Le femene de sciensa

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Le intellettuali

LE FEMENE DE SCIENSA

da LE INTELLETTUALI  di Molière

traduzione, riduzione e adattamento di A.Zanetti

Personaggi :              Armanda       figlia di Crisalo e Filaminta

                                    Enrichetta     sorella di Armanda

                                    Clitandro       innamorato di Enrichetta (ex di Armanda)

                                    Belisa                        sorella zitella di Filaminta

                                    Aristella         sorella di Crisalo

                                    Crisalo           marito di Filaminta. Padre di Armanda ed Enrichetta

                                    Pasqua          Lavandaia

                                    Nerina            figlia di Pasqua

                                    Martina          cuoca

                                    Carlotta         cameriera

                                    Palmira          cameriera

                                    Filaminta       moglie di Crisalo, madre di Armanda ed Enrichetta

                                    Trissottani    intellettuale amico di Filaminta

                                    Notaio

10 donne

4 uomini


ATTO PRIMO

Scena prima Carlotta, Pasqua, Nerina, Palmira e Martina.

CARLOTTA               E ora ? Se scumìnsia ?

PASQUA                   Stè bone, ‘desso la xé pronta. ‘Ndémo Nerina, dài...

NERINA                     Eco.... sò pronta... spèta...

CARLOTTA               Ma se xé un !’ora che te sì in sìma a chea carega !

PALMIRA                  Tàsi, Carlota, àssa che la se concentra !

CARLOTTA               Sì, cussì fasemo note !

MARTINA                  A ‘na bea ora, te a spèti....

CARLOTTA               Par mi no la xé gnanca bona....

PASQUA                   La vedito ‘sta man ? Te la dago in t’el muso se no te tàsi !

NERINA                     Mama, no sò bona !

PASQUA                   Tàsi, séma ! Sfòrsate, ‘ndemo, animo !...

NERINA                     Eco ! Te me dìsi sempre che sò sema....

PASQUA                   Fémene, fème ‘na carità.....

PALMIRA                  Ssst !... Tasì che ghe sémo...

NERINA                     “Poesia”....

PASQUA                   Adesso la ve dise la poesìa.

MARTINA                  Anca sè che te lo ghè dìto ti, se nò no gavèvimo gnànca capio !

PALMIRA                  Ssst !...

NERINA                     “Poesia”....

CARLOTTA               N’altra volta !

PASQUA                   Stè sìtte che adesso la ve dise la poesìa !

MARTINA                  Dài, tacabànda.

NERINA                     “Poesia”....

CARLOTTA               ..E tre !....

PALMIRA                  Basta !

NERINA                     “Oh, tu ch’io veggo ir sì lacrimuoso.....

                                    E logoro è sembiante ‘l tuo apparire,

                                    Favella ordunque e dì, ch’io son pietoso,

                                    Qual pena mosse ‘l tuo voler partire ?

MARTINA                  Cossa xéo, ciarabésco ?

CARLOTTA               Ghèto capio gnénte ti ?

PALMIRA                  Mi no, solo che ..”partire” e “poesia”

CARLOTTA              Va là, Nerina, che xé mejo che te vaghi al mastèo, altro che poesie...

NERINA                    Mama, senti còssa che le me dise !.. Mama....

CARLOTTA              Sì, pianzi anca...

PASQUA                   Vàrda che ràssa de ‘gnorante de fèmene ! No stà gnànca badàrle, ànema mia, che le xé tute invidiose de la to inteigenza ! Dighe se le xé bone lore in do mesi a imparare ‘na poesia come la tua !

CARLOTTA              Do mesi ? Par  dire ròbe che gnànca se capìsse ? Ha, ha, ha, che razza de sòca !

MARTINA                  La ciamarémo “Dotoressa” adesso che la sa dire le poesìe ! Ha, ha, ha...

PALMIRA                  Và ramengo,  Pasqua, te ne ghè fatto ‘na testa come ‘na casa da quìndese dì a ‘sta parte pa farne sentìre tutto questo ?

MARTINA                  Xé mejo che te vaghi al mastèo a lavare, bambina. Altro che poesìa !

NERINA                    Mama !...

PASQUA                   Savìo còssa che ve dìgo ? Che sì delle bestie ! Le parone gà dito che gavémo da istruirse, da imparare a parlar puìto !  Me fiòa che xé inteigente gà imparà la poesìa e voialtre còssa savìo ? Gnénte !

CARLOTTA              Come gnénte ? Savémo anca massa !

PASQUA                   Ah, sì ? Dài ora, sentimo !

CARLOTTA              Pronti ! Ecco..... e ora...

PASQUA                   ‘Vanti, so qua che spèto.

CARLOTTA              Dunque... Dìghe tì, Martina, dìghe la garmàtica !

MARTINA                  Mi ? Mi... “La garmatica xé....”  Dighea tì, Palmira !

PALMIRA                  Ah, mi no, care, mi gò imparà la pitùra ! Spiégaghe ti cossa che xé la garmàtica.

MARTINA                  Mi ? Mi gò imparà la storia :i sete re di Roma :, Romolo e Remolo, Tulio Stilio, Traquinio Superbo, Numa Pompilio, Anco Marsio...

CARLOTTA              Ohe, ohe, no i jera sete ? Te ghe ne ghé za dìti quìndese !

MARTINA                  Bèn, sète o quìndese, mi sò de stòria, la garmàtica te ghe la conti tì cossa che la xé !

PASQUA                   Sìo in comodo ? Co xè finìo el congresso, mi so oncòra quà che spèto !

NERINA                    Gòi dìre st’altra poesìa, mama ?

PASQUA                   Ti tàsi sempre ! E ora ?

CARLOTTA              Va ben, ecco qua : “La Garmattica è formatta dal articolo, sogetto e complimento ogetto ; e po’ anche i predicato e il costantivo ; Dal latino Rosa, rose, rosaro ! Tò ! Ciàpa !

PALMIRA                  Brava Carlotta !

PASQUA                   Ah, si ? E ora spetè che la me tosa ve dise ‘naltra poesìa ! Nerina, monta in sìma a la carèga ! Ecco, avanti !

NERINA                    ..”Poesia”...

CARLOTTA              Oh, Santa Maria Vergine, speta che vàga via. Gò tutte le càmare da fare, via, via che no gò tempo (esce).

NERINA                    ..”Poesia”...

MARTINA                  Ocio, òcio, che gò la carne sol fogo, se brusa tutto ! Adìo, adìo...(esce).

NERINA                    ..”Poesia”...

PALMIRA                  Par carità ! Gò tutto indrìo da fare, no gò tempo, no gò tempo..(ece).

NERINA                    ..”Poesia”...

PASQUA                   Nerina !

NERINA                    Eh ?

PASQUA                   No te vedi che no ghe xé più nessun ? Vien bàsso da chea carèga !

NERINA                    E la poesìa ?

PASQUA                   Ma che poesìa ! ‘ndemo via che ghe xé ‘na montagna de strasse da lavare, ‘vanti !

NERINA                    Sì, mama, ..”Poesia”...

PASQUA                   Mòvete ! Tòtea par de là ! Sema !

NERINA                    Parché te me disi sema, mama ? (escono).


Scena seconda Armanda e Enrichetta.

ARMANDA               Cosa ? Tu, mia sorella ! Tu vorresti privarti della tua indipendenza di donna ? E stai qui a raccontarmi che sposarsi è una festa ? E’ dalla tua testa che esce questa idea antiquata ?

ENRICHETTA          Sì.

ARMANDA               Ah, che bel “sì”, come l’hai detto bene ! Un altro sì come questo e mi viene un infarto.

ENRICHETTA          Ma cara sorela, cossa ghe xé nell’idea de sposarse....

ARMANDA               Per carità !

ENRICHETTA          Come sarìa ?

ARMANDA               Fammi il piacere. Non la senti, tu questa parola “matrimonio”, il suono stesso “matrimonio” cos’ha di disgustoso ? E quello che tale scelta si tira dietro... tu sei pronta a subirlo ?

ENRICHETTA          Quel che se tira drio, se provo a immaginarmelo, me fa védare un omo, dei putèi, ‘na casa...

ARMANDA               Dì allora che vuoi essere proprietà di un altro !

ENRICHETTA          E cossa sarà mai ? Cossa posso avere di mejo de un omo, de qualcun che me sposa, che mi ama e che mi ghe voja ben. Essere l’uno del’altro : no xé ‘na bea roba questa ?

ARMANDA               Oddìo ! Si può anche vivere a due dita da terra ! Certo che se tu dici “sono una nullità mi barrico in cucina, mi dedico ai marmocchi”. Certo non è che il mondo lo vedi poi dall’alto. Ma tu non sei così, puoi avere altre gioie, Cerca di elevarti, dàtti uno scopo, studia. Del resto hai come esempio nostra madre, che è fior di donna colta col prestigio che ha. Non sei sua figlia forse ? Sollevati al livello delle cime che hai intorno : apriti alla cultura, sciogliti cara, sciogliti, sii docile al piacere che dà la conoscenza ; sposati, sì, ma con le scienze, con la filosofia. Ecco quali passioni, ecco le vere fiamme che dovrebbero ardere nei cuori di tutte le donne.

ENRICHETTA          Vedito, sorela, non tuti i cerveli gà un tajo de stoffa cussì preciso che te poi farghe un filosofo : a ti te piase pensare ? Andare sù de pensiero in pensiero fin ae grandi cime ? Mi no. Ti sta pure par aria, col to genio creativo, là in tei regni polari dea filosofia finché mi, nel me piccolo, mi stago qua a godarme el calore dela casa e del letto. Ti te si un’intellettuale, fata par l’arte e mi ‘na casalinga, fata par la fameja.

ARMANDA               Il calore del letto ! E’ questo dunque tutto ciò a cui miri ? Godere del calore del letto ? Che sudiciume, sorella !

ENRICHETTA          Ciò, ti sarissito qua a spiegarme chi che ti si se nostra mama ghe fusse andà drìo ala scienza ? O gheto da ringrassiare che to mama de note no la studiava solo che filosofia ? Lassa stare, va là, lassame al “sudiciume“ da in dove che deriva anca l’estro dela to inteligenza.

ARMANDA               E va bene ho capito. Nessuno può levartela la voglia di un marito. Allora, se è permesso, hai già in mente qualcuno ? Penso che la tua scelta non cadrà certo su Clitandro.

ENRICHETTA          E parché no ? Cossa el ga che no va ?

ARMANDA               Nulla, certo. Ma rammenta che non lo si tocca l’uomo che è già di un’altra. Ora, se c’è una cosa che è proprio di dominio pubblico è proprio che Clitandro era innamorato di me.

ENRICHETTA          Ah, sicuro. Ma ti non ti te abbassi mai alla banalità. L’idea de maridarte te la escludi. Ti  te ghè ‘na sola passion, che xé la filosofia : se a eo no te ghe tien, cossa t’intaressa se me lo tògo mi ?

ARMANDA               Il non cadere vittima dei ricatti non significa rinunciare ad un rapporto. Puoi non sposare un uomo di cui apprezzi il valore, ma ti può lusingare averlo sempre intorno.

ENRICHETTA          Par carità, nessun ghe dise de no ‘scoltarse tutti i to discorsi, se proprio e gavarà voja. Mi me togo solo quel che ti te ghè rifiutà e che eo adesso me offre a mi : el so cuore e tuto se stesso.

ARMANDA               E sei proprio sicura ? Credi che la promessa di un amante deluso abbia un peso reale ? E il gran fuoco di prima completamente estinto ?

ENRICHETTA          Eo cussì el dise, e mi ghe credo.

ARMANDA               E io ti dico, cara, di credergli un po’ meno. Se lui ti dice che non pensa più a me, può darsi che inganni se stesso.

ENRICHETTA          Pol darsi. Vuto saverlo ? Se te ghe tien a vegnère a ciàro de tutto podémo farlo subito varda, l’è drìo rivare.

Scena terza Clitando, Armanda e Enrichetta.

ENRICHETTA          Clitandro, famme un piasèr aiutame, tirame fora da ‘sto dubbio che me ga fatto vegnère me sorea : de chi sìto innamorà ? De mi o de ea ? A chi xé che te ghe dè el toi cuore fra noialtre do ?

ARMANDA               No, no, per carità, che c’entra l’amore con gli interrogatori ? Siamo gente civile... Niente è più imbarazzante che parlarsi per forza con le viscere in mano.

