Le nozze

Stampa questo copione

Carlo Goldoni LE NOZZE

LE NOZZE

Di Carlo Goldoni

Dramma Giocoso per Musica di Polisseno Fegejo Pastor Arcade, da rappresentarsi nel Teatro Formagliari l'Autunno dell'Anno 1755. Dedicato alle nobilissime Dame, e Cavalieri di Bologna.

ATTORI

IL CONTE DI BELFIORE

Signora Maria Monari. LA CONTESSA sua moglie.

Signora Rosa Puccini. DORINA cameriera.

Signora Anna Tonelli Bambini. MASOTTO fattore.

Signor Michele del Zanca. LIVIETTA serva.

Signora Caterina Tonelli. TITTA servitore.

Signor Giuseppe Cosimi. MINGONE giardiniero.

Signor Giovanni Lovatini.

La Musica è tutta nuovamente composta dal celebre Sig. Baldassare Galuppi, detto Buranello.

La Scena si figura in casa del Conte di Belfiore.

LI BALLI

Saranno d'invenzione dalli Signori Paolo Cavazza e Giuseppe Rubini,

eseguiti dalli seguenti.

Signora Teresa Lolli.                       Signor Giuseppe Rubini.

Signora Geltrude Cacciari.              Signor Paolo Cavazza.

Signora Giuseppa Giovannini.        Signor Angelo Lolli.

Signora Anna Goresi.                      Signor Francesco Battestini.

Signor Giam-Battista Rubini.

Il Vestiario sarà proprio e decoroso.


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Sala.

Il Conte, la Contessa e poi Masotto

CON.

La voglio così.

CONT.

Così non sarà.

CON.

Prevale il mio sì.

CONT.

Sta volta non già.

a due

Lo giuro, il protesto,

Che a cedere in questo

Nessun mi vedrà.

MAS.

Che c'è, padroni miei?

Han bisogno di niente?

Ho sentito gridare, e son venuto

Della parte più debole in aiuto.

CON.

Uditemi, fattore...

CONT.

Udite me.

CON.

Quest'è la mia ragion...

CONT.

Ragion non c'è...

No, per la parte sua, non c'è ragione.

Ho promesso a Mingone

Dorina cameriera, e a lui vuò darla.

Vorrebbe maritarla,

L'adorabile mio signor consorte, (con ironia)

Con Titta suo staffiere

Per mirarla vicina a suo piacere.

MAS.

Se la cosa è così... (al Conte)

CON.

No, non è vero.

Vuò darla al mio staffiero

Perché meglio con lui starà Dorina;

Affé, la poverina,

Sposandosi a Mingone,

Prenderebbe in marito un bel birbone.

MAS.

Se la cosa è così... (alla Contessa)

CONT.

Non è per questo;

Ma perché è innamorato,

Pensa render lo stato

Della donzella mia ricco e felice.


MAS.

Se la cosa è così... (al Conte)

CON.

Mente chi il dice.

CONT.

Una mentita a me?

MAS.

(La guerra è accesa).

CONT.

Una mentita a me? Non son chi sono

Se non so vendicarmi.

CON.

Meno caldo, signora.

MAS.

(All'armi, all'armi).

CONT.

O che Dorina sposerà Mingone,

O io, ve lo prometto,

Dividerò, signor consorte, il letto.

MAS.

Eh no, signora...

CON.

O che si sposi a Titta,

O dividasi il letto e il matrimonio.

MAS.

(Questa volta davver v'entrò il demonio).

CON.

Son marito, alla fine, e son padrone;

E tollerar non voglio

In casa mia sì forsennato orgoglio.

Vuò soffrire a un certo segno

Per amore e per rispetto;

Ma chi abusa dell'affetto,

No, non merita onestà.

La natura all'uom concede

Di regnar sul debil sesso;

Ma il dominio perde anch'esso,

Quando eccede la viltà.

Vuò ecc. (parte)

SCENA SECONDA

La Contessa e Masotto

CONT.

Udiste?

MAS.

Io l'ho sentito.

CONT.

