Le donne, i cavalier, l’arme ed i… mori

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LE DONNE, I CAVALIER, L'ARME ED I... MORI

Dramma in due Atti di

Giuliana Alberti

Personaggi

I Commedianti:

Dolfina-Angelica, bella amorosa
Wanda-Moglie del Pastore-Ancella, tamburina e comprimaria
Coraçon, capocomica 
Geremiah-Medoro-Astolfo, poeta, drammaturgo e cronachista
Comico-Gradasso, Comico-Ruggiero, Comico-Sacripante, soldati Saraceni, comprimari della compagnia di Coraçon
Comico-Zerbino -Bradamante, soldati Cristiani, comprimari della compagnia di Coraçon
Comico- Pastore, marito della Pastora, comici della compagnia di Coraçon

I Nobili Cristiani e i loro famigli

Don Juan d'Austria, figlio naturale di Carlo V, fratellastro di Don Juan, fanatico persecutore dei Mori e dei moriscos 
Don Ignaçio, Grande di Spagna, consigliere di Don Juan, promesso sposo di Lorraine
Dona Sol, moglie di Don Felipe Ortega, Grande di Spagna, madre di Lorraine 
Lorraine-Bradamante, figlia di dona Sol e Don Felipe Ortega, e comica della compagnia di Coraçon 
Germana, nutrice di Lorraine
Due Servi di Dona Sol
Due Guardie di Don Juan 

I Nobili Saraceni

Mehemet Alì, sultano dei Turchi, comandante dei Turchi nella battaglia di Lepanto
Mustafà, crudele capo delle truppe turche e consigliere del sultano 

Gli Spettatori

Due Spettatori (ed anche più)


Rif. Storici: Filippo II d'Asburgo (Borbone) (1527-1598), detto il Prudente, re di Spagna, di Napoli e di Sicilia, dei Paesi Bassi, duca di Milano, il re “cristiano”, padre naturale di Don Juan d’Austria
Battaglia di Lepanto, Grecia, 7 ottobre 1571


L’azione si svolge in un luogo imprecisato, ai margini di un accampamento italo-spagnolo durante la guerra contro i turchi, intorno al 1570. Sullo sfondo tende spagnole, sulla cui sommità spunta la croce latina, e tende arabe, sulle quali spicca la mezzaluna. Ai due lati del palcoscenico, su un piano rialzato, l’una di fronte all’altra, la reggia di Don Juan e quella del sultano Mehemet-Alì. Al centro, un rozzo palcoscenico ricavato da un carro dalle pareti apribili. Sul proscenio alcune panche, disposte a semicerchio attorno ad una fontana. La casa di Dona Sol, anch’essa su un supporto sopraelevato, in posizione defilata ma ben visibile. Si illumina solo al momento dell’azione, a differenza degli spazi dei “signori della guerra”, che restano perennemente in luce, anche se la stessa diminuisce d’intensità quando l’azione si sposta altrove.



ATTO PRIMO

Scena I
Il proscenio dove si trovano le panche per il pubblico. Rullo di tamburi. Alcuni spettatori stanno entrando alla spicciolata.

Geremiah: (avanza fra la folla in coppia con Wanda) Udite, udite, udite! Stassera grande spettacolo di comici!
Wanda: (avanza percuotendo il tamburo che ha a tracolla e gridando a perdifiato) Forza, brava gente, prendete posto! La giornata è finita. E' il momento di mettere a riposo il corpo e di concedere un po' di svago all'anima! Cos'è? Non vorrete mica buttarvi sulla branda che c'è ancora luce.... Proprio adesso che viene il bello! Proprio così: il bello! Una bella serata in compagnia non è sempre meglio di una dormita solitaria, eh, che ne dite? 
Geremiah: (sottovoce) Dipende. 
Wanda: (dandogli una gomitata) Piantala, menagramo! 
Geremiah: (alzando il tono, con rassegnazione) Udite, udite, udite!
Wanda: (sempre gridando e rullando il tamburo) Avanti! Alzate le chiappe e venite a mettere il vostro culo qua davanti a me!
I° Spettatore: Perché non ce lo metti tu il culo davanti a noi?
Wanda: (si volta, mostrando il deretano agli spettatori) Ecco fatto! (vibra un paio di bacchettate sulle natiche e poi, con un salto, si volta) Cosa ne dici? E' bello sodo, vero?
I° Spettatore: (sporgendo la testa in avanti ed allungando una mano) Io sono come san Tommaso: non credo se non ci metto il naso!
Wanda: (dandogli una bacchettata sulla mano) Il naso te lo taglio, se fai tanto di mettere le mani dove non ti compete! (Nuovo rullo) Forza, gente! Nessuno vi chiede nulla! Solo un piccolo obolo alla compagnia, prima di tornare a casa in allegria. E se non siete contenti, non ci date niente! Non è un affare conveniente? Soddisfatti o rimborsati! (Mentre fa questo discorso, sul palco vengono compiuti gli ultimi preparativi della recita. Intanto la folla comincia a sedersi sulle panche attorno al palco)

Scena II 

Geremiah: (a Wanda) Darei tutto quello che possiedo per non essere costretto a fare lo strillone!
Wanda: Cioè? Cosa possiedi?
Geremiah: Niente!
Wanda: Allora puoi darlo via senza problemi. (al pubblico) Stassera vi racconteremo la storia della bella Angelica, sapete? Ah, l'Angelica era proprio una bella figlia di mamma, un po' scura di pelle...
II° Spettatore: Non vogliamo storie di negri!
Wanda: E noi non te le diamo! Però una bella negretta nel letto non ti dispiacerebbe, eh? Preciso come gli uomini della nostra storia: nessuno poteva soffrire i saraceni ma tutti correvano dietro ad Angelica, la più bella principessa mora che si fosse mai vista. Bianco e nero! Non c’è contrasto più bello. Non vorrete mica lasciarvi scappare una storia simile? (ad alcuni spettatori che cercano un posto) Bravi! Là c'è rimasto un posto... Là ce n'è un altro. Basta stringersi un po' e ci state tutti. E anche di più!
II° Spettatore: La sappiamo a memoria la storia di Angelica!
Geremiah: (prevenendo Wanda) Questa avventura è nuova di zecca, non è stata mai rappresentata da nessuna compagnia!
II° Spettatore: (perplesso) Ah sì? (sospettoso) Non ci rifilerete mica una di quelle stronzate inverosimili, campate per aria? 
Wanda: (ponendo fine alla questione con un ultimo energico rullo di tamburi) Per aria e per terra, per acqua e per fuoco. Non vorrai che te la anticipi tutta adesso, no? E allora finisce il bello! Forza, bando alle ciance! E' tempo che si cominci! (tutti zittiscono mentre le luci scendono e restano illuminati solo il palcoscenico dei comici nonché le postazioni dei due sovrani.
Scena III

Don Juan: (meditabondo davanti ad una scacchiera) Che succede?
Don Ortega: Sono quei comici, sapete? Quelli che seguono i vostri eserciti. Chiamano il pubblico a raccolta. Volete che li faccia sloggiare?
Don Juan: Forse più tardi. (Sposta una torre)

Scena IV

Dona Sol: (in piedi, accanto a Germana, che ascolta preoccupata in silenzio, un poco discosta. Alla figlia Lorraine) E' questa la vostra risposta? Lo sapete che con il vostro rifiuto consegnate la nostra famiglia alla rovina e al disonore? (Lorraine tenta di obiettare ma la madre la interrompe) Lo sapete in che condizioni ci troviamo? (Lorraine assente) Ciononostante insistete nel vostro rifiuto? (Lorraine assente ancora) La vostra testardaggine va punita come merita. Resterete chiusa a chiave nella vostra stanza, senza cibo nè acqua, fino a che non addiverrete a più miti consigli. Andate! (Lorraine se ne va a capo chino accompagnata da Germana. Buio)

Scena V
Musica d’introduzione.

Geremiah: Al tempo di re Carlo, il Magno detto,/ gl’infami Saraceni, dalla Spagna/ cacciati e ricacciati, i Pirenei/ varcato aveano ed in assedio stretto/ avean Parigi e il fiume che la bagna…(si apre il sipario sulle mura di Parigi)

Scena VI

Mehemet Alì: (curvo sopra la scacchiera, si affaccia ad osservare lo spettacolo dei comici) Senti, senti! Magari fossimo arrivati fin lì!
Mustafà: Lasciamoli dire: le loro menzogne ci possono tornare utili.
Mehemet Alì: Verità e menzogna: facce di un’unica medaglia. (muove un pedone) 

Scena VII

Geremiah: (Mentre declama, sul palco compaiono via via i comici-guerrieri in attitudine bellicosa) L’esercito cristian schierava in campo/ prodi e leali conti palatini./ Ma crudeli sovrani e Sacripanti/ e fier Gradassi aveano i saracini./ Angelica la figlia d’Agricane/ dei paladin caduta era prigione/ Ma fuggita ella era da lor mani/ e s’ascondea per tornare alla magione./ Il prode Orlando bevuto avea alla fonte/ e ardea d’amor per Angelica la bella./ Per lei avea solcato il mare e il monte/ ma invano avea cercato la donzella./ E intanto ardeva, dall’Alpi agli Appennini,/ la guerra fra Cristiani e Saracini./
(Sulla scena gli armati ingaggiano un rumoroso duello)
Comico-Zerbino: Cane d’un infedele! (vibra un grande fendente a Gradasso)
Comico-Gradasso: Cane d’un cristiano! (colpisce il cristiano con la spada) 
Comico-Orlando: (a Sacripante) Il Diavolo ti porti nell’inferno!
Comico-Mandricardo: (a Comico-Orlando) Se ti ammazzo, io vado in Paradiso! (escono continuando a combattere) 
Comico-Gradasso: (a Zerbino) Muori, per Allah! 
Comico-Zerbino: (ferito, ma passando al contrattacco) Ah, mussulmano vigliacco! (escono di scena combattendo)






Scena VIII

Dolfina-Angelica: (entra correndo affannosamente e guardandosi intorno con circospezione. Sosta per riprendere fiato) Ahi dura sorte, essere bella assai/ e ricavar da bellezza solo guai!/ Fuggir tra selve spaventose e scure,/ per lochi inabitati ermi e selvaggi,/ senza poter domar le mie paure/ errando per paesi e per villaggi. (si accascia) Son stanca. Vò posare la mia fronte/ su questo prato, ai piedi della fonte. (si sdraia e si addormenta. Entra Sacripante, re di Circassia)

Scena IX

Sacripante: (entrando ed arrestandosi sorpreso e compiaciuto) Che veggio? Angelica adorata,/ dorme qui sola in mezzo alla verzura?/ La credevo in catene. E’ liberata/ (allettato) e dar potrei io sfogo alla mia arsura!/ (combattuto) Che fare? Non vorrei darmi per vinto/ o dall’angelica donna esser respinto./ (Angelica nel sonno sospira. Sacripante appare tutto intenerito) La verginella è simile alla rosa, ch’in bel giardin su la nativa spina/ mentre sola e sicura si riposa,/ né gregge né pastor se le avicina… (si dirige verso Angelica e comincia a togliersi l’elmo ed a slacciarsi l’armatura. Angelica si desta)
Dolfina-Angelica: (fra sé) Chi è là? Oh ciel, lo riconosco:/ è il possente sovran di Circassia./ Giovar potrebbe. Con lui fendere il bosco/ potrei, farmi condurre a casa mia./ Dovrò esser furba e volgere in favore/ le sue brame e l’ardenza del suo cuore! (seducente, a Sacripante) Cavaliere, volete voi mutare il mio destino/ facendomi da guida e paladino?/ Tornar debb’io alle tende di mio padre/ intatta virgo, con intatto onore./ Vorreste esser mia guida, mio tutore?/ 
Sacripante: (compiangendosi, fra sé) Ah Fortuna crudel, Fortuna infame!/ trionfan gli altri, ed io muoio di fame! 
Dolfina-Angelica: Cavalier, non mi par d’aver sentuto/ il vostro assenso oppur vostro rifiuto.
Sacripante: (indeciso, fra sè) Corrò la fresca e matutina rosa,/ che, tardando, stagion perder potria?/ So ben ch’a donna non si po’ far cosa/ che più soave e più piacevol sia, ancor che se ne mostri disdegnosa/ e talor mesta e flebil se ne stia./ (risoluto) Non starò per repulsa e finto sdegno,/ ch’io non adombri e incarni il mio disegno./ (si dirige risolutamente verso Angelica) 
Dolfina-Angelica: (intuendo le intenzioni di Sacripante arretra, cercando di sottrarglisi) Che fate? Siate gentil e d’animo cortese,/ altrimenti vi mando a quel paese!
Sacripante: (inseguendola) Lasciar la rosa sfiorire sopra il ramo/ è cosa dissennata. Dice un verso/ a tutti noto, un verso che io amo:/ (al pubblico) ogni lasciato è perso! (le salta addosso)
Dolfina-Angelica: Aiuto! Sacripante/ la festa mi vuol far seduta stante!

Scena X

Comico-Bradamante: (entrando a spron battuto, imitando la voce femminile) Che fai turco infedele? Qual progetto/ si annida come un serpe nel tuo petto?/ Difendere dovresti le donzelle./ Difenderai invece la tua pelle! (fa un assalto e lo getta per terra. Ride) Ah-ah! Arrenditi fellone!/ Non poserai il tuo piè mai più in arcione. (lo tiene sotto la minaccia della spada, facendo delle finte. Sacripante, a terra, disarmato, non riesce a sollevarsi.) 
Dolfina-Angelica: Fortuna amica! Arrivò questo cristiano/ a sventare di Sacripante il piano! (a Bradamante) Io sempre vi sarò riconoscente/ per avere fermato ‘sto fetente!/ (al pubblico) 
Comico-Bradamante: Al nostro Dio cristiano io giurai/ che le femmine tratte avrei dai guai/ ancorchè more, ancor che mussulmane/ togliendole dei maschi dalle brame./ Fuggite fin ch’è chiaro ancora il giorno/ e al re Agricane fate voi ritorno.
Dolfina-Angelica: Sì, sì: fuggiam, pria che il re di Circassia/ m’impedisca il ritorno a casa mia! (esce di scena velocemente)

Scena XI

Sacripante: (a terra) Ditemi il vostro nome, o paladino,/ così ch’io possa ancor darvi quartiere./ sul terreno cristiano, o saracino/ quel che io valgo vi farò vedere.
Comico-Bradamante: Cercar dovreste a lungo perché io/ non son chi sembro. Sotto l’armatura/ si cela un cuore viril, ma in fè di Dio,/ virile ingegno non sta in viril figura. (esce velocemente)

Scena XII

Sacripante: (rialzandosi e sistemandosi l’armatura, perplesso) Chi fu quel cavalier così guardingo/ che non volle il suo nome rivelarmi?/ Lo inseguirò, lo spoglierò dell’armi/ e il mistero a svelarmi lo costringo. (esce di corsa dalla parte di Bradamante impugnando la spada)

Scena XIII

Geremiah: Sotto le rosse torri di Parigi/ ferve intanto la lotta partigiana./ Di Carlo ormai i capelli sono grigi/ ma la vittoria appare ancor lontana./ L’esercito cristiano, al lumicino,/ perde terren sotto l’orgoglio saracino. (rientrano in scena Zerbino, Gradasso, Orlando e Mandricardo)
Comico-Zerbino: (a Gradasso) Vai dal tuo Allah, col contributo mio! 
Comico-Gradasso: (rispondendo a Zerbino) Muori, infedele! Vattene al tuo Dio! (lo colpisce)
Comico-Mandricardo: (irridendo Orlando) Sei stanco di vedermi? Poverino!/ Prova ad uccidermi semmai ti riesce! (fa una finta)
Comico-Comico-Orlando: (a Mandricardo) Sterminerò tua stirpe che ora cresce/ come gramigna in mezzo al grano fino. (continuano a combattere)

Scena XIV

Mehemet-Alì: Come si evolve la faccenda?
Mustafà: Parità: se la danno di santa ragione.
Mehemet-Alì: Santa è la guerra che conduce ai giardini di Allah.
Mustafà: Amen. (muove)

Scena XV

Comico-Zerbino: (a Gradasso) Arrenditi, cane infedele! (mena botte da orbi)
Comico-Gradasso: (replica Zerbino) Arrenditi tu, infedele d’un cane! 
Comico-Comico-Orlando: (vibrando fendenti) Faremo polpette di tutti i saraceni! 
Comico-Mandricardo : (rispondendo di conserva) Di tutti i cristiani faremo cus-cus! 
Comico-Zerbino: (battendo sullo scudo di Gradasso) Tieni, per Dio!
Comico-Gradasso: (replicando a Zerbino) Beccati questa, per Allah! (Zerbino e Gradasso escono combattendo)

Scena XVI
Suonano le trombe. Comico-Orlando e Mandricardo si bloccano come due pugili fermati dal gong.

