L’aumento

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L’aumento

L’aumento

di

Dino Buzzati

Atto unico

L’aumento è stata rappresentata per la prima volta il 30 marzo 1962 al Teatro di Via Piacenza di Roma, per la regia di Luigi Pascutti.

Personaggi e interpreti: Ada (Sandra Palombi); Gustavo (Elio Bertolotti); L’usciere (Mario Milita); Il comm. Stragioni (Silvio Spaccesi).

Personaggi

Ada

Gustavo

L’usciere

Il comm. Stragioni

La scena rappresenta tre diversi ambienti: il salotto in casa di Gustavo Campanella, la porta dell’ufficio del comm. Stragioni, presso la quale è la scrivanietta dell’usciere, l’ufficio del comm. Stragioni.

SCENA PRIMA

Salotto in casa Campanella.

Ada                 - - Gustavo, Gustavo!

Gustavo           - (svegliandosi gra grandi sbadigli)

Ada                 - Sono quasi le due e un quarto.

Gustavo           - (balzando dal sofà) Madonna, le due e un quarto. E l’autobus che non arriva mai. (Cerca la giacca appesa a una sedia, la indossa, si ravvia i capelli)

Ada                 - (con l’aria indifferente) Senti una cosa. Revilli, chi è?

Gustavo           - Ma ti pare il momento, se lo conosci da un secolo.

Ada                 - Dico. Esattamente cosa fa in Ditta? Che posto ha?

Gustavo           - Niente. Ufficio costi. È un reparto dell’ufficio produzione, quello che dirigo io.

Ada                 - Strano.

Gustavo           - Strano perché?

Ada                 - Pensavo che fosse più di te.

Gustavo           - Perché? Ha l’aria così importante?

Ada                 - Tutt’altro. C’è un motivo.

Gustavo           - Cosa?

Ada                 - E’ meglio che non ti dica niente. Tanto, è inutile.

Gustavo           - Cosa c’è adesso?

Ada                 - E’ inutile, ti ripeto. Io ti conosco. Anche se te lo dicessi, tu non faresti una piega, col carattere che hai.

Gustavo           - E dai! Parla. Cosa sono questi misteri?

Ada                 - Bene, sappi che il tuo Revilli, che sta sotto di te, ha uno stipendio almeno il doppio del tuo.

Gustavo           - Figurati.

Ada                 - Lo so di sicuro.

Gustavo           - Se badi alle chiacchiere di sua moglie, stai fresca. La Nora ha le sue manie di grandezza.

Ada                 - Proprio ieri, in casa sua. Sullo scrittoio lui aveva dimenticato il modulo dello stipendio, sai quella strisciolina gialla. E io ho visto. Per caso sai. Ero in piedi là vicino e gli occhi mi sono caduti sulla strisciolina.

Gustavo           - Beh?

Ada                 - Sai cosa c’era scritto? Calcolate tutte le detrazioni. Importo mensile netto? Duecentoquarantasettemila lire.

Gustavo           - Bum!

Ada                 - E tu non crederci!

Gustavo           - Stai tranquilla. Avrai letto male.

Ada                 - Del resto lo sai bene che la Nora s’è fatta il visone.

Gustavo           - Uffa con questo visone. Per voi donne sembra che al mondo non possa esistere altro.

Ada                 - Il visone è come appartenere a un’altra razza, caro mio. Altro che classi sociali. Visone o non visone.

Gustavo           - (ironico) Essere o non essere.

Ada                 - E io, io….. se penso a quello straccetto striminzito di agnellino di Persia che ha ormai otto anni…. E un tre quarti per giunta!

Gustavo           - Cosa vuoi che ti dica? Se vuoi, risparmieremo. Con un po’ di pazienza, chi lo sa, arriveremo anche al visone.

Ada                 - Ma lo sai quanto costa?

Gustavo           - Pressappoco.

Ada                 - E in quanti anni pensi tu che potremo…..?

Gustavo           - (fa un rapido calcolo su un foglietto di carta) Be’, limitandoci nelle spese…. Senza per questo negarci di andare al cinematografo ogni tanto….. faccio il conto…. Circa novanta anni.

Ada                 - (furiosa) Senti, guarda è meglio che te ne vai.

Gustavo           - (senza decidersi) Ma lo sai che mi sta qua?

Ada                 - Che cosa?

Gustavo           - Quella stora dello stipendio di Revilli…. Adesso capisco certe cose, certi discorsi che faceva, la barca, le vacanze alle Canarie… E io…. Io…. Che…..

Ada                 - Basta, non parliamone più. Quando ti dico che non sai farti valere, che ti lasci mettere i piedi sopra da tutti, che non ti fai stimare, mi salti su come un basilisco.

