione ti ha turbato (a Firmino). Introducete quel signore.

Firmino                         - (esce dalla destra).

Ivetta                            - (con un filo di voce) Sento che una piccola distrazione mi farà bene...

Goldschmidt                 - (a Renato) E tu vieni con me. (esce dalla sinistra).

Renato                          - (avviandosi a sinistra, fra se) Se Ivetta s'incontra con Don Pedro sono per­duto! (esce dalla sinistra).

 Don Fedro                   - Avete fatto molto bene a confi­darmi il vostro segreto...

Ivetta                            - Perché?

Don Pedro                    - Sono il padre della fidanzata. .

Ivetta                            - (con finto terrore) Ah, mio Dio! Che cosa ho fatto?!...

Don Pedro                    - (con forza) Io, signora, che in­cominciavo già ad avere dei sospetti.

Ivetta                            - Non fate uno scandalo, ve ne scon­giuro!

Don Pedro                    - E' quello che vedremo.

Ivetta                            - Mio marito è nella camera vicina.

Don Pedro                    - Insieme col vostro amante?

Ivetta                            - Sì.

Don Pedro                    - E' semplicemente ignobile!

Ivetta                            - No, perché mio marito ignora ogni cosa... Non gli ho detto niente per non im­pressionarlo.

 

SCENA SEDICESIMA Ivetta - Don Pedro - Firmino

 Don Pedro                   - (introdotto da Firmino, entra dal­la destra. E' in abito da sera e soprabito. Scorgendo Ivetta ha un movimento di sorpre­sa) Scusate signora, ma credevo di trovare il conte de la Ferme-auvert.

Ivetta                            - Siete infatti in casa sua: egli è oc­cupato in questo momento. Mi sta preparan­do il letto.

Don Pedro                    - (stupefatto) Il letto?!

Ivetta                            - (con finta ingenuità) Mi sono senti­ta male in casa sua. Dopo un forte dispiacere.

Don Pedro                    - (insospettito)  Ah?... Scusate, voi chi siete?

Ivetta                            - Ve lo dirò quando vi sarete presen­tato.

Don Pedro                    - Avete ragione (presentandosi). Don Pedro Haney, ambasciatore della Repub­blica di Rio Tinto a Costantinopoli.

Ivetta                            - Oh! siete un personaggio importante?

Don Pedro                    - Sì.

Ivetta                            - E io sono la baronessa Ivetta Gold­schmidt.

Don Pedro                    - (s'inchina, sospettoso e diffidente).

Ivetta                            - Amante del conte de la Ferme-auvert.

Don Pedro                    - (sussultando) Ah?!

Ivetta                            - (sospirando) Da due anni!... Poco fa mi ha confessato che stava per prendere moglie e allora io mi sono sentita male.

Don Pedro                    - (fremente di sdegno, quasi fra se) Benissimo!...

Ivetta                            - Come « benissimo »!

Don Pedro                    - Avete fatto molto bene a confidarmi il vostro segreto …

Ivetta                            - Perché?

Don Pedro                    - Sono il padre della fidanzata.

Ivetta                            - (con finto terrore) Ah, mio Dio! Che cosa ho fatto?

Don Pedro                    - (con forza) Io, signora, che incominciavo già ad avere dei sospetti.

Ivetta                            - Non fate uno scandalo, ve ne scongiuro!

Don Pedro                    - E’ quello che vedremo.

Ivetta                            - Mio marito è nella camera vicina.

Don Pedro                    - Insieme col vostro amante?

Ivetta                            - Si.

Don Pedro                    - E’ semplicemente ignobile!

Ivetta                            - No, perché mio marito ignora ogni cosa …. Non gli ho detto niente per  non impressionarlo.

SCENA DICIESSETTESIMA Detti, Goldschmidt, poi Renato

Goldschmidt                 - (dalla sinistra) Ivetta: il letto è pronto (scorgendo Don Pedro si ferma).

Ivetta                            - (presentando) Il barone Goldschmidt, mio marito... Sua Sccellenza Don Pedro... (a don Pedro) Don Pedro che cosa?

Don Pedro                    - (fremente) Haney!

Goldschmidt                 - (s'inchina).

Ivetta                            - (a Goldschmidt) Il padre della fidan­zata di Renato...

Don Pedro                    - (c. s.) Non è ben sicuro.

Ivetta                            - (stupefatta, a Don Pedro) Non siete sicuro di essere il padre?

Goldschmidt                 - (molto meravigliato) Renato si sposa?!

Don Pedro                    - Questo matrimonio è ancora mol­to incerto...

Renato                          - (dalla sinistra, guardingo; appena scor­ge Don Pedro, fra se) lo vorrei essere un altro...

Don Pedro                    - (solenne, a Renato) Signore, poco fa vi ho lasciato intravedere la possi­bilità di un matrimonio fra voi e mia figlia...

Renato                          - (sulle spine) Mi sembra, infatti...

Don Pedro                    - (severo) Circostanze impreviste mi costringono a cambiare opinione...

Ivetta                            - Eccellenza!

Renato                          - (inebetito, guardando alternativamen­te Ivetta e Don Pedro) ... E quali sono queste circostanze ?

Don Pedro                    - (indicando Ivetta) La signora potrà darvi qualche informazione...

Goldschmidt                 - Mia moglie?!... E che cosa c'entra mia moglie?

Renato                          - (a don Pedro) Ma già, cosa c'entra sua moglie?

Ivetta                            - (a Goldschmidt, additando don Pedro) Il signore trova molto sospetta la mia pre­senza in casa di Renato.

Goldschmidt                 - (a don Pedro) Sospetta in che senso ?

Ivetta                            - (tragica) Mi si accusa di essere la sua amante! (piange).

Don Pedro                    - Ma se è stata vostra moglie a confessarmelo!

Ivetta                            - (con sdegno teatrale) Io!!... Confes­sare un segreto così importante a un indivi­duo che non conosco?

Renato                          - E' quello che penso anch'io.

Goldschmidt                 - (a don Pedro) Signore, voi mi darete soddisfazione di questo insulto.

Don Pedro                    - E' quello che vedremo! (esce violentemente dalla destra).

Ivetta                            - (appena don Pedro è uscito, con pro­fondo disgusto) Che gente, questi Rio Tin­tesi!

 Goldschmidt                - Renato, ringrazia mia moglie, perché senza di lei tu cadevi in mano ad una famiglia di cannibali!

Renato                          - Arcibaldo, esageri...

Goldschmdt                  - (autoritario) Prendi Ivetta in braccio e portala sul suo letto.

Renato                          - (dominato, prende Ivetta in braccio, con brutalità, come se si trattasse di un sacco e si avvia verso sinistra).

Goldschmidt                 - Delicatamente!... Senza scos­se! (procede, uscendo dalla sinistra).

Renato                          - (a bassa voce, rabbiosamente a Ivetta) Prima dovevo obbedire a te, ma ora devo obbedire anche a tuo marito: è troppo!

Goldschmidt                 - (riappare) E se incontro quel' negro vestito di bianco lo ammazzo!

Renato                          - (risolino verde) Naturalmente!

Goldschmidt                 - (scompare di nuovo).

Ivetta                            - (svenevole, sostenendosi sulla braccia di Renato, tenendolo allacciato al collo, mor­mora) Ho mandato a monte il tuo matri­monio e forse morirò in casa tua... Sono tanto felice!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Salone di un grande albergo a Costantinopo­li. Arredamento lussuoso ma senza decisa intonazione turca. A destra la comune, ampia. A sinistra gran porta agli alloggi interni.

SCENA PRIMA

Ivetta                            - (sotto il nome di Gloria) ,Tatiana, Pe­ter, Àzig Pascià, Dickson, Mustafà pascià. Altri personaggi che non parlano. Due si­gnori turchi, con la redingote chiusa al collo, senza cravatta e col fez in testa, in un angolo della loggia, bevono il caffè e fumano. In principio della scena sono tutti nella loggia e sul limitare di essa col salone. Quando Glo­ria scenderà la scena, tutti la seguiranno, meno i due signori turchi. Intanto si fuma, si beve, si chiacchiera con animazione. Gran­de rumore allegro all'alzarsi del velario. Abiti da pomeriggio.

Tatiana                          - (tipo di slava molto elegante, moltobionda, molto attraente ed esuberante) Oh! E' incredibile!

Mustafà                         - (grasso, floscio, voce melliflua) E'veramente singolare!

Dickson                         - (giovane elegante, tipo nordico) Molto straordinario!

 Peter                             - (un fanfarone abbronzato, in costume tra l'esploratore e il cacciatore di belve).

AziG                             - (a Peter, corretto, ironico) E la vostra avventura è terminata così?

Peter                              - (rincarando) Non è terminata!

Gloria                            - (contorcendosi imperturbabile) Oh! come è eccitante il vostro racconto!...

Peter                              - (teatrale) ... Rimasto solo, con gli ultimi cinque colpi disponibili della mia carabina, nel silenzio della notte che conti­nuava a calare... a calare...

Tatiana                          - Non ci si può mai fidare della notte...

Peter                              - Ad un tratto, ecco davanti a me, al disopra di un folto cespuglio, due occhi fo­sforescenti... Una tigre! Mi fermai e sparai. Gli occhi scompaiono... Avanzo di un passo ed ecco i due occhi ricomparire...

Gloria                            - Erano sempre fosforescenti?...

Peter                              - Più di prima!... Torno a sparare e scompaiono di nuovo. Mi muovo.

AziG                             - (con calma ironica) Insomma, in tutte le cinque volte?

Peter                              - ... e cinque colpi... Finalmente gli occhi non compaiono più.

Tatiana                          - Avevano esaurito il fosforo?

Peter                              - Raggiungo di corsa il cespuglio e vedo cinque tigri fulminate dai miei colpi...

Tatiana                          - Come noi, signor Peter!

Peter                              - (galante) E come me, principessa, sotto il fuoco dei vostri occhi...

Tatiana                          - (ridendo) Siete molto galante,.ma per ora ho tante altre cose da fare... Ne ri­parleremo quando sarò meno occupata.

Gloria                            - (a Tatiana) Ah! sempre la vostra missione!...

Mustfà                          - ... inutile, mia bella amica. La vo­stra missione è immorale.

Tatiana                          - Immorale?!... Liberare la donna turca dalla schiavitù?

Mustafà                         - La donna turca sta molto bene nel suo harem.

Gloria                            - Forse perché non conosce il resto del mondo?

Mustafà                         - Lo conosco benissimo, come si co­noscono bene tutte le cose proibite...

Tatiana                          - Io sono per la morale libera e non disarmo! Siamo quattro dell'antico regime, tutte animate dagli stessi propositi; deside­riamo aprire a scopo di propaganda una ta­verna russa con balli e pose plastiche... Oh! una cosa molto artistica!

Azig                              - (con un sorriso ironico) Ne sono con­vinto, principessa.

Tatiana                          - C'è un bellissimo locale a Top-Hané, ma Sua Eccellenza Fadli Pascià non me lo vuole cedere...

Azig                              - (galante) Domani avrete il suo consen­so; ve lo prometto.

Tatiana                          - Oh; grazie... So che potete tutto.

Azig                              - (un po' sottovoce, ma con finta indiffe­renza) In cambio, non potreste darmi informazioni sul conto di un certo Petruski?

