Le furberie di scapino

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L E F U R B E R I E D I S C A P I N O

NOTA

Il teatro di Molière è qui presentato nella traduzione di Luigi Lunari, che per la BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) ne sta traducendo l’opera omnia.

I testi sono qui pubblicati senza presentazioni o note: gli interessati possono comunque risalire – almeno per i titoli più noti – ai singoli volumetti pubblicati nella BUR, e per vari titoli minori al volume antologico  “Molière – Commedie”, sempre a cura di Luigi Lunari, nella collana “radiciBUR”.

Le traduzioni sono condotte su testi originali  in tutta fedeltà filologica;  ma di alcuni di essi esistono anche versioni e adattamenti – sempre ad opera del sottoscritto Luigi Lunari –  in occasione di particolari allestimenti, con interventi drammaturigici e aggiunte di canzoni (come ad esempio per Il Borghese Gentiluomo e per Le Furberie di Scapino). Queste rielaborazioni – ove interessino – si possono leggere chiedendone i testi a Luigi Lunari, tel. 039.883177 o via e-mail luigi.lunari@libero.it


L E   F U R B E R I E   D I   S C A P I N O

di

Molière

Traduzione e adattamento

di

Luigi Lunari

Copyright  Luigi Lunari Via Volturno 80  20047 Brugherio (MB)

Tel. +39.039.883177    e.mail   luigi.lunari@libero.it

PERSONAGGI

ARGANTE, padre di Ottavio e di Zerbinetta

GERONTE, padre di Leandro e di Giacinta

                                           OTTAVIO, figlio d’Argante, e innamorato di Giacinta

LEANDRO, figlio di Geronte,innamorato di Zerbinetta

ZERBINETTA, creduta zingara, e riconosciuta figlia di                             Argante, e innamorata di Leandro

GIACINTA, figlia di Geronte, e innamorata di Ottavio

SCAPINO, servo di Leandro, e malandrino

SILVIA, balia di Ottavio

NERINA, nutrice di Giacinta.

La scena è a Napoli


ATTO PRIMO

SCENA I

OTTAVIO, SILVIA

OTTAVIO - Ah, belle notizie, in piena storia d’amore!  Sono proprio sistemato bene!  Dunque, balia, al mercato t’hanno detto che sta per tornare mio padre!

SILVIA - Sì.

OTTAVIO -  Che arriva proprio stamattina!

SILVIA - Stamattina.

OTTAVIO -  E che torna deciso a darmi moglie.

SILVIA - Sì.

OTTAVIO -  Cioè la figlia del suo amico Geronte.

SILVIA - Del suo amico Geronte.

OTTAVIO -  Mandata qui, da Taranto, proprio per questo.

SILVIA -  Sì.

OTTAVIO -  E tutto questo l’hai saputo da mio zio.

SILVIA - Da tuo zio.

OTTAVIO -  Al quale l’aveva scritto mio padre.

SILVIA - Tuo padre.

OTTAVIO -  Il quale zio, tu mi dici, sa tutto di noi.

SILVIA - Tutto di noi. Cioè tutto di te.

OTTAVIO -  Ah, ma ti decidi a parlare, balia, invece di farti tirar fuori le parole di bocca una alla volta?

SILVIA - Cos’altro devo dire?  Tu sai già tutto, fino al minimo dettaglio.

OTTAVIO -  Dammi almeno un consiglio!  Dimmi tu che cosa devo fare in questo terribile casino...

SILVIA - Ah, proprio!  Come se non fossi anch’io nei guai come te.

OTTAVIO -  Il ritorno di mio padre mi uccide.

SILVIA - Uccide anche me.

OTTAVIO -  Come mio padre verrà a sapere le cose, sento già la tempesta di scenate che mi farà piovere addosso.

SILVIA - La scenate non son niente, ma tuo padre è capace anche di mettermi le mani addosso!  Comincerà col dire che sono stata io, col latte che t’ho dato, a darti anche il tuo poco giudizio!

OTTAVIO -  Dio del cielo, come faccio a togliermi da questo casino?

SILVIA - Devevi pensarci prima di ficcartici dentro.

OTTAVIO -  Mi fai venire il latte alle ginocchia, con le tue prediche fuori tempo e luogo.

SILVIA - E tu me lo fai venire alle caviglie, a far le cose così senza testa!

OTTAVIO -  Che cosa devo fare?  Da che parte posso girarmi? Che cosa posso inventare?

           (Entra Scapino)

SCENA II

SCAPINO, OTTAVIO, SILVIA

SCAPINO - Che cosa c’è, signor Ottavio? Che cosa avete? Che cosa vi è successo? Chi è morto? Siete tutto agitato.

OTTAVIO - Ah, Scapino caro, sono perduto, distrutto, disperato... sono l’uomo più disgraziato del mondo!

SCAPINO - Oh quante arie!  E perché?

OTTAVIO - Non l’hai sentita la bella novità?

SCAPINO - No.

OTTAVIO - Sta per arrivare mio padre, col suo vecchio amico Geronte, e mi vogliono far sposare.

SCAPINO - Beh, che cosa c’è di tanto tragico?

OTTAVIO - Ahimè, si vede che tu non sai in che situazione mi trovo.

SCAPINO - No, ma se me la dite la saprò.  E io sono un grande risolutore di situazioni, e mi occupo molto degli affari dei giovanotti.

OTTAVIO - Ah, Scapino, se tu riuscissi a trovare un qualche marchingegno per tirarmi fuori da questo guaio, ti sarei debitore di ancor più che la vita!

SCAPINO - “Se... se”!...  Poche cose mi sono impossibili, una volta che decido di occuparmene. Bisogna riconoscere che Dio mi ha dato un raro talento per tutte quelle eleganti fantasie, spiritose invenzioni, alzate d’ingegno alle quali il volgo ignorante dà il banale nome di truffe.

                                    Senza false modestie posso dire

                                    che tra i monti più deserti,

                                    nei mercati più affollati,

                                    se tu chiedi chi è del mondo

                                    il più bravo truffaldino,

                                    anche l’eco ti risponde:

                                    Ma chi vuoi che sia?  Scapino.

                                    Re dell’inganno,

                                    signore del trucco,

                                    dio della beffa,    

                                    eroe dell’inciucio.

                                    Con il vecchietto,

                                    con la ragazza,

                                    col giovanotto

                                    che impazza d’amor,

                                    Non c’è sciagura

                                    d’amor, di danaro,

                                    cui il mio cervello

                                    non trovi riparo.

                                   

                                    Chi è nelle peste

chiama Scapino!

Scapino ti prego,

Scapino t’imploro!

Più amato del vino!

Più caro dell’oro!

Pronto a inventare

per giovani è belli,

mille e più trappole

mille tranelli.

Contro i vecchiacci

il padri, il tutore,

nemici alla vita

nemici all’amore.

Va tra i monti più deserti,

                                    nei mercati più affollati,

                                    chiedi chi in tutto il mondo

                                    della gioia della vita

                                    è il più strenuo paladino

anche l’eco ti risponde:

                                    Ma chi vuoi che sia?  Scapino.

Eh sì! Ma al giorno d’oggi i veri valori sono conculcati e oppressi, e io - dopo il guaio che mi è successo - ho deciso di ritirarmi.

OTTAVIO - Il guaio? Che guaio, Scapino?

SCAPINO - Una certa storia in cui abbiamo avuto a che ridire... io e la giustizia.

OTTAVIO - Tu e la giustizia?

SCAPINO - Sì. Devo dire che la giustizia mi ha trattato molto male, e io ho deciso di non aver più niente a che fare  con questo mondo ingrato.  Comunque... lasciamo perdere. Andate avanti con la vostra storia.

OTTAVIO - Dunque: tu sai, Scapino che due mesi fa mio padre col suo amico Geronte è partito per un viaggio d’affari, per certi interessi che avavano in comune.

SCAPINO - Lo so.

OTTAVIO - E sai anche che io e Leandro siamo stati lasciati qui, e affidati io alle cure di Silvestro, e Leandro alle tue.

SCAPINO - Anche questo lo so. Io sono stato perfetto.

OTTAVIO - Dopo un po’... Leandro si è innamorato di una giovane zingara.

SCAPINO - Figuratevi se non lo so.

OTTAVIO - E dal momento che siamo molto amici, Leandrò mi ha raccontato subito tutto, e mi ha anche portato a vedere la fanciulla; che io ho trovato bella sì, ma non tanto quanto lui avrebbe voluto. Tutti i momenti non faceva che parlarmi di lei, e di come era bella, e graziosa, e intelligente. E andava in estasi a raccondarmi delle loro conversazioni, riferendomi i suoi discorsi parola per parola, cercando di farmi vedere a tutti i costi quant’erano spiritosi e brillanti..  E sempre rinfacciandomi anche che secondo lui non mi entusiasmavo abbastanza, e che ero un insensibile, e che non capivo l’amore...

SCAPINO - Io non capisco dove volete arrivare.

OTTAVIO - Un giorno, mentre lo accompagnavo a far visita a quel miracolo vivente, da una casetta, in una stradetta fuori mano, sentiamo dei lamenti e dei singhiozzi.  Domandiamo che cosa succede.  E una donna, sospirando ci dice che lì avremmo potuto vedere, protagoniste delle donne forestiere, una scena veramente commovente.

SCAPINO - Voglio vedere dove andate a finire.

OTTAVIO - Curioso, dico a Lendro: “Andiamo a vedere”.  Entriamo in una stanza, e vediamo una vecchia che stava morendo, assistita da una serva che dava in grandi lamenti e da una fanciulla che si scioglieva in lacrime...  Scapino!, una fanciulla così bella, ma così bella!, e così commovente, ma così commovente!....

SCAPINO - Intuisco qualcosa!

OTTAVIO - Scapino: chiunque altra, in quelle condizioni, sarebbe stata orrenda! Aveva indosso una gonnellina miserando, una camiciola di rozza cotonina, un cuffietta gialla, sporca, da cui i capelli cadevano sulle spalle, spettinati, disordinati, incolti... Eppure, pur così conciata, Scapino, irradiava da tutta la persona una grazia celestiale, una divina bellezza...

SCAPINO - Sento che ci siamo!

OTTAVIO  (a poco a poco, in versi) - Si gettava sul corpo alla morente, e gemeva in singhiozzi “Mamma, mamma”!, e tutti intorno si scioglieano in pianto; ma non per la vegliarda che ne andava, bensì per lei che orfana restava!

SCAPINO - Fuochetto, fuochetto!

OTTAVIO (come sopra) - Le sue lacrime eran tutt’altra cosa, da quel pianto sgraziato e repellente, che ogni altro viso avrebbe deturpato;  un pianto commovente ed aggraziato, che il vederlo nobilita il dolore, e muove il cuore a dir “Qui regna amore”.

SCAPINO - Eccolo!

OTTAVIO (in prosa) - Insomma, per farla breve: ti saresti innamorato anche tu!

SCAPINO - Non c’è dubbio!

OTTAVIO - Un barbaro l’avrebbe amata! 

SCAPINO - Una tigra ircana, non c’è dubbio!

OTTAVIO - Ho cercato con  qualche frase di prammatica di placare il dolore della bella dolente, e siamo usciti.  Domando a Leandro che cosa gli era parso di colei, e lui risponde, tranquillo, “sì, abbastanza carina”.  “abbastanza carina”?!  Indispettito per tanta freddezza mi sono guardato bene dal dirgli quale effetto aveva provocato quella bellezza nell’animo mio.  Perché forse non l’hai capito, Scapino, ma io mi sono sentito...

SILVIA - Sentite, se non tagliate un poco, qui facciamo notte.  (A Scapino)  Da quel momento, il suo cuore è tutto un incendio. Muore, se non corre continuamente a consolare l’aorabile afflitta.  La cameriera, promossa a governante dopo la morte della madre, comincia a mettere dei veti a visita tanto frequenti. Lui si dispera: insiste, supplica, scongiura: niente da fare. La ragazza è povera e sola al mondo, ma viene da famiglia per bene, e i corteggiamenti devono avere come fine il matrimonio. Altrimenti...nix.  Difficoltà che naturalmente non fanno che aumentare il suo amore e il suo desiderio. Ci pensa, ci ripensa, discute, esita, ragione, decide: e dopo tre giorni l’ha bell’e che sposata.

SCAPINO - Ho capito.

OTTAVIO - A questo aggiungi che la fanciulla, ora moglie, è povera in canna,  e che io non ci posso far niente. Aggiungi anche il ritorno del padre, che era previsto se ne stesse via altri due mesi; lo zio che scopre il matrimonio segreto, la figlia del vecchio Geronte che gli si vuole dare in moglie...

SCAPINO - Ma il vecchio Geronte non è vedovo? E Leandro non è il suo unico figlio.

OTTAVIO - No! Che a Taranto ha avuto una seconda moglie, che gli ha dato appunto questa figlia.

SCAPINO - E poi?

OTTAVIO - Basta.

SCAPINO - Tutto qui? E in due che siete vi preoccupate tanto per una cosa del genere!  Ah, un bel guaio davvero!  (A Silvia)  Non ti vergogni, tu, ad annegarti così in un bicchier d’acqua? Accidenti: sei una donna, e dopo che da millenni il vostro sesso è schiavo degli uomini non hai ancora sviluppato un minimo di strategia difensiva, che vi permetta di sopravvivere?  E le bugie? E le moine? E le finte lacrime, e gli svenimenti?  Vi servono soltanto per accalappiare i giovanotti, i ragazzotti, i vecchiotti?..

SILVIA - Io?

SCAPINO - E non per truffarli, e per vendicarvi, tu e tutte le donne da che mondo è mondo? Puah!   Fossero capitati a me, ai miei tempi, quei due vecchi barbogi! Li avrei sistemati di barba e capelli, anche quand’ero grande così, che già ero celebre per cento tiri, uno più bello dell’altro.