Gustavo           - Ma lo sai che non mi va giù?

Ada                 - Adesso te ne accorgi. Ma perché fare discorsi nutili? Lo sai meglio di me che non avrai mai il coraggio di far valere le tue ragioni. Un caro uomo sei, ma uno di quei conigli!

Gustavo           - (in crescendo) Ma lo sai che non mi va giù?

Ada                 - Davvero?

Gustavo           - E tu me lo domandi? Ma lo capisci che anche all’uomo più mite e remissivo del mondo a un certo punto viene la goccia che fa traboccare il vaso? Ma lo capisci che adesso vado in ditta e gliele canto?

Ada                 - A chi?

Gustavo           - Al commendator Stragioni, no? Non è lui il direttore generale?

Ada                 - (ironica) Gliele canti?

Gustavo           - Sì, se non mi dà soddisfazione, un quarantotto faccio, giuro.

Ada                 - Ma lo sai che mi impressioni?

Gustavo           - Quel fesso di Revilli duecentoquarantasettemila lire!

Ada                 - Be’ adesso non esagerare, non lasciarti portare dalla collera, non rovinarlo, il povero Stragioni!

Gustavo           - (furente, senza badarle) La pecora! La pecorella! Il coniglio! Il pusillanime! La pecorella è stata morsa. La pecorella è una belva! Per il demonio, se me lo darà l’aumento, quel porco di Stragioni! (esce concitato)

                        -

SCENA SECONDA

Porta dell’ufficio del Comm. Stragioni

Gustavo          - (entra d’impeto nell’anticamera e interpella l’usciere) Il commendatore c’è?

Usciere            - (lo osserva perplesso) Ci sarebbe, ma credo sia in seduta.

Gustavo           - (deciso) Seduta o no, tu adesso vai a dirgli che il ragioniere Campanella ha bisogno urgente di parlargli.

Usciere            - Ma come faccio io?

Gustavo           - (avvicinandosi alla porta e afferrando la maniglia) Fai così.

Usciere            - (spaventato cerca di trattenerlo) Ma no. Ma cosa fa? Mi vuole rovinare!…..

SCENA TERZA

Ufficio del comm. Stragioni.

Gustavo           - (socchiude la porta e domanda, perentorio) Permesso?

Commendat.   - (con un sorriso placido ma sicuro di sé) Avanti, avanti.

Gustavo           - (entra a passi decisi) Buongiorno commendatore!

Commendat.   - Oh il nostro bravo….! Che bella sorpresa! Ma lo sa che proprio lei, Columella….

Gustavo           - Campanella.

Commendat.   - Sì, certo, caro Campanella…. Dicevo…. Scommetto non immagina che proprio lei per me rappresenta una specie di…. Come dire … una specie di rimorso?

Gustavo           - (che già comincia a smontarsi. Speranzoso) Rimorso?

Commendat.   - Sì, proprio rimorso.

Gustavo           - Scusi se sono entrato così…

Commendat.   - Scusarla? Ci mancherebbe altro, caro Battistella…

Gustavo           - Campanella.

Commendat.   - Sì certo, caro Campanella. Sono io che devo dirle grazie per essere venuto.

Gustavo           - Lei?

Commendat.   - Io, sì. E sono contento, contentissimo di rivederla finalmente, ma per carità si accomodi, eh, le persone che ci sono più care, le persone in cui si ha più fiducia sono poi quelle che si trascurano di più, purtroppo questa è la crudele legge della vita, non è così? Dica, dica, mio caro Campanella, quant’è che non scambiamo due parole in santa pace? Settimane? Macchè settimane, mesi saranno, parecchi mesi, non mi stupirei se fossero degli anni addirittura.

Gustavo           - Esattamente due anni e mezzo fa…. Lei mi….

Commendat.   - Due anni e mezzo! Ma lei lo crede, caro Campanella, che per due anni e mezzo, tutte le sere, sa quando si fanno gli esami di coscienza, lo crede che io pensavo a lei? Tutte le sere prima di addormentarmi mi dicevo: “E Campanella? E quel bravo Campanella? Te ne sei dimenticato eh? – mi dicevo – Quando ti deciderai a dargli il posto che si merita? Un lavoratore come lui, una colonna della azienda, un galantuomo come si è perso lo stampo….”. Così dicevo, giuro, e ogni sera era un rimorso, mi creda, e pensavo fra me: “Provvederò domani voglio levarmi questo peso dal cuore….”. Invece…

Gustavo           - Dunque lei, commendatore….?