Tatiana                          - (che comprende) E' un ex-marinaio che si è arricchito svaligiando dei palazzi aristocratici nei primi tempi del bolscevi­smo... (sottovoce). Del resto, se vi occorro­no maggiori dettagli potete venire a tro­varmi domenica, volete?

Azig                              - (con finta indifferenza) Siamo intesi. (bacia la mano alla principessa e si apparta a discorrere con Peter che sfoggia molti gesti).

Dickson                         - (che è vicino a Gloria, improvvisa-mente le sussurra con forza febbrile) Si­gnora, io vi amo!

Gloria                            - Eh?

Dickson                         - Bestialmente!

Gloria                            - Me ne accorgo.

Dickson                         - (c. s.) Fabbrico dell'olio di fegato di merluzzo che ha la specialità di non con­tenere né olio, né fegato, né merluzzo. Sono enormemente ricco...

 Gloria                           - (c. s.) Di questo non ho alcuna intenzione di accorgermi... (gli volta bruscamente le spalle).

Azig                              - (che ha seguito con lo sguardo il dialogo, si stacca da Peter e si avvicina m Gloria).

Dickson                         - (con indifferenza accende un grosso sigaro e si allontana).

Azig                              - (a Gloria, con un velo di malumore, sottovoce) Non mi piace la corte di cui vi circonda quel Dickson...

Gloria                            - Rassicuratevi, amico mio, non piace neanche a me... (con un sorriso affettuoso) Del resto, dovreste esserne lusingato: tutti gli uomini sono ai miei piedi...

Azig                              - Il male è che li lasciate dove si trovano...»

Gloria                            - (ridendo) Ci stanno così bene!...

Azig                              - Non si sa mai... Le pretese degli uomini sono infinite... come la bontà di Dio...

Gloria                            - Non soltanto quelle degli uomini.. .Figuratevi che anche la mia safta pretende di essere pagata...

Azig                              - E lo sarà!... A proposito, dove abita?

Gloria                            - (con finta indifferenza) Vicino al ponte di Galata... Ernestina e compagni...! (con vivacità). Però vi presenterete a mio nome...

Azig                              - (le bacia la mano, galantemente) Naturalmente... il mio segretario ha altre cose da fare.

Gloria                            - (sottovoce) Le informazioni che vi ho date su quel conte danese erano esatte?

Azig                              - Esattissime... Bisognerà però non perderlo di vista...

Gloria                            - Non dubitate.

(Suono interno di jazz-band).

Tatiana                          - (avvicinandosi a Gloria e allaccian­dole famigliarmente la vita) Gloria, vo­lete che diamo un'occhiata alla sala da ballo?

Gloria e Tatiana            - (si allontanano allacciate, raccogliendo sul loro passaggio uomini e don­ne, e dirigendosi verso la comune di destra).

Azig                              - (segue con lo sguardo Gloria, accende una sigaretta e fa per avviarsi al seguito).

Peter                              - (che è rimasto indietro, sfuggito da tutti, si avvicina ad Azig) Non so se vi ho rac­contato quello che mi è successo in una tribù di scimmie, al Brasile, nel 1901?

Azig                              - Sarete passato inosservato!

Peter                              - Precisamente... (i due uomini scom­paiono alla loro volta al seguito degli altri. Rimangono soltanto i due turchi nella loggia)

SCENA SECONDA Renato, Giannina, il Direttore dell'albergo

Il Direttore                    - (dalla comune con Renato e Gian­nina) Mi dispiace, ma in questo momento non ho che una sola camera.

Renato                          - (abito da viaggio) Una sola camera?Non mi basta!

Direttore                       - Il signore ha forse un seguito?

Renato                          - Viaggio soltanto con la signora...

Direttore                       - (s'inchina servilmente davanti a Giannina) E allora il signore potrebbe adattarsi per ora in una camera sola...

Renato                          - (con qualche importanza) Non pos­so adattarmi... Io sono... Io rappresento in­somma degli interessi internazionali...

Direttore                       - Capisco: il signore è viaggiatore di qualche grande casa d'esportazione?... Po­tremo mettere le casse in luogo sicuro...

Renato                          - Amico mio, non avete naso!

Direttore                       - Non ho naso?!

Renato                          - Non sono un viaggiatore di com­mercio e non ho casse... (dandosi delle arie) Sono un diplomatico... amico mio...

Direttore                       - Vostra Eccellenza voglia scusare il mio grossolano errore: appena mi sarà possibile darò al signore un appartamento.

Renato                          - (porgendogli uno scontrino) Sta be­ne: vogliate svincolare le mie valige diplo­matiche e farle portare nella nostra camera.

Direttore                       - Vostra Eccellenza sarà soddi­sfatto: è una vera camera coniugale; dalle finestre si può vedere tutto il Corno d'Oro!

Renato                          - Vi prego di non insistere sul pano­rama: non m'interessa.

Direttore                       - E' magnifico!

Giannina                       - (abito da viaggio; appena entrata si è seduta divertendosi alle arie impacciate di Renato. Poi, seccata dell'attesa si alza) Insomma, dov'è questa camera?

Direttore                       - (si avvia nel fondo sinistro indican­do la strada. Giannina lo segue impaziente).

Renato                          - (scorge i due turchi nella veranda, tira dalla falda della redingote il direttore e, ad­ditandogli ì due personaggi, gli sussurra un po' inquieto) Chi sono quei due signori?

Direttore                       - (con rispettoso mistero) Due al­tissimi funzionari di Stato.

Renato                          - Ah!... (a Giannina, mentre il diret­tore si allontana verso il fondo). Due spie!

Giannina                       - (sottovoce) Vedi spie dappertut­to!... Cerca di essere disinvolto...

Renato                          - (depone la valigetta e fa per togliersi lo spolverino).

Direttore                       - (si precipita sulla valigetta, premu­rosamente).

Renato                          - (infila di nuovo lo spolverino, allar­mato e riprende la valigetta dalle mani del direttore) Non toccate questa valigia!

Direttore                       - (un po' sorpreso) Contiene dei valori?

Renato                          - (con forzata disinvoltura) Sì e no...

Giannina                       - (che frattanto si è liberata dello spol­verino, gli pizzica furtivamente un braccio)

Renato                          - (con una smorfia) Contiene le foto­grafie dei miei antenati e quattro pacchetti di sigarette... Nel caso che non si trovasse del tabacco a Costantinopoli...

Direttore                       - (squadrandolo con un po' di diffi­denza) Mi sono permesso di fare quella domanda perché l'albergo non risponde dei valori non consegnati alla Cassa...

Renato                          - So, so. (si toglie lo spolverino, sen­za perdere di vista la valigetta).

Direttore                       - (prende i due spolverini, la borsetta di Giannina) I signori non comandano altro?

Giannina                       - No, grazie.

Direttore                       - La camera destinata ai signori è al secondo piano e porta il numero 145 bis.

Renato                          - Gli anni che visse Assalonne!

Direttore                       - Può darsi    - (s'inchina ed esce dalla camera).

SCENA TERZA Giannina e i due Turchi

Giannina                       - (un po' di malumore) Vedi, se tu avessi mandato un telegramma a papà, sarem­mo andati direttamente all'Ambasciata.

Renato                          - (misterioso) Ho preferito arrivare in incognito... Siamo circondati di spie...

Giannina                       - Ma non esagerare!... Chi vuoi che sospetti!...

Renato                          - Tutti!

Giannina                       - Colpa tua... H tuo contegno è tal­mente impacciato e misterioso che sa finirà per sospettare qualche cosa... Durante tutto il viaggio tu non ti sei occupato di me, ma della valigetta... te la sei tenuta fra le brac­cia tutto il tempo e te se la sei messa perfino nel letto... Ogni volta che stendevo le brac­cia per cercarti, toccavo invece il cuoio del­la valigetta... E' seccante alla fine... Ho spo­sato l'uomo che amavo e ho fatto il viaggio di nozze col suo bagaglio!...

Renato                          - Ma sai, i topi d'albergo!...

Giannina                       - I topi d'albergo non vanno nelle camere degli sposi... (abbassa lo sguardo).Hanno molta probabilità di trovarli svegli...

Renato                          - (commosso) Oh, Giannina!... Come sei pratica!... Ma ora, se Dio vuole, è finita: appena avrò consegnata a tuo padre la busta sigillata, mi dedicherò a te, interamente a te... la diplomazia cederà il posto all'amore! (/'abbraccia).

Giannina                       - (disarmata) Sei ben sicuro di ave­re dimenticata... l'altra?...

Renato                          - Ho dimenticato persino il suo nome.Dopo quell'incidente con tuo padre, nel quale ho rischiato di perderti.

Giannina                       - Riaccomodato per opera mia...

Renato                          - E' vero!... Mi volevi ad ogni costo e mi hai avuto, e ora sono tuo per sempre!

Giannina                       - Meglio così!... (improvvisamente severa). Ma ricordati! Se tu manganassi sol­tanto col pensiero, ti ricambierei immedia­tamente l'affronto nel modo più irreparabile.

Renato                          - (un po’ inquieto) Irreparabile?

Giannina                       - Tu non sai ancora che donna sono io!

Renato                          - (c. s.) Io ne conosco una che è de­liziosa: tutta grazia e dolcezza.

Giannina                       - (minacciosa) Ma in me ci sono due donne: quella che conosci e un'altra che non conosci ancora e che è terribile!

Renato                          - (soggiogato e divertito) Terribile addirittura?

Giannina                       - Giudica tu: avevo appena sedici anni e mi trovavo al Messico, dove mio pa­dre era allora semplice attaché d'ambasciata. Un giorno, un servo negro che si era innamo­rato di me, fa per abbracciarmi...

Renato                          - Mascalzone!...

Giannina                       - ... Io che stavo leggendo e che avevo in mano un tagliacarte, un pugnaletto catalano che mi avevano regalato, mi volto e glielo pianto nel cuore...

Renato                          - Accidenti!

Giannina                       - (con semplicità) Era la prima vol­ta che ammazzavo un uomo...

Renato                          - (con un sorriso verde) Ahi parche ne hai ammazzati parecchi?

Giannina                       - Altri due, con una carabina... Due briganti che ci avevano assaliti di notte, du­rante una caccia al cinghiale, (con sprezzan­te semplicità) Un episodio senza impor­tanza...

Renato                          - Uno scherzo addirittura!

Giannina                       - (ridendo) Sembri impressionato!

Renato                          - Io!... Ma neanche per sogno!... (ri­dendo con sforzo). Di modo che, se io t'in­gannassi?...

Giannina                       - (graziosa) Per te avrei qualche co­sa di meglio del pugnale e della carabina!...

Renato                          - Sei molto gentile!

Giannina                       - (mostrandogli un anello al dito) | Avrei questo anello che mi ha regalato un fachiro e che non mi abbandona mai...

Renato                          - (prendendo la mano di Giannina e rimirando il gioiello) Una perla nera?

Giannina                       - ... che racchiude un veleno miste­rioso che fa soffrire tutte le torture immagi­nabili, uccidendo lentamente.

Renato                          - (lasciando cadere la mano di Gian­nina) Che bellezza!

