di Pier Benedetto BERTÒLI
da IL DRAMMA - Anno 44 - n. 2 - Novembre 1968
PERSONAGGI:
Satiro
Nerina
Filippo
Alba
La Trascendenza (le sole gambe)
Tutti dai 30 ai 40 anni. Tranne la Trascendenza che ne ha molti di più.
Le cose appaiono davvero più grandi dei personaggi, in questo salotto di borghesi agiati. Corre un rapporto uomo-cosa quale si verifica normalmente tra un bambino di tre anni e le cose nostre abituali. Così gli attori arriveranno a mala pena a superare con la testa il carrello dei liquori, sul quale bicchieri e bottiglie appariranno, in proporzione, enormi. Giungeranno col naso al sedile delle sedie e vi si arrampicheranno sopra a fatica. Le vaste poltrone saranno capaci di accogliere comodamente due, tre persone. Tavolini, soprammobili, fiori nei vasi da fiori, lutto più grande del normale, proporzionatamente. Le porte alte il doppio di quelle nostre comuni. Problemi di scenografia e di trovarobato insuperabili? Mah. Dopo la lettura del testo stabilire se varrà o meno la pena di studiarli e dì risolverli. Del resto tutto potrebbe essere semplicemente accennato e sintetizzato: potrebbero bastare una grande sedia e un grande vassoio con grandi bottiglie. E l'idea di un'alta porta aperta sul fondo. Tiriamo coraggiosamente avanti. Gli attori, si capisce, riguardo a questi super-mobili devono comportarsi in maniera naturale, indifferente: come il bambino che, volendo sedersi, non si stupisce certo di doversi arrampicare su una sedia.
È sera, un po' dopo cena, in casa dei signori Selvatico. Nerina Selvatico, la padrona di casa, è in piedi. Davanti a lei Filippo e Alba, entrati da poco.
Nerina. Ci dev'essere un equivoco, signori. Io non li conosco.
Alba. Certo che non ci conosciamo, signora. Neppure suo marito conosciamo. È ben questo l'interessante.
Filippo. Se ci conoscessimo non avremmo accettato l'invito. Strano però che suo marito non le abbia accennato.
Nerina. Niente. Non mi ha annunciato nessuna visita per stasera. È addirittura uscito.
Filippo. Uscito?!
Alba. Incredibile. Che si sia dimenticato?
Nerina. Mio marito lavora presso un istituto mnemonico. Non dimentica mai niente.
Filippo. Quindi toccherebbe a noi giustificare la nostra presenza qui.
Nerina. Sto appunto aspettando. Filippo. Vede, la ragione della visita, l'invenzione direi della visita, non è nostra. È stato suo marito a escogitare, a combinare.
Nerina. Ha una ragione precisa la loro visita?
Filippo. Certo, signora. Non penserà che ci presentiamo così, in casa d'altri, di sera, sconosciuti, senza una ragione precisa.
Nerina. Credevo si trattasse di una visita per la visita. Una semplice visita, insomma.
Alba. Oh ma che bel divertimento!
Filippo. Alba Maria, mia moglie, è capace a volte di una sfrontatezza che può dare nell'occhio. Ma è fatta così. Del resto è questo l'aspetto che può piacere di lei.
Alba (che passeggia per la stanza). Dio mio, che casa! Che agiatezza borghese! Non un balzo di fantasia, non un'intenzione evasiva. Che socialdemocrazia!
Filippo. Non trova mai niente che le vada bene. Alba. È in una posizione di critica costante, di rivoluzione permanente, come i cinesi.
Alba. E come mi vorresti? Tutto va ben madama la marchesa?
Nerina. Ionon so se devo andarmene, se devo rimanere...
Filippo. Rimanere! Come no, signora? È in casa sua! E poi noi a chi faremmo visita?
Nerina. (controllando come può l'irritazione) Il motivo della visita, dunque, visto che non è una semplice visita?
Filippo. No, appunto, dicevo: non siamo più usi far visita per far visita. Ci siamo ribellati, abbiamo voltato le spalle a questo tipo di rapporto. Non abbiamo più amici. E ci pesa non avere amici. Una cosa sola ci peserebbe di più: avere amici.
Nerina. E io che posso farci?
Filippo. Forse suo marito ci ha voluti qui proprio per questo, per il nostro modo di avere relazioni non avendone, per la nostra disponibilità saltuaria e imprevedibile. Via Archimede 80, terzo piano, interno 8. Signori Selvatico. Non abbiamo sbagliato porta, per caso?
Nerina. No. Iosono appunto la signora Selvatico.
Alba. Ma davvero non sa, signora? O finge? Eh? Avete cambiato idea?
Nerina. Chi?
Alba. Lei e suo marito. E adesso lui si da assente e manda avanti la finta ignara. La « marine ». E il Pentagono dietro, a coordinare l'escalation. È così?
Filippo. Calma, Alba. Se la signora davvero non sa niente...
Nerina. Che siano dei ladri lo escludo. Non sarebbero entrati suonando alla porta.
Alba. No. Sono i postini che suonano. Escluda ladri. Batta altre strade.
Nerina. Ma sono i Sartoris di Biella!
Alba. Come?
Filippo. Chi sono i Sartoris di Biella?
Nerina. Quei parenti che non conosco. Mi avete voluto fare una sorpresa. Eh, siete voi? Tu sei Giacomino, va' là che l'ho capito.
Filippo. Qui, a portata di mano, avrei Giacomino. Potrei essere Giacomino, almeno per una sera. Ma perché essere Giacomino?
Alba. Niente Giacomino. Non attacchiamoci ai Sartoris di Biella che facciamo naufragio. Battere altre strade, signora.