SILVIA - E va bene, ammetto: il Padreterno non m’ha dato le tue doti... e per quelle che m’ha dato, credo che ormai sia un po’ tardi....

OTTAVIO - Oh, ecco la mia adorabile Giacinta!...

           (Entra Giacinta)

SCENA III

GIACINTA, OTTAVIO, SCAPINO, SILVIA

GIACINTA - Ah, Ottavio, è vero quel che la balia ha detto a Nerina: che tuo padre è di ritorno, e che vuol farti sposare?

OTTAVIO - Sì, bella Giacinta, e mi vedi qui disperato! Ma tu piangi? Perchè queste lacrime?  Dubiti forse dell’amor mio, e sospetti che io possa esserti infedele?

GIACINTA - No, Ottavio, sono sicura del tuo amore, ma  mi chiedo se sarà così per sempre.

OTTAVIO - Come?  Si può forse amarti senza amarti per la vita?

GIACINTA - Ho sentito dire, Ottavio, che non conoscono amori duraturi come le donne, e che la passione che a volte dimostrano si estingue con la stessa facilità con cui si accende..

OTTAVIO - No, mia adorata Giacinta, il mio non è fatto come quello degli altri uomini: io ti amerò fino alla tomba.

GIACINTA - Voglio credere che davvero tu senta quel che dici, e che le tue parole siano sincere. Ma io temo gli ostacoli che i tuoi sentimenti potranno incontrare, se davvero tuo padre vuol farti sposare un’altra donna. Cosa che, se accadrà, mi farà morir di dolore..

OTTAVIO - No, mia meravigliosa Giancinta, nessun padre al mondo, compreso il mio, potrà costringermi a mancarti di fede. Piuttosto che lasciare te sono pronto a lasciare la mia casa, il mio paese, la vita istessa.  Non ho mai visto quella che mio padre mi destina, ma già mi ripugna in modo spaventoso. E - non per augurarle del male - ma vorrei che il mare l’inghiottisse per sempre. Non piangere dunque, ti prego, mia adorabile Giacinta, perché le tue lacrime sono per me altrettanti colpi al cuore.

GIACINTA - Se così vuoi, farò in modo di non piangere, e attenderò pazientemente quel che il cielo vuol fare di me.

OTTAVIO - Il cielo esaudirà i nostri voti.

GIACINTA - Io gli chiedo soltanto che tu mi ami.

OTTAVIO - Ti amerò per sempre.

GIACINTA - Non  voglio altro.

(Canta)            Vivo d’aria, vivo d’amore

                        non chiedo altro, per essere felice.

                        Un tetto, un letto, domenica alla messa,

                        e accanto a me il mio amore che mi dice:

OTTAVIO (a squarciagola, pavarotto) -   T’aaaamoooo!

GIACINTA -               Ori non voglio, né vesti di broccato,

                                    né tutto ciò che ad onestà non lice.

                                    Un focolare, ed un bambino all’anno,

                                    e accanto a me il mio amore che mi dice:

OTTAVIO (a squarciagola, pavarotto) -   T’aaaamoooo!

GIACINTA (parlato, mammola) - Ecco, io sono fatta così: non voglio altro!

SCAPINO (a parte) - Parola mia, questa è tutt’altro che stupida! E mi sembra anche passabile.

OTTAVIO (indicando Scapino) - Ecco qui: questo è un amico, che se volesse potrebbe esserci di eccezionale aiuto.

SCAPINO - Ho giurato e rigiurato di non occuparmi mai più dei fatti degli altri. Ma se voi insistete e mi scongiurate, tutti e due, può anche darsi che...

OTTAVIO - Ah, se basta questo, io ti scongiuro con tutto il cuore di prendere il timone della nostra barca...

SCAPINO (a Giacinta) - E voi non dite niente?

GIACINTA - Anch’io, come Ottavio, vi scongiuro, per tutto ciò che di più caro avete al mondo...

SCAPINO - Va bene, non bisogna essere troppo insensibili, e farsi troppo pregare. Mi darò da fare per voi.

OTTAVIO - E sii certo che...

SCAPINO - Sssst!...  (A Giacinta)  Via! Voi andatevene via tranquilla...  (Ad Ottavio)  ... e voi preparatevi ad affrontare vostro padre.

OTTAVIO - Al solo pensiero comincio a tremare.  Sono molto timido di natura...

SCAPINO - E invece dovrete mostrarvi fermo e deciso, altrimenti lui approfitterà della vostra debolezza per trattarvi subito come un bambino.  Facciamo un po’ di prove.  Mettetevi in posa. Testa alta, petto in fuori, saldo sulle gambe... E adesso, un po’ di faccia tosta, e vediamo come reagite a quello che potrebbe dirvi. 

OTTAVIO - Proviamo.

SCAPINO - Su. Io sono vostro padre.  Aria decisa... mascella quadra... sguardo fermo...

OTTAVIO - Così?

SCAPINO - Un po’ di più.

OTTAVIO - Così?

SCAPINO - Abbastanza bene.  Ecco vostro padre che arriva. Fuoco!  “Ah, come, disgraziato, buono a nulla, infame, figlio indegno di cotanto padre che sono io!  E tu osi dunque comparirmi davanti agli occhi, dopo quel che hai fatto, dopo il tiro mancino che m’hai giocato in mia assenza?  E’ questo il frutto delle mie cure, scellerato?  Questa la ricompensa per tutti i sacrifici che ho fatto per te?  Così mi rispetti? Questo è riguardo che nutri per i miei capelli bianchi?”    E allora?  Forza!   “Tu hai osato, furfante, impegnarti con una donna senza l’approvazione di tuo padre, e di sposarti clandestinamente? Vuoi rispondere, scellerato?  Rispondi!  Sentiamo un po’ cos’hai da dire a tua discolpa!”   Oh, diavolo!  Cosa ve ne state lì come un salame!...

OTTAVIO - E’ che mi sembravi davvero mio padre.

SCAPINO - Certo!  Ma proprio per questo non dovete fare la mammola!

OTTAVIO - Cercherò di farmi coraggio e vedrai che stavolta ti rispondo a tono.

SCAPINO - Sicuro?

OTTAVIO - Vai tranquillo.  Riproviamo.

SCAPINO - Ecco vostro padre che arriva.

OTTAVIO - Oddio, sono perduto!

SCAPINO - Olà!  Ottavio, restate qui: dove andate?  Ottavio!  Tagliata la corda!  Che mezza cartuccia!  E va bene: affronteremo noi il vecchio.

SILVIA - Cosa diavolo gli dico?

SCAPINO - Lascia dire a me.  Tu, fammi da spalla.

           (Esce Ottavio, entra Argante)

SCENA IV

ARGANTE, SCAPINO, SILVIA

ARGANTE (credendosi solo) - Si è mai visto un figlio comportarsi così?

SCAPINO (a Silvia) - Ha saputo già tutto, ed eccolo lì che ne parla anche da solo.

ARGANTE (credendosi solo) - Ci vuol davvero una bella faccia tosta.

SCAPINO (a Silvia) - Stiamo a sentire.

ARGANTE (credendosi solo) - Voglio proprio vedere che cosa mi verranno a dire di questo bel matrimonio.

SCAPINO (a parte) - Adesso lo sentirai.

ARGANTE (credendosi solo) - Prima di tutto, cominceranno a dire che non è vero.

SCAPINO (a parte) - Non ci pensiamo neanche.

ARGANTE (credendosi solo) - Poi cercheranno di giusticarsi.

SCAPINO (a parte) - Già più possibile.

ARGANTE (credendosi solo) - Forse si illudono di poter menare il can per l’aia con chissà quali storie.

SCAPINO (a parte) - Molto probabile.

ARGANTE (credendosi solo) - Ma i loro discorsi non serviranno a niente.

SCAPINO (a parte) - Questo lo vedremo.

ARGANTE (credendosi solo) - Certo non riusciranno a darmela a bere.

SCAPINO (a parte) - Le ultime parole famose.

ARGANTE (credendosi solo) - E quel furfante di mio figlio lo metterò sotto chiave.

SCAPINO (a parte) - Buono a sapersi.

ARGANTE (credendosi solo) - E quella sciagurata di Silvia, la caccerò di casa!.

SILVIA (a Scapino) - Volevo ben dire che si dimenticasse di me!

ARGANTE (scorgendo Silvia) - Ah, ah! Eccola qui, dunque, la saggia guida delle famiglie, la buona balia del mio figliolo!

SCAPINO - Signor Argante, lieto di vedervi, bentornato.

ARGANTE - Grazie, Scapino.  Buongiorno a te. (A Silvia)  Li hai eseguiti proprio bene i miei ordini, in mia assenza; e mio figlio si è comportato proprio con grande giudizio.

SCAPINO - State molto bene, a quanto vedo.

ARGANTE - Sì, non c’è male, grazie. (A Silvia)  E allora, Silvia, non dici niente?  Eh?

SCAPINO - Tutto bene il viaggio?

ARGANTE - Oh dio mio! Sì, molto bene, grazie. Ma mi vuoi lasciar litigare in pace?

SCAPINO - Volete litigare?

ARGANTE - Sì, voglio litigare.

SCAPINO - Ma e con chi?

ARGANTE (indicando Silvia) - Con quella sciagurata là!

SCAPINO - E perché?

ARGANTE - Non hai sentito niente di quel che è successo mentr’ero via?

SCAPINO - So che c’è stato un incidentino?

ARGANTE - Incidentino?  Incidentino una roba del genere?

SCAPINO - Non avete tutti i torti.

ARGANTE - Una strafottenza come questa?

SCAPINO - Sì, c’è del vero...

ARGANTE - Un figlio che si sposa senza neanche avvertire suo padre!

SCAPINO - Sì, non è stato molto bello. Ma secondo me non dovreste far tanto chiasso.

ARGANTE - E secondo me invece faccio tutto il chiasso che voglio. Ma come!  Secondo te io non ho più che ragione di andare in collera?

SCAPINO - Senz’altro! Anch’io, come ho saputo la cosa, mi sono incazzato come una formica!  E proprio pensando a voi ho anche litigato con vostro figlio. Domandateglielo un po’, le urlate che gli ho fatto, e come l’ho catechizzato di barba e capelli, per questa mancanza di rispetto per un padre di cui dovrebbe baciare la terra dove passa!  Neanche voi in persona avreste potuto dir di più o di meglio. Ma cosa volete che vi dica! Anch’io, a un certo punto, ho dovuto arrendermi alla ragione; e riconoscere che in fondo in fondo, non ha poi tutti i torti come sembrerebbe di primo acchito.

ARGANTE - Ma cos’è che vieni a raccontarmi?  Non avrebbe tutti i torti uno che di punto in bianco prende su e si sposa con la prima che passa?

SCAPINO - Cosa volete che vi dica? Destino! 

ARGANTE - Ah, questa è la più bella di tutte!  Uno imbroglia, ruba, assassina, e poi dice: non è colpa mia: destino!

SCAPINO - Dio mio, voi prendete quel che dico da un lato troppo filosofico. Io voglio semplicemente dire che vostro figlio si è trovato fatalmente impegnato in questa storia.

ARGANTE - Impegnato perché?

SCAPINO - Perché, perché!...  Vorreste che fosse saggio e prudente come voi, alla vostra età?  I giovani sono giovani, e non hanno la maturità necessaria a comportarsi sempre e soltanto con giudizio. Dimostrazione, il nostro Leandro: che malgrado tutti i miei insegnamenti e le mie prediche è riuscito a far peggio ancora che vostro figlio.  Ma dico io: non siete stato giovane anche voi?, e non avete, anche voi, ai vostri tempi, fatto le vostre mattane come gli altri?  Ho sentito dire, per esempio, che a suo tempo non è che abbiate girato molto al largo dalle donne, che  quelle belle piacevano anche a voi, e che una volta puntata una preda non c’era più posto per nessuno.

ARGANTE - Questo è vero, posso essere  d’accordo. Ma io mi sono sempre tenuto alle avventurette, e mai sono arrivato a fare quel che ha fatto lui!

SCAPINO - Ma cosa volete che facesse?  Incontra una ragazza che si innamora di lui. (Perché questo lo ha preso da voi:il fatto di piacere alle donne.) Lei è deliziosa. Lui la va a trovare, le mormora le solite paroline dolci, sospira, si appassiona. Lei non resiste (anche questo lo ha preso da voi: che non gli resistono)  Lui non si lascia scaoppare l’occasione.  Ma ecco che sul più bello arrivano i genitori di lei, i quali - armi alla mano - gli dicono: “e adesso la sposi!”

SILVIA (a parte) - Che fantasia!  Altro che una donna!

SCAPINO - Preferireste che si fosse lasciato uccidere?  Sempre meglio sposato che morto.

ARGANTE - Nessuno me l’aveva detto che era andata così.

SCAPINO (indicando Silvia) - Domandateglielo anche a lei, se non vi fidate di me.

ARGANTE (a Silvia) - E’ vero che è stato obbligato a sposarsi?

SILVIA - Eh?

SCAPINO - Silvia, non rimembri più?...

SILVIA - Ah, sì, è verissimo.

SCAPINO - Volevate che vi dicessi una cosa per un’altra?

ARGANTE - Ma allora mio figlio doveva andare subito dalle forze dell’ordine a denunciare la violenza subita.

SCAPINO - Proprio quello che non ha voluto fare.

ARGANTE - Adesso sarebbe più facile, per me, annullare il matrimonio.

SCAPINO - Vorreste annullare il matrimonio?

ARGANTE - Certo!

SCAPINO - Ma no che non lo annullate.

ARGANTE - Non lo annullo?

SCAPINO - Ma dài!

ARGANTE - Non sono nel mio buon diritto, vista la violenza che gli è stata fatta.

SCAPINO - Su questo... non so se lui sarà del tutto d’accordo.

ARGANTE - Non sarà d’accordo.

