Le cervellone

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GIORGIO CASINI

GIORGIO CASINI

LE CERVELLONE

Commedia Brillante in due atti

Personaggi

(in ordine di entrata)

FILOMENA donna di casa, alletterata

ISABELLA detta Bella, alletterata

MARTINA ragazza innamorata

ELEONORA detta Nora, innamorata

CATALDO capo di casa nei pensieri

ARISTIDE meccanico

LEONARDO fornaio

TRISTANO poeta di chiara fame

(volevo dire fama ma ormai l'ho scritto)

Ai tempi nostri

PRIMO ATTO

Salotto in casa di Cataldo: uscita a destra verso l'interno, a sinistra verso l'esterno.

Un tavolinetto basso con poltroncine, un mobile bar. Arredamento pacchiano.

Bella, seduta al tavolo, fa un solitario con le carte.

SCENA PRIMA

FILOMENA - BELLA

FILOMENA- (Entra leggendo un foglio. Declama) Buonasera!

BELLA- (A mo' di saluto) Buonasera.

FILOMENA- (La guarda male). Buonasera: è il titolo. (Declama)

I raggi del, sole si calavano

nel mare al largo di Marina

e i gabbiani nel cielo volteggiavano

per agguantare una sardina piccina.

BELLA- Bello!... Il mare, i gabbiani! Che poesia... salsedinosa!

FILOMENA- Grazie Bella, ma se mi fermi ogni tre righe...

BELLA- Hai ragione, scusa... Cosa vuoi: è il trasporto.

FILOMENA- Di chi? Chi è morto?

BELLA- È morto qualcuno? Chi? Mica un parente?

FILOMENA- So assai. L'hai detto te che c'era il trasporto.

BELLA- Oimmei...M'hai fatto prendere un mezzo infarto alle vene coronariche. Dicevo il trasporto per dire che non reggo: quando sento le poesie mi sento trasportare... vai, finisci.

FILOMENA- Eravamo rimasti alla sardina piccina... (Declama).

...una sardina piccina.

La porterà ai suoi bimbi a casa sua,

per cena, se non gli farà la bùa...

BELLA- Si, la metrica c'è. Ma in cotesta buca mi pare ci si inciampa un po'.

FILOMENA- La bùa: il male allo stomachino. Mi ci voleva per la rima, la bùa. (Continua a declamare).

La cena piccinina

con la sardina piccinina

di Marina...

la sardina...

BELLA- Bellina! Mi s'è accapponata la pelle! Ma come fai a trovare certe rime, certi concetti... ma poi la musicalità: sardina, piccina, Marina...

FILOMENA- Vedi Bella, è tutta una questione d'ispirazione: la materia grigia (si tocca la fronte) e la materia rossa (si tocca il cuore). Il gelo del pensiero e il fòco della passione!

BELLA- Bello! Come quella telenovela al canale trentacinque: "Amore Selvatico". Che lui e lei si volevano ma i suoi di lui non volevano sicché lei la fecero sposare con quell'omaccio che le faceva tutte le peggiori angherie e alla trecentocinquantasettesima puntata lui fu capace di ritrovarla e la portò in quel posto dove c'erano tutti gli elefanti, mi pare in Alaska, dove le donne stanno tutte mezze nude con le gonnelline di canne di bambù e gli uomini hanno certe motociclette che invvestono sempre qualcuno che non è pronto a scansarsi e poi trovarono quel suo amico di Bagni di Lucca che vendeva le statuine di gesso ai cannibali del Polo Nord...Quanto ci ho pianto!

FILOMENA- (Con disprezzo) La televisione. Quello scatolone con la gente dentro, che chiacchierano, chiacchierano e ti rincoglioniscono il cervello... Roba da casalinghe, da donnicciole... piccolo borghesi.

BELLA- Certo che la poesia...

FILOMENA- Non tutta! Non tutta... Soltanto quella che viene macerata nei meandri del sub... conoscente.

BELLA- O chi è? Poi lo fai conoscere anche a me.

FILOMENA- Il sub... cono... cosciente. Insomma l'anima! Viene macerata.

BELLA- Viene da lontano, eh?

FILOMENA- Cosa?

BELLA- Il sub... quello che conosci te. Per arrivare da Macerata a qui, è capace ci mette tutt'una giornata.

FILOMENA- Isabella: mi fai cascare le braccia.

BELLA- Caso mai te le raccatto.

FILOMENA- Volevo dire che la poesia nasce dal di dentro: la materia grigia si mescola col rosso...

BELLA- Diventa tutta a pallini...

FILOMENA- ... E sorte fuori incoronata di alloro!

BELLA- Pronta per essere messa in forno!

FILOMENA- L'arte, la musica, la pittura... L'altro giorno ho comprato un quadro da Michelangelo.

BELLA- Bonarroti?

FILOMENA- No, ha una bicicletta sgangherata se arròta qualcuno si spacca tutto... Michelangiolo: quel ragazzo che fa la stesina dei quadri al principio di Borgo. Ho preso un bel quadro, me l'ha fatto pagare poco: trecentomila lire.

BELLA- O dove l'hai messo? L'hai rimpiattato? Scommetto hai timore a farlo vedere a Cataldo, mio fratello.

FILOMENA- Tuo fratello ma anche mio marito. Lui non ce l'ha l'anima sensibile. Guarda. (Estrae da un mobile un quadro: parte superiore rossa, inferiore nera). Pensa la visione surrealistica dell'opera. L'ha chiamato: tramonto sul Mar Nero.

BELLA- Ma è quello che voleva vendere a me; però l'aveva girato 'osì (gira il quadro con il nero sopra e il rosso sotto). Lo chiamava: notte sul Mar Rosso. Pensa che acume!

FILOMENA- Davvero, che cacume! Che arte!

BELLA- Che nobiltà di sentimenti!

FILOMENA- Tutt'un universo ancestrale di menti eccelse...

SCENA SECONDA

MARTINA - FILOMENA - BELLA

MARTINA- (Entra durante l'ultima battuta). Il cavolo come devo farlo: stracotto o strascicato? (Filomena e Bella allibiscono) Devo cominciare a preparare il desinare; se non mi dite cosa volete...

FILOMENA- (Disgustata) Il cibo...

BELLA- Il cavolo!

FILOMENA- Così maleodorante!

BELLA- Strascicato poi...

MARTINA- Se volete qualche altra cosa... Ma si era detto di fare il cavolo. C'è quella bella palla che portò suo marito l'altra sera.

BELLA- Ah sì, gliela regalò quel suo cliente

FILOMENA- Con che razza di gente si confonde! Uno che mette su un negozio dovrebbe scegliere articoli di un certo tono; che so: una galleria d'arte, una libreria, magari antiquaria; potrebbe battere le aste...

BELLA- Per piantarle in terra?

FILOMENA- Il banditore nelle vendite all'asta!

BELLA- Ah... E invece si è rintanato in quella specie di ferramenta.

FILOMENA- Fosse, un negozio di ferramenta! E' un'agraria! Vende concimi, al massimo qualche attrezzo per l'agricoltura.

BELLA- Ha sempre a che fare con tutta quella gente ignorante...

FILOMENA- Che non hanno una briciola di istruzione.

MARTINA- Anche loro però, ci vogliono a questo mondo. Senza i contadini, me lo dite un po' cosa mangereste?

FILOMENA- Ah, quand'è nutrito lo spirito...

BELLA- Parole sante! Come quel gabbiano della poesia: una sardina così (la mima piuttosto grande) e sono a posto.

MARTINA- Sardine in casa non ce ne sono. Posso fare un salto alla bottega.

FILOMENA- (Ironica). Già! Per incontrare Leonardo.

BELLA- Quello della Gioconda?

FILOMENA- (C.S.). Se la fa col garzone del panaio!

MARTINA- Prima di tutto, è figliolo del padrone. E poi cosa c'è di male? E' un ragazzo tanto al posto.

FILOMENA- Vedi, Martina: ormai sei della famiglia, ti si prese che eri piccolina, appena nata.

BELLA- Eri rimasta orfana: tuo padre lo ammazzarono con l'automobile prima che tu nascessi, tua madre morì dandoti alla luce...

FILOMENA- E siccome tuo padre era biscugino di mio marito... una parentela parecchio annacquata, vero... ma siccome il mio Cataldo è tanto buono, ti volle raccogliere.

BELLA- E pensare che ce l'avevano già una bambina, più o meno della tua età, ma Cataldo al brefa... ar berfa... all'ospizio dei bimbetti, non ti ci volle mettere. Insomma t'hanno allevata, praticamente assieme alla loro bimba: Eleonora, Dio la salvi.

MARTINA- E difatti con Nora, Eleonora come la chiamate voi, siamo più che sorelle e ci si vuole un gran bene. In quanto poi a avermi tirata su, vi ringrazio tutti: Cataldo che è come un babbo, te Filomena che mi hai fatto da mamma e anche te, zia Isabella.

BELLA- Quante cerimonie: Isabella... chiamami Bella; è più di confidenza e poi mi dona, non è vero?

FILOMENA- Certo; ti sta a pennello. Anche a me però, il mio nome: Filomena, non mi garba punto.

BELLA- Ti dovreste trovare un nome d'arte... Màrilin...

FILOMENA- Non faccio mica il cinematografo!... Magari un diminutivo Filo... o Fila...

BELLA- Ména!

FILOMENA- Seh... picchia! No... Fina... Sì, sì, mi garba.

BELLA- Bello. O come fai a inventare certe cose... lì per lì.

MARTINA- Va bene, zia "bella" e mamma "fina". Mi avete tirata su e vi ringrazio; avete fatto dei sacrifici però mi sembra che vi ho ripagato: in casa le faccende le faccio tutte io. Non mi lamento perché, in qualche maniera, anch'io il pane me lo devo guadagnare... Insomma, tutto sommato, saremo pari: faccio la serva per essere mantenuta.

FILOMENA- Che parole crude: la serva! In casa di Fina ci sono soltanto ospiti e familiari.

BELLA- Serva! Certe parole è meglio non pronunciarle nemmeno. Dio ne guardi va all'orecchio dei sindacati!

MARTINA- Non vi preoccupate, sono una di famiglia, nòo?!

FILOMENA- Vedi, Martina: te lo sai che ho sempre cercato di darti un'istruzione superiore. Ti mandai al corso di danza classica, alla scuola di recitazione...

BELLA- Ti abbiamo mandato a imparare la musica, la pittura, al corso di taglio e cucito...

FILOMENA- Ti ho sempre letto tutte le mie poesie per farti sentire il calore, l'afflato dell'esperienza artistica... Ma è stato tutto inutile.

BELLA- Eh, povera Martina... non ce l'ha, l'afflato.

MARTINA- Io vi capisco e vi sono riconoscente. Si, l'arte è importante nella vita ma ci sono anche tante altre cose. La musica e la poesia fanno piacere... ma prima c'è da mandare avanti la famiglia, la casa.

FILOMENA- La casa dell'artista galleggia nell'aria... sopra la nuvola dorata della fantasia.