Geremiah: Udite! Udite! Udite! Per porre fine a questo triste eccidio/ eleggano i due eserciti un campione/ che decida le sorti della guerra/ sfidando l’altro in singolar tenzone. (Orlando e Mandricardo si rimettono in posizione di sfida)
Comico-Orlando: Mandricardo! Ora ti farò vedere/ Chi di noi due è qui il miglior campione!
Comico-Mandricardo: (tracotante) E chi, se non son io? Certo un coglione/ la vittoria sul campo non può avere.
Comico-Orlando: (cominciando a duellare) A me coglione?!? Questo grave affronto (gli dà una piattonata sulla testa) Ti farò al più presto rimangiare./
Comico-Mandricardo: (respingendolo, con scherno) Son tutto tuo: a farti sono pronto/ al Dio cristian l’animo tuo sputare. 
Comico-Orlando: Nessuno osò giammai parlare a Orlando,/ come il re di Tartària. Pagherai/ per il tuo ardire, per tua fellonia,/ perché di sopportarti sono stanco! (vibra un gran fendente. Rientrano combattendo i precedenti guerrieri arabi e cristiani, urlando e facendo un gran fracasso. Nella furia del combattimento un duellante si accanisce anche contro Geremiah, il quale fugge schermendosi con le mani)

Scena XVII

(Sul palco dei comici i contendenti continuano a mimare un duello cruento)
Don Juan: Cos’è questo baccano?
Don Ignaçio: (affacciandosi) Combattono. Devo fermare lo spettacolo?
Don Juan: Chi vince? 
Don Ignaçio: Non è chiaro. I nostri, mi pare. (Mandricardo atterra Orlando) No, no: vincono i mori. (torna al tavolo e muove una pedina) 
Don Juan: (continuando a scrutare la scacchiera) Vediamo di fargliela finire con questa propaganda disfattista.
Don Ignaçio: E’ proprio quello che vi volevo suggerire. (si inchina e fa per uscire)
Don Juan: (richiamandolo) Don Ignaçio…Quella ragazza che interpreta Angelica…
Don Ignaçio: Devo portarvela qui?
Don Juan: Con discrezione, mi raccomando. (Don Ignaçio si inchina di nuovo ed esce. (Appena uscito Don Ignaçio, Don Juan cambia alcune pedine sulla scacchiera. Intanto sul palco il duello riprende col massimo vigore finchè i duellanti escono di scena combattendo. Geremiah và a sdraiarsi per terra, facendo la parte di Medoro ferito)

Scena XVIII

Dolfina-Angelica: (Entra in scena correndo, fingendo paura e affanno. Per terra giace Medoro, ferito) Ohimè, quanto ancor deve durare/ questa corsa estenuante ed affannata? Dovunque io vada, non faccio che incontrare/ la soldataglia bruta e assatanata/ che non ha altro fisso nella testa/ se non l’idea di fare a me la festa. 
Geremiah-Medoro: Aìta!
Dolfina-Angelica: (scorgendo Medoro) Che vedo là? (chinandosi sul ferito) E’ un soldato cristian, dunque un nemico…
Geremiah-Medoro: Io muoio! Un soccorso a te mendico!
Dolfina-Angelica: Povero giovincello! Non ho cuore/ di lasciarlo morir nel fior degli anni!/ Vorrei dare soccorso ai suoi malanni/ ma ch’egli poi m’assalga io ho il timore./ Degli uomini io conobbi sol la caccia,/ la rozzezza degli usi, le lor brame/ e l’orgogliosa protervia di lor fame. (facendosi coraggio) Orsù, coraggio: qual terribil danno/ potrà farmi un guerrier ferito a morte?/ Sarà pure un cristian, ma la sua sorte/ or dipende soltanto da mia mano. (gli prende la mano e l’accarezza)
Geremiah-Medoro: Fanciulla,/ se cuore umano batte nel tuo petto,/ non lasciarmi morire fuor dal letto./ Son nel fiore degli anni, dammi aìta./ Fa che non spiri, col respir, mia vita./ Porgimi aiuto, colma la mia sete,/ e fa ch’io non traversi il fiume Lete.
Dolfina-Angelica: (con passione) A te darò il mio aiuto, il mio soccorso./ Da te allontanerò di morte il corso. (Và alla fonte, prende dell’acqua fra le mani e porge da bere a Medoro. Poi gli si accoccola vicino prendendogli la testa in grembo)
Geremiah-Medoro: Tu colmi la mia sete, la mia arsura/ e se ne van gli affanni con tua cura.
Dolfina-Angelica: (lavandogli la ferita con il nastro che ha fra i capelli. Fra sè) Egli è bello e gentile. Dentro al core/ arder già sento la fiamma dell’amore. (lo bacia)
Geremiah-Medoro: La vita mia affido a te, sorella, che più d’ogni altra sei pietosa e bella.
(la bacia. Si alza imitato da Angelica) Tu guaristi nel petto mio ferita, 
Dolfina-Angelica: Tu feristi il mio cuor. Or dammi aìta. (gli tende la destra)
Geremiah-Medoro: A te prometto amore e fedeltà… (prendendole la destra)
Dolfina-Angelica: (insieme a Medoro) Amore a te prometto e fedeltà…
Geremiah-Medoro: Per la gloria di Cristo.
Dolfina-Angelica: Per Allah. (scrivendo sopra una foglia) Del nostro patto qui farem scrittura,/ sopra le foglie, in mezzo a la verzura. (scrivono “Angelica e Medoro oggi sposi” sopra una foglia e la inchiodano sopra un albero)
Geremiah-Medoro: Testimoni chiamiam degli sponsali,/ gli uccelli, la natura e gli animali. (Tutti i comici cinguettano insieme fuori scena)
Tutti i Comici: (cantano insieme ad Angelica e Medoro) Libiamo alla gran forza dell’amore/ che ai vivi dona la speme ed il vigore./ Da essi il mondo apprendere potrà/ dove oggi alberga la felicità!

Scena XIX

Mehemet Alì: (assorto nella contemplazione della scacchiera) E adesso? Perché cantano?
Mustafà: Boh…C’è una storia d’amore. Credo che abbiano vinto i nostri.
Mehemet Alì: Bene, anche se vincere una battaglia non è vincere la guerra. Muovi. (Mustafà muove una pedina)

Scena XX

Dona Sol: (entra nella stanza della figlia seguita da Germana, la quale reca una brocca ed un canestro con pane e frutta. A Lorraine) Allora? La vostra risoluzione è mutata?
Lorraine: No.
Dona Sol: (rivolta a Germana) Portami una frusta. (Germana depone il canestro e la brocca, esce e torna con una frusta. Alla figlia) Spogliatevi. (Lorraine non si muove) Spogliatevi, ho detto! A Germana) Spogliala! (Germana esegue, lasciando Lorraine in camicia. A Lorraine) Giratevi! (Lorraine le gira le spalle. La madre comincia a frustarla. Germana fa per soccorrerla ma Dona Sol la ferma). Guai a te se fai tanto di soccorrerla. Deve capire finalmente chi comanda in questa casa! Resterà qui al buio, senza cibo e senz’acqua fino a che capitolerà. (Alla figlia) Avete un solo modo per uscire immediatamente da questa situazione: accettare le nozze. Allora, avete cambiato idea? (La ragazza stancamente nega. Don Sol riprende a frustarla fino a che la ragazza cade esausta sulle ginocchia gemendo sommessamente. A Germana) Andiamo. (escono mentre sul palco cala il sipario)

Scena XXI

(Due guardie armate si arrestano davanti al palco dei comici, insieme a Don Ignaçio)
I Guardia: Alt! Fermi tutti! (i duellanti si fermano. I caduti si mettono a sedere)
Coraçon: (sporgendo la testa dal fondale) Cosa c’è?
II Guardia: Questa recita non può continuare.
Geremiah: Perché? Non facciamo niente di male. 
I Guardia: Chi dirige questa baracca?
Geremiah: Non è una baracca: noi siamo dei comici.
II Guardia: E allora, se siete dei comici, fateci ridere.
Geremiah: (con sollecitudine) Ma certo. 
Coraçon: Subito, Eccellenza. Basta che abbiate un po’ di pazienza.
II Guardia: Questa è buona! 
I Guardia: Ma non fa ridere per niente!
Coraçon: Forse la storia non piace a sua Eccellenza?
Don Ignaçio: Né a me, né a Don Juan.
Geremiah e Coraçon: (insieme, accorati) Ma perché?
Don Ignaçio: Direi che è una storia molto poco cristiana, anzi direi proprio sovversiva. 
Coraçon: (sgomenta) Sovversiva, Eccellenza? Perché?
Don Ignaçio: Tutte quelle vittorie dei saraceni…Voi inducete lo scoramento fra i soldati cristiani. Eppoi, via, quella ragazza mussulmana – Angelica – addirittura sposa di un valoroso soldato cattolico…(scuote il capo gironzolando attorno al palco. Ad un suo cenno una delle guardie sparisce dietro il fondale) Sapete perfettamente che siamo in guerra contro i Turchi. E’ una guerra dura, difficile, senza esclusione di colpi. Molti coraggiosi cristiani sono già caduti sul campo di battaglia. Tuttavia questa guerra va combattuta fino in fondo. E vinta, ad ogni costo. E’ in gioco la sopravvivenza della nostra religione, della nostra economia, che dico? della nostra stessa civiltà, perciò…(duramente) Invece voi non fate che alimentare lo spirito riformista, voi fate propaganda disfattista!
Coraçon: Ma no, Eccellenza!
Don Ignaçio: Sì, è proprio così. Noi sospettiamo che nella vostra compagnia si nascondano dei traditori di Cristo, degli ugonotti!
Coraçon e Geremiah: (insieme, spaventati) Ugonotti?!?

Scena XXII

Wanda: (affacciandosi al proscenio) Si può sapere che succede? 
Coraçon: (cercando di zittirla) Ssttt!
Wanda: (vede Don Ignaçio e accenna una sorta di inchino) Eccellenza, mi scusi, non sapevo…C’è qualcosa che non va?
Don Ignaçio: (ignorandola) Chi è il capocomico qui?
Coraçon: Io, Eccellenza.
Don Ignaçio: Una donna? Adesso tutto si spiega.
Geremiah: (timidamente, cercando di scagionare Coraçon) Ma il canovaccio l’ho scritto io.
Don Ignaçio: (sarcastico) Bravo! Mi complimento con voi. Il Tribunale dell’Inquisizione avrebbe qualcosa da obiettare.
Coraçon: (spaventata) Ma la storia non l’abbiamo mica inventata noi. L’ha scritta quel ferrarese, sa, l’Arrosto.
Geremiah: (correggendola) L’Ariosto. (velocemente) Noi l’abbiamo solo sceneggiata.
Don Ignaçio: Non cercate di sminuire le vostre responsabilità nascondendovi dietro il nome di altri. Del resto, certi libri andrebbero bruciati senza esitazione: diffondono idee pericolose.
Geremiah: (sgomento) Ma come si fa? Il pubblico si aspetta la storia di Orlando. Gliel’abbiamo promessa.
Don Ignaçio: Che ne sa il pubblico di come sono andate veramente le cose? Il pubblico prende ciò che gli si dà. Devo insegnarvelo io? 
Geremiah: (affrettandosi ad annuire, imitato da Coraçon) No, no. 
Don Ignaçio: Allora, siamo intesi? Tutte queste vittorie saracene devono cessare. E quella ragazza maomettana, Angelica, non può contrarre matrimonio con un cristiano.
Wanda: Ma ormai è successo.
Don Ignaçio: (minaccioso) Non c’è niente che non possa essere disfatto, tranne la morte.

Scena XXIII

(Rientra il soldato trascinando seco Angelica per un braccio)
Angelica: (opponendosi ai soldati) Lasciatemi! Mi fate male! Lasciatemi, accidenti!
Don Ignaçio: (ad Angelica) Siete voi Angelica?
Angelica: No, io sono Dolfina. Faccio la parte di Angelica.
Don Ignaçio: Ebbene, da questo momento non la fate più. Dovete rispondere di atti sovversivi. 
Dolfina: Atti sovversivi? Che significa? 
Coraçon: Non vorrete mica portarvi via Angelica proprio adesso che è in corso lo spettacolo!?! Come facciamo senza di lei?
Don Ignaçio: Ne farete a meno. 
Geremiah: Ma la sua parte è importante!
Don Ignaçio: Siamo tutti necessari, nessuno è indispensabile! (Fa per andarsene. Le guardie afferrano Dolfina per le braccia ma la ragazza fa resistenza)
Dolfina: Io non vengo da nessuna parte. Se mi volete ammazzare, fatelo qui, davanti a tutti. Io non ho fatto niente: ho solo recitato una parte. Recitare non è fare!
Don Ignaçio: (esaminandola sfrontatamente) Non vorrai sostenere che non c’è nessuna responsabilità nella scelta di un ruolo, vero? E, se anche fosse così, questo non é sicuramente l’unico scheletro del tuo armadio. Possiamo mostrartene qualcun altro.
Dolfina: (recisa, con sfida) Sono certa che, all’occorrenza, oltre gli scheletri sapete far resuscitare anche i morti… 
Don Ignaçio: (fra i denti) Attenta, puttana, che fra i morti ci potresti essere anche tu! (intanto Coraçon, Wanda e Geremiah silenziosamente la invitano a tacere)
Dolfina: (ostinata, ma con un tono più remissivo) Comunque, io da qui non mi muovo! 
I° Guardia: (sottovoce a Don Ignaçio) Dobbiamo portarla via con la forza?
Don Ignaçio: Cerchiamo di farla venire spontaneamente.
Coraçon: (sottovoce a Dolfina) Dolfina, per favore, non fare così. Poi se la prendono con tutti noi.
Dolfina: (testarda) Io non ho fatto niente di male.
Geremiah: Lo sai che loro hanno i mezzi per farti confessare tutto quello che vogliono.
Dolfina: Appunto. Perché allora devo facilitargli il compito? Se mi devono ammazzare, lo facciano qui: sarà sempre meglio che nelle segrete del castello. (amara) Invece della commedia dell’arte, il pubblico avrà la tragedia della verità. (fissando don Ignaçio impavidamente negli occhi) E così tutti potranno vedere coi loro occhi l’iniquità di chi ci comanda. 
Don Ignaçio: (livido) Certe frasi in pubblico sono pericolose. 
Coraçon: (timorosa, a Dolfina) Taci, Dolfina! (a Don Ignaçio) Non le dia retta, Eccellenza. E’ una puledra un po’ riottosa, ma se le lasciate la briglia lenta, sa fare meglio delle altre.
Don Ignaçio: E’ meglio che diate date retta alla vostra capocomica e ci seguite senza fare storie! Saremo indulgenti se non ci date del filo da torcere.
Dolfina: (sospettosa) Indulgenti quanto?
Don Ignaçio: Quanto parrà a Sua Eccellenza. Don Juan è sempre comprensivo con le belle donne.
Dolfina: (realizzando. Amaramente) Ho capito. (si siede sull’assito del palco e resta per un poco in silenzio. Tutti le si sono stretti d’attorno. Con rabbia) Non guardatemi così! Lo so cosa mi volete dire!
Coraçon: (supplichevole) Dolfina…
Geremiah: Siamo nelle tue mani.
Dolfina: (sarcastica) Nelle mie gambe, direte. (si alza e raccoglie lo scialle. A Don Ignaçio) Mi avete fatto una paura! Va bene, andiamo! Vediamo di sbrigarci. (agli altri comici) Sempre meglio che morire, no? (con sarcasmo) Tanto Angelica non è fuori scena a fare l’amore col suo Medoro? Invece di un guerriero, avrò addirittura un principe, sia pure bastardo!
Don Ignaçio: (la schiaffeggia) Qualcuno bisognerà che vi insegni a tenere a freno la lingua! 
II° Guardia: (sottovoce a Don Ignaçio) Dobbiamo legarle le mani?
Don Ignaçio: Ma sì, non si sa mai. (la guardia fa per metterle una corda attorno ai polsi ma Dolfina lo fissa ferocemente)
Dolfina: (alla guardia) Se solo ti azzardi… 
Don Ignaçio: (fa cenno alla guardia di lasciar perdere. Fra i denti) Ti farò mangiare la polvere, stanne certa.
Coraçon: Ciao, Dolfina. Abbassa la cresta. E’ per il tuo bene.
Wanda e tutti gli altri: Ciao, Dolfina! Buona fortuna!
Geremiah: Ciao, Dolfina! Grazie!
Don Ignaçio: (minacciosamente a Coraçon e Geremiah) Non una parola, ci siamo capiti? (Coraçon e Geremiah pongono gli indici sulle labbra affrettandosi ad annuire) E la storia va modificata come vi è stato detto. Immediatamente.
Geremiah e Coraçon: (inchinandosi continuamente) Certamente, Eccellenza, sarà fatto. Riverisco, riverisco.