SCAPINO - Uhm!

ARGANTE - Mio figlio?

SCAPINO - Vostro figlio. Dovrebbe ammettere di essere stato un fifone, e di aver fatto quello che ha fatto perché costretto con le minacce. Neanche per sogno!  Sarebbe fare un torto a voi, mostrarsi indegno di un padre come voi.

ARGANTE - Di questo non me ne importa un fico secco.

SCAPINO - Per il suo onore, per il vostro onore, deve dire in giro di averla sposata in tutta libertà.

ARGANTE - E io invece voglio che dica tutto il contrario.

SCAPINO - Sono sicuro che non lo farà.

ARGANTE - Ci penso io a farglielo fare.

SCAPINO - Non lo farà: ve lo dico io.

ARGANTE - Lo farà: se no lo diseredo.

SCAPINO - Voi?

ARGANTE - Io.

SCAPINO - Lui?

ARGANTE - Lui.

SCAPINO - Bah!

ARGANTE - Come sarebbe, bah!

SCAPINO - Voi non potete diseredarlo.

ARGANTE - Io non posso diseredarlo?

SCAPINO - No.

ARGANTE - No?

SCAPINO - No.

ARGANTE - Oh, bella, questa è curiosa: io non posso diseredare mio figlio!

SCAPINO - Io dico di no.

ARGANTE - E chi me lo impedisce?

SCAPINO - Voi stesso.

ARGANTE - Io?

SCAPINO - Non ne avrete il coraggio.

ARGANTE - Lo avrò, eccome!

SCAPINO - Voi scherzate.

ARGANTE - Non scherzo affatto.

SCAPINO - Ci penserà l’amore paterno.

ARGANTE - L’amore paterno non ci penserà un bel niente.

SCAPINO - Sì, sì...

ARGANTE - Vedrai se non farò così!

SCAPINO - Balle.

ARGANTE - E tu non dire “balle”!

SCAPINO - Io vi conosco, voi siete un buono.

ARGANTE - Io non sono affatto un buono; e quando voglio so essere cattivo.  E poi smettiamola con questi discorsi, che servono solo a farmi venire il mal di fegato!

           (Cantato)

                          Io non sono affatto un buono.

                          ho la testa sulle spalle,

                          e se occorre - e quando occorre -

                          so tirar fuori... il pugnalle!

                         

                          Ora vado da Geronte  

                          a narrargli di mio figlio!        

(A Silvia)            Tu rintraccia quel furfante!

(A Scapino)        Tu vedrai, come lo piglio...

                          che non sono affatto un buono

                          e che preso pe’i fondelli

                          so ben essere cattivo,

                          di vendetta far sfracelli!

          

                 (Esce)

SCENA V

SCAPINO, SILVIA

SILVIA - Riconosco che sei grande, e mi pare proprio che le cose si mettano bene. Ma per vivere abbiamo bisogno di soldi, e invece siamo circondati da gente che ci ringhia contro.

SCAPINO - Lascia fare a me. La macchina è montata. Adesso sto cercando nel cervello una persona fidata, per farle far la parte di un personaggio che mi occorre.  Un momento!...  Fatti vedere. Su bella dritta!  Calcati quella cuffia in testa di sbieco, alla Gian Gabino!  Gambe larghe, petto in fuori... Fa finta di essere un maschio! Non dovresti neanche far tanta fatica: i baffi ce li hai. Prova a camminare avanti e indietro, passi lunghi, solenne, come un re da teatro!   Così va bene.  Vieni con me.  Ho dei trucchi segreti per camuffarti anche il viso e la voce.

SILVIA - L’unica cosa, mi raccomando: non voglio  guai con la giustizia.

SCAPINO - Sù, sù: chi non risica non rosica. Risicheremo insieme, da bravi fratelli. Non saranno tre anni di galera in più o in meno ad arrestare i nobili impulsi del nostro cuore.

SILVIA - Sì, ma invece dei nobili impulsi se arrestano noi...

SCAPINO - Se ci arrestano?  Nessun problema.

                                    Se ci arrestano.

                                    la soluzione

                                    la si trova in un momento.

                                    Basta fingere

                                    puntualmente

                                    un sincero pentimento.

                                    E’ il più bel mestiere    

                                    quello del pentito:

                                    nessun ti fa più niente,

                                    stipendio garantito.

                                    Basta dire: son pentito!

                                    Son pentito e son contrito!

                                    Basta dire quel che sai,

                                    e anche quello che non sai!

                                    Su proviamo: dì con me

                                    Siam pentiti, siam contriti!

                                    Ma finchè non ci pentiamo

                                    facciam pur quel che vogliamo!

                

SCAPINO E SILVIA    Siam pentiti, siam contriti,

peccatori convertiti!

                                    Ma finchè non ci pentiamo

                                    facciam pur  quel che vogliamo

                         

                                   

                

                                   

           (Escono.)                                                                                                                  


ATTO SECONDO

SCENA I

GERONTE, ARGANTE

GERONTE - Sì, non c'è dubbio: il tempo è bello, e i nostri saranno qui  oggi senz'altro. Un marinaio arrivato da Taranto mi ha detto di aver visto il mio agente che stava per imbarcarsi.  Il guaio è che mia figlia troverà le cose molto mal messe, per quel che riguarda i nostri progetti. Quel che mi avete detto di vostri figlio, manda a carte quarantotto tutti gli accordi che avevamo preso.

ARGANTE - Non proccupatevi. Adesso andrò subito a darmi da fare per eliminare questo ostacolo.

GERONTE - Va bene. Ma volete che vi dica davvero come la penso? L'educazione di un figlio è una cosa che va presa molto sul serio.

ARGANTE - Senza dubbio. Ma a che proposito?

GERONTE - A  proposito del fatto che quando un figlio si comporta male, la colpa è quasi sempre di come suo padre l'ha educato.

ARGANTE - Può succedere. Ma perchè lo dite a me.

GERONTE - Perchè lo dico a voi?

ARGANTE - Sì. Perchè?

GERONTE - Perchè se voi, come padre, lo aveste educato con più giudizio, lui non vi avrebbe fatto il tiro che vi ha fatto.

ARGANTE - Ho capito. Sarebbe a dire che il vostro l'avete educato meglio?

GERONTE - Senza dubbio. Una cosa così, a me, mai me l'avrebbe fatta.

ARGANTE - E se questo bravo figlio, che voi avete educato così bene, si fosse comportato ancora peggio del mio?  Eh?

GERONTE - Come?

ARGANTE - Come, "come"?

GERONTE - Come sarebbe a dire.

ARGANTE - Sarebbe a dire, signor Geronte caro, che bisogna andarci piano con le critiche agli altri. E che prima di far le pulci in casa d'altri sarebbe meglio dare un'occhiata in casa propria, che per caso non ci siano dei pidocchi.

GERONTE - Questo indovinello non lo capisco.

ARGANTE - Trovate qualcuno che ve lo spieghi.

GERONTE - Per caso avete sentito qualcosa sul conto di mio figlio?

ARGANTE - Ho sentito e non ho sentito.

GERONTE - Sì, ma che cosa?

ARGANTE - Scapino, il vostro Scapino, m'ha accennato a qualcosa a grandi linee. Per saperne di più, sentite lui o chi altri volete.  Io corro subito da un avvocato, a sentire che cosa mi conviene fare. Ci vediamo più tardi.

           (Esce Argante)

SCENA II

LEANDRO, GERONTE

GERONTE (solo) - Che cosa potrebbe essere?  Peggio ancora di suo figlio? Io non vedo che cosa può eserci di peggio che sposarsi di nascosto, senza il consenso del poprio padre.  Ah, eccoti qua!

LEANDRO (correndo a lui per abbracciarlo)- Ah, papà, che gioia finalmente vedervi tornato a casa!

GERONTE (rifiutando l'abbraccio)- Calma un momento. Parliamo prima di cose serie.

LEANDRO - Ma lasciate almeno ch'io vi abbracci...

GERONTE (respingendolo ancora) - Ho detto: calma e gesso. Prima c'è una cosa che dobbiamo mettere in chiaro.

LEANDRO - E cioè?

GERONTE - Vieni qui: lasciati guardare in faccia.

LEANDRO - Perchè?

GERONTE - Guardami bene negli occhi.

LEANDRO - Ecco qua.

GERONTE - Si può sapere che cosa è successo?

LEANDRO - Che cosa è successo?

GERONTE - Sì. Che cos'hai fatto durante la mia assenza.

LEANDRO - Papà, padre mio: che cosa volete che abbia fatto?

GERONTE - Non c'entra quel che voglio che tu abbia fatto. Ti sto chiedendo che cos'è che hai fatto?

LEANDRO - Io? Niente!  Niente di cui possiate lamentarvi.

GERONTE - Proprio niente?

LEANDRO - Niente.

GERONTE - Sembri piuttosto deciso.

LEANDRO - E' perchè ho la coscienza tranquilla.

GERONTE - Scapino, però, racconta in giro varie cose che...

LEANDRO - Scapino?

GERONTE - Ah, ah, hai cambiato faccia!

LEANDRO -  Che cosa vi ha detto Scapino?

GERONTE - Non è il caso di chiarire qui questa faccenda: meglio parlarne altrove. Tu torna a casa. Ci verrò anch'io tra poco. Ah, sciagurato figlio! Se davvero hai fatto tanto da disonorarmi, di disconosco, ti rinnego, di diseredo... E ti conviene sparire dalla mia vista per sempre!

           (Esce Geronte.)

SCENA III

OTTAVIO, SCAPINO, LEANDRO

LEANDRO (solo) - Scapino... allora mi ha tradito!  Ah, mascalzone: propio lui, che dovrebbe avere mille motivi per tener segreto tutto quel che gli confido, è il primo a raccontare tutto a mio padre! Ah, giuro a dio che questa me la paga!

           (Entrano Ottavio e Scapino)

OTTAVIO - Mio caro Scapino, sei un fenomeno, mai riuscirò a sdebitarmi per quel che hai fatto.  E ringrazio Iddio che ti ha mandato in mio aiuto.

LEANDRO - Ah, ah, eccoti qua! Tu non sai che piacere rivederti, signor furfante.

SCAPINO -  Servo vostro, signore. Troppo gentile.

LEANDRO (impugnando la spada)- Non far tanto lo spiritoso! Adesso ti insegno io...

SCAPINO (cadendo in ginocchio)-  Signore...

OTTAVIO (mettendosi tra i due per impedire a Leandro di colpirlo) - Ah, Leandro!

LEANDRO -  Ottavio, per piacere, lasciami fare.

SCAPINO -  Eh, signore!...

OTTAVIO (trattenendolo)-  Calma, calma!..

LEANDRO (cercando di colpire Scapino)- Lascia che mi sfoghi....

OTTAVIO -  In nome nella nostra amicizia, Leandro, non fargli del male...

LEANDRO - Voglio solo ammazzarlo...

SCAPINO -  Ma signore, che cosa vi ho fatto?

LEANDRO (cercando di colpirlo) -  Che cosa mi hai fatto, traditore?

OTTAVIO (trattenedolo) -  Sù, sù, calma.

LEANDRO - Calma un corno, Ottavio. Voglio che questo disgraziato mi confessi qui sui due piedi, la pugnalata che m'ha dato alle spalle.  Sì, sciagurato, me l'han detto un attimo fa quel che mi hai fatto. Non te l'aspettavi, eh?, che la cosa non sarebbe rimasta segreta! Ma io voglio sentirtelo confessare qui davanti a tutti, altrimenti ti passerò da parte a parte.

SCAPINO - Ah, signore, e voi davvero avreste il coraggio....

LEANDRO - Parla!

SCAPINO - Ma non so assolutamente che cosa vogliate dire.

LEANDRO - Prova un po' a interrogare la tua coscienza.

SCAPINO -  Non ne sa niente neanche lei!

LEANDRO (avanzandosi per colpirlo) -  Ah, è così, è?

OTTAVIO (trattenendolo)- Leandro!...

SCAPINO -  E va bene, signore, se proprio insistete, lo confesso: confesso che io e i miei amici ci siamo bevuti quel mezzo ettolitro di vino di Spagna che vi avevano regalato la settimana scorsa; e che sono stato io a fare quello spacco nella botte, e a spendere un po' di vino per terra, per far credere che fosse stato un incidente.

LEANDRO -  Ah, e io che ho tanto sgridato la serva, credendo che fosse stata colpa sua!  Te lo se bevuto tu, il mio vin di Spagna!

SCAPINO -  Sì, signore: però vi chiedo perdono.

LEANDRO -  Mi fa piacere averlo saputo.  Ma adesso non è questo che mi interessa?

SCAPINO -  Non... non è questo?

LEANDRO -  No. C'è un'altra cosa che mi interessa molto più da vicino: ed è questa che voglio sentirti confessare!

SCAPINO -  Signore, io proprio non mi ricordo altro!

LEANDRO (cercando di colpirlo)- E allora...

SCAPINO -  Eh!

OTTAVIO (trattenendolo) -  Calma, calma.

SCAPINO -  Ah, sì, ecco: adesso me lo ricordo! Quell'orologino, che qualche giorno fa mi avete mandato a portarlo a quella zingarella di cui vi siete innamorato...  Sono tornato a casa tutto sporco di fango, con la faccia piena di sangue, e vi ho detto che dei ladri m'vavean picchiato e portato via l'orologino. Beh: non era vero, lo confesso: me lo sono tenuto io.

LEANDRO -  Tu ti sei tenuto il mio orologio.

SCAPINO -  Sì, signore, ma solo per sapere sempre che ora è.

LEANDRO -  Ah, ah, qui si vengono a scoprire un sacco di cose interessanti! Bel servitore fidato che ho! Ma non è neanche questo quel che volevo sapere.

SCAPINO -  Neanche questo?

LEANDRO -  No!

SCAPINO -  Accidenti!