BELLA- Bello! Una casa col paracadute!

MARTINA- Comincia la mattina col rifare i letti...

FILOMENA- Dormire, sognare...

MARTINA- Pulire le stanze, spolverare, lavare i pavimenti...

FILOMENA- Lavarsi in un bagno di musica classica... Debussì, Mozzàrte...

BELLA- Volfango Amedeo.

MARTINA- Andare al mercato, caricarsi di borse e pacchi, preparare il desinare, accendere il fuoco.

FILOMENA- Il fuoco della passione.

BELLA- Quello bello rosso.

MARTINA- E poi servire a tavola, rigovernare, e poi fare il bucato, rammendare, ricucire...

FILOMENA- Qualche verso, bisogna sempre aggiustarlo. Si sa: la rima.

MARTINA- Pulire il bagno, rifornire la carta igienica disinfettare i sanitari.

FILOMENA- Eh no! Come ti permetti! Vuoi fammi svenire!

BELLA- Cosa c'entrano gli infermieri... i dottori, gli inservienti...

FILOMENA- Dove sono?

BELLA- So assai. L'ha detto lei: i sanitari.

FILOMENA- I sanitari; voleva dire quegli apparecchi che sono nella stanza da bagno... che servono per quelle cose... immonde! Soltanto a pensarci mi ci sento male!

BELLA- (A Martina) Vergognati! Hai fatto ammalare una povera donna che ti ha fatto da mamma!

MARTINA- Scusate ma a me non mi pare di aver detto nulla di male.

FILOMENA- Ingrata! Ti licenzio!

MARTINA- Ma se sono una di famiglia.

FILOMENA- E allora ti butto fuori di casa!

BELLA- Senza dirlo al sindacato!

MARTINA- Va bene, tanto ci sono abituata. Ogni tre giorni mi licenziate... ma la liquidazione, non l'ho ancora vista... Beh, intanto vado a preparare il cavolo... Ah, se volete, nella pentola ci verso una boccetta d'acqua di colonia, così non sentite il puzzo. (Esce).

SCENA TERZA

FILOMENA - BELLA - NORA

FILOMENA- Che arroganza!

BELLA- No, no: quella ragazza lì bisogna levarsela di torno!

FILOMENA- Che mancanza di rispetto! Tutto il suo mondo è fatto di cavoli, spazzatura, carta igienica, sanitari. Come si fa a cadere così in basso?!

BELLA- Ci credi mi manca il respiro. Rileggimi la poesia della sardina, per riprendere il fiato.

FILOMENA- (Si accinge a leggere poi, drammatica). No, non ce la faccio... Mi manca la visione eterea, cosmica... dell'infinito. (Trova il quadro). Mi consolerò con la pittura... Da che parte lo devo guardare: "Tramonto sul Mar Nero" o "Notte sul Mar Rosso"?... Che angoscia, che tormento... che sofferenza...

NORA- (Entra con una lettera in mano). Mamma, zia: come va?

BELLA- Guà, ecco Nora. Vieni bellina. (A Filomena). L'hai visto, è arrivata Nora.

FILOMENA- Eleonora si chiama.

BELLA- Già: Eleonora... come la Duse.

NORA- oNon ricomincerete mica con questa tiritera dei nomi? Mi chiaman tutti Nora, è più svelto, più semplice. Te lo immagini in ufficio, con gli amici a farmi chiamare Eleonora: sembrerebbe che mi volessi dare tante arie, non mi guarderebbe più nessuno.

FILOMENA- La Duse la guardavan tutti... estasiati.

BELLA- Il suo Gabriele non la vedeva mai tutta.

NORA- (Divertita). Quale Gabriele?

BELLA- Nunzio... Quello che scriveva le poesie.

FILOMENA- D'Annunzio! Le scrisse le sue tragedie: "La Figliola di Iodio", "La Fiaccola sotto 'r Moccio"...

BELLA- ..."La Pioggia sul Pinolo"...

NORA- "La Pioggia nel Pineto"... O zia, mamma, siete propio divertenti... A proposito: c'era questa lettera nella cassetta; è indirizzata a te, mamma.

FILOMENA- (Prende la lettera e legge). È dell'Accademia; c'è un concorso... un concorso di poesia... mi hanno invitata!

BELLA- Sìi? Cosa devi fare?

FILOMENA- Vogliono che gli mandi una poesia... scelgono la più bella e gli danno il premio: una targa.

BELLA- Ma te, l'automobile non ce l'hai mica.

NORA- Una targa per dire una medaglia

BELLA- Ma se ci mette la medaglia sull'automobile, è capace le fanno lacontravvenzione.

NORA- (A Filomena). Ce l'hai una poesia da mandare?

BELLA- Perché non gli mandi quella del gabbiano? (A Nora). Tu sentissi bellina: un gabbiano che mangia le sardine e allora al suo figliolo gli viene il mal di pancia perché si era tuffato assieme al sole nell'acqua di Marina.

FILOMENA- No, non è un gran ché. (A Nora). O perché non ne scrivi una te? La fantasia ce l'avresti.

NORA- Ne bastan due, di poetesse in famiglia,

FILOMENA- E pensare che di te, ne volevo fare un'artista. Ti mandai dal maestro di dizione, ti portai a Roma a fare un provino; dissero che se facevi quel corso potevi entrare alla televisione.

NORA- Ci spendesti un mucchio di soldi e se non ero io a dire di no, ci avresti speso chissà quanti milioni.

FILOMENA- Potevi diventare un'artista.

NORA- Non te lo rammenti, l'unica cosa che mi avevan trovato da fare era quello spot sulla carta igienica.

BELLA- Ohibò! La carta igienica!

FILOMENA- Beh, nella pubblicità è differente: si principia dalla carta igienica

BELLA- E si finisce ai sanitari!

NORA- Mamma, lo sai, e anche te zia: a me sarebbe piaciuto studiare ma in una scuola vera: liceo, università e invece con tutte le tue idee "artistiche" l'unica cosa che son riuscita a prendere è quel diploma alle scuole serali.

FILOMENA- Voleva fare lettere o giurisprudenza. Te lo immagini un'avvocatessa in casa nostra.

BELLA- Lettere?! Colle poste che funzionan così male, chissà che carriera!

NORA- Ormai non la volete capire. La cultura, quella che ti mette in condizione di conoscere il mondo dove vivi, è quella che si impara all'università, dove c'è gente che si vuole fare un'avvenire, come me.

FILOMENA- Anche all'Accademia, c'è tanta gente istruita.

NORA- L'Accademia, come la chiamate voi, è fatta per gente che non ha nulla da fare. Presa come passatempo può anche essere divertente ma di sicuro è dannosa per chi ha degli impegni da portare avanti, un'avvenire da costruirsi, farsi una famiglia, trovare un uomo che ti sia d'appoggio per tutta la vita.

FILOMENA- Eccola! C'è venuta al dunque! A proposito di fidanzati, ti sta sempre dietro quel cosino... il meccanico... come si chiama...

NORA- Aristide, si chiama.

FILOMENA- Devi vedere che tipo! Io l'ho visto una volta sola ma mi è bastato. Tutto unto, imbrattato...

NORA- NooNoNNn è vero. Fa il meccanico, d'accordo ma c'ha un'officina parecchio ma parecchio pulita. Con i macchinari nuovi che ha comprato, non fanno quasi più nulla a mano.

FILOMENA- Sì ma è sempre un meccanico! S'intenderà di motori ma l'arte, la poesia... Vuoi mettere la musica d'una grande orchestra, con quella che sorte da un tubo di scappamento.

NORA- Insomma è un meccanico molto bravo. Anche il mio principale la porta da lui, la macchina.

BELLA- (A Filomena). Ora, quando vinci la targa, puoi andare da lui a fartela aggiustare.

FILOMENA- A proposito: la targa! La poesia! Non ci pensavo più...O cosa gli mando?

BELLA- La sardina, è bellina.

FILOMENA- No, mi pare che ci manchi quel nonsoché...

BELLA- Non ci manca nulla. C'è anche il gabbiano!

FILOMENA- Ma forse non è fra le mie produzioni… più migliori.

BELLA- Questi artisti... Non sono mai soddisfatti.

FILOMENA- Ne vogliono otto copie.

BELLA- Si fa presto: c'è la copisteria in fondo alla strada, ci si manda Martina.

FILOMENA- Si. (Chiama in quinta) Martina...Martina, vieni un di qua per piacere.

NORA- (Ha trovato il quadro) O questa tavoletta a cosa serve?

FILOMENA- Il mio tramonto. (Prende il quadro che, a tempo, porterà fuori) Il Mar Rosso! Ma già, te, queste cose non le capisci!

SCENA QUARTA

MARTINA - FILOMENA - BELLA - NORA

MARTINA- (Entra) Mi volevi?

FILOMENA- Si, dovresti andare alla copisteria a fare le fotocopie.(Le dà la poesia) Mi raccomando non sciuparla, ci devo vincere la targa.

BELLA- Fanne dieci copie. Tienila di conto, c'è da vincere la targa.

FILOMENA- (A Bella). Andiamo di là, bisogna che mi rinfranchi un po'. Con tutte queste emozioni, mi sento... debosciata.

BELLA- Anch'io... O cosa vuol dire?

FILOMENA- Ah non lo so, ma è una parola che fa effetto! (Esce con Bella).

NORA- Povere donne... ormai le hanno convinte.

MARTINA- All'Accademia gliela sanno raccontare. Son tutti artisti.

NORA- Tutti poeti. A principiare dal sor Tristano.

MARTINA- Quello si che è buono! E' venuto un paio di volte qui a casa, a leggere le sue poesie: le sue creature come le chiama lui..

NORA- Mi ci son ritrovata anch'io: m'è venuto il mal di pancia a trattenermi per non ridergli sulla ghigna.

MARTINA- E si porta sempre via il fagottino della roba da mangiare, tu vedessi: un paio d'etti di prosciutto, formaggio, una coppia d'uova, biscotti, una bottiglia d'olio, una di vino... pacchi di pasta che una famiglia ci mangerebbe una settimana.

NORA- Si vede, ha da nutrire lo spirito.

MARTINA- Allora ci deve avere uno spirito parecchio affamato, il sor Tristano.

NORA- Lasciamole fare.

SCENA QUINTA

CATALDO - NORA - MARTINA

NORA- (A Cataldo che entra). Babbo, sei già arrivato?

CATALDO- Si, son venuto via un pochino prima... Ho bisogno di stare un po' tranquillo: ho da pensare... devo riflettere.

NORA- Su cosa?

CATALDO- Beh, ci sono diverse cosette: gli affari, la bottega... Insomma ci son tante cose da sistemare.

MARTINA- Ci sono dei problemi?

NORA- Il negozio, non va più bene?

CATALDO- No, no... i probremi si risolvono... in una maniera o nell'altra.

NORA- Cosa vuoi dire, babbo? Con noi ti puoi confidare.