Filippo. Intanto che lei batte, se permette, io mi siedo. (Si siede arrampicandosi su una poltrona, o su una sedia).
Nerina. Riunione di condominio.
Alba. (sorpresa e divertita) Eh?
Nerina. Sì, loro sono i proprietari del secondo piano, quelli che non vengono mai alle riunioni condominiali. Stasera è convocata la riunione in casa nostra, e mio marito si è dimenticato di dirmelo.
Filippo. No. Perché suo marito lavora presso un istituto mnemonico e non dimentica mai niente.
Alba. Sono tipo da riunioni condominiali, io? Fremo di novità, io. Non ci saranno più condomìni e condòmini. Gliela darà Mao ai condomìni. (Imita Mao come se fosse un orco) « Adesso portatemi qui i condòmini ». « Ma... non ci sono i condòmini, non si trovano ». « Scovatemeli nelle loro casette. Sono nascosti sotto i loro lettini. Tiratemeli fuori con due dita, i signori condòmini, e portatemeli qui che me ne voglio fare un bel pasticcio di riso».
Nerina. (terrorizzata) Sono dei cinesi?
Alba. No. Non ancora.
Nerina. Delle spie? Degli esuli politici? Dei profughi, dei terremotati? dei diseredati, degli orfani, dei figli di ignoti, degli scroccatori di cene, degli evasi dal carcere, degli evasi da un manicomio, dei pazzi! Cielo! dei pazzi?!
Filippo. Depennare tutto l'elenco. Se vuole, aggiungere banditi sardi, ricattatori, ricettatori, fantasmi, ectoplasmi, il diavolo: e depennare, depennare.
Nerina. E allora?
Alba. Ma il grande assente, signora, via! Perché non pensare al grande assente?
Nerina. Il grande assente? Chi è il grande assente?
Alba. Appunto. Chi è il grande assente?
Nerina. Mio marito?
Alba. Macché. Suo marito è il piccolo assente. Se ci fosse, d'accordo, un piacere conoscerlo. Ma il grande assente dai suoi elenchi, dai suoi estri, dalle sue fantasie, dai suoi pensieri, chi è?
Nerina. Chi è?
Alba. È il... Dio mio che testolina. Spremere, madame.
Filippo. Avanti, signora, un piccolo sforzo. È il...
Nerina. Il?...
Alba. Il... il sesso! Il sesso! Il sesso! Il sesso!
Nerina (presa, veloce, meccanicamente consenziente). Ah sì, il sesso, certo il sesso, il sesso ah sì sì, il sesso, si sa.
Filippo. Già, appunto, il sesso. (Una pausa).
Nerina. (realizzando). Il sesso? Il sesso? Ma come il sesso? Ma quale sesso?
Filippo. Non ce ne sono molti. Due, con variazioni e deviazioni sul tema.
Nerina. Ma come si permettono? Il sesso in casa d'altri?
Alba. Atteso e previsto il « come si permettono ». Apprezzatissimo « il sesso in casa d'altri ». Comunque siamo sulla strada giusta. Avanti. Battiamo il sesso fin che è caldo.
Nerina. Forse sono degli stupratori a mano armata, dei violenti?
Alba. Ma neanche per sogno. Mio marito è un mite, vedrà.
Nerina. Forse dei sadici?
Filippo. No, non siamo ancora alle specializzazioni. Pratichiamo maniere tradizionali.
Nerina. Perché sadici in casa mia non mettono piede, sia chiaro.
Alba. Masochisti sì?
Nerina. Ma niente, niente, nessuno. Né sadici, né masochisti, né maoisti. Qui non si commettono atti contro la morale o contro l'Occidente.
Filippo. Ma allora abbiamo sbagliato porta.
Nerina. Ma perché?... loro sarebbero venuti qui per...? Incredibile! E con chi?
Filippo. Come con chi, signora? I signori Selvatico chi sono?
Nerina (comicamente terrorizzata). Che spaventoso! Che vergognoso!... Ma no!
Filippo. Ma sì. Senza forzare, si capisce. Con le buone maniere. Noi abbiamo solo accettato un invito. Abbiamo dato la nostra . adesione. Se poi la signora non gradisce...
Nerina (meravigliatissima, comicamente scossa). Che cose! Che cose! Che cose!... (Riprendendosi). Ma cosa credono loro? Che la mia casa onorata sia una casa d'appuntamento!
Alba. Attesissima da qualche minuto, « casa onorata » arriva all'appuntamento in perfetto orario. Puntualità, il tuo nome è casa onorata.
Satiro. E anch'io giungo in perfetto orario. Signori Buonasera.
(Entra Satiro, il padrone di casa, sospingendo il carrello dei liquori, dalle già indicate super-proporzioni, con grandi bottiglie e alti bicchieri).
Nerina. Come, non eri uscito? Satiro. Finta uscita, tesoro. Ero di là. Aspettando che si rompesse il ghiaccio. Non quello per il whisky, ma il ghiaccio di qua, fra di voi. Adesso che è rotto arrivo io. I signori sono i Piana o i Pierdavinci?
Filippo. Piana. Filippo Piana.
Satiro. Fortunatissimo. (Bacia la mano ad Alba). Vuol dire che i Pierdavinci arriveranno più tardi.
Nerina. Chi sono i Pierdavinci?
Satiro. Un'altra coppia.
Filippo. Ah, c'è un'altra coppia in arrivo?
Alba. Finché c'è un'altra coppia c'è speranza.
Satiro. Fra noi quattro la situazione sarebbe tanto disperata, signora? Un whisky?
(Porge un bicchierone. Alba prende con due mani il bicchierone, si siede, berrà).
