Le donne gelose

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“ LE DONNE GELOSE “

“ LE  DONNE  GELOSE “

di  Carlo  Goldoni

P E R S O N A G G I

Siora LUCREZIA  vedova

Siora GIULIA

Sior   BOLDO  orefice, marito di S.Giulia

Sior   TODERO  merciaio

Siora TONINA  moglie di S.Todero

Siora  ORSETTA  nipote di S.Giulia

Siora  CHIARETTA  figliastra di S.Giulia

Sior   BASEGGIO  giovanotto

ARLECCHINO  facchino

UOMO  servitore del Ridotto

RAGAZZO ciambellaro che non parla

Siora  FABIA  madre d’Orsetta

MASCHERE

ATTO   PRIMO

SCENA  PRIMA

Camera di siora Giulia

S.Giulia,Orsetta,Chiaretta lavorano merletti e bottoni.S.Tonina ha un fazzoletto in testa.

TONINA   Cara Siora Giulia, mi perdoni se son venuta a disturbarla.

GIULIA     Cosa dice, Siora Tonina. Avevo tanta voglia di vederla.

TONINA   Accipicchia! Non si degna mai di venirmi a trovare.

GIULIA     Oh, cara Siora, se sapesse! Non mi fermo mai qui in casa, sempre dietro a tutti e tutto.

                  Cento volte ho detto di venir da lei e non ho mai potuto, vero putte?

TONINA   Venga da me a veder passare le maschere.

ORSETT    Oh, sì, cara zia, andiamoci.

CHIARE    Cara madrina, ci verrò anch’io.

GIULIA      Ma sì, lo chiederò a mio marito.

TONINA    Siora Giulia, quand’è che si sposerà la sua nipote?

GIULIA      Oh, c’è tempo. Mi viene a trovare qualche volta. Le voglio bene, ma di queste cose non

                   m’interesso.

TONINA    E questa bella putta è la sua figlioccia?

CHIARE     A servirla.

GIULIA      Sì, è figlia di una mia comare maritata fuori di Venezia. Mi viene a trovare ogni anno                 per il carnevale.

CHIARE     Quest’anno non siamo ancora andati in maschera.

ORSETT     E non abbiamo neanche visto una commedia.

TONINA     Io sono stata all’opera una volta in compagnia di una donna alla quale ero obbligata,                  ma non ci andrò più.

GIULIA       E chi era sta donna, cara siora?

TONINA     La conosce siora Lucrezia, quella vedova che abita vicino casa mia?

GIULIA       Quella che è stata moglie di quello che vendeva confetti e dolciumi?

TONINA     Siora sì, quella . . spuzzetta.

GIULIA       Sì, la conosco.

TONINA     Quando era vivo suo marito non scialacquava così. Adesso va a tutti i teatri . . . sempre             vestita in ghingheri.

GIULIA       Ma come farà, perbacco! Rendite non ne ha.

TONINA     Dice che guadagna al lotto.

GIULIA       Che le venga un canchero! Altro che lotto. Eh, siora Tonina, se potessi parlare.

TONINA     Mi dica se sa qualcosa, perché mio marito qualche volta va a casa sua.

GIULIA       Sior Todero la pratica? e lei . . .  ce lo lascia andare?

TONINA     Perché, c’è qualcosa di male?

GIULIA       Accidenti! . . . Putte, andate in terrazzo a vedere che tempo c’è.

ORSETT      Siora sì, andiamo. (a Chiaretta)  Le vuole raccontare della siora Lucrezia.

CHIARE      (a Orsetta)  Ci manda , anche se ci ha già raccontato tutto. (escono)

SCENA   SECONDA

Siora Giulia e siora Tonina

GIULIA         Sappia, siora Tonina, che io sono una donna che non parla mai male di nessuno.

                        Le racconterò soltanto quello che è successo a me. ( le si avvicina) La cara siora

                        Lucrezia aveva ingannato mio marito. Ci andava tre o quattro volte alla settimana.

                        Per causa di quela sporca è arrivato a darmi uno . . . schiaffo.

TONINA        Oh, cosa mi dice!

GIULIA         Quella li ha un’arte . . .

TONINA        Sa, siora Giulia, che mi fa venire dei dubbi su mio marito?

GIULIA         E ha ragione. Le ho detto questo  perché le sono amica. Del resto io mi faccio gli                        affari miei e dalla mia bocca non sentirà parlare mai male di nessuno.

SCENA   TERZA

Orsetta,Chiaretta e dette

ORSETTA      Siore, è uscito il sole!

CHIARE        Oh, che bel tempo per andare in maschera!

GIULIA         Va bene, oggi ci andremo. Visto che la siora Tonina ci ha invitato, vuol dire che la                      disturberemo.

TONINA        Ma quale disturbo. Mi farete un gran riguardo a venire. Adesso è ora che vada via,

                        devo andare a trovare una mia cugina. (si alza) Siore, vi riverisco.

GIULIA         A più tardi, siora Tonina.

ORS/CHI       Padrona, siora Tonina. (Tonina esce)

SCENA   QUARTA

Siora Giulia,Orsetta e Chiaretta

GIULIA         Accidenti, quando si appiccica non si stacca più.

ORSETTA      Se ci andremo, oggi, ci offrirà la merenda?

GIULIA         Sì. Andremo a veder passare le maschere e vedrete che ci offrirà qualcosa; almeno                      del vin dolce e . . . chissà che non venga anche qualche bel giovanotto. (ecse)

SCENA   QUINTA

Chiaretta e Orsetta

CHIARE        Ce ne passano di maschere dove abita siora Tonina?

ORSETTA      Ce ne pasano un sacco. Abita vicino a piazza San Marco. 

CHIARE        Adesso andrete a spasso?

ORSETTA      Certo che ci vado.

CHIARE        Con chi ci andate?

ORSETTA      Con mia madre, che mi porta dappertutto. L’altro giorno siamo andate a prendere il                    caffè.

CHIARE        E chi ve l’ha pagato?

ORSETTA      Sior Baseggio . . . ma non ditelo a nessuno. (Chiaretta cambia espressione)

CHIARE        Non abbiate timore.

ORSETTA      Lui mi vuole bene. Cosa vi è successo che avete una faccia strana?

CHIARE        Niente, niente.

ORSETTA      Sentite, Chiaretta, se avete qualche slancio verso questo putto, ditemelo liberamente

CHIARE        Col Sior Baseggio sono stata un po’ insieme, ci frequentiamo molto . . . e mi sembra                   strano che ora mi voglia lasciare.

ORSETTA      Cara Chiaretta, non so cosa dire. Mi dispiace che da amiche dobbiamo diventare                         nemiche.

CHIARE        Ci tenete molto  a questo putto?

ORSETTA      Io faccio quel che dice mia madre. Se mi dirà di lasciarlo, lo lascerò, se mi dirà di                        non lasciarlo non  lo lascerò. (esce)

CHIARE        Ma possibile che Baseggio voglia lasciarmi? Pezzo di disgraziato! Se lo trovo, gliene                   voglio dire tante di quelle. (esce)     

SCENA   SESTA

Camera di siora Lugrezia

Siora Lugrezia e sior Boldo

LUCREZIA   Caro sior Boldo, non so cosa dire. Vostra moglie si lamenta che veniate in casa mia:

                        dice che perdete tempo e altre cose che taccio per reputazione. Io sono una donna

                        onorata. Quando era vivo mio marito, nessuno osava fare un pettegolezzo su di me

                        e ora che son vedova,non voglio che mi si manchi di rispetto.

BOLDO         Via, cara siora Lucrezia, non vi scaldate.Io non sono un uomo che possa                                      pregiudicarvi. Mia moglie ha poco giudizio.Gliene ho già dette tante che se insiste le                  darò altri due schiaffi.

LUCREZIA   Oh, no! Non voglio che a causa mia picchiate vostra moglie. . . Sior Boldo, fatemi                      questo            favore, non venite più a casa mia.

BOLDO         Non conoscete il proverbio che dice “Mal non fare, paura non avere”? Io non vengo                   per stupidaggini, vengo per cose serie. Sapete già che domani c’è l’estrazione dei                  numeri del lotto.Io ho due numeri sicuri e so che voi ne avete uno che non sbaglia                   mai.

                        Dobbiamo unirli se vogliamo prendere un bel terno.

LUCREZIA   Oh, fratel caro, stavolta ne ho tre di sicuri!

BOLDO         Benissimo, tre e due cinque. Prendiamo la cinquina!

LUCREZIA   Non vorrei che vostra moglie sapesse che siete venuto qua.

BOLDO         Figuratevi se voglio che mia moglie mi tolga la fortuna.

LUCREZIA   Oe, dopo che son diventata vedova ho preso due terni e cinque ambi. Vedete questi

                        braccialetti d’oro? Li ho grazie al lotto. La gente dice che brigo, che traffico. Io                          lascio che parli . . . e i miei fatti non li conto a nessuno.

BOLDO         Ma via, cara siora Lucrezia, fate vincere un terno anche a me. Vi confiderò una cosa                   che nessuno sa: nella mia bottega non ho quasi più nulla di mio. E stamattina , per                  pagare il botteghino del lotto, ho dovuto vendere sottocosto una scatola d’argento

                        rimettendoci ventiquattro lire.

LUCREZIA   Consolatevi, che non siete il solo. Sapeste quanta ce n’è di gente che prende cose in

                        prestito o fa dei debiti. Ora lasciamo perdere queste malinconie. Che numeri avete?

BOLDO         Il 29 e il 58.

LUCREZIA   Il 29 mi piace, il 58 no.

BOLDO         Ma li ho presi da una cabala che non sbaglia mai!

LUCREZIA   Io non credo alle cabale, credo solo ai sogni.Cos’avete sognato?

BOLDO         Fuoco, un mondo di fuoco.

LUCREZIA   Il fuoco è buon segno, ma il 58 non viene di certo.

BOLDO         Ma perché?

LUCREZIA   Gli agnelli danno il 58 e io sono tre notti che sogno degli orsi, cioè 88.

BOLDO         Ditemi i vostri numeri.

LUCREZIA   16, 37 e 88.

BOLDO         16, 37 e 88? No, il 16 no.

LUCREZIA   Cosa dite? E’ sicuro, ci gioco la testa.Ascoltate bene il sogno. Mi pare che fosse vivo                  mio marito e dice: “Lucrezia, vuoi del mandorlato?”, “Sì”, dico io. E lo mangio tutto.                        Lui fa: “Lucrezia, io t’ho dato il mandorlato, tu non mi dai niente?” e mi si avvicina.