MARTINA- Certo. Se hai bisogno d'aiuto... lo sai che io ti ho sempre voluto bene come una figliola, anche se, in fin dei conti non lo sono.

CATALDO- Te sei, la mia figliola! Ti ho raccolto eri piccina piccina e ti ho allevato con lo stesso affetto che ho sempre avuto per Nora. Te, in questa casa ci sei entrata dalla porta principale... Io, ho due figliole!

NORA- E io una sorella.

MARTINA- Anch'io ho una sorella... e un babbo.

CATALDO- E... una mamma?

MARTINA- Tua moglie Fina, ora si fa chiamare così, in fondo è buona e credo che anche lei, a modo suo, mi voglia bene. Ma non fa propio nulla per dimostrarmelo... In questa casa ci sono entrata dalla porta principale, come dici te, ma ora passo soltanto dall'uscio di servizio.

CATALDO- Ci parlo io con Filomena. La deve smettere di trattarti come una serva!

MARTINA- Se ti ci metti a tu per tu rischi di litigare. Attraversa un periodo un po' strano, l'hanno convinta che è un'artista... ma poi le passerà.

NORA- Prima non era così. E' sempre stata premurosa, attenta; ha fatto un cambiamento...

CATALDO- Sono quelli dell'Accademia. Riescono a far credere alla gente di essere chissà chi: artisti, poeti, intenditori... E devono anche levarle dei soldi di sotto perché molto spesso mi viene a chiedere quattrini.

MARTINA- Il sor Tristano non fa mica nulla.

NORA- L'ho sentito una volta diceva che ha delle rendite.

CATALDO- Buon per lui. Mi ci voglio mettere anch'io a scrivere le poesie... Perché a fare il commerciante, si guadagnano tanti pensieri e basta.

NORA- Gli affari non vanno bene?

CATALDO- Gli affari, sai com'è, sono sempre difficili. Bisogna star sempre a studiare qualcosa per rimanere a galla: di soldi ne circolano pochi; gli stipendi son sempre i soliti, le spese aumentano e la gente, quel poco che ha lo spende per comprarsi il necessario. I gerani sul terrazzo, si possono tirare su anche senza il concime.

MARTINA- O il mangime per le bestie? Tutti hanno un canino, un gatto.

CATALDO- Si ma c'è anche tanta gente che lo vende. Te comincia dai supermercati giù giù fino alle botteghine di alimentari, tutti vendono le scatolette per i gatti.

MARTINA- Io dico che non sono mai stati bene come ora, i gatti.

NORA- O i cani? Gli fanno anche i concorsi di bellezza!

MARTINA- Ma insomma il negozio è proprio in crisi? Eppure c'è tanta gente che coltiva l'orto.

NORA- O i semi per i campi? I contadini, qualcosa dovranno seminare... La dovranno lavorare la terra.

CATALDO- Di contadini, in città ce ne vengono ben pochi, quei due o tre che ormai mi conoscono, gli faccio i prezzi buoni... per tenermeli sono costretto a fare degli sconti che non ci guadagno nulla. Gli orti li hanno levati quasi tutti: chi ci ha messo il box per l'automobile, chi la sdraia per prendere il sole, la tavola per mangiare fuori...

NORA- Già, ora è venuta la moda del barbecue.

CATALDO- E poi le tasse: ti ammazzano, ti levano il sangue. Da tante che sono ti dimentichi sempre di pagarne qualcuna e così ti ci appioppano la tassa sulla tassa: la mora la chiamano... è capace da qui in avanti mi faranno pagare anche la bionda.

MARTINA- Poi tireranno fuori la rossa...

NORA- E la castana, magari con gli occhi celesti.

CATALDO- Voi ci scherzate ma io non so più come fare. Domani mi scade una tratta parecchio grossa e se non li trovo; son dolori.

NORA- Babbo, se ti posso aiutare... Io lavoro: il mio stipendio non è un gran ché, è poco che son entrata; ma mi mettevo da parte qualcosa in vista di un possibile matrimonio. Te li do volentieri.

CATALDO- No grazie. I soldi sono tuoi... In qualche maniera mi arrangerò... C'è tanta gente che fallisce...

NORA- Babbo! Non lo dire nemmeno per scherzo!

MARTINA- Ma che sono discorsi da farsi!

CATALDO- (Impone il silenzio con un gesto). Zitte... non vi preoccupate, lo so io come fare. (A Nora) Te, sposati quel meccanico, è in gamba. (A Martina). E anche te, quel ragazzo che ti sta dietro... mi sembra un bravo ragazzo... Sposatevi; si fa una bella festa... con quali soldi non lo so... Io, ho sbagliato tutto nella mia vita... ma voi dovete essere felici... Almeno voi... (Esce)

SCENA SESTA

NORA - MARTINA

NORA- Povero babbo, deve essere davvero messo male.

MARTINA- Io, se potessi aiutarlo, chissà cosa farei.

NORA- Ti conviene stringere i tempi col tuo ragazzo, si chiama... Leonardo, mi pare.

MARTINA- Sì, è il figliolo del bottegaio che ci vado tutti i giorni a fare la spesa.

NORA- Se ti garba e se lui ti vuol bene, sposatevi alla svelta, mettete su casa e ti levi da tutta questa baraonda.

MARTINA- Dici bene ma la bottega è di suo padre: lui ci lavora, lo mantiene ma crescere una famiglia non lo so mica se ce la farebbe.

NORA- Vi trovate una casina piccina, un miniappartamento... Per il mangiare, qualcosa ci avanzerà in bottega.

MARTINA- (Ridendo). Due cuori e una capanna!? Anche le capannucce, al giorno d'oggi costano un mucchio di soldi... Ma poi, non devo mica fare il presepio, con la capannuccia.

NORA- (Ridendo) Ti ci vorrebbe anche il bue e l'asinello. E sai, non ci potresti mica mettere la carne in scatola.

MARTINA- E' meglio prenderla sul ridere... Anche te però, col tuo meccanico, Aristide, vi potreste sistemare: lavorate tutti e due.

NORA- Io lavoro ma guadagno poco. Sono principiante nello studio d'un notaio: te lo immagini!? Per passare un po' più su dovrebbero andare in pensione gli impiegati che hanno più anzianità; figurati: il più vecchio ha quarantacinque anni e non è nemmeno invalido.

MARTINA- Campa cavallo!

NORA- Aristide, lavoro ne ha, ma ha comprato tutti i macchinari a chiodo, ora deve pagarci il mutuo e di guadagno ne vede pochissimo.

MARTINA- (Scherzando). Accipicchia! Per comprare un chiodo ha dovuto fare il mutuo? Allora se comprava un bullone?!

NORA- Buon per te che sei sempre allegra. E poi, per sposarmi voglio che siano d'accordo anche in casa. Son maggiorenne ma mi piace fare le cose in regola, d'accordo con tutti.

MARTINA- Allora sposa il sor Tristano; tua mamma sarebbe contenta come una pasqua.

NORA- O perché non te lo sposi te!... Mamma, in fondo è buona. Si trova in un momento particolare; avrà... qualche disturbo dovuto all'età... ma poi le passa.

MARTINA- Anch'io, col mio Leonardo, siamo maggiorenni tutti e due e si potrebbe fare di testa nostra, ma anche a me piace essere d'accordo con tutti. (Campanello). Vado a vedere chi è. (Esce e rientra subito con Leonardo)

SCENA SETTIMA

LEONARDO - MARTINA - NORA

MARTINA- E' quel ragazzo dell'alimentari. Vieni, vieni Leonardo.

LEONARDO- (Cerca una scusa). Ero venuto a prendere le ordinazioni... So che domani avete un ricevimento: vi occorreranno dei panini, delle bibite...

NORA- Un ricevimento?

MARTINA- Si, viene il sor Tristano a leggere le poesie.

NORA- Un'altra volta!?

LEONARDO- (Falso). Felici voi che avete per la casa poeti, artisti... trovate la sublimazione culturale... dello spirito... Lo dice la signora Filomena... La mente...

NORA- E il mandorlato!! (In disparte, a Martina). E te, sei innamorata di un tipo così?!

MARTINA- (Forte). Leo, non ti nascondere; Nora è una sorella per me e lo deve essere anche per te. Le ho raccontato tutto di noi, non c'è bisogno di fare la commedia: è dei nostri.

LEONARDO- Meno male! Cominciavo a non sapere più cosa dire. Vede, signorina, io e Martina siamo amici e...

NORA- Lascia stare le signorine e dammi del tu, siamo fra amici.

LEONARDO- Va bene. Il fatto è che non so mai come comportarmi. La signora Filomena discorre tutta in punto e virgola che io, per cercare di apparirle simpatico, cerco sempre di trovare i paroloni per farle colpo, per farle accettare... insomma... l'affetto che c'è fra me e Martina.

MARTINA- (Scherzosa). E naturalmente, dato che sei un glebano, trovi sempre le parole sbagliate che gli fanno l'effetto contrario.

LEONARDO- Mica tutti si può essere letterati. (A Norma) Sarò anche un glebano, come dice lei, ma sono stato capace di trovarmi una ragazza che dice di volermi bene... A meno che non mi racconti tante bugie.

NORA- (A Martina). Come ci sei rimasta?! (A Leonardo) Stai sicuro non sono bugie, con me si confida. E te, Leonardo cerca di apparire come sei; la cultura più bella è la semplicità dei sentimenti... che vanno buttati fuori così come sono: al naturale. Anch'io quando mi trovo col mio ragazzo, cerchiamo di essere sinceri, senza darci importanza, ci si capisce e si va d'accordo.

LEONARDO- A proposito! Me l'ero scordato: è lì fuori.

NORA- Chi?

LEONARDO- Aristide, il meccanico. Ha detto ti deve parlare; non si azzardava a venire in casa e allora è rimasto a aspettare al caffè lì davanti!

NORA- Allora devo andare da lui? Cosa vorrà?

MARTINA- Vai a sentire.

NORA- Va bene. Vado. (Esce)

SCENA OTTAVA

MARTINA - LEONARDO

LEONARDO- Anche lui ha ragione; si è spassionato un po con me, lì fuori. In questa casa non ce lo vogliono. Ma che si fa la burletta! Qui ci dovrebbero entrare soltanto poeti, artisti, pittori... Ma la gente normale, per loro, non esiste?!

MARTINA- E' Filomena che si è fatta convincere. Cominciarono con la scusa della beneficenza, lì all'Accademia. Mettevano all'asta, che so: centrini ricamati, vasetti pitturati... insomma tutto quel ciarpame che la gente non sa mai come levarselo di casa.

LEONARDO- Che tua mamma, voglio dire la signora Filomena, faceva i dolci da vendere nelle serate del "sodalizio fra artisti e scrittori per i bambini affamati" come lo chiamavano... Che te venivi a comprare la farina, lo zucchero di vaniglia, l'uva secca...

MARTINA- E tanto ne faceva uno di quei dolci! Fra crostate, torte, tiramisù, io dico ha avvelenato mezza città.