Nerina (a Satiro). Adesso tu mi spieghi.
Satiro. Non ti hanno già spiegato i signori?
Nerina. Devi spiegarmi tu. L'idea è veramente partita da te?
Satiro. Un sasso nello stagno. La sera subiamo il video. Nutriamo amici troppo in confidenza perché si possano azzardare confidenze nuove. Giochiamo a chi buttar giù dalla torre. Ma ognuno resta sempre nella sua, al riparo. Congedati gli amici si spegne la luce sul comodino, si gira la testa dall'altra parte. Lei di là, io di qua.
Alba. O fissità dei posti a letto, o agonia dell'amore!
Satiro. Diamo allora una rimescolata alle carte, mi son detto. Inserzionai: «Coniugi rappresi matrimoniale torpore per tentativo risveglio et rilancio telefonare a... ».
Nerina. Come una massaggiatrice.
Satiro. E le telefonate che sono piovute! Ho potuto scegliere, vagliare, corre fior da fiore, per la mia roulette. Sei giocatori in circolo. Una bottiglia in mezzo, adagiata. Un giro alla bottiglia. Dove si ferma il collo, prima indicazione. Dove si ferma ancora, seconda indicazione: e coppia formata.
Nerina (stupitissima). Coppia per... che cosa?
Alba. Sesso, sesso signora.
Nerina. Ma è incredibile! Una signora come me. Coi miei principi!
Alba. E perché, fra tante possibilità, ha scelto proprio noi?
Satiro. Così, a fiuto. Non è stato facile selezionare. Certi Biadoni, per esempio, si sono offesi. Pensavano che per vincere il torpore matrimoniale organizzassi un torneo di dinasta. Un signore voleva mandarmi la suocera. Un uomo politico mi ha assicurato che sarebbe stato felice, ma non poteva esporsi prima delle elezioni. Se mai dopo. Se perderà per consolarsi. Se vincerà per festeggiare.
Filippo. Come lo Stock 84.
Satiro. Con loro e con i Pierdavinci ci siamo intesi subito. Non so, per la voce, per la disponibilità estrosa.
Nerina. Che io non ho.
Satiro. Che cosa?
Nerina. La disponibilità estrosa. Io non entro nel gioco. Non casco nella ignobile trappola.
Alba. « Ignobile trappola », non male. Un po' mediato dal feuilleton. Ma accettabile, data la circostanza.
Nerina. Tumi conosci, Satiro, e lo sai.
Alba. Bello, satiro! Detto così, poi, come per inciso, disimpegnato. Come se satiro fosse il suo vero nome.
Satiro. È il mio vero nome.
Alba. Non dica! Splendido. E non ceda, non si lasci tentare dal diminutivo: Tiro è rozzo, si pensa subito al brocco che tira. Satiro! Splendido. (Ironicamente civetta, con comica seduzione). Voi mi piacete, signore.
Nerina. Basta con questo gioco. Basta, capito?
Satiro. Ecco, adesso hai detto bene, Nerina. Gioco.
Nerina. Innocente, magari.
Alba. Un po' malizioso.
Filippo. Postconciliare.
Nerina. Postribolare!
Satiro. Anche. Nel preciso senso etimologico. Post-tribolare. Dopo i triboli quotidiani. Dimenticarsi.
Alba. Scambiarsi i posti nel lettone.
Nerina (al marito). Ma non me l'avevi detto, però.
Alba. Eh sì, queste cose si dicono alla mogliettina.
Satiro. E la sorpresa per l'onomastico dove andava a finire?
Alba. L'onomastico della signora! Oh, auguri! Saperlo arrivavamo con i fiori.
Nerina. Grazie. (Sarcastica, si capisce).
Alba. Cielo, che uomo imprevedibile, Filippo! È l'onomastico della moglie e lui, capito il regalo? Ma che bravo! Più sorprendente di un uovo di Pasqua. Così si festeggiano gli onomastici.
Satiro. Avanti, padrona di casa, avanti con salati e dolciumi. La festa va a incominciare.
Nerina. No. Non incomincia niente. Qui adesso uscite tutti. Perché anch'io ho un mio appuntamento.
Satiro. (piuttosto sorpreso) Tu? Hai un appuntamento?
Nerina. Sì.
Satiro. Qui in casa?
Nerina. Qui in casa. Stasera tu uscivi. Amici non ne erano previsti. Al punto in cui siamo devo dirtelo. Sì, aspetto qualcuno anch'io.
Satiro. E brava.
Nerina. Cosìla sorpresa si ribalta. Siete voi che ve ne andate, perché io aspetto gente.
Satiro. Gente? Quanta?
Nerina. Uno.
Satiro. Ah. Uno solo. Chi è. si può sapere?
Alba. Magari si può allargare il giro, fare una roulette a sette.
Nerina. No. signora. La persona che aspetto non saprebbe inserirsi in certi sporchi giri di roulette.
Alba. Ma che persona per bene! Brava. Cos'è, il solito farmacista integerrimo?
Satiro. Insomma, chi stai aspettando? Io, chi aspettavo, te l'ho fatto addirittura trovare in casa, lealmente.
Filippo. Sarà un amante. Cosa vuole, di questi tempi...
Alba. O un figlio della colpa che viene a visitare la mamma un mercoledì sì e un mercoledì no.
Satiro. Chi dunque, Nerina?
Nerina. Vuoi proprio saperlo? Un vescovo.
Satiro. Un vescovo?! Come, un vescovo?
Nerina. Aspetto un vescovo.
Satiro. Un vescovo qui?
Nerina. Sì. Non si può ospitare un vescovo?
Satiro. Certo che si può. Complimenti.
