Le avventure di 5 ragazzi e un cane

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le avventure di 5 ragazzi e un cane

LE AVVENTURE

DI 5 RAGAZZI E UN CANE

(Sceneggiatura televisiva tratta dal romanzo omonimo della stessa autrice)

di RENÉE REGGIANI

PERSONAGGI

MANTELLINA

GIANGI

IL CANE TOM

1a VOCE

2a VOCE

1° LADRO

2° LADRO

GUARDIANO

COMMISSARIO

APPUNTATO SCIMINNÀ

GUARDIA

TURI

PIERINA

CARCIOFO

ROSALIA

PADRINO

Presentazione:

"Cara Renée Reggiani, ho appena cominciato a leggere il libro 5 ragazzi e un cane. Mi sembra un libro vera­mente ottimo. Ci sono dei personaggi reali? Se fossero reali io vorrei che i cinque ragazzi vivessero vicino a me, cosi potrei raggiungere la loro banda, perché io suono il pianoforte. Farò una relazione su questo libro. Monterò anche uno spettacolo di burattini e userò alcuni capitoli del libro. Com'è il tuo nome in inglese? Mi piace molto il punto in cui Turi trova i bambini sul treno. Sinceramente tuo"

Robin Dealthe

Questa lettera mi è arrivata qualche anno fa dall'lllinois e poiché Dealthe avrebbe "montato" uno spettacolo con al­cuni capitoli del mio libro 5 ragazzi e un cane, tradotto in ventitre Paesi del mondo, perché non montare uno spetta­colo televisivo con lo stesso soggetto? E tanto più che il mio "secondo" mestiere è appunto quello di programmista della Televisione.

(Interno Grandi Magazzini, apertura "in fondu" sulla ten­da indiana chiusa. La macchina carrella indietro a scoprire la tenda esposta nel reparto giocattoli dei Grandi Magaz­zini. Musica. È notte. L'ambiente è illuminato, a tratti, dalle insegne al neon che, dall'esterno, si accendono e si spengono ad intervalli regolari. Qualche attimo di pausa. Poi, la tenda viene aperta cautamente da due mani di ra­gazzo. Dall'apertura appare il viso di Mantellina. Il ra­gazzo si guarda attorno, poi esce dalla tenda, che mantiene scostata, per lasciar passare Giangi ed il cane Tom. I due ragazzi hanno in testa l'acconciatura di penne dà indiani)

Mantellina                     - Puoi uscire, Giangi, non c'è nessuno,

Giangi                           - Se ne sono andati tutti?

Mantellina                     - Sì, non aver paura. Ma Tom bisogna legar­lo, se no combina guai.

(Mantellina prende Tom per il guinzaglio e lo lega ad un punto, ad libitum del regista)

Giangi                           - Ora possiamo giocare?

Mantellina                     - Sicuro. Tutti i giocattoli sono nostri. Che cosa vuoi?

(La camera fa una panoramica lentamente sui giocattoli disposti sul bancone, negli scaffali, sul pavimento: un mondo di delizie, come visto dagli occhi dei due bambini)

Giangi                           - (avidamente) Io voglio il treno, l'automobile, la palla, e il cane...

(I due bambini passano da un giocattolo all'altro quasi feb­brilmente, toccano tutto e non sanno che cosa scegliere)

Mantellina                     - Facciamo camminare il treno.

Giangi                           - Si, sì! Come si fa?

Mantellina                     - Io ho visto come faceva la signorina...: si muove qui...

(Mantellina tocca dei bottoni   - o qualcosa del genere sulla tastiera di comando del trenino elettrico)

Giangi                           - Che stai toccando? E se si rompe?

Mantellina                     - E mo' vediamo... aspetta... (Dopo qualche tentativo del ragazzo, il treno, improvvisa­mente, comincia a muoversi. Si accendano le piccole luci che costellano il grande giocattolo)

Mantellina                     - (trionfante) Lo vedi, lo vedi che si muove? (Stacco sul particolare del treno elettrico che, ora, corre ve­locemente sul percorso tracciato: entra ed esce da una gal­leria, passa dinnanzi alle casette sparse tra il verde, dinnanzi alle stazioncine illuminate; passa su di un ponte, ecc. ecc. Sul grande giocattolo si chinano, entrando in campo, i bam­bini. Seguono con occhi incantati la corsa del treno)

Giangi                           - Bello!... Dove corre? Arriva fino alla Sicilia?