(// crepuscolo frattanto va declinando; cala la notte. I due turchi, nel fondo, si alzano e in silenzio traversano la scena come due om­bre e spariscono, uno dopo l’altro).

Giannina                       - (guardando le ombre crepuscolari dalla veranda e il panorama) Ammira tutta la poesia dell'Oriente!

Renato                          - Sì, sì, non so perché ma io prefe­rirei trovarmi a Parigi...

SCENA QUARTA Detti, più Azig Pascià, il Direttore, la Came­riera.

Azig                              - (dalla comune, molto cerimonioso a Renato) Il eonte de la Ferme?

Renato                          - (con un sussulto) Infatti... (sotto­voce a Giannina) Chi sarà quest'uomo?

Azig                              - (inchinandosi davanti a Giannina) La contessa, senza dubbio?

Giannina                       - (inchina gentilmente la testa, sor­ride lievemente).

Renato                          - (sottovoce a Giannina) Dev'essere una spia!... Io non sono tranquillo!

Azig                              - Ho l'onore di presentarmi: Azig Mamud Pascià.

Giannina                       - (lusingata, premurosa) Oh, Eccel­lenza, mio marito ed io siamo onorati di fare la vostra conoscenza... (gli stende la mano).

Azig                              - (gliela bacia galantemente) Rassomi­gliate tanto a una donna che ho molto amato a Parigi nel 1299.

Renato                          - (stupefatto) Nel 1299?!... Scusate quanti anni avete?

Azig                              - (sorridendo) Ne ho 48... parlo degli anni dell'Egira...

Renato                          - Ah! (fra se). Ma chi sarà?

Direttore                       - (da sinistra, con la cameriera, sen­za avanzare, addita alla cameriera Renato e Giannina) Quei due che parlano con Sua Eccellenza. Non devono mancare di niente, siamo intesi?

Cameriera                      - Sì, signore.

Direttore                       - (esce dalla sinistra).

Cameriera                      - (non vista da Renato e da Gianni­na, si avanza un poco, prende in silenzio la valigetta e gli spolverini che si trovano su delle sedie a metà della scena, e esce dalla sinistra).

Azig                              - (sorridendo con simpatia a Renato) Co­nosco molto bene Sua Eccellenza Don Pedro.

Renato                          - (dopo un'occhiata furtiva a Giannina) Sapete già che?...

Azig                              - (mellifluo)   - Io so tutto... Mi chiamano « l'occhio dell'Islam » (sedendosi). Mio caro conte, voi iniziate la vostra carriera diplo­matica nel modo più elegante e delizioso... (manda uno sguardo galante a Giannina).

Giannina                       - (che è seduta, lusingatissima) Oh!

Renato                          - (pavoneggiandosi) Me la sono scelta da solo...

Azig                              - (c. s.) Non avreste potuto scegliere me­glio... Basta guardare la baronessa per com­prendere che la diplomazia acquista in voi uno dei suoi più abili servitori...

Giannina                       - (contorcendosi dal piacere e facen­do delle moine) Ma Pascià!!! Ma pascià!!

Renato                          - (molto lusingato e tronfio s'inchina. Ma nel pavoneggiarsi sulla sedia, di sfuggita, e senza premeditazione, i suoi sguardi cado­no sulla sedia su cui aveva deposto la vali­getta; ha un sussulto di terrore, e, senza tradire il suo spavento, cerca affannosamen­te attorno collo sguardo).

Azig                              - Sarò assai felice se mi permetterete di farvi da guida a Costantinopoli... A Stabul sono, si può dire, a casa mia, e le acque dolci non hanno segreti per me.

Renato                          - (terrorizzato, fra se) Sparita!... La valigetta è sparita!

Giannina                       - (a Azig) Mio marito ed io siamo commossi dell'onore che ci fate...

Renato                          - (con la voce strozzata, agitandosi sulla sedia) Sparita!!

Giannina                       - (a Renato) Amico mio, non è vero che sei onorato?...

Renato                          - (balbetta) Sì... sono rovinato...

Azig                              - (stupefatto) Cosa dite?

Renato                          - (con un sorriso verde) Sì, sì... (fra sé) Me l'hanno portata via!

Azig                              - (fissandolo) Se mi ci metto io il Bo­sforo non avrà misteri per voi...

Renato                          - (fra se, terrorizzato) E' fatta!... mi getteranno in mare chiuso in un sacco...

Giannina                       - (che segue con lo sguardo i suoi con­torcimenti) Renato, cosa ti piglia?

Renato                          - (scoppiando e alzandosi) Mi piglia che devo allontanarmi un momento... (ad Azig) Scusate... mi viene in mente che ho da... che appunto in questo momento... (fra sé) Che sia in camera? (ad Azig con lo sguar­do inebetito). Vi lascio con la contessa... (fra se). Dove me l'avranno cacciata?... (ad Azig) Insomma io devo... (abbozza un sorriso idio­ta) A più tardi!...

Azig                              - (seguendolo con lo sguardo) Vostro marito mi sembra molto nervoso...

Giannina                       - (che da principio ha mostrato di essere inquieta, volgendo lo sguardo, si è accorta che manca la valigetta. Un sorriso cal­mo e indefinibile si disegna sulle sue labbra) Vostra Eccellenza non si preoccupi. Mio marito avrà dimenticato di telefonare alla ambasciata...

Azig                              - (più tranquillo) Sembra molto impres­sionabile il conte!

Giannina                       - (facendo delle moine) Compren­derete bene, quel povero ragazzo: è il suo primo viaggio di nozze...

Azig                              - (malizioso) Se vostro marito è in que­sto stato di eccitazione è forse in gran parte colpa vostra?

Giannina                       - (sempre più in un falso sentimento di pudore) Siete di un'indiscrezione malizio­sa... Io mi domando se devo arrossire!...

Azig                              - (galante) Siete deliziosa...

SCENA QUINTA Detti - Gloria - Un facchino d'albergo

Gloria                            - (dalla loggia con molta vivacità, par­lando a qualcuno che non si vede) Basta così! Non siamo nel centro dell'Africa! e non ho gli occhi fosforescenti, io! (rivolta, fre­mente, verso la scena) Impertinente!

Azig                              - (si alza, a Giannina) Scusate... (risa­lendo verso Gloria, un po' seccato). Cosa vi succede, cara amica?

Giannina                       - (si alza anche lei, si dirige verso si­nistra, un po' preoccupata per la lunga as­senza di Renato).

Gloria                            - (fremente e comica, si avanza verso la ribalta, ad Azig) Ho dato una lezione a quell'imbecille di Peter che crede di con­quistare le donne come le bestie feroci (presa da un furore improvviso, torna sui suoi pas­si, verso la porticina della loggia e grida all'interno): Facchino!

Azig                              - (sorridendo, la rincorre) Calmatevi!

Facchino                       - (presentandosi dalla destra) La signora ha chiamato?

Gloria                            - (che è tornata sui suoi passi verso il centro della scena, al facchino). No, amico mio; è stato un errore.

Facchino                       - (s'inchina ed esce).

Giannina                       - (torna indietro senza poter scorgere Gloria in viso).

Azig                              - Baronessa... ho l'onore di presentarvi...

Gloria e Giannina          - (all'appellativo « barones­sa », credendo ciascuna di essere interpellata, si voltano e si trovano così faccia a faccia. Si fissano e rimangono sorprese).

Gloria                            - Giannina!... Sei tu?...

Giannina                       - (sorpresa e lieta) Ivetta!... Che combinazione!...  (si abbracciano).

Gloria                            - (rimirandola, con simpatia sorridente) Lascia che ti guardi; come sei deventata bella!...

Giannina                       - L'amore mi ha aiutata: sono in viaggio di nozze...

Gloria                            - Cosa fa tuo marito?

Giannina                       - Si occupa di me... E tu cosa fai?

Gloria                            - Io, mi occupo degli uomini...

Azig                              - (scorgendo l'impercettibile imbarazzo di Gloria, interviene) Cerca di dimenticare suo marito...

Giannina                       - (a Gloria) Matrimonio infelice?

Gloria                            - (teatrale) Spaventosamente... C'è in­fatti, in qualche parte del inondo, un certo Goldschmidt, banchiere, che devo avere spo­sato in un momento di distrazione.

Giannina                       - Sei divorziata?

Gloria                            - No; mi dà così poco fastidio... quan­do mi è lontano! (ride).

Giannina                       - (ride) Lo aspetti?

Azig                              - Lo aspettiamo tutti... e non arriva mai.

Gloria                            - (ad Azig) Non dovreste lagnarvene; la sua assenza vi permette di corteggiarmi.

Azig                              - ... senza risultati: siamo in troppi. Se il barone Goldschmidt fosse qui, uno di noi sarebbe almeno più fortunato degli altri.

Gloria                            - Siete un impertinente: per peniten­za vi impongo di lasciarmi sola con la mia amica...

Giannina                       - Sei severa con Sua Eccellenza.

Azig                              - (con impercettibile ironia a Giannina) La baronessa non si chiama più Ivetta...

Giannina                       - (sorpresa) Ah!

Gloria                            - No; mi chiamo Gloria (sospira). I dispiaceri mi hanno molto cambiata!

Azig                              - (baciandole la mano) A più tardi...

Gloria                            - Sì, a questa sera... Venite a prenderci col vostro Caicco: c'è un concerto leggiante napoletano alle acque dolci d'Asia.

Azig                              - Sarà una cosa molto orientale (back la mano a Giannina e esce dalla comune).

SCENA SESTA Gloria, Giannina, poi Renato, un Cameriere

Gloria                            - (attirandosi a se Giannina per vederla meglio, tanto più che il crepuscolo ha riempito di un'onda diffusa la scena) Vieni qui, Giannina, che ti guardi meglio... (la os-I serva sorridendo). Si vede che sei sposata.,

Giannina                       - Da che cosa?...

Gloria                            - Non lo so. E' una sfumatura impercettibile; lo sguardo meno limpido e più dolce... la voce più grave: non mi sbaglio mai… Vuoi bene a tuo marito?

Giannina                       - (con fuoco) Molto.

Gloria                            - Un diplomatico, naturalmente!...

Giannina                       - In erba... è alle sue prime armi.

Renato                          - (dalla sinistra, impetuoso e raggiante, I la valigetta in mano) L'ho ritrovata!... (si avanza verso le due donne; senza riconoscere Gloria, nella semi oscurità).

Un cameriere                 - (in questo preciso momento, dalla comune, entra silenzioso, gira nel fondo l'interruttore; la scena si illumina viva­mente; egli scompare).

Renato                          - (si trova faccia a faccia con Gloria che si è voltata al rumore della voce di Renato; la guarda come inebetito, la fissa cogli occhi progressivamente sbarrati, dal terrore, bai betta, in tono minore, con la voce strozzata L'ho... ritrovata!... (lascia cadere la valigetta e quasi barcolla).

Gloria                            - (dopo un primo moto di stupore, s domina imperturbabile e lo fissa, poi, voi tondo lentamente il capo verso Giannina, con una punta sdegnosa di ironia) Questo signore è forse tuo marito?

Giannina                       - (che si è accorta del turbamento di Renato, impacciata) Permetti che te lo presenti. Il barone Renato de la Ferme auVert, mio marito, la baronessa Goldschmidt, mia carissima amica di collegio...