Filippo. La signora rispetta i princìpi.
Alba. Dio che bello, un vescovo! Palato fino. Tratta prelati, la signora.
Nerina. Non è detto che un vescovo venga a un appuntamento per i motivi a cui pensa sempre lei. Non è sempre il sesso il grande presente, signora.
Satiro. Ti sapevo pia, Nerina, ma non sapevo che ci fosse addirittura un vescovo nella tua vita.
Nerina. Un vescovo che è anche mio zio.
Satiro. Un vescovo zio, o uno zio vescovo che fa lo stesso, di cui mi hai sempre tenuta nascosta l'esistenza.
Nerina. Più che uno zio, è un padre.
Alba. Figlia di un vescovo. Non potevamo capitare meglio. È ora di togliere il disturbo, Filippo.
Nerina. Padre spirituale, intendo. Mia guida e forza.
Satiro. Ti fa visita spesso, sua eminenza?
Nerina. Quando la cura d'anime glie ne dà il tempo.
Satiro. E quando io vado al caffè, visto che non ne sapevo niente. Strano però, di sera. I vescovi normalmente, si muovono poco, tanto meno di sera. Sono stanchi, anziani. Hanno altri pensieri per la testa che alleviare gli scoramenti delle nipoti. Hanno la diocesi da amministrare, le cresime da impartire, i sinodi da indire...
Alba. Le omelettes da preparare...
Filippo. Le omelie, cara, non le omelettes. Di questo passo arriviamo al pâté di animo.
Satiro. No, non è possibile. Hai detto vescovo per far colpo. Tu vuoi metterci un archimandrita tra le ruote. Ma non c'è nessun vescovo che deve venire. Te lo sei inventato.
Nerina. Perché la mia anima non può aver bisogno di un presule? Tu fai qualcosa per la mia anima?
Satiro. Io?
Alba. Già, cosa fa lei per l'anima della signora? Se lo viene a sapere Mao che lei non fa niente per l'anima della sua signora!... (Imita l'orco Mao). « Portatemi delle anime, che voglio farmi l'acqua gassata ».
Satiro. Su, Nerina, sei un po' frastornata. Hai ragione anche tu, intendiamoci. Tu sei pia, modesta, io violentemente materiale. Cercavo l'insolito. Volevo uscire dalla palude. Rilanciarti. Rilanciarci.
Nerina. Prima mi spegne, poi vuole rilanciarmi e uscire dalla palude.
Satiro. Spenta? Io ti ho spenta?
Filippo. La signora mi sembra ancora viva e vivace.
Nerina. Prima sì, una volta sì ero viva. E forse lui mi ha sposata proprio perché ero così viva. Mi piaceva tutto, ballare, fare passeggiate, andare al cinema. Ma gli uomini ci sposano e ci spengono.
Satiro. E dàlli con lo spegnere. Ti ho mai fatto mancare niente? Eh? È il colmo! Una accusa così a me, che per colpa sua non sono mai riuscito a trovare il coraggio di avere un'amante!
Alba. Cosìscarno il suo curriculum erotico, signore?
Satiro. Per colpa sua. (Indica la moglie). La sua morale mi ha invischiato. Come si fa ad avere un'amante? Dove la si nasconde, dove la si porta, con una moglie del genere sempre sulla coscienza? Con una moglie che si tira in casa vescovi? Vedo delle donne splendide a volte, dagli sguardi inequivocabilmente equivoci. Basterebbe fare un passo. Non mi muovo: mi viene in mente il vescovo. Voglio dire... mia moglie.
Alba. Forse lei non è nato poligamo.
Satiro. Mi ci ha fatto diventare lei monogamo, con l'esempio della sua morale paralizzante.
Nerina. E ti lamenti?
Satiro. Mi sono detto basta. Ho deciso di uccidere la tua moralità. Questa sera. Tra poco. Voglio tradirti vistosamente, sotto i tuoi occhi. E anche sotto gli occhi del tuo vescovo, se è il caso. Ben venga lo zio vescovo che lo facciamo sapere anche a lui. Voglio darti una clamorosa dimostrazione di adulterio. Tanto provocatoria da sperare che nell'adulterio venga coinvolta anche tu, che anche tu ti scuota, per rabbia, per ripicca, bucando finalmente la palude del nostro mar Morto matrimoniale. (Rivolto ad Alba). Signora, io sono pronto. In attesa dei Pierdavinci che tardano, diamo pure inizio al vizio.
(Satiro si lascia cadere in una poltrona - meglio, vi si arrampica sopra - e invita Alba a sedersi accanto a lui, nella poltrona stessa. Alba accetta. Tra i due subito si avvia una certa intimità. Bevono, brindano reggendo a due mani i grandi bicchieri. E continueranno ad amoreggiare fra loro, indifferenti alle parole di Nerina).
Nerina. Eccola ricompensa, ecco il punto d'arrivo inevitabile di un cuore sconoscente. Eccolo lì: mio marito, un uomo che ho sempre voluto in ordine, che non ha mai una macchia sul vestito, al quale non dimentico mai di ricomprare tutto quello che consuma, camicie calze fazzoletti.
Filippo. Oh, che buona, che esemplare signora! (Si è avvicinato a lei contemplandola).
Nerina. Sempre ho cercato di farmi attraente, per lui. Vedo sulle riviste la pubblicità di un rossetto nuovo, e c'è una ragazza bellissima con l'aria felice. Cambio il rossetto anch'io. Poi mi sento una stupida e piango e me lo tolgo. Sono tutti in fondo a un cassetto, ce ne saranno venti. (Pausa). Quando arriva mi dice ciao mangia ed esce. Se resta in casa si addormenta davanti alla televisione. Ogni tanto usciamo, la domenica, quando la sua squadra gioca « fuori ». Ma lui non è più abituato al mio passo o a stare con me; e allora dopo un po' torniamo a casa e sento che lui si sente seccato e non mi ha neanche guardato il vestito o le scarpe.
