Le gemelle turche

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LE GEMELLE TURCHE

SEBASTIANO DI BELLA

LEGEMELLE TURCHE

(commedia comica  in due atti)

PERSONAGGI:

Don Ninai, padre delle gemelle

Parroco, zio del fidanzato delle gemelle

Donna Serafina, moglie di don Ninai

Donna Teresa, vicina di casa

Donna Ciccia, altra vicina di casa

Il Turco, altro vicino di casa

Il sagrestano

Il maresciallo

Il carabiniere

TRAMA:

Due gemelle, uguali in tutto e per tutto, si innamorano del nipote del prete e, non volendo rinunciare nessuna delle due all’innamorato conteso,  decidono di fare la fuitina in tre. Il padre delle due fidanzate, rientrato d’urgenza a casa, non capisce subito cosa sia successo e certamente non avrebbe mai potuto immaginare che le due gemelle avessero lo stesso fidanzato e che fossero scappate con lui. In casa, fra i vicini, il parroco e il medico, il padre delle gemelle si dispera e tenta di trovare qualche soluzione, ma ben presto si rende conto che non c’è soluzione.

Tuttavia, dopo inutili proposte risolutive, guardando un suo amico turco e musulmano, marito legittimo di due donne, gli balena l’idea che i tre fidanzati, per vivere tranquillamente tutti e tre insieme senza vergogna, si debbano sposare facendosi prima musulmani.


LE GEMELLE TURCHE

ATTO I

Grande stanzone. Su una poltrona è distesa Serafina, la padrona di casa e moglie di don Ninai gelatiere. Numerose donne, vicine di casa, affollano la stanza. Al centro della stanza disperato il parroco accompagnato dal sagrestano. Parlano tutti confusamente.

PARROCO: che la Vergine Santa ci liberi! Come si fa ad infilarsi in una situazione del genere. Chi risolverà tutti i problemi? Vedrete cosa combinerà quel poveraccio di don Ninai. Se ne va la mattina presto a guadagnarsi la giornata e gli arriva una simile notizia. Ci vorrà coraggio e forza a sopportarla.

TERESA:  a propositu, padri parucu, s’avi a mannari qacdunu m’avvisa a don Ninai. Cà a situazioni si complicau: Serafina si ittau tà pottrona e no voli parari.

IL PARROCO PREOCCUPATO: e u chiamastu u dutturi? Chi fa veni?

TERESA: u chiamammu dici che veni subbitu; ma passau un quattu d’ura e ancora non s’avi vistu nuddu. Ma vui pinsati pi don Ninai.

PARROCO: e a cu pozzu mannari jò? A stu disgraziatu di Terremoto -INDICA IL SAGRESTANO SCIMUNITO CHE RIDE- capisci chiddu c’avi a fari?

PARROCO RIVOLGENDOSI A TERREMOTO: a ciccari a don Ninai e cià dire mi veni subbitu a casa.

SAGRESTANO RIDENDO ED ANNUENDO A MEZZE PAROLE RISPONDE: don Ni-nai a gra-ni-ta vi-nni.

TERESA: povireddu è propriu pessu! E’ babbu tunnu. E ch’impressioni chi fa cu du denti sulu tà bucca! Faciticillu livari e ci faciti fari na bedda dintera.

PARROCO: u dintista dici chi c’iavi a catiri sulu. Ohu ci cateru tutti, ma chistu pari chi l’avi taccutu cu cimentu!

SAGRESTANO:  don Ni-nai a gra-ni-ta vi-nni.

PARROCO: u sapemi chi don Ninai vinni a granita. - SI RIVOLGE A DONNA TERESA - Vi l’avia dittu jò chi chistu non è bonu mancu di sonari a campana da missa. Donna Teresa chiamati fora a cocchi iautru. Annati to cortili qocdunu chi iammi boni e ca testa giusta c’iavi a gliessiri.

MENTRE DONNA TERESA S’AVVIA VERSO LA PORTA ENTRA IL TURCO.

PARROCO: meno male che siete arrivato voi. Sentite Turco dovete andare a cercare don Ninai e dirgli di correre qui.

TURCO PIUTTOSTO PERPLESSO: ma chi succidiu? Chi è stu trafucu?

TERESA SBRIGATIVA E SENZA PERDERE ALTRO TEMPO: poi vu dicu. No capiti chi è uggenti? Annati e faciti subbitu.

TURCO MOLTO INCURIOSITO: ma chi c’è diri? E poi stava annannu a casa.

TERESA: oh mali pi mia quantu ci voli pi capiri! Curriti chi è uggenti. O ritonnu vi spiegu tutti cosi.

IL TURCO VA VIA VELOCEMENTE, IL PARROCO SI SIEDE SEGUITO DAL SAGRESTANO, DONNA TERESA S’AVVICINA ALLA POLTRONA E GUARDANDO DONNA SERAFINA ESCLAMA: prima vonnu soddisfazioni iddi e poi capisciunu chiddu c’annu a fari!  – CON COMMISERAZIONE  VERSO DONNA SERAFINA - E povira cristianedda. Iautru chi ci ritirau a parola, c’è una mi resta sicca senza ciatu. Vaia, vaia; chisti su nutizii? Chisti sunnu coppi o cori.    

DONNA CICCIA CHE STAVA VICINO ALLA POLTRONA: no vogliu pinsari a chiddu chi cummina don Ninai. Menu mali chi c’è u parrucu e s’aviti iddu. Jò comu arriva mi ni vaiu.

TERESA: vui faciti comu vuliti, ma jò a sta poviredda na lassu sula. Semo cristiani un poco di cunfottu s’avi a dari. Si tutti scappamu quannu c’è a guerra peddemu patria, casa e famigghia.

TUTTE LE DONNE ATTORNO ALLA POLTRONA: ci manchiria! E ca lassamu sula? Mi non si dici na cosa del genere.

Il PARROCO APPREZZANDO IRONICAMENTE LA PREMURA DELLE DONNE:  meno male che ci siete voi! Bisogna sempre darsi di verso per il buon vicinato. D’altronde questi sono aiuti prestati: uno volta a me , un’altra volta a te. E ricordatevi che anche la regina ha avuto bisogno della vicina!

DONNA CICCIA: sante parole, padri parrucu. Sante parole. Quantu vali u bon vicinatu, no vali nenti.

IL PARROCO ALZA GLI OCCHI E LE MANI AL CIELO E INVOCA DIO:  Le parole sono buone, tanto non costano nulla, le intenzioni sono poi cattive! E così la povera lingua è costretta ora far fare bella figura alla padrona magari subito dopo ad accontentarla di dire male che non ne può fare a meno. - POI CAMBIA DISCORSO - Padre misericordioso aiutateci voi! Come si fa? In che situazione mi hanno messo questi sciagurati! Padre Eterno e Santi tutti del Paradiso assistetemi voi.

ALCUNE DONNE SI AVVICINANO AL PARROCO E LO CONFORTANO. TERESA: patri parrucu stati tranquillu! Tuttu si giusta. E poi vui chi ci trasiti? Pari chi è vostra a cuppa.

PARROCO:  si deve vedere se la testa di don Ninai la pensa come voi!

TERESA: iddu avi a pinsari a dda poviredda - INDICA DONNA SERAFINA ALLA POLTRONA – pocu ci vulia chi catia motta tera.

SERAFINA DALLA POLTRONA LAMENTANDOSI: chiddu diventa pacciu! Chiddu mazza a tutti!

TERESA: Serafina non ti scantari. Nenti ti fa!

SERAFINA: m’immazza! M’immazza! Facitimi annari unni me matri.

PARROCO: non dite parole grosse donna Serafina! Certo non sarà facile affrontare vostro marito e la sua rabbia. Ma addirittura pensare che vi ammazzi è esagerato.

SERAFINA: vi dicu chi n’immazza a mia e a vui.

TERESA: per carità!

PARROCO PIUTTOSTO TERRORIZZATO: Santo Dio che cosa dite? E se lo dite voi che siete la moglie c’è da credervi. Come bisogna fare? – SI PORTA LE MANI AL VISO PER DISPERAZIONE – solamente il Signore ci può salvare!