Gloria                            - (fa a Renato un cenno del capo, con sussiego, sorridendo).

Renato                          - (a Giannina, con voce strozzata) Ah... siete amiche?... (sorride in modo idiota).

Gloria                            - (tranquilla, fissandolo) ... intime!

Renato                          - (che suda freddo, quasi fra se) Chebella combinazione!... E...(a Gloria) quan­do partite?

Gloria                            - Ma io non ho nessuna intenzione di partire... Mi fermo a Costantinopoli: faremo vita in comune (sorridendo a Giannina). Non è vero, Giannina?

Renato                          - (col coraggio della disperazione) E' impossibile!

Giannina                       - Perché?

Renato                          - Perché partiamo immediatamente!

Giannina                       - (stupefatta) Cosa dici?

Renato                          - (verde) Sono trasferito al Giappone.

Gloria                            - (ridendo) Volete scherzare, non è vero? (lo fissa imperiosamente).

Renato                          - (domato, con un sogghigno che tiene luogo di sorriso) Sì... voglio scherzare... perché sono allegro... molto allegro... (ecci­tandosi). Questo incontro mi fa tanto pia­cere...

Gloria                            - Siete molto gentile...

Renato                          - (c. s.) Sì, sono molto gentile e molto tranquillo... Vivremo insieme...

Giannina                       - (a Renato) Figurati che in colle­gio non ci lasciavamo mai.

Renato                          - (distratto) Ah!

Gloria                            - (a Renato) Avevamo gli stessi pen­sieri...

Giannina                       - (a Renato) Gli stessi gusti...

Renato                          - Non avete cambiato? (disperato). E' sempre la stessa cosa...

Giannina                       - Come fai a saperlo?

Renato                          - Così... me lo immaginavo...

Gloria                            - (implacabile) Credo che abbiate ra­gione.

Renato                          - (quasi barcollante, fra se) Oh Dio! (mentre abbozza un sorriso scemo a Gloria e a Giannina, mormora fra se) Mi ripiglia!...

Giannina                       - (che ha udito) Caro, cos'è che ti ripiglia ?

Renato                          - Mi... ripiglia il desiderio di andare all'Ambasciata... per avvertire tuo padre del nostro arrivo... e per metterci sotto la prote­zione della Repubblica di Rio Tinto (manda uno sguardo significativo di sfida a Gloria).

Gloria                            - (fissandolo procacemente) Correte forse un pericolo?

Renato                          - E' sempre meglio essere sotto la protezione di qualcuno...

Gloria                            - (ironica, avvicinandosi) Vi offro la mia, se proprio avete tanta paura...

Giannina                       - (a cui non sono sfuggite quelle sfu­mature) Benissimo... almeno finché sarò di ritorno.

Renato                          - (con impeto) Dove vai?

Giannina                       - (con finta indifferenza) All'amba­sciata, tu terrai compagnia alla signora...

Renato                          - (scattando, allarmato) Sei pazza?!

Giannina                       - Perché?

Gloria                            - (a Renato) Non siete gentile!

Giannina                       - Ho maggior fretta di te di riab­bracciare mio padre... E poi... (coti inten­zione). Sarà bene che tu provveda alla no­stra istallazione?... (gli fa una furtiva ca­rezza non sincera, come si fa per convincere un ragazzo). Insomma sarà bene che tu ri­manga qui anche per altre ragioni...

Renato                          - (come allucinato) Quali?...

Gloria                            - (ironica) Per esempio... sorvegliare il bagaglio...

Giannina                       - Precisamente...

Renato                          - (molto insospettito, quasi fra se, con un sorriso doloroso) Il bagaglio!... Io fac­cio il viaggio di nozze col mio bagaglio!

Giannina                       - E allora, arrivederci; cerca di fare buona compagnia alla mia cara amica... (con intenzione). Non ti annoierai certamente.

Renato                          - (con convinzione drammatica) No, prevedo che non mi annoierò.

Giannina                       - (dopo un sorriso a Gloria e a Re­nato, esce dalla comune).

SCENA SETTIMA Gloria - Renato

Gloria                            - (quando Giannina è uscita, guarda iro­nicamente Renato e scoppia in una risata).

Renato                          - (non sapendo quale contegno tenere, ride anche lui).

Gloria                            - (prende improvvisamente un aspetto drammatico, si avvicina a Renato e gli mor­mora con severità e disprezzo) Finalmente soli!... Pagliaccio!

Renato                          - Non mi toccare!... Non ti apparten­go più!...

Gloria                            - Appartieni ad un'altra donna, lo so; ed è questo che mi mette di buon umore.

Renato                          - Divertiti pure...

Gloria                            - Perché sei venuto a Costantinopoli?

Renato                          - E tu perché ci sei?

Gloria                            - Per soffrire... In Oriente si soffre magnificamente bene...

Renato                          - Si può soffrire anche altrove.

Gloria                            - Speravo di non incontrarti mai più!

Renato                          - (scosso) Sono stato un po' brutale verso di te, ne convengo... ma non potevo fare diversamente.

Gloria                            - (scattando) Ti sei innamorato di un'altra donna!

Renato                          - Precisamente; e quando si è inna­morati di un'altra donna, di solito ci si stanca della prima...

Gloria                            - Sei cinico...

Renato                          - Sono sincero.

Gloria                            - Qualche volta è la stessa cosa...

Renato                          - Del resto ero nel mio diritto; tu avevi un marito... ho voluto una moglie.

Gloria                            - Ne avevi già una!

Renato                          - Ma non era la mia!

Gloria                            - Sei pieno di delicatezza!... (sorride con disprezzo). Diventi villano come tutti i timidi che vogliono essere disinvolti... Del resto non sai che cosa hai perduto!

Renato                          - Oh! lo so benissimo!... In questi anni un uomo ha il tempo di conoscere a fondo una donna...

Gloria                            - (dopo una pausa) Ci tieni tanto ad essere ingannato?

Renato                          - (sussultando) Ti proibisco di fare delle previsioni sinistre sul mio avvenire! Mia moglie è una donna onesta!

Gloria                            - Per ora; lo ero anch'io quando mi sono sposata!

Renato                          - Tu, sei un'altra cosa; tu sei nata per essere l'amante di qualcuno.

Gloria                            - E tu per farti dominare da tutte le donne che incontri.

Renato                          - Ti sbagli; una sola donna mi ha veramente dominato e quella donna sei tu... Ma io mi sono ribellato e il tuo potere su di me è finito per sempre.

Gloria                            - Lo credi?

Renato                          - Sì.

Gloria                            - E' quello che vedremo.

Renato                          - Che cosa intendi fare?

Gloria                            - Non lo so ancora esattamente; ma qualche cosa farò.

Renato                          - E' un ricatto?

Gloria                            - E' un capriccio: rassicurati, non vo­glio farti del male.

Renato                          - E allora?

Gloria                            - E allora voglio prendere una piccola rivincita; ho anch'io il mio amor proprio...

Renato                          - Appunto per questo dovresti rasse­gnarti in silenzio.

Gloria                            - Mi hai piantata in un modo vergo­gnoso.

Renato                          - Quando un uomo pianta una donna, la pianta sempre in un modo vergognoso.

Gloria                            - Ma io non sono mai stata piantata da nessuno!

Renato                          - E allora come hai fatto a cambiare così spesso di amanti?

 Gloria                           - (con forza) Sono stata io a piantar' li... e tutti mi sono stati riconoscenti perché] dopo sono stati felici...

Renato                          - (ironico) Me lo immagino!

Gloria                            - Gli uomini sono come gli alberi: il frutti che danno dipendono dal modo coni cui sono stati piantati.

Renato                          - E io sono un albero che mi sono piantato da solo; avrò egualmente dei frutti saporiti e sarò fedele al mio giardiniere.

Gloria                            - Fino a quando?

Renato                          - Fino alla fine dei miei giorni.

Gloria                            - Ma non delle tue notti; vedrai come è divertente il matrimonio in due! E' un ta­volino con due sole gambe; per l'equilibrio occorre la terza...

Renato                          - Per ora sento che due gambe sono sufficienti.

Gloria                            - (lo guarda, sorride) Vieni qui vicino a me...

Renato                          - Perché?

Gloria                            - Voglio vedere che cosa ha fatto di te il matrimonio...

Renato                          - (mal sicuro) Un altro uomo...

Gloria                            - (insinuante) Non mi pare, sei sem­pre lo stesso: mi piaci molto. E più resisti e più mi piaci.

Renato                          - Ma io non ti so resistere, lo sai bene...

Gloria                            - (vicinissima a lui) No, resisti ancora per un momento; è necessario: mi è venuta la voglia di riconquistarti a viva forza... E' una sensazione deliziosa... non ho mai avuto uno sposo in viaggio di nozze...

Renato                          - Questo non è più amore, è antropo­fagia!

Gloria                            - Sarà quello che tu dici, non lo so... Ma tu non mi sfuggi più... Devo nobilitarmi ai tuoi occhi...

Renato                          - Ti giuro che ti riabiliteresti meglio risparmiandomi... sii buona e generosa verso di me... Pensa che sono un bravo ragazzo, che vuol tanto bene a sua moglie e che do­mani potrebbe anche essere padre di fami­glia!... Ivetta, pensa ai miei figli, a quelle povere creature innocenti che un giorno po­trebbero arrossire del loro padre...

Gloria                            - Non ci pensare neppure: ho tutte le ragioni di credere che i tuoi figli non sapran­no mai niente... Ormai è deciso; (gli pende le due mani, lo fissa negli occhi, decisa, ter­ribile) tu questa notte sarai mio. Mio, o vivo o morto!

Renato                          - (atterrito) Anche morto?!

Gloria                            - Se sarà necessario...

Renato                          - (con gli occhi sbarrati) Sono evi­dentemente in pericolo... ma saprò resistere egualmente... (si allontana e si ripara dietro un tavolo). Sono pronto a tutto.

Gloria                            - Anch'io.

Renato                          - Se mi tocchi, chiamo gente!

Gloria                            - Sarò lo scandalo: tua moglie verrà a sapere ogni cosa e i tuoi rapporti con Gian­nina subiranno delle modificazioni radicali...

Renato                          - I miei rapporti con Giannina subi­ranno ugualmente delle modificazioni radi­cali se tu non rinunzi a me.

Gloria                            - Non rinunzio; ti voglio e ti avrò.

Renato                          - (dignitoso) E' la tua ultima parola?

Gloria                            - Sì.

Renato                          - Sta bene, signora. So cosa mi resta a fare.

Gloria                            - Che cosa?

Renato                          - Subire in silenzio l'oltraggio che mi vuoi infliggere...

Gloria                            - (con un sorriso) Ne ero sicura.

Renato                          - Ho resistito, così per la forma, ma ho subito compreso che con te non c'era da discutere.

Gloria                            - Come al solito.

Renato                          - Come al solito, precisamente, (bat­te il pugno sul tavolo con energia). Sono rien­trato nell'orbita del tuo fascino; quello che fai è vile, è mostruoso, è ignobile, ma è ormai inevitabile. Si vede che nel libro del destino è scritto che io dovevo fare il mio viaggio di nozze con una donna, per raggiun­gerne un'altra. Sposo e adultero in meno di quindici giorni: batto tutti i « records » del genere.