CLITANDRO            Armanda, no, te sbagli. Sta scelta no me dà nessun disagio e digo qua serenamente che i me sentimenti e el me cuore va da ‘sta parte. No so bòn capacitarme parché te fè chea faccia : te si stà ti a volerlo. Te vedevi benissimo che me brusàvo par ti, ma forse no jero un trofeo de specie raffinata. Gò soferto l’orrore di sentirme ‘na nullità, uno zero davanti ai tò oci. Finché non go visto questi, de oci. Sento che el so sguardo xé sempre co mi e i ga avuo affetto par mi, un avanzo, ghe gà asciugà le lacrime. Armanda : le xé robe queste che te tocca el cuore par sempre, non te le desménteghi altro. Eco parché te domando de rinunciare a mi. Se mai te la ghè par la testa, butela via ‘sta idea e lassa che el me cuore sia par ea.

ARMANDA               Ma che idea e non idea ? Ma chi ci pensa a te ? Chi ti vuole ? Che idiozie stai dicendo, vattene pure con  chi ti pare, và a delirare altrove.

ENRICHETTA          Eh, pian sorea, semo zente civile, no ? Cossa succede, te vè in collera ? El dominio degli istinti lo gheto za perso tutto ?

ARMANDA               Istinti io ? E tu cosa sei ? Non è da bestia gettarsi sul primo venuto... Voglio dire : senza prima parlarne a tuo padre e a tua madre ? Lo sai che hai dei doveri e chi sceglie per te sono i tuoi genitori.

ENRICHETTA          Grassie sorela, te ghè ‘na testa cussì piena de inteigenza, varda.... Come xé che farìa mi  se no te ghe fussi ti, co la to disciplina, el to senso morale. Clitandro, te prego, fa in modo di avere el consenso dai me genitori al più presto, cussì podarò amarte come che me piasarà.

CLITANDRO            No desidero altro. Aspetavo solo de sentirteo dire.

ARMANDA               Che c’è Enrichetta ? Mi regali un sorriso come se supponessi che mi sento mancare.

ENRICHETTA          Mi ? Ma cossa dìsito ? Figurate se credo che una come ti, co le risorse, coi mezzi culturali che te ghè tì, gàbia malumore o gelosia. Piuttosto dìsi che son sicura che te me aiutarè, che te me darè manforte e che te farè de tuto parché vegna prestissimo la data delle nozze !

ARMANDA               Devi crescere se vuoi far dello spirito. Ti stai leccando un osso e fai i salti di gioia.

ENRICHETTA          Però no te dispiaseva l’ossetto, vero ? Va là che se te credessi di aver qualche speranza te te lo ciucciarìssi tutto par tòrtelo su ‘naltra volta !

ARMANDA               Che finezza di immagini ! Sei troppo volgare perché io ti risponda... E’ già troppo se ti ascolto.

ENRICHETTA          Brava, cori, tòtea, cara  ! Va pure. Te perdi el to tempo a insegnarme lo stile !

Scena quarta  Enrichetta e Clitandro,

ENRICHETTA          La ghe xé sta’  co la boca da pomi ! Te si stà bravissimo.

CLITANDRO            Magari ‘na s ‘cianta brutale, ma se lo meritava. Ben, se te si d’accordo mi ‘ndaria da to papà a dirghe...

ENRICHETTA          Xè mejo scominsiare da me mama. Me papà l’è un tòco de pan, el te dirà de sì ma nol conta un bel gnente. El xé bon, lu ghe va drio a me mama, xé ea la parona : la so parola xé legge e nissun la discute. Ecco, a proposito, sarìa ben che co ea e anca con me zia Belisa ti... te te mostrassi un pocheto più rufiàn, magari darghe ‘na onta e ‘na ponta par tirarle ‘na s ‘cianta dala to parte, eco...

CLITANDRO            No so bon, xé inutile. So nato sincero. Ammetto che ‘na dona possa studiare, che la se fassa un’idea su tutto. Ma un conto xé ‘na femena, un conto xé ‘na enciclopedia ! No capisso ‘sta fisima che le gà de smaniare par la cultura solo parché la xé cultura. Mi go rispeto par to mama, ma el so sbatarte in facia i so titoli e le so citazion che se lo tegna, mi no so bon de soportàrlo. Cossa goi da dirte po’ dei so’ amìssi “intellettuali” ? Quel so Trissottani, po’ : come se fa a darghe credito a un personaggio come quéo ? Dovarìa tratarlo ala pari de altre persone d’ingengo ? Un pedante che porta scrito in faccia che ‘l xé un pampaùgo ?

ENRICHETTA          Xé vero, l’è un noioso : versi, articoli, tutto. Te lo sè ti, lo so mi e lo sa anche i altri. Però el ga la stima de me mama e bisogna che te te adatti, che te mandi zò el rospo. Se te me voi ben vol dire che te piase la casa dove che stago e bisogna che te te la conquisti.

CLITANDRO            Te ghè rasòn Enrichetta. Ma ‘sto Trissottani se gò da farmelo amigo xé mejo che tàsa. Xè drìo rivare qualchedùn. Me par che la sia to zia Belisa. Sèto cossa che fasso ? Ti và, mi la ciàpo da parte, ghe digo de mi e ti e... te vedarè che dopo la ne darà un aiuto co to mama.

ENRICHETTA          Bravo ! Mi vago ma.... me raccomando,

CLITANDRO            No stà dubitare, và.

Scena quinta  Clitandro e Belisa.

CLITANDRO            Signora, ghe domando scusa... Mi so innamorà e no posso farme scampare ‘n occasion come questa....

BELISA                     Ah, Zitto, caro, zitto ! Non osate di più. Vi ho ammesso nel segreto della mia confidenza, ma adesso accontentatevi di allusioni e di occhiate ; non tentate di spiegarmi cose che giudico indecenti. Soffrite a causa mia ? Io non ve lo proibisco ma mi spetta il diritto di non saperne niente. La regola del gioco è che io chiuda un occhio sui vostri sentimenti sì, ma se sono muti.

CLITANDRO            Par carità. Signora, no se gavemo capio. Parlavo de Enrichetta : xé de ea che sò innamorà. Giuro che vorìa solo domandare al vostro bon cuore se...

BELISA                     Bravissimo ! Che stile ! Questa sì che è strategia. Un ripiego di classe. Ne ho letti di romanzi, ma una simile idea, così sottile, attuata così prontamente, non l’ho mai incontrata.

CLITANDRO            No, qua no xé question de strategia, signora. Gò appena dito pari pari quel che me sta a cuore. La sorte voe che el me animo sia tutto ciapà, cotto e stracotto par Enrichetta. Ghe lo digo ancora mejo : Vostra nevoda Enrichetta Xé la dona che amo e gò desiderio che Enrichetta diventa me mujere. Siccome credo che anche a ela vegnarà domandà un parere, mi son quà che ve domando : non la podarìa méttarghe ‘na bona parola ?

BELISA                     Siete scaltro in retorica. E so cosa significa usare i nomi in chiave ; per parlare anch’io in stile figurato, diciamo a indovinello, vi diro che “Enrichetta” è contraria ad Imenèo e che si fa adorare, perà non cerca anello.

CLITANDRO            Eh, no, Signora, no ! Le sciarade po’ no ! Cossa ve fa pensare che mi ve parla par enigmi ?

BELISA                     Ma su, quanta paura. Siate coerente, andiamo ! Vi hanno tradito tutte le vostre occhiate, basta. Mi basta il trucco con cui vi siete tolto abilmente d’impiccio. A questi patti accetto ; prendo quel che mi date ; però dentro i limiti : che la cosa sia limpida, senza intorcinamenti, niente vapori strani...

CLITANDRO            Ma....

BELISA                     Addio ! Per questa volta non parliamone più. E vi ho già detto troppo, più di quanto volevo.

CLITANDRO            Ma la se sbaglia....

BELISA                     Basta, sono qui che arrossisco. Il mio pudore è a pezzi, non so come resista.

CLITANDRO            Signora, ve digo che no ve amo, che possa crepare d’un colpo !

BELISA                     No, no, non vi concedo una frase di più. Addio !

CLITANDRO            Ma va’ ramengo tuo ! Anzi, va al manicomio ! Non la se tien miga in casa ‘na insemenìa cussì : la se sàra sotto ciàve. Andemo a consiglio da chi che ga el sarvèo a posto. Gò in mente qualcun che de sicuro me darà ‘na man.(Esce deciso).

Scena quinta bis  Martina, Palmira, Carlotta, Belisa e Filaminta.

BELISA                     Orsù, ora venite, sedetevi e mostratemi i compiti. Avete svolto diligentemente i compiti che vi ho affidato ?

MARTINA                  Siorasì, gavemo fato tuto. Mi gò studià de chel tanto, ma de chel tanto la storia varda...... che jera tuta suà !

PALMIRA                  Ti te jeri suà ? E mi cossa goi da dire ? Gò fato un disegno che da tanto che jera infervorà de farlo, so stà su tutta la note e co tutti i suòri che me cascava... a podévo squasi lavare partèra !

BELISA                     Bene, care, bene. E tu Carlotta ? Se ben rammento la tua incombenza era, a tua scelta, comporre un sonetto oppure un madrigale

CARLOTTA              Sì, sì, propio....

FILAMINTA               (entrando) Oh, eccovi qua. Queste donne hanno svolto i loro compiti con diligenza, Belisa ?

BELISA                     Stavo giust’appunto accingendomi ad interrogarle, sorella cara.

FILAMINTA               Bene, allora assisterò anch’io all’esame.

BELISA                     Vediamo, vediamo... chi vuol essere la prima ? (le donne si agitano e sottovoce cercano ciascuna di mandar avanti l’altra).

FILAMINTA               E’ inutile, mie care, che cerchiate di procrastinare l’interrogazione : esamineremo tutte e tre ciascuna nella sua materia. Su, Martina : hai studiato la storia ?

MARTINA                  Siorasì che go studià.

BELISA                     Brava. Parliamo allora della Grecia. Dimmi... di Troia.

MARTINA                  Eh ? Cossa xé che.... Ah, mi no che no ghe digo troia !

BELISA                     No ? Male. Dimmi allora.... Chi è stato Porsenna ?

MARTINA                  Ah, mi no so, mi no so chi che xé sta porsèa... Mi no m’impasso dei afari dei altri ! Mi so de storia, de Roma, no de chi che xé troia e de chi che xé porsèa !

BELISA                     Santa pazienza ! E sia, parlami d’un personaggio di Roma antica. Prendi per esempio....  Ecco : prendi Lucullo !

MARTINA                  Cossa ? A mi, ‘ste robe ? So ‘na donna onesta, mi, no so gnente de ‘ste porcarìe che la me domanda ! Mi sò i sete re di Roma : Romolo e Remolo, Numa Pompilio....

BELISA                     Macché re di Roma ! Le domande sono altre : rispondi a quelle !

MARTINA                  No, no, no so gnente ! La voe che ghe diga dea troia, che ghe diga chi che jera porsèa, che “prenda el culo” ! Che la se vargogna ! Cossa c’entra questo co la storia ?

FILAMINTA               Basta ! Basta per carità, passiamo ad un’altra. Palmira, tu che dovevi fare per oggi ?

PALMIRA                  Mi gavevo da fare el disegno de l’omo de Galileo drento in t’el circolo.

FILAMINTA               Intendi dire quell’esempio di perfezione che Galileo Galilei, dopo approfonditi studi disegnò per dimostrare quali proporzioni definissero le misure perfette per la figura umana ? Bene, fammi vedere.

PALMIRA                  (Srotolando un foglio pieno di macchie in cui è disegnato solo un cerchio tutto storto e fuori dal cerchio un omino malfatto) Eco....

FILAMINTA               Cosa ? Cos’è questo ? E dov’è l’uomo di Galileo ?

PALMIRA                  No la se staga ‘rabiare ! Gò laorà tuta la note pa fare ‘sto circolo, l’è squasi tondo... l’omo gò fato mejo che gò podesto e dopo me so incorta che el jera stà fora dal circolo....

FILAMINTA               Non oso pronunciarmi. Hai sentito ? Non oso pronunciarmi !

BELISA                     Ah, santa pazienza ! Carlotta, su, vediamo se almeno tu qualcosa di buono hai saputo fare.

CARLOTTA              Ah, mi sì che gò fato ! E so sicura che gò fato ben !