(Sempre più fitta l'intimità tra Satiro e Alba che continuano a non badare a guanto va dicendo Nerina).
Ma perché, perché gli uomini ci sposano se è per lasciarci poi così, fra quattro mura, dove magari, solo a vederci, diventano di cattivo umore? Perché, se poi sognano altre donne? Un po' di malumore tutti i giorni, un po' di speranza che se ne va ogni sera, arrivano le prime rughe e ci si accorge di non aver vissuto che qualche giorno felice, da ragazza, quando, come nelle novelle, la parola domani significa ancora tutto.
Filippo. Se si comincia con la felicità, le rughe e la vita che passa, è finita, signora. Allora bisognerebbe mettersi a piangere.
Alba (che ha sentito l'ultima battuta, a Satiro) Allarme! Mio marito si fa patetico.
Satiro. (a Filippo). Ehi, là, bisogna fare qualcosa, altro che piangere sul latte versato. Fare qualcosa, capito? Non siamo qui per darci da fare? Su, si dia da fare anche lei, signor Piana. Mancano pochi anni e poi sarà finita, si sa. Approfittiamone dunque.
Filippo. Ma. signore, mio greve signore, come può pretendere così, su due piedi, che un uomo normale, ancorché fantasioso, di fronte a una povera donna, turbata da un adulterio che le si sta consumando a vista e insieme all'attesa di un vescovo vistosamente ingombrante per onesti cittadini che vogliano peccare, come può pretendere, dicevo, che un uomo...
Alba. (non lo lascia concludere) È finita, quando comincia a divagare, addio. S'è smontato. Diventa astratto. Nel giro di due minuti parlerà delle nuvole, della costellazione della Vergine e del regno vegetale.
Filippo. Lei, signore, ci doveva preparare sua moglie. Non mandarmela così allo sbaraglio, lo ero e sono disponibile, si capisce, ma non sgozzo capretti.
Alba. Finita. Siamo al capretto. Si è intenerito. Si fa pasquale.
Filippo. Credevo di trovare un ambiente già carico, montato. Non tristezze e lai.
Satiro. Ma lei è un uomo o che cosa?
Filippo (affermativo). Che cosa.
Satiro. E allora che cosa è venuto a fare qui?
Filippo. Credevo che il diversivo fosse già pronto, non da inventare. Io non so inventare.
Alba. No, non è un grande inventore. Marconi era meglio.
Filippo. Ci farò una brutta figura, ma davanti alla donna scarica, la mia eventualità di lussuria si placa.
Satiro. La carica deve mettercela lei, signor Piana.
Filippo. Ma mi deve piacere l'automobilina, se no...
Satiro. Beh, mia moglie avrà il carattere che avrà. Ma come donna è piacente. Certo bisogna svestirla della sua morale.
Filippo. Se non c'è riuscito lei a svestirla.
Nerina. Ma finitela, finitela! Basta! Insomma. Vi ho detto di andare tutti. Io sto aspettando il vescovo.
Alba. Consolatore delle sue delusioni matrimoniali, sua eminenza?
Nerina. Le ho superate le delusioni matrimoniali. Con lo scempio di questa sera, poi, me le sono messe alle spalle. Il vescovo sa parlarmi di altre cose. Delle cose che più contano per noi mortali.
Alba. Conosco i pentecostali, i redentoristi, i sacramentali. Ma i mortali no. Dev'essere una nuova confraternita.
Nerina. Un giorno siamo nati, emersi da un limbo imprecisato. Poi, tra le quinte del nostro gioco, abbiamo scoperto fessure metafisiche; e al di là abbiamo indovinato la morte. Satiro. E con questo? Ma piantala!
Nerina. Quando avverrà, come avverrà? Più nulla o qualche cosa, dopo?
Filippo. E parla di questo con il vescovo?
Satiro. Ma non prestiamoci al gioco, non scendiamo sul terreno di mia moglie. Non siamo venuti qui per parlare di vescovi, di morale e di morte. Staremmo freschi. Crede in Dio lei?
Filippo. Non credo esista. Neppure però credo che non esista.
Alba. È un indeciso in tutto.
Filippo. Piacerebbe anche a me avere una fede. O non averla: avere la fede nella non fede. Solo gli imbecilli hanno delle certezze.
Nerina. Siamo dei condannati a morte a cui siano stati concessi, come ultimo desiderio, cinquanta sessanta anni prima dell'esecuzione.
Satiro. Ma appunto per questo ci conviene prendere a piene mani quello che la vita ci offre. E non stare a pensare all'esecuzione.
Nerina. L'esecuzione è il pensiero dominante. Il boia ci attende, paziente e sicuro, con la scure alzata.
Filippo. Sodi un condannato che chiese al boia l'esecuzione in anestesia totale.
Satiro. Quando dico che la sua morale si tira dietro tutto questo mio mal di fegato, tutta questa esistenza che mi sta andando di traverso!
Nerina. Perché viviamo? Da dove veniamo? Dove andremo?
Alba. Chi ha ucciso il padre celeste?
Nerina. Nessuno, signora. È ancora vivo e sta benissimo.
Satiro. Ma fammi il piacere, Nerina. In pieno 1968! E dopo un Concilio!
Filippo. Nono, la lasci dire, invece. In fondo sono questioni non ancora del tutto risolte. Ho letto qualche libro in proposito. Le soluzioni sono ancora discordi.