Gloria                            - Sei un campione.

Renato                          - Questa notte, io che sono innamorato come un gatto di mia moglie, approfittando di una sua momentanea assenza, la tradirò con una donna che odio, ma che ha su di me un potere irresistibile.

Gloria                            - Sarà una notte storica.

Renato                          - Sarà una notte in cui succederanno delle storie. Veniamo al fatto.

Gloria                            - Volentieri.

Renato                          - (sempre aggressivo) Detta le tue condizioni.

Gloria                            - La resa incondizionata.

Renato                          - L'ora?

Gloria                            - La mezzanotte.

Renato                          - Ora dell'Europa Centrale?

Gloria                            - Sì.

Renato                          - Il luogo?

Gloria                            - La tua camera.

Renato                          - (sobbalza di sdegno) La mia came­ra?!... Il numero 147-bis!

Gloria                            - Una donna onesta non riceve un uomo di notte, in camera sua.

Renato                          - Questo è il colmo!.. Il nido dell'in­timità più legittima e coniugale?!... In pre­senza degli abiti, degli oggetti personali di mia moglie?!,.. Questo, mai!...

Gloria                            - (implacabile) il numero 145.

Renato                          - (come un eco) ... bis! Faccio onore a me stesso!... (supplichevole). Ivetta! Dap­pertutto, ma non lì... In sala da pranzo... nel bigliardo... nel bar americano... dove vuoi, ma non nella nostra camera...

Gloria                            - In camera tua; altrimenti non mi sembrerà di avere un uomo ammogliato. Ci tengo alla cornice.

Renato                          - (desolato) La cornice!!... Sono un uomo disonorato; l'ultimo dei mariti...

Gloria                            - Rifiuti? (lo fissa).

Renato                          - (con rabbia) Accetto!

Gloria                            - (febbrile, si avvicina a Renato], gli prende le due mani con aria tragica) Re­nato!... Perdonami anticipatamente tutte le pazzie che sei sul punto di fare per me.

Renato                          - No!

Gloria                            - E allora, farò a meno del tuo per­dono... (perentoria) Io mi ritiro in camera mia, dove aspetterò nel raccoglimento...

Renato                          - (che ride verde) Cara!

Gloria                            - Vedi, ti amo tanto che preferirei ve­derti stritolato da un tram che fra le braccia di un'altra donna...

Renato                          - Oh, Ivetta! anch'io preferirei ve­derti stritolata da un tram... magari da un treno addirittura...

Gloria                            - (fra le braccia di Renato) Ti ricor­di, nei primi tempi della nostra relazione, quando mi dicevi che volevi divorarmi tutta di baci?

Renato                          - (accarezzandola e stringendola suo mal­grado) Sì...

Gloria                            - E ora?

Renato                          - E ora... mi pento di non averlo fatto! (Si baciano ferocemente).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Camera da letto molto elegante, con ampia alcova in fondo. Lampadario nel mezzo. La comune è a destra, primo piano. È sera.

SCENA PRIMA Renato - La Cameriera

Renato                          - (quasi subito entrando rabbioso; dalla comune, porta scarpe e pantaloni da sera, ma indossa la giacca del pigiama; precede la cameriera, alla quale parla nervoso) Ma

Renato                          - (entrando rabbioso dalla comune, hascarpe e pantaloni da sera, ma indossa la giacca del pigiama; precede la cameriera, alla quale parla nervoso) Ma che servizio è questo?!... Ho ordinato una camomilla e nessuno si fa vedere! Reclamerò alla Dire­zione, per Maometto!che servizio è questo?!... Ho ordinato una camomilla e nessuno si fa vedere! Reclamerò alla Direzione, per Maometto!

Cameriera                      - (entrata timidamente dietro a Re­nato, ha posato sopra un tavolino un vassoio con la bibita) Il signore ha ragione; ma tutto il personale del bar è occupato a servire Sua Eccellenza Azig pascià e i suoi amici.

Renato                          - Me ne infischio!

Cameriera                      - (con molto rispetto) Il signore ignora forse ohi è Azig pascià?

Renato                          - Non sarà il Sultano in fin dei conti!

Cameriera                      - E' qualche cosa di più... (miste­riosa). E' l'uomo più potente di tutta la Turchia!

Renato                          - (colpito) Ah! Ne siete ben sicura?

Cameriera                      - (c. s.) Sicurissima: è una po­tenza misteriosa e terribile che tiene in mano la vita e la morte di noi tutti...

Renato                          - (con finta disinvoltura) Davvero?

Cameriera                      - Le acque del Bosforo ne sanno qualche cosa...

Renato                          - (di più in più impaurito) E... cosa viene a fare qui all'albergo?

Cameriera                      - Affari di cuore...

Renato                          - Una donna?

Cameriera                      - (misteriosa) Si dice che sia l'amante della signora baronessa Goldschmidt.

Renato                          - (atterrito) Ah!... Proprio di quella?

Cameriera                      - E pare che sia gelosissimo; se qualcuno osasse fare la corte a quella signo­ra, passerebbe un brutto quarto d'ora... Una disgrazia accidentale... una morte improvvisa.

Renato                          - (che suda freddo) Il Bosforo, in­somma?...

Cameriera                      - Sì... Il signore ha freddo?

Renato                          - Un brivido improvviso...

Cameriera                      - (sorridendo) In Oriente si dice che è la morte che passa vicino.

Renato                          - Siete molto simpatica. Siete ben si­cura di non aver mai fatto la cameriera in un cimitero?

Cameriera                      - (ride) Il signore non comanda altro?

Renato                          - Mi pare di aver tutto. Potete an­dare...

Cameriera                      - E allora buona notte.

SCENA SECONDA Renato solo, poi Azig

Renato                          - (appena è solo, si mette a passeggiare nervosamente, in su e in giù per la scena) L'uomo più potente di tutta la Turchia!... Che bellezza!... Finche quell'agnellino di Azig Pascià sarà qui all'albergo, Ivetta non oserà venire in camera mia... (si alza) Io, del re­sto mi chiudo a chiave e non apro a nessuno. (va alla comune per chiuderla a chiave. Si odono dei colpettini discreti alla porta). E' lei!... Può aspettare un bel pezzo!... (colpipiù decisi). Qualcuno potrebbe vederla nel corridoio... Socchiudo la porta e le dirò che mia moglie è tornata... (socchiude cauta­mente la porta).

Azig                              - (apre e entra molto complimentoso; è in frak e tiene il fez in testa; ha in mano una specie di collana fatta di pallottole di ambra che farà scorrere spesso fra le dita, secondo la moda orientale) Disturbo?

Renato                          - (indietreggia, spaventatissimo. Fra se) Accidenti, « l'occhio dell'Islam ».

Azig                              - (avanzando) Disturbo, forse?

Renato                          - Sono io che devo scusarmi di rice­vervi in questo costume... (con intenzione). Ero solo... assolutamente solo... potete fru­gare dappertutto; non troverete nessuno...

Azig                              - (sedendo) So infatti che questa sera siete solo...

Renato                          - (tra se) Sa tutto!

Azig                              - Una sigaretta?...

Renato                          - (fa per prenderne una; poi, preso da un dubbio, ritira la mano) Grazie, non fumo... (tra se). E' meglio non fidarsi.

Azig                              - (meravigliato) Però poco fa vi ho visto fumare...

Renato                          - (nervoso) Non erano le dieci di sera; io non fumo mai dopo le dieci di sera: me l'ha proibito il medico...

Azig                              - (accende una sigaretta).

Renato                          - (insospettito, va a spalancare la finestrina e torna sui suoi passi).

Azig                              - Sedetevi, vi prego...

Renato                          - Non sono stanco...

Azig                              - (impaziente) Sedetevi.

Renato                          - (diffidente, si siede) Grazie.

Azig                              - (piuttosto spiccio e autoritario) Sarò chiaro e breve.

Renato                          - (fra se) Oh! Dio!

Azig                              - (sorridendo) So che avete un certo potere sull'anima di una persona alla quale mi interesso da un po' di tempo...

Renato                          - (vacillante) E' una calunnia, Eccellenza, è un'infame calunnia. Io non ho nessun potere, nessuna persona e non m'interesso a niente; sono disinteressato fin dalla nascita

Azig                              - (meravigliato) Una calunnia? (ride) Vi sbagliate: è una graziosissima donna...

Renato                          - (deciso) Ebbene, quella donna mi è indifferente!

Azig                              - Non amate vostra moglie?!

Renato                          - (stupefatto)Mia moglie?... L'adoro e tutte le altre donne mi sono indifferenti...

Azig                              - E' quello che pensavo. Ebbene, per mezzo di vostra moglie, voi dovete conquistare Sua Eccellenza don Fedro Haney alla nostra causa.

Renato                          - Ma...

Azig                              - (perentorio) Non ammetto esitazioni; la nostra causa deve essere la vostra.

Renato                          - Ebbene, se questo vi fa tanto pia­cere, vi confesso che la vostra causa è anche la mia.

Azig                              - (terribile) E fate bene!

Renato                          - Siete contento?

Azig                              - Sì.

Renato                          - Però scusate, qual'é la vostra causa?

Azig                              - II movimento nazionalista.

Renato                          - E' un gran bel movimento!...

Azig                              - Che però vostro suocero non favorisce come vorrei...

Renato                          - E' un uomo tanto originale mio suo­cero. Non gli piacciono i movimenti.

Azig                              - (grave) No, non è originale, è troppo legato all'Inghilterra.

Renato                          - (un po' rinfrancato, si dà delle arie di­plomatiche) Volete che lo sleghiamo?

Azig                              - Sono degli anni che tento inutilmente... Ma la vostra presenza qui può essermi utile.

Renato                          - Eccellenza, sono un novizio.

Azig                              - (con un sorriso) Meno di quel che cre­dete... Barone, se saprete fare, andrete lon­tano, molto lontano.

Renato                          - Magari!... E... se non saprò fare?

Azig                              - Naufragherete miseramente.

Renato                          - (tremante, interrompendolo) ... nel Bosforo?...

Azig                              - (sempre calmo e sorridente) Nel Bo­sforo, nel Tamigi, nel lago di Como o nell'Oceano Indiano, dove vi troverete.

Renato                          - (fra sé, terrorizzato) Io non mi salvo più!... Che uomo!

Azig                              - Un buon diplomatico è a casa sua in qualunque paese; un cattivo diplomatico non ha patria.

Renato                          - (verde, abbozza un sorriso) E' quel­lo che pensavo anch'io!

Azig                              - (alzandosi) Volete essere il mio alleato ?

Renato                          - Eccellenza, avete dei modi così dol­cemente persuasivi che non vi si può negare niente. E' meglio ch'io sia il vostro alleato.

Azig                              - (animandosi) E allora siamo intesi: pensate che dall'Egitto alle Indie, dalla Per­sia alla Turchia, le fiamme della rivolta co­vano sotto la cenere dell'antico regime che si mantiene ancora colla prepotenza e col ter­rore sanguinario... Noi ci facciamo. strada colla dolcezza e colla bontà... Guai a chi non si schiera con noi sulla via pacifica della civiltà! Ma avremo occasione di riparlarne.vi metterò al corrente delle nostre idee. Polena questa sera mi basta sapere che posso contarti su di voi. (esce)

Renato                          - Sono vostro purché io possa vivere tranquilla diplomazia allegra,

Azig                              - Non avete niente da temere; siete sotto la mia protezione,  (si bussa alla porta comune).

