Le donne vendicate

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Carlo Goldoni LE DONNE VENDICATE

LE DONNE VENDICATE

Di Carlo Goldoni

Dramma Giocoso per Musica di Polisseno Fegejo Pastor Arcade da rappresentarsi nel Teatro Tron

di S. Cassiano il Carnevale dell'Anno 1751.

PERSONAGGI

CASIMIRO

La Sig. Angela Conti detta la Taccarini. ELEONORA amica di Doralice.

La Sig. Serafina Penni. ROCCAFORTE difensor delle donne.

Il Sig. Giacomo Piani, Virtuoso della Real Cappella di Napoli. EMILIA cittadina.

La Sig. Berenice Penni. DORALICE

La Sig. Agata Sani. LIVIETTA

La Sig. Annunciata Manzi. VOLPINO

Il Sig. Giovanni Leonardi. FLAMINIO

Il Sig. Anastasio Massa.

La Scena si rappresenta in Bologna.

LI BALLARINI

La Sig. Margherita Fusi detta la Carrozziera.

La Sig. Giustina Magini detta la Padovana.

La Sig. Elena Tomaselli.

La Sig. Angela Candi.

La Sig. Antonia Guidi.

Il Sig. Gasparo Caccioni.

Il Sig. Gasparo Angelini.

Il Sig. Gaudenzio Seri.

Il Sig. Bortolamio Priori.

Il Sig. Gio. Batt. Bedotti.

Li Balli sono di vaga e nova invenzione del Sig. Gasparo Caccioni.

La Scena è d'invenzione del Sig. Domenico Mauro. Il Vestiario è di ricca e nuova invenzione del Sig. Nadal Canziani.


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Sala con tavola apparecchiata e lumi.

Casimiro, Roccaforte, Volpino e Flaminio con quattro Donne, mangiando e bevendo.

TUTTI                               Viva, viva l'allegria,

E la nostra compagnia;

E mangiando non s'invecchia;

E beviamone una secchia;

Quand'è buono, non fa male

Né la pinta, né il boccale.

Dunque beviamo,

Dunque cantiamo:

Viva chi mangia e chi beve giocondo;

Il più bel mondo - di questo non v'è.

VOLP.                   Oh brave ragazzine,

Spiritose, brillanti e modestine!
CAS.                      Il vostro genitore

Farà delle faccende in osteria,

Stando voi qualche volta in compagnia.
FLAM.                  Non mi ricordo mai

Esser stato sì allegro.
ROCC.                                                    Giuro a Bacco,

Io son così giocondo

Ch'oggi mi batterei con tutto il mondo.
VOLP.                   Dunque volete andare? (alle Donne)

Ci volete lasciare?

Prima con noi cantate;

Beviamo un'altra volta, e poscia andate.

TUTTI                               Viva, viva l'allegria,

E la nostra compagnia! Che si godano i denari, E che crepino gli avari. Nostro è sol quel che si gode Senza vizi e senza frode. Dunque beviamo, Dunque cantiamo.

Viva chi mangia e chi beve giocondo; Il più bel mondo - di questo non v'è. (le Donne partono)


VOLP.                   Con queste giovinotte

Siam stati bene assai.

CAS.                      Un piacere più bel non ebbi mai.

FLAM.                  Io per le belle donne

Tutto, tutto darei; Anche dal petto il cor mi leverei.

ROCC.                  Ed io che per natura

Son furioso, terribile e feroce, Quando sono vicino a una bellezza, Tutta cangio in amor la mia fierezza.

CAS.                      Tal io per una donna

Che d'amor mi prometta onesto frutto, Spendo, servo, sospiro e faccio tutto.

VOLP.                   Oh pazzi quanti siete!

Per le donne cavarsi il cor dal petto? (a Flaminio)

E voi per un visetto

Scordarvi la bravura? (a Roccaforte)

Per le femmine far trista figura? (a Casimiro)

Oh pazzi quanti siete!

Imparate da me. Faccio all'amore

Almen con quattro o sei,

E non piango, e non getto i soldi miei.

Una certa canzone a tal proposito

A Milano ho imparata,

In certa Mascherata,

Da Menichin che non avea denaro,

Ma però galantuom, mio amico caro.

Donne belle che pigliate, Io giammai vi crederò. Via piangete, via pregate, Io di voi mi riderò. Io vi voglio tanto bene. Maledette! non vi credo. Per voi, caro, vivo in pene. Maledette! vi conosco. Ahi che moro, mio tesoro! Quanto affetto, mio diletto! Galeotte, disgraziate, Non mi state a corbellar. (parte)

SCENA SECONDA

Casimiro, Roccaforte, Flaminio

CAS.                      Volpino è fortunato:

Ei dalle donne è amato,

E nulla spende e le deride in faccia.


Io non so cosa dir. Buon pro vi faccia.

FLAM.                  Son tant'anni ch'io peno

Per aver da una donna una finezza, E mi fugge ciascuna e mi disprezza.

CAS.                      Dir convien che le donne

Amino chi le sprezza, Sprezzino chi le adora. Vorrei sprezzarle anch'io... ma, poverine, Mi fanno compassione. Sono troppo impegnato per quel sesso, E sempre le amerò quanto me stesso. (parte)

ROCC.                   Eh, corpo di Pluton!

FLAM.                                                    Con chi l'avete?

ROCC.                   Con colui di Volpino,

E con quanti malnati e malcreati

Dicon mal delle donne. Io sono stato

Amato, accarezzato;

Son per esse impegnato;

E a chi ne dice mal, corpo di Bacco,

Vuò le braccia fiaccar, tagliar le rene.

FLAM.                  Eh amico, io delle donne dico bene.

ROCC.                   Se ritrovo Volpin, se lo ritrovo,

Lo voglio stritolare; Voglio manifestare Al mondo il mio valore, E ch'io son delle donne il difensore.

FLAM.                  Sì, fate ben, vi lodo;

Chi sa ch'io non ritrovi

Una donna che m'ami e sia costante?

ROCC.                   Fide son tutte quante.

FLAM.                  Dunque la cercherò. Sentito ho a dire

Che tanti siano gli uomini Quante sono le donne in questo mondo, E che ognuno la sua pretender possa. Anch'io la troverò... Ma se la mia Fosse nata in Turchia? Non so che dire; Un Turco prenda pur quella di là, Ch'io ne prenderò a sorte una di qua.

Son compagne le femmine tutte: Un poco più belle, Un poco più brutte. Chi è più graziosina, Chi è più galantina; Ma circa l'esser donne, Non v'è disparità. (parte)

SCENA TERZA


Roccaforte solo.

Io che cerco occasion d'immortalarmi,

Ecco il tempo opportuno;

Vengan ad uno ad uno

Delle donne i nemici, o a dieci o a cento,

Io le donne difendo e non pavento.

Spada, spada fatale,

Orribile, terribile, bestiale,

Bada ben, bada bene,

Non far come facesti... eh c'intendiamo.

Allorché ci troviamo

Alla rissa, al duello,

Non mi cader di mano in sul più bello.

Difendiamo le donne

Con coraggio, con forza e con bravura;

Vada via la viltà, via la paura.

Vivan le donne, sempre dirò;

E con la spada la sosterrò.

Venga chi vuole;

Parli chi puole;

Sempre il bel sesso difenderò.