LEONARDO- Fu di lì, ricordi, che principiò la nostra amicizia. Ogni minuto eri in bottega, io ti chiesi cosa ci facevi con tutta quella roba, te ti mettesti a spiegarmi le cose... che io ti detti la ricetta dei biscotti al rum che era sulla pubblicità delle fette biscottate!

MARTINA- Fu così che si principiò a parlare, a conoscersi un po' di più... eppure mi avevi sempre vista, venivo sempre a fare spesa.

LEONARDO- T'ho sempre vista e, a essere sincero, mi sei sempre garbata. Eri una ragazzina colle trecce... io, un ragazzotto un po' baccellone.

MARTINA- Eri piuttosto ridicolo: quando mi vedevi diventavi rosso, sbagliavi a fare il conto; a pesare la roba ti ce ne andava sempre un po' di più.

LEONARDO- Ma anche te, ti vergognavi... sempre con gli occhi bassi: "Mi dà un chilo di pane cotto bene", con una vocina che non si sentiva nulla. Però facevi sempre in modo di far passare avanti le altre clienti per farti servire da me invece che da mio padre.

MARTINA- Te ne accorgevi? Ma non lo facevo mica apposta: certe volte mi dimenticavo qualcosa e dovevo ritornare... Poi cominciasti a portarmi la roba in casa: "Signorina, ci penso io, lo sente com'è pesa la borsa, come fa a portarla, è tanto delicatina"... e così ci si ritrovava in cucina... io e te soli...

LEONARDO- T'aiutavo a mettere a posto la roba, a fare le faccende...

MARTINA- Sfaccendavi anche un po' troppo. Chiacchieravi, come non ti avrei mai ritenuto capace.

LEONARDO- Ti dovevo dire tutto quel che avevo pensato per tanto tempo. Ormai si era diventati grandi e certe cose... i sentimenti, non si poteva più tenerli nascosti.

MARTINA- E dopo un po' mi facesti conoscere... i tuoi sentimenti…

LEONARDO- Son cose che vengono da sole: spontanee. Quando due giovani si vogliono bene...

MARTINA- Ma ora c'è da pensare anche al nostro avvenire: c'è una vita davanti a noi, che bisogna organizzarcela.

LEONARDO- Non ti devi preoccupare. Ho parlato con mio padre, anzi è lui che ha parlato con me perché si era accorto di qualcosa. Gli piaci: ha detto gli ricordi sua moglie, mia mamma, che da quando è morta, quel poveruomo non si dà pace.

MARTINA- Eppure, mi pare sempre allegro.

LEONARDO- Deve fare la faccia allegra per le clienti, il commercio è fatto così. Insomma ha detto che fra qualche anno va in pensione, la bottega la lascia tutta a noi, lui farà soltanto il nonno: baderà i nipotini... i nostri figlioli... Intanto, se si dice di sposarci se ne può cominciare a parlare.

MARTINA- Davvero?! Allora basta convincere la mamma e la zia... I nipotini... Quanti ne vuole il tuo babbo?!

LEONARDO- Più gli se ne fanno e più è contento! Due... tre... dieci!

MARTINA- Sei sempre il solito esagerato!

LEONARDO- Ci pensi... saremo sposati... Non vedo l'ora...

MARTINA- Anch'io.

LEONARDO- Un anticipo... si potrebbe anche prendere... (Tenta di abbracciarla)

MARTINA- (Si divincola), Via, non fare lo stupido... Potrebbe venire qualcuno...

LEONARDO- Andiamo in cucina. Lì non ci viene mai nessuno.

SCENA NONA

NORA - ARISTIDE - MARTINA - LEONARDO

NORA- (Entra con Aristide). Vieni Aristide, entra.

ARISTIDE- Ciao Leonardo, Martina com'è?

LEONARDO- Si stava dicendo... della situazione.

ARISTIDE- Bella situazione davvero! Anche voi siete come noi: si aspetta, cosa non si sa.

MARTINA- Non te la prendere. Vedrai che tutto si aggiusterà!

LEONARDO- Abbi fede, fratello!

ARISTIDE- Buon per voi che siete così allegri. Avete trovato una soluzione?

NORA- Caso mai, ditecelo anche a noi.

LEONARDO- No, soluzioni non ce ne sono. Ma dovrà cambiare la situazione!

MARTINA- In una maniera o nell'altra si dovrà venirne a capo!

LEONARDO- Intanto noi andiamo in cucina a vedere cosa manca per il ricevimento di domani.

MARTINA- Voi aspettateci qui, torniamo subito. (Esce con Leonardo).

SCENA DECIMA

NORA - ARISTIDE

ARISTIDE- Come mai son così contenti?

NORA- Sai com'è, son giovani.

ARISTIDE- Perché, noi siamo vecchi?

NORA- No, abbiamo la stessa età. Eppure mi sento più vecchia. Saranno le incertezze per il futuro, un avvenire da costruirselo... non si sa come.

ARISTIDE- Io, tanti problemi, non me li porrei. Possiamo sposarci anche domani. Per ora c'è da pagare i debiti dell'officina: vuol dire che per i primi tempi si farà qualche economia... I figlioli potranno aspettare un anno o due prima di venire al mondo... Per ora si torna in casa mia anche se è piccolina, da scapolo; ci si restringerà, poi, mano a mano che le cose si sistemano...

NORA- Cosa credi, che pretenda la vita da gran signora? Mi basta l'indispensabile, mi adatto e so anche rinunciare alle cose in soprappiù.

ARISTIDE- Allora cosa aspettiamo?

NORA- Che in casa mia si siano un po' avveduti. A andarmene ora di casa li perderei per sempre e mi dispiacerebbe parecchio; sono i miei genitori, la mia famiglia e rappresentano tutto il mio passato.

ARISTIDE- Ma per salvare il passato non si può compromettere l'avvenire.

NORA- Abbi un po' di pazienza, vedrai che tutto si risolverà... Bisognerebbe parlarci... fargli capire...

ARISTIDE- Ci parlo io! E mi dovranno stare a sentire!

NORA- Con babbo non c'è bisogno, lui è d'accordo. Mia mamma sarà un osso duro... Ti converrebbe parlare prima con la zia: è sempre un po' svanita e dovrebbe essere più facile convincerla. Una volta convinta la zia Bella, mio padre è già favorevole, anche la mamma dovrà rendersene conto e venire a più miti consigli.

ARISTIDE- Tua zia Isabella, ogni tanto la vedo passare davanti all'officina, dovrebbe essere abbastanza facile convincerla.

NORA- Proviamo; se poi non funziona, troveremo un altro sistema.

SCENA UNDICESIMA

MARTINA - ARISTIDE - NORA - LEONARDO

MARTINA- (Entra con Leonardo). Noi dobbiamo uscire: devo andare a fare le fotocopie, me n'ero dimenticata.

LEONARDO- E' venuta la vostra zia; litigava perché le fotocopie non erano ancora pronte. E anche perché mi ha trovato in cucina.

MARTINA- Meno male che Leo è riuscito a convincerla con la scusa delle tartine per la festa di domani.

LEONARDO- Quando ha sentito parlare del caviale non capiva più nulla.

MARTINA- Si vede le piace il nome.

NORA- Povera donna... Ora dov'è?

MARTINA- L'abbiamo lasciata a fare il conto dei panini che ci vorranno. Ma ha detto ora vien qui a aspettare le fotocopie; non stà più alle mosse.

NORA- E' proprio il cacio sui maccheroni. (A Aristide). Loro devono andare a fare le fotocopie, ci vado anch'io e te rimani qui. Quando viene la zia Isabella, ci parli.

ARISTIDE- Da me solo?!

NORA- Non avrai mica paura? (Agli altri). Abbiamo pensato di convincere la zia, che è più malleabile, a darci un aiuto nei nostri piani. Poi penseremo a mamma.

MARTINA- L'avete studiata bella... Oh, se le cose dovessero andar bene per voi, ci stiamo anche noi, vero?

NORA- Non vi preoccupate. Andiamo via. (A Aristide). Te cerca di prenderla sul lato debole: parla di poesia, digli dei paroloni... Mi raccomando.

LEONARDO- Guarda di essere convincente.

MARTINA- E fai alla svelta. (Escono Martina, Nora, Leonardo)

SCENA DODICESIMA

BELLA - ARISTIDE

ARISTIDE- (Rimasto solo, passeggia, si siede, si rialza, sospira).

BELLA- (Entra canticchiando). O lei, scusi, chi è? Cosa cercava?

ARISTIDE- Mi chiamo Aristide.

BELLA- Aristotele? C'è nella Divina Commedia?... Aristotele nell'Inferno... o nel Purgatorio? Nòo? Allora nell'Orlando Furioso... Beh, da qualche parte ci sarà. Cosa voleva?

ARISTIDE- (Si schiarisce la voce). Cercavo proprio di lei.

BELLA- Di mee?...O come ha fatto a entrare?

ARISTIDE- Da... dalla porta.

BELLA- Ma era chiusa... e suonare non hanno suonato sennò l'avrei sentito... Dicono che sono vecchia ma le orecchie l'ho sempre buone: sentirei volare una zanzara nel mezzo della sinfonia della cavalcata delle valchirie... eleison.

ARISTIDE- Eleison?... Ma, non è una preghiera?

BELLA- Davvero? Vuol dire che quando ascolto la sinfonia mi c'entra anche di dire il rosario... Allora me lo dice com'ha fatto a entrare?!

ARISTIDE- La porta... era chiusa ma... ma... non ci sono usci né portoni che possano resistere alla passione dei sentimenti. Le mura... le mura di Troia, per esempio, chi crede che le abbia buttate giù?

BELLA- Ora mi prende alla sprovvista... Successe nel quindici-diciotto?

ARISTIDE- L'amore!!

BELLA- (Colpita). Bello! Com'è romantico!

ARISTIDE- L'amore fa superare tutti gli ostacoli... Io avevo bisogno di parlare con lei, signorina Isabella!

BELLA- Con mee?... Chiamami Bella, come tutti gli intimi.

ARISTIDE- Come vuole, signorina Bella.

BELLA- (Rabbrividisce di voluttà). Dammi del tu; e non chiamarmi signorina, chiamami soltanto Bella: mi sta bene addosso.

ARISTIDE- Come vuoi... ecco, io le volevo dire... volevo dirti.

BELLA- Sìii...?!

ARISTIDE- Non è mica facile trovare le parole...

BELLA- T'aiuto io, sono una poetessa.

ARISTIDE- Difatti volevo fare appello alla sensibilità... immarcescibile... dell'artista.

BELLA- Non parlare all'artista, parla alla donna... senza il maresciallo però.

ARISTIDE- Sì, forse l'anima... esacerbata... d'una donna, può capire meglio. Vedi: l'amore fra due giovani...

BELLA- (Estasiata). La gioventù... (Realistica ma tergiversante) Devo essere sincera: non si direbbe ma ho passato la qua... tren... cin... Insomma siamo lì. Ma li porto bene!