LE DONNE SI DIVIDONO FRA IL PARROCO E DONNA SERAFINA. TENTANO DICONSOLARLI  E CERCANO DI CALMARLI.

 TERESA: stati tranquilli, c’u Signuruzzu non abbannuna. Viditi c’u Signuri ci apri a mente a vostru maritu e u fa ragiunari. Quannu unu si trova a mari si signa a natari! C’avi a fari? Faravi du buci, o soluto soi e poi ci passa tutti cosi.

DONNA SERAFINA DISPERATA DALLA POLTRONA: ma quali! Ma chi diciti! Chiddu diventa pacciu. E ni mmazza a tutti. Mali pi mia! Staiu murennu. Megghiu mi moru ca mi vidu sta carneficina. Na stragi fa!

PARROCO: e jò chi ci trasu povireddu i mia? Ancora va a finiri ca prima cotinnada è a mei.

BUSSANO ALLA PORTA  GIA’ APERTA. TUTTI: avanti! Avanti!

TERESA : u dutturi avi a ghiesseri.

E’ IL DOTTORE ENTRA CON PASSO LENTO E MAN MANO CHE VA AVANTI GUARDA INTORNO PER CAPIRE COSA FOSSE SUCCESSO.

TERESA: buongiorno dottore Pecora, s’accomodi. A signora Serafina male si è sentita.

DOTTORE: Pecorella, mi chiamo dottor Pecorella. E dopo tanti anni dovreste saperlo.

TERESA: mi scusassi dottore, ma sempre mi confunnu. Ci penso tante voti prima di chiamarvi. E’ Pecorella o Pecora dico, e poi dico sempri u nomi sbagliatu.

DOTTORE: cosa è successo alla signora Serafina? Mi pare un poco palliduccia.

PARROCO: ah dottore! Qua succedono cose dell’altro mondo; ma a pagare è sempre chi non ha colpa: donna Serafina ed io in questo caso.

IL MEDICO S’AVVICINA ALLA POLTRONA ED INCOMINCIA A VISITARE SERAFINA. TUTTI GUARDANO LA SUA ESPRESSIONE PIUTTOSTO SERIA.

SERAFINA: dutturi voglio moriri. Mi senti troppu mali; iaiu nu ruppu cà to mezzu du stomucu.

DOTTORE: ma che cosa è successo?

TERESA: non si po’ cuntari, dutturi. Sta poviredda a posta si sintiu mali. Picchì è na cosa troppu, ma troppu seria.

PARROCO: come non si può raccontare? Questa casa è diventata un mercato: gente che va, gente che viene, che dice la sua, dà insegnamenti e consigli, che ha già sparso la notizia in tutta la città e poi dite al medico che non si può raccontare quello che è successo.

TERESA: padri parucu, jò non l’hai u curaggiu mu cuntu.

PARROCO: vedrete che fra un poco, appena mettete il piede fuori dall’uscio di questa casa, il coraggio vi viene e vi viene pure la fantasia.

TERESA: ma chi vuliti diri? Chi non tegnu a bucca chiusa? Chi non mi fazzu i fatti mei?

SERAFINA MENTRE IL PARROCO E TERESA DISCUTONO VIVACEMENTE TIRA A SE’ IL MEDICO E GLI PARLA SOTTOVOCE. IL MEDICO RESTA ESTEREFATTO. E RIESCE SOLAMENTE A DIRE: e vostro marito l’ha saputo?

SERAFINA: sta vinennu. U mannai a chiamari. E mi scantu dutturi.

IL MEDICO VISITA SERAFINA. GLI MISURA LA PRESSIONE E GLI PRENDE IL POLSO: male, male, signora Serafina, bisogna calmarsi. La pressione è alta e il cuore sta scoppiando.

DONNA SERAFINA: mi sentu mali dutturi! Staju murennu!

MEDICO: non morirete per questo. Se si dovesse morire per ogni disgrazia o per ogni “mala occasione” ci vorrebbero dieci cimiteri in ogni città!

DONNA SERAFINA: dutturi mi non s’inni va. Mi scantu. Mi resta puru lei.

PARROCO: già, così una coltellata se la prende pure lui.

Il MEDICO AGITATO NON VUOLE SOFFERMARSI E MOSTRA PREMURA DI ANDARSENE. SI RIVOLGE A DONNA TERESA: signora Teresa, fatela dormire, dategli una buona camomilla e vedrete che in serata si calmerà. Ci vorrà qualche oretta di calma.

PARROCO: in serata? Che Dio vi ascolti dottore. Qui si sta preparando un fuoco grande.

DOTTORE: padre parroco non siate esagerato. E poi voi siete qui proprio per calmare gli animi e fare riflettere.

PARROCO: come è facile parlare. Il parroco non prescrive ricette e non dà diete e poi va via! Il parroco ha altro da curare e senza pillole e senza sciroppi. Malattie che non hanno nome che non si sa da dove vengano e non si sa perché vengano.

DOTTORE PIUTTOSTO IRONICO: ognuno ha il suo mestiere. Ed ogni mestiere ha vantaggi e svantaggi. D’altronde scegliamo noi dove andare e cosa fare della nostra vita.

SERAFINA SI AGITA NELLA POLTRONA; SCOPPIA IN UN PIANTO DISPERATO, ACCORRE TERESA: donna Serafina, stati tranquilla. U dutturi dissi c’aviti stari tranquilla; così vi piglia un coppo e muriti. E vostri figghi no ci pinsati?

SERAFINA: vogliu moriri, vogliu moriri. I me figghi i vadda u Signuri, tantu cu mia o senza i mia i guai u stissu i cumminunu. Facitimi suggiri, pi faureddu!

TERESA: vi fazzu suggiri, ma vui non aviti a fari così. U dutturi dissi chi non aviti nenti. Ora vi facemu na tazza i camumilla e vi passa tutti cosi.

LE ALTRE DONNE S’AVVICININANO ALLA POLTRONA ED AIUTANO TERESA A METTERE IN PIEDI SERAFINA CHE ANCORA PIANGE E SI LAMENTA.

CICCIA: quasi quasi ci daria na pinnuledda di mei. Quannu mi sentu nivvusa mi ni pigghiu una e mi passa tutti cosi ta na vota.

TERESA: eh già! Ci damu na pinnula senza odini du meducu! Siti tragica!

CICCIA: e chi ci voli? U dutturi è ancora cà! - SI GIRA VERSO IL MEDICO CHE STA CHIUDENDO LA BORSA – dottore Pecorone ci posso dare a donna Serafina una pillola delle mie?

DOTTORE ADIRATO: non avete capito! Mi chiamo dottor Pecorella. E sebbene si tratti sempre di pecore non è la stessa cosa Pecorella e Pecorone. Va a finire che mi chiamerete Caprone. Comunque, le vostre pillole non vanno bene per la signora Serafina. Vi ho detto di farle una buona camomilla.

SERAFINA: dottore, non se ne vada. Sto male! Comu e fari?

DOTTORE: tranquilla non ha niente, chiunque nella sua situazione si sarebbe sentita come lei o peggio di lei. Basta poco, come ho detto, una semplice camomilla.

SERAFINA: dotturi u scantu è dopu. Cà ci saravi u ‘nfennu. Cu tenu a nu pacciu i me maritu?

DOTTORE TIMOROSO E ANSIOSO DI ANDARE VIA PRIMA POSSIBILE: stia tranquilla signora, non sarà sola; e poi avrà accanto il nostro caro parroco, che sa bene come gestire queste situazioni. Andrà tutto bene!

PARROCO: eh già, il parroco c’è sempre in queste brutte situazioni. Il parroco non scappa anche se ne ha voglia. Il parroco resta anche se non sa cosa dire e anche se non ha rimedi.

IL DOTTORE CAPISCE CHE LA BATTUTA DEL PARROCO E’ CONTRO DI LUI. MA, AVENDO FRETTA DI ANDARE VIA, PRENDE LA SUA BORSA SALUTA E FA I PRIMI PASSI PER ANDARE VIA.