Commendat.   - Se sono disposto ad aiutarla, lei vuol dire? Guardi, non parli. Oh non parli, non mi dica niente. Crede che non capisca? Crede che non sappia immedesimarmi? Parola per parola potrei ripeterle quello che lei aveva in animo di dirmi… Che c’è qualcuno con molto meno titoli di lei che tuttavia guadagna più di lei, che questa è un’ingiustizia, che lei ha perso la pazienza eccetera, non è forse così?

Gustavo           - Ecco veramente…

Commendat.   - E lei, caro Campanella, ha avuto un impeto di esasperazione, vero? Chi non lo avrebbe avuto? No, io non la rimprovero. L’ingiustizia trasforma in tigri le creature più umili e mansuete; non è forse così?

Gustavo           - Be’, insomma….

Commendat.   - Lo vede? E lei pensava che io non capissi, che io non sapessi, non mi interessassi. Uomo di poca fede… Bene, questa deve essere una giornata buona per entrambi. Stasera tutti e due saremo più soddisfatti di noi stessi…. Cosa ne dice di 150?

Gustavo           - Come?

Commendat.   - Fra una cosa e l’altra lei adesso arriva a 95, 98, o mi sbaglio?

Gustavo           - Novantasette.

Commendat.   - Bene, facciamo un passo avanti, un passettino. Centocinquanta. Basterebbe?

Gustavo           - Le confesso, io non speravo….

Commendat.   - Lo vede che non sono più quel drago, quella carogna, quel mangiacristiani, quella gran volpe che si dice?

Gustavo           - Io…. Io la ringrazio.

Commendat.   - Niente ringraziamenti. Io, se mai, devo ringraziarla per il suo lavoro. Una sigaretta?

Gustavo           - Grazie, non fumo.

Commendat.   - E bravo, anche questa è una virtù…. Io sì, purtroppo, invece, come un dannato fumo…. Bene, bene…. E così tutto è sistemanto.

Gustavo           - Be’, io levo il disturbo.

Commendat.   - Non la trattengo, caro Campanella, e molti auguri (sospira)… Peccato!

Gustavo           - Perché peccato?

Commendat.   - Niente, io… per lei…. Avevo concepito…. Progetti d’altro genere, ma è inutile, ormai è fatta.

Gustavo           - Progetti?

Commendat.   - Progetti che si fanno….ma ormai….

Gustavo           - Commendatore, non vuol dirmelo?

Commendat.   - Io vi conosco, quello che si fa per il vostro bene, voi lo prendete in mala parte.

Gustavo           - Ma non è vero.

Commendat.   - Sarebbe stata, sì, una prova di fiducia, una dimostrazione d’amicizia, questo sì. Però capisco che le farebbe un’impressione strana….

Gustavo           - Strana, perché?

Commendat.   - Inoltre è una faccenda… una faccenda molto riservata….

Gustavo           - Non si fida di me?

Il direttore si alza lentamente, attraversa l’ufficio con aria circospetta, chiude la porta a chiave, si ferma come ascoltando se fuori passi qualcuno, avvicina l’indice alle labbra per far segno di tacere, torna alla scrivania, chinandosi in avanti comincia a parlare sottovoce.

Commendat.   - Campanella, mi ascolta?… Io sono vecchio….

Gustavo           - Ma non è vero.

Commendat.   - Vecchio. Il cuore già perde qualche colpo…. Da un giorno all’altro….

Gustavo           - Non lo dice nemmeno per ischerzo.

Commendat.   - E qui? A questa scrivania? Al mio posto, chi verrebbe? Mi ascolta, Campanella?

Gustavo           - Certo, l’ascolto.

Commendat.   - Se la tenga per sé, mi raccomando, di lei mi fido…. Da qualche tempo si parla di grandi cambiamenti.

Gustavo           - Cambiamenti?

Commendat.   - Lei certo ha inteso al volo. Cambio di proprietà, si dice, subentrerebbe un altro gruppo finanziario. E sa cosa vuol dire?

Gustavo           - Che i padroni di adesso se ne vanno e ne arrivano degli altri.

Commendat.   - Ha detto niente? Lo capisce lei cosa potrebbe succedere in una simile evenienza?

Gustavo           - Ma, non….

Commendat.   - Economie. Se questo cambiamento avviene, e sembra ormai questione di giorni, il motivo è uno solo: che le cose non vanno proprio a gonfie vele, che la crisi è sentita anche d anoi. Ragione per cui, che io resti o me ne vada, la preoccupazione dei nuovi arrivati sarebbe di risparmiare fino all’osso. E in che modo? Semplicissimo. Sa che cosa si fa in casi simili? Non riesce a immaginarlo?

Gustavo           - Non so. Qualche….