Scena XXIV

I° Spettatore: Allora, questa commedia, non va avanti più?
Wanda: Un momento di pazienza, adesso ripartiamo.
Geremiah: Giusto il tempo di riorganizzarci.
Coraçon: Avete sentito anche voi…Bisogna fare qualche modifica.
Wanda: (sospirando) Quando il padrone comanda…
Coraçon: Il cavallo deve trottare. (si avvia fuori scena seguita da Wanda e dagli altri)
Geremiah: Intanto vi suoniamo un po’ di musica, mentre aspettate. Fate conto che siano le arie celestiali che Angelica e Medoro sentono nell’estasi d’amore.(chiude il sipario. Alcuni suonatori intrattengono il pubblico suonando un’aria)

Scena XXV

Germana: (entrando circospetta nella camera di Lorraine con una candela, una bacinella e un asciugamano e del cibo. A Lorraine che è ancora distesa sul pavimento) Sstt! Cuore mio, sono io, la tua balia! (depone gli oggetti e solleva la ragazza che emette gemiti di dolore.) Perché tanta ostinazione, perché? Non lo sai che tua madre ha il coltello dalla parte del manico? Alla fine dovrai cedere, tuo malgrado. E avrai sofferto inutilmente! (mentre parla, la spoglia e le deterge le ferite)
Lorraine: Piuttosto che sposare Don Ignaçio, preferisco morire!
Germana: Che sciocchina! Morire per così poco! 
Lorraine: Poco? Io detesto quell’uomo! Non potrò mai essere felice al suo fianco!
Germana: (sospirando) Felice!? Non siamo nati per essere felici, la donna meno ancora dell’uomo!
Lorraine: E allora meglio una morte rapida, piuttosto che una lenta agonia. (supplichevole) Procurami del veleno, Germana, ti prego!
Germana: (sussulta) Veleno? Io che ti ho nutrito e cresciuta, con queste stesse mani devo portarti la morte? No, non puoi chiedere questo alla tua nutrice.
Lorraine: Ed allora aiutami a fuggire.
Germana: (sgomenta) Per andare dove?
Lorraine: Dovunque sarà meglio che qui.
Germana: Ma come ti nutrirai? Chi ti darà asilo? Lo sai che le strade sono infestate da briganti, da soldati simili a jene, da mendicanti pronti a vendersi l’anima pur di raccattare qualche avanzo, da appestati, da malviventi di ogni sorta? Chi ti offrirà protezione? Ora tu sei difesa dal tuo nome, dalla tua casta, ma che farai quando non potrai più fregiarti dei titoli della tua famiglia?
Lorraine: Non lo so. Ma tutto è meglio piuttosto che un matrimonio senza amore. 
Germana: Amore! L’amore è una fiammata di paglia…Non è roba da matrimonio. E comunque potrai avere tutto l’amore che vorrai, se sarai furba e userai le cautele necessarie. 
Lorraine: (non comprendendo) Cioè?
Germana: (persuasiva) Don Ignaçio non ha certo le esigenze di un giovane. Alla sua età l’amore può essere pure pericoloso. Eppoi questa guerra contro i Turchi non gli lascia molto tempo libero. 
Lorraine: E dunque? Lo vedi anche tu che l’amore che io cerco non può essermi dato da un uomo come lui…E inoltre io provo ribrezzo per il suo corpo.
Germana: Non è di lui che parlo. Sposandolo tu sarai ricevuta a corte e ti assicuro che la corte è piena di giovanotti, belli e pronti a dare amore a piene mani.
Lorraine: (indignata) Ti rendi conto di quello che mi stai suggerendo? Di posporre l’amore, la fedeltà, la coerenza al puro calcolo. Di affidare alla clandestinità ciò che dovrebbe essere mostrato alla luce del sole. No, non è questo cinismo che io mi aspettavo da te, la mia nutrice…
Germana: Non è cinismo. E’ solo saggezza. E la paura che tu, seguendo un sogno, determini la rovina della tua vita.
Lorraine: La mia vita sarà rovinata comunque. Se me ne vado da qui, avrò almeno una possibilità per modificare il mio destino. Se invece accetto il matrimonio con quell’uomo…
Germana: (interrompendola) Tu non puoi sapere che cosa abbia in serbo il destino per te. Anche obbedendo ai tuoi genitori, la sorte potrebbe riservarti delle gioie che non ti saresti mai immaginata.
Lorraine: (ironica) A quale prezzo? A prezzo della sottomissione e della menzogna. Io cerco la verità…
Germana: (sospirando) Verità, amore, libertà: voi giovani siete pieni di ideali… La realtà invece non ha niente di ideale, te l’assicuro.
Lorraine: Ma è giusto che io lo impari da sola, non credi? Aiutami, ti prego!
Germana: Lo sai che quanto mi chiedi è assai rischioso.
Lorraine: Lo so, povera cara. Ma se mai mi hai voluto un po’ di bene, devi aiutarmi. Portami dei vestiti da uomo e lascia la porta aperta questa notte. Io lascerò la finestra spalancata e getterò lo scialle sugli scogli, così tutti penseranno che mi sono gettata in mare. Tu invece avrai fatto sellare il mio cavallo e me lo farai trovare fuori da quel piccolo uscio che dalla corte porta nel bosco. Mi raccomando: hai capito bene?
Germana: (annuisce) Non vuoi aspettare ancora qualche giorno, almeno fino a che le piaghe siano guarite?
Lorraine: La libertà sarà la miglior medicina alle mie ferite. Tu piuttosto ricordati di chiudere a chiave la porta della mia stanza, dopo che sarò partita. 
Germana: (la abbraccia piangendo) Come farò senza di te? Chi mi farà avere tue notizie?
Lorraine: Troverò il modo di mettermi in comunicazione con te, te lo prometto. E adesso và, prima che mia madre si accorga che sei qui.
(Germana raccoglie gli oggetti ed esce, dopo essersi fermata a riflettere desolata. Rimasta sola, Lorraine si siede davanti allo specchio, afferra le forbici e comincia a tagliarsi i capelli)

Scena XXVI

(Sul palco il rullo di tamburo ed il nuovo ritmo della musica avverte che l’azione sta per ricominciare)
Geremiah: Eccoci qua, per riprendere la nostra storia. Dunque, il prode Orlando,/ dei Cristiani campion senza paura,/ per mari e monti se ne giva errando/ cercando Angelica nei prati, in la verzura./ E intanto aspetta il re di Tartarìa/ che in groppa al suo destrier se n’andò via/ proprio mentre durava la tenzone/ che doveva risolver la questione.

Comico-Orlando: (entra in scena armato di tutto punto, con fare da gradasso) Già due giorni passaron dal duello/ e Mandricardo non si vede ancora./ Se mai lui tornerà, farò un macello!/ Piangerà il saracen perché sua ora/ suonare sentirà, né avrò pietade/ e scender lo farò dentro dell’Ade! (si sentono belare alcune greggi. Orlando ha un usssulto) Che c’è? (rassicurandosi) Son dei pastor. Non c’è periglio./ Al prode Orlando non faran del male./ Se vengon qua all’arme do di piglio/ Li fo scappar mettendo ai piedi l’ale./ (si toglie l’elmo) Mentre aspetto mi faccio un pisolino,/ sperando che ritorni il saracino./ Se poi non torna, sarà un gran vantaggio/ e per Angelica riprenderò il mio viaggio. (si siede per terra e comincia a russare. Si ode il sibilo di un calabrone. Orlando balza in pedi pieno di paura) Chi è là? Fatevi sotto!/ Se m’arrabbio io faccio un quarantotto! (il calabrone tace per un attimo poi riprende a sibilare. Rassicurandosi e portandosi le mani al naso) Fu dunque un calabrone!/ che lasciò dentro al naso il pungiglione!/ (Inseguendolo e menando grandi fendenti nell’aria) Ti squarterò, farò proprio un finimondo/ a costo di inseguirti in capo al mondo!/ (và a sbattere contro un albero) Che botta! Mi ci vuole una bistecca/ per guarire quest’occhio dalla stecca. (si aggira avanti e indietro dolorante) Ahiahi, che male! Per un moscerino/ ho un occhio ch’è più ner d’un saracino! (si specchia nello scudo il quale riflette il biglietto che è appeso all’albero) Che è questo? Forse Mandricardo/ il duello vuol fare in altro loco?/ (si avvicina all’albero e stacca il biglietto) Chiaro non è. Io ci capisco poco/ Nelle lingue son sempre stato tardo./ (lo gira e lo rigira) No, no. Non è del mio rivale. Troppo/ è ben scritto e pien di ghirigori./ Questo è pegno d’amor, per gli sponsali,/ per le nozze, gli amanti, per gli amori./ (rilegge traducendo) “Angelica e Medoro oggi son sposi”/ No, no, non può esser ver. Ho mal tradotto/ il messaggio del re di Tartaria./ Forse è in codice, forse sotto sotto,/ è d’Angelica il segno e di sua via./ Adesso rifarò la traduzione/ e avrò d’ogni timor rassicurazione./ (rilegge) “An-ge-li-ca e Me-do-ro og-gi son spo-si”/ Non c’è dubbio né inganno. Son fregato!/ La donna mia ‘sto Medoro m’ha scippato!/ Chi è costui? Certo un maomettano/ che a tradimento le rapì la mano./ Tutto intorno mi gira. La mia testa/ è come se frullasse in gran tempesta /Mi sento come fossi in preda all’oppio./ Dovunque il guardo giro vedo doppio!/ (lamentandosi) Povero Orlando, tanto sfortunato!/ L’amor mi ha cotto, stracotto e biscottato! (fuori scena si ode il raglio di un asino seguito da belati e grugniti di porci. Urlando) Chi c’è? Chi vuol di me prendersi gioco?/ L’ammazzerò e lo getterò nel fuoco! (mentre avviene questo monologo, le due guardie e Don Ignaçio consegnano Dolfina a Don Juan. Questi le toglie la sciarpa che le lega i capelli, lo scialle, il corsetto e poi la trascina fuori scena. Restano in scena Don Ignaçio e le due guardie) 

Scena XXVII

(entrano alcuni pastori)
Pastore: Signore, mi sembrate un po’ alterato. (Orlando fa per sedersi per terra singhiozzando)
Wanda-Moglie del Pastore: (impedendogli di sedersi) Che fate? Non sedetevi nel prato./ Trovare voi potreste della cacca,/ chè tutto ‘l dì ci pascolò la vacca.
Comico-Orlando: (irato) Di vacca ne conosco solo una./ (disperato) Ma come lei per me non c’è nessuna! (si accascia, piangendo e lamentandosi)
Pastore: (perplesso alla moglie) Perder la vacca è invero gran disgrazia/ (a Orlando) ma eccessivo dolor forse vi strazia…
Wanda-Moglie del Pastore: Con un buon sonno ed un bicchier di vino/ lasciar potreste la vacca al suo destino.(Orlando, aiutato dai due, si alza e li segue nella loro capanna). 
Pastore: Voi siete cavaliere, non dovreste/ occuparvi di mucche, porci e agnelli./ Fate la guerra: ogni lavoro agreste/ lasciate a noi, poveri spirti imbelli.
Wanda-Moglie del Pastore: Sarà la nostra casa vostro avello./ Vostro rifugio…
Comico-Orlando: (interrompendola e vedendo l’anello al dito della donna) Cos’è questo anello?
Wanda-Moglie del Pastore: (timorosa che lui glielo prenda) Mel diede una gran dama, una signora…
Pastore: Di stirpe forestiera, bella e mora.
Comico-Orlando: (sconsolato, fra sé) Esso è d’Angelica. Gliel diedi/ come pegno d’amore e di mia fede.
Wanda-Moglie del Pastore: Angelica? (assentendo) Quest’era il nome della dama/ che fece di una grotta il suo castello/ insieme a un tal Medoro, fantaccino/ dell’esercito vostro, o Paladino.
Pastore: Noi li ospitammo sotto i nostri tetti/ e curammo al cristian le sue ferite/ che gli infersero i mori maledetti/ quando col caro amico Cloridano/ s’infiltrò nelle tende maomettane.
Wanda-Moglie del Pastore: (compiaciuta) Tubavan sempre come due piccioni/ che fanno il nido sopra i cornicioni./ (ispirata) S’amavan senza alcuna reticenza/ come…(cerca il paragone) fa il toro con la sua giumenta!
Comico-Orlando: Ahi fiera sorte! Quale crudeltà/ perder speranza, fede e carità!/ (ad Angelica) Vile pagana, il cuore m’hai strappato/ e il mio orgoglio virile hai calpestato!/ Tu, maledetta, proprio in un bordello/ trovar dovresti il tuo più giusto ostello!
Wanda-Moglie del Pastore: (perplessa, al marito) Ho il dubbio che la vacca malandrina,/ non sia una mucca, ma anzi una sgualdrina!
Pastore: (alla moglie, ghignando sottovoce) Una donzella che accettò i suoi ori/ e lo piantò per un fante di cuori! (ridono)
Comico-Orlando: Di me ridete? Vi farò vedere/ quanto è buono il formaggio con le pere! (viene al proscenio urlando ai quattro venti) Ascoltatemi tutti, mari e monti/ e venti ed acque d’oceani e di fonti./ A voi io farò guerra perché è vostra/ la colpa della delusione nostra./ (getta via la spada e lo scudo e comincia a spogliarsi dell’armatura) Non son più uomo, non sono paladino./ Sono un pupazzo travolto dal destino. (cominciando a muoversi come un automa comincia a spogliarsi anche della cotta, della maglia etc.)
Pastore: Conte, suvvia, le man tenete ferme…
Wanda-Moglie del Pastore: (fingendo di nascondere il viso ma, in verità, tenendo d’occhio il conte) Non restatemi nudo come un verme!
Comico-Orlando: (fremente) Sì, come un verme, come uno scarafaggio./ E folle d’ira io svellerò quel faggio. (solleva il tronco e lo getta fuori scena. Via via agguanta gli oggetti di scena e li getta sul pubblico)

Scena XXVIII

I° Spettatore: Aò, questo fa sul serio!
II° Spettatore: Ma cosa gli è preso?
I° Spettatore: Fermatelo, accidenti! (riceve un torsolo di mela sulla testa) Ahia!
II° Spettatore: Ehi, hai sbagliato bersaglio!

Scena XXIX
(Sul palco si ode un calpestio di zoccoli, poi soldati saraceni irrompono sulla scena urlando)

Comico-Orlando: (grugnisce, sbuffa ormai del tutto fuori di sé) Che c’è? Sono i soldati maomettani!/ Li annienterò con queste stesse mani! (comincia a mulinare con un albero e li stende tutti come birilli, poi infierisce sul loro corpo) Grrr! Grrr! Lor carne mangerò come filetto/ berrò il lor sangue come vino schietto! (continua a lanciare per aria parti dell’armamento nemico come fosse un gioco di prestigio. I mussulmani fuggono sbandandosi disordinatamente e cadono a terra urlando)
Mussulmani: Aiuto! Sono morto! Per Maometto! Allah è grande! etc. 
Comico-Orlando: Fatevi sotto, infedeli saraceni,/ venite appresso in modo che vi sveni!
(Orlando continua a mulinare la spada come un ossesso mentre avviene il successivo dialogo) Di voi io farò strage, perché io/ farò rifulger la gloria di Dio! (insegue i mori anche fra il pubblico) A me, felloni, saracini traditori!/ Vi mostrerò chi sa far strage dei mori! (sotto i suoi colpi i soldati saraceni continuano a cadere come birilli. Don Ignaçio, affiancato dalle due guardie, applaude con degnazione. Don Juan è fuori scena insieme a Dolfina)
I° Guardia: (sporgendosi a guardare dal balcone) Bravo! 
II° Guardia: (facendo megafono con le mani) Ammazzali tutti!
I° Guardia: (mostrando il pugno) Fagli vedere chi comanda!
II° Guardia: Tornate a casa vostra, da Maometto! (ridono e continuano ad applaudire facendo un gran tifo. Anche i due spettatori applaudono con convinzione)
I° Spettatore: Bravo! Sei un campione!
(Comico-Orlando fa mulinare la spada come un giocoliere, inventando mosse e contromosse che mandano in visibilio il pubblico. I soldati mussulmani si muovono intorno a lui come nella giostra del saracino, cadendo a terra come fantocci) 
Comico-Orlando: (insegue i mori anche fra il pubblico) A me, felloni, saracini traditori!/ Vi mostrerò chi fa strage dei mori! (sotto i suoi colpi i soldati saraceni continuano a cadere come birilli. Don Ignaçio, affiancato dalle due guardie, applaude con degnazione. Don Juan è fuori scena insieme a Dolfina)
I° Guardia: (sporgendosi a guardare dal balcone) Bravo! 
II° Guardia: (facendo megafono con le mani) Ammazzali tutti!
I° Guardia: (mostrando il pugno) Fagli vedere chi comanda!
II° Guardia: Tornate a casa vostra, da Maometto! (ridono e continuano ad applaudire facendo un gran tifo. Anche i due spettatori applaudono con convinzione)
I° Spettatore: Bravo! Sei un campione!
(Orlando fa mulinare la spada come un giocoliere, inventando mosse e contromosse che mandano in visibilio il pubblico. Anche i soldati mussulmani si muovono intorno a lui come nella giostra del saracino e continuano a combattere ed a cadere per tutta la durata del successivo dialogo) 



