L’ATTRICE
Novella teatrale
di ALBERT JEAN
(Traduzione di Franco Faraci)
PERSONAGGI
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Fanny Vérand prese l'asciugamano a spugna, macchiato dalla struccatura quotidiana, e se lo applicò sulla bocca, con entrambe le mani, per tentare di soffocare l'irresistibile accesso di tosse.
Gina, che condivideva con Fanny lo stretto camerino al Théàtre Nouveau, contemplò la nuca incavata della compagna, la sua schiena esile, le scapole sporgenti e le terribili spallerialzate.
- Dovresti fare attenzione! le consigliò Scrollando il capo.
—A che cosa?
—Tossisci continuamente.
—Ma no! E' soltanto un po' di solletico alla gola.
—Dimagrisci...
—Non sono mai stata molto grassa.
Per qualche secondo.Gina parve esitare... Poi aggiunse:
- Non spaventarti! Ma tuttavia credo che sia meglio che tu sappia...
—Che cosa? gridò Fanny.
—Ieri sono entrata nell'ufficio del direttore. Stava chiacchierando con Jubin.
—Il mettinscena?
—Sì. Parlavano di te.
Fanny giunse le mani scarne, dalle palme brucianti, dalle dita aguzze;
—Che cosa dicevano?
—Dicevano che tu sei molto deperita e che dovresti curarti.
—Ma se non sono ammalata!
—Credono che la tua voce diventi sempre più roca... Tu lo sai, non ti dico questo per darti un dolore. Ma Jubin non ti ha mai vista con simpatia. E approfitterà della prima occasione per giocarti qualche brutto tiro. Perciò curati, cara; non dargli tu stessa l'occasione di farti una porcheria.
Profondamente turbata, Fanny Vérand fece tre passi nel minuscolo camerino.
- - Credi che non mi daranno ancora una parte nella prossima commedia? chiese, con la sua voce rauca che tremava. Credi che mi metteranno da parte?
—Io non ho detto questo! protestò vivacemente Gina.
—Sì! Sì! L'hai detto!
- Ma no!... Tu non hai che da andare dal medico. Egli ti darà certamente qualche cosa per schiarirti la voce.
Seguì un silenzio.
- Prestami il tuo fiocco per la polvere di riso!... chiese allora Fanny. Non so più dove ho cacciato il mio.
E poiché Gina sentiva che lo sguardo dell'ammalata si fissava con angoscia sulle sue mani e spiava la più lieve esitazione, le tese con slancio il fiocco di lana.
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Quella sera, quando l'attrice rientrò a casa, dopo lo spettacolo, l'ansimo la soffocò.
ce E' vero che da qualche tempo non sto molto bene », riconobbe.
Uno specchio inclinato le rimandò il suo riflesso, ed ella scrutò minuziosamente lo scarno viso torturato, dove il belletto si decomponeva a scaglie.
« Mi sono strapazzata troppo in questi ultimi mesi! », pensò.
E ad alta voce aggiunse:
- Ma non sono ammalata!
Il respiro rauco accentuava l'affiochimento delle corde vocali. E la voce era sorda, opaca, senza risonanza.
- Non sono ammalata!
Ripetè la frase, tragicamente, come se tentasse di dominare il destino e di ricostruire una realtà favorevole con la sola potenza della sua volontà.
Poi volse il capo, l'immagine angosciosa svanì, e Fanny cominciò a svestirsi, tra piccoli brividi.
Si coricò, e il sonno, che di solito veniva molto tardi, dopo che l'insonnia l'aveva abbrutita con immagini galoppanti, con pensieri foschi, dopo che l'aveva avvilita nella disperata ricerca di un istante di assopimento, quella notte il sonno la visitò soltanto nelle ultime ore del mattino.
* * *
- Vérand, il direttore vuol vederti!
Subito?
- Sì, subito! ripetè Jubin, il mettinscena, che spiava l'arrivo dell'attrice, sul pianerottolo della scala.
La sua faccia verdastra esultava e Fanny non potè impedirsi di fremere, sotto lo sguardo ignobile che la scandagliava.