BELISA                     Meno male ! Su allora, leggi.

CARLOTTA              Lèsare ? No ghe xé miga bisogno de lèsare...

BELISA                     (Contenta) Vuoi dire che lo sai dire a memoria ?

CARLOTTA              Anca massa ! E ora... mi sò quea che gà da studiare la garmatica e la leteratura ; bòn, ea me gaveva dito de fare o un Strambotto o un Sonetto...

BELISA                     Giusto. E tu dunque ?

CARLOTTA              Bèn, mi gò anca pensà e ripensà... ma e strambotto propio no savevo còssa chel fusse...

BELISA                     E allora ?...

CARLOTTA              E ‘ora me sò butà a fare un sonetto !

FILAMINTA               Oh, cielo !

BELISA                     Bene. Dimmi allora : dov’è questo tuo sonetto ?

CARLOTTA              Come dove che l’è ? Lo go fato mi : el sonetto ! A gò dormìo tre ore cossì de gusto, ma cossì de gusto, varda...

FILAMINTA               Oh. Cielo...

BELISA                     Carlotta, non capisco...

FILAMINTA               (Esplode) Ha dormito ! Capisci ? Per lei “sonetto” corrisponde a “sonnellino” ed ha inteso che tu le avessi chiesto di farsi una dormita ! Basta ! Non ne voglio più sapere ! Via ! Fuori di qui, siete licenziate !

PALMIRA                  Come licenzià ?

FILAMINTA               Fuori dai piedi e non fatevi più vedere ! Via !

CARLOTTA              Ma parona, cossa gavemo fatto ?

FILAMINTA               Osi chiederlo ? Via di qua immediatamente e badate : se non sparite subito vi farò bastonate ! Via !

MARTINA                  Anca bastonare ?

CARLOTTA              Pietà parona, no la ne para via...

FILAMINTA               Fuori ! E subito, villane ignoranti ! Refrattarie alla cultura ed alla civiltà ! Non voglio più avervi intorno, andatevene !

BELISA                     (Finché le tre serve se ne vanno disperandosi) Calmati, sorella, calmati. Vieni, andiamo a prepararci un infuso d’erbe.

FILAMINTA               (Uscendo accompagnata da Belisa che la sorregge) Zotiche villane ! Un “sonetto”... e quella s’è messa a dormire....

Scena sesta  Aristella, Crisalo. E Belisa.

ARISTELLA              (Crisalo è alla scrivania, intento alle sue cose) Ah, eccote qua : proprio ti te sercavo. Bondì caro fradèo.

CRISALO                  Aristella, come xela ? Qual bon vento te porta ?

ARISTELLA              Lo sèto parché so qua ?

CRISALO                  Mi no, cara. Dìmeo ti. So qua tutto réce.

ARISTELLA              Te lo conossi Clitandro. Te sè ben chi che l’è, me pare.

CRISALO                  Ma sicuro che lo so. Lo conosso da sempre.

ARISTELLA              E cossa ghe ne pénsito ? Dimme la verità.

CRISALO                  Un Toso che gà corajo, leale, anca scaltro. ‘Na brava persona.

ARISTELLA              Xé par conto suo che so vegnua a trovarte. Par ‘na proposta. So’ proprio contenta che ‘l toso te piàsa.

CRISALO                  Gò conossùo so pare quando che jero in viajo a Roma.

ARISTELLA              Ah. sì ?

CRISALO                  Un galatomo, un vero signor.

ARISTELLA              E volevo ben dire, Ma vegnemo al motivo che m’ ha fatto vegnèr qua : Clitandro me gà tanto pregà de parlarte a nome suo. El ga intension de domandarte la man de Enrichetta.

CRISALO                  Me fiòa ?

ARISTELLA              Sì, to fiòa. El dise che el xé stà incantà. Go proprio capìo e sò sicura che el xé cotto e stracotto de ela.

BELISA                     Oh, no, no, cara.

ARISTELLA              Come ?...

BELISA                     Passavo di qua e ti ho ascoltato. Tu non sai proprio niente. E’ una storia diversa, non è come credi.

ARISTELLA              Ah, no ?

BELISA                     Clitandro gioca a mistificare. Si interessa ad un oggetto e lo specchia in un altro.

ARISTELLA              Come ? No Xé Enrichetta che ‘l voe par mojere ?

BELISA                     Ma no ! Son più che certa. Chi può saperlo meglio di me ?

ARISTELLA              Ma se me lo ga dito eo !

BELISA                     Eh, sì !

ARISTELLA              Mi so qua, Belisa, ufficialmente parché me frateo daga el consenso alle nozze.

BELISA                     Oh, bene...

ARISTELLA              Enrichetta, stessa poco fa no la finiva de dirme de far presto, che la voe sposarse subito...

BELISA                     Appunto. E’ questo il codice del “qui pro quo” galante. Enrichetta, sia chiaro, funge da pretesto, espressione del gioco, la porta del mistero. Solo avendone la chiave, si può scioglierne il senso.

CRISALO                  Senti ciò, Belisa, visto che ghe ne sè cussì tante, sito bona dirne, ‘sta tòsa che gà fatto innamorare Clitandro chi che la xé ?

BELISA                     Volete proprio saperlo ?

ARISTELLA              Sì. Chi Xéla ?

BELISA :                   Io !

CRISALO                  Ti ?

BELISA                     Io.

ARISTELLA              Eh, Belisa !

BELISA                     Cos’è questo “Eh” ? Non vedo ragione di guardarmi così. Posso prendermi il lusso, cari, di giudicarmi abbastanza ben fatta da sedurre chi voglio ; e i vari Dàmide, Dorante, Cleonte, Licisco, sanno molto apprezzare quel che metto in vetrina.

ARISTELLA              E ‘sti siori i sarìa tutti innamorà de ti ?

BELISA                     Pazzi di me. E con quale passione !

ARISTELLA              Xé sta lori a dìrtelo ?

BELISA                     Nessuno ha osato tanto. Non uno di loro ha perso il controllo, fatto un gesto, parlato una volta d’amore ; ma che siano ai miei piedi, lo si vede dagli occhi.

CRISALO                  No gò mai visto Dàmide mettare piè qua dentro.

BELISA                     E’ una delicatezza in più, non lo capisci ?

ARISTELLA              Dorante spùa velen su de ti dappartùtto...

BELISA                     Ah, poveretto : sono i cattivi umori che dà la gelosia.

CRISALO                  E po’ Cleonte se gà sposà, lo savévito ? e anca Licìsco.

BELISA                     Ma sì, ma sì. Per disperazione. Sono stata crudele. Ora sapete tutto ; regolatevi come meglio credete. Oh, cosa faccio mai fare io agli uomini ? Addio.

Scena settima  Crisalo e Aristella.

CRISALO                  Me cognà la xé matta !

ARISTELLA              E ogni dì xé sempre pèso, caro frateo. Comunque, cossa jèrimo drìo dire ? Go perso el fio.... Ah ! Clitandro te domanda la man de Enrichetta. L’è là che ‘l speta ‘na risposta. Cossa gheto intesiòn de fare ?

CRISALO                  E ghe xé bisogno de discòrare tanto ? La me risposta xé sì. Sò proprio contento de aver un zènaro come elo.

ARISTELLA              Te savarè, mi credo, che de palànche non xé che ‘l sia tanto siòr...

CRISALO                  No ga importanza : el xé sior de altre robe. E questo xé zà un patrimonio.

ARISTELLA              Parlemo co to mujere ora. No ne resta che persuaderla...

CRISALO                  Che ? Basta la me parola !

ARISTELLA              Sì, ma no sarìa sbaglià scoltàre anca ea...

CRISALO                  No capisso par cossa. Rispondo mì de me mojere. La xé cosa fatta.

ARISTELLA              Come che te voi. Mi posso ‘ndare da Enrichetta a darghe la notizia ?

CRISALO                  Xé cosa fatta, te gò dito. Vago da Filaminta a informarla.

Scena ottava   Martina, Carlotta, Palmira, Crisalo, Filaminta

MARTINA                  ....Altro che nata co la camisa. Xé vero chel proverbio : “Chi che voe copà el can, dise che ‘l xé rabiòso”...

CARLOTTA              E mi ? Còssa gòi da dir mi ? Dopo dies’anni de servìssio ?...

PALMIRA                  Tutto gavarìa pensà, ma questa po’....

CRISALO                  Palmira, Carlotta, Martina ! Cossa xé’nato ? Con chi la gavìo su ?

PALMIRA                  Noialtre ?

CRISALO                  Voialtre, sì. Cossa ghe xé da piànzare ?

MARTINA                  La parona, sior, la ne ga licenzià !....

CRISALO                  Licenzià ?

CARLOTTA              Na peàda in t’el cuo, la ne gà dà....

CRISALO                  No capisso. Cossa.... ?

MARTINA                  E che ‘ndemo via subito anca !....

CRISALO                  Ma no, restarè qua. Me servì cussì ben ! Me mojere bisogna capirla. La gà le so lune, lo so, ma mi no ghe  permettarò....

FILAMINTA               Cosa ? Siete ancora qui ? Aria, villane, fuori da questa casa. Uscite di qui e non fatevi più vedere, capito ?

CRISALO                  Calma.

FILAMINTA               Non le voglio più in casa !

CRISALO                  Ma cossa xé che le ga fatto par cipàrle e butarle in strada ?

FILAMINTA               Le difendi per caso ? Ti sei messo con loro ? Contro di me ?

CRISALO                  Chi, mi ? A ghe mancarìa altro ! Te domando solo cossa che le ga fatto de mae.

FILAMINTA               Caccio le persone senza un motivo valido io ?

CRISALO                  Cara, no digo questo ; però ‘ste pore femene...

FILAMINTA               Non le voglio più in casa ! E tu dovresti stare con me, e infuriarti contro di loro, secondo logica coniugale.

CRISALO                  Pronti qua. Canaje ! Ga rasòn me mojere, Le vostre colpe no gà scuse ! Fora de qua !

MARTINA                  Quale colpa ? Còssa gòi fato ?

PALMIRA                  No gavémo fato gnénte de mae, parché el ne para via ?

CARLOTTA              No se manda in mezo a ‘na strada chi ga sempre servìo in bonafede... parcòssa ne pàrelo via ?

CRISALO                  Ah, no stè a domamdarme a mi. Gavì spacà ‘na speccièra ! Macché speccièra, no : le porcelane, ecco...

FILAMINTA               E io le caccerei per questo ? Ma figurati....

CRISALO                  Come sarìa a dire ? Xé ‘na roba ancora pezo ?

FILAMINTA               Altroché. Molto più grave. Credi che io dia i numeri ?

CRISALO                  Sacramento ! Le ga fatto vegnère dentro qualcheduno in casa ? Xè sta portà via schei ? Argenteria ? Gioielli ?

CARLOTTA              No, paròn, no gavémo robà, semo tose oneste....

FILAMINTA               Questo sarebbe niente !

CRISALO                  Oh, càncaro ! Cossa xé stà ? Le jera drìo robare ? Le xé stà ciapà co le mani in t’el sacco ?

FILAMINTA               Peggio, peggio ancora di questo.

CRISALO                  Ma cossa gavìo fatto disgrassià ? Eh ? Gavio par caso....

PALMIRA                  Pietà, paròn, semo inocente ! No xè colpa nostra se semo inalfabete !

MARTINA                  Mi so stà tirà su par far da magnare, no par lèsare l’abecedàrio, che colpa ghe n’hoi mi ?

CARLOTTA              No gavemo robà, no gavémo copà nissùn...

FILAMINTA               Hanno avuto l’insolenza, queste sguattere, dopo trenta lezioni - trenta - di offendermi ancora l’orecchio con quei termini urtanti, primitivi, di quel frasario andante che fa ridere tutti.

CRISALO                  Ma...

FILAMINTA               e io sempre a sgolarmi, a spiegar loro  che tutto al mondo è grammatica, sintàssi, linguistica.

CARLOTTA              Ecco, gavémo sbalià ea “Garmantica” !

MARTINA                  No savemo chi che xé i “pintàssi” !

PALMIRA                  E gnànca la... la.... la còsa.... quéa dea lèngua, insomma, ecco !

CRISALO                  Credeva che le gavésse copà qualchedùn !

FILAMINTA               E questo cos’è ? Non è uccidere ? Avanti, scusale, allora, cosa dici ?

CRISALO                  Mi no digo più gnente.