                        E io, che con mio marito son sempre stata, poveretto, un po’ sbrigativa, gli ho voltato

                        la schiena  e lui pure. Capito, sior Boldo, come vien fuori il 16?

BOLDO         Sì, ben. Il 16 è sicuro. Allora facciamo la cinquina: 16, 29, 37, 58 e 88.

LUCREZIA   Il 58 non lo voglio.

BOLDO         E che numero ci mettiamo, allora?

LUCREZIA   Mettiamo . . . il 90.

BOLDO         Oh, sempre sto 90!

LUCREZIA   Sì, perché ho sognato il campanile di San Marco e quando sogno campanili esce              sempre il 90.

BOLDO         Va ben, 90. Allora scriviamo:  16, 29, 37, 88 e 90. Quanto ci giochiamo?

LUCREZIA   Tre lire.

BOLDO         Tre lire sole? Questi numeri meritano di più.

LUCREZIA     Terno secco?

BOLDO         Sì e pure l’ambo.

LUCREZIA   Ma ci vuole troppo!

BOLDO         Bastano ventiquattro lire e sedici soldi.

LUCREZIA   Facciamo così, sior Boldo.Giochiamoli a metà, anticipateli voi, poi ve li darò.Vi              fidate?

BOLDO         Sicuro, siora Lucrezia. Vado subito a giocarli.

LUCREZIA   E la ricevuta portatemela qui.

BOLDO         Volete la ricevuta?

LUCREZIA   Sì, perché la notte la metto sotto il cuscino e la mattina vi so dire se abbiamo vinto

                        o perso. Ogni volta che non ho avuto la ricevuta ho sempre perso.

BOLDO         Ve la porterò. (bussano)

LUCREZIA   Bussano alla porta.

BOLDO         Non vorrei essere visto.

LUCREZIA   Andate in cucina e dite alla serva di vedere chi è. Se è qualcuno che vi può                                  danneggiare, lasciatelo entrare e poi andate via.

BOLDO         Brava, siora Lucrezia, siete una donna de garbo. (esce)

         SCENA   SETTIMA

        Sior Todero e siora Lugrezia

TODERO       Padrona, siora Lucrezia.

LUCREZIA   Padrone, sior Todero. Qual buon vento vi porta?

TODERO       Vento cattivo, siora Lugrezia. Ho perso venti ducati, ma quel che è peggio è che ne                    ho persi trenta sulla parola.

LUCREZIA   Oh, povero sior Todero! E vostra moglie cosa dirà?

TODERO       Mia moglie non mi fa né caldo né freddo. Quel che mi dispiace è che se non pago sti                  trenta ducati, mi vengono a svergognare nella bottega. Siora Lucrezia, son venuto                     qua a pregarvi di prestarmi sta somma fintanto che vendo certa tela speciale.

LUCREZIA   Oh, caro figliolo, adesso non ne ho. Ho fatto tante spese in questi giorni, credetemi.

TODERO       M’avete fatto questo favore altre volte e sono sempre stato puntuale.

LUCREZIA   Questo è vero. Di voi non posso lamentarvi.

TODERO       Guardate, vi lascio in pegno questa camisiola, questo codegugno e questa scatola che

                        ho comprato questa mattina da sior Boldo. L’ho pagata tre zecchini ma ne vale                            sicuramente più di quattro.

LUCREZIA   Mi dispiace ma non credo d’aver tutti sti soldi.

TODERO       Cara siora Lucrezia, vi prego di aiutarmi. Datemi trenta ducati e vi farò la ricevuta di                  quaranta. Ve li restituirò da qui a quindici giorni.

LUCREZIA   Guardate che se non me li date bisognerà che venda, perché sti soldi non sono miei.

TODERO       Se non ve li do, farete di me quello che vorrete.

LUCREZIA   Dite, se per caso venisse un mio amico a chiedermi come favore questi vestiti per

                        mettersi in maschera, vi dispiacerà se glieli prestassi?

TODERO       Non vorrei che li sgualcissero.

LUCREZIA   Oh, non dubitate. Garantisco io.

TODERO       Siete padrona di tutto. Via, datemi questi soldi che mi tolgo questa spina dal cuore.

LUCREZIA   Poveraccio, vi aiuto volentieri.Un’amica così non si trova, Son di buon cuore.(parte)

TODERO       La sarà di buon cuore, ma mi mangia ottanta lire. Maledetto gioco. (parte)

SCENA   OTTAVA

Sior Baseggio e Arlecchino

ARLECCHI   Sior sì, questa xe la casa de siora Lugrezia.

BASEGGIO   Mo dove xela?

ARLECCHI   L’ho mandada a chiamar dalla serva.

BASEGGIO   Xela ricca sta vedoa? Quanti anni gh’averala?

ARLECCHI   De dota credo che la possa star al par d’un’altra. Circa ai anni, le donne no le disen

                        mai la verità.

BASEGGIO   Ve domando cussì per curiosità,perché mi g’ho altri giri.Però el so far no me dispiase

ARLECCHI   Se v’ho da dir la verità, no la me dispiase gnanca a mi.

BASEGGIO   Ma vu sè un fachin. Cossa v’ala da piaser o da despiaser?

ARLECCHI   Oh bella! Perché fazzo el fachin, no m’ha da piaser una bella donna? Mo coss’elo un                   fachin? Elo fatto de carne de aseno?

BASEGGIO   No digo che no le ve possa piaser; ma ela la xe quel che la xe, e vu sè quel che sè.

ARLECCHI   Son quel che son, e la servo da quel che son, e ela me tratta da quel che l’è.

BASEGGIO   Che vol dir mo?

ARLECCHI   Vol dir che mi ghe fazzo di servizi: porto su le legne, trago l’acqua, ghe spendo . . .                     e ela no la me dà mai gnente.

BASEGGIO   Ma vu per cosa lo fate?

ARLECCHI   Per aver la so bona grazia.

BASEGGIO   E cussì butte via le vostre fatighe?

ARLECCHI   Procuro anca mi de farme merito col me mestier. El medigo se introduce in te le case

                        visitando qualche amalà. L’avvocato per occasion de qualche lite. El mercante dando                 in credenza la so mercanzia. I poeti coi sonetti. I siori grandi co la protezion . . . e mi

                        me introduco fazendo el fachin. (si gira di lato) Me par che la venga.Vole restar solo

                        o che ghe sia anca mi?

BASEGGIO   Voggio restar solo.

ARLECCHI   Donca la me manda via?

BASEGGIO   Sì, andè.

ARLECCHI   No posso miga andar via cussì. Bisogna che la me mandi a far qualcossa . . . che so a

                        comprar del tabacco, mandarme al caffè, alla posta . . .

BASEGGIO   Via, andè a tor del tabacco.

ARLECCHI   La me favorissa i denari.

BASEGGIO   Ciapa sta lirazza. (Arlecchino si inchina ed esce) Oh, che disgraziato de fachin! Tanti                  di questi fanno così: entrano in una casa e vogliono mangiare. E te li trovi sempre                dietro.

SCENA   NONA

Siora Lucrezia e sior Baseggio

LUCREZIA   Chi c’è qua?

BASEGGIO   Siora Lucrezia, servo vostro. (si inchina)

LUCREZIA   La reverisco, sior Baseggio.

BASEGGIO   Vorrei pregarla di un favore.

LUCREZIA   Anche due se posso.

BASEGGIO   Oggi vorrei andare in maschera e non vorrei essere riconosciuto. Mi hanno detto che

                        qui da voi c’è una signora che ha degli abiti da noleggiare.

LUCREZIA   Oh, caspita! Donna Osvalda è fuori di casa e tornerà stasera.

BASEGGIO   Come si può fare? Dove la si può andare a trovare?

LUCREZIA   Aspetti, vado a vedere se per caso la sua camera è aperta. A volte non la chiude.

BASEGGIO   Sì, cara siora, vada a vedere.

LUCREZIA   Vado subito. (si incammina)

SCENA   DECIMA

Sior Baseggio

BASEGGIO   Oggi devo parlare con siora Orsetta e voglio andare in maschera. . . (pensieroso)

                        Cosa dirà Chiaretta? Poverina! . . . Oh, basta! Sceglierò quella che mi andrà più a                        genio.

SCENA   UNDICESIMA

Siora Lucrezia con codegugno e camisiola di sior Todero, e detto

LUCREZIA   Suvvia che siete fortunato! Guardate che codegugno.

BASEGGIO   Oh, bello!

LUCREZIA   E guardate che camisiola.

BASEGGIO   Super bonazza.

LUCREZIA   Vi andrà bene?

BASEGGIO   A occhio mi sembra di sì.Le sono tanto obbligata, siora Lucrezia. Cosa le posso dare                   di noleggio?

LUCREZIA   Io di queste cose non me ne intendo, ma stamattina donna Osvalda mi ha detto che ieri              ha rifiutato dieci lire al giorno per questi due capi.

BASEGGIO   Eh, troppo! Le darò sei lire.

LUCREZIA   No, no, sior. Donna Osvalda è una donna tanto precisa, mi caverà gli occhi. Per meno                 di un filippo non posso farglieli portare via.

BASEGGIO   Ci vuole pazienza! Prenda il filippo, ma mi dia il resto di uno zecchino.

LUCREZIA   Dove vuole che vada a trovare il resto, io non ne ho . . . Facciamo così: io terrò lo

                        zecchino e lei  tiene gli abiti.

BASEGGIO   Ma a me serve solo oggi.

LUCREZIA   Figurarsi! Quando si è in allegria non ci si stufa di usarli.

BASEGGIO   Non so cosa dire, siora Lucrezia . . .

LUCREZIA   Mi raccomando di non rovinarlo, altrimenti lo pagherà.

BASEGGIO   Con tutto il nolo?

LUCREZIA   Oh, che scoperta! Non è mica roba rubata.

BASEGGIO   Va bene, ne terrò conto. Siora Lucrezia . . .

LUCREZIA   Mi faccia un favore,sior Baseggio,passi da queste parti in maschera,per farsi vedere

BASEGGIO   Siora sì, passerò.

LUCREZIA   Sarà in compagnia di qualche bella putta mascherata?

BASEGGIO   No sarò solo, non trovo nessuno che voglia venire con me.