PARROCO: dottor Pecorina …..

DOTTORE ARRABBIATO: ma insomma, lo volete capire che mi chiamo PE-CO-RI-NA. Accidenti fate sbagliare pure a me. Vi ho detto e ridetto che mi chiamo Pecorella. E mi pare che lo facciate apposta e che vi divertiate a scambiare il mio nome. E’ una cosa che dà fastidio.

TERESA: scusate, scusate il parroco non voleva…..

CICCIA: chi guai chi ci su cà, cettu no avi valia i giucari e schizzari!

IMPROVVISAMAENTE SI SENTONO LE URLA DI DON NINAI. IL DOTTORE LO VUOLE EVITARE. SALUTA ANCORA VELOCEMENTE E SCAPPA. DON NINAI LO INCONTRA SULL’USCIO ED URLA: u dutturi? E chi ci succidiu e me figghi e a me mugghieri? Dicitimmillu!

IL TURCO CERCA DI CALMARE DON NINAI: no ti biliari. Ora ti dicunu tutti cosi.

PARROCO CON VOCE TREMANTE: don Ninai, nuddu muriu!

DON NINAI: e chi fu allura? E vui, patri parucu,  ta me casa chi faciti?

PARROCO: ora vostra moglie vi dice tutto.

DONNA SERAFINA HA UN MANCAMENTO FRA LE BRACCIA DELLE VICINE, TROVA APPENA IL CORAGGIO DI DIRE CON UN FILO DI VOCE: no pozzu parari!

DON NINAI: ma insomma sugnu o non sugnu u patruni i casa? E ancora no mi diciti chiddu chi succidiu. U turcu mi fici sautari a maligna, vegnu cà e nuddu para. I me figghi a unni su?

TURCO: a mia nenti mi dissiru!

TERESA RIVOLGENDOSI A DON NINAI: i picciriddi sunnu a me casa cu me figghia. Stati tranquillu.

DON NINAI: tutti mi dicinu mi staju  tranquillu, ma nuddo mi dici chiddu chi succidiu.

PARROCO: ora comu si ripiglia, vostra muglieri vi cunta tutti cosi. E poi sapiti chi vi dicu: a tuttu c’è rimediu.

CICCIA: ah , vero! Sulu a motti non c’è rimediu.

SERAFINA PORTANDOSI LA MANO AL PETTO: Ninai, Ninuzzu, chi brutta cosa chi ni succidiu! Moru! non pozzu mancu parari. Moru! Moru!

DON NINAI AGITATISSIMO: Serafina, o ti spicci e mi dici chi succidiu o cuminciu a fari u pacciu.

SERAFINA: chi Diu mi ni scansa! Puru chista ci manchiria!

PARROCO RIVOLGENDOSI SOTTOVOCE A DONNA TERESA: voli fari u pacciu senza sapiri chiddu chi succidiu. Pensati a chiddu chi cummina appena u sapi!

SERAFINA: si non voi mi moru, ma diri chi non ti fai arrivari u sangu a testa. L’a fari pi mia.

DON NINAI SEMPRE PIU’ IMPAZIENTE: Serafina, si non ti spicci a parari cuminciu prestu prestu i tia. N’amo a nui allura chi  cosa  succidiu si po’ sapiri o puru no?

TERESA: aspettati don Ninai! Facitila ripigghiari! Non viditi chi sta morennu da bili? – SI RIVOLGE AL SAGRESTANO – porta na seggia cà tu! Ammeno fai cocchi cosa. Sta poviredda non c’ià fa mi sta mancu a dritta.

DON NINAI  PRONTO A SCOPPIARE COME UNA BOMBA S’AVVICINA ALLA MOGLIE LA GUARDA ATTENTAMENTE, MENTRE LEI NON HA IL CORAGGIO DI SOSTENERNE LO SGUARDO. POI DOMANDA: Serafina, ma i gemelli unni su?

SERAFINA TERRORIZZATA: Ninuzzu, lassili stari! Chi ci voi fari? U sai chi sunnu pacci pi tua. Sia l’una chi l’autra.

DON NINAI PERENTORIAMENTE E SPAZIENTITO: Serafina, no tu dumannu chiù! I gemelli a unni sunnu?

SERAFINA BALBETTA MA NESSUNO COMPRENDE COSA DICE. ABILMENTE DONNA TERESA LE GIRA LA TESTA IN MANIERA CHE LE PAROLE POSSANO USCIRE LIBERAMENTE DALLA BOCCA: Ninai, Ninuzzu, - DONNA TERESA LA INCORAGGIA CON LO SGUARDO E GLI FA CENNO CON IL CAPO QUASI A VOLERLE METTERE LE PAROLE IN BOCCA -  Ninai i gemelli s’inni fujeru!

DON NINAI SORPRENDENTEMENTE TRANQUILLO: i gemelli s’inni fujero!

PARROCO: ragazze sono e non capiscono il danno che si fanno, pazienza!

DON NINAI S’AVVICINA AL TAVOLO E BATTENDO LE DITA SOPRA RIPETE: i gemelli s’inni fujero!

DONNA SERAFINA RINCUORATA DALL’ATTEGGIAMENTO CALMO DEL MARITO TROVA LA FORZA DI PARLARE: Ninai, comu ni potturu tradiri? No ma spittava propri sta mala patti  . Quanti sacrifici! Quanti raccumannazioni! E all’uttimu a feli ta bucca ni ficiru arivari.

IL PARROCO SI CERCA UNA SEDIA. E’ PIU DISTESO E VUOLE RIPOSARSI. VORREBBE PARLARE MA NON SA COSA DIRE. IL SAGRESTANO LO SEGUE COME UN CAGNOLINO. NELLO STESSO MOMENTO IN CUI SI STA SEDENDO UN URLO FEROCE ESCE DALLA GOLA DI DON NINAI E IMMOBILIZZA TUTTI COME PIETRE.

DON NINAI: dicitimi a unni su chi l’ammazzari. Vigogna! Vigogna! Ta me casa sta vigogna!

DONNA SERAFINA DISPERATA: mali pi mia! Mali pi mia, vi l’avia dittu jò chi ni mmazza a tutti. Pacciu nisciu.

DON NINAI: ci tagliu a ula a tutti du soru. Senza pietà! Comu iddi non ebbiru pietà i mia jò non n’aiu d’iddi.

TERESA: San vincenzu inferrera tinitici i sentimenti! Calmativi, chi si giusta tuttu.

IL PARROCO GIRATO VERSO DONNA CICCIA: ma quali giustari! Cà a situazioni è gravi. Chistù i voli mmazzari;  e ancora non sapi u restu!

DON NINAI: mi dugnunu trent’anni i galera? Mi dugnunu l’eggastulu? E va beni, ma jò a tutti i du soru l’ammazzari. -  VA DI CORSA VERSO IL TAVOLO APRE UN CASSETTO CHE CADE RUMOROSAMENTE SUL PAVIMENTO E RACCOGLIE UN GROSSO COLTELLO - Chistu ci voli – MOSTRA LA LAMA DEL COLTELLO ALLA MOGLIE – chistu ci voli, ci l’e ziccari to pettu e l’e fari ristari senza na goccia i sangu; prima a na soru e poi all’autra.

IL TURCO CERCA DI FERMARE DON NINAI: ma chi fai? Ma na pensi a to famigghia. Jai n’autri du figli piciriddi e na mugghieri. Comu fannu senza i tia.

DON NINAI: no mi interessa. Ora vogghiu mmazzari i gemelli.

PARROCO IMPAURITO: ma che dite! Non sono certamente le prime fanciulle che fanno la fujitina. Sapeste quante ne sposo io! Quasi tutte le donne che ci sono qui dentro sono fuggite col fidanzato e non è morto nessuno.

CICCIA: non quasi tutti, tutti! Puru vui don Ninai vinni fujistu cu Serafina.

PARROCO: sentite cosa dice la signora Cicciacv. E poi vostra moglie non ve la siete fujuta?