Scena nona   Crisalo, Filaminta, Martina Palmira, Carlotta e Belisa.

FILAMINTA               Il fatto è che le loro frasi si smagliano, non le sanno organizzare e non vogliono imparare le leggi del discorso.

PALMIRA                  Vu parona parlarè anca puìto, ma nialtre no semo bone discòrare nel vostro gergo.

FILAMINTA               Gergo ! Avete sentito ? Chiama “gergo” il linguaggio tecnicamente esatto, fondato sulla logica.

MARTINA                  Co se s’intende, se parla sempre logico. Xé parlare massa “fino” che no serve mica a gnente !

FILAMINTA               Ecco ! Ha colpito ancora ! Hai sentito ? “Non serve mica a niente”

BELISA                     Che testa dura : dopo trenta lezioni ripeti l’errore di “non” con “mica” e “niente” : è un pessimo esempio di negazine tripla.

CARLOTTA              Cara siora, mi no gavemo studiatto la cultura come vu !

FILAMINTA               Ah, basta, basta, non ne posso più !...

BELISA                     Altro che solicismi !

FILAMINTA               Povero il mio orecchio, che offesa ai miei nervi...

BELISA                     Però, scusami tanto, perché non fai attenzione ? “Mi” cioè “io” è singolare, mentre “gavemo” cioè “abbiamo” è plurale ; perché volete sempre bestemmiarla, questa santa grammatica ?

CARLOTTA              Chi ? Nialtre ? Mi no gò mai porchesà drio a nissuni !

PALMIRA                  Semo femene che va in ciesa ! No biastememo ne santi, ne garmàtiche !

BELISA                     Vi ho già detto cos’è la grammatica e da dove viene il termine, no ?

MARTINA                  Che ‘l vegna da in dove che ‘l voe, a noialtre no n’intaressa !

BELISA                     Che teste di rapa : la grammatica insegna a coniugare i verbi, la concordanza tra soggetto e predicato, sostantivo ed aggettivo.

MARTINA                  E chi xeli ‘sti siori ? Mi no li conosso e se no i va d’accordo ea lassa pure che i baruffa !

PALMIRA                  Se i gà calcòssa da dirse, xé mejo che i seo diga in t’el muso tra de lori che mi no ghe meto boca !

FILAMINTA               (A Belisa) Per favore, finiscila, è un discorso insensato. (a Crisalo) Allora, cosa aspetti a dire che se ne vadano ?

CRISALO                  (Alle serve, sottovoce) Xé mejo che no la fasemo astiare : andè. (Forte) Silénsio ! Gnànca ‘na paròa ! Via, andè, femene, andè.

FILAMINTA               Stà attento a non trattarle male, son così delicate ? Cosa fai, gli occhi dolci agli accattoni ?

CRISALO                  Chi, mi ? Via ! Fora di qua ! (tra sé) Andè, pore femene, andè.

Scena decima    Crisalo, Filaminta, Belisa.

CRISALO                  Eco fato, contenta ? Però mi no approvo. Quele là e xé brave tose e ti te me le sbati via par dee monàde.

FILAMINTA               E che vuoi ? Che io le tenga a servizio per farmi torturare sempre le orecchie quando aprono bocca ? Quando ammucchiano barbarismi, viziacci d’espressione, parolacce storpiate legate con lo spago a proverbi che tirano su dalla pattumiera del loro dialetto ?

BELISA                     Sudo freddo quando mi tocca parlar con loro. Malherbe e Vaugelas meglio dimenticarceli : Le loro colpe meno gravi sono il pleonasmo e la cacofonia.

CRISALO                  Ma se una xé brava in cusina, che la sbrega fora tuti i Vaugelas e Malherbe dea tera ! Che la dopara el verbo sbaglià pitosto che la se desmentega un sculièro de sae... o senò el rosto sol fogo. Mi vivo de bon magnare, no de bone parole !

FILAMINTA               Dio ! Questo qualunquismo, che fastidio mi dà ! Che miseria per uno che può chiamarsi un uomo, abbassarsi agli arrosti, discutere di zuppe invece di guardare in alto, un po’ più in sù.

BELISA                     Se tu ti aggiornassi e leggessi dei libri, sapresti che è lo spirito il motore del corpo.

CRISALO                  Scusame cugnà, ma mi no go nessuna inclinazion....

FILAMINTA               Ah !     “Inclinazione”. Che parola pomposa. Puzza tremendamente di liceo di una volta.

BELISA                     E’ vero ! E’ una parola obsoleta e inadeguata.

CRISALO                  Ma gavio voja de farme s-ciopàre ? Parlo fora dai denti ? E ora ti, cognà, stà a sentire. Mi sbagliarò e paroe ma ti te sbagli nei fatti. No me piase la polvare dei libri ; par mi te poi anca darghe fogo. No stemo parlare po’ dele serve : no le fa altro che studiare. Ragionare : ecco el gran passatempo dea casa. La coga studia la storia... e la me brusa la carne in umido ; la serva scrive versi e no la me spolvara i mobili ! La camariera se dà ala pitùra e no gò gnànca più un par de braghe nete da cambiarme ! Seto cossa che te digo alora ? Basta cara cognà - parché xé co ti che parlo Belisa, te lo sè - Basta co ‘sto andazzo, basta col va e col vien de tanti peruconi come chel Trissottani e i so versi ridicoi. Par mi, varda, no go mai visto un omo più insemenìo.....

FILAMINTA               Dio, che volgarità ! Le idee come il linguaggio.

BELISA                     Tu sei un grande pasticcio fatto di cose piccole. E io sarei tua cognata ? Vado, vado via per la vergogna.

FILAMINTA               Hai finito ? O hai in riserva altre frecce per oggi ?

CRISALO                  Chi, mi ? Par carità, che la sia finia e cambiemo argomento. Nostra fioa più vecia, Armanda, tira el cuo indrio all’idea de sposarse. La capisso. Ea studia : La xé na so passion, e mi no ghe meto boca. La più piccola invesse, la xé de tutt’altra idea. Go idea perciò che sia giusto sistemare Enrichetta e trovarghe un marìo...

FILAMINTA               Proprio quel che pensavo. Anzi, ti dico subito i progetti che ho in mente. L’ottimo Trissottani, ecco l’uomo tagliato su misura per lei. Io so cosa vale. Niente storie, è superfluo che tu mi contraddica, è una cosa acquisita, ho deciso così. Informerò io stessa Enrichetta.

Scena undicesima  Aristella e Crisalo.

ARISTELLA              E ora ? Go visto tua mojere vegner fora. Ghe gheto parlà ?

CRISALO                  Ah, sì, sì, cara ! Semo sta quà fin ‘desso !

ARISTELLA              E ora ? Puìto pa’ Enrichetta ? Gala dà el consenso ?

CRISALO                  No, no proprio.

ARISTELLA              Vola pensarghe su ?

CRISALO                  No.

ARISTELLA              Vola ciapàr tempo ?

CRISALO                  No ghe passa gnànca par l’anticàmara del sarvèo.

ARISTELLA              E ora ?

CRISALO                  La ga dito che la gavarìa caro darghe n’altro.

ARISTELLA              Un altro omo ? E chi ?

CRISALO                  Trissottani.

ARISTELLA              Cossa ? Trissottani, queo...

CRISALO                  Queo. Queo che vomita siensa ogni volta che ‘l vèrse boca.

ARISTELLA              E ti ghe gheto dito de sì ?

CRISALO                  Mi de si ? Ghe mancarìa altro !

ARISTELLA              E ora cossa gheto ditto ?

CRISALO                  Gnente. E so’ ben contento de essar stà sìto. A gavarìa descuerto le me carte.

ARISTELLA              Ma el nome de Clitandro almanco lo gheto fato o no ?

CRISALO                  No, ostrega, parché ‘pena savuo de n’altro candidato, mi che so furbo gò pensà : “guai al mondo che ea sappia chi che gò in mente mi !

ARISTELLA              Ti bambin te podarìssi fare el concorso al premio dea prudenza. Ma no te te senti un verme a dir sempre de sì ? Possibie che un omo sia cossì mona da no darghe mai contro ale idee de so mojere ?

CRISALO                  Oh, te fè presto a spuàr senténse ti ! Ti parché no te se cossa che sia le baruffe in fameja. Mi domando solo pace e serenità. Prova ti a dirghe de no... La scaena un temporae che dura diese dì, la xé tremenda, la deventa un satanasso. E co tutti i so diavoi a me toca anca de ciamarla “tesoro” e “amore mio”.

ARISTELLA              Se te voi saverlo, to mojere alza la cresta parché te lo voi ti. Non xé ea che comanda, te si ti che te te meti la coa tra le gambe, te si ti a farte menare co’fà un cane al guinzaglio. Eh, sacramento ! No te podarìssi, visto che te sì un omo nominalmente, esser par ‘na volta omo anca de fatto ? Dirghe “Mi vojo cossì, porco e fora !” ? Te vè a sacrificare to fioa par i tiri da mati de qua dentro ? A un saltròn pedante e trombon che ghe voe giusto la sìma de to mojere par darghe del filosofo, o a ciamarlo poeta ? Andèmo, no ‘l xé un dramma, ‘sta storia. La xé ‘na farsa e trovo parfin comica la paura che te ghè ti.

CRISALO                  Ma sì, forse te ghè rasòn. Forse xé rivà el momento de mostrarse più forte...

ARISTELLA              Adesso te ragioni giusto.

CRISALO                  Finora Filaminta se ga aprofità parché mi so pacifico....

ARISTELLA              Xé vero.

CRISALO                  Un fià anca del fato che mi no ghe bado...

ARISTELLA              ah, fora de dubio.

CRISALO                  Ma adesso basta, sacranòn ! Me fioa xé me fioa, e mi so paron de darghe par mario l’omo che digo mi !

ARISTELLA              ‘Desso te conosso : questo te ghè da pensare.

CRISALO                  Te si so amiga de Clitandro, ti te sè dove che ‘l sta de casa. Và casa sua e dighe chel  vegna qua, dighe chel vegna subito.

ARISTELLA              Vago de corsa.

CRISALO                  Massa gò patìo. Vòio essare omo. Un màs-cio, in barba a tutti !


ATTO SECONDO

Scena prima  Filaminta, Armanda, Belisa Enrichetta e poi Pasqua

Belisa scruta al cannocchiale mentre, eccitate, le sono vicine Armanda e Filaminta; Enrichetta è seduta a ricamare:

BELISA                     …Ma sì. Ma sì sorella, ti dico che è così! Se non mi credi osserva tu stessa. Le ho intraviste solo per un momento, ma distintamente!

FILAMINTA               Ed io ti dico che non è possibile, Belisa. Non solo Aristotele, anche Tolomeo non ne fa nessuna menzione. Eppoi la mera osservazione non costituisce prova sufficiente…

BELISA                     (Oh Galileo, come ti capisco!) Ma perché negare? Guarda!

ARMANDA               Perché bisogna che la scoperta sia suffragata da prove scientifiche inoppugnabili, zia. Chi ti dice che le forme che tu affermi d’aver visto non siano altro che un’immagine eidetica o un’illusione ottica?

BELISA                     Sichhé io sarei, sebbene “otticamente”, un’illusa?

FILAMINTA               Non tu, chiunque. La scienza, lo sai, ha le sue leggi. Comunque io sono progressista… vediamo (osserva al cannocchiale) Ecco… io non vedo… Oh! Oh cielo!…

ARMANDA               Che c’è? Cos’hai visto?

BELISA                     Hai visto? Cosa vi dicevo? La superficie della Luna ne è piena!

FILAMINTA               No…si muovono sorella…si muovono! Sembrano…sembrano forme… No, non può essere! (cede il cannocchiale a Belisa).

BELISA                     Oh si, invece!

ARMANDA               Cos’avete visto? Voglio vedere anch’io, fate osservare anche a me…

FILAMINTA               No! Tu Armanda no.

ARMANDA               Ma mamma!….

BELISA                     Perché no, Filaminta? Perché non vuoi che anche Armanda partecipi alla nostra scoperta?

FILAMINTA               (prendendo in disparte Belisa, lontano da Armanda) A me quelle ombre sembrano forme umane; ammettiamo che siano degli uomini…essi sono, credimi sorella, completamente ignudi!

BELISA                     (Scandalizzata) Oh!… (Improvvisamente felice:) Davvero? A me il cannocchiale, presto. (Scosta violentemente Armanda).