Satiro. Ma come discordi? È morto. Dimostrato che è morto.
Filippo. Eh no, signor Selvatico. Se così fosse, i giornali sarebbero già usciti a caratteri cubitali: « Finalmente chiarito il mistero dell'aldilà ».
Alba. E magari la notizia è uscita. Il giornale noi non lo comperiamo mica tutti i giorni. Allo stesso modo l'estate scorsa perdesti la morte del professor Valletta.
Nerina. La vita sta passando e non sapremo perché l'abbiamo vissuta. Questo i giornali non lo scrivono.
Filippo. E questo è vero. Passiamo precipitosamente. Nel dormiveglia del mattino, nell'aurora dei sensi, per qualche istante, a volte, sogno di avere vent'anni. Poi, in uno svanimento del cuore, me ne scopro quaranta.
Nerina. E una mattina assai vicina ne avremo sessanta.
Alba. Proporrei di recitare il rosario. Il clima è creato. Se la signora voleva arrivare a questo, ci è riuscita.
Filippo. Che c'entra? Sono constatazioni umane, legittime e degnissime. Il tempo passa. Dalla sciocchezza che hai detto poco fa è già passato del tempo. Passa e ce ne andremo. Probabilmente senza aver letto « Guerra e pace ».
Alba. Ci mancava adesso il tuo ricorrente rimorso per « Guerra e pace ». Leggilo una buona volta e non se ne parli più.
Filippo. Non trovo mai il tempo. Mille cure, mille preoccupazioni. L'ho sul comodino da nove anni, con le gocce per il naso e l'orologio. L'orologio, nel frattempo, l'ho caricato circa ottomila volte, il flaconcino delle gocce l'ho rinnovato novant’otto volte. Ma « Guerra e pace » non l'ho ancora aperto.
Satiro. Serve, leggere t Guerra e pace »?
Filippo. Mah. So di un signore che l'ha letto e ne sa dire pochissimo. Se l'è pressoché dimenticato.
Alba. E neppure « Il Capitale » abbiamo letto. E parlate male di Marx.
Filippo. Neppure tu l'hai letto e ne parli bene.
Alba. Io non parlo mai male di chi non conosco.
Filippo. È che non ci è rimasto più tempo per queste cose. Dobbiamo consumare i nostri elettrodomestici per esser pronti alle nuove offerte del mercato che attende la nostra nuova domanda di elettrodomestici, per la nostra stessa sopravvivenza, pare.
Satiro. Eccoche con la scusa della morte, e passando per un vescovo, mia moglie è riuscita a portarci agli elettrodomestici.
Alba. Appassionata?
Satiro. No, le manca la lavastoviglie. Ma adesso non attacca eh! Inutile impostare adesso la questione-lavastoviglie. Adesso si torna al nocciolo, signori.
Nerina. La morte.
Satiro. Morte un bel niente. A morte la morte! Avanti la vita!
Nerina. Ma sì, e se si finisse domani, cosa avete capito voi della vita?
Filippo. La vita è più grande di noi, signora. Non sappiamo capirla. Inutile sforzarci. La subiamo fin dalla nascita, ricevendola. Ci sembra di coglierne il senso, in un turbamento di primavera. Subito ci sfugge, varia e inafferrabile. Come le nuvole che si fanno e si sfanno.
Alba. Nuvole in perfetto orario, sul primo binario, a rimorchio di scontate considerazioni sull'ovvio vitale.
Filippo. Certo, guardo le nuvole, i loro magnifici giochi di forme. Ora teste di orchi, ora cavalli in corsa, ora sapone da barba: per male che vada assomigliano a nuvole. (Pausa). Abbiamo abbandonato la contemplazione, la natura, l'aderenza con la madre terra. Amo il regno vegetale contro l'animale. I saldi platani che, a differenza dei cani, rimangono immobili e non ci mettono le zampe addosso.
Alba. Ben giunti, previstissimi platani. Attendiamo stelle e costellazioni. E spernacchiamo.
Satiro. No, prima di arrivare alle costellazioni e al resto, la situazione la prendo in mano io, a costo di forzare le cose. Adesso qui si ama. Capito tutti? (staccando) Si a-ma.
Alba. Amiamo pure. Visto che siamo qui per questo. E che ormai ho perso la faccia.
Satiro. Adesso qui, volenti o nolenti, si accetta l'Eros.
Filippo. Se siamo d'accordo tutti, certo.
Satiro. Sì che siamo d'accordo tutti. In casa mia si ama, signori. Altrimenti si esce. Quella è la porta d'uscita. E quella è la porta delle camere da letto.
(Nerina si mette a piangere sommessamente).
Satiro. E non incominciamo a piangere.
Alba. Su, signora, cosa è dopo tutto? È come farsi cavare un dente.
Filippo. Andava preparata per gradi, è inutile.
Satiro. Si è sempre preparati ad amare. Se no che esseri umani siamo?
Nerina. Amare amare. Non sapete neppure cosa sia l'amore.
Satiro. L'amore è questo: un atto senza importanza. La signora con me, tu con il signore. E se arrivano i Pierdavinci si cambiano ancora le combinazioni. Questo è l'amore.
Nerina. Ioquesto modo di amare non l'accetto. Il signore neppure lo conosco. Ci siamo visti la prima volta mezz'ora fa. E anche se ci fossimo visti la prima volta dieci anni fa, il signore non mi piace.
Satiro. Non ti piace? Come non ti piace il signore?
Nerina. Vedi un po' tu come. Non mi piace.
Filippo. Non le piaccio?
Alba. Non piaci, Filippo. Chissà cosa pretendeva la signora da te.