DON NINAI: no mi interessa. Mi ficiru stu sgabbu annu a pagari. Ma no chi ne vaddu chiù; annu a pagari ca vita, l’ammazzari, picchi sta vigogna na pozzu supputari. Ci su cosi ta vita chi su peggiu du immu!

TERESA:  cammativi don Ninai. Ora a pinsati così picchì u fattu è ancora friscu ma dumani u Signuri vi manna u giustu cunsigliu. E poi né iddi i primi né iddi l’uttimi! Cose chi succedunu sunnu.

DON NINAI AVVICINANDOSI CON SGUARDO ALLUCINATO VERSO DONNA TERESA: dumani? Ma chi stati dicennu? Cà non c’è tempu i peddiri. A genti si inchiu i cianchi abbastanza. Ora ci pensu jò.

SERAFINA IN LACRIME: Ninai, non fari paccii, ragiuna. Oggi ti pari bruttu ma cu tempu t’abitui. Tu ricoddi a me patri chi ni vulia mmazzari? Ma quannu compari Sabbaturi ni puttau a casa ni fici du buci e ni dissi: sittativi e manciati! Dumani mattina annati a chiesa e o municipio, nisciti i catti e vi maritati. Tu scuddasti chi trimaumu comu a du fogghi? Non fari fissari. Quannu a mala occasioni no si po’ evitari, ammeno sabbamu chiddu chi potemu.

DON NINAI ANCORA COL COLTELLO IN MANO: ma mu spiegati si è giustu chi du figli s’inni fujunu a stissa matina?  Dico s’inni fuji una pacienza, e si l’autra s’inni fuji all’indumani pacienza puru, ma dui ta na vota è troppu. Significa chi s’inni futteru di so patri.

PARROCO PARLANDO SOTTOVOCE CON DONNA CICCIA: u Signuri mi ni scanza e libira! A testa ci ragiuna e dici giustu. Cu ci pò dari tottu?   E’ u fattu cu fa nesciri pacciu.

CICCIA RISPONDENDO AL PARROCO SOTTOVOCE:  aviti a vidiri chiddu chi cummina appena sapi comu sunnu i fatti! jò no dicu nenti; muta sugnu e muta restu.

DON NINAI CON GLI OCCHI SPALANCATI E ROSSI DALLA RABBIA: Signuruzzu, picchì a mia sti mali occasioni? Ah chi fennu chi aiu ta stu cori! E solu stu coteddu mi pò dari paci.

DONNA SERAFINA AVVILITA E CON LE MANI AL VOLTO SUPPLICA IL MARITO: Ninai, ma chi vai dicennu? Chi voi mmazzari veramenti i nostri figghi? Ma tu scuddasti quantu ti vonnu beni?

DON NINAI CON GLI OCCHI FUORI DALLE ORBITE: beni? Mi vonnu beni? Mi vonnu beni e mi dugnunu sta pugnalata? Prima du beni m’aviunu a puttari rispettu. Mancu ziti erunu e s’inni fujeru! Chi bellezza! Tuttu u vicinatu si sta scialannu a ridiri, mentre jò mi staiu rusicannu u ficutu.

DONNA TERESA: don Ninai, ma cu ridi? Cu po’ ridiri? Tà na casa sì e tà l’autra puru c’è na disgrazia. Ognunu s’avi a vaddari u so immu.

DON NINAI: ma a mei è na doppia disgrazia e no ma meritava. – POI RIVOLGENDOSI ALLA MOGLIE -  e tu Serafinedda, comu facisti mi no t’accoggi chi s’inni staunu fujennu? Tutti i jonna cu iddi, ti cuntaunu tutti cosi. Da matina fino a sira cu tia. Comu è possibili?

DONNA SERAFINA SCOPPIA IN UN PIANTO IRREFRENABILE  E DICE: jai ragiuni, Ninai, piddunimi! Ne seppi vaddari e to figghi. Pigghitilla cu mia, a cuppa è mei. Si ci avissi statu attenta bona non succidia sta disgrazia.

DONNA TERESA: e chi diciti, chi na mamma voli u mali di figghi? I così vannu pi comu annu annare. Quannu si tratta di ziti i figghi paroli di patri e di matri no ni pigghiunu.

DONNA CICCIA: fussuru como a vui tutti i mammi!

DON NINAI: cettu chi si jò era intra tutti i jonni, mi n’accugia! Ma uno avi a travagghiari, pecciò a chiddu chi fa a mugghieri. – DON NINAI SI RIVOLGE AL TURCO – fate bene voi che vi prendete due o tre mogli, almeno la salvezza della casa è assicurata!

IL PARROCO: misericordia! Adesso una moglie non basta più. State uscendo fuori di senno.

IL TURCO: don Ninai i guai non si femmunu chi mugghieri. Jò iaiu du mugghieri ma i guai non m’annu mancatu.  

PARROCO: voi state zitto! Siete di altra religione e non potete capire. Già è difficile mantenere una moglie, pensate due! L’amore non è divisibile, ricordatevelo!

DONNA CICCIA: capisci, capisci, patri parucu! Vi pari picchì è Tuccu no capisci? E comu si capisci! Chistu è chiù missinisi i mia e sulu Allah ci ristau du so paisi.

TURCO: cettu chi capisciu. Chi sugnu babbu?

 

DON NINAI: ma to to paisi, cu un guaiu comu o mei a st’ura no l’avissi mmazzatu i to figghi?  E no l’avissi chiusio i bucchi di fennu di paisani?

TURCO: e chi ni sacciu jò? Cu ci avannatu mai to me paisi? Jò no capisciu chiù mancu a lingua.

DON NINAI: megghiu cusì! Cusì i chiacchiri di to paisani ne senti. Jò inveci l’aju te ricchi i mummuriamenti e chiù ci pensu chiù mi n’accogiu chi iaju na fammighia ruvinata.

PARROCO: don Ninai,finitela con questi pregiudizi! Chissà quante volte voi stesso avete riso di simili situazioni capitate ad altri! Ora vi fate scrupolo e vi fate mangiare il fegato dalla rabbia. Pure a me sarebbe successo, credetemi, se avessi scelto un’altra strada. Si ride due o tre giorni, se ne parla in tutte le case; in tutte le botteghe  diventa l’unico argomento di conversazione e tutti fanno ipotesi, congetture, danno conclusioni che alla fine non c’entrano nulla con la verità.

Se in questo momento passate per strada, qualunque strada della città, anche la più isolata e lontana, offrirete ai nostri concittadini un buon motivo per chiacchierare, ma da domani cominceranno ad essere stanchi di parlare dei fatti vostri. Aspettano  qualche altro scandalo. Perché il mostro che è dentro ciascuno di noi vuole sempre notizie fresche: più ne divora più dimentica quelle vecchie.

DON NINAI: patri parucu, per ora no ragiunu, e si vui ciccati mi mi faciti ragiunari chi vostri cunsigghi, mi cuffunniti chiùssai a testa. Ta me testa ora comu ora c’è sulu u cuteddu.

DONNA CICCIA S’AVVICINA AL TURCO E GLI FA SEGNI AFFINCHE’ SI LASCI CONSEGNARE DA DON NINAI IL COLTELLO. IL TURCO CAPISCE E SI PONE DAVANTI A DON NINAI E GLI URLA: dammi stu cuteddu e finiscila! Si tutti chiddi chi hannu i figghi fujuti fannu comu a tia ci sariuni chiù cacciri chi chiesi. Mettiti u cori in paci. Comu ritonnunu i fai sistimari e no s’inni para chiù.

DONNA TERESA: bravu o Tuccu! Tanto comu si dici: a cianciari u mottu su lacrimi pessi. Ora pensati chi l’aviti a sistimari. Quali cuteddu, quali mmazzatini, quali sangu! U signuri mi vi apri i stradi du travagghiu e così si c’ià putiti dari na cosa c’ià dati e comu voli Diu si cunta!