ARMANDA               Zia Belisa!

BELISA                     Il cannocchiale è mio! Soltanto mio! (Osserva ansiona) Oh, dove sono… dove si son nascosti?..

FILAMINDA              Armanda… vieni qui.

ARMANDA               Vorrei sapere il motivo per cui io non possa osservare a mia volta quelle forme sulla luna…

FILAMINTA               Ci sono certe cose di cui, figlia mia, anche una madre illuminata e moderna quale io sono non può permettere la visione ad una ragazza della tua età…..

BELISA                     …Ci vorrebbe un cannocchiale più potente.. non riesco a veder bene… quelle cose sembrano… siluriformi!

FILAMINTA               …se non dopo sposata.

ARMANDA               Ma nemmeno zia Belisa è sposata!

FILAMINTA               questo non c’entre. Tua zia Belisa ha un’altra età, eppoi sa osservare col necessario distacco della scienziata.

BELISA                     (Isterica) Noooo!…. Per Diana, maledette nubi! Stavo per vederne uno di enorme! Ah!

ARMANDA               Ma non è sposata!

BELISA                     Non ho voluto, cara, la mia è una scelta. Avrei potuto sposarmi mille volte. Se solo volessi dar retta alle molteplici richieste dei miei spasimanti: Damide, Cleante, Dorante, Licisco.. Per tutti costoro il mio nome è: “Crudelia”!

ARMANDA               Ma mamma!…

FILAMINTA               Basta così! Tua sorella Enrichetta, che si accinge a sposare Trissottani, potrà – dopo le nozze, beninteso – osservare quelle forme senza che la cosa sia per lei sconveniente. Come vedi il coniugarsi, in certi casi, offre alla donna ulteriori possibilità di progredire sulla strada della conoscenza. Forse dovresti rivedere la tua posizione critica nei confronti del matrimonio, non credi Armanda? E tu, Enrichetta, hai capito bene? Fanne tesoro di questa consapevolezza (Va al cannocchiale, vicino a Belisa, per scrutare a sua volta il cielo).

ARMANDA               (Ad Enrichetta) Sembra che nostra madre riponga su di te tutti i suoi sogni. Ti invidio. Ti offre in sposa al grande poeta e scrittore.

ENRICHETTA          Se ‘l te piase cossì tanto e te fasso invidia, parcossa no te ‘o sposito ti?

ARMANDA               Perché è tuo. Non lo prendo io l’uomo che è già di un’altra: la mamma lo ha destinato a te.

ENRICHETTA          Però te si ti la sorea più grande, xé nel to diritto: tòteo Armanda, tòteo.

ARMANDA               Sarebbe il marito ideale per me..Se volessi sposarmi! Invece sei tu quella votata al matrimonio.

ENRICHETTA          Ma mi, se gavésse come ti par la testa l’intellettuale, el filosofo, l’omo da scrivania… Mi se fusse ti me lo sposarìa subito, varda!

ARMANDA               Comunque, a parte il fatto che io sono differente da te, non siamo noi a scegliere bensì i nostri genitori; la madre è comunque la madre ed ha il pieno diritto di imporre le sue decisioni. Non sarai mai capace di…

PASQUA                   (Entrando) Scusè siore, ghe xé de là el dotòr, professor, ecelenza, siòr Trissottani che el dixè….

FILAMINTA               Oh, finalmente! E’ arrivato!…

BELISA                     Trissottani! Trissottani in visita a casa nostra!

FILAMINTA               Su presto! Corriamo ad accoglierlo, viene a farci conoscere il suo ultimo componimento! Andiamo!

ARMANDA               Trissottani il poeta! Il letterato! Andiamogli incontro! (Esce a destra con Filaminta e Belisa precipitosamente. Sono eccitatissime).

PASQUA                   Santa Maria che tiri! E chi saralo mai ‘sto Trisottani! Signorina Enrichetta, se no ghe xé bisogno de altro mi ‘ndarìa in cusìna a peàr patate. Qua no ghe xé più cuoca, né camariera e bisogna che fassa tutto mi…

ENRICHETTA          Vegno co ti Pasqua. Piutòstao che star qua co ‘sto Trissottani vegno a peàr patate co’ ti. (Esce a sinistra con Pasqua dimenticando il ricamo).

Scena prima bis  Filaminta, Armanda, Belisa e Trissottani.

FILAMINTA               Ah, mettiamoci qui. Sentiamo i vostri versi con raccoglimento, parola per parola.

ARMANDA               Brucio dal desiderio.

BELISA                     Io non sto più nella pelle.

FILAMINTA               A voi. Non estenuate questa attesa fremente.

ARMANDA               Per me, sento un calore come se svenissi.

BELISA                     Su, fate presto, affrettate il momento.

FILAMINTA               Siamo impazienti. Il testo, su, tiratelo fuori.

TRISSOTTANI          Oh, è una cosetta, un esserino in fasce appena nato ; l’ho partorito da poco.

FILAMINTA               La sua paternità basta a farmelo caro.

TRISSOTTANI          La vostra approvazione, allora, sarà per lui una madre.

BELISA                     Che prontezza di spirito ! Hai sentito Armanda ?

ARMANDA               Oh, leggete, svelto.

FILAMINTA               Non fateci attendere oltre.

Scena seconda  Filaminta, Armanda, Belisa, Trissottani e Enrichetta.

(Enrichetta attraversa la scena sperando di recuperare il ricamo non vista, fa per uscire…).

FILAMINTA               Ehilà ! Tu, perché scappi via ?

ENRICHETTA          Mama. Mi de poesia no capisso gnente, te lo sè. No gò passion par la letterarura.

FILAMINTA               Non fa niente, Oltretutto ho da dirti una cosa.

TRISSOTTANI          Arti, lettere, scienze, non vi dicono niente.Qual’è l’arte che amate ? E’ l’arte di sedurre ?

ENRICHETTA          Nessun genere de arte.

BELISA                     Pensiamo all’esserino appena nato, in fasce !

TRISSOTTANI          Se tanto mi da tanto, per il vostro appetito mi sembra poca cosa un pranzo di otto versi : vi propongo una cosa direi, illetteraria, che non è dispiaciuta alla... Non dico altro, E’ un sonetto truccato. Non so,,, Vi piacera ?

ARMANDA               Ah. non starei a chiederlo.

FILAMINTA               Sentiremo allora, su. (Trissottani sta per iniziare a leggere)

BELISA                     Io sento un’aritmia. E’ l’effetto . poesia mi dico. Ed è più forte...

FILAMINTA               Sì, ma se non stai zitta, non ci dirà mai niente.

TRISSOTTANI          “Ur...”

BELISA                     (Ad Enrichetta). Zitta, per favore !

TRISSOTTANI          “Esorcismi polimetri per scongiurare la febbre di Urania”

                                                Urania, la prudenza

                                                si disfa nel tuo sonno. Accima

                                                la superba nemica crudelmente, sei tu lei,

                                                 impazzita nel tunnel del termometro...”

BELISA                     Ah ! Sono folgorata !

ARMANDA               Sempre il suo tocco freddo !

FILAMINTA               Lui solo conosce il segreto della parola-oggetto.

ARMANDA               A “prudenza si disfa” ci si deve inchinare.

BELISA                     E il nesso “sei tu lei” ? “il tunnel del termometro” ?

FILAMINTA               E’ straordinario il “crudelmente” unito a “impazzita” che segue. Un avverbio straniante !

BELISA                     Coraggio, andiamo avanti.

TRISSOTTANI                      Urania, la prudenza

                                                si disfa nel tuo sonno. Accima

                                                la superba nemica crudelmente, sei tu lei,

                                                impazzita nel tunnel del termometro....””

 ARMANDA              ...”La prudenza si disfa !”...

BELISA                     ...”Il tunnel del termometro”...

FILAMINTA               ...”crudelmente” e “impazzita”...

TRISSOTTANI                      “Falla uscire comunque

                                                dal comfort del tuo corpo, puoi salvarti

                                                se l’ingrata che assedia la tua vita

                                                svapora col fedele Arpége dei tuoi fazzoletti...”

BELISA                     Ah. basta così ! Fatemi respirare !

ARMANDA               Sì, ci sia dato il tempo di riprendere fiato.

FILAMINTA               Il fatto è che si sente, davanti a certi versi, venir giù come un liquido, ti senti come persa.

ARMANDA               Quel “comfort” com’è giusto e com’è disperato ! Che idea di solitudine c’è in tutta la metafora.

FILAMINTA               ..”Falla uscire comunque”...

ARMANDA               Non c’è dubbio. “Comunque” è la chiave di volta.

BELISA                     D’accordo, anche per me. E’ tutto lì, in quel “comunque”

FILAMINTA               Ma capisci in che senso io lo leggo “comunque” ?

BELISA                     E’ la sua ambiguità che dilania il discorso.

ARMANDA               I suoi versi ti spiazzano, c’è sempre una sorpresa.

TRISSOTTANI          Allora vi è piaciuto...

FILAMINTA               Ma è divino. E chi potrebbe farla oggi una cosa così ?

BELISA                     E tu ? Niente emozioni durante la lettura ? Niente ?

ENRICHETTA          Ognuno al mondo fa solo quel che ‘l poe, zia. E par capire sta arte la volontà no basta.

TRISSOTTANI          Può darsi che i miei versi li giudichiate male...

ENRICHETTA          No savarìa, no ‘scoltavo...

FILAMINTA               Adoro i vostri versi. Le Muse ! Avessi il tempo ! Io vorrei farvi leggere, piuttosto, il mio progetto di una Contro-Accademia formata da noi donne. Platone aveva visto, o diciamo intuito, la parità tra i sessi. Alludo alla “Repubblica”. Io non ho difficoltà ad ammettere che soffro e piango di rabbia se penso ai torti che le donne subiscono.

ARMANDA               E’ offensivo e stupido svilire il nostro sesso, non capire che siamo organismi pensanti...

BELISA                     Dobbiamo liberarci. Basta con la tutela, basta coi falsi padri.

TRISSOTTANI          E dite bene ! A me piacciono le donne, i loro occhi e il resto : ma onore al loro genio !

FILAMINTA               Non v’è dubbio : sappiamo di avere in voi un amico. Ma a certa gente anche magari di cultura, intellettuali con la loro puzzetta, vorrei tanto far vedere come le donne sanno organizzzare i congressi scientifici e spazi di ricerca senza assurde scissioni fra cultura e cultura, fra tecnici e poeti ; dove a base di tutto vi è il gioco, la scoperta, il trattare le cose e tutti ci si ascolta. Ciascuno la sua idea e nessuno che le impone.

TRISSOTTANI          Vi dico la mia idea. Io sono Aristotelico.

FILAMINTA               Non va per chi ama i sogni. Io sono una platonica.

ARMANDA               Epicuro ! Epicuro ! Ci vogliono idee forti !

BELISA                     Io posso condividere il Materialismo, ma la materia sottile mi convince di più !

TRISSOTTANI          Cartesio ! E cosa dite della sua calamita ?

ARMANDA               Mi piacciono più i vortici. Ho una voglia tremenda che si apra il nostro congresso. Stavolta mi presento con una relazione....

FILAMINTA               Io non voglio esaltarmi ma ho fatto una scoperta. Ho visto forme umane, nitide, sulla luna.

BELISA                     Se erano degli uomini, quelle ombre, non lo so, ma ho intravisto nettissimi dei campanili, io.

ARMANDA               Esploreremo tutto. Daremo fondo a Fisica, Storia, Morfologia, Politica, Morale...

TRISSOTTANI          Direi una vera officina di idee...

BELISA                     Vedrete il nostro Statuto quando sarà il momento.

ARMANDA               Noi faremo le leggi e noi le applicheremo. Opere in versi e in prosa.

FILAMINTA               Giudicheremo tutto. Fuori del nostro gruppo non ci saranno ingegni.

BELISA                     E saremo noi stesse gli scrittori che contano !

TRISSOTTANI          Bene, molto bene. Ammiro il vostro fervore. Però mi sembra che vostra figlia Enrichetta resti un poco aliena a tanta euforia.

Scena terza Filaminta, Armanda, Belisa , Trissottani e Enrichetta.

                                    (Enrichetta fa per andarsene alla chetichella)

FILAMINTA               Enrichetta ! Qui, cara.Quanto tempo ho passato a tormentarmi sulla tua ombrosità, su questa tua indolenza. Ma forse ho trovato ciò che può trasformarti !