Satiro. Ma come il signore non ti piace? Ma che storie sono? Ma l'hai guardato bene?
Nerina. Guardato e visto benissimo. Non mi piace.
Satiro. Di'che non ti piace l'uomo, allora.
Filippo. (a Satiro, lusingato) Grazie.
Nerina. Il signore è brutto.
Alba. Brutto? Una che ha sposato un uomo come suo marito, adesso trova brutto il mio? Scusi, sa signora, ma...
Satiro. (ad Alba) Come dice?
Alba. Beh, se dobbiamo proprio precisare le posizioni.
Satiro. Insomma, adesso anche lei si tira indietro. Alla resa dei conti, anche lei non accetta l'Eros.
Alba. Ma sì che accetto, io stasera accetto tutto. In fondo meglio lei che « Tivusette ».
Satiro. Grazie.
Alba. Con ciò lei non diventa un Adone, questo voglio dire.
Satiro. Signora. Ho il dovere di dirle che mia moglie è sì pedante, ha sì uno zio vescovo, è sì mortale, però, ai tempi, quando la nostra passione era una realtà, mia moglie la superava in venustà di gran lunga.
Alba. E io ho il parallelo dovere di dirle che piaccio, signore. Ne ho prove quotidiane. Io piaccio.
Satiro. Tanto è vero che, come saprà, testé avevo avviato con lei un preciso, solido rapporto. E se lei, signora, a quel rapporto acconsentiva, è perché anch'io, pur non essendo Adone...
Alba. ... perché lei o un altro fa lo stesso. Al punto in cui siamo, tutto mi va bene. Sa addirittura cosa le dico? Qui bisogna sacrificare all'Eros: ebbene mi dica dove sono le camere, che io dò il via.
Satiro. Le camere?...
Alba. Aveva detto da quella parte, se non sbaglio.
Nerina. Non le rivelerai una cosa simile. Satiro?
Alba. Avanti, dov'è la camera o me la scovo da me.
Nerina. Che impudenza. Con un vescovo alle porte!
Satiro. E va bene... Venga pure. Andiamo.
(Fa per avviarsi).
Alba. No. Ma non con lei. Ci vado con mio marito.
Filippo (sorpreso e poco entusiasta). Con me?
Alba. Certo. Visto che, se non si sacrifica così, qui stasera Eros digiuna.
Filippo. Ma così, su due piedi...
Alba. (a Satiro) E sua moglie a lei non si rifiuterà. Sarà anzi un amplesso arrabbiato, polemico, elettrodomestico.
(Alba ha preso Filippo per una mano e lo sta tirando verso le camere).
Nerina. Satiro, tu non permetterai adesso che due sconosciuti capitati in casa nostra facciano i loro comodi fino a questo punto? Ma dove siamo finiti?
Alba. Davvero lei è incontentabile, signora. Siamo marito e moglie, dopotutto. Persino lo zio benedirebbe.
Filippo. Veramente anche a me sembra indiscreto.
Nerina. La sacralità della casa. Un atto che non sarebbe poi neppure d'amore. Un dispetto dissacrante.
Alba. Certo che se lei pretende anche l'amore!
Filippo. Cos'è l'amore, signora mia? Faccenda difficile da definire.
Satiro. E adesso ci mettiamo a definire l'amore. E poi definiamo la vita. E poi la morale, e poi ancora la morte, e poi il Padre eterno. E l'orgia intanto non parte!
(Suono di campanello improvviso alla porta).
Nerina. Hanno suonato.
Filippo. Saranno i Leonardo Da Vinci.
Satiro. I Pierdavinci, vuol dire.
Filippo. Appunto.
Alba. O il vescovo della signora.
Satiro. Il cielo volesse! Così mi sfogo. Se è il tuo vescovo lo sistemo io. Farà lui le spese di questa bella serata.
Nerina. Comunque se sono i Pierdavinci non li farai entrare.
Satiro. E chi lo dice?
Nerina. Non voglio altre complicazioni. L'orgia deve finire.
Alba. Non è neppure incominciata, siamo giusti.
Satiro. E poi, sono o non sono il padrone di casa?
(Altro suono di campanello alla porta).
Alba. E allora vada ad aprire.
Satiro. Già. (Esce).
Nerina. Oh, che serata, che serata!
Filippo. Stia tranquilla, signora. Se è il vescovo fingiamo di essere amici o parenti, i Sartoris di Biella, se vuole: e ce ne andiamo subito. Vero, Alba?
Nerina. Perché, se fossero i Pierdavinci farebbero invece conto di rimanere?
(Rientra Satiro, serio, turbato).
Satiro. No. Non sono i Pierdavinci.
Filippo. È il vescovo. Togliamo il disturbo.
Satiro. Non è neppure il vescovo.
Nerina. E chi è allora?
Satiro. Non so. Non vuol dirlo. Guarda fisso e tace.
Nerina. Chi?
Satiro. Il signore che è appena entrato.
Nerina. Un signore?
Satiro. Non ho capito bene cosa voglia. È là, in mezzo all'ingresso. Muove la bocca. Credo che stia masticando una caramella. Per un po' sono stato a guardarlo anch'io. Poi mi ha preso un certo imbarazzo e...
Filippo. Sarà il signor Pierdavinci.
Satiro. No, no, assolutamente no.
Filippo. Come fa a dire che non è il signor Pierdavinci se lei il signor Pierdavinci non lo conosce?
Satiro. Non può presentarsi così, il signor Pierdavinci. E poi non c'è la moglie. È solo.
Alba. La moglie avrà dato forfait.
Satiro. No, non è lui. Il signor Pierdavinci non può dare soggezione così.