Può parlar un marito

Peggio di quel che parla?

MAS.

Non mi pare

Che ci sia tanto mal.

CONT.

Nella questione

Chi vi par di noi due ch'abbia ragione?

MAS.

Dirò, se mi permette,

Con tutto il mio rispetto...

CONT.

Dite il vostro parer, ve lo permetto.

MAS.

Io direi che alla fine

Il marito è marito, e che conviene...
CONT.                  Cedere a lui, volete dire, è vero?


MAS.                    Dirò, signora mia...

CONT.                                                 Vi manca poco

Ch'io non sfoghi con voi dell'ira il foco.
MAS.                    Ma io...

CONT.                                 Siete un ribaldo.

MAS.                    E perché tanto caldo?

CONT.                  Darmi torto così sugli occhi miei?

MAS.                    Ma no, signora, io do ragione a lei.

CONT.                  Dunque ho ragion.

MAS.                                                 Certo, signora sì.

(Per quel ch'io vedo, è meglio dir così).
CONT.                  Ma il marito, dicevi, è alfin marito,

E convien... Che conviene?
MAS.                                                              Io dir volea,

Quando la moglie è dama,

Il marito dee far quel ch'ella brama.
CONT.                  E voi, per compiacermi,

Dovete far in modo

Che conchiudasi presto un simil nodo.
MAS.                    Io non ci ho molta grazia;

Onde davver non so...
CONT.                  Voglio che lo facciate.

MAS.                                                       Io lo farò.

CONT.                  Alfine io son chi sono;

Son noti i miei natali,

Le parentele mie non sono ignote,

E si sa che una dote

Portata ho in questa casa signorile,

E quel ch'io voglio, io voglio,

Ed è questa giustizia e non orgoglio.
MAS.                    Anzi è cosa giustissima,

E vedrà che in effetto

Tutti le porteran maggior rispetto.

(Adularla convien).
CONT.                                                 Per una serva

Il marito di me fa poca stima?

Ah dove, dove andò l'amor di prima?

Ah, dove è andato Quel primo affetto? Ah, che l'ingrato Mio sposo, in petto Cangiato ha il cor.

Duran pur poco Quei primi istanti; Si spegne il foco, Cessa l'ardor. Ah ecc. (parte)


SCENA TERZA

Masotto solo.

È bella la questione

Fra Titta e fra Mingone,

Ma un'altra cosa c'è,

Che Dorina davver piace anche a me.

La padrona vuol darla al giardiniere,

Il padrone vuol darla al servitore;

Io, che sono il fattore,

Vuò procurar, s'è ver quel che dir s'ode,

Che fra due litiganti il terzo gode.

Come si potrà far? Ci penserò.

Potrei dir, per esempio... oh, questo no.

Eh! potrei far così...

E se poi... e se lei... eh, signor sì.

Con Dorina, per esempio, Posso fare il damerino, Parlar posso al contadino, Per esempio, da fattor. Posso dire al servitor: No... perché... figliuol... pensate... E al padrone? E alla padrona? Posso dir così e così, Per esempio, no e sì. (parte)

SCENA QUARTA Dorina, Mingone e Titta

DOR.                    Via, lasciatemi stare,

Non mi state per ora a tormentare. Già m'ho da maritar con un di voi, Ma chi mi toccherà, non so dir poi.

TITTA                   Il padrone comanda,

Dorina sarà mia.

MING.                                            Sciocco, scioccone.

Come c'entra il padrone Della consorte colla cameriera? Sarà mia quella gioja innanzi sera.

DOR.                    Già la padrona, non so dir perché,

Non mi vuol più con sé. Non ho padre né madre,


Casa pronta non ho per ricovrarmi:

Necessario è ch'io pensi a maritarmi.

S'è accesa la gran lite fra i padroni

Per voi, bei soggettoni,

Onde deciderà presto la sorte

A chi debba Dorina esser consorte.
TITTA                   Dite la verità, Dorina cara,

Sareste più contenta

Maritandovi a me?
DOR.                                                Non so.