ENRICHETTA          Te si drìo darte tanta pena par gnénte. A mi no m’interessa le vostre idee, no le xé roba par mi, no ghe tegno a fare sta figura. Mi stago ben come che so.

FILAMINTA               Forse tu, ma non io. Io soffro per te e mi vergogno a morte. La bellezza del viso è un ornamento fragile, un fiore passeggero ; ma quella dello spirito, dell’amore per l’arte del gusto e del sapere è una bellezza che gli anni non possono intaccare. Non voglio che tu abbia per marito un brav’uomo, ma un uomo raffinato, un artista, un genio. Eccolo qui quest,uomo. Ecco chi ti propongo come sposo, compagno, uomo del tuo destino.

ENRICHETTA          Cossa ? Del me ?....

FILAMINTA               Sì, tuo. E non fare la tonta.

BELISA                     (A Trissottani) State calmo, capisco. Mi guardate smarrito. I vostri occhi nuotano e chiedono un cenno. Ma sì, approvo queste nozze e se ancora spasimate per me, col tempo imparerete a reprimere la vostra passione. Il matrimonio e i figli placheranno il vostro tumulto e forse troverete pace.

TRISSOTTANI          Signora, sono confuso... Obnubilato....

BELISA                     Oh, lo so, lo so...

TRISSOTTANI          Il fatto di pensare che siete mia...

ENRICHETTA          Calma, ancora no ghe semo rivà...

FILAMINTA               Si risponde così ? Dove credi di essere ? Ci siamo capite ! Andiamocene. Tu stà qui  meditare.

Scena quarta  Crisalo, Aristella, Pasqua, Nerina

PASQUA                   Sior paròn, sior paròn, ghe domando pardonanza, illustrissimo...

CRISALO                  Còssa ghe xé, Pasqua ?

PASQUA                   Voleva che gavésse la compiacensa de auscultare la mia fillia Nerina ne la sua poesia in rime....

CRISALO                  Par carità, no ghe ne vojo savère de rime, de scienza, de filosofia, gò altro par la testa !

PASQUA                   Paròn, la prego, anca ea siora Aristella, xé do mesi che la Nerina studia tanto ; dopo tanta fadìga, almanco che la abbia ‘sta sodisfasiòn de podér dira la so poesìa davanti a vostra ecelénsa.

CRISALO                  Macché eccellenza, non gò tempo adesso, sarà par  n’altra volta....

ARISTELLA              Fradeo, via, ghe vol poco. Son stà a avisàre Clitandro come che te me gavévi dito. Fin che spetémo che ‘l riva,  ‘scolta ‘sta poesìa de ‘sta pora tosa. Daghe sodisfassiòn.

CRISALO                  Ghe manca anca che me meta mi a darghe corda adesso ? Dopo che me mojere e me cognà ghe mette ‘ste idee par la testa ?

ARISTELLA              Ma sì. Te ghé rasòn, ma la Pasqua e la Nerina lo fa par farte piasèr.

CRISALO                  E va ben ! Pasqua, sentìmo ‘sta poesìa !

PASQUA                   Oh, grassie paròn. Nerìna ! Vièn, cara, vien...

NERINA                    So quà, mama...

PASQUA                   Ecco, dighe ben la poesìa al sior paròn e a la so sorea.

NERINA                    Gòi da montare su la carèga ?

PASQUA                   Altroché ! Vuto dire la poesìa coi piè par tera ?

ARISTELLA              Ecco parché i dise che la poesia “eleva“ la persona.

NERINA                    “Poesia”....

PASQUA                   ‘Ndemo, avanti ! La xé l’emossiòn....

NERINA                    “Poesia”....

CRISALO                  Se non te vièn, n’importa, tesoro, sarà par n’altra volta.

PASQUA                   Eh, no, adesso la ghe vien. Avanti, sema, dìsi ben la poesia !

NERINA                     “Poesia”.... “Oh, tu ch’io veggo ir....”. no me ricordo più.....

PASQUA                   Ah, sùcca voda de ‘na sema che no te sì altro ! Xé questa la figura che te me fè fare col paròn ? Tò, tò e tò.....

NERINA                    No, mama, no. No me ricordo....

CRISALO                  Eh, basta ! Ferma ! Ferma te digo !

PASQUA                   Dò mesi, dò mesi a lavare tutto mi, a spacàrme la schina al mastèo. Do   mesi che ‘sta peandrona camìna su e zò col libro in man par imparare la poesìa e mi che lavo anca la so parte ! E adesso la dise che no se la ricorda !

ARISTELLA              Via, via, no xé con le botte che ghe torna la memoria. Lassa stare, non importa, via.

PASQUA                   Te còppo !

NERINA                    Mi no gò colpa.... no me vièn.....

ARISTELLA              Pasqua ! Par rispetto a mi ! No metarghe le man adòsso a ‘sta tosa ! Ma còssa... còssa  ghe xé da piànsare adesso ?

PASQUA                   Mi voeva far bea figura.... métare el paròn de bonumore....

CRISALO                  A mètarme mi de bonumore ? E par còssa ?

PASQUA                   Eco.... mi gaveva....

NERINA                    (risalita sulla sedia) ”Poesia”..... “Oh, tu ch’io veggo ir sì lacrimuoso....”.

PASQUA E ARISTELLA     Tàsi, séma !

CRISALO                  Avanti, Pasqua, parla.

PASQUA                   Mi voeva domandàrghe ‘na gràssia....

CRISALO                  ‘Na gràssia a mi ? Còssa soi deventà, San Luca ?

NERINA                    San Luca protetòr dei bechi !

PASQUA, CRISALO E ARISTELLA         Tàsi, séma !

ARISTELLA              Dài, benedetta, dìsi còssa che xé ‘sta gràssia, dài...

PASQUA                   Paròn, lu che xé tanto bon, lu che ne gà sempre volesto ben a nialtre de la servitù...

CRISALO                  Adesso, la me domanda el miracolo ! Dìme còssa che te voi !

PASQUA                   La casa xé drio ‘ndare ramengo, paron. Da quando che xé stà licenzià la Palmira, la Martina e la Carlotta no xé più come prima.... Lu che xé...

CRISALO                  ....”Tanto bon e che v’ho sempre volesto ben”... Cossa goi da fare ?

PASQUA                   Eco, lu no podarìa far che le tornasse al so’ servissio ?....

CRISALO                  Ma creature... me mojere...

PASQUA                   Sémo, ignorante, no capìmo gnente de felosofìa, de garmatica, no semo ‘stroleghe ; Mi e la Nerina sémo ancora qua parché la me fiòla gà imparà un tòco de poesia che no savemo gnànca còssa che la voja dìre. E po’ el varda... no la se ricorda gnànca più....

NERINA                    (risalita sulla sedia) ”Poesia”..... (tutti la fulminano con lo sguardo. Ridiscende).

PASQUA                   Ma anca se no savemo de siénsa, chi xé mejo de la Martina a preparar da magnare ? Chi xé che ga arte a far netìsia in casa più de la Palmira, de tengnér tuto a puntìn, che no manca gnente come che sà fare la Carlotta ? Questa xé la nostra arte.

ARISTELLA              E sfido qualsìasi filosofo, siensiàta o matematica a far mejo de voialtre quel che savì fare. Fradèo, te pare che le gàbbia torto ?

CRISALO                  Torto ? Le gà tutte le rasòn.... squàsi, squàsi....

ARISTELLA              Senti, se te ghè ciapà la decisiòn de fare l’omo e far védare chi che comanda a to mojere, questa xè l’ocasiòn !

CRISALO                  Te ghè rasòn ! Pasqua !

PASQUA                   Comandi !

CRISALO                  Andemo a ciamàre la Martina, la Carlotta e anca la Palmira e a dìrghe che da ora in poi le xé de novo a servìssio ! Lo comando mi che so el paròn !

PASQUA                   Gràssie, paròn, gràssie, vago sùbito ! ‘Ndemo, Nerina, dài !

NERINA                    Gòi da dire la poesìa, mama ?

PASQUA                   La poesìa ? Al mastèo te méto, corì ‘vanti ! Tòtea par de là ! Te la dàgo mi la poesìa, so la testa ! (escono Crisalo, Pasqua e Nerina).

Scena quinta  Enrichetta, Armanda, Crisalo, Aristella e Clitandro

ARISTELLA              Và fradèo, và. Chissà che la sia la volta bona che te tiri fora el caratere.  Ah, Enrichetta, Enrichetta.... ma stavolta se no ghe pensa me fradèo, ghe penso mi al to ben. Oh, chi xé che xé drio vegner quà ? Clitandro, giusto ti !

CLITANDRO            Siora Aristella, sò disperà ! Enrichetta me gà mandà dire che la situassiòn xé disperà, che semo persi, che ghe tocarà sposare Trissottani....

ARISTELLA              Eh, cossì i dixe....

CLITANDRO            E ‘ora xé vero ? Savevo che siora Filaminta lo tegneva in considerassiòn, ma no pensavo mai che la ghe dàsse so fiòa a un articolo da comèdia come queo ! Cossa fàsso mi ? La me gaveva dito che sior Crisalo me stimava, che el gavaria dà el consenso ae nozze...

ARISTELLA              Appunto. Stà alegro ! Me fradèo se ga ‘pena messo d’impegno : l’è stufo de sottostare ae manie de so mojere e de so cognà e de st’altra so fiòa...

CLITANDRO            E dunque ?

ARISTELLA              El ga dito che el paròn xé eo e che d’ora in poi se farà a modo suo. Stà in pace te digo, che Enrichetta sarà la to sposa prima de quanto te pensi. Toh, varda, el xé zà quà che ‘l riva.

CLITANDRO            (Entra con piglio deciso Crisalo). Sior Crisalo, che Dio ve benediga. Xé vero quel che me gà ‘pena dito la so sorèa....

CRISALO                  Ciò, vùto dubitàr de to suocero ? Anca màssa che xé vero.

ARISTELLA              Vàrda, xé drio vegner ‘vanti Enrichetta co so sorea....

CRISALO                  Tute do’ ? Mejo cussì, che vegna anca l’Armanda e che la conòssa chi che xé so pare.

ENRICHETTA          Clitandro !

CLITANDRO            Enrichetta !

CRISALO                  Enrichetta ! ‘Scolta to pare, movete. Daghe la man a sto omo e co questo te te lo toi come sposo che mi go scelto par ti, parché te gabbi da essar so mojere.

ARMANDA               Trovi appoggi insperati nelle forze maschili.

ENRICHETTA          Un pare xé sempre un pare. El ga el dirito de comandare.

ARMANDA               Non credo che le madri lo abbiano di meno.

CRISALO                  Cossa gheto da dire ti ?

ARMANDA               Dico che con la mamma avrete motivi di dissenso, essendo due gli sposi.

CRISALO                  Zita là spusseta. Tramacia co to mare ma de filosofia. Fasìve i vostri afari e no i mìi. Anzi, dìgheo questo. Dighe che no la me vegna qua a romparme l’anema, gheto capìo ? Và, via, fora.

ARISTELLA              Bravissimo ! Te fè anca massa progressi.

CLITANDRO            Finalmente ! Che gioia, ah, che beo che xé vivare !

CRISALO                  Su, toghe la man. Ah ! Le caresse, i basi. Cossa goi da fare ? I me fa vegner el magon !

Scena sesta Armanda, Filaminta e Clitandro.

ARMANDA               Sì, sì, così, decisissima. Non ha fatto una piega : tutto un pavoneggiarsi perché era ubbidiente. Non si è curata di niente.

FILAMINTA               Glielo farò vedere io chi dei due comanda qui, se sua madre o suo padre. I sensi o la ragione, la forma o la materia.

ARMANDA               Ti si doveva almeno qualche riguardo. E anche lui, questo piccolo opportunista che vuol essere tuo genero contro tutta te stessa.

FILAMINTA               Non è ancora detto ! Mi sembrava un bell’uomo quando ti corteggiava, ma era molto antipatico il suo modo di fare. Sai che non mi ha mai chiesto di leggergli qualcosa ? Ora, sarò qualcuno, no ? in letteratura ?

ARMANDA               Se io fossi al tuo posto mai accetterei anche solo l’idea che lui sposi Enrichetta. Io non ricordo, quando chiacchieravamo, che abbia mai avuto parole, per te, di vera stima.

FILAMINTA               Piccolo stupidello !

ARMANDA               Sempre lodi glaciali, se tu avevi successo, col contagocce.