LUCREZIA   Eh, malignazo! Chissà quante putte vi vengono dietro.

BASEGGIO   (ridendo) No, neanche una.

LUCREZIA   Via , via.  Mi porterete quattro confetti?

BASEGGIO   Siora sì, volentieri. (tra sé) Se avessi comprato questi abiti, avrei speso meno.

LUCREZIA   Putto, a rivederci. E guardatevi dai brutti incontri.

BASEGGIO   Grazie del consiglio. Siora Lucrezia.(accenna un inchino)

SCENA   DODICESIMA

                  Siora Lucrezia                 

LUCREZIA   Che matto che è questo putto! Poveraccio, è di buon cuore, mi ha lasciato lo                                zecchino e state tranquilli che non lo rivedrà più. E’ buono da giocare al lotto. Cara                     gente, io mi ingegno: un po’ di lotto, un po’ di pegni, un po’ di nolo. Io voglio andare                        all’opera, voglio andare alla commedia e non voglio che qualcuno mi comandi. Oggi                 sono con una compagnia, domani con un’altra. (esce)

SCENA   TREDICESIMA

Camera in casa di siora Giulia

Siora Giulia

GIULIA         Accidenti! Son suonate le ventuno e sior Boldo non è ancora tornato. Dove diavolo si                sarà cacciato?

SCENA   QUATTORDICESIMA

Siora Giulia e siora Orsetta

ORSETTA      Ma quando torna sior Boldo! Il riso diventerà una colla.

GIULIA         Cara nipote, non so che dire, se volete che mangiamo, mangiamo.

ORSETTA      Al mangiare non ci penso, mi dispiace per andare in maschera.

GIULIA         Se solo sapessi dove trovarlo, andrei a cercarlo. (pensa) Che sia da siora Lucrezia?

ORSETTA      E dire che a vederla sembra una donna ineccepibile.

GIULIA         E’ una simulatrice! Basta, è meglio che tacia.

ORSETTA      (sospirando) A star qui così mi brucio.

GIULIA         Se bruci, va a bagnati.

ORSETTA      Cara siora, anche a me dispiace di perdere le giornate.

GIULIA         Senti come si lamenta. Anziché ringraziare perché le do da mangiare, brontola.

ORSETTA      Sa cosa le dico? Che mia sora madre non mi tratta così male e non voglio che mi tratti                male neanche lei.

GIULIA         Caspita, come risponde la pettegola.

ORSETTA      Preferisco mangiare pane e minestra a casa mia senza musoni, che arrosto e fritto dove                si urla sempre, siora padrona.

GIULIA         Venite qua, nipote, andiamo a tavola.

ORSETTA      Siora no, grazie. (tra sé) Preferisco andare a cercare sior Baseggio, altro che                                 mangiare.(esce)

GIULIA         Prendi sù e porta a casa! Fai del bene a queste frasconazze e subito ti sputano in                          faccia. Ho una rabbia in corpo.

SCANA   QUINDICESIMA

Siora Chiaretta e siora Giulia

CHIARE        Siora madrina, cos’ha siora Orsetta, che è andata via col muso?

GIULIA         E’ matta, poveretta.

CHIARE        Al  mangiare io non ci penso, mi dispiace solo di non andare in maschera. (tra sé)

                        Mi premeva di incontrare sior Baseggio. Ho paura che Orsetta lo incontri prima di                       me.           

GIULIA         Cara mia, abbi pazienza, ci andremo. Malignazo, questo mio marito.Lo scannerei!

CHIARE        Dove mai può essere?

GIULIA         Sarà da quella sporca, dalla vedova.

CHIARE        Oh, caspita!

GIULIA         E’ là, quant’è vero che mi chiamo Giulia! Quando il cuore mi dice una cosa  non

                        sbaglia mai.

SCENA   SEDICESIMA

      Sior Boldo che ascolta e dette

GIULIA         Oh,  figlia mia, i mariti di questa sorte sarebbe meglio che crepassero.

CHIARE        (a sior Boldo) Sior padrino, benvenuto.

BOLDO         Siora figlioccia!

GIULIA         Stavamo giusto dicendo che non vi si vedeva.

BOLDO         Eh, siora sì, ho sentite che parlavi bene di me.

GIULIA         Vi pare che sia questa l’ora di venire a casa?

BOLDO         Se non ci fosse questa putta, vi risponderei come dico io.

CHIARE        Caro sior padrino, non si metta a gridare.

GIULIA         Sarà stato dalla sua smorfiosa.

BOLDO         Sono stato dal diavolo che ti porta via!

GIULIA         Andate di là, figlioccia e dite di versare la minestra nei piatti.

CHIARE        Siora sì, vado. Fate presto. (tra sé) Ho una voglia di veder Baseggio, che mi sento                       morire. (esce)

SCENA DICIASSETTESIMA

Siora Giulia e sior Boldo che si toglie cappello e tabarro

GIULIA         Ditemi, cosa avete fatto della scatola di Francia?

BOLDO         L’ho venduta.

GIULIA         Ho domandato ai garzoni e dicono che non l’avete venduta nella bottega.

BOLDO         L’ho venduta fuori della bottega.

GIULIA         Per quanto?

BOLDO         Per cinque zecchini.

GIULIA         Dove sono i soldi?

BOLDO         Accidenti e il diavolo ti porti! Anche i soldi vi dovrei mostrare? Io porto i calzoni e                    voi impicciatevi dei fatti vostri.

GIULIA         La scatola l’avrà regalata.

BOLDO         A chi, cara lei?

GIULIA         Alla bella vedovella.

BOLDO         (fa il gesto) Ti do uno schiaffo che il pavimento te da un altro.

GIULIA         E via! Subito schiaffi.Allora dammene, ammazzami e toglimi dagli affanni di questo                   mondo. (piange)

BOLDO         Ma via. Se ho detto di darvi uno schiaffo, l’ho detto per scherzo.

GIULIA         Pezzo di cane! E quelli che mi hai dato l’altro giorno? Tu mi tratti come una bestia.

                        (piange)

BOLDO         Via, che fai piangere anche me. (piange)

SCENA   DICIOTTESIMA

Siora Chiaretta e detti

CHIARE        E’ pronta la minestra . . . Piangono?

BOLDO         (a Giulia) Andiamo a fare la pace.

GIULIA         (a Boldo) Cattivo! Ti voglio tanto bene e mi tratti così. (escono)

CHIARE        Tra marito e moglie sempre urlano, sempre discutono, sempre piangono! Mi fanno                       passare la voglia di sposarmi.

ATTO   SECONDO

SCENA   PRIMA

Strada con case e botteghe

Siora Lucrezia alla finestra

LUCREZIA   Ma come sono poche le maschere che si vedono oggi. E sì che c’è un bel tempo.

SCENA   SECONDA

Siora Orsetta in maschera,siora Fabia e detta

ORSETTA      Fermiamoci un po’ qua a vedere passare questo stracciarolo. Può darsi che si metta

                        a cantare. (tra sé) Mi sembra proprio Baseggio.

SCENA   TERZA

Baseggio in maschera cantando e dette

BASEGGIO   Chi ha stracci vecchi da vender?

                        Chi ha cuori d’oro vecchi da vender?

                        Qui c’è lo stracciarolo

                        che farà quel che può

                        per vender e comprar

                        e anche per barattar.

                        Lui vende roba pulita

                        E compra roba sicura;

                        ma prima di comprarla

                        lui vuole osservarla.

                        Chi ha drappi vecchi?

                        Chi ha cuori d’oro da vender?

LUCREZIA   Brava maschera!

BASEGGIO   (verso il balcone di Lucrezia)

                        Son qua, padrona bella!

                        Venderò anche a lei.

                        Basta che comandi.

ORSETTA      (tra sé) Immagino che canti per lei.

LUCREZIA   Maschera, avete dei confetti?

BASEGGIO   Se lo comanda, son qua.

LUCREZIA   Aspettate che calo giù il cestello.(esegue)

ORSETTA      (tra sé) Malignaza! Vuole gli uomini tutti per lei.

BASEGGIO   (mette dei confetti nel cesto) Il povero stracciarolo fa quello che può.

FABIA           (alla figlia) Andemo, andemo, fia. (la tira)

ORSETTA      Sudo dalla rabbia.

FABIA           Andemo via, che la xe l’ora d’andar. (la tira)

ORSETTA      Siora no, voglio stare qua!

LUCREZIA   Maschera, a buon rendere.

BASEGGIO   (cantando)

                        Di me è la padrona.

                        E se ho roba bella,

                        tutta è per lei.

                        Chi ha drappi vecchi?

                        Chi ha cuori d’oro vecchi da vender? (esce)

LUCREZIA   Oh, che caro matto! Ha speso bene lo zecchino per l’abito.

ORSETTA      Voglio andargli dietro.

FABIA           Dov’è che la voi andar? (la blocca)

ORSETTA      Ho detto che voglio andargli dietro.(fa per andare)

FABIA            Fia . . . fia mia . . . ven chi! (la rincorre ed escono)

LUCREZIA   Oggi si vedono dei grandi spettacoli di maschere. Quella vecchia  . . . pagherei per

                        sapere chi è.

SCENA   QUARTA

Sior Boldo e siora Lucrezia

BOLDO         Siora Lucrezia, sto venendo da lei.

LUCREZIA   Padrone, sior Boldo.

BOLDO         Allora vengo sù.

LUCREZIA   Salite pure. (Tonina vede la scena:Lucrezia entra in casa e Boldo sale)

SCENA   QUINTA

Siora Tonina alla finestra

TONINA        Oe! Sior Boldo è andato dalla siora Lucrezia. Se siora Giulia lo sapesse, poveraccia,

                        si dispererebbe. Oh, che cara siora Lucrezia! Adesso ho scoperto tutto. Meno male                      che mio marito non ci andrà più. Me l’ha promesso.

SCENA   SESTA

Siora Giulia in tabarro e bautta,siora Chiaretta in maschera e detta

TONINA        (Chiaretta saluta Tonina con le mani) Chissà chi sono quelle maschere che guardano                   in qua . . . Adesso le riconosco. Padrone, siore maschere! (entra in casa)

SCENA   SETTIMA

Sior Todero e dette

GIULIA         (Vede Todero che va sotto la finestra di Lucrezia) Oh, quello è sior Todero, il

                        marito di siora Tonina.(Sior Todero batte al portone di Lucrezia)

LUCREZIA   Chi è?