Mantellina                     - No, e che c'entra la Sicilia!

Giangi                           - Ma ci stanno i viaggiatori dentro?

Mantellina                     - E chi lo sa?

(La camera carrella lentamente in avanti, fino ad inquadra­re un particolare del giocattolo, poi passaggio in dissol­venza incrociata su di un'automobile meccanica, cui Mantelli­na sta dando la carica. Carrello indietro ad inquadrare Gian­gi che ha in braccio un grosso cane di pezza, molto bello, con un collare lucente)

Giangi                           - Questo è più grosso di Tom! (Mantellina, tutto preso dalla sua bella automobile, gli dà appena un'occhiata e scuote la testa)

Mantellina                     - Macché più grosso!...

Giangi                           - Io dico di sì. Ora lo voglio misurare. (Giangi si avvicina a Tom e gli mette accanto il cane finto. Se è possibile, la camera dovrebbe inquadrare i due cani: quello vero e quello finto)

Giangi                           - Che belli sono! Ora ho due Tom. (Stacco su Mantellina che è chino sull'automobile. Improv­visamente alza il capo, resta in ascolto con gli occhi fissi fuori campo)

Giangi                           - (fuori campo) Mantellina, vieni a vedere i cani. (Stacco di Giangi presso i due cani. Entra in campo Man­tellina, il quale afferra Giangi per un braccio)

Mantellina                     - (a voce bassa) Statti zitto!

Giangi                           - Perché?

Mantellina                     - (c.s.) Ho sentito dei rumori.

Giangi                           - Che rumori?... Ho paura, scappiamo.

Mantellina                     - No, no! Vieni, vieni: nascondiamoci nella tenda.

(Giangi, smarrito e spaventato, afferra il cane di pezza e lo stringe fra le braccia. Mantellina si accorge del gesto e sle­ga il cane Tom)

Mantellina                     - Che te ne fai di quello? Dobbiamo prendere Tom.

(Giangi lascia cadere il cane finto e, con Mantellina e Tom, si rifugia nella tenda. Pausa. Fuori campo: scricchiolii di passi. Sulla tenda chiusa... scricchiolio di passi. Entra in campo la luce di una lampada portatile, guidata da una mano invisibile. La luce passa lentamente sulla tenda, poi, seguita in panoramica dalla camera, passa sui giocattoli, sugli scaffali, sul bancone di vendita. Si spegne)

la voce                           - (f.c. soffocata) Qui ci sono solo giocattoli!

2" voce                          - (f.c.) Accidenti! Allora, abbiamo sbagliato. E perdiamo dell'altro tempo!

(Stacco su due figure scure: sono due ladri. Indossano giac­ca e pantaloni indefinibili, hanno il berretto a visiera e una sciarpa scura intorno al collo tirata su a coprire quasi me­tà del viso. Uno dei due ha in mano la lampada cieca)

1° ladro                         - Avevi fatto un piano così' preciso, secondo te, e adesso hai già perso la testa.

2° ladro                         - (nervosamente) Ci vuole altro per far perdere la testa a me! Vieni da questa parte.

1° ladro                         - Ma dove andiamo adesso? Sei sicuro che la di­rezione è da quella parte?

2° ladro                         - T'ho detto di seguirmi.

1° ladro                         - Seguirti, seguirti, non faccio che seguirti. E se troviamo i guardiani e ci beccano?

2° ladro                         - (con voce soffocata dalla rabbia) Sei tu che hai perso la testa; hai una fifa che non stai in piedi. Questa è l'ultima volta che lavori con me. Vuoi seguirmi, si o no?