ARISTIDE- Dicevo che ostacolare l'amore fra due giovani, sarebbe un crimine orrendo... abominevole!

BELLA- Non sia mai detto!!

ARISTIDE- Mi fa piacere sentirti così ben disposta. Ero entrato con una certa trepidazione.

BELLA- Sei timido? Forse ti incute timore sapere che sono una poetessa?... Anzi, sono un'anima aperta e posso reccintare... reccempire... (Occhiate interrogative di Aristide). Insomma: raccattare tutte le passioni... Cosa dovevi dirmi?

ARISTIDE- Ecco: io, come qualmente, sarei innamorato...

BELLA- Oh!... Le divine parole!... Una nuvola s'è scorciata... (Occhiata di Aristide), No, s'è squarciata e la luce appare al Polo Nord.

ARISTIDE- Cosa c'entra il Polo Nord?

BELLA- A levante, da dove viene il sole... Aristotele...

ARISTIDE- Chi è?

BELLA- Sei te.

ARISTIDE- Io mi chiamerei Aristide.

BELLA- Ah già, quello della Gerusalemme Liberata... Volevo dire che ci porterà tanta felicità questo nuovo giorno appena spuntato.

ARISTIDE- (Guarda l'orologio). Veramente son le cinque e mezzo di sera.

BELLA- Cosa importa l'ora!? L'unico orologio che sento è la pendola del cuore, che batte l'ora dell'amore... (Contenta) Ci fa la rima!

ARISTIDE- Sì, carina... Per continuare il mio discorso...

BELLA- Che bisogno c'è di parlare. Parole parole... Gli spiriti eletti s'intendono fra di loro con la voce della fantasia... coll'onda der pensiero... come le onde della radio ma senza dover pagare l'abbonamento.

ARISTIDE- Meno male. Ma, per ripigliare il discorso, volevo dire che...

BELLA- Che sei innamorato?

ARISTIDE- Sì.

BELLA- Mica del maresciallo?

ARISTIDE- Quale maresciallo?

BELLA- Quello di prima... che marcia.

ARISTIDE- Ah: immarcescibile... L'ho sentito alla televisione ma non deve essere roba militare.

BELLA- E ti piacerebbe sapere... se sei contraccambiato?

ARISTIDE- Questo crederei di saperlo. Anzi: son sicuro di sì.

BELLA- Lo sapevi già? L'avevi indovinato? Non ti si può nascondere nulla!

ARISTIDE- Dicevo: la questione degli spiriti, con le nuvole al Polo Nord... va tutto bene. Ma siccome si deve campare sulla terra, ci sarebbe da mettersi d'accordo... sulle cose di questo mondo.

BELLA- I sensi!!... Che volgarità!!... Ma se propio ci tieni... si, qualche concessione te la dovrò fare... Come Giulietta si dette al suo Romeo.

ARISTIDE- Forse non ci siamo capiti.

BELLA- Non cercare di sacrificarti al mio candore... Sarò tua... quando vorrai. (Chiude gli occhi per aspettare il bacio).

ARISTIDE- Sì, sì... se ne riparla, domani. Per ora ti saluto. Addio. (Esce mormorando) Ma cos'ha capito quella befana?

BELLA- (Con le labbra atteggiate al bacio) Aristotele... Aristotele... (Apre gli occhi) Ari... Se n'è andato... Com'è timido! Mi garbano i timidi: se si sbloccano, traboccano di passione! (Chiama fuori quinta) Fina, Fina! Cataldo! venite di qua.

SCENA TREDICESIMA

CATALDO - FILOMENA - BELLA

FILOMENA- (Entra con Cataldo) Cosa c'è?

CATALDO- Cos'è tutto questo trambusto?

FILOMENA- La poesia! Le fotocopie! Le hanno fatte?

BELLA- Se sapeste cos'è successo!

FILOMENA- Cosa? Non mi tenere sulle spine... Chiacchiera, discorri, parla, di' qualcosa!

CATALDO- Non sarà mica capitato qualcosa di male?

BELLA- E' venuto uno...

FILOMENA- Mi hanno mandato la targa! Ho vinto!

BELLA- No... era uno col maresciallo.

CATALDO- Dei carabinieri... M'hanno protestato la cambiale!

BELLA- Noo... Non era un maresciallo maresciallo; era coso... Aristotele!

FILOMENA- E chi è?

BELLA- Tu vedessi bel giovane! Mi si è inginocchiato davanti e mi ha fatto la dichiarazione d'amore.

CATALDO- Sarà scappato da qualche manicomio!

BELLA- No! Prima aveva buttato giù le mura di Troia.

FILOMENA- Non se la intenderà mica con qualche donnaccia?!

BELLA- Macché! E' tanto timido... E' innamorato di me, me l'ha detto proprio ora... qui.!

FILOMENA- Ma sei sicura?

BELLA- C'ero soltanto io. Poi è scappato via. E' timido, poverino.

CATALDO- Ma questo... come si chiama?

BELLA- Aristotele.

CATALDO- Che razza di nome! Te l'ha detto chi è, cosa fa. Ritornerà?

BELLA- E' uno che sta... nell'Orlando Furioso.

CATALDO- Te lo dicevo che c'entrava il manicomio!

FILOMENA- Ma vi sposate?

BELLA- Certamente!... M'aveva chiesto di fare... quelle cosacce... Ma io mi son rifiutata.

FILOMENA- Brava, hai fatto bene! Gli uomini son tutti uguali. Non bisogna dargli spago... Ci voglio scrivere una poesia.

CATALDO- (Ironico). Sullo spago?

FILOMENA- Sulle nozze!... La sposa Bella. Bella la sposa, bianca ma si chiama Bella. Lo sposo...

BELLA- Aristotele.

FILOMENA- Lo sposo... bisognerà cambiargli il nome. Come faccio a fare la rima con Aristotele.

BELLA- Mi devo mettere in bianco?

CATALDO- A pane e acqua, se continua così!

FILOMENA- Ti fai un vestito tutto di trine e di merletti, con uno strascico con sei paggetti che te lo reggono; per la marcia nuziale facciamo venire il maestro Stecchetti con la fisarmonica, per l'Ave Maria il coretto di San Ranierino... Lo sposo in nero...

CATALDO- Dalla rabbia!

FILOMENA- Si invitano tutti i poeti, tutta l'Accademia... Una torta di dieci piani e in cima ci si mette la targa.

CATALDO- (Fra se). La targa... perché l'automobile ci sarà toccato venderla.

FILOMENA- Andiamo, andiamo di là. Devo scrivere il sonetto... Sento la vena... la vena...

BELLA- La vena varicosa?

FILOMENA- La vena nel cervello! L'ispirazione! Un capolavoro! Ce l'ho tutta qui (Si batte la fronte). Una poesia che Dante bònanima, non per vantarmi, si dovrà rivoltare nella tomba, poveròmo!... Tutto qui ce l'ho!... La vena, la vena! Che poesia! Che cantico... che cantico! (Esce con Bella mentre Cataldo si tiene la testa fra le mani, sconsolatamente).

SECONDO ATTO

La stessa scena del primo atto.

SCENA PRIMA

CATALDO - NORA

CATALDO- (In procinto di uscire, sta esaminando alcune carte. Nora entra).

NORA- Vai già via, babbo?

CATALDO- Sì, devo riguardare certe carte, lì a bottega. Bisogna che faccia trovare tutto in regola.

NORA- A chi? Al ragioniere? Mi pare sia sempre stato tutto al posto: sei un uomo preciso.

CATALDO- Beh... Non c'è soltanto il ragioniere... Forse dovrò vedere dell'altra gente... l'avvocato, chissà, magari l'usciere del tribunale.

NORA- Perché?... Se c'è di mezzo il tribunale vuol dire che le cose non vanno punto bene. Babbo: sei messo male?

CATALDO- (Con umorismo amaro). Come uno a cui hanno pestato un callo: si vedono le stelle senza il cannocchiale... ma poi passa.

NORA- Babbo, te non me la racconti giusta.

CATALDO- Ti racconterò le novelle; come quand'eri bambinetta. (Sospira). Bei tempi: ti sistemavo a sedere sui ginocchi e t'inventavo le storie dei maghi e delle fate, dei principi e delle streghe. Te mi guardavi con i tuoi occhioni neri e ci credevi, tremavi quando ti dicevo degli orchi e ridevi quando arrivava il principe azzurro sul cavallo bianco... Bei tempi... Perché gli anni passano e volano via senza poterli fermare?...

NORA- Te ci devi avere qualcosa qui dentro (indica il petto) che non ti vuole andare né su né giù.

CATALDO- (Celiando male). Sarà il fegatello che abbiamo mangiato ieri sera... Mi fa venire l'acidità.

NORA- Lo vedi che non ti riesce nemmeno scherzare. Perché non mi dici tutte le cose?

CATALDO- Quando ritorno; e spero di portarti una buona notizia. Ora fammi andare.

NORA- Guarda di portare davvero delle belle notizie; in questa casa, da un po' di tempo, son diventate merce rara.

CATALDO- (Per uscire). Speriamo. (Torna indietro). Ah, la notizia buona c'è già: tua zia si è fidanzata!

NORA- Allora è vero. Mi ha raccontato una storia...

CATALDO- Un po' arteriosclerotica è sempre stata; si vede ora, con la poesia per il capo, s'inventa le cose di qui a lì.

NORA- Ma insomma, si può sapere, con precisione, cosa è successo?

CATALDO- Figurati: dice che un bel giovane è venuto qui a cercarla, gli ha detto che era innamorato e la vuole sposare. E quell'artra esaltata di mia moglie ci crede; hanno già organizzato tutta la cerimonia per il matrimonio.

NORA- Questo giovane, come dice lei, sarebbe venuto qui? A parlargli?

CATALDO- Proprio in questa stanza.

NORA- Come ha detto che si chiama?

CATALDO- Ha un nome strano... Aristotele, mi pare.

NORA- Ha capito male: si chiama Aristide.

CATALDO- Lo conosci? Ma allora è vero!

NORA- Babbo; è vero soltanto a metà!

CATALDO- Scusa... già ho il cervello mi va via a fette per conto suo... ora se mi ci metti un fidanzato a metà!... L'ha squartato in due, con l'accetta?!

NORA- Aristide è il ragazzo che sta dietro a me. Si era deciso di mandarlo dalla zia Bella, perché la convincesse a convincere tua moglie, che non doveva più mettere i bastoni fra le ruote al nostro matrimonio.

CATALDO- Comincio a vederci un po' più chiaro

NORA- Per farle colpo doveva adoprare dei paroloni, doveva parlare dell'amore; del nostro amore... Chissà che discorsi ha tirato fuori.

CATALDO- E lei ha capito, al contrario, che era innamorato di lei.

NORA- Di sicuro è andata così; è sempre un po' svanita.

CATALDO- Crede di essere una fatalona. Ma non ci si guarda mai allo specchio? Ora come si fa a levarglielo dalla testa?