TODERO       Amici! (entra in casa)

GIULIA         Avete visto?

CHIARE        Addirittura in casa! . . . Sua moglie non lo saprà.

GIULIA         Se lo sapesse, poveraccia, si darebbe alla disperazione.

CHIARE        Ah, io non parlo di sicuro.

GIULIA         Andiamo sù. (guarda  verso la casa di Lucrezia) Maledetta! (entra in casa)

CHIARE        E Baseggio non si vede. (entra anche lei da siora Tonina)

SCENA   NONA

Camera in casa di Tonina

Siora Tonina,siora Giulia e siora Chiaretta

CHIARE        Oh, padrona, siora Tonina.

TONINA        Padrone, siore maschere.

GIULIA         Padrona.

TONINA        Via, spogliatevi pure. Fate conto di essere a casa vostra.

GIULIA         Grazie, siora Tonina. (si smaschera)

CHIARE        Passano molte maschere, oggi? (si smaschera)

TONINA        Ma . . . non so. Mi sono affacciata un attimo al balcone. Ho visto una cosa che non mi                è piaciuta e sono tornata dentro.

GIULIA         Ha visto, sì?

TONINA        Ha visto anche lei?

GIULIA         Là, dall’amica?

TONINA        Siora sì.

GIULIA         (ognuna per equivoco intende del marito dell’altra) Ah, povera moglie!

TONINA        Oh, cara siora Giulia, bisogna aver pazienza..

GIULIA         A questi mariti bisognerebbe dargliene tanta ma tante di quelle.

TONINA        Ben detto. Ad ogni occasione, giù botte!

CHIARE        Basta con le chiacchiere, altrimenti non vedremo le maschere.

TONINA        Ce n’è di tempo. Sedetevi pure, sarete stanche.

GIULIA         Grazie. (si siede)

CHIARE        Io, se non le dispiace, andrei un po’ al balcone.

TONINA        Padrona, fate pure.

GIULIA         Andate pure, figlia, ma state attenta. Se qualche maschere vi dice qualcosa, tornate

                        subito dentro.

CHIARE        Siora sì. (tra sé) Oh, se passasse Baseggio, non tronerei sicuramente dentro.(esce)

SCENA   DECIMA

Siora Giulia e siora Tonina

GIULIA         Che miracolo che oggi madama Lucrezia non è andata in maschera, vero?

TONINA        Oh, ci andrà! Si vede che non aveva ancora nessuno che andava con lei.

GIULIA         Allora, adesso che ha la compagnia, ci andrà.

 TONINA       Ma io non so con che stomaco vada a provocare gli uomini sposati.

GIULIA         Fa entrare in casa sua i mariti . . . davanti agli occhi delle mogli.

TONINA        In verità io ero andata al balcone per vedere se venivate voi. E l’ho visto per caso

                        entrare dentro.

GIULIA         Anch’io l’ho visto per caso.

TONINA        Vuole che andiamo a spiare alla porta  per vedere quando esce di casa?

GIULIA         Quel che vuole lei, siora Tonina. Ma io credo che sia meglio  che andassimo a casa

                        di quella e la prendessimo a schiaffi una buona volta.

TONINA        Siora Giulia, faccia a modo mio. Ci vuole prudenza, con comodo rimedieremo.

                        (escono)

SCENA   UNDICESIMA

Strada

Siora Chiaretta al balcone

CHIARE        Non passa un’anima di qua. Tutta la gente sarà in piazza. Almeno  passasse sior                           Baseggio . . . chissà che non sia con quella sfacciata di Orsetta! Ah, povera Chiaretta                  sfortunata! Sarà meglio che torni in campagna, a Venezia non ho fortuna. Queste putte

                        di Venezia sono furbe come il diavolo.

SCENA   DODICESIMA

           Siora Giulia,siora Tonina sulla porta e detta

TONINA        Oe! Si è aperta la porta dell’amica.

GIULIA         Guardiamo, guardiamo.

TONINA        Nascondiamoci. (si mettono di lato)

SCENA   TREDICESIMA

Sior Boldo e dette

GIULIA         (Sior Boldo esce dalla casa di Lucrezia e va via)  Cosa? mio marito?

TONINA        Zitta, siora Giulia. (la trattiene)

GIULIA         Mio marito da quella . . .

TONINA        Stia zitta. Non lo sapeva?

GIULIA         Ah, disgraziata! Adesso lo chiamo.

TONINA        No cara, non facciamo baccano. Venga dentro.

GIULIA         Ah, siora Tonina! Sono morta. (Si ritirano)

CHIARE        Oh, sono stufa di queste buffonate. Qui a Venezia ci sono tanti di questi mariti e di                    queste mogli. Ho già capito che sarà meglio sposarsi in campagna.

SCENA   QUATTORDICESIMA

Sior Todero e dette

TONINA        (Sior Todero esce dalla casa di Lucrezia e va via) Mio marito?

GIULIA         Zitta, siora Tonina. (la trattiene)

TONINA        Mio marito . . . dalla vedova?

GIULIA         Non l’aveva visto?

TONINA        Siora no. Io avevo visto Sior Boldo.

GIULIA         E io avevo visto sior  Todero.

TONINA        Dov’è quella smorfiosa? Che venga fuori.

GIULIA         Ma via, abbia prudenza.

TONINA        Non posso trattenermi.

GIULIA         Si ricordi di quello che mi ha detto.

TONINA        (Verso il balcone di Lucrezia) Donna del diavolo! (entra in casa)

GIULIA         (Verso il balcone di Lucrezia) Strega maledetta! (entra in casa con Chiaretta)

SCENA   QUINDICESIMA

Arlecchino

ARLECCHI   Ho fatto la mia zornada, no voi guadagnar altro. Voi andar a veder se siora Lugrezia

                        ha bisogno de gnente.

SCENA   SEDICESIMA

Siora Lucrezia in maschera e Arlecchino

LUCREZIA   Sè qua? Caro sior Arlecchin, ve desiderava propria adesso.

ARLECCHI   Giust’adesso vegniva a servirla, patrona cara. Ala bisogno che porta l’acqua, che                         tragga le legne? La comanda, son qua tutto per ela.

LUCREZIA   In casa no bisogna gnente. Voleva da vu un servizio fora de casa.

ARLECCHI   La servirò dove che la comanda. In casa, fora de casa, in camera, dove che la vol.

LUCREZIA   Vorave che ve imascheressi e che vegnissi con mi. Che me compagné  a Redutto e

                        che sté la con mi, fin che vien le mie maschere.

ARLECCHI   E po, co vien le so maschere?

LUCREZIA   Anderé via, dove che voré.

ARLECCHI   (triste) A bon reverirla. (fa per andare via)

LUCREZIA   Dove andeu, sior?

ARLECCHI   Vago via, perché no son degno . . .

LUCREZIA   Animo, andeve a imascherar, e vegnì con mi.

ARLECCHI   No vorria che la fusse troppa confidenza . . .

LUCREZIA   Animo, digo, se no, no metté più piè in casa mia.

ARLECCHI   Siora Lugrezia, no la vaga in colera.

LUCREZIA   (tra sé) Gli faccio questo onore di venire con me in maschera e questa carogna si

                        fa pregare.

ARLECCHI   Siora Lugrezia, no me diga carogna.

LUCREZIA   Animo, andeve a imascherar.

ARLECCHI   Siora sì, volentiera . . . Siora Lugrezia, ela in colera?

LUCREZIA   No, no son più in collera, destrigheve.

ARLECCHI   M’aspettela qua, siora Lugrezia?

LUCREZIA   Me vegnirè a tor qua da siora Tonina. Vago un poco a trovarla, che xe un pezzo

                        che no la vedo.

ARLECCHI   Voi mo dir . . .

LUCREZIA   O destrigheve, o andeve a far squartar!

ARLECCHI   Vago subito, siora Lugrezia.

LUCREZIA   Andè, sior mala grazia . . . andè, sior aseno..

ARLECCHI   (tra sé) Questo l’è el solito pagamento de le mie fadighe. (va in casa di Lucrezia)

SCENA   DICIASSETTESIMA

Lucrezia

LUCREZIA   In verità c’è da ridere. Questo qui, più dispetti gli faccio e più mi fa tutto. E non mi

                        costa una lira! Mi farò accompagnare al Ridotto e lo farò stare con me, finché                              troverò qualcuno che conosco. Voglio andare un po’ da siora Tonina. Ci vado così                      per cerimonia, del resto non posso soffrirla. (batte da Tonina)

VOCE            Chi è?

LUCREZIA   Amici buoni. (aprono e va in casa)

SCENA   DICIOTTESIMA

Camera in casa di siora Tonina

Siora Tonina,siora Giulia e siora Chiaretta

CHIARE        (entrando)  Siora Tonina, sa chi c’è?

TONINA        Chi, cara?

CHIARE        Siora Lucrezia in maschera.

TONINA        Eh, via!

GIULIA         Oh, magari!

CHIARE        E’ vero. (esce)

GIULIA         (a Tonina) Lasci che venga.

TONINA        Cara siora Giulia, in casa mia non voglio confusione. Se viene mio marito, povera                        me.

GIULIA         Ha paura? Ci penso io.

TONINA        Siora, vada nell’altra camera e lasci fare a me, che presto la manderò via.

                        (Giulia si ritira e Tonina accoglie Lucrezia)

SCENA   DICIANNOVESIMA

Siora Tonina e siora Lucrezia

LUCREZIA   Padrona, siora Tonina. Cosa fa? Sta bene?

TONINA        (sostenuta)  Così, così.

LUCREZIA   E’ un pezzo che non ci vediamo.

TONINA        Vado poche volte fuori di casa.

LUCREZIA   E cosa fa in casa?

TONINA        Faccio gli affari miei.

LUCREZIA   Siora Tonina, ha qualcosa contro di me? . . . E’ un po’ che me ne accorgo . . . che mi                   guarda storto. Non sono mica cieca, sa?

TONINA        Se lei non è cieca, non lo sono neppure gli altri.

LUCREZIA   Facciamola corta. Cos’avete contro gli affari miei?

TONINA        Va così dritto che bisognerà che parli.

LUCREZIA   Via, dica.

TONINA        Mio marito viene mai da lei?

LUCREZIA   Siora sì.

TONINA        E cosa viene a fare in casa sua?