1° ladro                         - (a denti stretti) E che altro posso fare, ormai... (/ due ladri escono di campo. Stacco sulla tenda indiana, dal­la quale si affacciano cautamente i visi dei due bambini)

Mantellina                     - Ma quelli sono ladri!...

Giangi             - (spaventato) I ladri? Io ho paura.

Mantellina                     - Anch'io ho paura.

Giangi                           - E che facciamo?

Mantellina                     - Non ci dobbiamo far sentire, se no ci sco­prono.

Giangi                           - E se ci scoprono?...

Mantellina                     - (smarrito) Non lo so...

(I due bambini restano silenziosi, stretti l'uno all'altro. Le loro figure sono illuminate, a tratti, dalle luci al neon che si accendono all'esterno. Dopo una pausa Mantellina sus­surra)

Mantellina                     - Sai che cosa bisogna fare? Chiamare il guar­diano.

Giangi                           - Come facciamo?

Mantellina                     - Ci mettiamo a gridare.

Giangi                           - Quelli ci ammazzano.

Mantellina                     - (colpito) Hai ragione. (Pausa) Ma, se ar­rivano prima le guardie e li arrestano, noi siamo salvi.

Giangi                           - (sempre più spaventato) Io ho paura. Vado a nascondermi nella tenda.

(Giangi apre di colpo la tenda. Balza fuori il cane Tom, che comincia ad abbaiare. Giangi perde la testa e grida)

Giangi                           - Zitto, Tom! Zitto, Tom!

(Il cane continua ad abbaiare. Stacco musicale drammatico. Stacco su un altro angolo dei grandi magazzini. Abbaiare del cane fuori campo. L'ambiente potrebbe essere il seguen­te: la porta dell'ufficio della direzione, già aperta; uno scor­cio di scala che si immagina salga ai piani superiori delnegozio; uno scorcio di bancone di vendita, con degli scaf­fali e della merce varia: camicie, calze, maglie, sciarpe, ecc. ecc. L'abbaiare del cane cessa. Dalla porta della direzione escono fuori, allarmati, i due ladri)

1° ladro                         - Cosa succede? C'è un cane!

2° ladro                         - Dov'è?

1° ladro                         - Sopra.

2° ladro                         - Maledizione! Credi che sia il guardiano?

1° ladro                         - Filiamocela, non c'è da perdere tempo (Improvvisamente l'ambiente si illumina completamente. Ri­suona una voce fuori campo)

Guardiano                     - (fuori campo) Chi va là?... Chi va là? (I due ladri, velocemente si nascondono dietro uno scaffale ad angolo. Stacco sui due bambini che ascoltano atterriti i rumori fuori campo. Stacco sull'ambiente dei ladri. Entra in campo, scendendo cautamente la scala, un uomo di mezza età, vestito di una tuta scura: è il guardiano dei Grandi Magazzini. Ha in mano un grosso mazzo di chiavi ed una rivoltella. Vede aperta la porta della direzione e vi si avvi­cina con molta precauzione, la rivoltella puntata. Sta per entrare, quando, all'improvviso, i due ladri gli balzano alle spalle, lo afferrano per le braccia, tentando di togliergli là rivoltella. Il guardiano si divincola e cerca di reagire. Ru­mori ed effetti della lotta)

Guardiano                     - Mascalzoni!... Delinquenti! Lasciatemi... (Stacco sui due bambini nel reparto giocattoli, ormai illu­minato. Mantellina, che è più interessato di Giangi alla lotta del guardiano con i ladri, grida)

Mantellina                     - (eccitato) Ora lo ammazzano! Corriamo in aiuto.

(Mantellina incita il cane Tom)

Mantellina       - Tom, prendili! Corri, Tom: prendili!

(Stacco sui ladri ed il guardiano che continuano a lottare. Entra in campo il cane Tom che si avventa alle gambe di uno dei ladri. Piano americano del ladro che dà in una esclamazione di dolore e di rabbia)

Ladro                            - Ahi! Maledetta bestiaccia!

(Stacco sui tre uomini. Entrano in campo Mantellina e Giangi. Mantellina, coraggiosamente, si lancia ad afferrare una gamba dell'altro ladro, mentre grida a Giangi)

Mantellina                     - Dai, Giangi, afferra l'altra gamba! Tienlo fermo!