Renato                          - (sobbalza, terrorizzato. Fra sé) Ivetta! (si mette a tossire rumorosamente).

Azig                              - Hanno picchiato alla porta.

Renato                          - Ma neanche per idea!... E' impos­sibile!...

Renato                          - Eppure mi sembra di avere udito...

Renato                          - (si agita, fa del rumore) Avete udi­to male... Dev'essere il mio orologio... (tosse). Dunque dicevate che le fiamme della rivolta? La Persia?... L'Egitto?... Chi sa come sarebbero contenti i Faraoni!...

Azig                              - Evidentemente si cerca di voi (altri colpi impazienti). Questa volta ho udito bene. Aprite.

Renato                          - (terrorizzato, fra se) ... Se apro quella porta, spalanco la mia tomba! (va come un automa ad aprire la porta; scor­gendo Giannina, si ritrae, poi, per reazione, si abbatte sopra una sedia, con un sorriso scemo) Sei tu?!!!

SCENA TERZA Detti - Giannina

Giannina                       - (entra febbrile e sospettosa, senza scorgere Azig. A Renato) Perché ai tar­dato ad aprire?

Azig                              - (accorgendosi del malessere di Renato) Ma voi vi sentite male?

Giannina                       - Oh, Eccellenza, non mi ero ac­corta della vostra presenza; scusatemi... (a Renato). Cos'hai, Renato?

Renato                          - (un po' rinfrancato) Niente!... Sua Eccellenza mi parlava del Tamigi, dell'Ocea­no Indiano... e allora mi è venuto un po' di mal di mare...

Azig                              - (a Giannina) Torna a scherzare; questo significa che sta meglio.

Renato                          - (rinfrancato) Sì, sto meglio, (a Giannina). E poi adesso ci sei tu...

Azig                              - Vi domando il permesso di ritirarmi...

Giannina                       - Buona notte, Eccellenza!

Azig                              - (le bacia la mano; poi, a Renato) Ri­torneremo sul nostro argomento e spero che finiremo coli'intenderci...

Renato                          - (equivoco) Siamo già intesi!... so contare

Azic                              - E allora, a domani.

(Sono sulla comune, breve congedo. Azig asreLesce).

SCENA QUARTA Renato - Giannina

Renato                          - (chiude la porta e abbraccia Giannina con trasporto esagerato) Cara! Cara! Cara! Hai avuto una eccellente idea di ritornare questa sera!... Come sono contento, come sono felice, come sono...

Giannina                       - (sospettosa) Come sei strano!

Renato                          - (un po' turbato sotto lo sguardo di Giannina) E' la sorpresa...

Giannina                       - Non aspettavi neanche Azig pascià?

Renato                          - Ma neanche lui!

Giannina                       - Insomma, non aspettavi nessuno?

Renato                          - Nessuno... Chi vuoi che venga a tro­varmi alle dieci di sera?

Giannina                       - Qualche volta può capitare ehi meno si aspetta...

Renato                          - (galante) Tu, per esempio?

Giannina                       - Già...

Renato                          - E ora che sei qui, vicino al tuo maritino, sai che cosa ti rimane a fare?

Giannina                       - Andarmene.

Renato                          - (stupefatto) Andartene?! Ma non ci penso neppure!

Giannina                       - Non sono venuta per fermarmi...

Renato                          - Ma tutto questo è assurdo!... E allora cosa sei venuta a fare?

Giannina                       - Sono venuta a ritirare i documenti, che mio padre preferisce avere questa sera stessa: l'automobile dell'Ambasciata mi aspetta alla porta...

Renato                          - Potevi telefonarmi; avrei portato io stesso i documenti...

Giannina                       - Tu non sei pratico della città; le vie di Costantinopoli non so se sono sicure di notte.

Renato                          - Ragione di più per non lasciarti an­dare da sola: ti accompagno.

Giannina                       - (autoritaria) Non ci pensare. Il nostro appartamento all'ambasciata non è ancora pronto.

Renato                          - Dove dormi tu posso dormire anch'io!

Giannina                       - Ti prego di non dire delle sconve­nienze!

Renato                          - (risoluto) Insomma ti giuro che non è prudente lasciarmi solo all'albergo questa notte...

Giannina                       - (aggrottando le ciglia) E perché?

Renato                          - (imbarazzato) Perché in Oriente... di notte... non si sa mai quello che può suc­cedere...

Giannina                       - (ridendo; senza convinzione) Hai paura?

Renato                          - Un poco, te lo confesso... qui ci sono troppi turchi!

Giannina                       - E' il loro paese... cosa vuoi farci?

Renato                          - E poi quegli emigrati russi... tutta gente che non ha un soldo e che ha fame...

Giannina                       - Hai paura di essere divorato?

Renato                          - Non ti burlare di me...

Giannina                       - Ebbene, ti chiuderò qui dentro e porterò con me la chiave.

Renato                          - Questa è un'eccellente idea.

Giannina                       - (ambigua) Del resto non dubitare, ci sarà qualcuno che ti sorveglierà...

Renato                          - Chi?

Giannina                       - (con indifferenza) Il personale di notte; siamo nel primo albergo di Costan­tinopoli.

Renato                          - Me ne ero dimenticato.

Giannina                       - Buona notte, tesoro...

Renato                          - (stringendola) Buona notte, amor mio!... E torna prestissimo.

Giannina                       - (apre la valigetta che è deposta nell’armadio e la richiude senza che lo spettatore veda quello che fa; dà un bacio furtivo a Re­nato e esce dalla comune).

Renato                          - (contro la porta) Chiudi a chiave.

Giannina                       - (da fuori, sembra che chiuda a chiave la porta).

Renato                          - (c. s.) Ancora un giro! (rumore di chiave).

SCENA QUINTA Renato solo, poi Gloria

Renato                          - (dopo aver ascoltato molto soddisfatto il rumore della chiave, allontanandosi dalla porta) Benissimo!... Nessuno può uscire e specialmente nessuno può entrare... Sono sal­vo!... Ivetta può battere fin che vuole!...

Gloria                            - (socchiude silenziosamente la tenda dell’alcova e appare in una elegantissima e sug­gestiva vestaglia trasparente: e calma e sor­ridente) Non avrai bisogno di pagar nien­te, Riri...

Renato                          - (indietreggia, intontito dallo spaven­to) Tu!... voi!!!

Gloria                            - Io, sono puntuale, non è vero?

Renato                          - Da che parte sei entrata?

Gloria                            - Dalla porta... come tutti!... Soltantoho avuto la precauzione di entrare mezz'ora fa? quando non c'eri ancora

Renato                          - Di modo chi?...

Gloria                            - Di modo che mi sono nascosta nell'alcova e ho sentito tutto.

Renato                          - (con disperata energia) Vattene!

Gloria                            - E' impossibile; siamo chiusi a chiave.

Renato                          - Chiamerò gente: farò sfondare la porta...

Gloria                            - Prova, se ne hai il coraggio.

Renato                          - Ne ho... (va risoluto a suonare il campanello. Nessuno viene. Suona disperata­mente: nessuno).

Gloria                            - (ridendo, gli si avvicina, lo accarez­za furtivamente) Non ti affaticare inutil­mente, Rirì. Potresti suonare fino a domani e nessuno verrebbe ad aprire.

Renato                          - La cameriera è tua complice?

Gloria                            - Ma no! Ho semplicemente tagliati i fili del campanello!

Renato                          - (disperato) E allora?... Sono nelle tue mani?!

Gloria                            - Precisamente... Del resto, non ti lagnare, ingrato... C'è molta gente che vor­rebbe trovarsi al tuo posto...

Renato                          - E io vorrei trovarmi al posto degli altri...

Gloria                            - (lo circuisce sempre più) Non sei mai contento.

Renato                          - Bada: sono pronto a resisterti.

Gloria                            - Lo sai che a me tu non resisti; che non puoi resistere...

Renato                          - (malsicuro) E' quello che vedremo.

Gloria                            - (lo abbraccia a lungo. Renato barcol­la) Sì, caro, lo vedremo insieme.

Renato                          - (implorante) Ivetta, ti scongiuro: sii buona e generosa verso di me... io sono una bravo ragazzo che vuol tanto bene a sua moglie e che non vuol tradirla... Pensa a Pe­nelope che ha resistito vent'anni alle insisten­ze dei Proci!

Gloria                            - Di chi?!

Renato                          - Dei Proci.

Gloria                            - Me ne infischio...

Renato                          - (sempre in ginocchio) Ivetta, pensa alla mia posizione.

Gloria                            - (scaldandosi) Penso alla mia, mi pare che basti...

Renato                          - (alzandosi) Credevo che di questa faccenda non se ne sarebbe parlato più...

Gloria                            - Se ne parlerò ancora una volta, e come... (con fierezza). Questa è la mia ria­bilitazione solenne!

 Renato                         - Disgraziata... E il pascià?

Gloria                            - (con indifferenza) Quale pascià?

Renato                          - Azig, il turco di poco fa, l'uomo pie Renato -potente di tutta la Turchia!

Gloria                            - Ebbene ?..,

Renato                          - Se scopre che hai passato la notte camera mia, siamo perduti tutti e due...

Gloria                            - (fingendo di non capire) E perché!!

Renato                          - (con le mani nei capelli) Sei defini­tivamente impazzita: non ti ricordi più che è il tuo amante!

Gloria                            - (con sdegno tragico) Il mio aman­te?!!!... Basta così: non una parola di più e ti faccio mettere alla porta...

Renato                          - (con una furtiva occhiata alla porta) 1 Non sarà una cosa facile... almeno fino a do«l mani mattina...

Gloria                            - (solenne) Sua Eccellenza Azig pascià non è il mio amante e io sono una donna onesta...

Renato                          - Non dire sciocchezze!

Gloria                            - Ti proibisco d'insultarmi; ricordati che sono in camera tua: mi devi rispettare! come donna e come ospite...

Renato                          - Cerca di fare altrettanto...

Gloria                            - Non è la stessa cosa... E poi chi ti ha detto che ero l'amante del turco?

Renato                          - (timido) Me lo ha detto poco fa la cameriera...

Gloria                            - La cameriera?!... E allora ti è basta­to un pettegolezzo da corridoio per gettare del fango sopra una povera donna che è sta­ta quasi esclusivamente tua per degli anni e che tu hai vilmente abbandonata per sposarti?

Renato                          - Quella ragazza sembrava sincera...

Gloria                            - Non una parola di più: Azig pascià saprà quello che si dice sul mio conto e saprà vendicarmi sulla cameriera e su te.

Renato                          - (smarrito) Anche su di me?

Gloria                            - Specialmente su dite.

Renato                          - (barcollante) Oh! Dio!...

Gloria                            - (gli si siede sulle ginocchia) E allo­ra... non perdiamo tempo, amor mio...

Renato                          - E' impossibile!

Gloria                            - (meravigliata) Perché?

Renato                          - Perché siamo chiusi a chiave e tu, domani mattina non te ne potrai andare via all'alba, ma di pieno giorno quando mia mo­glie sarà tornata!