Mi sento al core

Un pizzicore.

Uh, donne belle, vostro sarò:

Vivan le donne, sempre dirò. (parte)

SCENA QUARTA

Doralice ed Eleonora

DORAL.

Dunque il caro Volpino

Si fa beffe di noi?

ELEON.

Sì, me l'han detto

Le figliuole dell'oste qui vicino.

Disgraziato Volpino!

Canta contro di noi le canzonette;

Ci dice galeotte e maledette.

DORAL.

Quella indegna canzone

L'ho imparata ancor io.

ELEON.

D'avervela insegnata il merto è mio.

DORAL.

Se vien da me, lo voglio,

Come merta, trattar.

ELEON.

Vuò che si penta

D'aver detto così.

DORAL.

Confesso il vero


Ch'ei mi piacea, ma adesso
Non lo posso vedere.
ELEON.                                                  Anch'io l'amai;

Ora non l'amo più. Ah galeotto! ah maledetto tu!

SCENA QUINTA Volpino e dette.

VOLP.                   Oh garbate signore,

Io vi son servitore. (gli voltano le spalle)

Signora Doralice,

Voi mi badate come fossi un cavolo?
DORAL.                Andate, andate al diavolo.

VOLP.                   Voi, signora Eleonora...

ELEON.                Andate alla malora.

VOLP.                   Ma che cosa ho fatt'io, che mi scacciate?

ELEON.                Delle donne parlate

Con un po' di rispetto:

Galeotto sei tu, tu maledetto.
VOLP.                   Eh via, che son facezie. (Mi spiacerebbe assai

Perder di queste belle le finezze;

Aggiustarla vedrò con due carezze).

Via, cara Doralice;

Già Eleonora non sente.

Lo so, che voi mi amate.

DORAL.                           Donne belle che pigliate,

Io giammai vi crederò. Via piangete, via pregate, Io di voi mi riderò.

VOLP.                   (Ah! se n'è avuto a mal della canzone.

Pazienza: con quest'altra

Vederò d'aggiustarla;

Procurerò placarla).

Eleonora gentil, pietà vi chiedo.
ELEON.                Maledette, non vi credo:

Maledette, vi conosco. Galeotte, disgraziate, Non mi state a corbellar.

VOLP.                   (O pettegole indegne!

Le figliuole dell'oste Han pubblicata questa mia canzone; E le donne l'han meco con ragione).


DORAL.

Che cosa fate qui?

VOLP.

Son a pregarvi...

Vorrei disingannarvi...

DORAL.

Basta, basta così; non vuò ascoltarvi.

ELEON.

Su, presto, andate via.

VOLP.

Cara signora mia,

Io sono qui per dirvi...

E son per raccontarvi...

ELEON.

Io vi risponderò coll'irvi e l'arvi.

VOLP.

Ma sappiate, signora,

Che quella tal canzone...

DORAL.

Non vi è altra ragione.

Queste parole voi le avete dette;

Noi non siam galeotte o maledette.

Chi serba amor in petto,

Non può parlar così.

Si parla con rispetto

Di chi si suole amar.

Le donne voi sprezzate,

E donna son anch'io:

E se voi m'oltraggiate,

Mi voglio vendicar. (parte)

SCENA SESTA

Eleonora e Volpino

VOLP.

(Orsù, quella è perduta;

Pazienza vi vorrà.

Questa mi vuol più ben, si placherà).

ELEON.

(Mi vien voglia di dargli

Quattro pugni nel grugno).

VOLP.

E ben, che dite?

ELEON.

Dico che andiate via.

VOLP.

Almen per cortesia

Ascoltatemi, o cara.

ELEON.

Niente, niente.

Se il vostro dir mi stucca,

Vi pettino ben bene la parrucca.

VOLP.

So pur che a me diceste tante volte:

Mio caro, mio diletto,

Ho per voi tanto affetto...

ELEON.

Ah disgraziato!

Io dunque quella son che tu burlasti,

Allor quando cantasti:

Ahi che moro, mio tesoro!

«Quanto affetto, mio diletto!»


Tu galeotto sei, tu maledetto.
VOLP.                   Finalmente uno scherzo

Merta il vostro perdono.
ELEON.                Troppo contro di te arrabbiata sono.

Vien qui, cane, vien qui, non ti rammenti

I sospiri, i lamenti

Che più volte facesti

Per avere un tantin della mia grazia?

E poi dietro le spalle

Dici male di me?
VOLP.                                                Ma io di voi

Non ho detto parola.
ELEON.                Hai detto mal di tutte,

E in quelle tutte son compresa anch'io,

Onde teco vuò far nel tempo stesso

Le mie vendette e quelle del mio sesso.

Birboncelli, disgraziati, Fate voi gl'innamorati, E poi quando siam cascate, Ve n'andate e ci piantate: Ma con me così non va. La mia grazia, chi la vuole, Cara assai la pagherà.

Non vi cerco, non vi chiamo, Non vi curo, non vi bramo. Ma poi, quando voi volete, Esser docili dovete, E trattar con civiltà. (parte)

SCENA SETTIMA Volpino, poi Casimiro

VOLP.                   Uh, sono indiavolate;

Non v'è caso di renderle placate.

Ma che cosa ho da far? Da disperarmi?

Oibò, se Doralice ed Eleonora

M'han già privato delle grazie sue,

Vi posso rimediar con altre due.

Emilia e Livietta...
CAS.                                                     Amico, intesi

Che due belle con voi siano sdegnate,

Perché avete le donne maltrattate.
VOLP.                   Io che farci non so. Mi prendo gusto

Con questo stile mio;

Sento ridere gli altri, e rido anch'io.
CAS.                      Ma se così farete,


Donna non troverete

Che amante di voi sia.
VOLP.                   Eh, che di donne non v'è carestia.

CAS.                      È ver. Chi certi ascolta

Giovinotti sboccati,

Par che stiano le donne ad aspettarli,

E che vadan talvolta a ricercarli;

Ma so per esperienza

Che ciò vero non è. So che per farsi

Una sposa, un'amante od un'amica,

Ci vuole, padron mio, tempo e fatica.
VOLP.                   Voi volete alle donne entrar in grazia

A forza di dir bene.
CAS.                                                     E voi volete

Disgustarvi di loro

A forza di dir male.
VOLP.                                                   Caro amico,

Quando ne dico male, applaudon tutti,

Quando ne dico ben, stan tutti muti.
CAS.                      Basta, non vi consiglio

Inimicarvi un sesso

Di cui so che voi stesso amante siete;

Non dite mal, se bene gli volete.

Vi dié vita donna amante, Una donna vi nutrì, E di donna il bel sembiante Lieto ognor vi renderà.

Sconoscenza nelle selve Più crudel giammai s'udì; Si risparmiano le belve Fra di lor la crudeltà. (parte)

SCENA OTTAVA

Volpino solo.

Ho pigliato quest'uso, ed è difficile

Ch'io me n'astenga più.

Ma se ho perduto

Doralice e Eleonora,

Emilia e Livietta

Son altre due ragazze

Che mi vogliono bene,

E con queste supplire a me conviene.

Ecco qui l'avantaggio

Ch'io provo nell'aver più innamorate.

Se due si son sdegnate,


Lo soffro con pazienza,

E paura non ho di restar senza.