DONNA SERAFINA SCOPPIA ANCORA UNA VOLTA IN UN PIANTO DISPERATO. SI AGITA SI PRENDE LA FACCIA A SCHIAFFI E SI MALEDICE: ah, donna Teresa! Chi grazia ranni saria si putissimu sistimari comu diciti vui i gemelli. Non avria lingua mi ringraziu u Signuri!

Ma picchì sta disgrazia? Ma picchì?

IL PARROCO S’AVVICINA A DONNA SERAFINA E CERCA DI CALMARLA SUSSURRANDOLE QUALCOSA NELLE ORECCHIE: state zitta, per carità! Se vostro marito viene a sapere altro veramente farà scoppiare il finimondo!  Non perdete la testa almeno voi!

 DON NINAI: a chiacchiri e paroli tutto si risovvi, ma intanto cà dintra – INDICA LO STOMACO – iaiu u focu; e ta testa – SI PORTA LE MANI SULLA TESTA – iaiu un sulu pinseri: le mmazzari!

DONNA SERAFINA RIVOLGENDOSI AL PARROCO: aiutatici! A testa sempri ddà l’avi!

Su Signuri no libira, veramenti fa na stragi!

DON NINAI: e cu sunnu sti du figghioli chi si pigghiaru i me du gemelli? Cu cu s’inni fujieru sti me du figghi?

UN IMPROVVISO GELO CADE NELLA STANZA. TUTTI SI GUARDANO MA NESSUNO VUOLE PARLARE. IL PARROCO SOLLECITA DONNA SERAFINA A FARLO. FINALMENTE PRESASI DI CORAGGIO CON VOCE FLEBILE DICE: u niputi di patri parucu.

DON NINAI PIU’ ARRABBIATO CHE MAI: una, peccjò s’inni scappau cu niputi du parucu e l’autra cu cui?

DONNA SERAFINA TREMANTE: cu nniputi di patri parucu.

DON NINAI: Serafina, capia; una s’inni fujiu cu niputi di parucu, e l’autra?

 

DONNA SERAFINA E’ TERRORIZZATA, MA RIESCE A DIRE A MEZZE PAROLE E CON TONO MOLTO BASSO: Ninuzzu, puru a secunna s’inni fujiu cu niputi di patri parucu.

SILENZIO DI TOMBA IN TUTTA LA STANZA.

DON NINAI CON MOLTA CALMA: Serafina, ma capia bonu? Tutti i dui s’inni fujiero cu niputi du parucu?

DONNA SERAFINA: sì, Ninuzzu; così jè!

MENTRE DON NINAI SI CERCA UNA SEDIA E SI ABBANDONA SU DI ESSA, IL PARROCO ARRETRA VERSO LA PORTA D’INGRESSO, LE DONNE  FORMANO UN GRUPPO QUASI PER SOSTENERSI L’UNA CON L’ALTRA, IL TURCO SEGUE IL PARROCO. SOLO IL SAGRESTANO RIMANE AL SUO POSTO. IMPROVVISAMENTE DON NINAI SI ALZA DALLA SEDIA ED INCOMINCIA AD URLARE COME UN PAZZO BRANDENDO IL COLTELLO COME SE FOSSE UNA SPADA: u sapia chi c’era ‘ntricatu u parinu! Ah, ma jò vi mmazzu a ziu e niputi. Na cutiddata a l’unu ta panza no va leva nuddu.

DONNA SERAFINA GRIDANDO: Ninai, femmiti! No ruvinari a nostra famigghia!

DON NINAI: a nostra famigghia è ruvinata. Du fimmini chi s’inni fujunu cu stissu masculu? E quannu si sintiu diri na cosa simili? I mmazzu, i mmazzu, megghiu motti chi fimmini du stissu masculu. Non mi tiniti!

TURCO CHE TENTA DI TRATTENERE DON NINAI: finiscila! Chi voi finiri all’egastulu? Cà c’è patri parucu, parati e giustati a situazioni.

DON NINAI FURIOSO: no vogliu giustari nenti; i vogliu sulu mmazzari. Ah si l’avissi te me mani ta stu mumentu!

IL TURCO TRATTIENE DON NINAI, MA HA DIFFICOLTA’: GUADAGNA SEMPRE QUALCHE PASSO VERSO L’USCITA DELLA CASA. IL TURCO CHIEDE AIUTO: jutatimi, chi chistu è na furia; si nesci fora i mmazza veramente!

LE DONNE ACCORRONO, DONNA TERESA CHIUDE LA PORTA, IL PARROCO CERCA DI DARE UNA MANO PURE LUI.

DON NINAI LANCIA PUGNI, CALCI E SPINTE: no mi tiniti! Lassatimi; tantu si no fazzu ora u fazzu dopo. Figghi disgraziati, comu potturi ittari tuttu stu fangu sopra a so patri?

LE DONNE URLANO INSIEME CON IL TURCO E CON IL PARROCO PER LE BOTTE, IL PARROCO CHIAMA IN AIUTO IL SAGRESTANO CHE SE NE STA IMBAMBOLATO A RIDERE E A GODERSI LA SCENA: - terremoto – GLI URLA – vieni ad aiutarci, aiutaci a tenerlo fermo e a non farlo uscire di casa.

TERREMOTO SEMBRA AVER CAPITO E A MONOSILLABI DICE: va be –ni.

APPENA TERREMOTO E ‘ NELLA MISCHIA SI SENTE UN URLO DISUMANO AL DI SOPRA DI TUTTI GLI  ALTRI.

DONNA TERESA: mali pi mia chi fu? A cu ci desi na cutinnada?

DONNA CICCIA: Vergine Santa! Chi facistu don Ninai? Tuttu stu sangu tera, matri, matri vaddati a Terremotu tuttu chinu i sangu ta facci; creaturi na cutiddata c’ià  arivvau!

DONNA TERESA: creaturi! Creaturi! Chiamati u dutturi, chiamati i carabbineri; Tuccu, chiamati aiutu!  

PARROCO: povero terremoto! Non bastavano i guai che ha, pure questa ci voleva!

MENTRE IL TURCO SCAPPA A CHIAMARE AIUTI DON NINAI E’ AL CENTRO DELLA STANZA CON LA TESTA FRA LE MANI. PIANO PIANO VIENE AVANTI TERREMOTO  E CON ARIA DIVERTITA DICE: dente, dente. – E MOSTRA IL DENTE CADUTO ACCIDENTALMENTE.

PARROCO: ah, meno male! Non è niente. Gli è caduto solamente il dente; mi ero preoccupato.

DONNA CICCIA: oh malanova! Mancu u scantu chi pigghiammu! Patri parucu mannatulu!  E chiù d’impicciu chi jautru! E leviti cu stu denti te mani. A jettulu!

DONNA TERESA: vatinni! chi mi fai schifiari cu stu denti te mani!

PARROCO: poveretto! È contento; così gli posso fare la dentiera!

DON NINAI: patri parucu, a iddu ci faciti a dintera ma vui pruvviditi pa cascia i mottu. Si sta situazioni no si giusta u primu chi paga siti vui!

 

PARROCO TERRORIZZATO: ma jò chi cuppa n’aiu?

FINE I ATTO


II ATTO

 

STESSO AMBIENTE. DONNA TERESA E DONNA CICCIA  ACCUDISCONO DONNA SERAFINA, NUOVAMENTE DISTESA SULLA POLTRONA. IL PARROCO E IL SAGRESTANO STANNO NELLA PARTE OPPOSTA DELLA STANZA.

DONNA TERESA: oh! E ci raccumannai. Menu mali che don Ninai si fimmau, a st’ura avia fattu na stragi e iddi ancora non avissuru vinutu!

PARROCO: i carabinieri magari hanno altro da pensare che alla fuitina. Ma non visturu u ‘nfennu chi ci fu cà!

SERAFINA DALLA POLTRONA: patri parucu, vi racumannu a vui! Vui  sulu putiti sabbari i gemelli e a me maritu. Povirazzu è troppu avvilitu. Sta cosa u mmazzau.