Scena XXX

Mehemet Alì: (a Mustafà) Che succede? Non vincevano i nostri?
Mustafà: E’ quell’ Orlando. Ha sbaragliato un’intera armata mussulmana. 
Mehemet Alì: Questo non è educativo, no, non è affatto educativo per il nostro popolo. Bisogna insegnare a quei commedianti un po’ di senso della misura.
Mustafà: (sadicamente speranzoso) Dobbiamo mozzargli la lingua?
Mehemet Alì: Non è necessario essere sempre cruenti.
Mustafà: E allora, cosa suggerite?
Mehemet Alì: Le nazioni arabe devono coltivare l’orgoglio della propria razza. Devono credere di essere invincibili. E’ chiaro che, finchè i cristiani avranno la stessa convinzione, non riusciremo mai a prevalere su di loro.
Mustafà: (esitando, perché non è certo di aver compreso) Pensate alla contro-informazione? Noi non possediamo altro mezzo di persuasione, se non la paura…Il Corano vieta le rappresentazioni, lo sapete.
Mehemet Alì: Non è necessario fare delle rappresentazioni per i nostri soldati. Basterà seminare lo scoramento fra le truppe cristiane, fargli intuire la superiorità dei soldati saraceni! (riflettendo) Quei comici…Basterebbe suggerirgli un altro finale per la loro storia. (muove) Eppoi mettere in giro delle voci…
Mustafà: Capisco…Ma come possiamo convincerli? Noi siamo i loro nemici, non i loro padroni.
Mehemet Alì: Non ancora…(muove alcune pedine sulla scacchiera) Alla gente non interessa chi li comandi. Bada solo a chi li paga…
Mustafà: Ah, certo. 
Mehemt Alì: Quei guitti sono dei morti di fame. Sicuramente si accontentano di poco.
Mustafà: Ma per seminare lo scontento fra le truppe cristiane si dovrebbe spendere un cifra enorme. Non so se ci convenga.
Mehemet Alì: (spazientendosi) Alle volte mi chiedo perché ti tengo ancora al mio servizio. Non ci sono solo due alternative: corruzione o intimidazione. C’è anche la via del consenso “spontaneo”. E’ un sistema molto conveniente, più lento nei suoi effetti ma di indubbia efficacia.
Mustafà: (non comprendendo) Cioè?
Mehemet Alì: Si persuade la gente che si agisce nel suo stesso interesse, che troverà un indubbio vantaggio nella sottomissione. L’obbedienza può essere molto conveniente anche per i sudditi, non solo per noi. Credi di poter di “convincere” quegli attori a farci un po’ di pubblicità positiva? (muove)
Mustafà: (annuisce sadicamente) Lo troveranno molto “conveniente”.
Mehemet Alì: Non credo che tu abbia bisogno di altri consigli, vero? (Mustafà sorride dando segno di aver capito, s’inchina ed esce)

Scena XXXI

Geremiah: La lotta s’inasprisce perché i Mori/ combatton come demoni d’Averno./ Ma intanto che finiscon nell’inferno/ noi riposiamo un poco sugli allori. (I comici cominciano ad inchinarsi al pubblico) La sua pena d’amore il prode Orlando/ seppe volgere ai nostri in gran vantaggio / l’orgoglio maomettano calpestando/ con la sua fede e con il suo coraggio/ senza d’altri richiedere l’aiuto/ e vendicando d’Angelica il rifiuto./ Se la storia vi piacque e gli sponsali /coi vostri comici siate liberali/ e tornate a vedere l’altra parte/ di Ruggiero, d’Orlando e Bradamante.
(I comici escono alla ribalta inchinandosi. Tutti gli attori passano a raccogliere l’obolo mentre i musici suonano la conclusione del primo atto)


Fine Atto I°




ATTO II°

Scena I 

(Sull’orlo di una fontana Dolfina si lava. Sul palco il sipario è calato. Dolfina appare affranta, con gli occhi cerchiati, gli abiti strappati ed i capelli in disordine. Per terra ci sono il corsetto ed una sciarpa per legare i capelli. Arriva Wanda con il secchio dell’acqua)

Wanda: (sorpresa) Dolfina! Che fai qui?
Dolfina: Che vuoi che faccia? Cerco di togliermi il puzzo della soldataglia. (continua a strofinarsi ed a lavarsi le mani, le braccia, il collo etc.)
Wanda: Credevo fossi stata col principe Juan.
Dolfina: Non solo con lui. 
Wanda: (stupita ed un po’ ammirata) Però! A me certe fortune non capitano mai.
Dolfina: E’ quella la fortuna, scema!
Wanda: (dubbiosa) Tu dici? (pausa) Beh, non mi racconti nulla? Cosa è successo?
Dolfina: Non sai cosa succede fra un uomo e una donna? 
Wanda: Sì, ma… Io non sono mai stata con un principe.
Dolfina: Non hai perso nulla. Sotto le vesti, i principi sono come tutti gli altri uomini, anzi spesso sono molto peggiori.
Wanda: Tu dici? Io pensavo che dovesse essere una cosa speciale. In fin dei conti, sei stata nel suo palazzo, no?
Dolfina: (asciutta) Già!
Wanda: E non ti sei sentita come una regina?
Dolfina: (ride amaramente) Sì, certo: la regina delle puttane. Ah, c’erano tappeti per terra e arazzi alle pareti; cuscini di piuma, calici d’oro e fiaschette d’argento… (Wanda la ascolta sognante) e profumi in flaconi di cristallo dappertutto…Ma nessun profumo, per quanto penetrante, riusciva a nascondere il puzzo…
Wanda: (interrompendola meravigliata) Il puzzo?
Dolfina: Già, il puzzo della loro abiezione. Non si vergognano di nulla, sai? I potenti credono che tutto gli sia dovuto. Sai cosa mi ha detto Don Juan mentre mi allungava alcune monete mentre mi congedava?
Wanda: Che ti ha detto?
Dolfina: “Non dovrei darti un compenso anzi dovresti essere tu a pagarmi perché io ti ho accordato i miei favori”. Hai capito? Io avrei anche dovuto pagarlo! Allora io ho preso quelle monete e gliele ho gettate in faccia.
Wanda: (esterrefatta) Sei matta?
Dolfina: Ero fuori di me. Lui però non ha fatto una piega: mi ha consegnata a Don Ignaçio, il quale ha finito di fare i suoi comodi. Infine le due guardie hanno completato la festa e Don Ignaçio è rimasto a guardare. 
Wanda: Che porci! E la moneta?
Dolfina: Don Juan se l’è ripresa. 
Wanda: Più son ricchi, più sono pidocchiosi! Dolfina, come mi dispiace! (attinge acqua alla fonte) E io che credevo che andare a letto con un principe dovesse essere così…così (non trova le parole) eccitante!
Dolfina: Ah, per essere eccitante lo è stato. Solo non in quel senso. (s’infila il corsetto)
Wanda: Non avrebbe dovuto gettarti via così…
Dolfina: Perché no? Ormai ero merce deprezzata… (si lega i capelli)
Wanda: Dai, cerca di non pensarci. (fa per avviarsi con Dolfina ma sopraggiunge Coraçon)







Scena II°

Coraçon: (a Wanda) Ah, sei qui? Avevo voglia ad aspettare! (vedendo Dolfina, le corre incontro abbracciandola) Dolfina, povera ragazza! In che stato sei!
Dolfina: (con amara ironia) Mi hanno passata per le armi.
Coraçon: Cioè?
Wanda: (sottovoce) Se la son fatta anche Don Ignaçio e le due guardie.
Coraçon: Dalle stelle alle stalle. (a Wanda, ammonendola) Mi raccomando: raccontala a tutto il contado!
Dolfina: Che importa? Lo sanno tutti che Dolfina ha la coscia facile. Del resto, ho qualche alternativa? 
Coraçon: (sospira) Sei troppo bella per essere anche povera! Speriamo solo che non ti abbiano lasciato qualche regalino…
Dolfina: Già. (a Coraçon) Com’è andata la recita ieri sera?
Coraçon: Insomma…L’abbiamo aggiustata. Qualche soldo l’abbiamo raggranellato. Se non ci fosse stata quell’interruzione. Filava tutto così liscio…(si ode il fragore di uno sparo. Tutte e tre le donne sussultano) Oh Dio, che succede? E’ ricominciata la guerra? Oh, signore, adesso che si cominciava a guadagnare qualche soldo! (si precipitano verso il carro. Mentre corrono Dolfina si scontra con Lorraine che, i capelli corti e travestita da uomo, sta fuggendo con una pistola fumante in mano)

Scena III

Dolfina: (Si blocca. A Lorraine, alludendo alla pistola) Avete intenzione di ammazzarci tutte?
Lorraine: Io? No… (si accorge di aver parlato con la sua voce femminile e ripete la risposta con un’intonazione maschile) No. Scusate. (ripone la pistola nella cintura) Il mio cavallo si è azzoppato. Ho dovuto ucciderlo. (Lorraine si guarda intorno circospetta. Dai suoi movimenti si capisce che teme d’essere inseguita)
Coracòn: Dov’è? Gli si può dare un’occhiata?
Wanda: E’ tardi! Dobbiamo cucinare.
Coraçon: Appunto. Uno spezzatino di cavallo è meglio di una minestra di rape. Non ti piace la carne di cavallo?
Wanda: Ah, certo più di una minestra di rape!
Lorraine: (inorridita, continuando a sbagliare intonazione ed a riprendersi) Non vorrete mangiarvi il mio cavallo!
Coraçon: Sempre meglio noi che i vermi. Tanto non ve ne fareste niente.
Wanda: Volevo dargli degna sepoltura.
Coraçon: Non è mica un cristiano. E vi garantisco che dentro la nostra pancia sarà seppellito a dovere, con tutti gli onori!
Lorraine: Non ho alcuna intenzione di dirvi dov’è.
Coraçon: Se non ce lo dite voi, ce lo diranno i corvi. (Lorraine appare in difficoltà. Coraçon alza gli occhi al cielo, scrutando il volo dei corvi, poi indica un punto fuori scena) E’ là. (si precipita in quella direzione, seguita da Wanda)

Scena IV 

Lorraine: No, non è là. Aspettate!
Dolfina: (cercando di convincerla a desistere dal difendere le spoglie del cavallo) E’ una battaglia persa: la fame è un avversario che non scherza. (sempre stancamente) Chi siete?
Lorraine: Sono…un cavaliere. 
Dolfina: Senza cavallo oramai.
Lorraine: Già…(si guarda attorno incerta)
Dolfina: (critica) Avete una voce strana... Da dove venite? 
Lorraine: (vaga) Da…lontano. E voi?
Dolfina: Io abito vicino: in quel carro laggiù.
Lorraine: (meravigliata) Abitate in un carro?
Dolfina: Perché vi meravigliate tanto? C’è un mucchio di gente che non ha neanche quello, anzi, noi siamo fortunati. Si sta un po’ stretti ma almeno abbiamo un tetto sopra la testa. E d’inverno non abbiamo bisogno della stufa. Non avete mai visto nessuno vivere in un carro? (Dolfina scuote il capo) Per essere un cavaliere, non viaggiate molto. Come vi chiamate? 
Lorraine: (esitante) Lorr… Lope, dei duchi di Castiglia.
Dolfina: Venite dalla Castiglia? Accidenti! Ne avete fatta di strada! E dove andate?
Lorraine: (esitante) Non lo so.
Dolfina: Come, non lo sapete?!? 
Lorraine: E voi lo sapete dove andate?
Dolfina: (riflette) Bella domanda!…Noi andiamo dovunque ci sia qualcosa da mangiare. Di solito andiamo dietro gli eserciti. Facciamo un po’ di commercio con i soldati e recitiamo per loro. Sembra che il teatro tenga alto il morale della truppa. E intanto noi ci guadagniamo un po’ di zuppa. Quando va bene.
Lorraine: E quando va male?
Dolfina: Ci accontentiamo dei cavalli di passaggio.

Scena V

Coraçon: (rientrando in scena con Wanda) E’ un bel cavallo! Peccato che sia un po’ troppo magro. La carne sarà un po’ dura. Pazienza!
Lorraine: E’ un cavallo da corsa, non da bistecche.
Coraçon: Fa niente. Oggi ci va di lusso. (si mette le mani attorno alla bocca ed urla) Ehi, ragazzi, c’è bisogno di voi!
Wanda: Eh sì, portate i coltelli, quelli veri, mi raccomando! 
Coraçon: (a Lorraine) Il meno che possiamo fare è invitarvi a pranzo. Avete fame? 
Lorraine: Sì, ma non mi va di mangiare il mio cavallo. Gli ero molto affezionata.
Coraçon: Vi capisco! Anch’io sono affezionata al nostro ronzino ma, all’occorrenza, non esiterei a metterlo sotto i denti. La necessità fa a meno dei sentimenti!

Scena VI
(Arrivano Geremiah e gli altri. Geremiah ha il viso mesto)

I° Comico: (arriva brandendo un coltello) Che c’è?
Wanda: Ahò, sei scemo? Tieni giù quel coltello. C’è da scuoiare un cavallo.
II° Comico: Un cavallo?!?
Coraçon: (a Geremiah) Cosa succede? Hai una faccia!
Geremiah: (riscuotendosi, desolato) Eh, guai in vista!
Wanda: Cioè?
Geremiah: Poi vi racconto.(alludendo a Lorraine) Chi è?
Dolfina: E’ un cavaliere. Ci farà compagnia a pranzo: ci ha regalato il suo cavallo.
Lorraine: (giustificandosi) Ormai era morto. 
I° Comico: (tentando di toccare i seni di Wanda) Io preferirei mangiarmi le mele di questa cavalla.
Wanda: (al I° Comico, minacciosa) Io invece mi mangerei i marroni di questo somaro!
I° Comico: (rifacendole il verso) Ah! Ah! Ah!
II° Comico: (a Lorraine) Cozzano peggio di due muli!
Coraçon: (rude, ai due comici) Voi due smettetela una volta tanto! (a Wanda, prendendole il secchio) Tu mi aiuterai a lavare la carne. (ai due comici) Voi due seguiteci! (Wanda fa una smorfia, come avesse il voltastomaco, apprestandosi a seguire Coraçon. A Dolfina e a Geremiah) E voi accendete il fuoco, mentre aspettate. (a Geremiah, allontanandosi con gli altri tre) Poi mi racconti tutto. (escono)




Scena VII
(Geremiah e Dolfina si dirigono verso il carro, raccogliendo legna e tenendo Lorraine in mezzo a loro)