 (Giangi si aggrappa all'altra gamba del ladro che impreca)

Ladro                            - Ci mancavano anche i ragazzini! Da dove salta­no fuori?

(Violenta sorpresa dei tre uomini, per l'inaspettato e impre­vedibile intervento dei bambini. Il guardiano approfitta della nuova situazione e con uno strattone si libera dai due ladri e, arretrando, li minaccia con la rivoltella)

Guardiano                     - Fermi! Mani in alto o sparo! (/ due ladri, spaventati, alzano le mani) Guardiano   - (ai bambini) E voi, bambini, mettetevi in disparte; dopo mi occuperò anche di voi. Chiamate il cane.

Mantellina                     - Tom, Tom, vieni qua. (Stacco sui due bambini e il cane. Giangi si prende in braccio Tom e si stringe a Mantellina. Stacco sulle figure dei due ladri, in piano americano, viste dalle spalle del guardiano che ha la rivoltella puntata contro di loro. Sulle due figure immobili, con le mani in alto e l'espressione atterrita, chiusura "in fondu". Stacco musicale. Interno uffi­cio del commissario di polizia. Apertura "in fondu" sul par­ticolare di due mani di uomo che giocherellano con un tagliacarte. La camera carrella indietro, a scoprire un uomo di mezza età, vestito sobriamente di scuro, seduto dietro una grande scrivania. È il commissario di polizia. La stanza avrà il tipico aspetto di un ufficio di commissariato. La ca­mera continua ad indietreggiare e scopre il piccolo Giangi e Mantellina in piedi, di fronte al commissario. Poco lon­tano, accanto alla scrivania, è ritto l'appuntato Sciminnà, un uomo dall'aspetto simpatico e bonario: è anche lui sici­liano. Il commissario sta interrogando il piccolo Giangi)

 

Commissario                 - Ti ho domandato come ti chiami.

 

Giangi                           - (ha l'aria un po' smarrita e spaventata) Giangi.

Commissario                 - Va bene, e poi? Insomma, di chi sei figlio?

Giangi                           - Di Turi.

Commissario                 - Turi. E chi è?

Giangi                           - Turi è Turi.

(Il commissario ha un gesto d'impazienza. Guarda l'appun­tato Sciminnà, il quale ha un'espressione curiosa e si stringe nelle spalle)

Commissario                 - Va bene, lasciamo andare. (Si rivolge a Mantellina)

Commissario                 - E tu, come ti chiami?

Mantellina                     - Mantellina.

Commissario                 - Mantellina? Che razza di nome!

Giangi                           - (pronto) Si, lui è il Mantellina, anche se il man­tello, adesso, non ce l'ha più.

Mantellina                     - Turi mi ha dato la maglietta e i calzoni con le tasche.

Commissario                 - (sbuffando) E dàgliela con questo Turi! Sei figlio anche tu di Turi?

(Mantellina fa cenno di no. Il commissario lascia cadere il tagliacarte sul tavolo, si rivolge all'appuntato, allargando le braccia)

Commissario                 - Insomma, io non capisco niente.

Appuntato                     - Scusi, signor commissario, ma iddi due al­lupati sono. (// commissario fissa l'appuntato con espressione sbalordita)

Commissario                 - Come? come? Adesso mettetevi anche voi, appuntato Sciminnà, e stiamo freschi.

Appuntato                     - (compunto) No, scusi, signor commissario, se mi permetto, ma questi, siciliani sono.

Commissario                 - Ah, va bene, forse potete aiutarmi, allora. (Giangi si volta risentito verso l'appuntato)

Giangi                           - Allupato sei tu!

Commissario                 - Si può sapere che cosa vuol dire? (L'appuntato sorride e fa segno col dito alla fronte)

Appuntato                     - (sorridendo) Vuol dire ''picchiatello", si­gnor commissario.

Commissario                 - (guarda fisso i due bambini, poi chiede) Che cosa facevate nei Grandi Magazzini, di notte?