LEANDRO -  Un'altra è la cosa che voglio sentirti confessare. Sù, parla: ho fretta.

SCAPINO -  Signore, davvero, non c'è altro!

LEANDRO (cercando di colpirlo) -  Ah, non c'è altro, eh?

OTTAVIO (mettendoglisi davanti)-  Sù, sù, calma!...

SCAPINO -  E va bene. C'è un'altra cosetta: vi ricordate quella specie di lupo mannaro che una notte, un po' di tempo fa, vi ha riempito di bastonate, tanto che voi, scappando, sete caduto in una cava e a momenti vi rompete l'osso del collo? Ve lo ricordate?

LEANDRO -  Vuoi che non me lo ricordi?

SCAPINO -  Beh, non era un lupo mannaro: ero io.

LEANDRO -  Ah, non era un lupo mannaro: eri tu?

SCAPINO -  Sì, signore. Ma l'ho fatto a fin di bene, per mettervi un po' di paura, e farvi smettere di andare giro la notte, col rischio di incontrare qualcuno che vi riempisse di bastonate.

LEANDRO -  A tempo e luogo faremo i conti, per tutto questo che son venuto a sapere. Ma adesso voglio venire al fatto che n'interessa, e sapere da te tutto quello che hai detto a mio padre.

SCAPINO -  A vostro padre?

LEANDRO -  Sì, furfante: a mio padre.

SCAPINO -  Ma se da qundo è tornato non l'ho neanche visto!

LEANDRO -  Neanche visto?

SCAPINO -  Nossignore.

LEANDRO -  Sei sicuro?

SCAPINO -  Sicurissimo. Chiedetelo anche a lui.

LEANDRO -  Ma se è proprio da lui che l'ho saputo.

SCAPINO -  Mi dispiace per voi e per papà: non ha detto la verità.

(Entra Nerina.)

SCENA IV

NERINA, SCAPINO, LEANDRO, OTTAVIO

NERINA - Signor Leandro....

LEANDRO - Ah, Nerina! Come mi balza in petto il cuore nel vederti!

SILVIA - Signore...

LEANDRO - Che notizie mi porti?

NERINA - Ecco... stavo giusto per dirvi...

LEANDRO - Tu sei per me la più invidiata tra le donne, tu che accudisci colei che amo!

SILVIA - Signore...

LEANDRO - Parla, parla, dimmi,  Oh, io come invidio i tuoi occhi che tutto il giorno possono bearsi della vita di colui...

NERINA - Sì, ma adesso...

LEANDRO - Parla, parla...   Queste tue mani che possono carezzarla a loro piacimento...

NERINA - Sì, ma signore...

LEANDRO - Parla, parla...

NERINA - E lasciatemi parlare allora!...  Devo darvi una notizia molto seccante...

LEANDRO -  E cioè? 

NERINA (cantato) -

                          Gli zingari han deciso

                          di andarsene di qua:

                          la vostra Zerbinetta

                          per sempre partirà.

                          Le lagrime agli occhi,

                          la voce tremante,

                          mi ha detto: “Il mio amato

                          raggiungi all’istante.

          

                          Che porga orecchio

                          al mio dolore:

                          trovi quei soldi

                          entro due ore.”

LEANDRO -  Entro due ore?

NERINA - Non un minuto di più.

LEANDRO - E tanto hai tardato a dirmelo, perdendoti nel frattempo in inutili ciance?

NERINA - Vedete voi quel che potete fare, ma fatelo prestp!

(Esce Nerina.)

LEANDRO -  Ah, mio caro Scapino, ti supplico: aiutami tu!

SCAPINO (passandogli davanti con aria fiera) -  "Ah, mio caro Scapino"!  Nell'ora del bisogno di me... divento il "mio caro Scapino".

LEANDRO -  Ascolta: ti perdono tutto quello che hai detto, e - peggio ancora - che hai fatto.

SCAPINO -  Ma no, no: non pedonatemi niente. Passatemi da parte a parte come avete detto. Non vedo l'ora di essere ammazzato da voi.

LEANDRO -  Tu mi sei troppo prezioso. Ti prego: tira fuori anche per me quella tua meravigliosa capacità di superare ogni ostacolo e di spuntarla sempre su tutto e su tutti.

SCAPINO -  Ma no, io sono uno sciagurato traditore! Molto meglio ammazzarmi.

LEANDRO -  Ah, per piacere, smettila con questa storia! Pensa piuttosto a come tirami fuori da questo pasticcio.

SCAPINO -  Dopo una scenata come quella che m'avete  appena fatto?

LEANDRO - Dimentica la mia collera, ti scongiuro!...

OTTAVIO -  Scapino...  perdonalo!  

LEANDRO - Musica.

           (Canta)            

                   Perdona, deh, perdona,

                                    com’io t’ho perdonato.

                                    Dimentica gli insulti,

accogli il mio rimorso,

deh scendi dalle stelle

e vieni in mio soccorso.

OTTAVIO                            Perdona, deh, perdona,

                                    com’ei t’ha perdonato.

                                    Dimentica gli insulti,

accogli il suo rimorso,

deh scendi dalle stelle

e vieni in suo soccorso.

SCAPINO -                 Troppo forte è l’insulto subito

                                    perch’io possa colui perdonar.

                                    Voglio proprio non muovere un dito,

                                    e Leandro vedersi dannar!

OTTAVIO (parlato) - Scapino, a me sembra che possa bastare.

SCAPINO -  Non ne sono sicuro. Quant'è che vi occorre?

LEANDRO -  Cinquecento scudi.

SCAPINO - Troppo, non se ne fa niente!

LEANDRO - Ti supplico.

SCAPINO -  E a voi?

OTTAVIO -  Duecento luigi.

SCAPINO - Impossibile, non me la sento: sono ancora troppo offeso.

LEANDRO - Cos’altro possiamo fare per lenire l’offesa!..

OTTAVIO - T’abbiamo supplicato!...

LEANDRO - Cosa vuoi: vedermi ai tuoi piedi?

SCAPINO - Eh, perché no?

           (Pausa di perplessità... Poi:

LEANDRO - Musica.

           (Si inginocchia, e canta)

         Scapino, ai tuoi ginocchi

                                    eccomi inginocchiato.

                                    Se occorre che t’implori

                                    eccoti qui implorato.

OTTAVIO -                Scapino, ai tuoi ginocchi

                                    eccolo inginocchiato.

                                    Se occorre ch’ei t’implori,

                                    eccoti qui implorato...

SCAPINO  -                Dio del cielo, qual gioia feroce

                                     balenarmi negli occhi vegg’io.

                                     In ginocchio davanti al suo servo

                                     implorante ecco qui il signor mio!

                                     

                                     Ma esultante, si placa il mio cuore,

                                     e vedrete nell’atto secondo

                                     di che cosa è capace Scapino

                                     il più furbo tra i furbi del mondo.

                                   

OTtAVIO E

LEANDDRO -              Finalmente si placa il suo cuore,

                                     e vedremo nell’atto secondo

                                     di che cosa è capace Scapino

                                     il più furbo tra i furbi del mondo.

                                   

                                   

                                    Fine del primo tempo

 

SCENA V

ARGANTE, SCAPINO

SCAPINO (a parte)- Eccolo lì che rumina.

ARGANTE (credendosi solo) - Comportarsi in questo modo, senza il minimo giudizio! Andarsi a cacciare in questo impegno!  Ah, ah, gioventù senza testa!

SCAPINO - Signore, salutiamo!

ARGANTE - Buongiorno, Scapino.

SCAPINO - State pensando, suppono, a quella storia di vostro figlio.

ARGANTE - Ti confesso che per me è un terribile dispiacere.

SCAPINO - Signor Argante, la vita è una ragnatele di imprevisti, e saggio è chi è sempre preparato al peggio.  Io mi ricorderò sempre quel che diceva uno scrittore antico, e che ho sentito tanto tempo fa.

ARGANTE - E che cosa diceva?

SCAPINO - Che quando un padre di famiglia si assenta da casa, foss'anche per poco tempo, non deve mai dimenticare le brutte novità che può trovare quando torna. Csa bruciata, soldi rubati, moglie morta, figlio storpiato, figlia sedotta. Così poi, quando torna e trova che qualcosa di questo non gli è successo, è tutto contento e si sente fortunato.  Io, nel mio piccolo, ho sempre seguito questo consiglio; ogni volta che torno a casa mi aspetto i miei padroni in collera, con conseguenti scenate, insulti, calcinculo, bastonate, frustate, eccetera eccetera. E se poi qualcosa di questo viene a mancare, dico: "beh, mi è andata bene".

ARGANTE - Ottimamente. Ma questo maledetto matrimonio impedisce l'altro matrimonio che avevamo combinato, e questo non mi va giù. E infatti torno adesso dall'avvocato, che vedrà come farlo annullare.

SCAPINO - Secondo me, signore, dovreste cercare di sistemare la cosa per altre vie. Non lo sapete come funziona la giustizia in questo paese?

ARGANTE - Hai ragione, lo so anch'io. Ma altre vie quali?

SCAPINO - Io credo di averne trovata una. Vi ho visto così abbacchiato che mi sono sentito in dovere di cercare nella mia testa un... non so che modo, per togliervi da questo dispiacere.  Perchè io, come vedo un vechio padre soffrire per un giovane figlio... non riesco a non pensarci.  A parte la simpatia, l'affetto, la stima che provo da sempre, in particolare, per voi.

ARGANTE - Sei molto gentile.

SCAPINO - Dunque. sono stato a parlare con il fratello della ragazza che vostro figlio ha sposato.  E' uno di quei bravacci di professione, tutto colpi di spada, che non parla d'altro che di spaccar la testa a questo, che di fare un coso così a quello, e per i quali tra l'ammazzare un uomo e mandar giù un bicchiere di vino non c'è nessuna differenza. Ho portato il discorso su questo matrimonio, gli ho fatto capire che a voi non vi ci voleva niente per farlo annullare, dato che c'è di mezzo la violenza, dato che siete pur sempre il padre del giovanotto, e dati gli appoggi che trovereste in tribunale, non solo per il vostro buon diritto, ma anche per via delle amicizie su cui potete contare, e dei soldi che all'occorrenza potete anche tirar fuori. Insomma, l'ho tanto rosolato ai fianchi che quando gli ho buttato lì l'idea di sistemare tutto con una bella sommetta ha subito abboccato.  Conclusione: accetta la rottura del matrimonio, purchè gli diate un po' di soldi.

ARGANTE - E quanto ha chiesto?

SCAPINO - Oh, in un primo tempo ha buttato lì una cifra che non sta nè in cielo nè in terra.

ARGANTE - E cioè?

SCAPINO - Uno sproposito.

ARGANTE - Ma esattamente?

SCAPINO - Neanche un soldo di meno di cinque o seicento luigi.

ARGANTE - Cinque o seicento cancheri che se lo mangino vivo! Ma mi ha preso per scemo?

SCAPINO - E' quello che gli ho detto io. Gli ho detto che pretese del genere può togliersele dalla testa, e che voi non siete un allocco perchè vi si possano spillare dei quattrini così! Alla fine, dopo un sacco di discorsi, ecco il risultato: "Tra poco - mi ha detto - devo partire per la guerra. Devo pensare al mio equipaggiamento, e siccome ho proprio bisogno di soldi, sia pure mio malgrado, accetto la poposta. Quel che mi serve è un cavallo d'ordinanza; e un cavallo appena appena decente, non lo si trov a meno di sessanta luigi."

ARGANTE - Va bene. Per sessanta luigi ci sto.

SCAPINO - "Poi mi occorrono i finimenti e le pistole, e questo vuol dire almeno altri venti luigi."

ARGANTE - Sessanta più venti fanno ottanta.

SCAPINO - Esattamente.

ARGANTE - E’ una bella cifra, comunque ci posso anche arrivare: accetto.

SCAPINO - “Poi mi occorre un cavallo per il mio servo, che vuol dire altri trenta luigi.”

ARGANTE - Come, accidenti! Può andare a scopare il mare: non gli do un bel niente.

SCAPINO - Ma signor Argante!

ARGANTE - No, no!  Ma ha una bella faccia tosta!

SCAPINO - Volete che il servo vada a piedi?

ARGANTE - Per me può andare come gli pare, e idem il suo padrone.

SCAPINO - Ma signor Geronte, volete perdere quest’occasione per così poco? Ma piuttosto che cadere nelle grinfie della giustizia.

ARGANTE - E va bene, d’accordo: vada per questi altri trenta luigi.

SCAPINO - “E poi mi occorre, diceva. un somarello per i bagagli...”

ARGANTE - Ah, questo è troppo!  Al diavolo lui e il suo somaro: ci vediamo in tribunale.

SCAPINO - Ma per piacere, signor Argante...

ARGANTE - Non c’è Argante che tenga.

SCAPINO - Per un somarello!...

ARGANTE - Preferisco il processo!

SCAPINO[1] - Qui a Napoli? A Napoli in Italia? Ah, signore, voi non sapete quel che dite! Ma non vedete quale pericoloso labirinto, seminato di trappole, è la giustizia a queste latitudini e di questi tempi?  Voi fate causa, e magari avete anche ragione. Ma vi rendete conto quante barriere di uscieri, cancellieri, sostituti, procuratori, avvocati, giudidi, di primo, di secondo, di terzo grado le vostre "buone" ragioni dovranno superare?  Il vostro avversario è un soldataccio senza scrupoli, e con soldi o con minacce, non avrà riguardi a comprare i piccoli e a mettersi d'accordo con i grandi. Con il che, voi siete fritto: il fascicolo con le vostre buone ragioni sparirà dalle cancellerie; i testimoni a vostro favore scompariranno o verranno trovati con un coltello nel ventre; si troverà un pentito che vi accuserà di chissà cosa, verrete arrestato, vi terranno dentro mesi e mesi "in attesa" del processo", e se anche poi riconosceranno l'ingiustizia, sarete messo fuori con mille scuse ma completamente rovinato nella borsa e nello spirito! E se anche, schivando tutto questo, doveste arrivare a una sentenza a vostro favore... cosa credete?  Che il nostro amico non trovi un giudice che andando a spulciare la procedura non trovi un qualche vizio di forma, magari il fatto che in un documento di infima importanza avete scritto il nome di uno dei cento testi con una doppia elle in meno o una doppia elle in più... e che per questa irregolarità non annulli la sentenza, obbligandovi a ricominciare tutto daccapo?   Ah, signore!  Tra cento, duecento, trecent'anni - certo! - le cose saranno diverse, e la giustizia sarà bella e pulita come una vergine in fiore!  Ma per adesso, altro che vergine!, la giustizia è una...