Dolfina: (a Geremiah) Che intendevi dire?
Geremiah: Che abbiamo ricevuto visite.
Dolfina: Ancora Don Ignaçio? (Lorraine sussulta)
Geremiah: (a Lorraine) Che c’é? Conoscete don Ignaçio?
Lorraine: (esitando e stando sul vago) Non personalmente. Ne ho sentito parlare.
Dolfina: Male, suppongo. (Lorraine tace. A Geremiah) Insomma, chi è venuto?
Geremiah: Un emissario del sultano Mehemet Alì. Gesù! Ho avuto una paura! Credevo volesse tagliarmi la gola!
Lorraine: Come mai le sentinelle cristiane non l’hanno fermato?
Geremiah: Ve lo potete immaginare! Col denaro si passa dappertutto.
Dolfina: Cosa voleva? 
Geremiah: Si è portato via i nostri costumi, compreso il costume di Orlando.
Dolfina: (stupita e costernata) L’armatura e tutto quanto? (Geremiah annuisce) Perché mai?
Geremiah: Non ne sono sicuro ma, se è quello che temo, ci farà passare un guaio. Inoltre dobbiamo far fare una figuraccia ad Orlando e a tutti i cristiani. I mori devono vincere, i cristiani devono perdere e per giunta devono sembrare stupidi e vigliacchi.
Dolfina: Ma tu gliel’hai detto che non possiamo recitare senza i costumi? 
Geremiah: Certo che gliel’ho detto! Figuriamoci! Ma non c’è stato verso. Me lo dici tu dove li troviamo i denari per dei costumi nuovi? Le armature, poi! Quello che abbiamo guadagnato ieri sera ci basta appena per tirare avanti qualche giorno. (si accascia smarrito) Poveri noi! Chi lo sente don Ignaçio se facciamo vincere i turchi? 
Lorraine: E se voi non recitaste affatto?
Dolfina e Geremiah: Cioè?
Lorraine: Se vi trasferiste altrove, nascondendovi da qualche parte?
Geremiah: Il sultano ha spie dappertutto (scuote il capo, sistemandosi il collo della camicia) No, no: bisogna fare la recita e farlo contento. I turchi non perdonano!
Dolfina: Ma scontenteremo Don Juan. Non ce la farà passere liscia di sicuro. Finora ci ha lasciato in pace – o quasi – perché facevamo pubblicità alle truppe cristiane ma se…
Geremiah: (interrompendola) Facciamo la rappresentazione e poi ce la filiamo a spron battuto. Sì, sì: non c’è altra soluzione! (sospira) Proprio adesso che ci eravamo fatti un po’ di giro fra le truppe! (si siede accanto alla catasta di legna. A Dolfina) Almeno Don Juan ti ha dato qualche soldo?
Dolfina: (esitante) Glieli ho restituiti.
Geremiah: (sbalordito) Cosa?!? Ma ti ha dato di volta il cervello?
Dolfina: (aggressiva) Comunque erano soldi miei, no? (sbuffando, amara) Che volete tutti quanti da me? (sarcastica) Me li sono guadagnati con tutta me stessa. Voi invece dove eravate? Tutti proni a dire di sì a quel verme di Don Ignaçio. (rifacendogli il verso) “Riverisco, riverisco”! 
Geremiah: E a te? A cosa è servito a te fare l’eroina? Non ti hanno risparmiata, mi pare. (mogio, alludendo al denaro) Se li avessi tenuti, adesso avresti potuto prestarceli…
Lorraine: (che ha seguito tutta la scena in silenzio, timidamente a Dolfina) Che cosa vi ha fatto Don Ignaçio? 
Dolfina: Quello che i nobili come voi fanno alle donne “ignobili” come me.
Lorraine: Mi dispiace. Posso prestarveli io.
Geremiah e Dolfina: (insieme) Che cosa?
Lorraine: I denari. (estrae delle monete d’oro da una tasca) 
Geremiah: (spaventato) Per carità! Mettete via quelle monete! Il meno che possa capitarvi è che vi derubino e magari vi uccidano per derubarvi!
Dolfina: (alludendo a Geremiah) Ha ragione. Quanto potete prestarci?
Lorraine: Quanto vi serve? 
Dolfina: Due o tre ducati dovrebbero bastare. (a Geremiah) Che dici? 
Geremiah: (si stringe nelle spalle) Magari anche quattro.
Lorraine: (contando il denaro e porgendolo a Geremiah) E’ solo un prestito, beninteso. Vi prego di restituirmelo al più presto. Il denaro serve anche a me.
Dolfina: Mica possiamo venire fino in Castiglia a portarvelo. Che ci veniamo a fare? In Castiglia non c’è la guerra.
Lorraine: (decisa) Non sarà necessario che veniate in Castiglia: io starò qui con voi.
Dolfina e Geremiah: (sorpresi e contrariati) Con noi?!?
Dolfina: Perché volete unirvi a noi?
Lorraine: (mentendo, intimidita) Voglio…imparare a recitare. Sì, voglio imparare l’arte dei comici.
Geremiah: E’ molto bello da parte vostra…Ma noi non abbiamo bisogno di altri attori. Quel che guadagniamo basta a malapena per noi. E inoltre non c’è posto per un’altra persona sul carro!
Lorraine: (decisa) Vi ho dato il mio denaro, il mio cavallo…Non potete rifiutarmi un favore!
Geremiah: Sicuramente voi non siete abituato ai disagi.
Lorraine: Mi adatterò.
Geremiah: (la esamina perplesso) E poi che ruolo potreste fare? Non sembrate neppure un uomo. Non vi cresce neanche la barba . Siete sicuro di essere un uomo? 
Lorraine: Sì…Almeno, cerco.
Dolfina: (scrutandola dubbiosa) Quanti anni avete?
Lorraine: (mentendo) Diciotto…(correggendosi) Diciannove. (cercando di essere convincente) Ma insomma, è così difficile quello che vi chiedo? Voglio solo provare, per un po’, mica per sempre…Potrei mettermi una maschera, così potrei adattarmi a molti ruoli. Ho visto molti comici italiani recitare con la maschera. Rende tutto più…più…più misterioso, ecco!
Geremiah: In fondo, perché no? 
Dolfina: (tagliando corto) Ma sì, qualcosa troveremo. Intanto accendiamo il fuoco. Gli altri ormai dovrebbero essere qui. (si affaccendano attorno al fuoco, mentre Geremiah entra nel carro)

Scena VIII

Dona Sol: (schiaffeggiando Germana) Vecchia strega! Sei tu che l’hai fatta fuggire!
Germana: (cercando di ripararsi) No, padrona, ve lo giuro!
Don Sol: Non giurare, spergiura, non giurare! 
Germana: Se l’è presa il mare, se l’è presa! (piange)
Dona Sol: E mente ancora! (percuotendola) Ti costerà cara, vedrai, questa complicità. Stavolta hai passato il segno, hai fatto davvero un grosso sbaglio. Ti ho tenuta finora perché eri affezionata alla casa ma adesso non c’è più nulla che mi trattenga dal cacciarti via. Ti farò finire i tuoi giorni in prigione, vedrai! E’ inutile aspettarsi della lealtà dai servi! 
Germana: (gettandosi ai suoi piedi) Pietà, signora, vi prego, abbiate pietà di una povera vecchia che vi ha servita fedelmente per tutta la vita!
Dona Sol: Pietà? Non c’è pietà per chi si comporta come te! Lo sai che assecondando mia figlia tu hai determinato la nostra rovina, oltre alla sua? E sarà anche la tua, te lo garantisco! (Germana singhiozza. Torcendole un braccio) Avanti, dimmi dove è andata, dimmelo!
Germana: Si è gettata in mare, davvero!
Dona Sol: (al limite della pazienza, le torce il braccio fino a farla urlare) Come osi prendermi ancora in giro? Credevi che mi sarebbe rimasto a lungo ignoto che il suo cavallo non è più al suo posto nella scuderia? C’è ancora qualcuno fedele fra i miei servi. Che ingenuità la vostra! Come potevate credere che io la bevessi, eh? (percuotendola ancora) Parla, mangiapane a tradimento! Parla, mezzana! 
Germana: (carponi per terra con un filo di voce) Pietà, signora, pietà!
Dona Sol: (sollevandola per il collare) Dov’è? Dimmi dov’è o non vedrai più la luce del sole!


Scena IX
(entra un’inserviente con una lettera, che porge a Dona Sol)

Dona Sol: (legge la lettera ed ha subito un moto di preoccupazione. Riflette ripiegando la lettera lentamente. A Germana, che è rimasta ginocchioni, con asprezza) Alzati! Don Ignaçio attende di essere ricevuto. Sicuramente vorrà salutare mia figlia Lorraine. Che non ti sfugga una parola sull’accaduto. Ricomponi i tuoi abiti. (Germana, come un automa ubbidisce) Quando ti chiamerò perché tu vada a prendere Lorraine, tu fingerai un’improvvisa indisposizione della tua padroncina. Bada bene: non devi far trapelare nulla di ciò che è accaduto. Mi sono spiegata? (Germana assente a capo chino) E recita bene la commedia! (esce)

Scena X
(Due comici si allenano in salti e capriole nello spazio antistante il palco. Lorraine e Dolfina discutono in un angolo con Geremiah, che sta correggendo un copione. Entrano Wanda e Coraçon reggendo alcuni costumi e parti di un’armatura. Wanda porta un elmo con delle piume in testa)

Wanda: Ehi, guardate qua! Un vero elmo con delle vere piume!
Coraçon: (depositando i costumi per terra) Uff! Che peso! 
I° Comico: (provandosi l’elmo) Fa vedere!?!
II° Comico: (deridendolo) Bellino! Sembri proprio un tacchino!
Geremiah: (felicemente incredulo) Siete riuscite a farvi dare un’armatura completa?
Coraçon: Magari! Abbiamo rimediato solo qualche pezzo. Ma sono troppo pesanti. Non si può recitare con un’armatura vera!
Wanda: Per adesso ci dovremo arrangiare.
Coraçon: (a Lorraine) Voi, cavaliere, venite qua. Provatevi questo costume. (le tende un costume maschile) Forza, spogliatevi!
Lorraine: Qui, davanti a tutti?
Coraçon: Caro mio, non avrete vergogna a farvi vedere in mutande, voi che – beato voi! - siete un uomo?!?
I° Comico: (sottovoce all’altro) Non trova più il pisello!
II° Comico: (sottovoce al primo) Forse non gli è ancora cresciuto.
Lorraine: (cercando una scappatoia) Io non sono abituato a spogliarmi in pubblico.
Wanda: Ma che problema c’è? Di donne non ci siamo che io, Coraçon e Dolfina. E le gambe degli uomini, ve l’assicuro, non ci fanno né caldo né freddo.
Coraçon: (tendendo il costume a Lorraine. A Wanda) Parla per te! 
Dolfina: (a Lorraine) Cambiatevi sul carro. (Lorraine sale sul carro. Dolfina si mette a cucire in disparte)
Coraçon: (a Lorraine) Ma è la prima e l’ultima volta, se volete restare con noi. (si siede e comincia a ripassare i costumi, aggiustandoli e ricucendoli qua e là, aiutata da Dolfina) 

Scena XI
I° Comico: (cantando e accompagnandosi con uno strumento a corde) La mammoletta nel verde s’ascondea…
II° Comico: (continuando il canto) E dentro al verde era tutta porporina
I° Comico: Perché nessuno l’aveva mai guardata/ ed a nessuno mostrata avea la passerina.
II° Comico: Non mi violar, disse al giallo calabrone…
Coraçon: (arrabbiata, ai due comici) Finitela, voi due! (scuotendo il capo, a Geremiah) Io non so se questo ragazzo è adatto alla parte di Bradamante. Gli farei fare la parte di Fiordiligi, piuttosto. Con quel faccino lì…Peccato che abbia in testa quegli spinaci!
I° Comico: Ah no! Non cercate di far fare la parte di Bradamante ancora a me. Sono stufo di fare la donna!
Coraçon: (guardandolo con occhio critico) Bradamante è una donna-uomo. Possibile che, con tutte le volte che abbiamo rappresentato questa storia, non l’hai ancora capito?
Wanda:(a Coraçon) Perché non la fai fare a me la parte di Bradamante? Sono stufa di fare la pastora. Io ce l’ho il fisico di ruolo per Bradamante. 
Coraçon: (La squadra dalla testa ai piedi scuotendo il capo, poi, scontrosa) Non sei abbastanza femminile. 
Wanda: (alludendo al I° comico) Sempre più di lui però! 
Coraçon: (rude) Smettila di lamentarti! Cosa dovrei dire io che devo sempre fare la parte del Mago Atlante? 
Geremiah: (interloquendo, a Wanda) Ti va bene la parte dell’ancella di Bradamante?
Wanda: Una serva! Mai una parte da protagonista!
Coraçon: (tendendo a Wanda un costume) Prendi qua e aiutaci, invece di chiacchierare a vanvera. 
Geremiah: (a Wanda) No, no, lascia stare quella roba. Piuttosto prendi il tamburo e comincia a chiamare il pubblico. Alla gente bisogna ripetergli le cose fino a che hanno capito.
Wanda: (polemica) Se mi dici che cosa devo annunciare…
Geremiah: Non è mica necessario scendere in particolari. Tu comincia a dire che rappresenteremo una storia di dame, cavalieri, amori, sortilegi, quello che vuoi. Stai sul vago.
Wanda: Figuriamoci! Se gli dico che ci sono amori e sortilegi, si aspetteranno chissà che cosa!
Coraçon: Eh già. Non sembrerebbe ma la gente pensa, ha fantasia. (continua a cucire in silenzio) Senza le armature, i paladini non li possiamo proprio fare. E allora, cosa facciamo? 
Wanda: Dovremmo modificare il repertorio. Di questa guerra fra arabi e cristiani non se ne può proprio più: ormai ha fatto il suo tempo.
Geremiah: I paladini li dobbiamo fare, invece. Altrimenti ci piomba qua il muslim e ci spedisce tutti al creatore.
Coraçon: (protestando) Ma abbiamo solo questo straccio di quasi-armatura! Hai voglia a rappezzarla! Me lo dici tu come si fa? (dal carro spunta Lorraine. Indossa un costume maschile che tuttavia non nasconde la sua femminilità)

Scena XII
(Wanda ed i comici cominciano a ridere. Coraçon scuote il capo, depressa.)

Geremiah: Più che un uomo, sembrate un ragazzo. E magari avete anche la voce bianca. (Lorraine tace. Con un accento di disperazione) No, è meglio che non mi diciate niente.
Dolfina: (decisa, porgendole il costume femminile che sta cucendo) Provate questo!
Lorraine: (esitante) Ma è da donna!
Dolfina: E allora? E’ una finzione, no? In tutte le altre compagnie gli uomini fanno la parte delle donne, solo nella nostra le femmine fanno le femmine, o quasi.(ironica) E’ ora di conformarci agli usi correnti, no? Forza, mettetevelo! (Lorraine rientra nel carro col costume)

Scena XIII

I° Comico: (all’altro, sogghignando) Voglio proprio vedere questo finocchio.
II° Comico: Non mi perderei la scena per nessuna cosa al mondo.
Coraçon: Volete chiudere il becco, due somari che non siete altro!?! Cercate di imparare la parte piuttosto, chè non la sapete mai!
I° Comico: Se ci dici che cosa studiare…
Coraçon: Adesso Geremiah ve lo dice subito. (osservando il costume che sta rammendando) Non c’è male…Per quel che l’ho pagato! 
Geremiah: Chi ve l’ha venduto? 
Wanda: Non l’immagineresti mai: il maniscalco!
Coraçon: Era di sua moglie. Gliel’hanno ammazzata dei moriscos mentre scappavano da Granada. Guarda, è ancora sporco di sangue. Lui se lo portava appresso per ricordarsi di vendicare la moglie.
Geremiah: E come? 
Wanda: Ammazzando più turchi che poteva. 
Coraçon: Invece i turchi hanno quasi ammazzato lui, proprio mentre ferrava il cavallo del suo caporale. Sono penetrati nel campo travestiti da cristiani…Sì, bravo, hai capito bene, indossavano i costumi che hanno rubato a noi. 
Geremiah: (scuote il capo, sospirando desolato) Lo sapevo che andava a finire così!
Coraçon: (a tutti) Già! Adesso ci accuseranno di essere d’accordo coi turchi. (a Geremiah) Credo che tu abbia ragione: dobbiamo andarcene senza indugio.
Geremiah: (immergendosi di nuovo nello studio del copione) Sì, non c’è altro da fare. Appena finita la recita, tiriamo su il palco e ce la filiamo più in fretta che possiamo. (ai due comici che stazionano in attesa di Lorraine) Avete dato da bere al cavallo? 
II° Comico: Sì, e anche da mangiare. (Fuori dal carro compare Lorraine. Tutti la contemplano estasiati, tranne Coraçon che è intenta a riparare un altro costume)

Scena XIV

Coraçon: (sentendo il silenzio, alza il capo) Che mi venga un colpo! 
I° Comico: (facendo la voce da donna) Amore, dove è finito il mio ventaglio?
II° Comico: (imitandolo, al primo) Il mio “pendaglio”, dirai! (ridono sguaiatamente)
Geremiah: (picchiandoli col copione) Finitela, maiali che non siete altro! (risoluto ed ispirato, a Wanda) Wanda, prendi il tamburo, ho detto.
Wanda: (riluttante) Sì, ma cos…
Geremiah: (interrompendola, reciso) Non abbiamo annunciato la storia di Orlando, Bradamante e Ruggiero?
Wanda: Sì, ma le armature non…
Geremiah: (interrompendola di nuovo) Non ci sarà bisogno delle armature! Và. 
Wanda: Ma…
Geremiah: Và. (si avvicina al carro e porge a Lorraine una mano per aiutarla a scendere) Abbiamo trovato la nostra Bradamante.
II° Comico: Era ora! (avvicinandosi con finta amorevolezza) Bradamante, mia adorata, vieni dal tuo Ruggiero!
Coraçon: (percuotendolo arrabbiatissima) Se dici ancora una parola, la parte di Comico-Ruggiero la do a Wanda! (prendendolo a calci) Và a studiare la parte, hai capito? (all’altro) Anche tu! Muovetevi, ho detto!
I° Comico: Che parte dobbiamo studiare?
Coraçon: La parte delle persone serie e non quella dei due fannulloni mangiapane a tradimento che siete. Avanti, Marsch! Appena scende il sole si comincia. (I due si allontanano col broncio, mentre Wanda, fuori scena comincia a battere sul tamburo in modo cadenzato)

Scena XV
(Alcuni servi armati di torce e cani battono il bosco alla ricerca di Lorraine. I cani latrano furiosamente)

I° Servitore: Di qua di qua! I cani hanno fiutato una traccia.
II° Servitore: Muoviamoci! Fra poco sarà buio e non si vedrà più nulla.
I° Servitore: Ehi! Venite qua! Abbiamo trovato la carcassa di un cavallo. Dev’essere quello della signorina Lorraine.
II° Servitore: L’hanno ripulito proprio a dovere. Non devono essere stati i corvi: non mi pare che i corvi mangino anche la sella e i finimenti.
I° Servitore: Se è a piedi, non dev’essere lontana. Muoviamoci! (escono di scena)





Scena XVI

Geremiah: Lasciammo il prode Orlando in preda all’ira/ mentre sui saraceni forte impazza./ S’è tolto l’elmo, l’usbergo e la corazza/ ed arde di furor più di una pira. (Sul palco si alza il sipario su una scena agreste)
Comico-Orlando: (entra a torso nudo mulinando con la spada) A me codardi, turchi e saracini/ a me rocce, a me piante e fiorellini./ Io farò in pezzi tutto quanto il mondo./ (intanto continua a togliersi il resto degli abiti e li fa a brandelli) Dovunque andrò, verrà il finimondo!/ (getta i brandelli sul pubblico, prendendosela con tutto quanto gli capita a tiro) Finchè avrò vita, sempre vi farò guerra./ Io vi cancellerò dalla faccia della terra!/ Sterminerò la stirpe mussulmana/ o uomo o donna che porti il barracano!