Son le femmine volubili, E nessun si può fidar; Onde a quel che può succedere, Ci conviene riparar. Una furba vi disprezza, Una cara vi accarezza; Una dona e l'altra prende; Una piglia e l'altra rende. Or la bella si fa brutta, Or la brutta si fa bella; Or con questa ed or con quella Parla, gira, fuggi, torna, Sempre, sempre si sta bene, Si rallegra sempre il cor. (parte)

SCENA NONA Eleonora con un Servo, poi Roccaforte

ELEON.                Sì, sì, vuò che si sappia

Da tutta la città le ingiurie e l'onte

Che a noi fece Volpino;

E se amico destino

Fa ch'io ritrovi un uomo di valore,

Voglio far a Volpin cavar il cuore.
ROCC.                   Bellissima Eleonora,

Che avete, che mi sembra

Di vedervi alterata?
ELEON.                Son offesa, son punta e son sdegnata.

ROCC.                   Eccovi al vostro fianco,

Eccovi Roccaforte:

Porterò da per tutto e stragi e morte.
ELEON.                Dite, avete coraggio?

ROCC.                                                    Oh cospettone!

A me questo chiedete?

Cospetton! Non sapete

Il valor del mio braccio?

Tutti tremar io faccio.

Sol ch'io metta la mano a questa spada,

Faccio che l'inimico a terra cada.
ELEON.                Quand'è così...

ROCC.                                           Tiburzio,

Dimmi: tu mi conosci, non è vero?

Ti ricordi quel giorno


In cui a più di sei tagliai la faccia,

Ed a trenta o quaranta e gambe e braccia?

ELEON.                Bravo, bravo davvero!

Dunque da voi io spero Che la vendetta sospirata avrò.

ROCC.                  Tutti quei che volete ammazzerò.

ELEON.                Chi m'offese è Volpino.

ROCC.                                                         Eh, con colui

Non mi prendo gran cura; Io lo faccio morir sol da paura. Tiburzio, ah, chi son io? Domandate a Tiburzio il valor mio.

ELEON.                (Queste tue gran bravate

Credo che siano tutte baggianate).

ROCC.                  Volpino in che v'offese?

ELEON.                Ei di sdegno mi accese,

Perché quest'animale Delle povere donne ha detto male.

ROCC.                  È ver, di quell'indegno

Sono nemico anch'io: Di difender le donne il vanto è mio.

ELEON.                Dunque confido in voi.

ROCC.                                                       Sì, mio tesoro,

Vendicata sarete; Ma qual mercede poi voi mi darete?

ELEON.                Quella cara mercede

Ch'hanno i fedeli ed onorati amanti; Poiché, se vi son tanti Che accusano le donne d'incostanza, La loro infedeltà la nostra avanza. Credon che a lor convenga Vivere a modo loro, e voglion poi Che siam costanti noi; - e se la donna Dell'esempio dell'uomo si prevale, A tutto lor poter ne dicon male.

ROCC.                  Indiscreti, malnati,

Io li castigherò; Delle donne l'onor vendicherò.

Andiamo, non temete,

Io vi vendicherò.
ELEON.                          Coraggio poi avrete?

ROCC.                            Tiburzio, dillo tu:

Un uomo più terribile

Di me giammai non fu.
ELEON.                          Oimè, mi spaventate.

ROCC.                            Ma colle innamorate

Pacifico sarò.
ELEON.                          Se voi mi vendicate,

Non vi disprezzerò.


ROCC.

Io sono formidabile;

Chiedete, comandate.

ELEON.

Oimè, mi spaventate.

ROCC.

Ma son ancora amabile;

Chiedete, domandate.

ELEON.

Ben, ben, mi proverò.

a due

Andremo, vedremo;

Diremo sì o no. (partono)

SCENA DECIMA

Emilia e Livietta

EMIL.

E sarà ver, cugina,

Che l'ingrato Volpino

Strapazzate le donne abbia in tal guisa?

LIV.

Doralice, Eleonora,

Con le quali sinora ho ragionato,

Me l'hanno raccontato,

E fra tant'altre cose che m'han dette,

Egli dice alle donne maledette.

EMIL.

Ma qual ragione ha mai

Di trattarci così?

LIV.

Certi bei spirti

Credono aver gran sale,

Quando san delle donne parlar male.

EMIL.

Facil cosa è dir mal.

LIV.

Se noi sapessimo

Scriver e questionar com'essi sanno,

Bene ci pagherian l'ingiuria e il danno.

EMIL.

Cugina, amai Volpino, io non lo nego,

Ma più non l'amerò.

LIV.

Vostra rivale

Io fui, ve lo confesso,

Ma son nemica di Volpino adesso.

SCENA UNDICESIMA

Volpino e dette.

VOLP.

È permesso, o signore,

Che a voi s'inchini un vostro servitore?

EMIL.

Un servitor ingrato,

E già dal mio servizio licenziato.

LIV.

Un servitor che tratta come voi,

Non è degno di star vicino a noi.


VOLP.

(Ora sì che sto bene!)

Ditemi, cos'avete

Col povero Volpino?

EMIL.

Siete un indegno.

LIV.

Siete un malandrino.

VOLP.

(Povero me!) Signore,

Cosa ho fatto di male?

LIV.

Siete un ingrato.

EMIL.

Siete un animale.

Le povere donne

Son tanto amorose,

Son tanto pietose,

Di tenero cor.

E voi strapazzarle?

E voi maltrattarle?

Ingrato, spietato,

Indegno d'amor!

Avete pur voi

Bisogno di noi,

E poi dite male?

D'ogni altro animale

Voi siete peggior. (parte)

SCENA DODICESIMA

Livietta e Volpino

VOLP.                   Posso saper, Livietta,

In che cosa ho mancato?

LIV.                       Voi avete cantato

Certe care, graziose canzonette, Con cui ci avete detto maledette.

VOLP.                   Ma non ho detto a voi; non ho parlato

Di donne bolognesi: Ho detto le persiane e le chinesi.

LIV.                       Eh sì, sì, c'intendiamo;

È un pezzo che soffriamo Sentirci strapazzar dai detti vostri; Or dovrete soffrire i sdegni nostri.

Andrete dalle donne A domandar pietà, Ma ognuna vi dirà: «Sospira, pena e crepa; Mendace, ingrato, indegno, Pietà per te non v'è».

Se tutti quei che dicono


Sì mal del nostro sesso Parlassero con me, Del loro grave eccesso Si pentiriano affé. (parte)

SCENA TREDICESIMA

Volpino, poi Roccaforte

VOLP.

Questa cosa va mal; va male assai.

Per riparare i guai,

Cambiar stile conviene:

Rispettar il bel sesso e dirne bene.

ROCC.

Amico, vi saluto.

VOLP.

Oh, siate il benvenuto.

Che fate in questa casa?

ROCC.

Ora son arrivato;

La signora Eleonora ho accompagnato.

VOLP.

Di servire Eleonora

Sapete pure che l'impegno è mio.

ROCC.

Eh, questa volta l'ho servita io.

VOLP.

Vorrei sapere almeno

Come la cosa è andata.

ROCC.

Per via l'ho ritrovata;

Mi chiamò, m'accostai; le diedi il braccio;

L'ho condotta sin qui. Di voi, amico,

Più non ci pensa un fico.