ARGANTE - E quanto vorrebbe per il somarello?

SCAPINO - Signore: per il somarello dei bagagli, per il cavallo suo e per quello del suo servo, per i finimenti, per le pistole, e per quel qualche soldo che deve alla sua padrona di casa...  tutto compreso, proprio tutto, fino all’ultimo, chiede duecento luigi.

ARGANTE  - Duecento luigi?!

SCAPINO - Tutto compreso.

ARGANTE - Processo!

SCAPINO - Pensateci bene.

ARGANTE - Vado subito dall’avvocato.

SCAPINO - Non andate a gettarvi...

ARGANTE - Spendo meno a far causa.

SCAPINO - Cosa?!   Ma non sapete - pericoli a parte - cosa costa una causa?  Non sapete che il palazzo di giustizia è una macchina mangiasoldi?

           (Canta)           Soldi per l’intimazione,

                                    poi per la registrazione,

                                    poi per la costituzione,

                                    l’iscrizione, l’ammissione...

                                    Tutto costa un patrimonio

tra quei muri sporchi e grigi

è il palazzo del demonio!

ARGANTE                 Sì, però... duecento luigi!...

                                            

ARGANTE                 Tu non sai quanto mi scoccia

                                    la disgrazia che m’è occorsa

                                    porre mano alla sacoccia,

                                    e svuotar così la borsa.

                                    Meglio andar per avvocati

- che sia Napoli o Parigi! -

che subir questi ricatti!

SCAPIN O                  Ma son sol duecento luigi!                                 

                                   

SCAPINO -                 Ci son poi consulti, istanze,

                                    avvocati, arringhe, urgenze,

                                    ogni mossa, gesto, passo

                                    per la borsa è un gran salasso.

                                    Risparmiate queste scene

                                    ai capelli vostri grigi!

                                    Evitate queste pene!

ARGANTE                 Sì, però... duecento luigi!...[2]

SCAPINO -  Insomma: date quei quattro soldi al nostro amico, e toglietevi ogni pensiero. 

ARGANTE - Ah, duecento luigi sono “quattro soldi”.

SCAPINO - Rispetto al resto, sì.  Dando duecento luigi al vostro uomo ne risparmiate almeno centocinquanta, senza contare le fatiche, le seccature, e i pericoli. Io, anche solo per non sorbirmi le sciocchezze che certi avvocati direbbero su di me, preferirei tirar fuori trecento luigi!

ARGANTE - Beh, io me ne infischio: dicano pure quel che vogliono.

SCAPINO - Fossi al vostro posto, girerei alla larga.

ARGANTE - Duecento luigi... mai!

SCAPINO - Ecco qui il nostro amico.

SCENA VI

SILVIA, ARGANTE, SCAPINO

SILVIA -  Allora, Scapino, dov’è il padre di Ottavio?  Quand’è che mi fai conoscere questo signor Argante?

SCAPINO -  Perché, signore?

SILVIA -  Perché ho saputo adesso che vuol farmi causa, e chiedere l’annullamento del matrimonio di mia sorella.

SCAPINO - Non so se sia questa la sua intenzione; certo si è che non è d’accordo sui duecento luigi. Dice che è troppo.

SILVIA -  Tuoni e fulmini!  Lampi e saette!  Se lo trovo gli spacco le ossa, a costo di finir sulla forca!

           (Argante, per non essere visto, tutto tremante, si nasconde duetro Scapino.)

SCAPINO - Caro capitano, il signor Argante è un uomo di fegato, e può anche darsi che non abbia nessuna paura di voi.

SILVIA - Di me?  Tuoni e saette! Lampi e fulmini!  Se fosse qui gli pianterei la spada nel ventre.  Ma chi è quello lì?

SCAPINO - Non è lui, colonnello, non è lui.

ARGANTE - Non sono io, signore, non sono io.

SILVIA - Non è che per caso sia un amico di quell’Argante?

SCAPINO - Oh no, al contrario: è un suo nemico mortale.

SILVIA - Un suo nemico?

SCAPINO - Mortale.

SILVIA - Ah, perdiana! Molto lieto!  Voi dunque siete nemico di quel furfante del signor Argante, eh?

SCAPINO - Sì,sì, garantisco io.

SILVIA (prendendo la mando di Argante con brutalità) - Qua la mano, allora. qua la mano! Vi do la mia parola, giuro sul mio onore, per la spada che ho al fianco, che prima di sera vi libererò da quel cialtrone incallito, dal quel furfante di Argante. Sulmini e faette! Contate su di me.

SCAPINO - Generale, in questo paese non si tollerano violenze.

SILVIA - Io me ne infischio, io non ho niente da perdere!

SCAPINO - Quello di sicuro ha delle guardie del corpo: parenti, amici, domestici che chiamerà in aiuto contro di voi!

SILVIA - Non chiedo di meglio, tampi e lulmini!  Uno contro mille, è quel che più mi eccita!  (Mette mano alla spada ed esegue colpi in tutte le direzioni, come se dovesse fronteggiare molte persone.)  Ah, venite avanti! Fulmini e saette! Tuoni e fulmini!  Affondo! alla testa! Ah! Sulmini e faette! Al corpo! Ma perché non è già qui, con tutti i suoi uomini?  Perché non si fa sotto, lui con altri cento? Perché non mi piombano tutti addosso, armi in pugno?  Fuoni e tette! Avete l’audacia di misurarvi con me?  Forza, attacca, uccidi, nessuna pietà! Avanti! In guardia! Affondo! Testa alta e petto in fuori! Là!  Ah, furfante!  Ah, canaglia! Difendetevi, mascalzoni, se ne siete capaci!  Forza! Prendete questa! Parate quest’altra! E questa! E quella! Tuoni e saette! Fuoni e tulmini! Come: indietreggiate?  Come: vi date alla fuga?  E i cadaveri? Ritirate almeno i cadaveri!

SCAPINO - Ehi, ehi, generale... noi non c’entriamo!

SILVIA - Ecco fatto: andati!  Visto?  Così ripago io chi si fa beffe di me!

           (Esce.)

SCAPINO - Allora: visto quanti morti per duecento luigi?  Beh, tanti auguri a voi!

ARGANTE (tutto tremante)  - Scapino?

SCAPINO - Pardon?

ARGANTE - Occhei, va bene: d’accordo per i duecento luigi.

SCAPINO - Sono contento: per voi.

ARGANTE - Va a chiamarlo: si dà il caso che i soldi ce li ho qui.

SCAPINO - Allora basta che li diate a me. Che figura ci fate a farvi vedere, dopo che vi siete fatto passare per un altro?  Hai visto mai che magari, conoscendovi, non gli salti in testa di far salire il prezzo.

ARGANTE - Sì, ma preferirei vedere bene dove va a finire il mio danaro.

SCAPINO - Non è che per caso non vi fidate di me?

ARGANTE - No, ma...

SCAPINO - Signor Argante: o io sono un imbroglione, o sono una persona onesta: l’una delle due. Vi par possibile che io voglia ingannarvi, o che abbia in questa storia altro interesse che il vostro, e quello del mio padrone, e il desiderio di vedervi diventar parenti? Se di me non vi fidate... benissimo: io me ne lavo le mani. Cercatevi pure qualcun altro, e che le vostre grane ve le sistemi lui.

ARGANTE - E va bene: te’ i soldi.

SCAPINO - Per carità, signore?  Affdare a me il vostro danaro?

ARGANTE - Oh dio, tieni!

SCAPINO - Non fidatevi di me: fate bene! Chi ve lo dice che io non voglia davvero fregarveli, i vostri soldi?

ARGANTE - Prendili, ti ho detto: sono stufo di discutere. Ma sta bene attento, con quello là: cautelati bene, che non faccia il furbo.

SCAPINO - Lasciate fare a me, di furbi me ne intendo.

ARGANTE - Ci vediamo a casa mia.

SCAPINO - Verrò senz’altro.

           (Esce Argante.)

           Fuori uno. Adesso... sotto con l’altro.  Ah, eccolo qui! Lui giustappunto!  E’ senz’altro la provvidenza che, uno dopo l’altro, li guida qui nella mia rete.

           (Entra Geronte)

SCENA VII

GERONTE, SCAPINO

SCAPINO - Oh cielo! Oh incredibile disgrazia!  Oh infelicissimo padre!  Ah, povero Geronte, che altro ti resta nella vita?

GERONTE - Che cosa sta dicendo di me, con quella faccia da tragedia?

SCAPINO - Nesuno sa dirmi dov’è il signor Geronte?

GERONTE - Cosa c’è, Scapino?

SCAPINO - Che almeno possa prepararlo alla terribile notizia!

GERONTE - Quale notizia?

SCAPINO - Impedirgli almeno di togliersi la vita dalla disperazione!

GERONTE - Ma insomma, cosa è successo?

SCAPINO - Dove trovarlo?  Nessuno mi sa dire dove egli sia?

GERONTE - Ma eccomi!

SCAPINO - Ma è dunque proprio introvabile?

GERONTE - Ma insomma, sei cieco, che non mi vedi?

SCAPINO (chiamando, forte) - Signor Geronte, signor Geronte!...

GERONTE - Ma sei anche sordo!  Sono qui! E’ un’ora che sono qui davanti a te.

SCAPINO - Signor Geronte....

GERONTE - Che c’è?

SCAPINO - Signor Geronte, vostro figlio...

GERONTE - Mio figlio?...

SCAPINO - Ottavio....

GERONTE - Ottavio, lo so.

SCAPINO - E’ caduto in un’incredibile disgrazia.

GERONTE - Oddio! Parla!

SCAPINO -  L’avevo visto questa mattina un poco triste, per qualcosa che voi dovete avergli detto, e in cui avete immischiato anche me, in modo del tutto fuori luogo; e per cercare di distrarlo, l’ho portato a far due passi giù al porto.  Là, tra varie altre cose, ci siamo messi  a guardare una galera turca, molto bene equipaggiata. C’era lì un turco, un giovanotto, dall’aria perbene, che ci ha invitati a salire a bordo. Siamo saliti: era molto gentile, ci ha fatto un sacco di cerimonie, ci ha offerto una colazione, e abbiamo mangiato della frutta meravigliosa e bevuto del vino che era il migliore al mondo.

GERONTE - Cosa c’è di tragico in tutto questo?

SCAPINO - Un momento: ci arrivo. Mentre eravamo lì che mangiavamo, la nave leva le ancore, esce dal porto, e una volta al largo, il turco tanto per bene mi fa mettere su una scialuppa, e mi manda a dirviche se non gli mandate subito, per mio tramite, cinquecento scudi, si porterà vostro figlio schiavo ad Algeri.

GERONTE - Come? Cinquecento scudi?

SCAPINO - Sissignore. E non solo: il tutto, entro due ore.

GERONTE - Ah, criminale d’un turco! Ma questo è un assassinio!

SCAPINO - Ora sta a voi, signor Geronte, salvare dalla schiavitù il vostro amatissimo figliolo.

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?

SCAPINO - Potreva forse immaginare quel che sarebbe successo?

GERONTE - Corri, Scapino, corri subito a direa quel turco che mi rivolgerò alla giustizia.

SCAPINO - La giustizia in alto mare?  Ma chi volete prendere in giro?

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?

SCAPINO - Un fato avverso a volte ci guida!

GERONTE - Qui, Scapino, è proprio necessario che tu compia un gesto da servitore fedele qual sei.

SCAPINO - E cioè?

GERONTE - Bisogna che tu vada da quel turco, a dirgli di rimandarmi mio figlio, chè rimani tu al suo posto in ostaggio, fino a che io non avrò raccolto la somma che mi ha chiesto.

SCAPINO - E voi pensate che quelturco abbia tanto poco sale in zucca da prendersi un povero pezzente come me al posto di vostro figlio?

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?

SCAPINO - Mai più pensava a una trappola del genere. Ricordatevi, comunque, che avete tempo solo due ore.

GERONTE - Tu dici che chiede...

SCAPINO - Cinquecento scudi.

GERONTE - Cinquecente scudi?!  Ma non ha un minimo di coscienza?

SCAPINO - Sì, proprio: coscienza a un turco!

GERONTE - Ma lo sa o non lo sa che cosa sono cinquecento scudi?

SCAPINO - Saprà, per esempio, che è la metà di mille.

GERONTE - E crede, quel disgraziato, che cinquecento scudi si trovino per terra?

SCAPINO - Eh, i turchi!  Gente che non sente ragione!

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?

SCAPINO - Dite bene, ma che cosa volete? Certe cose sono proprio imprevedibili.  Signor Geronte, per piacere: sbrigatevi.

GERONTE - Te’, questa è la chiave del mio armadio.

SCAPINO - Bene.

GERONTE - Lo apri.

SCAPINO - Molto bene.

GERONTE - Troverai sulla sinistra una grossa chiave, che è quella del granaio.

SCAPINO - Sì.

GERONTE - Sali in granaio, lo apri, e prendi tutti quegli abiti vecchi che ci sono in una grande cesta, poi li vendi al primo rigattiere che trovi e vai a riscattare mio figlio.