« Deve sapere che non ho parte nella prossima commedia ».
Appena spinse la porta dell'ufficio del direttore, il fumo aspro del tabacco inglese la prese alla gola e la fece tossire.
—Buon giorno, Vérand. Si accomodi. Come sta?
—Oh, benissimo, signor direttore, benissimo! rispose l'attrice.
Il direttore del teatro si voltò verso un individuo corpulento, dal viso acceso, sprofondato fino alle spalle in una bassa poltrona di cuoio avana.
- Eh? Glielo avevo detto! esclamò. Evidentemente! assentì l'altro.
Il direttore presentò:
- Pietro Buffières, di cui il mese venturo rappresenteremo una commedia.
Fanny s'inchinò, senza una parola.
- Ciò che è seccante, in questa nuova com media, continuò il direttore, è che vi
- sono soltanto due parti di donna. E sono entrambe importantissime.
Fanny Vérand abbassò il capo con rassegnazione.
« Ci siamo! pensò. Non può darmi nessuna delle due parti ». Il direttore continuò:
- - Lei sa benissimo ciò che io penso delle attrici celebri... Quello che mi interessa, anzitutto, se si vuole che una commedia vada bene, è di trovare interpreti coscienziosi e che abbiano il fisico della parte... che possiedano tutte le attitudini naturali per rappresentarla bene. La celebrità è una cosa e l'ingegno un'altra. A me la celebrità serve fino a un certo punto. Mi occorre soprattutto l'ingegno e, fin che si può, il fisico della parte. Io voglio soddisfare il pubblico, e non la vanità e l'ambizione di una bella donnina... Queste mie idee lei le conosce bene...
Fanny lo guardò, stupita.
- Ma allora, signor direttore...
- Sì. Forse sto per commettere una pazzia. Ma tanto peggio!... Lei è la donna assolutamente indicata per interpretare una delle due parti di cui ho parlato... Gliela do!
- - E' possibile? esclamò l'attrice.
- L'avverto che è difficilissima.
- Tanto meglio!... Oh, signor direttore! S» sapesse come sono felice!
Un'improvvisa vampata di sangue accese il magro viso di Fanny e il direttore scambiò un nuovo sguardo con l'autore.
- Allora, siamo intesi! Venga domani per firmare il suo nuovo contratto.
- Oh, grazie, signor direttore!... Grazie! Grazie! L'autore allora propose:
—Vuole il copione della commedia? In questo modo potrà vedere subito ciò che attendiamo da lei!
—Con gioia!... ,- rispose l'attrice. Qual è la ernia parte?
—Quella di Giulietta.
—Sono impaziente di leggerla! esclamò Fanny Vérand.
—Bene, allora siamo d'accordo, cara! A domani.
* * *
Appena si ritrovò nel corridoio, Fanny Vérand aprì il copione.
Un nome folgorò subito davanti ai suoi occhi, in cima all'elenco dei personaggi: «Giulietta ».
Lo accompagnavano alcune righe di presentazione, e l'attrice lesse, con avidità:
« Venticinque anni circa. Un viso sofferente, consumato dalla passione e dal male. Lo sguardo lucido, febbricitante, i gesti agitati, e il povero sorriso degli esseri predestinati al sacrificio... ».
Fanny allora barcollò, mentre un velo di sangue le offuscava la vista, fin quasi ad accecarla. Ma si riprese subito, per un prodigio di volontà, e, facendo un mezzo giro, si slanciò verso l'ufficio del direttore, di cui aprì bruscamente la porta.
E gettando il copione sulla scrivania, davanti ai due uomini stupefatti, esclamò con voce nella quale i singhiozzi erano a stento trattenuti dall'orgoglio:
- Ecco! Riprendetevelo. Ve Io restituisco!
Un accesso di tosse la interruppe, arrossando i] fazzoletto che ella aveva rapidamente poetato alle labbra.
E concluse, con supremo tono di sfida:
- Vi siete ingannati, signori. Io non ho nessuna attitudine alla parte!
FINE