MING.                                                            Parlate,

Il vostro cor spiegate;

Vi piace il volto mio?
DOR.                                                     Eh, signor sì.

TITTA                   Ehi, mi volete ben?

DOR.                                                   Così e così.

MING.                  Ho delle terre al sole;

Ho delle bestie ancora al mio comando;

E poi per lavorar, quando bisogna,

Non la cedo a nessun.
DOR.                                                       Me ne consolo.

TITTA                   Ho casa ed ho bottega;

Servo per mio diletto,

Ma fra denari e roba

Tengo un buon capital.
DOR.                                                       Me ne rallegro.

MING.                  Voi decider potete,

Basta che voi volete.
DOR.                                                     Si vedrà.

TITTA                   Mi esibisco di cor.

DOR.                                                   Per sua bontà.

MING.                  Sentite una parola.

(Di lui non vi fidate;

Miserabile voi, se vi sposasse!

È un Barone colui di prima classe). (piano a Dorina)
DOR.                    Davver?

TITTA                               Ehi! favorisca;

Le ho da dir una cosa.

(Se foste mai la sposa di Mingone,

V'avviso, egli è una schiuma di briccone). (piano a Dorina)
DOR.                    Oh capperi!

MING.                                     Che occorre

Parlarle nell'orecchio?

Ella dee dirlo chiaramente e forte

Di chi vuol, di chi brama esser consorte.
TITTA                   Lo dica pur, già so ch'io son l'eletto.

MING.                  Preferire da lei sentirmi aspetto.

DOR.                    Tutti due meritate,

Ma tutti due mi fate


Un poco di timore;

Ah, sceglierei se vi vedessi il core.

Voi avete un bel visetto (a Titta) Rotondetto, - vezzosetto. Voi avete un occhio bello (a Mingone) Bricconcello, - ladroncello. Ma quel core come sta? Come stiamo a fedeltà? Ah, furbetto, - graziosetto, Mi vorresti corbellar. Non ancora, - no per ora, Non mi vuò di voi fidar. Voi ecc. (parte)

SCENA QUINTA

Titta e Mingone

TITTA                   Puoi dir quello che vuoi, per te è finita.

MING.                  Sciocco, tu ti potrai leccar le dita.

TITTA                   E poi la protezione

Del mio signor padrone

Bastami in mio favore.
MING.                  Questa volta non basta il protettore.

La padrona lo sa,

Ch'ei tanta carità per te non usa;

Sa che questa è una scusa

Sol per aver vicina

D'un dipendente suo sposa Dorina.
TITTA                   S'inganna, se lo crede;

Quando sarò sposato,

Addio, signor padron bello e garbato.
MING.                  Ma sarà mia Dorina:

La padrona l'ha detto, e lo farà,

E anche il marito suo rivolterà.
TITTA                   Chi sa? Quando il padrone

Abbia quell'intenzione

Sopra Dorina, che dicesti tu,

Da te forte potria sperar di più.
MING.                  Basta che ciò non sia.

TITTA                   Mi vuol bene Dorina, e sarà mia.

MING.                  Misero, già m'aspetto

Vederti svergognato

Dirmi: «buon pro ti faccia»;

Ed io allora potrò riderti in faccia.


Come un agnello Che va al macello, Belando andrai Per la città.

Io con la bella Mia rondinella Andrò rondando Di qua e di là. (parte)

SCENA SESTA

Titta e Livietta

TITTA

Io mostro aver bravura,

Ma costui, per dir ver, mi fa paura.

Non vorrei, non vorrei... Livietta è qui.

Se mai un qualche dì

Dorina m'intimasse la licenza,

Questa buona saria per non star senza.

LIV.

Il padrone vi chiama,

E voi qui cosa fate?

TITTA

Ora vado, carina.

LIV.

Animo, andate.

TITTA

Perché così stizzosa?

LIV.

Sono in collera

Colla padrona mia,

E senz'altro da lei voglio andar via.

TITTA

Perché? Cosa v'ha fatto?

LIV.