SCAPINO (restituendogli la chiave) - Ma signore, state scherzando?  Se con quella roba metto in piedi cento franchi è tanto. E poi: abbiam due ore di tempo!

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?

SCAPINO - Oh, quanti discorsi a vanvera! Lasciate perdere la galera, adesso, e pensate invece che il tempo passa e che rischiate di perdere vostro figlio.  Ahi, ahi, povero padroncino mio, che forse non rivedrò mai più, venduto come schiavo sulla piazza di Algei! Ma Iddio mi è testimone che per te ho fatto tutto il possibile, e che solo lo scarso amore paterno...

GERONTE - Aspetta un momento, Scapino: vado a cercare quei soldi.

SCAPINO - Sì, ma sbrigatevi, perché due ore fanno presto a passare.

GERONTE - Quant’è che hai detto? Quattrocento scudi?

SCAPINO - Cinquecento.

GERONTE - Cinquecento?

SCAPINO - Sissignore.

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?

SCAPINO - Giusta domanda, ma adesso sbrigatevi.

GERONTE - Non potevate andare a passeggio da un’altra parte?

SCAPINO - Potevamo. Ma ormai è fatta.

GERONTE - Ah, maledetta galera!

SCAPINO - Vi preoccupa molto questa galera.

GERONTE - Tieni, Scapino. Mi ricordo adesso che ho appena ricevuto questa somma in oro, ma mai avrei creduto che la rapinassero così presto.

           (Gli porge la borsa, senza peraltro lasciarla. Nell’agitazione sposta il braccio da una parte all’altra, e lo stesso fa Scapino per prendere la borsa.)

           Prendi. Va a riscattare mio figlio.

SCAPINO - Sì, signore.

GERONTE - Ma di’ a quel turco che è uno scellerato.

SCAPINO - Sì.

GERONTE - Un infame.

SCAPINO - Ci penso io.

GERONTE - Un uomo senza parola, un ladro.

SCAPINO - Lasciate fare a me.

GERONTE - Che mi frega cinquecento scusi contro ogni buon diritto.

SCAPINO - Contro ogni buon diritto: d’accordo.

GERONTE - E che, vivo o morto, non finirà così.

SCAPINO - Perfetto.

GERONTE - E che se mi capita tra le mani saprò vendicarmi.

SCAPINO - Nessun problema.

GERONTE (rimette la borsa in tasca e se ne va) - Sù, sù, corri a riscattare mio figlio.

SCAPINO (seguendolo) - Ehi, signor Geronte!

GERONTE - Cosa c’è ancora?

SCAPINO - E i soldi?

GERONTE - Non te lo ho dati.

SCAPINO - Ve li siete rimessi in tasca.

GERONTE - Ah, è il dolore che mi ha sconvolto la mente.

SCAPINO - Eh, lo capisco.

GERONTE - Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?  Ah, maledetta galera! Turco traditore!...

           (Esce.)

SCAPINO - Questi cinquecento scudi non gli vanno proprio giù.  Ma con me è ancora in debito; e dovrà pagarmi con altra moneta la partaccia che mi ha fatto fare con suo figlio.

           (Entrano Ottavio e Leandro)

SCENA VIII

OTTAVIO, LEANDRO, SCAPINO

OTTAVIO - E allora, Scapino, sei riuscito a salvarmi?

LEANDRO - Hai fatto qualcosa per salvare il mio amore?

SCAPINO - Ecco qui duecento luigi che mi son fatto dare da vostro padre.

OTTAVIO - Ah, tu mi salvi la vita!

SCAPINO - Per voi invece non sono riuscito a far niente.

LEANDRO - Non mi resta dunque che morire: che me ne faccio della vita senza Zerbinetta?

           (Fa per allontanarsi)

SCAPINO - Ehi, ehi, calma! Accidenti, come correte!

LEANDRO - Che cos’altro mi resta da fare?

SCAPINO - Sù: ecco qui quel che vi occorre!

LEANDRO - Ah, tu mi torni da morte a vita!

SCAPINO - A una condizione, però: che mi lasciate una piccola vendetta contro vostro padre, per via di quello scherzo che mi ha fatto.

LEANDRO - Tutto quel che vuoi.

SCAPINO - Parola d’onore? Lui testimone.

LEANDRO - Parola d’onore.

SCAPINO -  Lui testimone?

LEANDRO - Lui testimone.

SCAPINO - Vostro padre... non gradirà molto la cosa.

LEANDRO - Pazienza.

SCAPINO - Dunque ho carta bianca.

LEANDRO - Bianchissima.

SCAPINO - Ecco i cinquecento scudi.

LEANDRO - Corro subito a comperare colei che adoro.


ATTO TERZO

SCENA I

ZERBINETTA, GIACINTA, SILVIA

SILVIA - I vostri innamorati hanno deciso che voi stiate insieme, e noi eseguiamo l’ordine.

GIACINTA - Quest’ordine mi giunge graditissimo, e accolgo con gioia la compagnia di Zerbinetta. Non può essere che l’amicizia che lega Ottavio e Leandro non nasca subito anche tra noi.

ZERBINETTA - Accetto volentieri l’invito, e volentieri corro incontro a chi mi chiede amicizia.

SILVIA -   E a chi invece vi chiede amore?

ZERBINETTA - L’amore è un’altra cosa. Vi si corre qualche rischio, ed è meglio essere un po’ prudenti.

SILVIA -  Con il mio Ottavio, secondo me, lo siete anche troppo; tutto quel che ha fatto per voi dovrebbe darvi un po’ di coraggio e di fiducia.

ZERBINETTA -  Ancora non mi sento di fidarmi più che tanto. Quel che ha fatto mi rende felice: sono allegra, rido di continuo. Ma our ridendo, per certe cose sono molto seria. E il tuo Ottavio non deve credere che gli basti l’avermi comperata perché io sia davvero tutta sua.  Perché il suo amore sia contraccambiato come egli desidera, dovrà donarmi la sua fede con tutte quelle cerimonie che  sono giudicate necessarie in casi come questi.

SILVIA -  Anche lui non chiede di meglio. Le sue intenzioni sono onestissime e rispettabilissime. E io, del resto, mai mi sarei immischiata in questo affare, se non fosse così.

ZERBINETTA - Se me lo dici, ti credo. Ma mi aspetto qualche opposizione da parte di suo padre.

SILVIA - Scapino, vedrai, troverà il modo di sistemare le cose.

GIACINTA - Ecco: anche questa somiglianza tra i nostri destini può rafforzare la nostra amicizia. Siamo tutte e due nelle stesse preoccupazioni, tutte due siamo esposte agli stessi pericoli.

ZERBINETTA - Ma voi almeno sapete da chi siete nata, e che i vostri genitori potranno aggiustare una cosa, garantire la vostra felicità, e ottenere il consenso per le nozze che già sono state celebrate. Io invece sono sola, e la mia condizione non mi giova certo, contro la volontà di un promesso suocero che pensa soltanto al danaro.

GIACINTA (a parte) - Ci tiene proprio, ad essere la più infelice!  (Ad alta voce) Voi però avete questo vantaggio: che l’uomo che amate non viene lusingato con la possibilità di altre nozze.

ZERBINETTA (a parte) - Dio, che antipatica! non è mai contenta! (Ad alta voce) Che un innamorato cambi opinione lo può temere soltanto chi non ha fiducia nei propri meriti.  Io, da parte mia, so come garantirmi il cuore che ho conquistato. Ma contro l’autorità paterna non vi è merito che basti!

GIACINTA (a parte) - Senti che smorfiosa!  (Ad alta voce) Sono certa che di fronte ad un’onesta inclinazione, il più duro dei padri finisce pure col cedere. Certo: occorre che l’inclinazione sia onesta. Allora sì che l’amore, vinta ogni cosa, si fa sereno e tranquillo.

ZERBINETTA (a parte) -  Hai sentito, l’acqua cheta, la santarellina? (Ad alta voce) - Voi scherzate: la tranquillità in amore è una sgradevole bonaccia. L’amore, più ostacoli incontra, più risveglia l’entusiasmo e più aumenta il piacere. Io, francamente, non muterei la mia sorte con la vostra.

GIACINTA - Zerbinetta cara!

ZERBINETTA -  Giacinta diletta!

SILVIA -  Ecco, Scapino. Da lui - per troncare questa inutile discussione - potrete sapere del trucco con cui ha cavato soldi ai due vecchi avaracci.

SCAPINO - E’ una storia che anche Silvia saprà racconrabi bvenissimo. Io sono occupato: ho per la testa una piccola vendetta, e voglio proprio gustarmela.

SILVIA -  Se fossi al tuo posto, io lascerei perdere.

SCAPINO -  Ma siccome al mio posto ci sono io, non lascio perdere un bel niente.

SILVIA - Non capisco perché devi sempre  cercare dei guai in cui cacciarti.

SCAPINO -  Perché mi piacciono le audaci imprese.

SILVIA - Ma che gusto ci provi?

SCAPINO -  Ma che cosa te ne importa?

SILVIA - Mi dispiace vederti correre il rischio di buscarti un sacco di legnate.

SCAPINO - I pericoli di questo genere non mi hanno mai impressionato. Anzi: io odio quei fifoni che per paura delle conseguenze non fanno mai niente.  Ma adesso, andate a casa!  Sta per arrivare il mio uomo. 

ZERBINETTA - Scapino, avremo bisogno del tuo aiuto.

SCAPINO -  Vi raggiungerò tra poco. Adesso, via!

           (Escono Zerbinetta, Giacinta e Silvia.)

           Non sia mai che qualcuno mi abbia fatto tradire me stesso, svelando segreti che era meglio non svelare, e che tanto delitto rimanda impunito. Ecco l’agnus dei!

           (Entra Geronte.)

SCENA II

GERONTE, SCAPINO

GERONTE - E allora, Scapino:notizie di mio figlio Leandro?

SCAPINO - Vostro figlio, signore, è al sicuro. Ma adesso siete voi in grande pericolo, e io preferirei di gran lunga sapervi chiuso a casa vostra.

GERONTE - Cioè, cioè?  Come sarebbe a dire?

SCAPINO - Sarebbe a dire che in questo momento stesso, vi stanno cercando dappertutto per uccidervi.

GERONTE - Me?

SCAPINO - Voi.

GERONTE - E chi mai?

SCAPINO - Il fratello della donna che Ottavio ha sposato. E’ convinto che se il matrimonio va a monte, la colpa è vostra che volete mettere vostra figlia al posto di sua sorella.  Questo lo sente come un’offesa al suo onore, e vuol lavare l’onta facendovi a pezzetti.  Vi stanno cercando dappertutto, e a tutti chiedono se vi ahnno visto: lui e i suoi amici, tutta gente violenta, spadaccini e gradassi. Ho già visto in giro i soldati della sua compagnia che interrogano i passanti e che hanno messo  posti di blocco in tutte le strade che portano a casa vostra. Tanto che neanche potreste andare a casa, né muovervi d’un passo a destra o a sinistra, senza finire nelle loro mani.

GERONTE - Oddio, Scapino, che cosa devo fare?

SCAPINO - Non lo so, signore, è proprio una brutta storia.  Tremo per voi dalla testa ai piedi, e... Un momento.

           (Si volta e va in fondo alla scena, facendo finta di guardare se c’è qualcuno.)

GERONTE (tremando) - Eh?

SCAPINO (tornando) - No, no, non è niente.

GERONTE - Non puoi trovare qualcosa per cavarmi d’impaccio?

SCAPINO - Un qualcosa l’avrei trovato, ma rischierei di farmi ammazzare di botte.

GERONTE - Beh, pazienza, Scapino.  Fa vedere a tutti che bravo servitore fedele che sei!  Ti prego: non abbandonarmi.

SCAPINO - Non vi abbandono. E’ che l’idea di farmi ammazzare di botte...

GERONTE - Ne sarai ricompensato, te lo giuro.Vedrai: ne varrà la pena. Guarda: appena sarà un po’ più consumato, ti regalo questo vestito.

SCAPINO - Grazie, non occorre.   Ecco quel che avrei pensato, per salvarvi.  Voi  vi mettete qui dentro in questo sacco, e io... 

GERONTE (credendo di vedere qualcuno)  - Ah!

SCAPINO - No, no, no, non c’è nessuno. Dunque: voi vi chiudete in questo sacco, badando bene a non fare il minimo movimento.  Io vi carico sulle spalle, come un sacco di... di qualsiasi cosa, e vi farò passare così attraverso i vostri nemici, fino a casa vostra. Là poi, penseremo a barricarci e ad organizzare la difesa.

GERONTE - Mi sembra ben trovata.

SCAPINO - E’ trovata benissimo: vedrete.  (A parte)  Questa volta me le paghi tutte!

GERONTE - Eh?

SCAPINO - Dico che gliela faremo in barba, ai vostri nemici.  Sù, accucciatevi bene in fondo, e soprattutto state attento, qualsiasi cosa succeda, a non farvi né vedere né sentire, e a non muovere un dito.

GERONTE - Sta tranquillo.

SCAPINO - Io sono tranquillo.

GERONTE - Saprò controllarmi.