NORA- Figurati se dice a mamma, di farmi sposare il fidanzato... che è fidanzato con lei.

CATALDO- Meno male non sei gelosa.

NORA- Non sarebbe proprio il caso. Ci sarebbe da riderci sopra, a averne voglia.

CATALDO- Senti: ora vado a bottega. Quando ritorno ci parlo io con tutte e due le poetesse! Perché è l'ora di finirla! Il tuo Aristide è bravo: lavora bene, si fa tanti clienti, è onesto nei prezzi e mi pare che non abbia tanti grilli per il capo. Tempo dueo tre anni avràun'officina... al paragone della Fiat!

NORA- Ora non esageriamo.

CATALDO- No no, non devi fartelo scappare. Stai tranquilla, ci penso io; ora fammi andar via... Per ora non dire nulla. Ciao. (Esce)

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SCENA SECONDA

NORA - FILOMENA - BELLA - MARTINA - LEONARDO

FILOMENA- (Entra con Bella). Allora, quanti saremo... C'è da sedere per tutti?... O quanti saremo?

BELLA- Dall'Accademia, viene qualcuno?

FILOMENA- Io li ho invitati. (Esamina una cartella piena di fogli).

LEONARDO- (Entra con Martina). Di là in cucina ho sistemato tutto.

BELLA- (A Martina, in confidenza). Martina, mi dovresti cercare quel ragazzo che era qui ieri sera, che mi corteggiava... Te lo conosci.

MARTINA- Sì sì, l'avverto: lo faccio venire.

FILOMENA- Bella, fammi un piacere: aiutami a mettere al posto le poesie. Io non so mai da quale devo iniziare.

BELLA- Eccomi, t'aiuto io.(A Martina) Mi raccomando! (Si apparta con Filomena).

NORA- (A Martina e Leonardo). Lo vuole anche invitare alla serata letteraria!

MARTINA- Ho cercato di spiegare le cose. Le ho detto che quel ragazzo fa la corte a te: è quasi svenuta. Allora ho dovuto girare il discorso e spiegarle che fa finta di corteggiare te per non destare sospetti.

LEONARDO- E se l'è bevuta?

MARTINA- Pare.

NORA- Se non fosse una situazione comica, ci sarebbe da preoccuparsi: avere un fidanzato e doverne fare a mezzo con quella specie di...

LEONARDO- Di befana... diciamocelo.

BELLA- Martina, ci pensi... a quella cosa... che ti ho detto?

MARTINA- Vado subito, zia. (A Nora e Leonardo). Voi andate in cucina a finire di preparare la roba. (A Filomena). Ci può venire Leonardo a sentire le poesie?

FILOMENA- Chi?... Ah, il ragazzo dell'alimentari... sì sì. Basta che si vesta decentemente. (Fra sé ma che tutti la sentano). Assistere alla serata letteraria con il grembiule da garzone!...

NORA- Vieni Leo, andiamo in cucina noi due. E te, Martina, vai a chiamare lo spasimante! (Escono: Nora e Leonardo a destra, Martina a sinistra).

SCENA TERZA

BELLA - FILOMENA - TRISTANO

FILOMENA- Mamma mia che emozione...Gli garberanno le mie poesie al sor Tristano?

BELLA- Gli son sempre garbate.

FILOMENA- Ma ne ho tante nuove... Ho cambiato un pochino anche lo stile: è più sofferto... Cosa vuoi: i travagli dell'umanità. (Campanello). O mamma mia è lui! Vai ad aprirgli te, Bella: io non reggo!

BELLA- (Introduce Tristano mentre Filomena si rassetta). Venga sor Tristano, si accomodi. (Tristano le bacia la mano). Mamma mia com'è romantico!

TRISTANO- (Baciamano anche a Filomena). Signora Filomena, eccomi ancora una volta ospite del suo salotto, per così dire letterario. Sempre più charmant, più chic, più a la pàge... più "in".

FILOMENA- Sor Tristano, lei chiacchera come un libro stampato... con la copertina a colori!

TRISTANO- (Si schermisce ostinatamente). Lasciamo andare, cara amica... Il suo salottoèsempre più... (Annusa dalla parte della cucina). Questo effluvio che giunge gioioso alle mie nari, mi dice che sta preparando il solito grato sostegno... alla carne, alla materia... Ohibò! (Molto realistico). A proposito: ha fatto preparare il solito cestino con le solite prelibate cibarie?

FILOMENA- Questa volta gli ci ho fatto mettere anche una bella fetta di torta coi bischeri, specialità del luogo!

TRISTANO- (Gioioso). Davvero?!! (Torna subito ascetico). Per quanto; il cibo... quelle poche calorie, necessarie per far funzionare questa vecchia macchina, che gli scienziati appellano: corpo umano.

BELLA- Ma ché macchina! La torta coi bischeri è buona se è fatta a mano!

SCENA QUARTA

MARTINA - ARISTIDE - FILOMENA - BELLA - TRISTANO

MARTINA-(Entra con Aristide che indossa una tuta da meccanico). Zia, zia Bella... c'è... c'è quel giovane.

BELLA- Uh, buonasera! Grazie Martina, vai pure. (Martina esce). Grazie d'essere venuto. Ti aspettavo. Abbiamo il salotto letterario

ARISTIDE- La ringrazio dell'invito... Ma io avevo da fare all'officina.

BELLA- Ma che da fare! Guardalo, s'è messo anche il vestito da sera! Ti sta bene. Dove l'hai comprato?

ARISTIDE- Non me lo ricordo... al magazzino degli accessori, forse.

BELLA- È una butique nuova? Poi me la insegni... Vieni, ti presento al sor Tristano.

ARISTIDE- E chi è?

BELLA- Il poeta: quel signore distinto che chiacchiera con la mia cognata Fina... Ah, già, te non conosci nemmeno lei... (A Tristano e Filomena). Sor Tristano, Fina: vi presento Aristotele... un caro amico! (Tristano lo guarda appena).

FILOMENA- (Si alza e si avvicina ai due). Sicché lei sarebbe quello della dichiarazione?

ARISTIDE- Dei redditi?... Me la fa il ragioniere.

FILOMENA- (Con ironia). Simpatico... Eppure mi sembra d'averlo già visto...

ARISTIDE- Può darsi; sto qui a due passi.

FILOMENA- Anche il vestito... non mi risulta nuovo... Vada, vada a sedere, fra poco si principia.

ARISTIDE- Con permesso. (Va a sedersi accanto a Tristano che, altezzosamente, lo evita).

FILOMENA- (A Bella),Mi sembra tutto quel ragazzo che sta dietro a Nora; sì, ilmeccanico.

BELLA- Noo, ti sbagli.

FILOMENA- L'ho visto una volta sola ma a me, la gente rimane spiaccicata qui, nel cervello!

BELLA- Ti sbagli. Perché lui fa finta di stare dietro a Nora, ma vuol bene a me.

FILOMENA- Come come come?

BELLA- Non vuol farsene accorgere. E' tanto riservato: è timido, poverino. Ma vuole bene a me.

FILOMENA- Se lo dici te...

BELLA- S'era messo anche in ginocchio.

FILOMENA- Senti lì che intreccio, che trama sibillina! Se la racconto a Tristano è capace tirarci fuori un romanzo! (Agli altri). Allora, si dice d'incominciare? (Tristano fa cenno di si). Martina, Nora, venite, leste. (Entrano: Martina, Nora, Leonardo).

SCENA QUINTA

NORA - MARTINA - LEONARDO - TRISTANO - FILOMENA - BELLA - ARISTIDE

FILOMENA- Mettetevi a sedere... le seggiole ci son per tutti? Caso mai voi state in piedi, siete giovani... e poi di poesia non ve ne intendete.

LEONARDO- (Depone un paniere con cibarie davanti a Tristano). Sor Tristano, qui c'è la solita robina; questa volta ci ho messo anche la torta coi bischeri!

TRISTANO- Grazie caro. Sempre solerte il nostro giovine amico...Felice te che ami la poesia, tanto da pensare al suo umile vate. (Molto concretamente). Il prosciutto è del solito, poco salato, vero?

LEONARDO- Mezzo dolce, come sempre. Il formaggio è il solito emmental.

TRISTANO- Svizzero, naturalmente.

LEONARDO- Olandese. (Disappunto di Tristano). E' migliore. Assai migliore.

TRISTANO- Mi arrendo alla favella dell'esperto.

MARTINA- Due coppie d'uova...

TRISTANO- Fresche...

MARTINA- Di frigorifero.

TRISTANO- (A Leonardo che cerca di prendere il paniere). No, no, lascialo pure qui... E' fonte d'ispirazione. A proposito... il vino c'è?

FILOMENA- Rosso, l'ho scelto io personalmente.

TRISTANO- Chissà che nettare... Due bottiglie?

FILOMENA- Una... ma se non basta...

TRISTANO- No no, va bene va bene... pazienza... Ma passiamo ad argomenti più magniloquenti. Cosa ci regaleranno le nostre divine, ammaliatrici sirene?

BELLA- Bella! Una poesia sui pompieri! (Occhiataccia di Tristano)...Ho sentito dire: le sirene... Allora sull'ambulanza?

FILOMENA- Stai zitta! Voleva dire la fabbrica. Quando suonano le sirene, gli operai si ammaliano... e vanno alla mutua.

BELLA- Che concetti! Che sublimazione!

FILOMENA- Un sublimato! (Tristano si schermisce. I giovani trattengono a malapena le risa).

TRISTANO- La musa, che volete, ogni tanto si degna visitarmi.

BELLA- (A Filomena). O chi è la musa?

FILOMENA- Sarà la moglie del muso.

BELLA- (Si tocca la faccia). Questo quii? O che ha moglie? Caso mai il marito! (I giovani continuano a fare controscena ridendo di nascosto).

TRISTANO- Ieri sera, mentre meditavo sulla caducità delle cose terrene... si: l'ultimo uovo, come dovevo cuocerlo, bollito o affrittellato... un lampo mi ha squarciato la mente e ho scritto una poesia...

BELLA- Sul pulcino!

TRISTANO- (La fulmina con un'occhiata). Sul concetto imprescindibile dell'avere e dell'essere! Poi, stanco, sono andato a letto: ho indossato il pigiama e l'uovo me lo sono cotto in camicia.

BELLA- Col pigiama!

TRISTANO- Una cosuccia, dono di una ammiratrice.

FILOMENA- La camicia o il pigiama?

TRISTANO- L'uovo. Ma perché rattristarvi con certe elucubrazioni, oserei dire, incommensurabili. Fatemi invece ascoltare cosa avete partorito.

FILOMENA- Io ho due figliole già grandi.

BELLA- Io son signorina... Ancora per poco, spero.

TRISTANO- I vostri parti letterari. L'ultima produzione poetica.

NORA- (Istigata dagli altri). Mamma, leggigli quella sulla sardina.

LEONARDO- Una poesia sulle sardine?

MARTINA- C'è anche il gabbiano...

BELLA- Col mal di pancia!