Abbiate o non abbiate gelosia,

Eleonora senz'altro sarà mia.

VOLP.

Questo vostro parlare

Mi faria riscaldare.

ROCC.

Eh, giuro a Bacco,

Roccaforte son io.

VOLP.

Rocca o torrione,

Cospettin, cospettone,

Paura non mi fate.

ROCC.

Ma, caro amico, voi vi riscaldate.

VOLP.

Ditemi, da Eleonora

Che pretendete voi?

ROCC.

Oh, questa è bella!

Pretendo l'amor suo.

VOLP.

Voi l'amor suo?

E sapete che io...

ROCC.

Orsù, padrone mio,

Noi vogliamo così, così sarà.

VOLP.

Se tanto si ardirà,

Saranno piattonate.

ROCC.

Ma, caro amico, voi vi riscaldate.


SCENA QUATTORDICESIMA Eleonora, Livietta servita da Flaminio, e detti.

VOLP.

(Diavolo! anco Livietta

Ha trovato il servente e fa vendetta).

LIV.

Obbligata vi son, cara Eleonora,

Che venuta voi siate a ritrovarmi.

E lei vuol onorarmi (a Flaminio)

Con tanta sua bontà?

Obbligata gli sono in verità.

ELEON.

Eh, signor Roccaforte, favorisca;

Ella m'ha abbandonata?

ROCC.

Tutto vostro son io.

ELEON.

Molt'obbligata.

VOLP.

Ehi, signora Livietta...

LIV.

Flaminio, a voi si aspetta

Al festino condurmi questa sera.

VOLP.

(Maledetta fortuna!)

LIV.

(Ei si dispera).

VOLP.

Ehi, signora Eleonora...

ELEON.

Avete inteso?

Voi siete un uom prudente,

Ed essere dovete il mio servente.

VOLP.

(Or or non posso più).

ELEON.

(Freme di sdegno).

VOLP.

(Femmine indiavolate!)

LIV.

(Ingrato!)

ELEON.

(Indegno!)

LIV.

Andiamo al festino.

FLAM.

Con voi venirò.

ELEON.

Andiamo al casino.

ROCC.

Io voi servirò.

VOLP.

(Un bel babuino

Restar io dovrò?)

ROCC. FLAM.

} a due        La mano porgete.

ELEON. LIV.

} a due        La mano vi do.

a quattro

Gentile voi siete,

Amarvi saprò.

VOLP.

(Vedere, tacere?

Oh questo poi no).

Cospetto di Bacco, (dà mano alla spada)

Fermate, o ch'io v'ammazzo.

ROCC.

Oimè! (si scostano dalle Donne)


FLAM.

ELEON.

LIV.     } a due

VOLP.

}

a due

ELEON. LIV.

VOLP.

}

a due

ROCC.

FLAM.

ELEON.

LIV.

a due

VOLP.

a due

VOLP.

a due

VOLP.

a due

VOLP.

a due

VOLP.

} }

a due

ELEON. LIV.

a due

ROCC.

FLAM.

ELEON.

LIV.

FLAM.

VOLP.

ROCC. FLAM. a cinque


Che! siete pazzo?

A me di questi torti

Si fan sugli occhi miei? E con chi parla lei?

Noi siam le galeotte,

Noi siam le maledette;

Da noi che cosa vuò? Andate, scellerati, (a Flaminio)

O ch'io v'ammazzerò. (a Roccaforte) Si fermi, non s'incomodi; Io tosto me ne vo. (partono) Arrogante!

Impertinente! Presto, andate via di qua. Vi domando perdonanza. Più per voi non v'è pietà. Deh signore...

Andate via. Vi domando...

Andate via. Perdonanza.

Via di qua. Sì, signora, obbedirò.

(Ah pazienza, me n'andrò). (parte)

Se n'è andato Il scellerato, E mai più non tornerà.

Se n'e andato, ed io son qua. (escono)

Andiamo al casino.

Andiamo al festino.

Con voi venirò.

Andate, scellerati, (esce colla spada)

O ch'io v'ammazzerò. Si fermi, non s'incomodi. Io tosto me n'andrò. Che smania, che furore!

Che rabbia sento al core!

Frenarmi più non so.



ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Camera, come sopra.

Doralice, Eleonora ed Emilia

EMIL.                    Sono contenta assai,

Che la signora Doralice ancora La nostra casa gentilmente onora.

DORAL.                Frenarmi non potei. So che si tratta

Della causa comune; E so che tutte abbiam lo stesso impegno Di vendicarci di Volpino indegno.

ELEON.                Orsù, qui siamo tre.

Parli ognuna di noi; proponga ognuna

Al briccon scellerato

Qual castigo sarebbe più adattato.

DORAL.                Io dico che siccome

A far l'amor è avvezzo, Trattarlo con disprezzo, Discacciarlo da noi, sarà un tormento, Un castigo sarà che val per cento.

ELEON.                Ciò andrebbe ben, se tutte

Fosser le donne unite. Se lo scacciamo noi, si troverà Chi per qualche ragion l'accetterà.

EMIL.                    Direi, per castigarlo,

Ben bene innamorarlo; E quando è innamorato, Farlo morir di rabbia disperato.

ELEON.                Ma finché s'innamora,

Invece di penar com'è il dovere, Vero o falso che sia, gode un piacere.

DORAL.                L'indegno si potria

Punir con gelosia. Sugli occhi suoi Scherzar con questo e quello: Per farlo disperar, dargli martello.

ELEON.                Con vostra buona pace

Né men questo mi piace. Orsù, la mia dirò: Dite se dico bene, sì o no. In quella canzonetta ch'ei cantava, La voce assottigliava:


DORAL.

EMIL.

ELEON.

a due


}


Cantava or da soprano, or da tenore. Io vorrei far in modo Che obbligato venisse quel villano A dovere cantar sempre il soprano.

Brava, brava, in verità! a due

«Ahi ch'io moro, mio tesoro», (canta in falsetto) Sempre, sempre canterà. Brava, brava, in verità!



ROCC. ELEON.

ROCC.

ELEON. ROCC.

ELEON.

ROCC.

DORAL. ROCC. EMIL. ROCC.


SCENA SECONDA

Roccaforte e dette.

Ecco, ecco, signore, Il vostro difensore.

Si è veduta La vostra gran bravura: Siete fuggito via dalla paura. Vi domando perdono, Io così vil non sono. Per non gettarvi ai piedi Un uomo trucidato,

10 mi son per prudenza ritirato.
Ma che far intendete?

Ecco una sfida Ch'io mandare destino Al nemico Volpino. In due maniere Vendicarvi pretendo. Prima provare intendo La virtù delle donne e il merto loro, Poi difender con l'armi il lor decoro. In quanto alle parole, Risparmiar le potete.

11 dritto a noi di favellar conviene,
Poiché tutte di lingua stiamo bene.
Basta, in ogni maniera
Difendervi saprò.

10 dubito di no.
Ed io dico di sì.

E poi ve n'anderete.

11        mio valor vedrete.
Vedrete far del traditor macello,
Coll'auspicio gentil del vostro bello.

Da quel viso prendo un vezzo, Da quei lumi prendo un sguardo, Da quel labbro prendo un dardo,



Prendo i lacci dal bel crin. Cari lacci, vago dardo! Che bei vezzi! Oh che bel sguardo! Mi dan forza, prendo fiato, Vado al campo, sono armato. Mi consola un dolce ardore, Pien ho il core di furor. (parte)

SCENA TERZA Le tre Donne suddette.