SCAPINO - Nascondetevi, presto!  Ecco uno spadaccino che vi sta cercando!  Dio, che faccia feroce!   (Contraffacendo la voce. Tutte le parole tra virgolette si suppongono di colui che egli imita; le altre sue proprie, con voce normale. Accento tedesco:)  “Come, nessuno essere qvi che dire a me tofe si trofa questo sig-nor Gheronte?”  (A Geronte:) Non muovetevi.  “Donnerwetter! Ma io lo troferò, qvesto sig-nore, anche se lui nascosto in centro di terra, all’inferno!”   Non faveti vedere!  “Accchhh! Qvello uomo con qvello sacco!”   Signore?  “Io ti rekalare uno luigi d’oro, se tu dire a me tofe io trova qvesto maletetto Gheronte.”  E perché lo cercate, buon  signore? “Perché io folere lui uccitere, jaaa!”  Ah, ucciderlo, così: come niente!   “Ach, nein, non come niente! Dopo lunghe torture, e a forza di pastonate!”   Ma, signor mio, le persone come il signor Geronte non si prendono a bastonate; non è uomo da trattarsi in cotal modo!  “Wasss? Qvel fecchio raincoglionert! Qvel fecchio rincoglionto? Qvel vurvante, qvel pezzento?”  Il signor Gerotne, signore, non è nulla di tutto questo, e voi mi farete il favore di parlarne con ben altro rispetto!   “Accchhh, ma tu allora sei suo amico, jaaa?”  Sì, signore: e me ne vanto!   “Ach, penissimo, almeno se non trovare lui, io pastonare te!”  (Dà varie bastonate al sacco.)  “Prendi! Ecco, prendi a nome suo!”   Ah, ah, ah signore, basta, piano, ah ah, per pietà!  “E porta tutto qvesto a lui con miei saluti!”   Ah, maledetto lanzichenecco!   Ahi!  (Si lamenta e muove la schiena come se le bastonate le avesse prese lui.)

GERONTE (sporgendo la testa dal sacco) - Ah, Scapino, Scapino... non ne posso più!

SCAPINO - Ah, signore, sono tutto pesto!  Se sentiste le mie spalle...

GERONTE - Ma come: ma se ha picchiato sulle mie!

SCAPINO - Eh no, signore, voi avete avuto al massimo qualche colpo di striscio!

GERONTE - Altro che di striscio.  I colpi li ho sentiti e li sento ancora.

SCAPINO - Forse qualche colpiciattolo che ha mancato me ed è scivolato su di voi.

GERONTE - Non potevi allora tirarti un po’ più in là, e risparmiarmi...

SCAPINO - Zitto! Eccone qui un altro con la faccia da Matamoros!

           (Questo passo è simile al precedente, sia per il cambiamento di linguaggio che per le azioni di scena.)   “Sangre de dios, es todo el dia que corro como un torero, senza riussir a trovar questo maldido segnor Jeronte!”  Nascondetevi bene!  “Olà! Hombre! Muchachito! Usted cognosse dove que puedo trobador el vecio segnor que vo buscando?”   No, signore, il signor Geronte non so proprio dove sia: ma posso sapere perché lo cercate.  “Oh, nada de spezial! Hoy solamente da rrrefilargli un pochito de legnade, e de trrrapassargli la panza con quatro o cinco colpetti d’espada.”  Vi assicuro, signore, che non so dove sia.,  “E que es - diteme un pueco! - que se mueve in quel grosso saquito?”  In quale sachito, segnor?   “In quel saquito alì! Que me gusta muelto pueco!  Fammi vedere que es lì de dentro!” Signore, ci son dentro cose mie. “A yo me punge vagheza de trapassar quel saquito con la espada da parte a parte.”  Guardatevene bene! Signore, calma un momento.  “Calma un momento a migo?  Apres subito de boto quel saquito!”  No, signore, voi non avete nessun diritto di vedere quel che porto in giro.  “Sangre de dios, matamoros, rodomontes! Yo voio veder!”  Neanche per sogno!  “Ah, accussì se responde! Yo voi matarte a colpi de baston!”  E io me ne infischio!  “Ah, usted fa el spirituale!, el spirituoso!  E allora prendi!”  Ahi, ahi, ahi! Aiuto, signore, aiuto!  Ahi, ahi ahi!  “E por adesso puede bastar!  Una chiquita lezion, per imparare a te l’educazion!  Hasta la vista, muchachito, e buena noche anche al tuo saquito!”  Ah maledetto spagnolo, che gli venga la peste!  E’ andato!

GERONTE (mettendo la testa fuori del sacco)  -  Ah, sono a pezzi!

SCAPINO - Ah, sono morto!

GERONTE - Ma si può sapere perché diavolo devono prendersela con il sacco?

SCAPINO (rificcandogli la testa nel sacco) -   Attento! Stavolta sono almeno una dozzina tutti insieme! (Imita più persone insieme)  “Donnerwetter! Dofe essere qvesto maletetto Gheronte!”  “Spik iù english! Voi sapete dove essere dis blady Gironte?”   “Cerchiamolo dappertutto!”  “Besuegna trobarlo assolutamiente”  “Cherchons dand tous les trous! Non bisognà dimenticaré nienté!”  “Per di qva! Per di là” “A destra, a sinistra!” “Derecha i izquierda.”   Right hand and left hand, sir!”  “Napravo i nalievo!”  “Immer gerade aus!  Verboten, Verboten! Götterdammerung!”      Nascondetevi bene, mi raccomando!  “Tovarisci, Tovarisci, eto qui suo servituore!”  “Tu es su servitore? Vite! Presto! Despeciate! Addò sta lu padrone tuo?” Ehi, signori, giù le mani! (Geronte, piano piano, tira fuori la testa dal sacco e osserva ora la bricconata di Scapino.)  “E allora tu parlare!  Digame imemiatamente donde està al  maldito larron di tu padron. Autrement nous donner a toi un sac de legnates!”  Il signor Geronte non è un larron, e io preferisco la morte piuttosto che tradire il mio padrone!   “Tu afere foglia di pigliare potte?”  Fate quel che volete!  “Tu vuoi prendere muolti cuolpi di bastuone?”  Non tradirò mai il mio padrone!  “Ah, et alors voilà....”  

           (Si volta verso il sacco per colpirlo col bastone, ma Geronte esce dal sacco, e Scapino fugge via.)

           Oh!

GERONTE - Ah, infame, traditore, scellerato!  Così ti fai beffe di me!  Ma la vedremo!

           (Entra ridendo Zerbinetta)

SCENA III

ZERBINETTA, GERONTE

ZERBINETTA (senza vedere Geronte.) -  Ah, ah, voglio prendere un po’ d’aria.

GERONTE (senza vedere Zerbinetta)- Giuro a dio che stavolta finirai sulla forca!...

ZERBINETTA  (senza vedere Geronte.) -  Ah, ah, ah, proprio una storia divertente! E che babbeo!  Che vecchio scimunito!

GERONTE - Io non ci vedo niente di divertente!  E tu faresti bene a non ridere tanto.

ZERBINETTA -  Come?  Che intendete dire, signore?

GERONTE - Che faresti meglio a non divertirti tanto alle mie spalle.

ZERBINETTA -  Io?  Ma io non mi diverto alle vostre spalle.

GERONTE - E perché vieni qui a ridermi sotto il naso?

ZERBINETTA -  Io rido per conto mio: voi non c’entrate. Rido per una storia che mi hanno appena raccontato,  e  forse perché sono interessata al caso, non ho mai trovato niente di più buffo e divertente del trucco di questo figlio per spillare dei soldi al vecchio padre?

GERONTE - Un figlio... che spilla dei soldi... al vecchio padre... con un trucco?...

ZERBINETTA - Sì, e se avete voglia ve la racconto subito. perché io sono molto di compagnia e quel che so lo racconto sempre a tutti.

GERONTE - Sentiamo un po’ questa storia.

ZERBINETTA -  Dunque.  Non rischio neanche niente a raccontarvela, perché è una cosa segreta ancora per poco.

                                    Ancora bambina

                                    di buona famiglia

                                    vestita in ghingheri.

ricciuta e bella

                                   

                                    Una mattina mi

                                    vedon gli zingari

                                    una donna mi piglia

                                    e mi fa zingarella.

                                    A Napoli arrivo

                                    incontro l’amor

                                    vorrebbe.. qualcosa

                                    gli dico: Signor

                                    Son povera è vero,

                                    ma seria e per bene;

                                    per fare altri passi

                                    sposarmi conviene.

                                    Riscattami, sposami,

                                    e come il canto dice

                                    sarò tua Zerbinetta,

                                    riscattata e felice!

                                   

                                                               

Ma il guaio era che il mio innamorato si trovava nella solita situazione del figlio di fsamiglia: senza un soldo, e con un padre ricco sì, ma avaro e tiranno come nessun altro al mondo, e poi dispotico e prepotente come un padre da commedia. Si chama... non riesco a ricordarmelo. Possibile? Si chiama...  aiutatemi voi: chi è, in questa città, celebre per la tirchieria, che non scuce un soldo, un Arpagone dalla testa ai piedi....  Eh?...

GERONTE - Non lo so.

ZERBINETTA -  Ha un nome che è una specie di... ron... ron... Or.. Oronte... No. Ge... Geronte. Sì. Esatto: Geronte.  E’ lui, il tiranno, lo strozzino. Insomma, per farla breve, i miei zingari decidono di partire oggi da Napoli. Il mio innamorato e sarebbe stato costretto a rinunciare a me, per ovvia mancanza di soldi, ma ecco che grazie a un suo servitore trova il modo di spillarglieli appunto a suo padre. Il nome del servo me lo ricordo benissimo: Scapino. Personaggio unico al mondo, che si merita un monumento in ogni piazza.

GERONTE (a parte) - Una forca in ogni piazza!

ZERBINETTA -  Ecco qui il trucco per accalappiare il merlo.  Ah, ah, ah. Non riesco a pensarci, che subito mi vien da ridere. Ah, ah, ah!  Questo Scapino va in cerca del vecchio scimunito - Ah, ah, ah! - e gli racconta che mentre passeggiavano, lui e suo figlio, sù e giù per il porto - Ih, ih, ih! - un giovane signore turco li invita a salire su una galera e a fermarsi a pranzo, e che mentre pranzavano la galera aveva preso il largo, e che il turco lo aveva rimandato a terra con una scialuppa - lui: Scapino - per dire al padre, suo padrone, che se non pagava subito un riscatto di cinquecento scusi suo figlio finiva schiavo ad Algeri.  Ed ecco il vecchio strozzino, messo alla tortura, dilaniato dalla lotta tra l’amore paterno e la sua avarizia. Quei cinquecento scudi sono cinquecento pugnalate!  Ah, ah, ah!  Non si rassegna  a strapparsi quei soldi dalle viscere, e  pur di riavere suo figlio senza pagare le inventa tutte. Ah, ah, ah!  Propone di chiedere che la giustizia insegua in mare aperto la galera del turco. Ah, ah, ah! Lancia l’idea che il servo vada ad offrirsi in ostaggio al posto di suo figlio.  Ah, ah, ah!  Programma di vendere tre o quattro abiti smessi che tutti insieme non valgono un centesimo della somma richiesta. Ah, ah, ah!  Scapino gli fa capire che sono tutte idee che non servono a niente, e lui ad ogni obbiezione commenta tristemente: “Ma cosa diavolo c’è andato a fare su quella galera?  Maledetta galera! Turco traditore!”   E quando alla fine, dopo un sacco di contorcimenti, gemiti, sospiri....  Ma non vi sembra che voi ridiate molto. Questa storia non vi piace?  Che cosa ne dite?

GERONTE - Dico che quel giovanotto è un mascalzone, un insolente, uno sciagurato, e che ci penserà suo padre a punirlo a dovere.  E che il servo è uno scellerato, e che il signor Geronte, entro domattina al più tardi, lo spedirà sul patibolo.

           (Esce Geronte.)

SCENA IV

SILVIA, ZERBINETTA

SILVIA -  Eccoti qui!  Si può sapere dov’eri andata a finire.  E lo sai che quello è il padre del tuo innamorato?

ZERBINETTA - L’ho sospettato in questo momento, viste le sue reazioni! E pensare che non sapendolo gli ho raccontato tutta la sua storia.

SILVIA - La sua storia?

ZERBINETTA - Sì, m’ero tanto divertita a sentirla che morivo dalla voglia di raccontarla anch’io a qualcuno.  Beh, pazienza: tanto peggio per lui. Per noi non mi sembra che possa cambiare nulla.

SILVIA - A te piace troppo spettegolare, che non riesci a star zitta nemmeno per quel che ti riguarda!

ZERBINETTA - Presto o tardi l’avrebbe comunque saputo.

ARGANTE (da fuori) ­ - Olà, balia!

SILVIA (a Zerbinetta) - Torna in casa. C’è il mio padrone che mi chiama.

           (Esce Zerbinetta. Entra Argante)

SCENA V

ARGANTE, SILVIA

ARGANTE - Allora, è così: tu, mio figlio e Scapino vi siete messi d’accordo per farmi fesso!  E pensavate di farla franca?

SILVIA - No, signore, se Scapino vi ha fatto fesso io non c’entro proprio, ve l’assicuro, in nessun  modo.

ARGANTE - Questa la vedremo. Perché io - balia o non balia - non ho nessuna intenzione di farmi menare per il naso.

           (Entra Geronte.)

SCENA VI

GERONTE, ARGANTE, SILVIA

GERONTE - Ah, signor Argante, eccomi al colmo delle mie disgrazie!

ARGANTE - Eccomi anch’io più disgraziato che mai!

GERONTE - Scapino! Quel furfante di Scapino, con un ignobile trucco, mi ha fregato cinquecento scudi.

ARGANTE - E a me, con un altro ignobile trucco, mi ha fregato duecento luigi.

GERONTE - E non solo me li ha fregati, ma mi ha anche trattato in modo che mi vergogno a dire. Ma me la pagherà.

ARGANTE - Io ho deciso di vendicarmi una volta per tutte.

SILVIA (a parte) - Io, speriamo che me la cavo.

GERONTE - Ma non è finita, signor Argante, perché è pur vero che non c’è due senza tre. Ancor oggi mi rallegravo di poter finalmente rivedere mia figlia, e proprio adesso vengo a sapere che essa è partita da Taranto tanto tempo fa, e devo dunque pensare che sia scomparsa col vascello su cui si era imbarcata. 

ARGANTE - Ma come mai, scusate, l’avevate lasciata per tanto tempo a Taranto?