FILOMENA- A dire il vero, ne ho scritta un'altra.

LEONARDO- Sempre sulle sardine?

FILOMENA- No. La volevo fare sulle acciughe ma mi veniva troppo simile all'artra, allora l'ho fatta sul crognolo.

BELLA- Che fantasia!

TRISTANO- Si, c'è una certa originalità. Nessun poeta aveva mai trattato esseri così minuscoli. Forse è l'infinitesimale che ci prepara al macrocosmico... cosmetico universale.

NORA- Dài mamma, faccela sentire!

MARTINA- Forza! (Ai ragazzi). State a sentire: Il Crognolo!

FILOMENA- Sono emozionata! Mi vergogno.

TRISTANO- La gioventù impone; non si può tradire l'attesa di un pubblico così generoso, ancorché famigliare.

FILOMENA- Va bene, mi faccio forza. (Si schiarisce la voce). Il crognolo! E' il titolo... Scusate la voce... (Declama).

O crognolo che giri per il mare,

stai attento ai pesci più grossi

e ai pescatori colle lampare.

La tua fine ormai è segnata:

o fare da esca in cima all'amo

o in padella per una bella frittata!

BELLA- Commovente!

TRISTANO- (Durante la declamazione ha emesso grugniti di disapprovazione). Si... devo dire... per quanto... il concetto testé espresso...nella sua pochezza... condensato... in versi... sublimi si fa per dire ma nel complesso oserei dire...

ARISTIDE- Ma le è garbata?

TRISTANO- (Lunga mimica per esprimere tutto il suo conflitto interiore). No!... (Vede il paniere). Cioè, si!... Si... E' un po' lontana dai canoni della poesia endecasillabica sciolta.

MARTINA- Ci faccia sentire qualcuna delle sue.

NORA- Via sor Tristano, lei è bravo: è un membro dell'Accademia.

TRISTANO- (Falsamente modesto). Troppo buoni quegli accademici...Se proprio insistete... (estrae di tasca un pacco di fogli gualciti). Giustappunto ho qui con me alcune cosucce, fra le tante che la mia fertile mente produce.

MARTINA- Le sue creature, Dio gliele salvi.

TRISTANO- Eh sì. Il travaglio creativo è doloroso come il travaglio del parto... Leggere una poesia è un po' come maritare una figlia: non è più interamente tua! Ogni poeta è geloso delle sue creature.

FILOMENA- Parole sante!

NORA- Ma se non si sposasse più nessuno, finirebbe il mondo.

LEONARDO- C'è sempre bisogno di rinnovarsi...

ARISTIDE- Di riprodursi!

BELLA- Voi uomini pensate soltanto a quelle cose lì! Materialistichi!

TRISTANO- No, no. I giovani che nutrono... che sono portati... insomma, che gli garba la poesia, bisogna accondiscendérli! In loro onore declamerò...(Legge su un foglio). Sant'Ambrogio... Vostra eccellenza che mi sta in cagnesco per que' pochi scherzucci di dozzina... Scusate... non è mia questa. È capitata non si sa come fra le mie creature; è di un certo (legge) Giusti Giuseppe, un caro, venerato collega con il quale sono molto affine... Anche se lui... non ha la mia altezza, vero... poveretto.

LEONARDO- Ci faccia sentire qualcosa di allegro.

TRISTANO- Per trovare qualcosa di allegro, nella poesia, bisogna andare indietro nel tempo.

ARISTIDE- Ingrana la retromarcia.

TRISTANO- (Occhiataccia). Il ditirambo, ci vorrebbe! Il poeta esprime sempre il proprio animo esulcerato ed eziandìo errabondo... Se si escludono le satire dei latini... Giovenale... Ovidio... Orazio...

NORA- Clarabella...

TRISTANO- Chi era costei? Esponente dell'umanesimo rinascimentale, forse?

MARTINA- No, la fidanzata d'Orazio, l'amico di Topolino, sa...

BELLA- Che è fidanzato con Minnie, che non si sposano mai! Lo compro tutte le settimane ma non c'è verso!

FILOMENA- O Paperino?! Con quel suo zio tirchio, poveròmo, ci fa una vita...

TRISTANO- Sono forse poeti decadenti di fine ottocento? O contemporanei non ancora affermati?

LEONARDO- Sono americani!

TRISTANO- (Sconvolto). Oh!... L'America! Grande potenza... ma in quanto a poesia, la vecchia Europa ci vuole, anzi: la vecchia Italia!

FILOMENA- L'Accademia della Crusca.

BELLA- Del semolino!

TRISTANO- Scusate... Il mio animo è sconvolto fino nel profondo... Ho bisogno di riconcentrarmi, di riconciliarmi con la vita.

FILOMENA- (Ai giovani).L'avete fatto sconcentrare! Villani! (A Tristano). Vuole un po' d'acqua?

TRISTANO- No, caso mai un po' di vino... anzi: un dito di liquore... forte!

FILOMENA- Martina fammi il piacere: prendi la bottiglia del cognac. (Martina esegue). Sor Tristano, ce la farà a riconcentrarsi?

TRISTANO- (Cenno vago come a dire: chissà. Martina ha dato la bottiglia ed un bicchiere a Filomena che si accinge a versare). Grazie, amica sublime... un ditino solo. (Mette il dito in posizione verticale accanto al bicchiere).

FILOMENA- Per di lungo?!

TRISTANO- Ho delle mani così piccole. (Beve).

MARTINA- Mani di fata!

FILOMENA- (A Tristano che le porge il bicchiere). Ne vuole ancora un po'?

TRISTANO- Grazie, per gradire.

FILOMENA- Un altro ditino? (Tristano annuisce). Per di lungo? (Tristano annuisce). Tanto ci ha le mani di fata.(Versa. Tristano beve d'un fiato). Ma gli farà male?

TRISTANO- I poeti sono insensibili alle sollecitazioni degli agenti corporei e temporali: (singhiozzo da alcool) il freddo, il caldo, la fame, il sonno... l'alcool. (Cerca di mettere la bottiglia nel paniere: non c'entra. Dopo laboriosi tentativi riesce a infilarla nella tasca della giacchetta. L'azione è commentata dagli altri con frasi a soggetto).

BELLA- Ora che s'è rinfrancato, ce la fa sentire una poesia?

TRISTANO- L'animo del poeta è esa... esacerbato... Le cose più belle nascono dalla sofferenza qui. (Si batte il petto).

BELLA- Gli ha fatto male il cognac, lo sapevo! Due dita per di lungo son tante!

TRISTANO- Per accontentare l'uditorio, vi leggerò...(cerca tra i fogli, facendone cadere qualcuno). "La morte dello scarafaggio", versi sciolti...(Urla). Silenzio!! (Sommesso,declama).

O scarafaggio, tutto vestito di nero

con le zampette t'inerpichi sul muro.

Uno scarpone, come un macigno

ti schiaccia, ti frantuma...

le tue zampette annaspano nell'aria

sul corpo riverso... si fermano.

La scarafaggia grida: "Amore, amore,

dove sei?... Dove?..."

Ma lui, immobile, non risponde più.

È morto!

(Commosso, reprime a stento un singhiozzo, estrae un fazzoletto orlato di nero e si soffia rumorosamente il naso. Bella e Filomena piangono, i giovani ridono nascostamente).

FILOMENA- Che angoscia! Che pàtos!

BELLA- Povero scartafaccio!

TRISTANO- È il destino dell'artista. (Estrae la bottiglia e beve a garganella). Bisogna affogare la mestizia, la tristezza, l'ambascia...

BELLA- L'ambasciatore... tutto ubriaco!... Che cose! A raccontarle non ci crederebbero.

FILOMENA- Sono tutta scombussolata... Un'altra, un'altra poesia. Lesto, lesto sor Tristano, ci faccia piangere un altro po'.

TRISTANO- Avrei la morte della formica... la morte del maggiolino... fino al rinoceronte.

LEONARDO- Che allegria!

MARTINA- Ma che fa, il beccamorto?

NORA- Si, al giardino zoologico! (I giovani ridono fra loro).

TRISTANO- Scusate ma non posso continuare.

ARISTIDE- Meno male!

TRISTANO- L'animo del vate si è rotto.

LEONARDO- Hai sentito: s'è rotto il vater. E ora come si fa? (Ridono).

TRISTANO- È come una pioggia di tasselli che devono ricomporsi per formare il mosaico.

NORA- Lesto, vai a prendergli un cocomero, ci deve fare il tassello. (Ridono).

TRISTANO- Mentre l'intima essenza del poeta si ricompone, perché le sublimi muse non ci deliziano, si fa per dire, con qualche parto delle loro meningi?

FILOMENA- (Si guarda con Bella, poi, un poco incerta). La meningite... ha partorito...

BELLA- Un cocomero grosso così... col tassello.

FILOMENA- In assenza del poeta... con un muso lungo così.

BELLA- Siccome s'era rotto il vater, ci dovette mettere il mosaico.

FILOMENA- Ma gli andava tutto di fuori. (Espressione di schifo)

TRISTANO- Un intervento poetico...

BELLA- Io n'avrei scritta una sull'amore. (Guarda Aristide). Visto che insistete tanto, ve la faccio sentire. La so a memoria. (Declama).

O amico mio Aristotele,

ti sogno sempre imperturbobile...

(Scusandosi). È per la rima. (Continua a declamare).

Mi vuoi? Io ti voglio: pigliàmoci,

strapaziàmoci, risvortoliàmoci .

Fammi sentire la brezza dell'amore

fino in fondo al cuore...

in un cespuglio di more.

(Scusandosi). La rima. (Tutti applaudono. Si avvicina a Aristide). Quando hai deciso per le nozze? Di venerdì no perché porta male ma tutti gli altri giorni... saròtua... Aristotele... Ari...

ARISTIDE- Ma insomma, finiamola! Io non ce la faccio più! Ogni bel gioco dura poco!... Cara signorina Isabella, la smetta con questa fissazione. Lo dovrebbe capire che non è possibile: io sono innamorato di Nora, lei è innamorata di me e ci si sposa. Se vi sta bene, bene; sennò ci si sposa per conto nostro!!

BELLA- Ari... Mi vuoi già lasciare?! Senza nemmeno un bacio... Cosa sarà di me?... Sedotta e abbandonata!... Oddìo vengo meno... (Si siede assistita da Filomena e Tristano).

TRISTANO- (A Aristide). Si vergogni! Insolente! Aggredire così una tenera fanciulla! Una pulzella!

ARISTIDE- Ma la faccia finita, anche lei! Ha fatto rimbecillire tutti con quei troiai di poesie!

TRISTANO- Le mie poesie!... Le mie creature!... Lui ha osato offenderle!... E il cielo, non ha più fulmini?!... Oddìo... la tenebra mi opprime i sensi: svengo. (Si accascia sulla sedia).

FILOMENA- Sor Tristano... sor Tristano. (A Aristide). Guarda cos'hai fatto! Non ti rimorde la coscienza?! Un poeta, un letterato, un accademico. Tristano come sta? Si riprende?