Scena XVII

Pastore: (entra seguito dalla moglie e dal secondo pastore. Orlando lo afferra, non riconoscendolo, e cerca di staccargli il collo dalla testa. Il pastore si guarda in giro terrorizzato. Urlando) E’ pazzo! Uscì di senno il paladino.
Wanda-Moglie del Pastore: (sgomenta) Non ha più sale in zucca di un ciuchino!
Pastore: (sfuggendo di mano ad Orlando, che comincia a inseguire la moglie del pastore. Quest’ultimo va a cercare una corda) Scalpita e scalcia peggio d’un cavallo./ (comincia a slegare la corda) 
Comico-Orlando: (fa degli appostamenti poi cerca di saltare sulla moglie del pastore): Chicchiricchì! Chicchiricchì!
Pastore: Ancora del pollaio si crede il gallo!
Wanda-Moglie del Pastore: (fuggendo) Aiuto! Io non l’avrei mai detto/ che un paladin perdesse l’intelletto! (Orlando ringhia e ruggisce come una belva)
Pastore: (fuggendo) Talvolta anche i cristiani son bestiali/ più delle bestie, più degli animali. (cercando di legarlo con una corda) Leghiamogli le man dietro la schiena!
Wanda-Moglie del Pastore: E portiamolo in fretta fuori scena! (Orlando fa resistenza, continuando a prendersela con tutto ciò che gli capita sottomano)
Pastore: Non è mestier. Mi sa che è proprio il caso/ che noi ci ripariam dentro nel maso. (si rifugiano nella capanna) 

Scena XVIII

Comico-Orlando: (con voce roboante, al I° spettatore) Che fai costì seduto sulla panca?
I° Spettatore: Io guardo te, che sei nudo fino all’anca.
Comico-Orlando: (al I° spettatore) Risposta errata. Or tu devi morire/ (Orlando salta giù dal palcoscenico scagliandosi sopra lo spettatore. Questi cerca di scappare) Dove vai tu? Da me non puoi fuggire.
I° Spettatore: (fuggendo) Aiuto! Questo è matto da legare!
Comico-Orlando: (al primo spettatore) L’anima tua io ti farò sputare!/ (al secondo spettatore) E tu? Come si chiama la mugliera? 
II° Spettatore: (balbettando per la paura) Mia moglie? (balbetta) Ro-ro-setta…
Comico-Orlando: Non hai risposto cosa vera! (alza la spada per ucciderlo) La moglie tua si chiama meretrice,/ come puttana è quella mentitrice./ Quell’araba che per sua felicità/ fa me impazzire d’infelicità!
II° Spettatore: (toccandosi il capo significativamente e fuggendo) E’ pazzo. Farà di noi tante polpette…
I° Spettatore: (al secondo) Vien via! Questo ci taglia tutti a fette! (succede un fuggi fuggi) Comico-Orlando: (insegue gli spettatori con occhi spiritati ed urlando con voce stentorea) Perché scappate? Dove ite tutti quanti?/ (sospira togliendosi l’ultimo straccio che gli cingeva i fianchi) Son qui, una mano dietro, una davanti!
II° Spettatore: (coprendosi gli occhi) Orlando è nudo! Com’è caduto in basso!
I° Spettatore: (facendosi il segno della croce) Questo è mestier dell’infame Satanasso!
Comico-Orlando: (ululando come un lupo) Son becco, son cornuto, son tradito!/ Tutti ridon di me, sono finito!
(Improvvisamente crolla sul palco e resta per qualche istante nella più totale immobilità) 
I° Spettatore: Ssttt! (si ferma e ritorna lentamente al suo posto) Vuoi veder che alla fine si è calmato?
II° Spettatore: La batteria si dev’esser scaricata. (imita il primo)

Scena XIX
(I pastori rientrano in scena quatti quatti)

Wanda-Moglie del Pastore: (avvicinandosi ad Orlando, che è immobile. Al marito) Che gli succede? 
Pastore: (ad Comico-Orlando) Che avete, cavaliere?
Wanda-Moglie del Pastore: Non parla né fa segno. (gli passa una mano davanti agli occhi) Ehi, puoi vedere?
Pastore: (alla moglie) La mente ha altrove. Forse nella zucca/ ancor gli è fisso il pensiero della mucca!
Wanda-Moglie del Pastore: Vediamo almeno di coprirgli le vergogne… (cerca di mettergli un panno attorno ai fianchi)
Pastore: Lascialo stare, non cercare rogne! 
(La moglie riesce a rivestire alla bell’e meglio Orlando con grande precauzione. Improvvisamente Orlando emette un lungo lamento, portandosi le mani alla testa come se gli facesse molto male. Si sente un ronzio di ingranaggi che si rompono. I tre pastori si guardano perplessi, poi bussano sul capo di Orlando, infine gli danno un’energica martellata e la testa si apre come fosse una scodella. Dal cranio aperto schizzano fuori delle lettere dell’alfabeto, numeri, parole arabe, rotelle, giorni della settimana, etc. I pastori, incuriositi, cominciano a frugare nel cranio e ne estraggono lana, ragnatele, carte da gioco, stelle, sole, luna, molle etc. Infine gli richiudono il cranio e glielo sigillano con del nastro adesivo. Orlando tenta di muoversi molto lentamente con gesti da automa e con un rumore di ingranaggi arrugginiti. Cerca di alzarsi ma non ci riesce. Infine crolla il capo e resta immobile, a testa china, come una marionetta addormentata) 
Pastore: (sospirando) Dal cervello gli è uscita la sapienza!
Wanda-Moglie del Pastore: Io temo che anche prima egli era senza!
Pastore: Eppur io sentii dir ch’era fornito/ assai di senno
I° Spettatore: E pure d’appetito!/ 
(si sente il suono di un corno da caccia e rumore di ferraglia)
Wanda-Moglie del Pastore: Chi c’è? Chi viene ancora a questa volta? (scappa a nascondersi dietro un albero) 
Pastore: Io temo assai ma la curiosità è molta! (si nasconde osservando la scena pieno di curiosità e timore) 

Scena XX
(entra in scena Astolfo)

Astolfo: (vedendo Orlando) Che vedo là? Chi è l’uomo senza veste?/ Che immoto sta e pare addormentato?
Wanda-Moglie del Pastore: E’ un povero ammalato…
Pastore: Che ha perso ogni pudore con la testa./ In un tempo passato non lontano/ fu un famoso guerriero paladino,/ orgoglio e vanto di re Carlo Magno/ e terror dell’armata saracina.
Wanda-Moglie del Pastore: Ora il senno gli è uscito dalla zucca/ per causa di una bella e nera mucca. 
Pastore: (interrompendola) Che, mentre lui le voleva far la festa,/ lo lasciò senza verbo e senza testa.
Astolfo: Non ho capito proprio un accidenti!/ Vò guardarlo da presso. (a Orlando) Ehi, tu, mi senti?/ (fra sé) Non ode né comprende. Ha il guardo fosco./ Eppure è lui, certo, lo riconosco!/ Egli è un poco alterato. Da vicino/ mi sembra che sia proprio mio cugino. (a Orlando, scuotendolo e chiamandolo ad alta voce) Orlando, sono io, il cugino Astolfo,/ 
Wanda-Moglie del Pastore: (ripetendo, al Pastore) Il cugino Astolfo…
Astolfo: Chi ti mise in mutande, anzi le tolse?/ Chi ti privò di braghe e di bretelle?/ Chi il senno dal cervel tutto ti colse?
Comico-Orlando: (con un filo di voce) La vacca forestiera. Delle belle/ la più soave, la più scura di pelle.
Astolfo: Ho inteso. Non mi pare proprio matto./ Vediam di fare una diagnosi più esatta. (comincia ad auscultarlo) Dimmi trentatrè…
Comico-Orlando: Trenta denari per il vicerè!
Astolfo: (fra sé) Oh-oh! La replica è un po’ strana./ (a Orlando) Perché tu non hai più la Durendana? 
Wanda-Moglie: (con meraviglia, sottovoce) La Durendana?!?
Astolfo: (spiegando)La Durendan, certo, la tua spada. 
Comico-Orlando: (chinandosi a guardare in mezzo alle gambe) Sotto la pancia, sotto l’ombelico,/ c’è la mia spada ma è molle come un fico.
Astolfo: (affrettandosi a distogliere l’attenzione di Orlando dal proprio corpo. Ai pastori, che hanno seguito con enorme interesse tutte le sue mosse, perplesso) Sentiamo il polso. Deve avere una gran febbre./ (gli prende il polso e conta. Scuote il capo) Oppur, chissà, di troppo vino bevve.
Wanda-Moglie del Pastore: Neppure un goccio. Ma fu certo l’arsura/ d’amor che lo ridusse a tal figura.
Pastore: (spiegando a Astolfo) Per quella mora che si prese sposo/ quel Medoro di cui Orlando è assai geloso.
Comico-Orlando: (urlando come un ossesso) No, non è vero! Ella non s’è sposata./ M’attende nella reggia inghirlandata.
Wanda-Moglie del Pastore: (paziente) Signore, è meglio farsi una ragione.
Pastore: Di quest’Angelica è ben togliervi l’uzzo… 
Comico-Orlando: Ella m’attende nella sua magione!
Wanda-Moglie del Pastore: E non fare, suvvia, come lo struzzo!
Comico-Orlando: (alzandosi ed urlando come un ossesso) Non è sposata, siete voi che non capite! 
Wanda-Moglie del Pastore: Non v’arrabbiate. Sarà come voi dite!
Comico-Orlando: (minaccioso ai pastori) Io non son pazzo e neppure deficiente!
Pastore e Moglie: Noi non abbiamo detto proprio niente! 
Comico-Orlando: (fissandoli torvo) Siete ignoranti tutti come capre./ (si siede torvo) Ella m’aspetta e quando arrivo m’apre.(tace accigliato)
Astolfo: (prendendo un martello per battergli sulle ginocchia) Facciam l’ultima prova. Se i riflessi/ sono ancor buoni oppure sono fessi. (Gli vibra una martellata su un ginocchio. Orlando gli sferra un gran calcio, poi salta in piedi schiumando come un mulo e cominciando a vibrare pugni nell’aria) Aiuto! 
Pastore e Moglie: (mettendosi a distanza di sicurezza, insieme ad Astolfo) Aiuto! 
Comico-Orlando: (urlando e gesticolando) Vi strozzo e vi sbudello in un minuto!
Astolfo: (cercando di trattenerlo e di scansare i colpi nel contempo) Non c’è che dir: i suoi riflessi sono esatti…
Pastore: Più che esatti son forti…
Wanda-Moglie: Son riflessi da matti!
Comico-Orlando: (urlando come un ossesso) Vi ucciderò, vi strapperò la pelle!/ Farò salsicce con le vostre budelle!
Wanda-Moglie: (spaventata, tenendosi a debita distanza) Se la prendesse almen coi mussulmani!
Pastore: Lasciasse in pace noi, buoni cristiani!
Astolfo: Non c’è altro da fare, pel momento,/ per fargli ritornare il sentimento. (Gli vibra una potente martellata sulla testa ed Orlando crolla a sedere inebetito. Ai pastori) Leghiamolo per bene ad un castagno./ Facciamogli con l’acqua fresca un bagno. (I pastori si affrettano a legarlo mentre Astolfo lo costringe a stare seduto su una panca. Poi i due pastori vanno a prendere un secchio d’acqua e prendono la mira per fare un gavettone ad Orlando)
Pastore e Moglie: (gettando l’acqua insieme) Oplà! 
Comico-Orlando: (fa un potente sternuto) Etciù!
Pastore: Vediam se il pazzo, or ch’è stato battezzato, 
Wanda-Moglie: A nuova scienza s’è resuscitato! 
Comico-Orlando: Sotto la panca la capra non campa./ L’erba voglio che c’è ma che non c’è,/ diventa grande nel giardino del re. (esce)
Astolfo: (crollando il capo) E’ pazzo. E’ ormai del tutto deficiente.
Wanda-Moglie: Mi sa che non si può proprio far niente!
Astolfo: Voglio portarlo dalla fata Logistilla,/ perché riaccenda nel suo capo la scintilla. Pastore: (sottovoce alla moglie, crollando il capo) Sol con un fatto soprannaturale/ potrà tornare ad essere normale.
Wanda-Moglie del Pastore: Sì, sì. Soltanto un magico intervento/ potrà fargli tornare il sentimento.
(Astolfo fa alzare Orlando, con l’aiuto dei due pastori, che lo spingono legato fuori scena)

Scena XXI

Wanda-Moglie: (rientra in scena scuotendo il capo) Che fine pel più bravo paladino! 
Pastore: Ringhia o guaisce come un cagnolino./ (scuote il capo) Di Carlo egli era l’uomo più sapiente…
Wanda-Moglie: E adesso è il condottier più deficiente./ 
Pastore: Se gli altri combattenti men dotati,/ finisser come Orlando sbalestrati…
Wanda-Moglie: Anzichè un’arme di saggi paladini,/ re Carlo avrebbe un’ arme…soltanto di cretini! (ridono a crepapelle)
Pastore: Ssttt! (Abbassando la voce) Se ci senton le truppe saracene,/ sconfiggono i cristiani in un baleno/ e noi passiam da re Carlo al re Agramante/ a servire e a pagar seduta stante. 
Wanda-Moglie del Pastore: La musica non cambia se sul tetto/ ci sta la croce o la luna di Maometto./ Che vengan dalla Francia o dai Sargassi…
Pastore: Chiunque regni, dobbiam pagar le tasse!
Pastore e Wanda-Moglie del Pastore: (insieme) Pei deboli la storia è sempre uguale:/ chiunque siano i re, dobbiam pagare! (Si ode fuori scena un tramestio)
Wanda-Moglie del Pastore: Chi c’è? (guarda fuori scena e si fa il segno della croce) Vedo arrivare un maomettano.
Pastore: Fuggiamo in casa intanto che è lontano. (vanno a nascondersi nella capanna)

Scena XXII
(Entra in scena Ruggiero. Parla con esitazioni e frequenti amnesie)

Comico-Ruggiero: Ahi, Bradamante, mia diletta sposa,/ quando vorrà il destino ch’io t’impalmi?/ Quando la guerrà finirà, tua rosa/ io coglierò e deporrem le armi/ che ci tengon divisi e la tua mano/ chieder potrò al signor di Montalbano./ (Cerca un foglio ed una penna e comincia a scriverle) A te voglio mandare il mio messaggio/ pria che per te io mi rimetta in viaggio./ (scrivendo) Amore mio…..

Scena XXIII

Mehemet-Alì: (osservando quello che succede sulla scena) Non c’è male: il razionalismo cristiano ci fatto una pessima figura. Ma questo Ruggiero è uno dei nostri?
Mustafà: Sì. Però vuol sposare Bradamante, una guerriera cristiana.
Mehemet-Alì: Non può accontentarsi di portarsela a letto?
Mustafà: Sembra di no.
Mehemet Alì: Perciò?
Mustafà: Perciò uno dei due deve convertirsi. 
Mehemet-Alì: Lei, naturalmente.
Mustafà: (esita) Naturalmente! (si ode un abbaiare di cani vicinissimo)
Mehemet-Alì: Cosa succede adesso? 

Scena XXIV
(dall’oscurità sbucano i servi con le torce e si pongono ai lati del palco)

I° Servo: Le tracce finiscono qui. Si sarà nascosta nel carro dei commedianti.
II° Servo: Vediamo subito. (sale sul palco, noncurante della rappresentazione. A Ruggiero) Ehi, dico a voi! 
Comico-Ruggiero: (esterrefatto) A me?!?
I° Servo: Dov’è quella donna? 
Comico-Ruggiero: (ancora più stupito) Chi?
II° Servo: E’ qui, non è vero?

Scena XXV

Coraçon: (spinge minacciosamente giù dal palco i due uomini e scende anche lei. Dopo il trambusto, Ruggiero, che è rimasto immobile, indeciso se, in qualche modo salvare la scena o dar retta ai due servi, riprenderà a scrivere la sua lettera) Che diavolo volete? C’è la rappresentazione, non la vedete?
I° Servo: Senti, vecchia mezzana, non ci importa un accidente della tua rappresentazione. Vogliamo la ragazza.
Coraçon: Che ragazza?
II° Servo: Lo sai perfettamente. Quella che si è nascosta sul tuo carro.
Coraçon: (recisa) Qui non si è nascosta nessuna ragazza. E adesso muovete le chiappe, perché mi state rovinando il lavoro.
I° Servo: Se lo chiami lavoro quello… Comunque, conto fino a dieci. Se non ci consegni subito la ragazza, ti do la mia parola che do fuoco al carro. Vedrai che, se non vuol fare la fine del topo, salterà fuori. (comincia a contare avvicinandosi lentamente al carro) Uno, due, tre…
Coraçon: (estrae lentamente dalla tasca una grossa pistola e la punta sui due servi) Se fate ancora un passo, vi faccio saltare le cervella, com’è vero Iddio!
I° Servo: (arrestandosi spaventato) Cosa credi di risolvere? Torneremo qui con le guardie e sarà peggio per te.
Coraçon: (tenendoli sotto tiro) Tornate con chi volete. Sapremo dare la giusta accoglienza anche a loro!
II° Servo: (ritirandosi) Non la passerai liscia, vecchia baldracca! 
Coraçon: Leccapiedi! (rimette la pistola in tasca)
I° Servo: Strega! Mezzana!
Coraçon: Lacchè!