LUCREZIA   Gli ho prestato dei soldi perché paghi i suoi debiti.

TONINA        Cara siora, non venga a raccontarmi delle favole. Mio marito non è ridotto così.

                        Ha un bel negozio e non ha debiti.

LUCREZIA   Sarebbe a dire che non mi crede?

TONINA        Eh, cara siora, è un pezzo che ci conosciamo.

LUCREZIA   Olà, padrona, sono una donna per bene.

TONINA        Cara siora, farebbe bene ad andare a fare gli affari suoi.

LUCREZIA   Sì, vado via. Non è degna di frequentare delle donne della mia sorte.

TONINA        Io frequento delle persone che lei non è degna neanche di pulirle le scarpe.

LUCREZIA   (ironica) Oh, che grandi personalità frequenta! Come quella pettegola di siora                             Giulia.

SCENA   VENTESIMA

Siora Giulia e dette

GIULIA         A me pettegola?

LUCREZIA   Siora sì, l’ho detto e lo ripeto. . . .  Si va dicendo che vostro marito viene da me.

GIULIA         Cosa viene a fare mio marito a casa vostra?

LUCREZIA   Se sior Boldo viene da me è per giocare i numeri del lotto.

GIULIA         Oh, sentite questa! Per giocare i numeri del lotto!

TONINA        E si è inventata che presta dei soldi a mio marito.

GIULIA         E’ così, cosa vorreste dire?

GIULIA         Via, che siete una bugiarda.

TONINA        Via, che siete una panchiana.

LUCREZIA   Se sapeste come mi prudono le mani!

GIULIA         Provi ad alzarle, siora.

TONINA        Sù, ci provi.

LUCREZIA   Credete di farmi paura perché siete in due?

SCENA   VENTUNESIMA

Siora Chiaretta e dette

CHIARE        (a Lucrezia) Dica, siora, i confetti che le ha regalato sior Baseggio, erano buoni?

LUCREZIA   Cosa v’importa, siora?

CHIARE        Cosa diavolo ha che tutti gli uomini le vanno dietro?

LUCREZIA   Senti che petazza!

CHIARE        A me petazza?

GIULIA         (a Lucrezia) Strapazzare così la mia figlioccia?

TONINA        (a Lucrezia) Non avete rispetto per una putta?

LUCREZIA   Perché, qualcuno di voi mi porta rispetto? Per essere una putta avete la lingua lunga,

                        campagnola.

CHIARE        Cos’è questa campagnola? Son cittadina.

LUCREZIA   (prendendola in giro)  Lustrissima.

TONINA        Oh, che smargiassa!

GIULIA         Che spaccona!

LUCREZIA   Ah, sporche, frascone, pettegole che siete! Mi prendete in mezzo? In tre contro  me                    sola. Credete di mettermi in soggezione? Vi darei tanti di quegli schiaffi.

TON/GIU       Schiaffi? (le tre donne si dirigono verso Lucrezia che indietreggia ed estrae un

                        coltello)

LUCREZIA   State indietro, che faccio una strage!

TONINA        (a Giulia) Ha il coltello!

GIULIA         (a Tonina) Che diavolo di donna!

CHIARE        Il coltello? Io me la batto. (esce)

LUCREZIA   Io sono una donna onorata.

GIULIA         Le donne onorate non portano il coltello.

LUCREZIA   Se lo porto non è per fare del male a qualcuno; ma non voglio che qualcuno mi pesti                   i piedi. Se non avete giudizio, vi farò vedere di cosa sono capace. (minaccia col                            coltello)

TONINA        Lasciate stare mio marito e non vi nominerò più.

GIULIA         Non stuzzicate mio marito e non mi ricorderò neanche che esistete.

LUCREZIA   Io dei vostri mariti non so che farmene. Matte e gelose. Sapete perché siete gelose?

                        . . .  Perché siete brutte! (esce)

TONINA        Sia maledetta!

GIULIA         Si può sentir di peggio?

TONINA        Dove andrà adesso?

GIULIA         E’ capace di andare a trovare sior Todero o sior Boldo e raccontargli tutto.

TONINA        E noi altre, poveracce, ce la vedremo brutta.

GIULIA         A quest’ora andrà al Ridotto, seguiamola.

TONINA        Oh, che donna!

GIULIA         Che soldatona! (escono)

SCENA   VENTIDUESIMA

Sala del Ridotto con tavolini,lumi,sedie.

Varie maschere che giocano e parlano.

Siora Orsetta in maschera,siora Fabia in bautta e servitore

SERVITORE Buona sera, siore maschere. Benvenute al Ridotto. Aspettano altre maschere o si            

                        accomodano subito?

ORSETTA      Ci accomodiamo.

SERVITORE Patrone, siore maschere. (fa un inchino e si allontana)

FABIA           (si guarda intorno) Gh’è poca zente al Redutto.

ORSETTA      E’ ancora presto, siora madre. Volete che ci sediamo a questo tavolo?

FABIA           No, cara fia. Andemo pù avanti. (vanno) Chiapemo posto chi. (siedono)

ORSETTA      (tra sé)  Almeno venisse sior Baseggio al Ridotto.

SCENA   VENTIQUATTRO

Siora Lucrezia in maschera con Arlecchino in bautta,servitore e dette

SERVITORE Buona sera, siore maschere. (Lucrezia si ferma,Arlecchino prosegue.Ad Arlecchino)

                        Dove la va, la siora maschera? (prende Arlecchino per la collottola)

ARLECCHI   Cuss’è?

LUCREZIA   Sté chi!

SERVITORE Le siore maschere sono sole o aspettano la compagnia?

LUCREZIA   Siamo solo noi.

SERVITORE Accomodatevi, prego. (Quando passa Arlecchino, lo ferma per il colletto. Ad

                        Arlecchino)  E ti . . . atenti! (vanno avanti)

LUCREZIA   Avanti, sentemose qua. (siedono)

ARLECCHI   Quel che la comanda, siora Lugrezia.

LUCREZIA   Zitto, sieu maledetto! No me nominé per nome.

ARLECCHI   Mo cossa gh’oio da dir?

LUCREZIA   Se dise: siora mascara.

ORESETTA   (a Fabia) Avete sentito? Quella maschera è la siora Lucrezia!

FABIA           Ah, sì? Alora, bon. (Quando Fabia non parla, finge di dormire)

ARLECCHI   Comandela gnente, siora mascara Lugrezia?

LUCREZIA   Andeve a far squartar, sior aseno! (Orsetta e Fabia ridono)

ARLECCHI   Mo perché?

LUCREZIA   V’ho dito che no me sté a nominar, che se dise mascara, e no se dise altro!

ARLECCHI   Ma se digo mascara, le xe tutte mascare; bisogna pur distinguer mascara Arlechin da

                        mascara Lugrezia.

LUCREZIA   El diavolo che ve porta! (gli da un buffetto sulla spalla)

SERVITORE (Alle maschere che stanno giocando a carte) Siore maschere, pronti per la prossima

                        giocata. Fate la vostra puntata. (Distribuisce le carte)

LUCREZIA   El diavolo che ve porta ancora via! (Da uno spintone ad Arlecchino che cade)

ARLECCHI   Aiuto! (Il servitore accorre)

SCENA   VENTIQUATTRESIMA

Servitore e detti

SERVITORE Cosa c’è, siora maschera?

ARLECCHI   Gnente, amigo, son cascà.

SERVITORE Avete avuto uno svenimento?

ARLECCHI   No, no . . . gnente. (Si alza.Il servitore lo prende per il colletto.)

SERVITORE (Ad Arlecchino)Abbia la bontà di accomodarsi e di non far baccano. (Molto serio)

                        A Redutto no se fan sti strepiti. (Si allontana)

ARLECCHI   Siora mascara,mi g’ho du ducatelli d’arzento. Voi rischiar la mia fortuna.(va)

LUCREZIA   Oe, mascara. (Arlecchino prosegue) Ehi, mascara! (Arlecchino si girae torna                                indietro) Seu sordo?

ARLECCHI   La compatissa. Credeva che a l’omo se ghe disesse mascaro.

LUCREZIA   Gh’avé rason: ale mascare como vu, se ghe dise mascarotto. Sentì, zoghemoli a metà

                        quei do ducati. Intanto zoghé i vostri.

ARLECCHI   Ho capio. Prima i mii e i soi . . . gh’è tempo. (va)

LUCREZIA   A volte questi sciocchi vincono dei sacchi di ducati.

SCENA   VENTICINQUESIMA

Baseggio e detti

LUCREZIA   (tra sé) Sior Baseggio!

ORSETTA      (Vede Baseggio e lo richiama, lui si avvicina) Bravo, sior, bravo!

BASEGGIO   Perché mi dite così, maschera? Cosa v’ho fatto?

ORSETTA      Ho visto tutto!

BASEGGIO   Ma cosa? Ditemelo!

ORSETTA      Guardate là, la vostra vedova, la siora Lucrezia.

BASEGGIO   Cosa m’importa della siora Lucrezia?

ORSETTA      Le avete cantato sotto al balcone e le avete dato i confetti.

BASEGGIO   Chi è quella maschera?

ORSETTA      Mia madre.

FABIA           (si sveglia) Cossa gh’è, fia? (si guarda intorno)

BASEGGIO   Patrona, siora maschera.

FABIA           Gh’o un po’ de sonno. (Si riaddormenta.Baseggio e Orsetta parlano vicino.)

SCENA   VENTISEIESIMA

Arlecchino e detti

ARLECCHI   (allegro) Siora mascara, ho vinto sei ducati! Ecco i vostri tre.

LUCREZIA   Bravo! Za che sieu fortunà, torné a ziogar.

ARLECCHI   La disse ben. Anderò con questi. (va)

LUCREZIA   Ah, questi non escono sicuramente fuori da qui  (indica la tasca)

SCENA   VENTISETTESIMA

Ragazzo e detti

ORSETTA      (Fa un segno al ragazzo che passa con dei dolci.Sveglia la mamma.)        

                        Maschera, volete le ciambelline?

FABIA           Eh, cuss’è? (Guarda la cesta)  Ah, gh’è da magnar! (assaggia un dolce)

                        Xè bon, xè bon! (Ne prende parecchi e li mette dentro un fazzoletto,poi

                        torna a dormire.)