IL PARROCO: siate fiduciosa donna Serafina! Mi sforzerò perché le cose finiscano bene. - POI GIRANDOSI VERSO IL SAGRESTANO E BADANDO A NON FARSI SENTIRE DA DONNA SERAFINA AGGIUNGE -  ma io cosa posso fare? Questa è una situazione irrisolvibile.

SAGRESTANO RIDENDO: eh, u denti mi cadiu! A u cà! MOSTRA CONTENTO IL DENTE.

PARROCO: beato tu figlio mio! Tu non capisci niente e campi cent’anni!

SI SENTE BUSSARE ALLA PORTA. DONNA CICCIA VA AD APRIRE SONO I CARABINIERI.

DONNA CICCIA CERIMONIOSA: avanti, avanti, signor maresciallo, s’accomodi!

IL MARESCIALLO, SEGUITO DAL CARABINIERE, OSSERVA ATTENTAMENTE LA STANZA, POI ATTIRATO DALLE MACCHIE DI SANGUE SUL PAVIMENTO DOMANDA: dov’è l’assassino? Anzi dov’è il morto? 

DONNA TERESA E DONNA CICCIA: quali motto, maresciallu? Cà no ci ni fu motti!

Cà a storia è n’autra!

MARESCIALLO: volete dire che questo sul pavimento non è sangue e che in questa stanza non c’è stata rissa?

IL PARROCO QUASI SORRIDENDO: ma no maresciallo, c’è un equivoco. Veramente vi abbiamo fatto chiamare per prudenza; don Ninai aveva avuto una crisi violenta e temevamo una reazione esagerata. Tutto qui. Il sangue sul pavimento è quello del povero Terremoto che per un’involontaria spinta ha perso l’unico dente che gli era rimasto in bocca.

TERREMOTO ESCE DALLA TASCA DELLA GIACCA IL DENTE E LO MOSTRA AL MARESCIALLO APRENDO LA BOCCA ORMAI TUTTA SDENTATA. DICE: u den-ti, u den-ti. 

IL MARESCIALLO RIVOLGENDOSI AL CARABINIERE: appuntato, sequestri immediatamente il corpo del reato e si prepari per redigere un verbale per la violenza subito dall’aggredito.

APPUNTATO: signorsì!

L’APPUNTATO SI AVVICINA A TERREMOTO PER PRENDERGLI IL DENTE, MA QUEST’ULTIMO SI SOTTRAE VIOLENTEMENTE E RIPONE IL TASCA IL DENTE.

APPUNTATO: signor maresciallo il soggetto indicato oppone resistenza.

PARROCO: maresciallo, le ho già detto che è stata una spinta involontaria a fare cadere a Terremoto il dente. Non c’è stata alcuna aggressione. Siamo tutti testimoni.

Il MARESCIALLO MOLTO DUBBIOSO: e di che cosa stavate discutendo durante questa bella riunione?

DONNA TERESA: una disgrazia, maresciallo! Amara a cu ci capita!

MARESCIALLO: una disgrazia e i carabinieri ancora non sono al corrente? – RIVOLGENDOSI ALL’APPUNTATO – appuntato è successo qualcosa che ancora non avete comunicato ai superiori?

APPUNTATO: signornò!

PARROCO: maresciallo, si tratta di una disgrazia familiare. Le due figlie gemelle di don Ninai hanno fatto la fuga d’amore.

IL MARESCIALLO RIDE DI CUORE: ah, ah, ah, ah. E tutto questo baccano per una fuga d’amore? Ne ho viste tante di queste fughe amorose durante le quali il padre dellA fuggiasca ha minacciato di uccidere per il disonore tutta la stirpe del futuro genero. E poi, dopo due o tre giorni tutti insieme a bere e mangiare alla salute della nuova coppia.

PARROCO: signor maresciallo, qui la situazione è diversa.

MARESCIALLO INCURIOSITO: diversa? E perché?

PARROCO: perché le due figlie di don Ninai sono scappate con lo stesso uomo.

MARESCIALLO INCREDULO: cioè, non sono quattro? Sono tre?

PARROCO: precisamente.

MARESCIALLO PERPLESSO E CONFUSO: mi state dicendo che le due figlie di don Ninai sono scappate, hanno fatto la fujtina con uno solo?

DONNA TERESA SPAZIENTITA: eh sì, eh sì! E chi ci voli pi capiri! I du soru si pignaru un sulu …… ,  chi ni sacciu comu l’a chiamari, un sulu zitu, va!

MARESCIALLO FACENDO UNA SMORFIA: miiiiiii!

CARABINIERE CON ESPRESSIONE DI MERAVIGLIA: cosi i l’autru munnu!

PARROCO: proprio così! Cose dell’altro mondo! Non c’è da credere , ma è la verità.

IL MARESCIALLO CON ATTEGGIAMENTO INDAGATORE:  e chi sarebbe questo fortunato giovanotto che contemporaneamente può godersi le belle grazie delle due fanciulle?

DONNA CICCIA: u niputi di patri parucu.

PARROCO: eh sì, signor maresciallo, è proprio mio nipote il colpevole.

CARABINIERE: devo verbalizzare, signor maresciallo?

MARESCIALLO: ma no, ma no; qui stiamo solo conversando. E il padre delle future spose, dov’è?

DONNA CICCIA: sta ciccannu i tri nnamurati. Facia cumu un pacciu! Ma tantu, ne trova; chiddi cu sapi unni si mucciaru!

MARESCIALLO: quindi ha minacciato di uccidere e di punirli? Ed aveva con sé anche un’arma? Appena viene lo faremo calmare.

DONNA SERAFINA: maresciallo, ma me maritu è un pezzu i pani. È un mumentu, ora si camma e ci passa tutti cosi. Quannu mai avi fattu mali a cocchiduno!

DONNA TERESA: pi carità! Casa e travagliu e tanti sacrifici! Quannu mai na sciara. Quannu mai na mala azzioni!. Pi carità, poviru cristianu! No c’è nenti i diri.

PARROCO: don Ninai è un brav’uomo veramente. Solo che quando il cervello gli gira all’incontrario fa sproloqui. Ma speriamo che ritorni tranquillo e sereno, in modo da poter mettere per ora una toppa a questa situazione. Anche per me non è una situazione facile, ma mio nipote è orfano e sono costretto ad assumermi io le responsabilità del suo comportamento. Ma sono sicuro che il Signore ci aiuterà.

MARESCIALLO: padre parroco, mi pare difficile. Come si possono sistemare le due sorelle avendo a disposizione un solo fidanzato?

PARROCO: è quello che mi chiedo pure io, ma bisogna affidarsi alla volontà di Dio. Una soluzione ci sarà.

DONNA TERESA: patri parucu, nè iddi i primi né iddi l’uttimi: così vosuru e così si fa! Si stannu tutti i due cu iddu!

PARROCO ARRABBIATO E SCANDALIZZATO: ma che dite? Ma può mai essere che vivano tutti e tre in peccato? E poi nascano figli che sono contemporaneamente fratelli e cugini? Toglietevi questa idea dalla testa; anzi non proponetela minimamente a don Ninai.

DONNA SERAFINA IN MODO MOLTO LAMENTOSO, ALZANDOSI DALLA POLTRONA: ma come s’avi a fari? E’ possibili chi no c’è soluzioni?

PARROCO: la soluzione la dobbiamo trovare noi. Ma bisogna vedere se vostro marito è ben disposto ad accettare.

MARESCIALLO:  e la vostra proposta quale sarebbe?

PARROCO: maresciallo, c’è poco da pensare: ne lascia una e ne sposa l’altra.

DONNA SERAFINA GRIDANDO: no, no, no! Comu pozzu pimmettiri chi una di dui mi resta fujuta pi sempre? Chi poi veni scansata di tutti.

MARESCIALLO: mi pare che questa sia l’unica soluzione, però.

IMPROVVISAMENTE SI SENTE URLARE FUORI. E’ DON NINAI CHE OSSESSIVAMENTE RIPETE: i mmazzu, prima chi scura i mmazzu!