GERONTE - Per certi interessi che mi hanno obbligato a tener segreto finora quel mio secondo matrimonio, con una donna, di Taranto appunto.  Ma che cosa vedo?

           (Entra Nerina.)

SCENA VII

NERINA, ARGANTE, GERONTE, SILVIA

GERONTE - Balia!  Tu qui?

NERINA (gettandosi ai piedi di Geronte) - Ah, signor Pandolfo!  che...

GERONTE - Geronte, Geronte: chiamami Geronte.  Pandolfo mi facevo chiamare a Taranto, ora ho ripreso il mio nome vero.

NERINA - Ah, sapeste quanti guai per quel mutamento di nome, quando siamo venute a cercarvi a Napoli!

GERONTE - Dov’è mia figlia? 

NERINA - Vostra figlia, signore, è qui a due passi.  Ma prima di farvela incontrare devo chiedervi perdono: nell’abbandono in cui ci siamo trovate, non riuscendo a trovarvi, ho trovato buona cosa trovarle un marito.

GERONTE - Mia figlia sposata?  E con chi?

NERINA - Con un giovane di nome Ottavio,  figlio di un certo signor Argante.

GERONTE - Oh cielo!

ARGANTE - Oh dei!

GERONTE - Straordinario caso!

ARGANTE - Fortunata coincidenza!

GERONTE - Accompagnaci subito da lei.

NERINA - Non dovete far altro che entrare in quella casa.

GERONTE - Va avanti.  Seguitemi, seguitemi, signor Argante.

           (Escono Argante, Geronte, Nerina)

SILVIA (sola) - Beh, questa è proprio bella!

           (Entra Scapino)

SCENA VIII

SCAPINO, SILVIA

SCAPINO -  E allora, Silvia: novità?

SILVIA - Due: una bella e una brutta.  Quella bella: la questione di Ottavio è sistemata, perché si è scoperto che la nostra Giacinta è figlia del signor Geronte, e il caso ha fatto da sé quel che i due padri avevano combinato tra di loro.  Quella brutta: i due vecchi, e soprattutto il signor Geronte, hanno delle pessime intenzioni nei tuoi riguardi.

SCAPINO - Non preoccuparti. La intenzioni degli altri non mi hanno mai fatto male.  Sono nuvole che passano troppo in alto sopra le nostre teste.

SILVIA - Sta in  guardia, comunque.  Può andare a finire che i figli facciano la pace coi i padri, e che tu rimanga nelle peste.  Quando i padroni si mettono d’accordo... chi paga le spese sono i servi!

SCAPINO -  Lascia fare a me. Troverò il modo di fargli passare il nervoso...

SILVIA - Eccoli che stanno uscendo di casa. Andiamo via! Sparisci!

           (Escono Scapino e Silvia.. Entrano Geronte, Argante, Nerina e Giacinta.)

SCENA IX

GERONTE, ARGANTE,  NERINA, GIACINTA

GERONTE - Sù dunque, figlia mia, andiamo a casa nostra. Incontrerai più tardi il tuo sposo...

ARGANTE - Più tardi?  Eccolo qui, giusto a proposito.

           (Entra Ottavio)

SCENA X

OTTAVIO, ARGANTE, GERONTE, GIACINTA,  ZERBINETTA,

ARGANTE - Vieni, Ottavio, figlio mio: vieni a gioire del felice evento delle tue nozze. La provvidenza divina...

OTTAVIO (senza vedere Giacinta) - No, papà, è  inutile che continuiate. Ho deciso di dirvi tutto, visto che ormai lo sapete già. Io mi sono impegnato...

ARGANTE - Sì, ma tuj non sai...

OTTAVIO - Io so quanto basta.

ARGANTE - Quel che voglio dirti è che la figlia del signor Geronte...

OTTAVIO - La figlia del signor Geronte non sarà mai nulla per me.

GERONTE - Ma se è proprio lei che...

OTTAVIO - No, signore, vi chiedo scusa, ma la mia decisione è definitiva.

SILVIA -  Senti, Ottavio...

OTTAVIO - Sta zitta anche tu: non sento niente.

ARGANTE - Tua moglie...

OTTAVIO - No, babbo, morirò piuttosto che lasciare la mia adorata Giacinta. (attraversando la scena per avvicinarsi a lei)  Fate e dite pure quel che volete. Ecco colei cui ho dato il mio cuore  e la mia fede. Lei è La donna mia e non avrò altra donna al’infuori di lei.

ARGANTE - Ma è lei che vogliamo darti, testone che non sei altro, e che ascolti solo quel che dici tu!

GIACINTA -  Sì, Ottavio, questi è mio padre che ho appena ritrovato. Le nostre pene sono ormai finite.

OTTAVIO - Davvero?  Oh cielo! Oh dei! Straordinario caso! Fortunata coincidenza!

GERONTE - Andiamo a casa, andiamo a casa: converseremo con più agio che qui.

GIACINTA -  Ah, padre mio: vi chiedo la grazie di non venir separata dall’amabile giovane che qui vedete. Quando conoscerete le suie virtù...

GERONTE - Quella?  Vuoi che tenga in casa la ragazza che tuo fratello ama, e che ha appena finito di dirmi in faccia un sacco di sciocchezze.

ZERBINETTA -  Signore, vi prego di perdonarmi. Non avrei certo parlato in quel modo se avessi saputo che eravate voi.  Ma io vi conoscevo soltanto di fama!   E tutti le cose che vi ho detto le avevo sentite dire.

GERONTE - E avete avuto la faccia tosta di venirmele a ridire in faccia.

ZERBINETTA -  Solo perché sono d’indole sincera e non so mentire. La sincerità è una delle mia virtù...

GERONTE - Se questa è la vostra virtù...

GIACINTA -  Padre mio, della sua virtù rispondo io, e l’amore di mio fratello per lei non ha nulla di colpevole.

GERONTE - Questa è proprio bella!  Io dovrei dare in moglie a mio figlio una sconosciuta, che di mestiere fa la vagabonda!

           (Entra Leandro)

SCENA XI

LEANDRO, OTTAVIO, GIACINTA, ZERBINETTA, ARGANTE, GERONTE, NERINA.

LEANDRO - Padre mio, non dite così!  Coloro dai quali l’ho acquistata mi hanno rivelato or ora che essa è nata in questa città, da famiglia rispettabile, alla quale essi l’hanno rapita quando non aveva che quattro anni.  E la prova è questo braccialetto, che essi mi hanno dato e che potrà aiutarci a rintracciare i suoi genitori.

ARGANTE - Ohibò, fate vedere!  Questo è il braccialetto di mia figlia, che mi fu rapita esattamente all’età che voi dite.

GERONTE - Vostra figlia?

ARGANTE - Sì, è alquanto cresciuta, ma riconosco in lei i tratti della sua povera mamma!   Figlia mia!

SILVIA - Padre mio!

TUTTI - Oh cielo! Oh dei! Caso straordinario!  Fortunata coincidenza!

           (Entra Silvia)

SCENA XII

SILVIA, LEANDRO, OTTAVIO, GERONTE, ARGANTE, GIACINTA, ZERBINETTA, NERINA.

SILVIA - Ah, signori!  Che disgrazia!  Che terribile disgrazia!

GERONTE - Cos’è successo?

SILVIA -Il povero Scapino...

GERONTE - Il povero Scapino è un furfante che farò impiccare...

SILVIA - Ahimè, signore, non ce n’è più bisogno!  Passando accanto a una casa in costruzione gli è caduto sulla testa un martello da spaccapietre, che gli ha spaccato il cranio e messo a nudo il cervello.  Sta morendo, povero Scapino, ed ha chiesto di essere portato qui perché vuol parlare con voi prima di morire.

ARGANTE - E dov’è?

SILVIA - Eccolo che arriva.

           (Marcia funebre su vocali, alla russa)

CORO                     Aa, aa, aa, eeee!

                               Ee, ee, ee, iiii!

                               Ii, ii, ii, oooo!

                               Oo, oo, oo, uuuu!

                               Uu, uu, uu, oooo!

                               Oo, oo, oo, iiii!

                               Ii, ii, ii, eeee!

                               Ee, ee, ee, aaaa!

SCENA ULTIMA

TUTTI

SCAPINO (portato da due uomini, e con la testa fasciata, come se fosse davvero ferito) -   Ahi, ahi, signori, voi mi vedete... ahi, voi mi vedete proprio mal ridotto! Per me non c’è più nulla da fare!  Ma non voglio morire senza prima domandar perdono e tutti coloro che posso aver offeso. Sì, signori, prima di esalare l’ultimo respiro, vi supplico con tutto il cuore di personare tutto ciò che posso aver fatto. E in primo  luogo mi rivolgo al signor Argante e al signor Geronte... Ahi...

ARGANTE - Per me, a questo punto... ti perdono. Muori pure in pace.

SCAPINO -  Grazie.  (A Geronte)  Ma siete voi, signor Geronte, colui che più di tutti ho offeso, giungendo perfino a bastonarvi...

GERONTE - Lasciamo perdere: ti perdono anch’io.

SCAPINO - Se penso a quanto sono stato temerario, con tutte quelle bastonate...

GERONTE - Non parliamone più.

SCAPINO -  Ma in punto di morte come sono, lo smisurato dolore per le bastonate che...

GERONTE - Abbiamo capito! Basta!

SCAPINO -  Per quelle malaugurate bastonate...

GERONTE - E basta, t’ho detto, ho dimenticato tutto?

SCAPINO -  Anche i lividi, i bernoccoli?... Ah, quanta bontà!  Come mi sento sollevato!  Davvero ora posso morire in pace!   Ma davvero, signore, mi perdonate quelle bastonate che...

GERONTE - Ho detto di sì, accidenti! Parola d’onore: ti perdono: a condizione che tu muoia.

SCAPINO -   Come?

GERONTE - Se non muori, ritiro la parola.

SCAPINO -   Ahi, ahi, ecco di nuovo le forze che se ne vanno.

ARGANTE - Signor Geronte, nella gioioso giorno in cui ci troviamo penso che si possa perdonargli anche senza condizioni.

GERONTE - E va bene.

ARGANTE - E per meglio gustare la nostra contentezza, andiamo tutti a cena.

SCAPINO -   E me, mentre aspetto di morire, portatemi a capotavola!

***  concertato   di tutti lamentroso   e comico a tavola

F i n e







[1] Questa battuta di Scapino sostituisce la seguente dell’originale di Molière. Mi sembrerebbe utile conservarla, dato anche che certamente provocherebbe un applauso a scena aperta.

Pensate un po’ a quale labirinto di sabbie mobili è la giustizia, pensate a tutti gli appelli e i gradi di giurisdizione che ci sono, alla complicazione delle procedure, agli ingordi animali per le cui grinfie dovrete passare - uscieri, procuratori, avvocati, cancellierim, sostituti, sostituti di sostituti, relatori, giudici con tutti i loro segretari. E non ce n’è uno tra tutti questi che per la più piccola bustarella non sia disposto a dare un calcio al più sacrosanto buon diritto di questo mondo. Un  usciere tirerà fuori delle false notifiche che basteranno a farvi condannare senza che neanche ve ne accorgiate.  Il vostro procuratore si metterà d’accordo con la controparte, e vi venderà per danaro contante. Il vostro avvocato, comprato anche lui, non si farà trovare al momento di discutere la causa, o farà un’arringa che c’entrerà come i cavoli a merenda, e che non servirà a un bel niente: anzi! Il cancelliere, come girerete la testa, emetterà contro di voi un provvedimento dietro l’altro.  Il segretario del giudice istruttore farà sparire i documenti a vostro favore, e il giudice istruttore  insabbierà ogni cosa. E anche  ove riusciste, con tutte le precauzioni possibili, a sventare tutto questo e ad ottenere finalmente una senteza a vostro favore, vi imbatterete in qualche alto consigliere ammazza sentenze che annullerà il processo per un qualche vizietto di forma e dovrete ricominciare daccapo!  Quand’anche non vi prendano e non vi ficchino in galera, con una scusa qualsiasi, tipo la dichiarazione di un qualsiasi mascalzone, o una falsa testimonianza.  Che se anche poi alla fine di ogni fine, dopo chissà quanti anni, riconoscono che avevate ragione e vi scarcerano, non crediate ce vi risarciscano: un bello “scusi tanto”, e arrivederci ai suonatori! Ah, signor Argante, se appena appena potete, salvatevi da questo inferno!

[2] Il duettino sostituisce le battute che seguono:

SCAPINO  - Vi ci vorranno soldi per l’intimazione, soldi per la registrazione, soldi per la costituzione di parte, per l’iscrizione a ruolo, per l’istruzione della causa, per la produzione degli atti e l’ammissione dei testimoni, soldi per i consulti, per le arringhe, per le udienze; per l’accesso agli atti, per i diritti di notifica, soldi per le memorie dei sostituti, per le copie di cancelleria, per la fascicolazione, la stesura delle conclusioni, la registrazione, la convocazione delle parti, sentenze e intimazioni, verifiche, firme, duplicati e autenticazioni, senza contare tutti i regali che dovrete fare. Date quei quattro soldi al nostro amico, e toglietevi ogni pensiero.

ARGANTE - Vi ci vorranno soldi per l’intimazione, soldi per la registrazione, soldi per la costituzione di parte, per l’iscrizione a ruolo, per l’istruzione della causa, per la produzione degli atti e l’ammissione dei testimoni, soldi per i consulti, per le arringhe, per le udienze; per l’accesso agli atti, per i diritti di notifica, soldi per le memorie dei sostituti, per le copie di cancelleria, per la fascicolazione, la stesura delle conclusioni, la registrazione, la convocazione delle parti, sentenze e intimazioni, verifiche, firme, duplicati e autenticazioni, senza contare tutti i regali che dovrete fare. Date quei quattro soldi al nostro amico, e toglietevi ogni pensiero.