BASEGGIO   S’è svegliata giusto in tempo per mangiare. (Paga il ragazzo che poi esce)

                        Cara maschera, vi voglio bene e vi voglio sposare.

ORSETTA      Oh, cielo ti ringrazio! Dovete parlare con lei a casa nostra.

SCENA   VENTOTTESIMA

Siore Giulia e Tonina in bautta,siora Chiaretta in maschera e detti

LUCREZIA   Oh, per diana, se le conosco! Eccole tutte e tre senza uno straccio di uomo.

CHIARE        Quello è sior Baseggio! Guarda com’è vicino a quella maschera.

GIULIA         Eccola dov’è! (indica Lucrezia)

CHIARE        Chi è quella maschera che parla col sior Baseggio vestito da stracciarolo?

GIULIA         Non la riconosci? E’ mia nipote e quella che è con lei è sua madre.

CHIARE        Non tornerei con Baseggio neanche se mi coprisse d’oro!

SCENA   VENTINOVESIMA

Arlecchino e detti

ARLECCHI   (A Lucrezia malinconico) Siora mascara, i ho persi tutti. Me dala quei tre che tornerò

                        a ziogar?

LUCREZIA   Eh, no, vecchio. Sei in cattiva sorte. Zogheré un’altra volta. Via, senteve qua e tasé.

ARLECCHI   Ah, pazienza. (siede e dorme)

ORSETTA      (A Baseggio)  Mi par di conoscere quelle maschere. Sapete chi sono? Chiaretta con                     mia zia. Andiamo via. (Alla madre) Maschera! Svegliatevi!

FABIA           Eh! . . . Xè ancora da magnar?  A mi me piaserebbe qualcossa de bon, che so . . .

                        un bel polastro.

BASEGGIO   Facciamo una cosa. Aspettatemi all’”Osteria della Luna”, sapete dov’è?

FABIA           Sì, sì, la cognosso. Là la xe magna ben!

ORSETTA      Fate presto. (Orsetta e Fabia vanno via.Mentre passano davanti a Giulia,Tonina e                       Chiaretta si scambiano occhiate e sberleffi.)

           

SCENA   TRENTESIMA

Sior Todero in bautta e detti

TODERO       Ho pur vinto una volta! (guarda Baseggio) Oe, il mio codegugno e la mia camisiola!

TONINA         (a Giulia) Oe, mio marito!

GIULIA         Non lo riconoscevo mica.

TONINA        Eh, io lo riconosco dall’odore.

TODERO       Quella là mi sembra siora Lucrezia.

TONINA        (a Giulia) Mettiamoci di lato che non ci veda. (si spostano di lato)

LUCREZIA   Vanno via le tre matte.

TODERO       (a Lucrezia) Siora maschera, dica, quelli sono il mio codegugno e la mia camisiola.

LUCREZIA   Certo! M’avevate detto che potevo prestarli.

TODERO       Domattina verrò a prendere la mia roba.

LUCREZIA   Avete i soldi?

TODERO       Siora sì.

LUCREZIA   Vedete di non perderli.

TODERO       Eh, siora no. Domattina verrò. Patrona, siora maschera.

LUCREZIA   Patrone.

TODERO       (tra sé) Non impegnerò più abiti. Fanno così le donne. Guadagnano sul pegno e poi                     noleggiano la roba. Gran drittone! (esce)     

SCENA   TRENTUNESIMA

Siora Giulia,Tonina,Chiaretta e detti

LUCREZIA   (a Baseggio) Oe maschera!

BASEGGIO   Comandi.

LUCREZIA   Domattina presto portatemi codegugno e camisiola che a donna Osvalda si è                               presentata l’occasione di vendere tutto e li vuole subito.

BASEGGIO   Siora sì, porterò tutto. (esce)

SCENA   TRENTADUESIMA

Sior Boldo in maschera e detti

BOLDO         Quella là mi pare siora Lucrezia.

SCENA   TRENTATREESIMA

Siora Giulia,Tonina,Chiaretta che tornano e detti

GIULIA         (a Tonina) E’ lui, vi dico. (indica sior Boldo)

TONINA        Andiamo via.

GIULIA         Siora no. Lei ha avuto soddisfazione, la voglio anch’io.

BOLDO         (a Lucrezia) Siora maschera.

LUCREZIA   Oe, maschera, dov’è la ricevuta?

BOLDO         Eccola qua. (gliela consegna)

LUCREZIA   Bravo!

BOLDO         Il cielo ce la mandi buona.

LUCREZIA   Il cuore mi dice che vinceremo.

BOLDO         Mascara, addio.

LUCREZIA   A rivederci, maschera. (Boldo esce.Lei prende la scatola di Todero) Mettiamola qui.

GIULIA         (a Tonina) La scatola di mio marito!

TONINA        Adesso gliel’avrà donata.

GIULIA         (a Lucrezia) Questa scatola  è mia, siora maschera. (prende la scatola)

LUCREZIA   Questa scatola l’ho in pegno. Quando mi daranno i soldi gliela darò.

GIULIA         Mio marito vel’ha impegnata?

LUCREZIA   Siora no, il marito di quell’altra maschera. (indica Tonina)

TONINA        Bugiarda! A mio marito non ho mai visto questa scatola.

GIULIA         Questa scatola è di mio marito e me  la tengo. (le tre donne escono)

LUCREZIA   (ad Arlecchino) Pezzo de asino, sveglia! (gli da dei colpi per svegliarlo)

ARLECCHI   Chi è? Aiuto!

LUCREZIA   Sè un porco, andé via de qua.

ARLECCHI   Siora Lugrezia . . .

LUCREZIA   El diavolo che ve porta! (si alza ed esce)

ARLECCHI   Siora mascara Lugrezia! (le va dietro.Le altre maschere ridono)

MASCHERE Siora Lucrezia! . . . Siora maschera Lucrezia!  (ridono)

ATTO   TERZO

SCENA   PRIMA

Camera in casa di siora Giulia

Sior Boldo

BOLDO         Oh, che notte che ho passato! Tra i numeri del lotto, tra i brontolii di mia moglie,                        non ho  chiuso occhio. Ma almeno l’ho picchiata . . . mi fa ancora male questo                                    braccio per tutti gli schiaffi che le ho dato . . . che lingua lunga ! Se guadagnassi al                  lotto mi passerebbe la rabbia. Quanto ci mancherà all’estrazione dei numeri? Basta!              Voglio andare in piazza. Orsola! . . . Che fa la serva? Orsola!

SCENA   SECONDA

Siora Chiaretta e detto

CHIARE        Ha chiamato, sior Boldo?

BOLDO         Dov’è Orsola? Mi deve portare il tabarro e il cappello.

CHIARE        Cos’ha?  E’ in collera?

BOLDO         Cara siora, non mi seccate pure voi.  Orsola!!!

CHIARE        Andrò io. (tra sé) Mamma mia, che gente. (esce e torna) Ha detto la siora vostra              moglie se vuole che le porti lei il tabarro. Se vedesse come piange. Non avete un po’

                        di carità per lei?

BOLDO         Con le mogli che hanno la lingua lunga, bisogna diventare cattivi per forza.

CHIARE        Poveretta . . . è la gelosia che la fa parlare.

BOLDO         Ho altro in testa io che queste sciocchezze.  Posso avere il mio tabarro?

CHIARE        Lasci che venga la siora.

BOLDO         Oh, che pazienza che ci vuole!

CHIARE        Via, sior padrino.

BOLDO         Che venga e che faccia presto. Non ho tempo da perdere. Devo sbrigare i miei fatti.

CHIARE        Sior sì, viene subito. Poveraccia! (esce)

BOLDO         Se si potessero fare le cose due volte ! Se resto vedovo, non mi sposo più.

SCENA   TERZA       

Sioa Giulia con tabarro e cappello e detto

GIULIA         (dà il tabarro al marito) Verrete tardi come ieri?

BOLDO         No, verrò prima. (Giulia piange) Cosa c’è adesso, che piangete? . . . Credete

                        che non vi voglia bene?

GIULIA         Una volta sì, adesso no.  Posso dire una parola?

BOLDO         Parlate.

GIULIA         Ieri sera al Ridotto, cosa avete dato a siora Lucrezia?

BOLDO         Non mi avevate detto che eravate stata al Ridotto.

GIULIA         Ve lo volevo dire, ma mi avete fatto tacere a forza di botte. Povera me! Sono tutta                     lividi.  Creperò, così sarete contento.

BOLDO         E cosa mi dite del Ridotto?

GIULIA         Domandavo cosa avevate dato a siora Lucrezia.

BOLDO         Le ho dato una carta.

GIULIA         Perché mi dite questa bugia?

BOLDO         Che bugia? Cosa le avrei dato, allora?

GIULIA         Conoscete questa scatola?

BOLDO         E’ la scatola che ho venduto ieri.

GIULIA         L’avete data iersera a quell’assassina.

BOLDO         Vi dico che l’ho venduta ieri mattina a sior Todero, il marito di siora Tonina.

GIULIA         E come l’ha avuta  siora Lucrezia?

BOLDO         Cosa volete che ne sappia io?

GIULIA         Forse gliel’avrà donata sior Todero?

BOLDO         Oh, vado via che è tardi.

GIULIA         Ma che carta le avete dato?

BOLDO         Una ricevuta del lotto. Arrivederci.

GIULIA         Dunque andate a casa sua?

BOLDO         Dunque il diavolo che vi porta! Vado via per non farvi stare a letto una settimana.

                        (esce)

SCENA   QUARTA

Siora Giulia

GIULIA         Come lo si tocca su questo tasto, va subito in collera. Maledetta! E mio marito se n’è                  infatuata. Sior Todero le ha regalato la scatola e sua moglie, poveraccia, non ha                           neanche i soldi per una per comprarsi una  sottana.

SCENA   QUINTA

Siora Tonina e detta

TONINA        Si può entrare?

GIULIA         Oh, siora Tonina. Come mai così presto fuori casa?

TONINA        Lasci che mi sieda, non ne posso più. (siede)

GIULIA         Cosa le è successo, siora Tonina?

TONINA        Siora Giulia, sono disperata. Mio marito, questa notte, non è tornato a casa.

GIULIA         E dove è stato?

TONINA        Non so niente. Ho mandato il garzone a cercarlo per tutta Venezia, e non si trova.

GIULIA         Che sia  . . .  dalla vedova?

TONINA        Ma sior Todero non è uno di quegli uomini che corrono dietro alle donne. Ho paura

                        piuttosto che sia andato a giocare.