ENTRA FURIOSAMENTE IN CASA SEGUITO DAL TURCO E SI FERMA ALLA VISTA DEI CARABINIERI.

IL MARESCIALLO AUSTERAMENTE LO AFFRONTA: la legge vieta di minacciare. E so pure che andate in giro armato.

DON NINAI:  e chi fazzu, ci dugnu u premiu? Ah si l’avissi te me mani! Diu sulu sapi chiddu chi ci faria!

IL MARESCIALLO RIVOLGENDOSI ALL’AGENTE: agente verbalizzi! Ha penna e carta?

L’AGENTE ROVISTA LE TASCHE E POI SCONSOLATO DICE: signor maresciallo non ho né carta né penna.

IL MARESCIALLO SI RIVOLGE A DONNA TERESA: avete carta e penna?

DONNA TERESA: maresciallu, chi semu a scola? Quali catta, quali pinna!

IL MARESCIALLO S’AVVICINA A DON NINAI, LO GUARDA ATTENTAMENTE E POI MOLTO LENTAMENTE DICE: mi auguro che non farete pazzie. E che desisterete dai vostri propositi delittuosi.

DON NINAI SCONSOLATO: ma, maresciallu, c’avi a fari un patri pi difenniri a so famigghia? A Leggi è cu mia o cu chiddi chi fannu i così stotti?

MARESCIALLO: se le vostre figlie sono minorenni ci penserà la Legge a punire il colpevole. E ci penserà pure se sono state costrette a fare il passo che hanno fatto.

DON NINAI: cettu cu ficiru ca fozza. I me  figghi mai l’avissiru fattu di so voluntà!

PARROCO IRONICAMENTE: don Ninai non penserete che il fidanzato le abbia rapite mettendosele sotto le ascelle! Magari una l’avrebbe costretta con la forza, ma due………. Vi dovete rassegnare: sono scappate perché l’hanno voluto.

DON NINAI QUASI IMPLORANDO: ma no, non è cusì! Quannu mai i me figghi pararu di ziti, di matrimoniu, di fujitini; mai, m’aviti a cridiri!

MARESCIALLO CON ARIA SACCENTE: i giovani sono sempre così impulsivi, purtroppo; e la Legge in questo caso non vi può aiutare.

DONNA SERAFINA IMPLORANDO: ma comu? Si puttau du figghi e a Leggi no ci po’ fari nenti a stu disgraziatu?

MARESCIALLO: se c’è il consenso non si può intervenire.

PARROCO: e il consenso c’è stato. Mio nipote pistola al petto alle due sorelle non ne ha messo e loro sapevano cosa stavano facendo.

DON NINAI: patri parucu, stativi mutu! Pinsati chiuttostu comu s’avi a risovvviri sta situazioni.

MARESCIALLO soddisfatto del suo intervento: bene, a questo punto la questione non è più di competenza dei carabinieri. Ribadisco però – GUARDA ATTENTAMENTE DON NINAI - che minacciare e andare in giro armati  è reato.

IL MARESCIALLO E L’AGENTE LASCIANO LA STANZA. DOPO QUALCHE SECONDO DI SILENZIO DON NINAI RIPRENDE CON LE MINACCE: ma unni su, chi vaiu e i mmazzu, così aggiustamu pi sempri sta situazioni.

TURCO: Ninai, non è chista a soluzioni. Para cu patri parucu e mittiti d’accodu.

PARROCO: io sono qui, parliamo, vediamo che cosa possiamo fare.

DONNA SERAFINA: patri parucu, m’avi a cridiri, l’aju a piaciri chi divintamu parenti. Ma così comu si fa? Mi vidi chiddu chi pò fari. Mi ci scrivi o Papa e si fa dari na Leggi speciali.

PARROCO: ma che dite,  donna Serafina? Quale Legge speciale? Il Papa semmai può sciogliere un matrimonio. Qua ancora non sappiamo chi sarà la sposa.

DON NINAI PIUTTOSTO ADIRATO: la sposa? Cà i sposi hannu a ghiesseri due. Ancora non capistu nenti!

PARROCO: ma benedetto uomo, come si può fare una cosa del genere se la Legge non lo consente? Non capite che una delle due gemelle deve essere sacrificata. Cioè non può contrarre matrimonio perché quello a cui dovrebbe andare sposa, si marita con la sorella. Una delle due è destinata a stare in casa con voi.

DON NINAI: mi stati dicennu chi una sa pigghia vostru niputi e l’autra mi l’è pigghiari jò?

PARROCO: Finalmente avete capito! Le cose devono andare così.

DON NINAI: i così non ponnu annari così? Una mi resta maritata e l’autra fujuta? No, sbagliati semu!

DONNA CICCIA CON IMPETO INTUITIVO: bho! Chi ci fa? A faciti fari monica.

DONNA SERAFINA: no, monica no! E poi quale s’avi a fari monica? Sarina o Paulina?

DONNA CICCIA: facitili fari a tutti i dui. Così finisci sta storia.

DON NINAI SOBBALZA: ah cettu, i fazzu fari monichi, e così mi restunu fujuti pi sempri e u niputi du parucu si godi a vita e si passau u beddu piaciri!

PARROCO: ma siete pazzi? In convento si va solo se c’è vocazione, se c’è la chiamata del Signore e se si ha il piacere di dedicare la propria vita alla preghiera.

DONNA SERAFINA: no, monichi no! Si diventunu monichi ne vidu chiù.

DONNA CICCIA: donna Serafina, ormai ca cosa è così, si pò sulu giustari, si pò sulu ranciari: o fotti chi si fa u sbagliu no si pò tunnari areti.

DON NINAI: e allura picchì semu cà? Jò le sistimari a tutti i due. E c’iavi a pinsari patri parucu.

PARROCO: ma jò miraculi no ni pozzu fari! Adesso vi posso solamente dire: mio nipote  ne sposa una e l’altra si vedrà col tempo. Un buon uomo che la voglia in moglie e che la rispetti si troverà. In ogni caso fino a quando non troverà una sistemazione ci penserò io, oppure viene ad abitare con me in canonica.

DON NINAI: bella sta soluzioni! Così tutti dicunu a figghia i don Ninai ora sta cu parucu ma prima sa fuju u niputi.

PARROCO: ma come vi permettete? Queste sono bestemmie sulla mia integrità morale. Sto solo cercando di darvi una mano. In fondo, non siete stati capaci di dare alle vostre figlie una giusta educazione morale. E questi sono i risultati.

DON NINAI FURIOSO TENTA DI AGGREDIRE IL PARROCO MA VIENE FERMATO DAL TURCO.

DON NINAI: puru vui siti comu a l’autri, ma jò vi spaccu a facci a tutti.

SERAFINA RIVOLGENDOSI ALLE DONNE: fimmatulu pi carità! Non è iddu, non è iddu!

PARROCO: comunque, non so più come dirvelo. Mio nipote non ne può sposare due. La Legge non lo permette, la Chiesa non lo permette, la morale non lo permette. Rassegnatevi e non fate pazzie. Salviamone una e all’altra, come vi ho già detto,  ci penseremo dopo. Ma forse pretendete che non ci sia alcun matrimonio e che magari le gemelle si dividano il marito sei mesi l’anno? Non sono riuscito ancora a capire cosa volete che si faccia; e poi siete troppo intransigente, avete la testa più dura di Terremoto!

TERREMOTO RIDENDO ESCE FUORI DALLA TASCA IL DENTE E ALLEGRAMENTE LO MOSTRA: Eh, eh, eh, u den-ti! Eh, eh, eh u den-ti.

DONNA CICCIA: patri parucu a vui vi pari na cosa scunchiututa, ma u sapiti mugghi i mia quantu n’avi di mariti chi jannu du famigghi. A sira si ricogghiunu a casa e si cuccunu ca mugghieri, ma u jornu su passunu ca fimmina e chi figghi di sta fimmina.

PARROCO ALZANDO LA VOCE: ma non capite che il matrimonio è un sacramento? Che due giovani quando decidono di sposarsi si giurano eterna devozione?  Ma come pensate a questi intrecci vergognosi fuori dalla Grazia di Dio?