Commendat.   - Ridimensionamento. Bella parola, eh? Ridimensionamento. Sa che cosa significa? Significa sbarazzarsi degli eccessivi pesi, ecco la geniale soluzione. Una cernita. Un vaglio. Molti siluri in vista, magari anche per il sottoscritto. Chi ha forti remunerazioni, marsh! Il trattamento di quiescenza è relativamente basso, non rappresenta un grande ostacolo…. Si sfoltisce, si sfoltisce…. E chi si salva? Come in tutti questi casi, sono i pesci piccoli a salvarsi.

Gustavo           - E allora?

Commendat.   - E allora vuole che mi sorrida l’idea di veder liquidato un elemento come lei? È mio dovere, in questo caso, se appena ho un’ombra di coscienza, metterla in guardia, caro Campanella, non solo, ma aiutarla a fronteggiare le possibili minacce.

Gustavo           - Fronteggiare?

Commendat.   - Certo, vorrei sottrarla alla decimazione, mimettizzarla, collocarla in una posizione riparata. Ma è inutile, voi giovani non vi rendete conto che….

Gustavo           - No, commendatore, dica…..

Commendat.   - Vuole che le parli con il cuore in mano? Come se lei fosse mio figlio? Bene. Se fossi in lei, di fronte a questa congiuntura, sa cosa…?

Gustavo           - Cosa?

Commendat.   - Benedetto ragazzo! Ma nascondersi, tener la testa bassa, non mettersi in mostra, accontentarsi…

Gustavo           - Cosicchè…..?

Commendat.   - Si capisce. La morale è questa: migliorando la sua situazione finanziaria, in fondo io le ho fatto un pessimo servizio, come buttarla allo sbaraglio, per dire pane al pane….

Gustavo           - Dimodochè lei….

Commendat.   - Caro Campanella, non voglio che domani lei abbia motivo di rimproverarmi. Sì, domani lei potrebbe chiedermi: commendatore, perché non me l’ha detto? Perché non mi ha aperto gli occhi? Caro mio, qui i tempi stringono, cambino o non cambino i padroni, io stesso un giorno mi devrei costretto ad adottare dei provvedimenti eroici. E perché dovrebbe farne lei le spese?

Gustavo           - Ma io… bene, non capisco… lei allude all’aumento? Lei dice che è meglio aspettare?

Commendat.   - No, niente aspettare! Prevenire! Che fanno i soldati quando il nemico spara? Abbassano la testa, si accovacciano per non farsi accoppare. Si accovacci, si accovacci anche lei, Campanella.

Gustavo           - Accovacciarmi?

Commendat.   - In senso figurato, ben s’intende. Qui conviene una manovra, una dissimulazione, una finta strategia, qui conviene esagerare in zelo. Capito, Campanella?

Gustavo           - Veramente…..

Commendat.   - E che vuole che sia per lei, una lieve riduzione dello stipendio? Se, invece di novantasette, saranno appena ottanta, non sarà la morte di nessuno. Sono gli stipendi dai 90 in su a dare nell’occhio! Ma in compenso…. Consideri la sicurezza, la tranquillità, la certezza di non andare incontro a dispiaceri.

Gustavo           - Una riduzione di stipendio?

Commendat.   - Vede che non mi sbagliavo, che era meglio tacere? Che lei subito dà alle mie parole un’interpretazione negativa?

Gustavo           - Ottantamila, dice?

Commendat.   - Io studio il modo di evitarle serie grane, mi preoccupo, mi angustio, mi scervello, mi spremo le meningi in suo favore, e lei… lei ora mi considera un nemico….

Gustavo           - Ottantamila?

Commendat.   - Settanta sarebbe meglio, forse, ma penso che ottanta basterà….

Gustavo           - Commendatore….

Commendat.   - Me l’aspettavo. Lei è un ragazzo in gamba, lei capisce al volo, lei subito fa mente locale…. Ora pensi, invece, se io tacevo…. Lei avrebbe avuto il suo aumento. Centocinquantamila al mese. E poi? Ah, l’avremmo fatta bella. Proprio lei sarebbe stato falciato via alla prima ondata. Meno male, meno male che c’è qualcuno che le vuol bene…..

Gustavo           - Lei pensa proprio che l’aumento…?

Commendat.   - Non sussiste ombra di dubbio, figlio mio: sarebbe stata per lei una corda al collo.

Gustavo           - Be’, commendatore, la ringrazio, lei mi ha cavato da un bel guaio.

Commendat.   - Bando ai ringraziamenti…. L’ho fatto col cuore. Ora vada, vada contento, torni tranquillo al suo lavoro. Eh, mio caro Campanella, il mio cruccio è uno soltanto: non poter fare di più per voi. Questo, le giuro, è il mio solo dispiacere.

FINE