GIULIA         Tutta la notte a giocare? Lo sa come fanno questi uomini quando giocano: quando

                        perdono, vanno a casa dalle mogli, quando vincono, vanno a divertirsi.

TONINA        Mi pare ancora impossibile.

GIULIA         Le voglio fare un regalo. (pausa) Le do questa scatola (gliela mostra) Mi faccia                           questo favore, la prenda. (pausa)

TONINA        (prende la scatola) E dopo che l’ho presa?

GIULIA         Quella scatola è roba sua . . .  Ieri mattina sior Todero l’ha comprata da mio marito.

TONINA        Ma non è quella che aveva la vedova al Ridotto?

GIULIA         Io credevo che gliel’avesse regalata mio marito, invece è stato sior Todero.

TONINA        Mio marito . . . le ha donato questa scatola?

GIULIA         Siora sì.

TONINA        Assassino! A me fa delle storie per comprarmi degli aghi per cucire e a lei regala le                      scatole d’argento?

GIULIA         Senta, siora Tonina, non è per mettere della zizzania, ma ieri, quando suo marito è

                        andato da quella, aveva un fagotto sotto il tabarro.

TONINA        Oh, povera me! Siora Giulia, non mi abbandoni.

GIULIA         Son qui, siora Tonina, con tutto il cuore.

TONINA        Cara siora Giulia, mi faccia un favore. Di questa scatola io non so che farmene. La                      faccia vendere ai suoi garzoni in bottega . . . ma di nascosto a sior Boldo.

GIULIA         Lasci fare a me, siora Tonina. (escono)

SCENA   SESTA

Camera in casa di siora Lucrezia

Siora Lucrezia e Arlecchino

LUCREZIA   Andé via de qua, sior pezzo de aseno!

ARLECCHI   Mo cossa mai gh’oggio fatto?

LUCREZIA   Sieu maledetto! Andarme a dir siora Lugrezia al Redutto? Non avé sentio tutte le                                   mascare burlarse de mi? Me vien voia de buttarte zo da la scala.   

ARLECCHI   Grazie. Questo l’è el regalo che la me fa per averla servida. Pazienza, siora Lugrezia.

LUCREZIA   Anemo . . . vame a trar do secchi d’acqua.

ARLECCHI   Ela in colera, siora Lugrezia?

LUCREZIA   Andé a tor sti do secchi d’acqua.

ARLECCHI   Tutto quel che la comanda. La me strapazza, la me daga: pazienza! Basta che no la                     me cazza via. Cara siora Lugrezia! (parte)

SCENA   SETTIMA

Siora Lucrezia

LUCREZIA   Mi fa ridere, sebbene non ne abbia voglia. Poveretta me! Se viene sior Todero a

                        riscattare la sua roba, come faccio senza la scatola? . . . Bisognerà che

                        mi faccia venire in mente qualche idea.

SCENA   OTTAVA

Sior Baseggio con la camisiola sotto al tabarro e detta

BASEGGIO   Patrona, siora Lucrezia.

LUCREZIA   Oh, bravo. Siete venuto in tempo.

BASEGGIO   Ecco qua il suo codegugno e la sua camisiola.

LUCREZIA   Fate vedere. (osserva scrupolosamente tutto) Ohi, avete fatto una macchia, guardate.

BASEGGIO   C’era già.

LUCREZIA   Quando ve l’ho data, non c’era la macchia. Ci vorrà altro che un filippo per farla

                        togliere.

BASEGGIO   Io con due soldi riesco a  farlo.

LUCREZIA   Basta, lo vedremo. (cambiando tono) A proposito, chi era quella putta vicino a voi al                  Ridotto? . . .   Sù, ditemi chi era.

BASEGGIO   Siora Orsetta.

LUCREZIA   La nipote di siora Giulia?

BASEGGIO   Sì, lei! La conosce?

LUCREZIA   Oh, se la conosco! E quella vecchia era sua madre?

BASEGGIO   Siora sì. Che rabbia che ho con quella vecchia. E’troppo sempliciona e poi sta                              sempre addosso alla figlia. Orsetta non sembra sua figlia per quanto è dolce.

LUCREZIA   Sarebbe un’opera buona levarla dalle mani di quella vecchiaccia. Ma, ditemi, la                           vorreste sposare?

BASEGGIO   La sposerei anche subito, ma quella strega non vuole che si sposi.

LUCREZIA   Lo immagino. Quando la figlia è sposata, non si mangia più a sbafo.

BASEGGIO   Ieri sera siamo stati all’”Osteria della Luna”. Ha mangiato e bevuto come una scrofa.

                        Ho cominciato a parlare di matrimonio ed è andata su tutte le furie.

LUCREZIA   Portategliela via.

BASEGGIO   Se sapessi dove portarla!

LUCREZIA   Portatela da me. Se si trattasse di contrabbando o altre cose losche, vi direi di no; ma                  in questo caso si tratta di portare via una figlia ad una madre indegna. La mia casa              può servire per un matrimonio onesto e lecito.

BASEGGIO   (felice) Oh, siora Lucrezia! Mi fa trasalire il cuore. Se Orsetta vuole, la posso portare                   subito qui?

LUCREZIA   E sua madre?

BASEGGIO   A quest’ora sua madre dormirà ancora, si sveglia tardi al mattino. Orsetta, invece, si                   alza presto e fa i lavori di casa.

LUCREZIA   Andate a prenderla subito e portatela qui da me. Dopo che l’avrete sposata sarà                          vostra Sentite, può darsi che io abbia bisogno di una scatola di Francia, me la                             comprereste?

BASEGGIO   Siora sì, volentieri. Vado subito, per non perdere altro tempo.

LUCREZIA   E del filippo, parleremo un’altra volta?

BASEGGIO   Glielo regalo, siora Lucrezia! (esce)

LUCREZIA   E anche questo è guadagnato. Se non avrò indietro la scatola, sior Baseggio me ne                      comprerà un’altra. Se gli faccio questo servizio . . . altro che una scatola mi darà!

                        Quando posso, io faccio del bene a tutti , ma sempre con onore.

SCENA   NONA

Sior Todero e siora Lucrezia

TODERO       (tutto allegro) Siora Lucrezia, patrona!

LUCREZIA   Siete molto allegro, cos’è successo?

TODERO       Sentite qua. (fa suonare la borsa)

LUCREZIA   Caspita! Soldoni!

TODERO       Duecento zecchini! Guadagnati tutta stanotte al Ridotto.

LUCREZIA   Guardate se i miei soldi sono fortunati; coi dieci ducati che vi ho dato, avete fatto                      questo bel guadagno!

TODERO       E’ vero, siora Lucrezia. Se non c’era lei, non mi sarei rifatto delle ultime perdite.

                        Stanotte non sono andato a casa. Poveraccia, mia moglie! Forse mi sta cercando.

LUCREZIA   Quando saprà che avete vinto, si consolerà.

TODERO       Son qua per riscattare la mia roba. Prenda questa busta: ci sono cinquanta ducati,

                        quaranta del primo pegno e dieci del secondo. (consegna la busta)

LUCREZIA   I quaranta vanno bene, ma dei dieci ducati non mi dà niente? Eh, che spilorcio!                           Guadagna duecento zecchini e non mi dà niente!

TODERO       Via, via. Prenda uno zecchino. (glielo allunga)

LUCREZIA   (ironica) Troppa grazia, sior mio!

TODERO       Dov’è la mia roba?

LUCREZIA   Prendete il codegugno e la camisiola.

TODERO       Ci sono macchie?

LUCREZIA   Fidatevi di me, non c’è neanche una macchietta.

TODERO       E la scatola di Francia, che voglio portarla a mia moglie.    

LUCREZIA   E’ nell’armadio. (finge di cercare la chiave) Dove sarà la chiave? Dove l’avrò                              messa?

TODERO       Oh, questo mi dispiace.

LUCREZIA   Che non l’abbia il facchino. (stupore di Todero) E’ un uomo fidato, non dubitate.

TODERO       Si può aprire anche senza la chiave. Lo forzerò e l’aprirò.

LUCREZIA   Ma via, tornate più tardi che l’avrete.

TODERO       Siora no, piuttosto aspetterò il facchino.

LUCREZIA   (tra sé) Oh, che seccatura!

SCENA   DECIMA

Sior Boldo e detti

BOLDO         Vittoria, vittoria! Abbiamo vinto un terno!

LUCREZIA   Quanto?

BOLDO         Mille e ottocento ducati a testa!

LUCREZIA   Oh, che caro sior Boldo!

BOLDO         Oh, che cara sora Lucrezia! (si abbracciano)

LUCREZIA   Che numeri sono venuti?

BOLDO         16, 29 e 88.

LUCREZIA   Visto che avevo ragione col sogno di mio marito? Cosa dite, sior Todero?

TODERO       Mi rallegro. Adesso datemi la mia scatola.   

LUCREZIA   Ora lasciatemi godere questa vincita. (a Boldo) Riscuoteremo presto?

BOLDO         Dov’è la ricevuta?

LUCREZIA   Sotto il cuscino.

BOLDO         Andiamola a prendere.

LUCREZIA   Andiamo, che poi pranzeremo insieme.

BOLDO         Giusto! Venite anche voi, sior Todero.

TODERO       Bisognerebbe che andassi a casa.

BOLDO         Andremo a casa e poi torneremo qui a mangiare.

TODERO       Come volete, amico, sono con voi.   

LUCREZIA   E che si faccia baldoria! (esce)

BOLDO         Sicuro! (esce)

TODERO       Allegria! (tra sé) Ma voglio la mia scatola. (esce)

SCENA   DODICESIMA

Strada

Arlecchino con delle sporte,siora Giulia,Tonina e Chiaretta

ARLECCHI   (contento tra sé) Evviva il lotto! Mangneremo e beveremo.

TONINA        (a Giulia) Guarda, guarda, il facchino di siora Lucrezia.

ARLECCHI   (vede le siore) Servo vostro, patrone. (inchino)

SIORE                       Bondì sioria.

ARLECCHI   No le san gente?

GIULIA         Mo de cossa?

ARLECCHI   Alegrie, denari, baldorie!

TONINA        Dove?

ARLECCHI   In casa de sora Lugrezia. Sale chi gh’è là in casa? . . . I so do maridi.

GIULIA         Sior Boldo?