(i due bambini guardano spaventati il commissario, poi guardano l'appuntato Sciminnà, e non rispondono. Si apre la porta d'ingresso dell'ufficio e appare una guardia che, rispettosamente, si rivolge al commissario)

Guardia                         - Permesso. Scusi, signor commissario, ci sono i fotografi e i cronisti.

Commissario                 - (nervosamente) Lasciate stare che questi due mi fanno rincretinire. Non mi disturbate durante gli in­terrogatori.

Guardia                         - Si, ma è un po' difficile persuaderli. Il fatto è grosso. I bambini, il cane.

Commissario                 - Che aspettino, allora, e mi lascino in pace.

Guardia                         - Agli ordini, commissario.

(La guardia esce dai campo, il commissario si rivolge ai bambini)

Commissario                 - Dunque: come siete entrati nei Grandi Magazzini?

Mantellina                     - (alzando le spalle) Entrati siamo.

Commissario                 - (col tono di chi sta per perdere la pazienza) - Sì, ma chi vi ha fatto entrare?

(Giangi ha uno scatto di ribellione)

Giangi                           - (al commissario) Sei "allupatu" pure tu!

Commissario                 - (severamente) Ehi, rispetto, ragazzino!

Appuntato                     - (con tono paterno)   - Piano, piano, "picciriddi", questo è il signor commissario.

Commissario                 - Su, confessate, sono stati i ladri che vi hanno fatto entrare nei Grandi Magazzini perché poi apri­ste le porte?

 Giangi                          - (piagnucolando) Io sono stanco.

Commissario                 - Sentite un po', bambini, io voglio sapere come mai vi trovavate nei Grandi Magazzini, di notte.

Giangi                           - (quasi piangendo) Turi!

Mantellina                     - (preoccupato) E mo', chi lo sente Turi?

Commissario                 - (rivolto all'appuntato) Che cosa dice?

Appuntato                     - Credo che vogliano dire che Turi è arrab­biato con loro perché sono usciti di notte. (/ due bambini annuiscono)

Commissario                 - Allora perché l'avete fatto?

Giangi                           - È stato l'albero grande con le luci.

Mantellina                     - Bello, era!

Commissario                 - Cos'è, una parola d'ordine? (L'appuntato interviene bonariamente)

Appuntato                     - Io credo, signor commissario, che si tratti di quel grande albero di Natale che hanno preparato nel re­parto giocattoli.

Giangi                           - Bello!...

Appuntato                     - Sa, signor commissario, quell'albero deve averli molto impressionati, perché da noi non usa tanto. (Si apre la porta. Entra di nuovo la guardia)

Guardia                         - Scusi, signor commissario, i giornalisti insi­stono per vedere i ragazzini e per fotografarli. Altrimenti non fanno in tempo per le edizioni di domani mattina.

Commissario                 - Ho detto di lasciarmi in pace! Fate en-tare, piuttosto, il guardiano dei Grandi Magazzini.

Guardia                         - Signorsì.

(La guardia esce di campo, rientra subito con il guardiano dei Grandi Magazzini. Quest'ultimo indossa sulla tuta un giaccone di fustagno. Il commissario consulta dei fogli che ha dinnanzi, poi si rivolge al guardiano)

Commissario                 - Andrea Brambilla, nella sua deposizione ha detto che durante il giro d'ispezione non si era accorto della presenza dei bambini nei Grandi Magazzini.

Guardiano                     - Per fortuna che c'erano: mi han salvato la pelle!

Commissario                 - Insomma, bambini, dove si eravate na­scosti?

Mantellina                     - Nella tenda.

Commissario                 - Quale tenda?

Giangi                           - La tenda con le penne.

Commissario                 - Come?

Guardiano                     - Ah, adesso capisco! Si erano nascosti nella tenda degli indiani che hanno montato nel reparto giocat­toli. È una tenda bella, grande, sa, sfido che non li ho visti.

Commissario                 - E perché vi eravate nascosti li dentro?