FILAMINTA               Villano !

ARMANDA               Gli avrò letto i tuoi versi almeno venti volte. Silenzio impenetrabile !

FILAMINTA               Spocchioso !

ARMANDA               Litigi a non finire, e tu non sai quante bestialità...

CLITANDRO            Eh, piàn, piàn Armanda : un poca de carità ; e se non altro serca de essare onesta. Dove xé che te go offesa par tirarme dòsso co ‘ste paroe de fogo ?

ARMANDA               Se io mi fossi offesa e se la tua è un’accusa, di attenuanti a discarico ne troverei parecchie. Amare, se si è amato, crea rapporti così sacri fra due persone, che è meglio non vedere più il giorno piuttosto che cercare calore altrove. E’ mostruoso arrangiarsi con un’altra : è tradire, uccidere la sensibilità.

CLITANDRO            E te lo ciami tradire, quel che xé successo a causa de la to superbia ?Te go voesto ben par do anni ininterrottamente : mi ardo, me bruso, patìsso, e tì dura ; mi te querso de affetto e ti te me fè la statua. Adesso l’amore che ti te ghè respinto mi ghe lo dago a n’altra : colpa tua o mia ? Xé  el me amor che vola via o sito ti a darghe vento ?

ARMANDA               E tu la chiami statua una che ti chiedeva idee di bellezza ? Il tuo amore per me non ti faceva scindere i tuoi pensieri dalle solite cose ? Un amore intellettuale, spirituale, dove il sesso non c’entra ! Non potresti amare di un amore diverso ? Una vera persona non ama in questo modo. C’’è un amore al di fuori della carnalità, che arde di forza immateriale, per cui esci da te e non sei più corporeo, ma limpido come il cielo.

CLITANDRO            Sarà anca, però par me disgrazia el corpo lo gò, sento che ‘l ghe xé, che el tira, lo gò massa tacà par desmentegarmeo. Te gavarè anca rasòn, magari gnente sarà  più beo de ‘ste union, come che te disi ti, intellettuali. Ma mi voio ben tutto intiero, con desiderio fisico.

ARMANDA               E va bene ! D’accordo allora ! Visto che tu intendi l’essenza della coppia come fatto carnale, cioè possesso del corpo, se mia madre è disposta, d’accordo, mi risolvo a fare questo passo e ti dico di sì.

CLITANDRO            No xé più ‘l tempo, Armanda : al to posto ghe xé un’altra. Ritornare da ti sarìa calpestare e ferire la bontà de chi che me ga dà rifugio.

FILAMINTA               Voi contate sul mio appoggio, signore, facendo riferimenti a questa nuova impresa nuzuale ? Io per Enrichetta, sappiatelo, ho in mente un altro uomo.

CLITANDRO            Eh, signora ! Da le vostre amicizie in campo intellettuale no podeva vegner fora un rivale più scadente. La prova a farme ‘na carità la ghe daga na ociada a che l’omo ! Se ghe xé ‘na roba che fa cascar i brassi xé che ‘ndè in brodo de zizole, ve infervorè tutta par de che le robe che se le fusse roba vostra ve vergognarissi de avérle scritte !

FILAMINTA               Se abbiamo su quest’uomo idee tanto diverse, è che noi lo vediamo da altro punto di vista.

Scena settima  Armanda, Filaminta, Clitandro e Trissottani.

TRISSOTTANI          Signori, l’abbiamo scampata per miracolo. Stanotte, mentre voi dormivate, un mondo ci è passato vicino come un bolide sfiorando il globo terrestre. Pochi gradi di differenza nella traiettoria, ci sarebbe caduto addosso e ora saremmo tutti briciole di vetro.

FILAMINTA               Ne parleremo un’altra volta : la cosa non interessa al Signore. Egli non s’impiccia di scienza : detesta cordialmente l’ingegno e la cultura.

CLITANDRO            No la xé proprio cossì. Disemo che, signora, detesto cordialmente l’ingegno e la cultura che vien separà dall’omo. La cultura xé un valore finché no la ne vien a corrompare.

TRISSOTTANI          Non vedo come la cultura o la scienza possano mai corrompere qualcosa.

CLITANDRO            La me opinion xé,  invesse, che la cultura sia spesso el campo dove che cresse i ebeti. No manca sèrto e prove, ghe ne xé dei esempi anca famosi.

TRISSOTTANI          Ma che otterreste, citando anche un esempio ?

CLITANDRO            Che no dovaria sercàr distante par trovàrghene uno.

TRISSOTTANI          Io non ne so trovare di questi famosi esempi.

CLITANDRO            E mi ghe ne vedo uno, come da qua a là.

TRISSOTTANI          Io credevo fosse l’ignoranza a guastar la gente e a creare idee stupide.

CLITANDRO            E pensè mae. Fra un imbesìe colto e uno analfabeta, xé più imbesìe el colto.

TRISSOTTANI          Ciò è contro logica : essere scemi è esse privi di sapere.

CLITANDRO            E no vedì el nesso tra el sémo e el pedante ?

TRISSOTTANI          Ma lo scemo ignorante è uno scemo più puro.

CLITANDRO            El sémo intellettuale xé sémo do volte.

TRISSOTTANI          La cultura è un valore in sé in quanto cultura.

CLITANDRO            La cultura xé vioenza, se la vien adoparà da un imbesìe.

TRISSOTTANI          Si direbbe che siate legato con il sangue a degli analfabeti.

CLITANDRO            Se go sposà la causa de la gente ignorante xé parché gò conossùo ben màssa intellettuali.

FILAMINTA               A me sembra, signore...

CLITANDRO            Eh, no, signora ! No ! Sto omo l’è grande abastanza, el pol difendarse da solo. El mena dele stocade che no xé da poco e se ghe ne metto a segno qualcuna anca mi, no son miga mi che attacco.

ARMANDA               Ma tu hai un tono offensivo e...

CLITANDRO            Altro avocato difensore ! Eh, no, a ste condissiòn no ghe stago.

FILAMINTA               Ogni conversazione può essere una disputa, ma non bisogna scendere sul personale.

CLITANDRO            Eh, Santo el Signore ! No me pare de averghe fatto la bùa. El sa anca eo, come noialtri , cossa che xé ‘na disputa !

FILAMINTA               Quanto fuoco ! Calmatevi, signore, cambiamo argomento. Siete ormai un amico di casa e vi voglio partecipe di un avvenimento di famiglia. Mia figlia sposerà Trissottani e voi potreste far da testimone, anzi, questa richiesta è un invito formale. Armanda, dì a qualcuno di chiamare il notaio e vai di là ad avvertire tua sorella.

ARMANDA               Non ci sarà bisogno che io avverta Enrichetta. Sarà questo “amico di casa” a correre a darle la notizia e magari anche a dirle come comportarsi.

FILAMINTA               Lo vedremo chi avrà più potere su di lei e chi dei due sarà la voce del dovere. (esce).

ARMANDA               Caro, sono sinceramente dispiaciuta che le cose non vadano per il verso che ti aspettavi.

CLITANDRO            Farò de tuto, cara, senza risparmio de energia, par cavarte fora da ‘sto dispiasère.

ARMANDA               Peccato che l’impresa sia quasi disperata.

CLITANDRO            Chissà, forse te piànsi el morto prima del tempo.

ARMANDA               E’ quello che ti auguro.

Scena ottava  Crisalo, Aristella, Enrichetta e Clitandro.

CLITANDRO            Oh, eccove qua. Sensa el vostro aiuto sarìa condanà, paròn. Vostra moiere me ga respinto. La voe Trissottani come so genero.

CRISALO                  Che idea salvàdega ! Parcòssa insistare tanto su ‘sto Trissottani ?

ARISTELLA              Sarà parché el cognome fa rima co gatti e cani !

CLITANDRO            La data de le nozze la ga fissà par stasera.

CRISALO                  Stasera ?

CLITANDRO            Sissignor, la gà zà mandà a ciamare el nodaro par far el contratto.

CRISALO                  Ah, sì ? e mi ghe darò pan par fugassa e sta sera mi ve farò maridare voialtri dò. (a Enrichetta) E mi te ordino, qua, nel me pien diritto che sò to pare, de prepararte a dare la to man a chi che digo mi ! Vedaremo se qua ghe xé uno che non sia el sottoscritto a dettar legge ! Ti sta qua, noialtri ‘ndemo e vegnemo. Su, sorella e vu, zenaro, vegnìme drìo, corajo !

ENRICHETTA          Mah ! Zia, fà che’l resta convinto so ‘sta opinion.

ARISTELLA              Par vedarte contenta, nevoda mia, te lo sè, farò de tutto.

ENRICHETTA          Gheto visto che mario che le me gavéva catà fora ?

CLITANDRO            Fin che te sì co mi, semo mi e ti i più forti.

Scena nona  Enrichetta e Trissottani.

ENRICHETTA          Orca, eccolo che ‘l vien. Chissà se in tutto ‘sto casìn... Chissà che se me spiego no la gabbia vinta el bonsenso. Siòr, capisso el motivo che ve porta qua. So che sì al corente che se ve sposo ve portarè casa ‘na bèa dote ; ma so che vu no sì tacà ai schei, anzi ghe ne parlè con sdegno e spero che ‘sto disprezzo no ‘l sia solo ne le paròe.

TRISSOTTANI          Cara, non è il denaro che mi attira in voi. Bensì quelle occhiate, quel fare un po’ da diva... Ecco ciò che mi ha sedotto e dato una strana emozione.

ENRICHETTA          Gò piasèr de sentirve parlare co passion. Ma trovarìa un ostacolo se pensasse de amare la vostra persona. No se pol darghe el cuore a do persone e mi sento che ‘l me cuore l’è de Clitandro.

TRISSOTTANI          Io spero che col tempo vi avrò io, come da mio buon diritto, e che la mia tenerezza saprà insegnarmi l’arte di farmi amare da voi.

ENRICHETTA          No, so innamorà a chi che go amà par primo e le vostre attensiòn no me sfiorarìa mai. Co vu posso parlare s-ceto e son sicura de no offenderve. Ve domando de non approfittare de l’autorità che ve favorisse a me danno. Un vero galantomo no se comporta a ‘sto modo. Se gavì par mi dell’affetto, come che me gavì dito, portè el vostro amore a un’altra e ghe donerè un cuore che mi gavarò sempre caro.

TRISSOTTANI          Ma che cosa chiedete mai ? Il mio cuore può smettere di amarvi ? Può  farlo, sì, ma a patto che voi smettiate di essere così bella.

ENRICHETTA          Eh, sior ! El cascamorto andè a farlo co le vostre Amarante, co le vostre Iridi e le Fellidi che mettì ne le vostre poesìe !

TRISSOTTANI          Perché ? Questo fuoco che mi brucia arde come una fiaccola e se anche restate lì fredda come il marmo io non respingerò l’aiuto di una madre che può dare realtà ai miei sogni d’amore.

ENRICHETTA          Conossarì, mi credo, el pericolo che se core quando se forza i sentimenti. O Goi da ricordarve che na mojere zovane podarìa, se innamorà de n’ altro, ornarve la testa in maniera poco onorevole ?

TRISSOTTANI          Ciò non mi fa ne caldo ne freddo. Un filosofo sa che accade di tutto. E’ al di sopra di queste cose e non si turba affatto.

ENRICHETTA          Ah. Maria santa ! Più che ve scolto e più me stupisso. Mai gavarìa pensà che la filosofia fusse fata par consolare i bechi ! Sta vostra qualità bisogna che la sia messa in luce, la merita de essare oferta a una che se dedica co tutto l’impegno parché tutti lo sappia ! Visto che mi no son quel tipo de dona adata a esaltare sta virtù, cedo el me posto a n’altra e ve dichiaro che rinuncio a la fortuna di averve par mario !

TRISSOTTANI          Stiamo a vedere, allora, come andrà a finire. Intanto è già qui il notaio, so che è già in casa.

Scena decima  Crisalo, Clitandro, Enrichetta, Palmira, Carlotta e Martina.

CRISALO                  Ah, Enrichetta, sito qua ? Brava, vien a fare il to dovere ‘scolta la volontà de to pare. Vojo farghela védare mi a to mare. Prima de tutto, go ritolto a servìssio la Martina, la Palmira e anca la Carlotta. Eccole qua.