TONINA        Sior Todero?

ARLECCHI   No le san gnente? . . . (a Tonina)  Sior Todero, per causa de siora Lugrezia, l’ha                           vadagnà, a Redutto, dusento zecchini!

TONINA        Oh, siestu benedeto!

ARLECCHI   (a Giulia) E sior Boldo, per causa de siora Lugrezia, ha vadagnà un terno de mille e

                        ottocento ducati!

GIULIA         Oh co fortunà, co bravo!

CHIARE        Oh, che gusto che gh’ho anca mi!

ARLECCHI   I vol far un poco de alegria. Patrone, vago a spender. (inchino ed esce)

GIULIA         Guarda, guarda. Allora è vero che mio marito andava dalla siora Lucrezia per i                            numeri del lotto!

TONINA        Anche sior Todero andava là per i soldi.(con sufficienza) Non bisogna meravigliarsi,                    sono cose che          succedono. Non vedo l’ora di vedere quei duecento zecchini.

GIULIA         Si figuri me, che  abbiamo vinto molto di più.

TONINA        In verità ne avevamo proprio bisogno.         

GIULIA         E noi, allora?  Nello scrigno non c’era più nulla.

CHIARE        Sior padrino darà qualosa anche a me?

GIULIA         Sì, fia, lascia fare a me. Voglio che ti doni un bel paio di orecchini.

CHIARE        Oh, magari!

GIULIA         Passiamo sotto il balcone di siora Lucrezia. Se i nostri uomini ci vedono, può darsi

                        che ci dicano qualcosa.

TONINA        E se vanno in collera?

GIULIA         Eh, ora che sono allegri, non faranno tante storie. Andiamo, sù.

CHIARE        Magari ci invitassero a pranzo.

TONINA        Se ci invitano . . . io non dico di no.

GIULIA         Io sono una donna e dico, dico . . . poi mi passa. (escono insieme)

SCENA   TREDICESIMA

Camera in casa di siora Lucrezia

Siora Lucrezia,sior Boldo e Todero con bicchieri e vino

LUCREZIA   Evviva sor Todero! (brindisi)

BOLDO         Quando riscuoterò la vincita farò anch’io la mia parte.

LUCREZIA   (tra sé) Ma dei miei . . . niente!

SCENA   QUATTORDICESIMA

Baseggio e detti

BASEGGIO   Padroni.

LUCREZIA   Si accomodi.

BASEGGIO   (a Lucrezia)  E’ qua la putta. Ho anche preso la scatola. Le piace? (la consegna)

LUCREZIA   (tra sé) La scatola di sior Todero. (a Baseggio) Come l’avete avuta?

BASEGGIO   L’ho comprata nella bottega di sior Boldo.

LUCREZIA   (tra sé) Sua moglie  l’avrà venduta. (a Baseggio) State di là con la putta fin quando

                        vi chiamo.

BASEGGIO   Siora sì.

LUCREZIA   Immagino che della dote non vi importerà nulla?

BASEGGIO   Niente. La prendo così, senza dote. (parte. Lucrezia torna al tavolo)

LUCREZIA   Oh, sior Todero, dimenticavo. Il facchino mi ha dato la chiave dell’armadio.(va a

                        prendere la scatola e la consegna a Todero) Prendete la vostra scatola.

TODERO       Grazie, siora Lucrezia.

LUCREZIA   Ditemi, caro sior Boldo, se vi capitasse l’occasione di maritare vostra nipote  Orsetta,

                        lo fareste?

BOLDO         Vi dirò: la putta è nipote di mia moglie e a me interessa oco; però se potessi toglierla                   dalle braccia di sua madre, la mariterei . . . e le darei anche cento ducati di dote.

LUCREZIA   E se o ve la facessi maritare senza i cento ducati, cosa dareste a me?

BOLDO         Vi darei un paio di candelabri d’argento.

LUCREZIA   Vi prendo in parola. Sapete chi è lo sposo?

BOLDO         (sorpreso) Chi?

LUCREZIA   Sior Baseggio.

BOLDO         Magari!

LUCREZIA   (ad alta voce) Oe, sior Baseggio!

SCENA   QUINDICESIMA

Sior Baseggio e detti

BASEGGIO   Siora.(Lucrezia gli va incontro)

LUCREZIA   Il sior Boldo, al posto del padre di sua nipote Orsetta, ve la dà in sposa, se voi volete,                 ma senza dote. Aspettatemi un attimo che torno subito.(parte)

BASEGGIO   Sior Boldo, voi mi conoscete; se vi contentate, prenderò volentieri vostra nipote.

BOLDO         Dovevi dirlo a me, che risparmiavo un paio di candelabri d’argento.

BASEGGIO   Magari, che io avrei risparmiato una scatola d’argento!

SCENA   SEDICESIMA

Siora Lucrezia con Orsetta e detti

LUCREZIA   (portando per mano Orsetta) Venite pure, non vi vergognate.

BOLDO         (a Orsetta) Olà, cosa fate qua? Chi vi ha portato?

LUCREZIA   Sono stata io a farlaportare via dalla casa di sua madre. Questo è il suo fidanzato.

BOLDO         Se la sposa è d’accordo, non dico altro. Piuttosto se c’è sotto qualcosa . . .

LUCREZIA   Non abbiate timore, sior Boldo. Quel che si fa in casa mia è tutto in ordine.

                        (ai fidanzati) Datevi la mano.

BASEGGIO   Orsetta, vita mia, son qua! Se mi volete, sono vostro.

LUCREZIA   (a Baseggio) Sù, datele l’anello.

BASEGGIO   Lo volete?

ORSETTA      Sì, lo voglio.

BASEGGIO   Sior Boldo . . . (mette l’anello)

BOLDO         Via, bravi. Siete sposi! E’ fatta e siamo tutti contenti!

LUCREZIA   E io l’ho fatta fare.

TUTTI            Evviva siora Lucrezia!

SCENA   DICIASSETTESIMA

Arlecchino e detti

ARLECCHI   (a sior Todero e Boldo) Siori, eli contenti che ghe diga una cossa?

BOLDO         Cossa gh’è?

ARLECCHI   Sotto il balcon ghe xe siora Giulia e siora Tonina che le sente tutto.

LUCREZIA   Hanno tanta faccia tosta di venire sotto il mio balcone?

BOLDO         Aspettate. (va al balcone)

TODERO       Vado anch’io. (va anche lui)

ORSETTA      Se la mia madrina scopre tutto, poveretta me!

LUCREZIA   Non abbiate paura, lasciate fare a me. (Boldo e Todero fanno cenno alle mogli di

                        salire) Cosa c’è di nuovo, signori?

BOLDO         Vengono sù.

LUCREZIA   Per me, che vengano pure. Ho proprio piacere che vi vedano qui. Per il resto                                meriterebbero che io le versassi sopra una pentola d’accqua bollente.

BOLDO         Una pentola d’acqua bollente! (ride)

TODERO       Questa è buona! (ride)

LUCREZIA   Voi non sapete cosa mi hanno fatto. Mi hanno fatto svergognare davanti a tutti

                        al Ridotto.

SCENA   ULTIMA

Siora Giulia,Tonina,Chiaretta e detti

GIULIA         (ironica) Si può entrare?

TONINA        Ci sono fucilate o bastoni?

LUCREZIA   Vengano, patrone, che entrano in casa di una donna onorata.

TODERO       (a Tonina mostrando il sacchetto  ) Guarda qua! Grazie a siora Lucrezia, ho                                 guadagnato duecento zecchini.

BOLDO         (a Giulia mostrando la ricevuta) E a me ha fatto vincere mille e ottocento ducati.

LUCREZIA   Avete visto, siore, per cosa venivano a casa mia i vostri mariti?

CHIARE        E sior Baseggio per cosa è venuto?

LUCREZIA   Domandatelo a siora Orsetta.

ORSETTA      (mostrando l’anello) Guardate, siora, è venuto per questo!

CHIARE        (verso Giulia)  Oh, l’anello! Le ha dato l’anello!                 

GIULIA         Cos’è questa storia?

BOLDO         Niente di strano, siora. Questo è un matrimonio che ha combinato soira Lucrezia

                        e io ho acconsentito.

GIULIA         Le avete dato la dote?

BOLDO         Neanche una lira.

GIULIA         Brava, siora Lucrezia, avete fatto bene.

BASEGGIO   Siora Chiaretta, mi dispiace . . .

CHIARE        Andate via, cortigiano da niente. (tra sé) Pazienza, mi sposerò in campagna.

LUCREZIA   Ed ora, siore, sarete ancora gelose degli affari miei?

TONINA        Cara siora Lucrezia, quando si vuole bene al proprio marito si ha sempre paura che

                        qualcuno se lo porti via.

GIULIA         E a volte non si può fare a meno di dubitare.

LUCREZIA   Ma non si infanga la reputazione della gente così.

TONINA        Suvvia, cosa le abbiamo detto di male?

LUCREZIA   Se è per questo, me ne avete dette tante. Comunque, sior Todero, io non farò più                        pegni; prima li facevo perché ero una povera vedova. Ora il cielo m’ha donato mille                   e ottocento ducati e con questi farò qualche affare e cercherò di vivere onoratamente.

                        E voi, sior Boldo, non fate che questa vincita vi faccia venire la voglia di gocare                         ancora per poi perdere tutto, anche la bottega.

GIULIA         Perché non vi sposate, siora Lucrezia?

LUCREZIA   Oh, maritarmi, propro no! Io voglio godere della mia libertà e mi pare di essere una                     regina. 

GIULIA         (tra sé) Ah, con questi mille e ottocento ducati, che bella cosa se fossi vedova                             anch’io! (a siora Lucrezia) In verità, siora Lucrezia, avete parlato bene.

TONINA        In verità, siora Lucrezia, siete una donna di garbo.

LUCREZIA   Sarete più gelose di me? Basta ora, quel che è stato è stato e non parliamo d’altro.

                        Una volta vi avrei fatto disperare, ma ora passano gli anni e penso a far soldi e                             mantenermi onoratamente, perché, dice il proverbio (al pubblico):

                                   Passando gli anni, passa la bellezza,

                                   ma tutto si può far, se ci sono i soldi. 

                                                                       Una povera donna si disprezza,

                                                                       ma tornano i piacer se ha soldi.

                                                                       Che sia per interesse o per amor,

                                                                       si accetta tutto e si consola il cuor.