Alba. Allora è il vescovo.
Satiro. No. È in borghese.
Alba (a Nerina). Il vescovo le fa visita in costume, di solito?
Nerina. Non si dice costume.
Alba. In divisa, come vuole, insomma.
Nerina. Si dice abito talare. No, non mi fa visita in abito talare. E neanche in borghese. Non viene mai il vescovo. Il vescovo non esiste. Mi sembrava un'autorità moralmente abbastanza alta da potervi frenare. Infatti.
Satiro. Losapevo che se l'era inventato. Grazie. L'operazione è riuscita.
Filippo. Ma se non è neppure il vescovo, chi è?
Alba. Forse se ne è andato.
Satiro. Non penso. Non ho sentito chiudere la porta. E poi no, so che non se ne andrà, quel signore.
Nerina. Va' a vedere se c'è ancora.
Satiro. Va' a vedere, va' a vedere. Se credi che sia simpatico.
Alba. Se non è che per questo vado a vedere io. A me, del disagio, sa...
(Esce un attimo, ma rientra quasi subito di corsa, arrivando fino alla parete opposta, come per proteggersi. A Satiro).
Oh, ma non me l'aveva detto che faceva paura.
Filippo. Paura? Come paura?
Alba. Meglio andarcene subito, Filippo. Ho paura che possa sgridarci, quella signora.
Satiro. Signora? Perché dice signora?
Alba. Perché è una signora. Una signora molto anziana.
Satiro. Ma no che è un uomo!
Filippo. Insomma, che cosa è?
(Suona improvviso il telefono. Sobbalzano tutti, l'atmosfera è tesa).
Satiro (risponde al telefono). Pronto? Ah, sì. Sì, io... Buonasera. Dica... Ah. Sarà per un'altra volta. Certo... certo... Buonasera. (Riattacca) I Pierdavinci. La moglie. Non vengono. Dice che non è riuscita a convincere il marito. Si scusa.
(Si sente tossire cavernosamente dall'ingresso).
Nerina. Tossisce. Ha la tosse.
Filippo. (ad Alba) Vedi che è un uomo?
Alba. Perché, le donne non tossiscono?
Satiro. Mi spiace, ma penso ci convenga andare a dormire. Inutile, non c'è più niente da fare per stasera.
Alba. Sì, penso anch'io.
Filippo. Se la signora lo riterrà opportuno, potremo vederci un'altra volta.
Satiro. Mah, chissà. È così caparbia, Nerina...
Alba. Ma sì, parleremo del più e del meno come questa sera. Se le andrà giocheremo un po' insieme.
(Ora si parlano tutti con gentilezza, sommessamente).
Filippo. Domani mi permetterà di telefonarle?
Nerina. Già domani?
Filippo. Sono curioso di sapere com'è andata con quel signore di là.
Alba. (corregge) Signora.
Filippo. Signora, signora. Chi è, chi non è, perché è venuta qui, cosa vuole.
Satiro. Sì, sì,volentieri, telefoni pure.
Sulla porta di fondo compare un personaggio altissimo - solita proporzione, porta alta il doppio del normale, personaggio alto il doppio - noi comunque ne vediamo solo le gambe, calze da donna marroni, grosse vecchie scarpe nere, lunga gonna scura, che potrebbe anche essere un lungo soprabito maschile.
(Per questa apparizione, pensare a una soluzione con i trampoli, ai trucchi dei grandi pupazzi carnevaleschi).
I nostri personaggi guardano tutti verso l'alto, oltre l'alto della scena, dove si immagina prosegua il corpo del personaggio comparso.
Nerina. (naturalissima, un po' sottovoce, agli altri) Ah, ma è la Trascendenza.
La Trascendenza. (colpi di tosse cavernosi).
Alba. Ah sì, ne ho sentito parlare.
Satiro. L'avevo capito anch'io che era lei. Non osavo dirlo. Mi sembrava di invitare i signori ad andarsene.
Nerina. Non ci lascia mai tranquilli.
Filippo. Non me ne parli. Sempre tra i piedi. È un po' la nonna di tutti.
Alba. Conviene stare buoni e darci la buonanotte.
Filippo. Sì, di sciocchezze ne abbiamo dette abbastanza. Se ci sentiva lei!...
Alba. (tende la mano). Buonanotte, signora e scusi.
Nerina. Buonanotte a lei, signore. Buonanotte, signora. Perdoni se sono stata un poco inospitale. D'altra parte, cosa vuole, con i miei princìpi.
Alba. Ma certo, certo. Ognuno ha i suoi, non ci mancherebbe altro.
Filippo. Ora poi con la Trascendenza saremmo stati freschi. Se le gira il quarto d'ora è così severa...
Sempre immobili sulla porta le gambe della Trascendenza.
La Trascendenza. (voce catarrosa, cavernosa, maschile) Insomma, basta, avete fatto tardi. Volete andare a dormire, sì o no? (Tossisce e si avvia scomparendo dalla porta).
I quattro, silenziosi, ammiccando, dandosi la manina, si lasciano come bambini che si salutino prima di andare a letto, combinando con gli sguardi di trovarsi il giorno dopo a giocare ancora. E si avviano: i padroni di casa verso la propria camera, gli ospiti verso l'uscita. Mentre stanno uscendo, nel vano della porta ricompaiono ancora le gambe della Trascendenza.
La Trascendenza. E prima di andare a letto lavatevi bene i denti, se no vi vengono le carie. (Via tossendo e raschiandosi la gola).
Sulle coppie che escono cala la tela.
Pier Benedetto Bertòli
(Copyright 1968 by Pier Benedetto Bertòli)