Giangi                           - Per giocare. C'era anche Tom. (// guardiano ve­de il cane, lo accarezza)

Guardiano                     - Che brava bestia! Avesse visto, signor com­missario, si è buttato addosso a quei lazzaroni e non li mollava più.

(Entra dalla porta, ancora una volta, la guardia)

Guardia                         - Scusi, signor commissario...

Commissario                 - (lo interrompe) I giornalisti, ancora? Che aspettino, ho detto!

Guardia                         - Signorsì... Ma questa volta c'è un tale con una signora. Dice che stanno girando tutti i commissariati per trovare due bambini e un cane, e allora...

Commissario                 - (deciso) Va bene, ho capito: fate passare. (La guardia introduce Turi e la signora Pierina, che hanno un'aria ansiosa e preoccupata)

Giangi e

Mantellina                     - Turi! Turi!

(Giangi salta al collo di Turi, che lo stringe fra le braccia. Mantellina gli è vicino. La signora Pierina accarezza un po' l'uno, un po' l'altro, esaltata e commossa)

 Pierina                          - Che spavento, benedetti!

Commissario                 - (a Turi, e a Pierina) Capisco lo spavento; ma lo sapete che non si mandano in giro due bambini da soli, di notte?

Turi                               - Io non sapevo nulla, ero fuori.

Pierina                           - Erano con me benedetti, in portineria: il tempo di voltar gli occhi, e non c'erano più!

Commissario                 - Con un cane senza museruola.

Appuntato                     - Se morde qualcuno, come si fa?

Giangi                           - (offeso) Tom non morde.

Mantellina                     - Morde solo i ladri.

Guardiano                     - Sicuro. Ha ragione. (Tutti ridono, meno il commissario, il quale dice freddamente)

Commissario                 - Va bene, basta cosi, per ora. Però ci sono cinquemila lire di multa da pagare, per aver introdotto un cane senza museruola nei Grandi Magazzini. (Turi si guarda attorno, smarrito)

Turi                               - Cinquemila lire? E dove le trovo? Vede, la muse­ruola ce l'ha, il cane, signor commissario, è regolarmente iscritto. Io non capisco dove sia finita la museruola, eh, Mantellina?

(Mantellina si stringe nelle spalle)

Mantellina                     - Non lo so.

Commissario                 - Mi dispiace, ma la multa è di cinquemila lire.

(Turi resta in silenzio, sconfortato. Pierina, lentamente, apre la sua vecchia borsa e ne tira fuori un biglietto da cin­quemila lire, accuratamente piegato. Lo mette sul tavolo del commissario, dicendo)

Pierina                           - Li aveva presi perché non si sa mai... (La camera carrella in avanti fino ad inquadrare il bigliet­to da cinquemila sul tavolo del commissario. Chiusura "in fondu". Stacco musicale. Interno portineria della signora Pierina. Apertura "in fondu" su Carciofo, seduto al tavolo nella cucina di Pierina. Il ragazzo sta scrivendo una lettera. Scrive con molta cura e attenzione, ripetendo ad alta voce la parole che scrive)

Carciofo                        - "Padrino onoratissimo, vengo con questa mia a salutarla rispettosamente e a dirle che pure la mia salute è buona e cosi spero della sua..."

(Rosalia, seduta all'altro capo del tavolo. La fanciulla cuce: sta cambiando il colletto ad una camicetta. Guarda ogni tanto il ragazzo che scrive, poi china gli occhi sul lavoro. Dopo una pausa, entra in campo, dalla porta che dà nel portone, la signora Pierina: ha un largo grembiule e sulle spalle uno scialletto di lana a maglia. Rosalia le chiede subito)

Rosalia                          - Come sta la signora Keller? Sta meglio, oggi?

(Pierina sorride, risponde con un certo orgoglio)

Pierina                           - Sì, sì, sta molto meglio.

Rosalia                          - Le ha fatto anche l'iniezione?