BELLA- Dagli da bere. Mi ci vuole anche a me sennò vengo meno. (Fa per prendere la bottiglia ma Filomena glielo impedisce).

FILOMENA- Smetti, non ci sei abituata, ci rimani secca... Tristano: fai un lamento...

BELLA- Guardalo lì: non rifiata. È morto e duro come un baccalà!

FILOMENA- (A Aristide; prima soffiato poi a voce piena). Assassino!... Assassino!!

BELLA- L'hai ammazzato! Poverino, voleva tanto bene alle bestie: le faceva morire tutte nelle sue poesie.

NORA- Mamma! Zia! Finiamola! Ma non ve ne accorgete come siete ridicole?! (Parlano tutti assieme, grande confusione).

BELLA- Ha detto ridicola a sua madre! Che mondo!

MARTINA- Lo dovete capire che questo non è il modo di tirare avanti! Noi ci vogliamo sposare!

LEONARDO- La dovete capire la nostra situazione!

ARISTIDE- Siamo maggiorenni! Abbiamo da costruirci una vita!

FILOMENA- Tristano, lo senti come mi trattano?... Le mie figliole: sangue del mio sangue!

BELLA- Io non reggo! Io schianto! Io rovino!

SCENA SESTA

CATALDO - NORA - MARTINA - FILOMENA - ARISTIDE - LEONARDO

BELLA -TRISTANO

CATALDO- (Entra molto abbattuto). Cos'è questa baraonda?... sono entrato i casa mia o in una palestra di pugilato?

NORA- Babbo, arrivi a proposito. Mettici bocca te, altrimenti non sappiamo dove andremo a finire!

CATALDO- Calma, calma. Non ne ho voglia di mescolarmi alle vostre gazzarre. Ho bisogno di stare un po' tranquillo.

NORA- Babbo, cos'hai?

MARTINA- Babbo, stai bene'

LEONARDO- Posso fare qualcosa?

ARISTIDE- Io sono a disposizione.

FILOMENA- Sentilo il signorino! È a disposizione! Cataldo, bùttalo fuori di casa! Ha fatto ammalare il mio amico Tristano! Pretende di sposare la tua figliola! Cataldo: bùttalo fuori di casa!

BELLA- M'ha ingannato. Bùttalo fuori!

CATALDO- Piano, piano... Giovanotto: vorresti sposare Nora?

ARISTIDE- Ci vogliamo bene...

CATALDO- (Soffocato). Ma forse non basta... Mia moglie, forse, ha ragione... Dimenticati Nora... e tutti noi.

NORA- Babbo cos'è successo? Come mai sei così cambiato?

CATALDO- Alle volte... si riflette, ci si ripensa... ha ragione tua madre. E anche te, Martina, mi dispiace ma... sarebbe bene che tu lasciassi questa casa.

MARTINA- Sei propio te babbo, sei te che mi dici questo... Ma allora a questo mondo, è propio vero, non c'è più religione!

FILOMENA- (Trionfante e ironica).Sor Aristide, la porta è quella: trova un corridoio, arriva fino in fondo, sulla destra c'è una porta: l'apre, ci son le scale... Le può anche ruzzolare! (A Martina). E te, vagli dietro! Insieme al tuo damerino!

NORA- Mamma, non te lo permetto di parlare con cotesto tono! perché, a questo punto sia ben chiaro: se deve ruzzolare le scale lui, le ruzzolo anch'io!

BELLA- Ruzzolate ruzzolate... Io andrò in convento... Tristano, (si è appena riavuto) Tristano; porterò l'illibatezza nella clausura d'un chiostro.

TRISTANO- Io verrò a trovarla, cara amica, come Cirano visitava Rossana.

BELLA- Chi è Cirano, il dottore della mutua?

TRISTANO- (Pronuncia francese). Cirano de Bergerac!... Al quinto atto della tragedia omonima... Ma prima, qualcuno dovrà darmi soddisfazione!

BELLA- Bravo!

TRISTANO- Mi ergerò a paladino per difendere l'onore vilipeso di una dolce, eterea creatura.

BELLA- Chi è?

TRISTANO- Ma siete voi, gentile amica. Quel ribaldo che ha osato attentare al vostro candore, dovrà dare soddisfazione a me! (Ad Aristide). Dico a lei, giovanotto: cos'ha da dire a sua discolpa?

ARISTIDE- Mi dispiace. Mi dispiace che non sono in casa mia e non posso farti ruzzolare le scale per davvero. Ma se vuoi scendere con le tue gambe e aspettarmi sull'uscio, son buono a riempirti la ghigna di cazzotti, anzi: di soddisfazioni, come dici te!

NORA- Sor Tristano, è meglio che se ne vada: la cosa può finire male.

TRISTANO- (Nobiluomo offeso). Quand'è così, ascolto il consiglio della femminile saggezza... e non raccatto; un gentiluomo è superiore a certe cose... Signora Filomena, impreviste circostanze mi impediscono di godere oltre del suo impagabile salotto, per così dire letterario.

FILOMENA- Mi dispiace un mucchio, sor Tristano. Ma ritorni.

TRISTANO- Non so, vedremo. Per intanto chiedo licenza. (Offre il braccio a Bella). Dolce amica, volete dividere meco questo triste lasso della mia vita?

BELLA- Come no! Sarà sempre meglio che rinchiudersi in un convento. (Si avviano alla porta).

TRISTANO- Pardon. (Va al tavolino, prende il paniere, lo stringe al petto, torna ad uscire. Sulla porta, con estrema dignità). Non raccatto! (Esce con Bella).

FILOMENA- Isabella... se n'è andata...

CATALDO- Noon aver paura, a mangiare torna... quel poco che ci sarà.

FILOMENA- Tutta colpa vostra! Non reggo... devo andare di là... a piangere... Non mi troverete più... Mi scioglierò tutta in lacrime... Cercherete Filomena ma non la troverete... perché Filomena non esiste più... più... Si è sciolta... in lacrime... più... più. (Esce melodrammaticamente).

SCENA SETTIMA

CATALDO, NORA, MARTINA, LEONARDO

NORA- Babbo, ce lo devi dire chiaro e tondo: cos'è successo? Hai fatto un cambiamento che non è affatto normale.

MARTINA- Forse, al negozio, le cose son peggiorate?

CATALDO- No no, va tutto bene... Magari, per un po' di tempo, non potrò più andarci alnegozio.

NORA- Perché?

CATALDO- Deve restare chiuso per... per un pochino... hanno da fare dei controlli.

ARISTIDE- Sor Cataldo: tutto questo mi fa pensare a una situazione... diciamo... poco chiara.

LEONARDO- I controlli in un negozio chiuso si fanno soltanto... quando i conti non tornano.

ARISTIDE- A noi ce lo deve dire: saremo i suoi figlioli.

LEONARDO- Certo: ci dica tutto.

NORA- Si tratta di quello... che avevi paura? Quella scadenza... la cambiale...

CATALDO- Me l'hanno protestata.

MARTINA- E ora? Cosa succede?

CATALDO- Niente... cosa deve succedere?

ARISTIDE- Sor Cataldo: parliamoci chiaro, se c'è una situazione da rimediare, bisogna sapere le cose come stanno.

LEONARDO- Bisogna essere precisi... Per caso, si tratta di fallimento... è così?

ARISTIDE- Ce lo deve dire.

CATALDO- Non è stato possibile farne a meno.

MARTINA- E per questo non volevi che ci si sposasse; mi volevi buttare fuori di casa?

NORA- Babbo, (scherzando male) ti si è ribaltato l'ultimo piano? (Accenna la testa). Eppure ce l'hai piuttosto sviluppatino. (Molto affettuosa). Tutto si rimedia a questo mondo. Lo dicevi anche te: c'è tanta gente che fallisce.

CATALDO- Si dicono tante cose ma quando ci si ritrova al dunque... Lo capite che non avrò più il coraggio di mettere il naso fuori dall'uscio... Volete sposarvi... ma chi la piglia la figliola d'un fallito...

ARISTIDE- Io la piglio.

LEONARDO- Anch'io.

CATALDO- Si, lo so: siete due bravi ragazzi... ma loro non hanno una lira, perché qui in casa... e la festa, la bella festa che volevo fare... non si potrà più farla.

NORA- O che te la prendi... Vorrà dire che si faranno le nozze coi fichi secchi.

MARTINA- Io in casa ci resto, magari a pane e acqua ma non vi voglio lasciare.

CATALDO- Come si farà a tirare avanti? Ormai son vecchio e trovare un altro lavoro... come farò...

ARISTIDE- Senti, Cataldo... Possiamo darci del tu: ormai siamo di famiglia. Dicevo: di commercio un po' te ne intendi. L'officina, sai 'om'è, il lavoro, ringraziando il cielo aumenta, c'è sempre da star dietro agli acquisti, le fatture, le tasse... insomma, mi ci vuole qualcuno che mi tenga l'amministrazione; io non ne son proprio capace.

LEONARDO- Anche da noi ci vorrebbe qualcuno così. Abbiamo un ragioniere che ormai è vecchio e mezzo rimbambito. Potrebbe essere il principio.

ARISTIDE- Poi, da cosa nasce cosa.

CATALDO- Ma non so se sarò all'altezza.

NORA- Queste cose le sai fare. Non sarai tanto buono a trattare coi clienti ma i numeri son sempre stati il tuo pezzo forte.

CATALDO- Vi ringrazio... Vuol dire che ci penserò... Ora ho il cervello che mi va un po' a processione.

ARISTIDE- Hai bisogno di riposarti. Noi si va via. Ci si vede domani.

LEONARDO- Io vado a parlare con mio padre. Vieni anche te Martina.

MARTINA- Sì. (A Cataldo e Nora). Torno subito.

ARISTIDE- Coraggio... a domani.

LEONARDO- Domani è un altro giorno. (Esce con Aristide e Martina).

SCENA OTTAVA

CATALDO, NORA

CATALDO- Domani è un altro giorno... lo diceva anche quello... chi lo diceva? Mah, l'importante è che sia una bella giornata, piena di sole... ma io ci vedo tanta nebbia.

NORA- Sarà una bella giornata (lo abbraccia) come quando, da piccina, mi tenevi sulle ginocchia e mi raccontavi le novelle, coi principi azzurri.

CATALDO- L'hai trovato, eh, il tuo principe azzurro...

NORA- Si babbo... siamo ricchi e non si sapeva... ci si vuole bene.

CATALDO- È la più grande ricchezza.

NORA- Bisogna farlo capire anche a mamma.

CATALDO- Ci penso io... con le buone maniere... ma la dovrà intendere.

NORA- Domani le parlerai... eh?

CATALDO- No, oggi... Domani è un altro giorno ma oggi è quello che conta... Ora la chiamo. (Si scioglie dall'abbraccio, chiama verso l'interno). Filomena... Filomena... (Aspetta con la testa alta mentre Nora esce silenziosa. Musica. Sipario).

FINE