ENRICHETTA          Gavì fato ben. Però, papà, promettime che sarè deciso : no stè fare che la vostra bontà ve possa far convìnsare, stè duro. Ghe voe ‘na gran forza d’animo par contrastare le sfuriae de la mama.

CRISALO                  Che ? Sito drìo par caso tratarme da salado ?

ENRICHETTA          Mi ? Guai al mondo.

CRISALO                  Credito che io sia un mona ? Che me mojere me comanda a baccheta ?

ENRICHETTA          No go mai dito...

CRISALO                  Pénsito che to pare no sia bon de ciapar na decisiòn e ‘ndare fin in fondo ?

ENRICHETTA          No, no de sèrto...

CRISALO                  E ora ? Parcòssa viento a batolare che mi so massa bon ?

ENRICHETTA          Mi no voevo offendarve, papà, ve domando scusa, Perdonème.

CRISALO                  Chi che comanda qua dentro so mi ! E in sta casa la me volontà xé legge !

ENRICHETTA          Bravissimo, papà !

CRISALO                  E chi xé che dispone de me fiòa ?

ENRICHETTA          Oh,. solo che vu, papà.

CRISALO                  El paròn so mi e comando mi !

ENRICHETTA          Paròe sante.

CRISALO                  E se ti te voi sposarte mi te comando de ‘scoltarme mi e no  to mare.

ENRICHETTA          Le vostre paroe xé dolse come el mièle. No desidero che vedarve fare el tiranno.

CRISALO                  Dìghe che la prova, to mare, a alzare tanto la cresta....

CLITANDRO            Ecco che la ‘riva. Ghe xè anca el nodàro.

CRISALO                  Me racomando, stème tuti tacà.

MARTINA                  Stè pacifico che noialtre semo da la vostra.

CARLOTTA              No parlaremo in stampatèo come lori, ma la lengua longa no ne manca !

PALMIRA                  Uno par tuti e tuti par uno !

Scena undicesima Filaminta, Belisa, Armanda, Trissottani, Notaio, Crisalo, Clitandro, Enrichetta, Martina, Carlotta e Palmira.

FILAMINTA               Non potreste cambiare questo brutto stile e stendere l’atto in maniera meno barbara ?

NOTAIO                     Il mio stile, signora, è eccellente e solo se fossi un folle cambierei al contratto anche una sola sillaba.

BELISA                     Ah, che usanze selvagge nel cuore di una società civile !

FILAMINTA               Suvvia, inutile piangere sul pessimo stile della scrittura. Sedete a quel tavolo, signor notaio. Aha ! Osi ancora metter piede qui dentro ! E tu ? Credi di riammetterla in casa ?

CRISALO                  De questo si parlarà più tardi, co calma. Adesso gavemo da sistemare n’altra question.

NOTAIO                     Procediamo al contratto. La figlia qual’è ?

FILAMINTA               Quella che intendo far sposare è la minore.

NOTAIO                     Bene.

CRISALO                  Ecola qua. La sei ciama Enrichetta.

NOTAIO                     Molto bene. Lo sposo ?

FILAMINTA               Il marito che ho scelto è il signore.

CRISALO                  L’omo che mi, che sò so pare, gò deciso di darghe in sposo l’è ‘sto siòr quà.

NOTAIO                     Due uomini ? Non è nella prassi. Non legalmente almeno.

FILAMINTA               Non perdete tempo. Scrivete, presto : Trissottani.

CRISALO                  No perdémose in ciàcoe. Notè là el nome : Clitandro.

NOTAIO                     Signori, mettetevi d’accordo sul nome dello sposo.

FILAMINTA               Trissottani. Lo sposo è Trissottani.

CRISALO                  E invesse el xé Clitandro. Notè Clitandro.

NOTAIO                     Io non so a chi debbo dar retta...

FILAMINTA               (A Crisalo) Che fai ? Insisti nel contraddirmi ?

CRISALO                  Non intendo dare me fioa in sposa a uno che la domanda solo che par i schei dea me fameja.

FILAMINTA               Aha ! Il denaro ! E’ questo che ti sta a cuore, il denaro !

CRISALO                  Dìsi quel che te voi. Mi vojo che la se sposa Clitandro.

FILAMINTA               E io invece ho scelto lui. E su questo non si discute.

CRISALO                  Vorìssito dire che te te rifiuti di sotométarte ?

MARTINA                  Eh, no, siora. Mi digo che l’omo sta de sora e la femena sta sotto.

PALMIRA                  Giusto ! In tutti i sensi !

CRISALO                  Ben dìto !

CARLOTTA              Anca massa ! E la galina no canta mai prima del gallo !

CRISALO                  Ecco !

PALMIRA                  E vien sempre cojonà el marìo co ‘l ga la mujere che porta le braghesse.

CRISALO                  Verità.

MARTINA                  Se gavèsse un marìo, mi vorìa che ‘l comandàsse elo. No me piasarìa un Pulcinèa. E se lo criticàsse par farme vèdare bèa el gavarìa rasòn a darme dò papòni !

CRISALO                  Parole sante.

CARLOTTA              Ga rasòn el paròn a darghe a Enricheta l’omo che ghe piase a ela. Còssa vola dàrghe un dotòr che epiloga su tutto ? Se mi gavésse un tòco de marìo, mi vorìa che ‘l me lesésse mi, altro che i libri. Un omo se l’è dotòre che ‘l sia el dotor de so mujère !

PALMIRA                  E co questo sia deto tuto !

MARTINA                  Bèn ! E adesso che gavemo dito qua quel che se doveva, ‘ndemo a far i nostri mestieri che la xé la nostra sienza ! (escono).

FILAMINTA               Finito ? Ti sembra che non le abbia ascoltate bene le tue ambasciatrici ?

CRISALO                  Le gà dito robe sacrosante.

FILAMINTA               Bene. Ora però passiamo ai fatti cioè a quanto io ho deciso. Enrichetta sposerà Trissottani. Così ho deciso, non ammetto replica. Se tu hai preso qualche impegno con Clitandro, non mancherai certo di parola perché gli offrirai la mano di Armanda.

CRISALO                  Eco... me pararìa un bon modo par sistemare la question. Còssa disìo fioi ?

ENRICHETTA          Ma papà...

CLITANDRO            Eh. Siòr !...

BELISA                     Oh, vi capisco mio caro. Il vostro auspicio era per un altro destino. Ma noi siamo rivolte ad un amore puro come l’aria, come le stelle infinite. Lontano, distaccato dal corpo e dalle sue miserie.

Scena dodicesima Aristella, Filaminta, Belisa, Armanda, Trissottani, Notaio, Crisalo, Clitandro, Enrichetta, Palmira, Carlotta e Martina.

ARISTELLA              Me dispiase interompare, in sta ora de festa, ‘sta lieta riunion. Ma go do lettere che purtropo so stà incaricà de consegnarve. Una xé indirizà a ti, dal to aministratore, st’ altra riva da non so dove e la xé par ti.

FILAMINTA               Che ci può essere scritto di così grave ed urgente ?

ARISTELLA              Xè tuto nea lettera. Vèrsi, lèsi e te savarè.

FILAMINTA               (Legge) “Signora, ho chiesto a vostra cognata di recapitarvi la presente, nella quale ho scritto ciò che personalmente non oso comunicarvi. Il disinteresse per le pratiche necessarie è stato la causa per cui lo studio dei vostri legali non mi ha dato le informazioni necessarie, perciò avete perduto senza possibilità di appello il processo che avreste dovuto vincere”...

CRISALO                  Te ghè perso la to causa !

FILAMINTA               E non fare tante storie. Guarda me, io sono superiore. (Legge) “...La negligenza nella cura dei vostri interessi vi costa 40.000 scudi, somma che aumentata delle spese la Corte vi condanna immediatamente a pagare” . Condanna ? Questa poi no ! “Condanna” lo si applica solo a un criminale !

ARISTELLA              El vocabolo xé inadeguato, xé vero. Forse el giudice doveva dire che ‘l te prega, su invito dea corte, che apena che te gavarè voja, te ghe fàssi avere, se no te disturba, 40.000 scudi più le spese de uficio.

FILAMINTA               Vediamo l’altra.

CRISALO                  (Legge) “Signore, l’amicizia che ho per vostra sorella mi induce a preoccuparmi di ciò che riguarda i vostri affari. Mi è noto che Argante e Damone sono gli amministratori del vostro intero capitale. Ebbene non posso esimermi dall’informarvi che entrambi hanno fatto bancarotta e si sono resi irreperibili” Oh, perdiana ! Gò perso tutto ! Sò rovinà !

FILAMINTA               Che brutto modo di reagire ! Cos’è mai il denaro ? Per un filosofo questa non è una disgrazia bensì un’occasione per ritrovare il proprio “io”. Procediamo col contratto e sta sereno. Vivremo lo stesso benissimo con i soldi del nostro nuovo genero ; saranno più che sufficienti per noi tutti.

TRISSOTTANI          Piano, piano signora, non abbiate fretta con questo contratto. Vedete, ho come l’impressione che tutti mi siano contro e non mi è mai piaciuto esser imposto per forza a chi non mi apprezza.

FILAMINTA               Il vostro ripensamento è alquanto repentino ! Oltre a ciò lo manifestate proprio subito dopo le notizie delle nostre disgrazie.

TRISSOTTANI          Signora, dopo tanti reiterati “no” preferisco desistere da tutta la faccenda : che me ne faccio di una donna che non mi ama ?

FILAMINTA               Capisco... Capisco solo ora ciò che mi sono sempre rifiutata di credere.

TRISSOTTANI          Pensate ciò che vi pare, a me poco importa, Non sono io colui che accetta, com’è successo finora, tanti offensivi rifiuti. Io merito di più e se non mi si sa apprezzare, addio.  Bacio le mani (Esce).

FILAMINTA               Ecco dunque chi era veramente : un mercenario. Non è questo il comportamento del filosofo.

CLITANDRO            Mi no sarò un filosofo, signora, ma no me tiro indrìo davanti ae vostre disgrassie. Mantegno la me richiesta e sarò onorà se voè dispore anca del me patrimonio.

FILAMINTA               Questo vi fa onore ed è molto generoso. Voglio che il vostro sogno sia esaudito. Concedo mia figlia Enrichetta all’uomo che l’ama veramente.

ENRICHETTA          No, mama. Non xé giusto. Mi gò cambià idea.

CLITANDRO            Enrichetta ! Proprio adesso che non ghe xé più ostacoli, te metti fine ai nostri sogni ?

ENRICHETTA          Clitandro, so che no te si un sior. Mi te gò sempre desiderà par mio sposo e savevo che sposandote gavarìa elevà la to condiziòn. No xé più cossì anzi, xé el contrario e per l’amore che gò par ti mi no vojo che te sopporti el peso de le me avversità.

CLITANDRO            Ma mi co ti gò el me destìn in pugno. Senza de ti la vita no gà senso.

ENRICHETTA          L’amore, adesso, te fa dire cossì. Gnente fa danno all’amore come la povertà, le necessità, el bisogno : un dì rivarìssimo a darse colpa l’uno co l’altro de l’amore che no ghe sarà più.

ARISTELLA              Dime. Nevoda : xé par ‘sto motivo quà che te rifiuti la man de Clitandro ?

ENRICHETTA          Se no fusse par questo saria za tra i so brassi. E se no lo vojo più xé parché ghe vojo ben.

ARISTELLA              E ora bùteghe subito i brassi al colo. E letere che ve gò portà e jera false. Xé sta tuta ‘na me invensiòn par jutarte e par vèrzare i oci a me cognà su chi che fusse veramente il suo “grande poeta”.

CRISALO                  Sia ringrazià el Signore e tuti i santi !

FILAMINTA               Che gioia se penso a come ci statà quel vile millantatore ! L’eleganza e il fasto di questo matrimonio saranno il castigo per la sua avidità !

CRISALO                  Mi gò sempre dito che te lo gavarìssi sposà !

ARMANDA               E così tu mi sacrifichi a loro ?

FILAMINTA               Tu sarai confortata dalla filosofia, figliola, e assisterai con gioia al matrimonio di tua sorella.

BELISA                     State in guardia, Clitandro. Io so di essere nella vostra mente. Spesso dopo una delusione si trova pace, ma poi per tutta la vita si vorrebbe tornare indietro.

CRISALO                  Bando a le ciacole, concludemo. Siòr nodàro, fasì come che ve gò dito. Notè el nome sul contratto : scrivì “Clitandro” !

FINE