Pierina                           - Sicuro. Abbiamo finito la prima scatola. Si sta riprendendo proprio bene. E vedessi che appetito! Ha preso la sua bella tazza di brodo, il suo bel pezzettino di pollo - pochino, neh, per cominciare           - ; ma l'ha mangiato così di gusto che faceva proprio piacere a guardarla. Mi ha ringra­ziato tanto. "Pierina - mi ha detto - come fa il brodo lei non lo fanno nemmeno nei grandi ristoranti in Galle­ria!"

Rosalia                          - (sorridendo) è vero, è vero. Lei fa mangiare bene tutti. Ho imparato anch'io tante cose da lei.

Pierina                           - I piatti veneti, eh, ti piacciono?... Però, anche tu sei stata brava; mi hai insegnato delle cose siciliane che non pensavo fossero cosi buone.

Rosalia                          - Ognuno mangia le cose del proprio paese, ma è bello, ogni tanto, cambiare.

Pierina                           - Sicuro, ed io penso che ogni regione dovrebbe imparare i piatti delle altre; cosi ci si conoscerebbe meglio e ci si vorrebbe tutti più bene. (Rivolgendosi a Carciofo)

                                      Non è vero, professore?... Ma che bravo, lui, che scrive sempre! Cosa stai scrivendo?

(Stacco su Carciofo che alza il capo dal foglio e guarda fuori campo verso Pierina)

Carciofo                        - Sto scrivendo una lettera al mio padrino. (Stacco su Pierina)

Pierina                           - Il tuo padrino? Benedetto! E dove sta?

(Stacco su Carciofo)

Carciofo                        - Abita a Palermo.

(Stacco su Pierina e Rosalia)

Rosalia                          - È tanto buono e gli vuole molto bene. Quando Carciofo ha bisogno di qualche cosa, gli scrive, e lui aggiu­sta sempre tutto.

Pierina                           - Meno male. Speriamo che aggiusti le cose an­che questa volta. Tuo padre ha scritto che è molto arrabbia­to perché sei partito dal paese e non vuoi più tornare. (Stacco su mezzo primo piano di Carciofo seduto al tavolo)

Carciofo                        - Ha detto che mi manda a prendere dai cara­binieri. Perciò scrivo al padrino...

(A questo punto entra in campo una mano di uomo che si posa sulla spalla di Carciofo)

Padrino                         - (fuori campo) Giuseppangelo Baroni, detto Car­ciofo, sono venuto a prenderti per riportarti a casa! (Espressione atterrita di Carciofo, che non osa alzare gli occhi)

Carciofo                        - I carabinieri!...

(La camera carrella indietro a scoprire il padrino di Car­ciofo, che tiene ancora la mano sulla spalla del ragazzo. È un signore dall'aria simpatica ed energica, ben vestito, ma senza eccessiva eleganza, poiché svolge la professione di agrimensore)

Padrino                         - Li aspettavi i carabinieri, eh!

(Carciofo a queste parole alza gli occhi, riconosce il pa­drino, ha un'espressione di gioia e balza in piedi)

Carciofo                        - Oh, padrino mio!

(Entra in campo la signora Pierina, affiancata da Rosalia)

Pierina                           - Ah, è il signor padrino! Benedetto, l'ho visto entrare cosi all'improvviso che son rimasta senza fiato. Pen­si che il ragazzo stava scrivendo proprio a lei.

Padrino                         - Ah, si? E che cosa scrivevi? Fammi vedere...

Carciofo                        - Ora che lei è qua, glielo posso dire a voce.

Padrino                         - No, no, voglio leggere la lettera: vediamo... (// padrino prende il foglio dal tavolo e si mette a leggere ad alta voce)

Padrino                         - "Padrino onoratissimo... (// padrino fa un in­chino a se stesso) ...vengo con questa mia a salutarla e a dirle che la mia salute è buona, cosi spero della sua..." (Altro comico inchino) Grazie, non c'è male. (Riprende la lettura) "Trovandomi a Milano per affari..." (// padrino ha un'espressione divertita) Ah, sei a Milano per affari? Benis­simo. Anch'io sono qui per affari. Potremmo concluderne qualcuno insieme, no?

(Carciofo resta con il fiato sospeso: ha il timore che il pa­drino non parli sul serio e lo prenda in giro. Dice titubante)

Carciofo                        - Beh, non credo che si tratti della stessa merce.