Gloria                            - (sorridendo) Non ti preoccupare: ho con me una chiave che apre la tua porta...

Renato                          - (allibito) Come te la sei procurata?!

Gloria                            - L'ho fatta fare: è una cosa sempli­cissima (estrae dalla vestaglia una piccola rivoltella e puntandogliela contro): Ti do tre minuti per metterti in pigiama...

Renato                          - Non facciamo scherzi!... (si ritira nell'alcova).

Gloria                            - (rimette la rivoltella nella vestaglia).

Renato                          - (quasi piangente, sulla soglia dell'alcova, fra se) Divento adultero a mano armata!... Questo non è più un appuntamento d'amore, ma un'aggressione...

Gloria                            - Via!

Renato                          - Oh! Giannina (scompare nell'al­cova).

Gloria                            - (si mette a sedere tranquillamente, ac­cavalla una gamba sull'altra, accende una si­garetta).

Renato                          - (ricompare dall'alcova, guardingo, in un pigiama elegante, dai colori teneri, un po' ridicolo).

Renato                          - (si porta fino a Gloria, cauto e in­certo).

Gloria                            - In ginocchio.

Renato                          - (s'inginocchia ai piedi di Gloria).

Gloria                            - E ora parlami d'amore.

Renato                          - Ti assicuro che...

Gloria                            - Ubriacami di belle parole... come la prima volta... Seducimi colla tua eloquenza... Ho voglia di resisterti...

Renato                          - (alzandosi, pieno di speranza) Dav­vero ?

Gloria                            - (autoritaria) In ginocchio!

Renato                          - (s'inginocchia di nuovo) Però...

Gloria                            - Ho voglia di resisterti per cedere con più eleganza... (commossa). Oh, Rirì... Ti ricordi le prime parole d'amore che mi hai mormorato quando ci siamo trovati soli per la prima volta?

Renato                          - (turbato) Non lo ricordo più.

Gloria                            - Non importa: il resto te lo dirò io... so come si deve fare con gli uomini della tua specie... (gli prende la testa fra le mani, gli accarezza i capelli e gli occhi, come si fa ad un bambino). Vedrai come è facile e come è bello ingannare qualcuno... Si prova una grande gioia con un po' di rimorso che dà al tradimento un sapore squisito, inebriante... Poi domani avremo dimenticato tutto e torneremo ad essere buoni amici.

Renato                          - (di più in più esaltato) Dopo tutto hai ragione; e poi, a pensarci bene, mia mo­glie non doveva lasciarmi solo durante una notte intera...

Gloria                            - Tua moglie è stata imprudente e me­rita quello che le capita...

Renato                          - Così imparerà a trascinare un uomogiovane, bello e ardente, esposto a tutte le tentazioni di una notte di primavera...

Gloria                            - E per di più in Oriente!... Hai visto che luna magnifica?

Renato                          - (guarda la finestra dalla quale penetra un chiarore lunare) E' una mezzaluna!

Gloria                            - E in Oriente nessuno può resistere al­la mezzaluna!

Renato                          - E' vero!... Ivetta! Baciami...

Gloria                            - (baciandolo) E tu lasciala salire...

Renato                          - (che ha perduto completamente la te­sta) Sento che una energia sconosciuta en­tra in me...

Gloria                            - E tu lasciala entrare!

(in questo preciso momento si sente cigolare la porta comune).

Renato                          - (si alza di scatto, spaventatissimo) Non è l'energia che entra: è qualcuno!

Gloria                            - (seccatissima, si alza anche lei, tenta in fretta di ricomporsi la vestaglia, ma senza riuscirvi, a bassa voce) Scommetto che è lui!

Renato                          - (in fretta, con un filo di voce) Chi: lui?

Gloria                            - (sottovoce, in fretta) Azig pascià..» Sorridi come se niente fosse... Prendi un'aria disinvolta...

Renato                          - (abbozza un sorriso ebete) E dove la trovo l'aria disinvolta?

Giannina                       - (apre decisamente la porta, che non era chiusa a chiave)

SCENA SESTA Detti - Giannina

Giannina                       - (dal fondo, guarda alternativamen­te Renato e Gloria, fremente, con un sorriso ironico) Ah!

Renato                          - (quasi barcollante) Oh!... guarda chi si vede! sei tu?

Giannina                       - Pare.

Renato                          - Già di ritorno?

Giannina                       - Evidentemente.

Renato                          - (dopo un penoso silenzio additando Gloria) La signora si è sbagliata di porta e per combinazione è entrata in camera mia...

Giannina                       - E' una strana combinazione, non è vero? (bruscamente, a Gloria) Da quanto tempo sei l'amante di mio marito?

Renato                          - (spaventatissimo) Giannina!

Gloria                            - (a Giannina) Da tre anni.

Giannina                       - (cupa a Gloria) E da un'ora?

Renato ........................ - No: il tuo è un falso allarme!

Gloria                            - (a Renato) Lasciatela dire: non ve­dete quanto è agitata?

Giannina                       - Sono calmissima; ero sicura di trovarti qui e ho avuto il tempo di domi­narmi. La mia assenza è stata un pretesto e la porta non era chiusa a chiave.

Gloria                            - Ah!

Renato                          - (dignitoso) Hai fatto molto male ad andartene; io ti volevo trattenere...

Giannina                       - Temevi di non poter resistere alla tentazione?

Renato                          - Avevo dei brutti presentimenti...

Gloria                            - (a Giannina) E' tanto impressiona­bile! Tu non lo conosci ancora bene...

Renato                          - (commosso, a Gloria) Grazie!

Giannina                       - (esasperata) Ah! basta così!... Ta­cete tutti e due! (silenzio penoso e comico. Mimica desolata di Gloria e Renato). Tutto mi sarei aspettata fuorché un tradimento così vile da parte di mio marito e di una amica d'infanzia... (commovendosi). Tu, Ivetta, la mia compagna inseparabile del collegio Pi­pino il Breve?...

Gloria                            - (contorcendosi dall’emozione) Gian­nina, non rievocare certe cose, altrimenti mi comanuovo...

Giannina                       - (sempre più commossa, a Renato) E tu, Renato, che mi hai sposata un mese fa infiammato dall'amore più ardente, che mi hai giurato di non ingannarmi mai e che tro­vo ora chiuso nella nostra camera...

Renato                          - (quasi piangente, cade fra le braccia di Giannina).

Gloria                            - (piangente) Smettetela!... Mi fate troppo male!...

Giannina                       - Ah! imparo soltanto ora a cono­scere che cosa vale un uomo!

Gloria                            - (asciugandosi gli occhi) A chi lo dici! Ne vedrai di tutti i colori quando avrai fatto un po' di esperienza!...

Giannina                       - La prossima volta saprò rego­larmi...

Renato                          - (con forza) Giannina, io ti giuro che una cosa simile non accadrà mai più!

Giannina                       - (affettuosa, vicino a Renato, allac­ciandolo) Con te no, mio povero Renato, lo so, ma con un altro, con quello che ti prenderà il posto... col tuo successore in­somma...

Renato                          - (stupefatto) Il mio posto?! Il mio successore? Ma io non voglio cedere il mio posto...

Giannina                       - (molto affettuosa, a Renato) Re­nato, ascoltami bene; tu sai se ti ho accettato volentieri come marito e con quanta fiducia sono diventata tua moglie...

Renato                          - (commosso) Oh! Giannina, che matrimonio perfetto è stato il nostro!... Persino! il sindaco aveva le lacrime agli occhi quando! ci ha sposati...

Giannina                       - (severa improvvisamente) Ma tu! sai anche che non sono donna da lasciarmi ingannare impunemente...

Gloria                            - (solenne) Noi non ti abbiamo ingan­nata: te lo giuro sul mio onore di donna!

Giannina                       - (occhiata equivoca e ironica a Gloria)Già, perché sono arrivata troppo presto... E' come se lo fossi, (a Renato, con dolcezza) Ebbene, tu sai quale deve essere la mia con­ dotta verso un marito infedele...

Renato                          - No, non lo so: sono troppo com­mosso...

Giannina                       - (accarezzandolo, affettuosa, sospira)Renato, mio povero Renato, io ti devo av­velenare...

Renato                          - (asciugandosi la fronte, tenta di sorri­dere con disinvoltura) Non scherzare...

Giannina                       - Non ho voglia di scherzare: o pre­sto o tardi, qui o altrove, io mi ricorderò im­provvisamente d'averti sorpreso con una don­na, e allora sarà più forte di me: la perla nera di questo anello lascerà cadere nel tuo bicchiere, nel tuo piatto, o nella tua sigaret­ta, le poche gocce misteriose che custodisce da chi sa quanti anni, e tu morirai lentamente in mezzo agli spasimi più atroci... Ecco tutto.

Renato                          - Ecco tutto: è tanto semplice!

Gloria                            - (a Giannina) Scusami, cara, se mi intrometto nelle vostre piccole faccende... ma non si potrebbe sostituire a quelle gocce qual­che cosa di più banale?... Per esempio un divorzio?

Giannina                       - Sarebbe la stessa cosa; otto anni fa in India ho giurato ai piedi del «Pancen Rupocé » ch'è l'incarnazione vivente di Sakia Muni, di avvelenare con questo anello l'uo­mo che avrebbe tradita la sua fede di sposo... Se non lo facessi, sarei maledetta pubblica­mente e per tre volte da tutti i buddisti del mondo.

Renato                          - (timido) Non potresti infischiartene dei buddisti?

Giannina                       - Non sai quello che dici: se ve­nissero a sapere che ho mancato al mio giura­mento, la loro vendetta mi raggiungerebbe in qualunque parte del mondo, implacabile e feroce.

Gloria                            - (a Giannina) Di modo che non e'è niente altro da fare?

Giannina                       - Purtroppo!

Gloria                            - (a Renato) Vedete cosa vuol dire piantare una povera donna come me, per sposare una signorina di buona famiglia?

Renato                          - (disperato) Di solito le signorine di buona famiglia, prima di sposarsi, non vanno a domandar consiglio a Budda!

Gloria                            - C'era una ragazza sola al mondo ca­pace di portare come regalo di nozze un ve­leno indiano, e voi siete andato a scegliere proprio quella! Avete avuto la mano fe­lice!

Renato                          - Felicissima! Del resto, mia cara Gian­nina, io considero tutto questo come uno scherzo di cattivo genere... (autoritario), E tanto per incominciare, tu mi consegnerai su­bito quell'anello!

Giannina                       - (si toglie l'anello e glielo porge) Volentieri!

Renato                          - (prende l'anello, lo guarda, svita la perla, non trova niente, si mette a ridere) Hai voluto scherzare!... Ne ero sicuro... Nell'anello non c'è niente!...

Giannina                       - Ho lasciato il veleno all'Amba­sciata, in un posto sicuro...

Renato                          - (furibondo) Sarò costretto a denun­ziarti!...

Giannina                       - (sempre calma) Non troveranno niente e ti considereranno pazzo!... Mio po­vero Renato, non puoi sfuggirmi... Eppure ti amo di più delle altre.

Renato                          - Ed è appunto per questo che mi vuoi avvelenare...

Gloria                            - Io vi voglio meno bene...

Renato                          - Fortunatamente.