Scena XXVI

Geremiah: (uscendo dal carro, sottovoce) Sstt! Si può sapere cosa succede? 
Coraçon: Poi ti dico. (sottovoce) Ho paura che ci siamo messi in un brutto pasticcio.
Geremiah: Un altro? 
Coraçon: (al pubblico) Niente, niente, signori! Non è successo niente! Un piccolo malinteso ma lo spettacolo continua! Restate ai vostri posti, vi prego. Riprendiamo immediatamente. (sottovoce a Geremiah, ritornando sul carro) Cerchiamo di finire in fretta, capito?
Geremiah: Ma cos’ è successo?
Coraçon: Niente. Ma prima ce n’andiamo, meglio è.





Scena XXVII
(Geremiah fa segno a Ruggiero di riprendere la recita)

Comico-Ruggiero: (riprendendosi e sigillando la lettera) Dove eravamo? Ah già! Scrissi a Bradamante/ una lettera calda e trepidante./ Or cercherò un messagger fidato/ perché al più presto arrivi dall’amata. (fa per uscire di scena ma entra Marfisa, una guerriera saracena con elmo e cotta di maglia)

Scena XXVIII

Dolfina-Marfisa: Ruggier, venivo or ora alla tua volta/ per ricondurti nel nostro accampamento./ Nella guerra siam giunti ad una svolta/ ma serve il braccio tuo, il tuo intervento./ Ora che Orlando ha la mente sconvolta/ e minaccia perfino i suoi compagni/ dobbiamo approfittar perché guadagni l’esercito nostrano la vittoria./ Seguimi, ordunque, e indietro ricacciamo/ i nemici di Allah e del padre Abramo.
Comico-Ruggiero: Marfisa, mi spingon la mia fede e il mio coraggio/ a fare il mio dover seduta stante/ ma lascia pria che mandi il mio messaggio/ alla figlia d’Amone, la mia amante./ Io le promisi che l’avrei fatta sposa/ e da tempo vorrei giungere a lei/ ma la guerra e la vita bellicosa/ ha dalla meta deviato i passi miei.
Dolfina-Marfisa: (rodendosi di gelosia) Credevo che tu fossi il mio compagno/ non sol di guerra, di razza e religione./ Or vedo che colei t’ha preso all’amo/ e ormai non vuoi sentire più ragioni./ Credevo che m’amassi e combattessi/ sempre al mio fianco per starmi vicino./ Dimentico or sei tu dei dolci amplessi/ dei baci miei, del tuo orgoglio saracino.
Comico-Ruggiero: Marfisa, dolce amica, gli occhi tuoi/ brillano come perle dentro al viso./ Eppur, per quanto io t’ami, sempre fiso/ il volto suo io vedo in mezzo a noi./ Certo io t’amai pel coraggio tuo gagliardo,/ per le tue forme e l’audacia del tuo cuore./ Ma dal mio petto mai fuggì quel dardo/ ch’arder mi fece d’imperituro amore.
Dolfina-Marfisa: (con asprezza) Per Bradamante? Non la puoi sposare!/ Ell’è cristiana. Tu sei interdetto/ se fai l’abiura, se tu vuoi passare/ al Dio cristian lasciando Maometto./ (recisa) Seguimi, non pensare al matrimonio/ che è un suggerimento del demonio. (escono)

Scena XXIX

Lorraine-Bradamante: (entra in scena torcendosi le mani, seguita da un’ancella) Da mesi mi promise il mio Ruggiero/ di scrivere a mio padre una missiva./ Eppure tarda né s’egli ancora viva/, se sia ferito o sia fatto prigioniero/ non so e la mancanza di novelle/ mi fa torcer nel ventre le budelle.
Wanda-Ancella: Signora, che vi accade? 
Lorraine-Bradamante: Molte lune/ passaron sopra e sotto l’orizzonte/ ma non giunse missiva da quel conte,/ che al suo cuor mi legò con la sua fune./ Di lui io sentii dir che ha sempre appresso/ la guerriera Marfisa, ch’è assai bella/ e assai valente e che lo vedon spesso/ a tarda sera nel padiglion di quella./ 
Wanda-Ancella: Giunse adesso una nuova che Ruggiero/ venne ferito in singolar tenzone. Lorraine-Bradamante: (ha un sussulto. Ansiosamente) Dov’egli è? E’ fatto prigioniero?
Wanda-Ancella: (scuote il capo) No. Egli sta dentro nel padiglione/ di Marfisa che sul campo lo raccolse/ quando il figliolo del duca d’Aimone/ a Mandricardo in duell la vita tolse.
Lorraine-Bradamante: (con rabbia) Marfisa! Anch’essa è donna ed è guerriera./ E’ mia rivale sia in amor che in guerra./ Ma lei lo cura, è suo prigioniero./ Bianca son io, lei color della terra!/ (all’Ancella) Chi di noi due è più bella, più piacente?/ Chi di noi due egli stima più valente?/ Ah, non c’è dubbio, da tempo lui si tace!/ Per lui non conto ormai proprio più niente!/ Ben io farei se io mi dessi pace./(si lamenta) Qual danno mi facesti dentro al cuore,/ infame saraceno, qual dolore!/ E’ noto a ogni cristian l’antico detto:/ Non ti fidar dei figli di Maometto!/ Lo sento: son tradita e abbandonata!/ (furente) Io maledico il dì che sono nata!
Wanda-Ancella: Che dite, mia signora? Bestemmiate! 
Lorraine-Bradamante: Sì, bestemmio e mi straccio le vesti/ e mi dispero …(singhiozza) e sogno il dì che non sarò più desta! (si accascia)
Wanda-Ancella: Del tradimento suo non v’è certezza./ Fiducia abbiate in sua correttezza./ Molte prove vi diede del suo affetto./ Se vi tradì fu sol question di letto./ Non regge a lungo l’uomo l’astinenza/ e troppo senza voi rimase senza.
Lorraine-Bradamante: Se m’ha tradita, se m’ha ripudiata,/ paga sarò sol quando vendicata/ sarò del suo infedele tradimento/ e della soluzion del giuramento./ (riflettendo) Voglio pensare adesso a una vendetta/ che possa eliminar la mia rivale/ e insieme evidenziar chi è più perfetta,/ chi nell’amor e nell’arme di più vale./ (ispirata, all’Ancella) Sì, sì, ho trovato: gli manderò in regalo/ un destrier, il più bel ch’abbia veduto/ e insiem gli farò avere una disfida/ a duellar contro me con la Marfisa.
Wanda-Ancella: S’io lo conosco, non vorrà pugnare/ contro colei ch’egli ama e che rispetta.
Lorraine-Bradamante: Ma pugnerà senza perdere un minuto/ contro un guerrier che resti sconosciuto./ (risoluta, avviandosi all’uscita) Andiamo, orsù, partiamo per la Francia/ coprendo con un vel la nostra guancia. (si coprono il volto con un velo ed escono. 

Scena XXX

Mehemet Alì: (a Mustafà) Non mi pare che le cose stiano andando come eravamo d’accordo. Non mi avevi promesso che fosse la ragazza - Bradamante, vero? - ad abiurare e non il contrario?
Mustafà: Sì, è così!
Mehemet Alì: E, inoltre: quel Mandricardo ucciso da Ruggiero non era uno dei nostri?
Mustafà: Sì, era il re di Tartaria.
Mehemet Alì: (scuotendo il capo) No, proprio non ci siamo! Saraceni che sgozzano i fratelli saraceni. Mussulmani che calpestano la propria religione. Questo non succede fra i figli di Allah, semmai succede fra i Cristiani. No. Non credo che tu sia l’uomo giusto al posto giusto. Ho riposto male la mia fiducia. 
Mustafà: (allarmato) Ma, signore, datemi ancora un po’ di tempo. I comici mi avevano promesso che…
Mehemet Alì: (gelido) Non mi pare che stiano mantenendo le promesse.
Mustafà: (con paura) La storia non è ancora finita. Dovete riconoscere che quell’ Orlando ha fatto fare davvero una figuraccia a tutti i cristiani. Avete sentito il pubblico come rideva?
Mehemet Alì: (infuriandosi) La gente dimentica presto queste cose! Il popolo se ne infischia della brutta figura di questo o quell’esercito. Bisogna ripassargli continuamente la memoria! Fosse per lui, penserebbe solo a mangiare e a fare all’amore, come le bestie! E noi non siamo bestie, no? (reciso) Questa commedia va troncata immediatamente, in un modo o nell’altro. Prendi quegli uomini che hai travestito da cristiani e mettili all’opera. E bada a te: questa è l’ultima possibilità che ti offro!
(Mustafà si inchina ed esce velocemente)

Scena XXXI
(Sul palco ritorna Orlando, che è legato ad un albero. Fuori scena si ode nuovamente il latrato dei cani)

I° Guardia: (fuori scena) Di là. Circondate il carro.
II° Guardia: (fuori scena) Presto! Di qua! Non possono scappare.
Coraçon: (affacciandosi insieme a Geremiah a un lato del palcoscenico, a Geremiah) Che succede? 
Geremiah: (guardandosi intorno preoccupato) Ho paura che i guai stiano arrivando prima del tempo. (sottovoce a Coraçon) Presto, smontiamo il palco e scappiamo. (Coraçon comincia a raccogliere gli oggetti. Al pubblico) Scusate, siamo costretti ad interrompere lo spettacolo per…l’ improvviso malore di un attore.
I° Spettatore: Sì, sì, un malore. Dì piuttosto che soffre di amnesia!
Geremiah: (annuendo) E’ così, bisogna ammetterlo. Purtroppo o si sa la parte o non la si sa. Mica sempre si può inventare. (intanto che parla fa segno agli attori che entrano in scena alla spicciolata di aiutarlo a sgomberare) Bisogna esserci abituati per andare a braccio. (agli altri) Giù, giù il sipario! Svelti!

Scena XXXII
(I latrati si succedono con insistenza)

Wanda-Ancella: (aggressiva, a Geremiah) Si può sapere cosa succede ancora?
Comico-Orlando: Appunto. Vorrei saperlo anch’io!
Comico-Ruggiero: Ma insomma! Proprio quando tocca a me…
Geremiah: (senza badare agli altri, scende fra il pubblico a raccogliere l’obolo) Scusateci: causa di forza maggiore. Tuttavia confidiamo nella vostra comprensione e nella vostra generosità. 
I° Spettatore: Mi fate pena!
Geremiah: Sapesse quanta me ne faccio anch’io! (Uno spettatore gli dà un centesimo. Geremiah si inchina) Troppo buono, grazie, grazie. 
Comico-Orlando: (spazientito) Oh, insomma! Perché ce ne dobbiamo andare sul più bello?
Coraçon: (al gruppo) Zitti e muovete le mani!
Dolfina-Marfisa: (aiutando Coraçon a togliere il fondale) Chi stanno cercando?

Scena XXXIII

I° Guardia: (scendendo sul palco dal carro) Qui dentro non c’è nessuno.
II° Guardia: Da qualche parte ci dev’essere di sicuro. I cani non fanno che abbaiare. 
I° Servo: (richiamandoli fuori scena) Di qua, di qua! E’ passata di qua! (Le due guardie corrono fuori scena nella direzione indicata dal servo. Sul palco i comici sono rimasti paralizzati dalla sorpresa ed aspettano allibiti la fine della cattura. Finalmente le guardie ritornano verso il carro spingendo avanti Lorraine, col costume di Bradamante, bagnata fradicia) 
I° Guardia: (tenendola per un orecchio) Ti abbiamo trovata, finalmente!
Lorraine: (divincolandosi energicamente) Lasciatemi! Lasciatemi, ho detto! (La guardia lascia la presa ma la sorveglia da vicino pronta a intervenire)
I° Servo: Adesso vi riportiamo da vostra madre!
Dolfina: (frapponendosi) Cosa volete fare, voi? Questo è un attore della nostra compagnia. Non vedete che è in costume? 
II° Guardia: Da bagno! (ride)
I° Guardia: (a Dolfina) Sei ancora qui, puttana? Non ti basta la lezione che ti abbiamo dato per farti abbassare la cresta?
Dolfina: (ignorando la domanda) Lei non è la donna che cercate!
II° Guardia: Ci vorresti far credere (indicando Lorraine) che lei è un uomo? (ride fragorosamente avvicinandosi a Lorraine e tentando di strapparle gli abiti. Lorraine lo allontana con uno spintone. A Coraçon) Ehi, mamma, le fai tutte così aggressive le tue baldracche?
Coraçon: Non sono figlie mie. Non ho figli, io!
I° Guardia: (fissando Lorraine negli occhi) Senti, bastarda! Se non ti affretti a seguirci, giuro che ti faccio pentire di essere nata! 
I° Servo: (cercando di ammansirlo) Piano! E’ la figlia di Dona Sol!
Lorraine: Non credo che Don Ignaçio sarebbe contento che voi mi parliate così. 
II° Guardia: (spaventato, alla prima guardia, alludendo a Lorraine) Don Ignaçio? E’ una sua parente? 
I° Guardia: Forse è una sua protetta. (fregandosi le mani) Non può che farci contenti, vero? (ridono allusivamente guardando Dolfina) 
I° Servo: (blandendola) Signorina, per favore, se ci seguite, vi do la mia parola che non vi faranno niente.
Lorraine: Io non sono quella che voi credete.
Coraçon: (fissandola seria) Già. Chi siete? (Tutti i comici le si stringono attorno per ascoltare) Se siete quella che dicono loro, voi non avete niente da fare qui. Prendete la vostra roba e andatevene al più presto. Avete già causato fin troppo scompiglio nella nostra compagnia.
II° Guardia: (a Coraçon) Finalmente cominciate a ragionare. (a Lorraine) Vieni, ragazza, non fare storie!
Lorraine: (Impugna una spada, mettendosi al centro della scena) Vi sembro forse una donna, io? Avanti, mettetemi alla prova e decidete chi sono non sulla base delle apparenze ma sulla base dei fatti. Allora? (Le due guardie si guardano un po’ sconcertate, non celando la propria sufficienza) Avanti, fatevi sotto! Non è un’arma di scena, questa! (con un fendente taglia di netto la fiaccola che il servo regge nella mano. Il servo si affretta a spegnere la fiaccola mentre le guardie, intimorite, fanno un passo indietro) 
Comico-Ruggiero: (ad Orlando, intervenendo a sua volta in difesa di Lorraine) Non ce ne staremo qui con le mani in mano, vero? (afferrando una spada finta) Indietro, figli di cani. Questa è terra sconsacrata, non la sapete? Noi siamo figli del Diavolo! (il servo si fa il segno della croce) 
Comico-Orlando: (alle guardie mulinando l’albero di cartapesta) Indietro! Non toccate questa donna,/ che uomo è perché non porta la sua gonna!
Coraçon: (tentando insieme a Wanda e a Geremiah di fermarli inutilmente) Smettetela! Volete farci giustiziare tutti quanti? 
Wanda: Non fate così! 
Geremiah: Volete che ci rovinino?
Coraçon: (alle guardie) Non fanno sul serio. Credono che tutto sia un gioco. Sono come bambini. Sono arrabbiati perché non hanno potuto recitare.
Dolfina: (che è rimasta in disparte a guardare, a Lorraine, sottovoce) Per favore, non metteteci nei guai. Anche a voi conviene ubbidire.
Lorraine: (a Dolfina, continuando a stare in guardia) Già, perché no? E’ il vostro forte, ubbidire. O è il vostro debole?
Dolfina: Noi non abbiamo alternative. 
Lorraine: Ne siete sicura?
(Le due guardie ed il servo intanto si stanno consultando)
I° Guardia: Sta bene. Ce ne andiamo, ma non crediate di passarla liscia. Ritorneremo presto e questa volta non potrete fare a meno di ammettere chi siete.
II° Guardia: E di seguirci. Con le buone o con le cattive. (escono di scena)

Scena XXXIV

Coraçon: (agli attori) Sbrigatevi. Non staremo certo qui ad aspettarli. (Tutti quanti raccolgono i costumi, i fondali etc. e li ripongono alla rinfusa dentro le ceste. Lorraine cerca di aiutarli ma Coraçon l’apostrofa rudemente) Cosa credete di fare? Di venire con noi?
Lorraine: Credevo di far parte della vostra compagnia. Inoltre mi dovete del denaro.
Coraçon: (a Geremiah) Dammi il denaro che hai raccolto. (Geremiah glielo dà. A Lorraine) Tenete, questo è un acconto!
Lorraine: Scherzate? Vi ho dati quattro ducati!
Coraçon: Ve li restituiremo, non appena possibile. Cos’è? Non mi credete?
Lorraine: No, ma non importa: Perché non mi volete tenere? Ho forse recitato male la mia parte? 
Coraçon: L’avete recitata benissimo! Solo che nessuno vi ha creduto! (Le indica il costume) Quello è nostro. (Lorraine comincia a toglierselo, restituendolo a Coraçon. Guardando fisso Lorraine) Chi siete? No, non ditemelo. E’ meglio per me e per tutti noi! A volte la verità può essere pericolosa! (va avanti e indietro continuando a impacchettare gli oggetti di scena, ma dimenticando il tamburo, dove nel frattempo si è seduta Lorraine per togliersi gli ultimi pezzi del costume) Abbiamo preso tutto, mi pare. (a Lorraine) Bene. Non c’è altro da dire: ognuno per sé e Dio per tutti! (le tende la mano) Addio! (sale sul carro. Lorraine affranta resta seduta sul tamburo. Geremiah e Dolfina le si avvicinano)