EMIL.                    Vediam cosa sa fare.

ELEON.                Lo possiamo provare:

Se dirà, se farà quanto promette, L'accetterem per nostro difensore; Ma se saran fallaci i detti suoi, La vendetta alla fin farem da noi. (parte)

EMIL.                    Io so cosa farò.

DORAL.                                        Cosa farete?

EMIL.                    S'uomini mi verranno per i piedi,

Vendicherò con tutti L'onta che fece a noi Volpino ingrato.

DORAL.               Dunque fia castigato

Per il reo l'innocente?

EMIL.                    Non me n'importa niente.

Voglio con tutti quanti esser severa: Pur che il reo non si salvi, il giusto pera.

Un uomo da una donna Se vien trattato male, Non dice fu la tale, Non dice come fu. Principia a tirar giù Ci dice a tutte arpie, Infide, crude, rie; Le mette tutte a mazzo, E fa di noi strapazzo, E non ha carità. (parte)

SCENA QUARTA

Doralice, poi Casimiro

DORAL.                Io son di sdegno accesa,

È ver, contro Volpino,


Ma non odio però gli uomini tutti. Vendicarmi vorrei solo di quello, E per me ritrovarne uno più bello.

CAS.

Caro Amor, tu che lo sai

Quanto è fido questo core,

Deh risveglia, o caro Amore,

Qualche fiamma anche per me.

DORAL.

(Questo è quel Casimiro

Che di lontano a circondar mi viene,

E so che delle donne dice bene).

CAS.

(È questa Doralice,

Che rendermi potria lieto e felice).

DORAL.

(Par che s'accosti a me).

CAS.

Gentil donzella,

Saggia, vezzosa e bella...

DORAL.

Favellate con me?

CAS.

Con voi ragiono.

DORAL.

Io né saggia, signor, né bella sono.

CAS.

Tanto più saggia siete

Quanto men lo credete;

E tanto più s'apprezza

Quanto meno ostentate la bellezza.

DORAL.

E se tale foss'io, qual per bontade

Figurate che io sia,

Che pro se a' giorni nostri

Gli uomini sono avvezzi

A trattare le donne coi disprezzi?

CAS.

Signora, io mi professo

Adorator del sesso.

DORAL.

E che sperate

Se tacendo adorate?

CAS.

Ah Doralice,

Se voi lo concedete, io parlerò.

DORAL.

Se parlerete voi, risponderò.

Ma tacete: io già v'intendo.

Da quei lumi ben comprendo

Quel che cela il vostro cor.

Voi d'amor parlar volete...

Deh tacete, per pietà.

Ah! che troppo ho detto anch'io

Coll'incauto labbro mio,

E m'accendo di rossor.

Ah! l'ardor ch'è acceso in petto,

Più ristretto - star non sa. (parte)


SCENA QUINTA

Casimiro solo.

Che più dir mi potea, se apertamente Detto avesse d'amarmi? Oh me beato! Senz'aver favellato io sono inteso: Voglio accender un core e il trovo acceso.

Fidi amanti sventurati Che languite, che penate, Invidiate il bel contento Ch'io già sento nel mio sen. Chi la gioia altrui non vede, Men risente il proprio male, Ma l'invidia allor prevale Colla idea dell'altrui ben. (parte)

SCENA SESTA

Volpino solo, poi un Servo con un foglio.

Come! Tutte mi scacciano,

Mi disprezzano tutte,

E non voglion sentir le mie ragioni?

Già così son le donne;

Sono tutte così. Quando in la testa

Le cose a modo lor si son cacciate,

Ragione o non ragion, sono ostinate.

Ma, se la voglion meco,

Gusto loro darò:

A dir principierò

Più mal di quel ch'ho detto pel passato.

Non ne vuò più saper, son arrabbiato.

(Viene un Servo e gli dà un biglietto, poi parte)

Schiavo suo. Viene a me? La riverisco.

Qualche donna pentita

Questo foglio m'ha scritto,

E mi manda senz'altro un qualche invito.

Leggiamo. Al temerario,

All'audace Volpino.

(Grazie a vussignoria).

Una disfida Roccaforte invia.

Venga, venga a duello:

Lo infilzo, lo sbudello.

Prima colle ragioni, e poi coll'armi,

Sosterrà delle femmine l'onore

Delle femmine tutte il difensore.


Venga, venga chi vuole.

Coll'armi e le parole

Sostener quel ch'ho detto mi preparo.

Contro tutte le donne or mi dichiaro. (va per partire)

SCENA SETTIMA

Livietta e detto.

LIV.                       Contro tutte le donne?

VOLP.                                                       Sì signora;

E contro lei, se fa bisogno, ancora.
LIV.                       Badate ben che ve ne pentirete.

VOLP.                   Ma che cosa ho da far? Tutte arrabbiate

Siete contro di me;

Tutte mi discacciate,

M'odiate, mi sprezzate.

Io, che più non mi vedo accarezzato,

Parlo contro di voi da disperato.
LIV.                       Povero il mio Volpino!

Poverin, poverino!

Caro, venite qui, vi voglio bene,

Vi voglio accarezzare...

Andatevi ben ben a far squartare.
VOLP.                   Ecco, e dovrò dir bene

Delle donne così?
LIV.                                                    Così le donne

Trattan chi dice male.
VOLP.                   Eh, siete avvezze,

Per ingannar, a finger le carezze.

Ma giacch'è rotta, rotta sia per sempre.

Roccaforte mi sfida;

Tutto il male dirò che dir poss'io;

E quando il labbro mio

Non basti, colla spada lo sosterrò alle strette

Che siete galeotte e maledette.

Ma soletto non son io Che lo dice, in verità. Troverò del parer mio Più di uno in la città. Domandate, e sentirete Quel che ognun risponderà. Cosa dite? Non è vero? Quello dice: Signor sì. Sono furbe? Signor sì. Sono ingrate? Signor sì. Son cattive? Sì o no?


Nissun v'è che dica no. (parte)

SCENA OTTAVA Livietta, poi Flaminio

LIV.                       Ma quando si finisce

Di dir mal delle donne? Oggi doveasi

Far la nostra vendetta,

Ma s'aspetta, s'aspetta e mai non viene;

E si dice finor più mal che bene.
FLAM.                  Livietta, su venite.

LIV.                       E dove ho da venir?

FLAM.                                                  Dove alla pugna

Roccaforte e Volpino

Or or si accingeranno.

Entrambi sosterranno,

Prima colle parole e poi coll'armi,

La ragion, l'opinione:

E vicini già sono alla tenzone.
LIV.                       E voi nel gran cimento

Non ardite d'entrar?
FLAM.                  Signora mia,

Delle donne son io buon servitore;

Ma per battermi poi non ho gran core.

Servitù quanta volete, Buon alletto e fedeltà; Qualche soldo vi sarà, O qualch'altro regaletto: Ma di questo mio difetto Non mi posso liberar. Se mi sento minacciar, Io mi scordo anco l'amore, E il timore mi fa andar. (parte)

SCENA NONA

Livietta sola.

Roccaforte ha sfidato

Volpino alla tenzone,

E terrà d'Eleonora la ragione.