Gloria                            - E sono decisa a salvarvi...

Giannina                       - Vuoi lottare con me?

Gloria                            - Sì.

Giannina                       - Per conservarti il tuo amante?

Gloria                            - No, per ridarti tuo marito.

Giannina                       - (ironica ed altezzosa) Non sarebbe per caso la stessa cosa?

Gloria                            - Ti sbagli; io non mi sono introdotta in questa camera per riprendere Renato.

Giannina                       - (a Gloria) Non ti capisco.

Gloria                            - (si guarda attorno, improvvisamente misteriosa, va a chiudere ermeticamente e ra­pidamente porte e finestre; va a frugare in ogni angolo, dietro ogni tenda, come per ac­certarsi che nessun estraneo può ascoltarla, poi, va anche nell'alcova le cui tende sono chiuse, scompare).

 Giannina                      - (stupefatta, sottovoce a Renato) Cosa le piglia?

Renato                          - (stupefatto anche lui) E chi lo sa?

Gloria                            - (torna in iscena; ha l'aspetto accigliatomisterioso, fatale: viene sul davanti, fra Re­nato e Giannina; fa segno a tutti e due di avvicinarsi a lei; quando essi sono a portata di mano, li prende con le due braccia, allaccian­doli al collo, con affetto li guarda alternativa­mente, sospira) Miei poveri e cari amici! (bacia commossa Renato a destra e Giannina a sinistra). Sono molto commossa! La storia della mia vita  è tutta un romanzo...

Renato                          - Oh!

Gloria                            - (sospira) Io non ho mai avuto padre... mia madre ha tentato varie volte di procu­rarmene uno, ma non c'è mai riuscita... Ecco perché sono stata educata in collegio...

Renato                          - (commosso) Povera donna!

Gloria                            - Un giorno, a Trouville, mentre prèn­devo un bagno di mare, sulla spiaggia, il mio costume si slaccia. Un signore di una certa età accorre in mio soccorso, mi do­manda piangendo se voglio essere sua mo­glie... Fu così che ho accordato la mia mano al barone Goldschmidt...

Giannina                       - (ironica) La natura pensa a tutto!

Gloria                            - Non lo nascondo: ho avuto degli amanti... (sospira) Ho viaggiato molto... finché il mio destino e un banchiere norve­gese mi condussero qui a Costantinopoli, (so­spira). Il destino ci ha rimessi di fronte...

Giannina                       - (ironica) E il banchiere norvegese?

Gloria                            - Scomparso un bel giorno portandomi via una collana di perle: mi ha lasciata una lettera in cui mi diceva che non mi avrebbe mai dimenticata...

Renato                          - Era un gentiluomo!...

Gloria                            - No; era un gioielliere greco; l'ho saputo troppo tardi...

Giannina                       - Questo non mi spiega perché ti trovi in camera di mio marito...

Gloria                            - (misteriosa) Da qualche mese io non mi appartengo più... Una sera che ero più triste del solito, mi sono ubriacata di cham­pagne... (sospira) e quando mi sono sveglia­ta, mi sono accorta con orrore che ero l'aman­te di Azig pascià... Ero perduta...

Renato                          - Perché?

Gloria                            - Perché diventando l'amante di Azig Pascià cadevo fra le braccia di tutti i giovani turchi!... Da due mesi sono stata promossa al grado di spia di prima classe: lavoro nei grandi alberghi...

Giannina                       - (sempre diffidente) E nelle camere da letto?...

Gloria                            - Se occorre: e questa notte era ne­cessario ch'io mi nascondessi qui dentro...

Giannina                       - (drizzando l'orecchio) Ah!...

Gloria                            - (con forza e con drammaticità un po' esagerata) Azig pascià, mio amante e mio padrone, mi ha ordinato di rimpossessarmi dei documenti che tu e tuo marito custodite tanto gelosamente... Domani sarebbe stato troppo tardi... (con un po' di disprezzo). Come vedi l'amore per tuo marito non era un pretesto!

Giannina                       - (con impeto) La prova!

Gloria                            - (tranquilla, estrae dalle pieghe dellavestaglia un plico suggellato) Eccola: sa­pevo che questa busta si trovava nella vali­getta che tuo marito aveva la consegna di non abbandonare mai; bisognava giustificare lamia presenza in camera vostra... Non mi è stato difficile indurre tuo marito a con/cedermi il diritto di penetrarvi... come amante di unaora... (con un sorriso un po' ironico) Di Re­nato faccio quello che voglio... lo sai bene...

Renato                          - (con sussiego) Fino ad un certo punto...

Gloria                            - (a Renato) Se vostra moglie non fosse prudentemente tornata in tempo, que­sta notte avrei lavorato per il successo dei giovani turchi...

Giannina                       - E un po' anche per il tuo!

Gloria                            - Sono gli incerti del mestiere.

Giannina                       - Mia cara Ivetta, tutto è incerto nel tuo mestiere: la tua missione è doppia­mente fallita.

Gloria                            - (improvvisamente va alla finestra, guar­da nel vuoto e getta fuori il plico, poi torna sorridente, a Giannina) Ti sbagli; i docu­menti saranno fra poco in mano di Azig pa­scià: sotto le finestre della vostra camera un caicco, con degli uomini fidati, incrocia da un'ora sulle acque del Bosforo... nel caso pre­visto che la mia missione avesse incontrato qualche difficoltà...

Renato                          - (atterrito) Sono un diplomatico ro­vinato!... La mia carriera è spezzata... (ab­battuto). Non mi rimane che tornare a Parigi e dedicarmi di nuovo alle orchidee...

Giannina                       - (calma, con un sorriso) Al contra­rio; rimarrai qui e ti occuperai di diplomazia ... insieme con me...

Renato                          - Non oserò più presentarmi a miosuocero...

Giannina                       - Ti sbagli; domani mattina andraiall'ambasciata e riceverai da mio padre più vive congratulazioni... La tua missione è finita.

Gloria                            - (ironica) Non molto brillantemente...!

Giannina                       - La busta che in questo momento! naviga verso Sua Eccellenza Azig Pascià noni contiene i documenti che t'interessavano! tanto...

Gloria                            - (ha un movimento di dispetto furioso)Ah!

Giannina                       - Mia cara Ivetta, sono figlia di un' diplomatico e mi vorrai perdonare se, in uni momento di distrazione, ho sostituito, par­tendo da Parigi, la busta preziosa.

Renato                          - Di modo che io ho trasportato attra­verso l'Europa...

Giannina                       - (ridendo) ... l'ultimo conto della1 mia sarta...

Renato                          - ... che dovrò anche pagare?...

Giannina                       - Probabilmente; per il tuo viaggio di nozze era un documento più adatto.... (bussano alla porta).

Gloria                            - (accigliata) Non aprite!

Giannina                       - (con impeto, andando alla porta) E perché?

Gloria                            - Dev'essere qualcuno da parte di Azig Pascià...

Giannina                       - Tanto meglio! (apre risolutamente la porta).

Renato                          - Siamo perduti!

SCENA SETTIMA Detti - Un cameriere

Cameriere                      - (tiene un vassoio sul quale c'è un biglietto; va da Gloria e glielo porge) Da parte di Sua Eccellenza Azig pascià...

Gloria                            - (calma in apparenza) C'è risposta?

Cameriere                      - No, signora baronessa.

Gloria                            - (prendendo il biglietto) Sta bene ; po­tete andare.

Cameriere                      - (s'inchina, esce).

Renato                          - (spaventato a Gloria) Non vorrei es­sere nei vostri panni...

Gloria                            - (malsicura, inquieta) Perché?

Renato                          - Quando Azig Pascià è di cattivo umo­re non dev'essere precisamente un agnello...

Gloria                            - Sarà quel che sarà... (apre febbril­mente la lettera, la scorre, sorride e la porge a Giannina). Sua Eccellenza mi prega di av­vertirti che ha ricevuto il conto della tua sar­ta e che domani tutto sarà pagato telegrafica­mente all'insaputa di tuo marito...

Renato                          - (scattando) Ah! questo poi non accomoda a un turcocomoda a me!... Di che cosa s'immischia quel turco?

Gloria                            - E' un uomo di spirito: potete esser­gliene grato.

Giannina                       - (a Renato) Non ti allarmare per così poco: Costantinopoli è lontana da Pari­gi... E poi, è giusto che tu sia punito...

Renato                          - (a Giannina) Al nostro ritorno, ti farai vestire altrove...

Giannina                       - Purché tu ti faccia svestire soltanto da me!

Gloria                            - Ne puoi essere sicura. Conosco gli uomini. Mi sono lasciata giuocare da te; ho perduto qualunque fascino su tuo marito...

Giannina                       - (a Gloria) Ne sei sicura?

Gloria                            - Sicurissima.

Giannina                       - Prova ad abbracciarlo!

Gloria                            - Volentieri, (si avvicina lentamente a Renato che sgrana gli occhi dalla sorpresa)Permettete?

Renato                          - Fate pure.

Gloria                            - (lo abbraccia, baciandolo sulle due guan­ce e attardandosi un poco).

Renato                          - (rimane impassibile).

Giannina                       - Adesso basta... (a Renato) Co­sa hai provato?

Renato                          - (allegro, come persona che esca da un incubo) Niente... non ho provato niente...

Gloria                            - (meravigliata) E' strano... neanch'io.

Renato                          - (con un lungo sospiro di soddisfazione)Sono guarito... Mi sento libero... libero di non tradire più mia moglie... E' una cosa che fa piacere...

Gloria                            - (guardandolo con commiserazione)Ma sapete che siete un degenerato?

Renato                          - Può darsi: me ne accontento.

Gloria                            - (rassegnata, stende la mano a Renato,da buona amica) E allora... arrivederci, Renato e... grazie di tutto quello che avete fatto per me  (sorridente, a Giannina). Però, vorrei farti una domanda.

Giannina                       - Quale?

Gloria                            - Non hai più intenzione di avvele­nare tuo marito?

Giannina                       - (guarda tranquilla Renato e Gloria) Credo di no. Domani metterò nell'anello il veleno del fachiro.

Renato                          - (deluso) Non sarebbe meglio gettar­lo addirittura nel Bosforo?

Giannina                       - E' più prudente conservarlo... per il caso che tu dovessi incontrare un'altra don­na fatale.

Gloria                            - (con foga un po' sprezzante) Oh! non c'è pericolo, Giannina: io sono l'ultima... La razza si perde...

Renato                          - Come gli ippopotami?

Gloria                            - Precisamente, (con disgusto) Le don­ne del giorno d'oggi non valgono più niente... lo sport le ha rovinate...

Renato                          - Che tristezza!

Gloria                            - Non ci pensiamo più(con brio) E se per caso l'ambasciata di Rio Tinto avesse bisogno di qualche informazione confidenzia­le rivolgetevi pure a me...

Renato                          - (abbrutito) E se il Ministero dovesse cadere?

Gloria                            - Ne farò nominare un altro di mia fi­ducia... Mi farò dare dal Sultano le chiavi del­la Sublime Porta, (dopo aver guardato Re­nato e Giannina, improvvisamente) Buona notte, ragazzi! (raccoglie i lembi della vesta­glia, frettolosamente e, con un cenno della mano,esce rapida dalla comune).

FINE