Scena XXXV

Geremiah: (timidamente) Non vogliatecene. Come attrice avete del talento ma, dovete capirci, di guai ne abbiamo già fin sopra i capelli…(Lorraine a capo chino annuisce) Vi farò avere il vostro denaro, ve lo prometto. Ditemi dove ve lo dobbiamo recapitare.
Lorraine: (alzandosi) Non importa, potete tenerlo…(amaramente) tanto fra poco ne avrò quanto ne vorrò.
Geremiah: Beato voi. A proposito: siete un maschio o una femmina? 
Lorraine: (sorride amaramente) Se non l’avete capito fino adesso è inutile che ve lo dica.
Geremiah: Bah, fate voi! Beh, arrivederci. (le stringe la mano e sale sul carro, dove sono ormai saliti tutti quanti. A terra restano solo Dolfina e Lorraine) 

Scena XXXVI

Lorraine: (A Dolfina) Addio, Dolfina. Grazie di tutto.
Dolfina: Che farete, adesso? Tornerete a casa vostra?
Lorraine: (resta a lungo in silenzio, poi scuote il capo) Non credo. Non sono venuta fin qui per farmi riportare subito indietro. Mi nasconderò da qualche parte. Non è ancora detta l’ultima parola.
Dolfina: Vorrei essere come voi ma…(scuote il capo) Voi non sapete a cosa andate incontro ma io sì, io ci sono già passata. Tornate a casa vostra, intanto che siete ancora in tempo, e godetevi il prestigio e le ricchezze di vostro padre.
Lorraine: Parlate come Germana, la mia nutrice. Ma io non vi ascolterò. Sono stanca di essere saggia e di ubbidire a tutti quanti! Voglio essere libera di amare e di essere come Dio ha predisposto che io sia, anche a costo di rimetterci la vita. 
Dolfina: Che cos’ha di tanto orribile la vostra vita? Io farei subito cambio!
Lorraine: Credete che ci sia una grande differenza fra me e voi? Sapete chi vogliono farmi sposare? Don Ignaçio! (Dolfina impallidisce) Sì, lui! Voi lo vorreste come vostro compagno? Come padre dei vostri figli? No, vero? Io sarei uno strumento nelle sue mani esattamente come lo siete stata voi.
Dolfina: Ma non avreste la schiavitù della fame.
Lorraine: (piano) Forse la fame consente maggiore libertà del denaro.
Dolfina: Tornate a parlarmi quando ne avrete fatto esperienza.

Scena XXXVII

Coraçon: (gridando in ansia) Muoviti, Dolfina! Non ci metteranno molto a tornare! (sulla scena si affaccia Mustafà. Vedendolo, tutti gli attori si rintanano nel carro. Scorgendolo, anche Dolfina arretra. Mustafà si ritira)
Lorraine: (a Dolfina) Che fai? Perché ti tiri sempre indietro?
Dolfina: Non è vero. Io non lo faccio. 
Lorraine: Chi hai visto?
Dolfina: I turchi hanno rotto le fila del nostro esercito. Dobbiamo muoverci. Fra un po’ saremo accerchiati.
Lorraine: E avete il coraggio di lasciarmi qui, da sola, in loro balìa? Sono una donna come voi, Dolfina. 
Dolfina: I vostri stanno per arrivare.
Lorraine: Mi aspettavo un po’ di solidarietà da una donna.
Dolfina: (spazientendosi, con asprezza) Ma, insomma, cosa volete da me? Non sono in condizione di aiutarvi, va bene? (fa per salire sul carro ma Lorraine la ferma)
Lorraine: E quando lo sarete, quando? Quando, a furia di allargare le gambe e dire di sì, avrete accumulato un tale disprezzo di voi stessa da considerare benefattore chi vi consente solo di sopravvivere? Sarà quello il momento giusto? 
Dolfina: Tacete!
Lorraine: Oppure quando vi sarete venduta anche l’anima pur di mendicare un applauso dal vostro pubblico? Sarà quello il momento in cui sarete in grado di dare aiuto ad una vostra simile? 

Scena XXXVIII
(I comici dal carro chiamano ancora Dolfina)

Coraçon: (insieme agli altri comici) Dolfina! 
Wanda: E’ tardi! 
Geremiah: Ci vuoi rovinare?
Coraçon: (minacciosa) Se non ti spicci, ti lasciamo qui! 
Lorraine: (a Dolfina) Forza, che aspettate? Tornate sul carro coi vostri amici!
Wanda: Amici?!? Compagni di sventura direte… (la abbraccia) Mi piacerebbe essere come voi ma… (Si allontana di corsa)

Scena XXXIX
(Improvvisamente si odono colpi di pistola, mescolati ad ordini ed a latrati. Dolfina, che ha quasi raggiunto il carro, si volta. Dalla vegetazione sbucano le due guardie, i servi e Don Ignaçio. Vedendolo Lorraine balza in piedi)

Don Ignaçio: (guardando Lorraine con meraviglia) Voi?!? Che fate abbigliata in questo modo? Non ci volevo credere ma adesso che vi vedo con questi occhi… Spero che abbiate una spiegazione plausibile.
Lorraine: Non credo di dovervi alcuna spiegazione. 
Don Ignaçio: (minaccioso) Ah no? Lo vedremo più tardi. Adesso non fate storie e seguiteci.
Lorraine: (fissandolo) Non credo che siate nella condizione di darmi degli ordini. 
Don Ignaçio: (si trattiene a stento dal picchiarla) Piccola arrogante! Dovrete rispondere della vostra insolenza.
Lorraine: (raccogliendo le bacchette del tamburo) Fra di noi non c’è ancora nessuna parentela! 
Don Ignaçio: Ci sarà, ve lo garantisco. Vostra madre si metterà in ginocchio perché io vi sposi, dopo questa avventura che non ha lasciato certo immacolata la vostra reputazione.
Lorraine: (ironica) Mentre la vostra è ancora senza macchia, vero? L’avete lavata col vostro denaro, con la vostra potenza, coi vostri privilegi, non è così? (comincia a percuotere il tamburo)
Don Ignaçio: (allarmato, suo malgrado) Che fate?
Lorraine: Chiamo la gente, non vedete? (gridando) Gente, accorrete! Venite a vedere lo messinscena della giustizia! Forza, venite subito! Lo spettacolo è gratis! (Don Ignaçio fa cenno alle guardie di intervenire ma Lorraine continua ad arretrare battendo sul tamburo sempre più energicamente. Dolfina intanto è salita sul carro ed ha preso un tamburo a sua volta)

Scena XL

Comico-Orlando: Ma che fa?
Coraçon: (sporgendosi dal telone) Quella ragazza vuol proprio finire male!
Geremiah: Allora è una ragazza? Volevo ben dire!
Wanda: (a Dolfina) Ma cosa ti salta in testa?
Dolfina: Niente. Le do un po’ d’aiuto. (comincia a battere anche lei sul tamburo stando sul carro e gridando) Venite, gente! Sorgete dalle vostre tane, dai vostri cubicoli, dalle vostre stamberghe! 
Don Ignaçio: (indicando alle guardie Dolfina) Quella strega! Fatela tacere! (Le guardie circondano Dolfina e cercano di toglierle dalle mani il tamburo ma lei reagisce picchiandoli con le bacchette e continuando a gridare) 
Dolfina: Avete l’occasione di vedere un dramma inedito! Vedrete come si mettono a freno le lingue, come si celebra l’obbedienza, come si garantisce l’ordine e la tradizione. (Un rullo più forte) Tutto gratis! Non capita tutti i giorni di provare certe emozioni senza pagare. Teatro-verità, signori. Sì, perché solo l’ingiustizia, la violenza, il sopruso sono vere, oggi!
Don Ignaçio: (agguantando Dolfina per un braccio) Baldracca! Ti farò pentire di essere nata!
Dolfina: L’hai già fatto, non te lo ricordi? E’ grazie a gente come te che sono arrivata a detestarmi! (svincolandosi da lui e battendo di nuovo sul tamburo) Volete l’amore? E noi, cari miei, quello bisogna pagarlo! 

Scena XLI

I° Spettatore: (affacciandosi incuriosito) Ricomincia il teatro? 
Don Ignaçio: (riafferrando Dolfina, allo spettatore) Qui non c’è niente da vedere!
Lorraine: (frapponendosi fra Don Ignaçio e Dolfina) Lasciatela! Ve l’ordino!
Don Ignaçio: (spingendo da parte Lorraine. A Dolfina) Troia! Vedrai come parlerai senza lingua! Puttana!

Scena XLII 

Coraçon: (preoccupata) Ci stanno portando via Dolfina!
Wanda: (spaventata) Le vogliono tagliare la lingua!
Coraçon: Gliel’ho sempre detto che ce l’ha troppo lunga!
I° Comico: Avrebbe dovuto stare zitta!
Geremiah: (ironico) Come facciamo sempre noi, vero? 
Coraçon: Lo sapevo che quella ragazza sarebbe stata una fonte di guai!
Geremiah: Ci ha anche sfamato, te lo ricordi?
Coraçon: Non possiamo perdere Dolfina.
Geremiah: Già. Anche lei ci ha sfamato più volte. Hanno più palle loro di noi tutti messi insieme. 

Scena XLIII

Lorraine: (Intanto è andata a porsi su un’altura e continua a battere il tamburo urlando) Gente accorrete! Serve il vostro aiuto!
Dolfina: (stretta dalle mani della Guardia, si difende scalciando e continuando a gridare) Venite, gente! Non si può sempre chinare il capo!
Geremiah: (salta giù del carro. A Don Ignaçio) Signore, vi prego: c’è un equivoco!
Don Ignaçio: Ah sì? (alle guardie) Mettetelo ai ferri! (Una delle guardie lo afferra per i polsi ma Geremiah lo respinge indignato) 
Geremiah: Non potete! Io non ho fatto niente! (afferra un bastone e cerca di difendersi dalle guardie)
Don Ignaçio: (al servo, indicando Lorraine) Cerca di fermarla, pitocco! (il servo cerca di prendere Lorraine ma lei lo allontana usando le bacchette come armi)
Lorraine: (al servo) Ti farò frustare, se osi toccarmi! (il servo è combattuto. Guarda verso Don Ignaçio)
Don Ignaçio: Prendila, coglione! Ti taglierò le mani, se non la prendi! (il servo si getta nuovamente nell’impresa) 
Coraçon: Non possiamo lasciarci distruggere così. (prende uno scudo e comincia a batterci sopra con forza, imitata via via dagli altri che utilizzano i loro strumenti di scena)
Geremiah: Non ho fatto niente! Non potete arrestarmi! Non ho fatto niente!
Coraçon: Lasciatelo! Ci togliete il pane, se lo arrestate!
II° Guardia: Chiudi il becco, strega!
Coraçon: (gridando a sua volta e percuotendo lo scudo) Venite buona gente, siamo i commedianti! (la seconda guardia la percuote. Alla guardia, ferocemente) Non mi farete tacere stavolta, per Dio! (urla mentre le guardie cercano di fermarla) Gente, accorrete! E’ uno spettacolo emozionante! (tutti i comici, dopo un attimo di disorientamento, cominciano a percuotere coperchi, casse etc. a ritmo)
Scena XLIV 

II° Spettatore: (affacciandosi) Cos’è questo baccano?
Dolfina: E’ uno spettacolo nuovo, inedito!
I° Spettatore: Che diavolo…?
Geremiah: (dibattendosi in catene) Lo spettacolo dell’ingiustizia, del sopruso, della prevaricazione! 
Coraçon: Vedrete come si mettono in catene i sudditi innocenti!
Geremiah: Come si uccide l’arte del teatro, della parola, della fantasia. (Tutti gli attori battono gli oggetti all’unisono, aiutandosi anche con i piedi)
Don Ignaçio: (alle guardie) Fateli tacere, per Dio! (le guardie prendono di mira il gruppo. Lorraine si mette in mezzo a loro ma Don Ignaçio l’afferra per i polsi e la costringe a restare accanto a lui mentre i soldati cominciano a sparare. Ad uno ad uno i comici cadono a terra)
Lorraine: (urla e si dibatte, poi scivola a terra in lacrime) Assassini! Assassini! Assassini! (Il servo fa ripetutamente il segno della croce atterrito. Gli spettatori lentamente si ritirano spaventati)

Scena XLV

Mehemet Alì: (nell’assoluto silenzio comincia a battere le mani) Bravo! Bella scena! Molto ben interpretata. (Don Ignaçio si inchina, poi indica alle guardie di portare via Lorraine)
Don Ignaçio: (livido, a Lorraine) Dopo di voi, mia cara! (Lorreine si alza e segue le due guardie a capo chino. Don Ignaçio s’inchina a Mehemet Alì e li segue fuori scena)

Scena XLVI 

Don Juan: (a Mehemet Alì) E’ penoso dover ricorrere a certi sistemi ma se li vanno proprio a cercare. 
Mehemet Alì: (a Don Juan) Già, non ci lasciano altra scelta. Del resto, forse che l’uomo può scegliere qualcosa? Noi siamo solo pedine nelle mani di Allah!
Don Juan: O di Dio, per quanto mi riguarda. Tocca a voi muovere.
Mehemet Alì: Farò avanzare il cavallo. (muove il cavallo)
Don Juan: Cattiva scelta, di questi tempi. Scelta di retroguardia. Molto meglio affidarsi alla fanteria. (muove un pedone) 
Mehemet Alì: Già. (studiando la scacchiera) I tempi cambiano. Quelle vostre armi da fuoco sono molto efficaci. Dovremmo procurarcene qualcuna.
Don Juan: E’ una decisione saggia. Nel giro di qualche anno il modo di fare la guerra sarà completamente rivoluzionato. Comunque, quando decidete, siamo a vostra disposizione.
Mehemet Alì: Purchè ci facciate un buon prezzo.
Don Juan: Vedrete che ci metteremo d’accordo. (riferendosi agli scacchi) Sto aspettando la vostra prossima mossa.
Mehemet Alì: Datemi ancora qualche secondo. (Il sole scende sotto l’orizzonte violaceo, striato di sangue. Lontano giunge il salmodiare di un muezzin) Quei cadaveri, non è un bello spettacolo…
Don Juan: (con disprezzo) Sono dei commedianti, degli sbandati, gente che si mette all’asta per un applauso. Non verrà nessuno a reclamare la loro salma.
Mehemet Alì: Tuttavia sarebbe meglio dare loro sepoltura. Per l’igiene, soprattutto. E per il buon gusto.
Don Juan: Farò provvedere. (sbuffa) Vedete come si spreca il denaro pubblico? 
Mehemet Alì: Già. (fa per muovere una torre ma poi ci ripensa) Come vanno le cose nei vostri possedimenti d’oltremare?
Don Juan: Non bene come sarebbe lecito aspettarsi. Quegli indiani sono dei fannulloni, ignoranti e senza Dio. Gli abbiamo dovuto insegnare tutto, perfino a vestirsi. E loro, come ci ringraziano? Con la pigrizia e l’inettitudine. Lavorano poco e muoiono come le mosche per un banale raffreddore. (scuote il capo) No, no, non si sono rivelati proprio un affare. Se non troviamo il modo di sostituirli…
Mehemet Alì: Perché non prendete gli africani? I negri, intendo dire. Sono molto resistenti e sono anche di carattere allegro. Hanno degli usi molto curiosi. Pensate: uomini, donne e bambini ballano insieme praticamente nudi.
Don Juan: Non so se ci sia compenso: le spese di trasporto non sono indifferenti. Senza calcolare i rischi di un ambiente ostile, pericoloso…
Mehemet Alì: Se lasciaste i rischi a chi conosce già l’ambiente? 
Don Juan: Parlatte di voi?
Mehemet Alì: Ovvio. Noi conosciamo bene la piazza africana, trattiamo la merce da secoli. Naturalmente in cambio di un equo compenso...
Don Juan: Si capisce. ( Dopo una pausa) Beh, se ne può parlare…Sono ancora in attesa della vostra mossa.
Mehemet Alì: Che ne dite se muovo la regina? In fondo, è una donna…
Don Juan: Ottima mossa, muovere la donna, ottima mossa! E’ una strategia che funziona sempre. (Si odono i rintocchi di una campana. Don Juan si fa il segno della croce) Ringraziamo Dio aver averci concesso una buona giornata. ( il muezzin intona nuovamente la sua salmodia)
Mehemet Alì: (chinando il capo sul tavolo) Sia lode ad Allah! 
(La voce del muezzin continua a salmodiare mixando con il suono della campana, mentre sui due sovrani cala il

S I P A R I O