Io non avrò nessuno

Che combatta per me? Dovrò valermi

Per il decoro mio


D'un difensor che non ho eletto io? Questo non sarà mai. Vada chi vuole, Io non ci voglio andar; pria che si dica Che sia la mia vendetta In grazia d'altra donna procurata, Mi contento di stare invendicata.

Dove son quei tanti amanti Che venian tre o quattro il giorno A servirmi, a starmi intorno? Chi faceva il galantino; Chi diceva: «a voi m'inchino». Chi porgeva un regaletto, Un stucchietto, un anelletto, Eh! verranno, torneranno; Io ne vedo più di uno, Che furbetto fa d'occhietto, E mi dice: «venirò». (parte)

SCENA DECIMA

Doralice, servita da Casimiro. Eleonora, servita da Roccaforte. Emilia, servita da Flaminio. Seguito di Donne, servite dai loro Amanti. Poi Volpino. Tutti vanno a sedere ai loro posti.


CORO

ROCC.

VOLP. ROCC.

VOLP.

ROCC. VOLP.

ROCC.


Viva il femmineo sesso,

Vivan le donne tutte.

Siano belle, o siano brutte,

Vivan le donne ognor. E chi non dice evviva,

Si possa innamorare,

E mai pietà trovare

Al disperato cor.

Dov'è, dov'è colui Che dice male del femmineo sesso? Venga meco al cimento. Io mi protesto Difensor delle donne.

Eccomi lesto. Rendi ragion perché col labbro audace Oltraggiasti le donne.

Oh, se volessi Render ragion del mal ch'ho detto, avrei Da parlar quattro mesi, e forse sei. Perché son galeotte?

Perché sanno Sotto specie del bel venderci il danno. Se il denar mal si spende, Colpa è del comprator, non di chi vende.



VOLP.

Conoscon l'uomo quando è innamorato;

E quando è ben legato,

Lo trattano da pazzo,

E fanno del meschin strage e strapazzo.

ROCC.

Un uomo ch'ha giudizio

Deve alle sue passion ponere il freno.

Impari l'uomo a innamorarsi meno.

VOLP.

Sono le donne avare.

ROCC.

Quel che dite avarizia,

In esse non è colpa.

Quando sono fanciulle,

Si chiama ritrosia;

Quando son maritate, economia.

VOLP.

Sono infide, incostanti.

ROCC.

Imparan dagli amanti.

VOLP.

Sono finte e mendaci.

ROCC.

Gli uomini nel mentir sono più audaci.

VOLP.

Son triste, lusinghiere,

Nostre nemiche vere,

Amanti di discordie e di vendette:

Sì, sono galeotte e maledette.

ROCC.

Olà, soffrir non voglio

Quel temerario orgoglio

Con cui si oltraggia il femminile onore.

Presto meco a pugnar vieni, se hai core. (impugna la spada)

VOLP.

Eccomi a te. (impugna la spada e s'avanza)

ROCC.

Bel bello.

Se abbiamo a far duello,

Non vi vuol tanto foco.

VOLP.

Non mi posso tenere.

ROCC.

A poco a poco.

Via, mettiamoci in guardia.

VOLP.

Eccomi qui.

ROCC.

Oh, facciamo così:

Dite che per ischerzo

Dal vostro labbro la parola è uscita,

Ed io, Volpin, vi donerò la vita.

VOLP.

Eh cospetto di Bacco,

Battermi omai vogl'io.

Ehi, mettiamoci in guardia, padron mio.

ROCC.

(Ah che ci sono... Oimè!...

Dov'è la mia bravura?)

VOLP.

(Il bravo difensor muor da paura).

Presto. Ah! (tira)

ROCC.

Alto. Eh! (para)

VOLP.

Prendi. Ah! (tira)

ROCC.

Ferma. Eh! (para)

VOLP.

Mori. Ah! (l'incalza)

ROCC.

Piano. Eh! (rincula)


VOLP.

Lascia. Ah! (va alle prese della spada)

ROCC.

Sono in terra,

Sono in terra.

VOLP.

Sono in guerra,

Sono in guerra.

Chi vuol niente, venga a me.

ELEON.

Io difendo le donne, eccomi a te.

(Eleonora colla spada, che trova, di Roccaforte, sfida Volpino)

VOLP.

Voi coll'armi?

ELEON.

Io con l'armi. E cosa credi?

Che le donne non abbiano valore?

A combatter con me vieni, se hai core.

ROCC.

Brava, brava davvero!

Ecco vi sono appresso;

Animo, combattete. Evviva il sesso.

VOLP.

Eh! se così volete,

Con voi combatterò,

E delle donne mi vendicherò.

ELEON.

Presto. Ah! (tira)

VOLP.

Alto. Eh! (para)

ELEON.

Prendi. Ah! (tira)

VOLP.

Ferma. Eh! (para)

ELEON.

Mori. Ah! (l'incalza)

VOLP.

Piano. Eh! (rincula)

ELEON.

Lascia. Ah! (va alle prese della spada)

VOLP.

Sono in terra,

Sono in terra.

ELEON.

Sono in guerra,

Sono in guerra.

Chi vuol niente, venga a me.

VOLP.

Ah, sì signora, vinto mi confesso. (minacciato da Eleonora)

ROCC.

Vivan, vivan le donne.

TUTTI

Evviva il sesso.

ELEON.

Fin ch'ho la spada in mano,

Chi vuol pugnar con me?

Di battermi son pronta

Con un, con due, con tre.

Di punta, ovver di taglio,

Io colpi altrui darò.

Di terza, ovver di quarta,

Parar mi proverò.

Or sono riscaldata;

Chi vuol pugnar con me?

Mi sono vendicata,

Briccon, sopra di te. (a Volpino)

Venite quanti siete,


Ch'io vi disarmerò. (parte)

CORO

Viva il femmineo sesso,

Vivan le donne tutte;

Sian belle, o siano brutte,

Vivan le donne ognor.

E chi non dice evviva,

Si possa innamorare,

E mai pietà trovare

Al disperato cor. (tutti partono, fuorché Volpino)

SCENA UNDICESIMA

Volpino, poi Livietta

VOLP.

Ah povero Volpino!

Ora sì che sto bene,

Sprezzato, disarmato, svergognato;

Non so più cosa far, son disperato.

LIV.

Bravo, Volpino, bravo!

Veramente vi siete fatto onore.

VOLP.

Cagne, ladre, assassine,

Finito avete di mortificarmi.

LIV.

Perché dite così?

VOLP.

Voglio appiccarmi.

LIV.

(E pur mi fa pietà).

VOLP.

Non ho coraggio.

Di lasciarmi veder.

LIV.

(Se io credessi

Non esser osservata,

Consolar lo vorrei).

VOLP.

Che diranno di me gli amici miei?

LIV.

Volpino.

VOLP.

Che volete?

LIV.

Ancor nemico siete

Di tutto il nostro sesso?

VOLP.

Eh no, signora, adesso

Principio a dirne bene.

(Per la paura dir così conviene).

LIV.

Se diceste davvero, si potrebbe

Il tutto accomodar.

VOLP.

Come?

LIV.

Davvero

Che mi fate pietà.

VOLP.

Dunque?

LIV.

Ma temo

Che non siate sincero.

VOLP.

Giuro sull'onor mio che dico il vero.