Padrino                         - Partite di arance.

Carciofo                        - Compiti di scuola.

Padrino                         - (comicamente stupito) Come? Cosa fai, li com­peri o li vendi?

Carciofo                        - (serio) Li vendo, naturalmente.

Padrino                         - Ah, si? Sei cosi bravo da fare i compiti anche per gli altri? E sentiamo un po', quali sarebbero le tue ra­gioni per non tornare a casa? Perché, da quanto mi ha 104 scritto tuo padre, non ne hai nessuna voglia. (Carciofo abbassa la testa e non risponde) Insomma, non vuoi più tor­nare al paese?

Carciofo                        - (facendosi coraggio) Mi piacerebbe tanto an­dare a scuola qui a Milano. (Pierina, che ha seguito discre­tamente il dialogo, sente il bisogno d'intervenire)

Pierina                           - Guardi un po', sior, se può contentarlo e met­tere una buona parola. Il putelo è tanto bravo e qui a Mi­lano farebbe molto bene.

(// padrino resta un po' perplesso: guarda un po', Pierina, poi guarda Carciofo che ha un'espressione ansiosa. Il pa­drino finalmente sorride e scuote il capo)

Padrino                         - Del resto, perché no? È col coraggio che s'im­para a vivere. A dodici anni, io, solo sono rimasto e da solo me la sono cavata. L'unica cosa è il lavoro e lottare per il proprio lavoro e per la nostra libertà d'individui. Giusep­pangelo è bravo, ha molta attitudine allo studio, perché non aiutarlo?

Pierina                           - (con entusiasmo) Ha ragione, sior, è proprio cosi! Sono davvero contenta di averla conosciuta.

Padrino                         - Anch'io sono contento. So molte cose belle sul suo conto.

Pierina                           - (sorride confusa) Eh, che cosa sa?

Padrino                         - Tutto. Turi mi ha raccontato tutto quello che lei ha fatto per lui e per i ragazzi.

Pierina                           - Ah, Turi...

Padrino                         - Certo. Per ritrovare il mio figlioccio, ho do­vuto prima cercare Turi, e lui mi ha detto di venire subito qua.

Pierina                           - È proprio siciliano anche lei, signore?

Padrino                         - Autentico.

Pierina                           - Io non ho mai potuto andare in Sicilia. E pen­sare che là è morto mio figlio; sono tanti anni, ormai... durante la guerra.

Carciofo                        - (con tono serio e sentenzioso) Le guerre non si devono fare!

(Il  padrino, colpito, guarda il figlioccio con stupore)

Padrino                         - È vero. Come lo sai?

Carciofo                        - Me lo ha detto Antonio. A lui lo diceva sem­pre Oreste, il gobbo; diceva che è una cosa da ricordare.

Pierina                           - (commossa) Parole sante, putelo! (al padrino) è giusto?

Padrino                         - Giustissimo.

(A questo punto, Rosalia si rivolge al padrino, con una certa ansia)

Rosalia                          - Signor Castronuovo, allora Carciofo resta a Milano?

Padrino                         - Tutto sommato, mi pare che non ci sia niente di male a lasciarlo a Milano per qualche mese. (Si rivolge a Carciofo, sorridendo con affettuosa ironia) Visto che con gli affari te la cavi abbastanza bene!...

Carciofo                        - (preoccupato) E mio padre?

Padrino                         - A calmare tuo padre ci penso io. Poi tornerò spesso qui per i miei affari, e ti terrò d'occhio.

Pierina                           - Oh, bene, sono proprio contenta! Hai visto che il padrino ha aggiustato tutto?

Rosalia                          - (a Carciofo) A che scuola vuoi andare?

Carciofo                        - A quella che sta sul viale, qui vicino.

Padrino                         - Va bene, mi ci condurrai domattina; parlerò col preside per il trapasso della tua iscrizione da Siracusa a Milano. E mi raccomando, Giuseppangelo Baroni, fatti onore!

(Chiusura "in fondu". Musica)

FINE