DONNA CICCIA: Patri parucu, a vita non è chidda chi n’insignunu patri e matri; a vita è chidda chi sa fa gionnamenti e tanti voti senza putiri dicidiri. Anzi è a vita chi dicidi pi nui. E’ inutili tanti voti unu mi lotta, tantu chiddu chi l’aspetta no cancia.

PARROCO: zitta donna di poca fede! Avete detto solo bestemmie. Uno sbaglio lo possiamo fare tutti, l’importante è non ricadere nell’errore. Anche la gemella che non sposerà mio nipote potrà trovare la sua strada e farsi una famiglia.

DONNA TERESA: un viduu, nu sciancatu, nu obbu chi cecca na fimmina sempri si trova.

DON NINAI: e tutti, quannu passa ta strada ci dicunu si maritau cu sciancatu picchi era fujuta. No sapiti chi i genti vurissuru cuciuta a bucca e l’occhi?

DONNA SERAFINA AVVILITA: ma cu sta disgrazia in coddu cu sa pigghia na figghia i madri? Cu iè dd’omo chi si pigghia i conna prima du matrimoniu?

TERREMOTO IMPROVVISAMENTE S’AVVICINA A DONNA SERAFINA EMETTE DEI SUONI CHE NESSUNO CAPISCE E GESTICOLA.

DONNA TERESA INCURIOSITA: ma chi dici st’autru? Chi voli diri?

DONNA SERAFINA: bastunu i guai c’avemu per ora e avemu a nesciri pacci puru cu iddu!.

IL PARROCO GUARDA TERREMOTO ATTENTAMENTE POI SORRIDENDO DICE: ma non lo capite? È così chiaro! Sta dicendo che se la vuole sposare lui. Anzi sta aggiungendo che se le sposa tutte e due.

PARROCO DIVERTITO: puru jò mi maritiria a tutti i due si non saria parino!

DONNA CICCIA MERAVIGLIATA: u vidi u babbu comu ci ragiuna a testa quannu si para i fimmini? Ma no saria mala a pinsata: tantu u travagghiu l’avi a casa puru!

 

DONNA TERESA: vaja, vaja, finemila! Cà stamu finennu a fischi e pirita. Don Ninai pigghiati i paroli du parucu: maritatini una e poi l’autra si vidi.

DON NINAI ARRABBIATISSIMO: no, no, no! Iddi magari si sistemunu ma a mia cu ci pensa? Chisti su cicatrici ta facci e no si ni vannu chiù. Tutti ti vaddunu e ridunu. Si scialunu a parari e fannu bazzilletti: quali si fujiu prima? Chi erunu to stissu lettu? E d’areti i irita da genti chi ti signalunu diventuni spadi, cuteddi, sciabuli chi puru si non ti fannu nesciri sangu ti fannu soffriri.

No, no, no! L’e  mmazzari. Ma chi vi pari c’un matrimoniu mi ridugna l’onori? Chiddu chi mi ficiru no si pò cancillari! Sugnu sicuru chi ogni vota chi vidu i me figghi sta disgrazia mi ritonna ta testa e mi viggogni. Mi vuria stutturari! Ma si moru jò restunu a vita fujuti.

PARROCO: non dite sciocchezze! La nostra è una famiglia perbene.

DON NINAI: i vostri responsabilità non sunnu comu i mei. I me du figghi ommai  sunnu culubrini, sconcica masculi, e tanti iatru cosi chi cà no pozzu diri;  vostru niputi puru si s’inni marita una diventa u jannuzzu, diventa chiddu chi  si fuju du sori ta na vota.

DON NINAI ESCE IL COLTELLO DALLA TASCA URLANDO: chistu si meritunu. Un coppu di cuteddu ta ula. Così a genti quannu mi vidi non dici chi sugnu u patri di du fujuti cu stessi zitu, ma chiddu chi mmazzau e su du figghi.

IL TURCO CERCA DI FERMARLO E DI CALMARLO: Ninai femmiti, posa stu cuteddu. U sintisti o marisciallu? Chiddu ti potta to cacciri senza mi dugni nudda cutinnada.

SERAFINA: Ninai stai attentu! Non fari paccii! – SI RIVOLGE AL TURCO -  Tuccu no lassati! Statici vicinu. U coppu di testa e fa na paccia. Ma com’è Ninuzzu chi ti scuddasti u beni pi sti du figghi! Ti ricoddi quann’eruno picciriddi quannu i tinivi te brazza, una d’un lato e una dill’autru? Com’è chi un sulu sbagliu pò cancillari tantu beni? Possibili chi stu mali pisa chiù ssai d’iddu beni?

PARROCO: per ora è possibile. Vostro marito adesso è accecato e non riesce a distinguere il bene dal male. Bisogna anche comprenderlo. Purtroppo, ci vuole tempo prima che si scordi dello sbaglio delle vostre figlie.

DON NINAI: ma com’è che diciti sempri chi sbagghiaru i me figghi? Vostru niputi fu trascinatu?  Ci misiru a pistola o pettu? Ancora va a finiri c’a cuppa è di me figghi. Ma jò u stissu c’ià fazzu pagari! U capiti chi mi sveggogniau du figghi?

DONNA TERESA: uuuuh, chi siti saggiratu! U munnu è chinu di sti fatti.

DON NINAI CON TONO SOMMESSO: ma jò non cridia chi mi putia capitari a mia! Puru jò ridia di chistu e di chiddu, ma mi sintia sicuru, mi sintia ta na butti di ferru e invece…..

DONNA TERESA: eh don Ninai! Mai diri mai! mai diri di st’acqua no ni bivu! E s’avi diri sempri ne ghiabbu e ne maravigghia. Purtroppu così è a vita: ci su cosi belli e cosi brutti. A vui vi capitai chista a n’autru ci capita n’autra cosa. Chi ci vuliti fari? Pacienza!

TURCO: pacienza sì! Quantu n’amu a supputtari ta vita! Un guaiu passa e uno arriva. No c’è tempu mancu di diri: e chista a risubbemmu, chi ci n’è pronta n’autra.

DONNA SERAFINA: aviti raggiuni, Tuccu! E nui mugghieri c’avemu a diri? Sbattemu di cà e di ndà pa famigghia e no finemu mai.

 

DONNA CICCIA RIVOLTA AL TURCO: a cettu puntu vui nà viti dui mugghieri e vi putiti cunfuttari megghiu! Sapiti comu si dici: dummiti tà du cuscina.

TURCO: insomma! Du mugghieri su puru du colli. Aju a stari sempri cu l’occhi tant’aperti e i soddi no bastunu mai: figghi i una e figghi i l’autra.

DON NINAI CHE FINO A QUALCHE SECONDO PRIMA SEDUTO AVEVA ASCOLTATO SILENZIOSO, SI ALZA. IL SUO SGUARDO E’ MOLTO CONCENTRATO, COMINCIA A PASSEGGIARE PER LA STANZA. DONNA SERAFINA SI SIEDE NUOVAMENTE IN POLTRONA. DONNA TERESA E DONNA CICCIA SCAMBIANO SOTTOVOCE  QUALCHE PAROLA. IL PARROCO COL SAGRESTANO, INCURIOSITI GUARDANO DON NINAI.

FINALMENTE DON NINAI SI FERMA SOTTO LO SGUARDO DI TUTTI E SI RIVOLGE AL PARROCO: patri parucu viniti cà, chiù vicinu a mia.

IL PARROCO E’ TIMOROSO MA UBBIDISCE: sono qua, ditemi pure!

DON NINAI ESCE IL COLTELLO DALLA TASCA, TUTTI SI LANCIANO PER FERMARLO, MA LUI CON UN GESTO DELLA MANO LI BLOCCA TERRORIZZANDOLI. POI MOSTRANDO IL COLTELLO AL PARROCO, FACENDOLO ROTEARE SOTTO I SUOI OCCHI, DICE: patri parucu, s’anna fari tucchi!

FINE