LIV.

Se volete che io possa


Trattarvi come prima, e amarvi in pace,
Delle donne dovete
Dire tutto quel ben che voi sapete.
VOLP.                   Farlo mi proverò,

Ma non so se a dir bene io riuscirò.

LIV.

Dite: le femmine

Son graziosine.

VOLP.

Signora sì.

LIV.

Son modestine.

VOLP.

Così e così.

LIV.

Sono costanti

Coi loro amanti.

VOLP.

Il male è qui.

LIV.

Vuò che si dica

Sempre così.

VOLP.

Oh che fatica!

Signora sì.

SCENA DODICESIMA Eleonora, poi Roccaforte e detti.

ELEON.

Come! Livietta parla

Col nemico comune? Olà, scacciate

Quell'indegno, quel vile.

LIV.

Egli è pentito,

E perciò con ragione

L'ho preso sotto la mia protezione.

ELEON.

Protegger non dovete

Un codardo, un villano,

Un che vinto già fu dalla mia mano.

VOLP.

Sì sì, a vostro dispetto

Da madama Livietta son protetto.

A voi mi raccomando,

E ben di voi dirò. (a Livietta)

LIV.

Sì sì, non dubitate,

Ch'io vi difenderò. (l'abbraccia)

ELEON.

Olà, che cosa fate? (a Livietta)

Lasciate il traditor.

LIV.

Voi non mi comandate,

Vuò far quel che mi par.

VOLP.

Pentito già son io.

ELEON.

Non credo a un menzogner.

LIV.

Volpino adesso è mio.

ELEON.

Egli è mio prigionier.

ROCC.

Son qua, son qua, signore,


Son vostro difensore.

ELEON.

Andate, non vi voglio.

LIV.

Di voi non so che far.

VOLP.

Che bravo difensore,

Che tutti fa tremar!

ELEON.

Volpino venga qua.

LIV.

Volpino non verrà.

ROCC.

Signora, son qua io.

ELEON.

Andate, non vi voglio.

ROCC.

Livietta, son da voi.

LIV.

Andate pur da lei.

ELEON.

Volpino voglio qua.

LIV.

Volpino non verrà.

ELEON.

Volpino non verrà. (si burlano)

LIV.

Volpino venga qua.

ELEON.

Pettegola.

LIV.

Insolente.

a due

Se tu mi fosti arente!

ROCC.

VOLP.      } a due

Fermatevi, tacete.

Signora... (ad Eleonora)

ELEON.

Andate via.

ROCC.

Signora... (a Livietta)

LIV.

Via di qua.

ELEON.

Volpino venga qui.

a quattro

Chi vuole, chi non vuole;

È un vivere arrabbiato Il vivere così. Sia maledetto voi, Andate via di qua.


ATTO TERZO

SCENA PRIMA Casimiro, Livietta e Doralice

CAS.                      Viva, viva il bel sesso.

Voi siete vincitrici;

Siete trionfatrici.

Non vi sarà fra noi

Chi più ardisca parlar male di voi.
LIV.                       Volpino è già pentito, e mi ha promesso

Per acquietar il sesso

Contro di lui sdegnato,

In pubblico disdir le cose dette,

Pentirsi d'aver detto maledette.
CAS.                      Il di lui pentimento

Dunque accettar conviene;

Far ch'egli con ragion possa dir bene.
LIV.                       Doralice, venite

Dove altre donne unite

Saranno in sala aperta, e non già chiusa,

Di Volpino a ricevere la scusa.

Bel sentir da un viril labbro Alle donne dir: «mi pento!» Bel piacere, bel contento, Quando chiede a noi pietà!

Come lieto il capitano Esser suol di sua vittoria, Così noi per questa gloria Innalziam la vanità. (parte)


DORAL.

CAS. DORAL.


SCENA SECONDA

Doralice e Casimiro

È ver, del sesso mio

Godo le glorie anch'io; ma più mi cale,

Casimiro diletto,

Il possesso goder del vostro affetto.

Del mio cor v'assicuro.

Mi sarete fedele?



CAS.                                                 Io ve lo giuro.

DORAL.                Caro, se voi mi amate,

Se mi siete fedel, più non m'importa Se gli uomini vuon dir male di noi: Bastami che di me dite ben voi.

Del volgo malnato Gli sprezzi non cura: Sol d'esser amato Sospira, procura Da voi questo cor.

A tutti non lice Conoscer il vero; Quest'alma è felice, Se il vostro pensiero Detesta l'error. (parte)

SCENA TERZA

Casimiro, poi Eleonora

CAS.                      Il dir mal della donna

Infatti è cosa dura, È una colpa crudel contro natura. Io non l'ho fatto mai, E mai non lo farò.

Sempre ben ne dirò, come or ne dico, Perché son delle donne buon amico.

ELEON.                            Largo, largo, è qui la brava,

Che ha difeso il nobil sesso. Tutti adesso - avran timor. Chi m'inchina, ed io non bado. Chi mi chiama, ed io men vado. Chi sospira, - chi delira, Ma rispondere anch'io so: «Galeotti, maledetti, Io di voi mi riderò».

CAS.                      Eleonora, badate

Voi pure a quel che fate;

Non prendete a sprezzar gli uomini tutti,

Perché si vederan dei casi brutti.

ELEON.                Di voi non ho paura.

CAS.                      Nella vostra bravura

Non fidare cotanto io vi consiglio.

Voi correte un periglio,

Ché vi dispiacerebbe tanto tanto


Che gli uomini vi lascino da un canto.
ELEON.                Che cosa importa a noi?

CAS.                                                            Che cosa importa?

Ditemi, perché fate

Studio di parer belle? ed a qual fine

Coltivate la guancia, il labbro, il crine?

Queste son l'armi vostre; e se vinceste

Col brando un uomo a caso,

Il mondo è persuaso

Che, più della fortezza,

S'abbia a temer in voi grazia e bellezza.

Un ciglio atterra, Trionfa un sguardo. Con noi fa guerra Vibrando un dardo Dai vostri lumi L'arciero Amor.

Temute siete Perché potete Colla bellezza Senza fierezza Vincere un cor. (parte)

SCENA QUARTA Eleonora, poi Roccaforte

ELEON.                Dica pur ciò che vuole;

Voglion essere fatti e non parole.

Intanto io fo vedere

Che so esser brillante e valorosa;

Che son buona per l'una e l'altra cosa.
ROCC.                   Madama, ho provveduto

Una spada sì forte

Che fa tremar la morte.

Con questa, sì, con questa

Farò cose stupende e cose strane.
ELEON.                Andate, andate ad infilzar le rane.

ROCC.                   S'io cadei nel cimento,

Fu caso, e non viltà. Quello son io

Che uccise tanti e tanti,

E guerrieri, e giganti,

E cavalieri erranti.
ELEON.                E leoni, e pantere, ed elefanti.

ROCC.                   Come! non lo credete?

Tiburzio, dove sei?
ELEON.                Non chiamate Tiburzio in testimonio;


So che siete un demonio,

Una bestia feroce, un animale

Che si pela e si mangia in carnevale.

ROCC.

Dite ciò che volete:

Sì, delle donne il difensor son io.

Tal è l'impegno mio,

E tale ognor sarà.

Quello ch'io far destino, si vedrà.

SCENA QUINTA

Volpino e detti.

VOLP.

(Ecco appunto Eleonora;

In privato vorrei

Aggiustarla con lei. Voglio provarmi

Con qualche regaletto.

Questa è l'arma migliore,

Per vincer d'una femmina il rigore).

ELEON.

Olà, che vuoi tu qui?

VOLP.

Signora mia.

ELEON.

Vanne lungi, ribaldo.

ROCC.

Andate via.

VOLP.

Almeno per pietà...

ELEON.

Fuggi dagli occhi miei.

ROCC.

Va via di qua.

VOLP.

Via, lo so che ho fallato;

So che una bestia io sono.

A voi chiedo perdono;

E in segno del mio amor, del mio rispetto,

Regalarvi vorrei quest'anelletto.

ELEON.

Un anelletto a me?

VOLP.

Sì.

ROCC.

(State salda). (ad Eleonora)

VOLP.

Guardate com'è bello!

ELEON.

Sì, è bellino.

ROCC.

(Maledetto Volpino!) (da sé)

(Se anelli voi volete,

Dei più grandi e più bei da me ne avrete). (ad Eleonora)

VOLP.

Via, che dite?

ELEON.

Va pure;

Da te non voglio anelli.

(Voi me ne donerete de' più belli). (a Roccaforte)

VOLP.

Pazienza. Avevo ancora

Questa gioja da collo... ma... pazienza.

ELEON.

Una gioja da collo?

ROCC.

(Ehi, state forte). (ad Eleonora)

VOLP.

Ah non credevo mai...


ELEON.

È bella, è bella assai.

ROCC.

(Non la prendete.

Una da me ne avrete

Grande sei sette volte più di quella). (ad Eleonora)

ELEON.

(Grande assai più di questa?) (a Roccaforte)

ROCC.

(E assai più bella).

VOLP.

Via, non facciam parole: (ad Eleonora)

Prendete.

ELEON.

Non la voglio.

ROCC.

Non la vuole.

VOLP.

Orsù, son disperato.

Io mi voglio affogare.

Deh, vi prego accettare

In ragion di legato

Questo poco denar che m'è avanzato.

ROCC.

(Forte, ch'egli vi tenta).

ELEON.

(Mi tenta?)

ROCC.

(E in che maniera!)

ELEON.

(Via, per farlo arrabbiare, ed acciò veda

Che bisogno non ho de' suoi quattrini,

Prestatemi una borsa di zecchini).

ROCC.

(Oimè!... dirò... signora...

Non ne tengo per ora...)

ELEON.

(Sì, saran nello scrigno

Dove avete il giojello).

ROCC.

(Sì, signora, e vi è dentro anco l'anello).

ELEON.

(Costui è uno spiantato).

VOLP.

Deh, aggradite

Un testimonio del rispetto mio.

ROCC.

(Forte, non l'accettate, son qua io).

VOLP.

Chiedo, o bella, a voi perdono;

Quanto posso v'offro in dono

Per aver da voi pietà.

ROCC.

State salda e non temete;

Voi da me gioielli avrete

Ed anelli in quantità.

ELEON.

Io non son una di quelle

Pelarine sfacciatelle,

Che han regali qua e là.

VOLP.

Deh movetevi a pietà.

ELEON.

Via, ti dico.

ROCC.

Via di qua.

VOLP.

(Mi vien voglia con costui

Di sgrugnarlo come va).

ELEON.

} adue          VPiaremstaol,nfautog,g-ivmiaaldcireqautoa.,

ROCC.

VOLP.

Anderò.

ELEON. ROCC.

} a due                      Va via di qua.


VOLP.

Ah, con me così si tratta? Morirò.

ELEON.

Sì, crepa.

ROCC.

Schiatta.

ELEON. ROCC.

} adue

No, per te non v'è pietà.

ROCC.

Questo core è tutto mio. (verso Eleonora) Il suo caro, sì, son io.

ELEON.

Via ti dico. (a Volpino)

ROCC.

Via di qua.

ELEON.

} adue

Via malnato, - malcreato,

ROCC.

Presto, fuggi via di qua.

VOLP.

Ah, con me così si tratta? Morirò.

ELEON.

Sì, crepa.

ROCC.

Schiatta.

VOLP.

Ah, per me non v'è pietà.

ROCC.

No, per voi non v'è pietà. Spazzatevi la bocca.

ELEON.

E andate via di qua.

VOLP.

Ingrata, cruda, sciocca.

a tre

Andate via di qua. (Volpino parte)


SCENA SESTA

Casimiro, Doralice, Livietta, Flaminio, Emilia e varie altre Donne; poi Eleonora

Roccaforte

LE DONNE                          Che bel piacer avremo!

Un uomo sentiremo A chiederci pietà. Saremo consolate; Saremo vendicate. Più mal non si dirà.

EMIL. FLAM.

EMIL. LIV.

ELEON. LIV.

Impareran gli audaci A burlarsi di noi.

Mia cara Emilia, Sapete che di voi

Ho parlato mai sempre con rispetto. Vi ho donato in mercé tutto il mio affetto. Eleonora, venite; Or ora qui da noi sarà Volpino. Non lo voglio ascoltar.

Se il poverino Si disdice, si pente, e scusa chiede, Ch'è pentito si vede; e non è poco Che un tal atto egli faccia,


ELEON. ROCC.

LE DONNE


E chieda scusa a tante donne in faccia.

Venga, chieda perdono, e lo rimetto.

Sì, verrà, lo prometto,

Lo farò venir io.

Eh, di farlo venir l'impegno è mio. (parte)

Che bel piacer avremo!

Un uomo sentiremo

A chiederci pietà. Saremo consolate;

Saremo vendicate.

Più mal non si dirà.


SCENA ULTIMA Volpino con una corda al collo, Roccaforte che lo guida, e detti.

ROCC.                  Donne, donne, ecco il nemico,

Roccaforte a voi guidollo;

Eccolo, donne, colla corda al collo.
DONNE                Ah, ah, che bella cosa! (ridono)

Roccaforte a noi guidollo;

Ecco il nemico colla corda al collo.
ELEON.                Su via, parla, ritratta

Le parole scorrette.
VOLP.                   Se ho detto maledette,

Vi domando perdono.
DONNE                                                   Bravo, bravo.

VOLP.                   Se ho detto galeotte,

Mi pento e chiedo scusa.
DONNE                                                        Evviva, evviva.

ELEON.                Presto, l'atto si scriva in protocollo:

Volpin lo disse colla corda al collo.
ROCC.                  Scrivasi: di condurlo ebbe l'onore

Roccaforte, del sesso il difensore.
VOLP.                   Sarete più sdegnate?

Siete ancor vendicate?
ELEON.                Ora contente siamo.

VOLP.                   Mi perdonate ancor?

DONNE                                                  Vi perdoniamo.

VOLP.                   Or mi levo la corda e vi prometto,

Infin ch'io viverò,

Di dir bene di voi, se mai potrò.

DONNE                            Che bel piacer s'è avuto!

Un uomo si è veduto A chiederci pietà.


TUTTI

Le donne vendicate
Saranno consolate.
Più mal non si dirà.
VOLP.                              Volpino disgraziato

Più odiato - non sarà.

TUTTI

Le donne vendicate Saranno consolate. Più mal non si dirà.

Fine del Dramma.