Vuol far un'ingiustizia;

Ma non la soffrirò, no certamente:

Vuol dar sposo a Dorina, ed a me niente.

TITTA

Ebben, non dubitate,

L'averete anche voi.

Ne potrete pigliare uno per una.

LIV.

Io non voglio gli avanzi di nessuna.

E poi per maritarmi

Non vuò che fra i padron si contrasti;

E mi pare di aver merto che basti.

TITTA

Ditemi, Liviettina,

Caso mai che Dorina

Si sposasse a Mingone,

Cosa potrei sperar dal vostro amore?

LIV.

Che vi mandassi al diavolo di core.

TITTA

Ma perché?

LIV.

Torno a dirvi,

Caro il mio babbuino,

Ch'io non voglio servir di comodino.


TITTA                   Dunque, per quel ch'io sento,

Son bello e licenziato.
LIV.                      Che volete da me? Siete impegnato.

TITTA                   Se vo a disimpegnarmi,

Promettete d'amarmi?
LIV.                                                         Non lo so.

Siate libero, e poi risponderò.
TITTA                   Brava, così mi piace;

Ammiro la prudenza.

Or vado di presenza

Dal padron, da Dorina... E so ben io...

Basta, basta, chi sa? Livietta, addio.

Quel che mi bolle in testa, Certo nessuno il sa. (Chiama il padron). Carina! Oh, siete pur bellina! (Vengo). Non so partire. Tutto vorrei pur dire. (Eccomi). Vado, e torno. Presto verrà quel giorno Che il mio segreto amor... (Lustrissimo. La servo). Cara, vi lascio il cor. (parte)

SCENA SETTIMA

Livietta sola.

Alle belle parole io già non credo.

Lo so che i giovanotti

Ne vogliono più d'una

Per potere, se occor, cambiar fortuna.

Ma io che li conosco,

Non mi fido di loro;

E se ho da maritarmi,

Vuò prima assicurarmi

Che colui che mi giura amore e fé,

Sia, come si suol dir, tutto per me.

Mi contento di un sol cuore, Ma dividerlo non voglio; Serberò costante amore, Ma pretendo eguale amor.

All'usanza non ci sto: Il marito perché si? E la moglie perché no?


Se fedele vuol la sposa,

Sia fedel lo sposo ancor. (parte)

SCENA OTTAVA

Dorina, poi Masotto, poi Titta e Mingone

DOR.                               Gran disgrazia è nascer donna:

Esser deve ognor soggetta. O la madre le comanda, O comanda la padrona, O il marito la bastona, E la donna, poveretta, Viver deve ognor soggetta.

E pur, per liberarmi

Da questa soggezione in cui mi trovo,

Cerco di maritarmi,

E di me fare un sagrifizio nuovo.

Due sono i pretendenti che mi vogliono.

Ma tutti due m'imbrogliano;

Pare che mi offeriscano un tesoro,

Ma contenta non son d'alcun di loro.
MAS.                    (Ecco Dorina; or voglio

La mia sorte tentar).
DOR.                                                   Signor fattore,

Vi riverisco.
MAS.                                       Addio, Dorina bella.

DOR.                    Voi sbagliate, signor, non sarò quella.

MAS.                    Non siete voi Dorina?

L'occhio non m'ingannò.
DOR.                    Son Dorina, egli è ver, ma bella no.

MAS.                    Della vostra modestia

L'amabile virtù

V'accresce adesso una beltà di più.
DOR.                    Voi mi mortificate.

MAS.                    E voi m'innamorate.

E voi, Dorina mia...

Voi mi fareste far qualche pazzia.
DOR.                    Signor, io non capisco...

MAS.                                                          Dite un poco:

È ver che in questo dì

Vi voglion maritare?
DOR.                                                     Signor sì.

MAS.                    È ver che al giardiniero

O al servitor vi voglion dare?
DOR.                                                                   È vero.


MAS.

Se un partito miglior vi proporrò,

L'accetterete voi?

DOR.

E perché no?

MAS.

Per esempio, se io,

Che alfin sono un fattore,

Mi esibissi per voi?

DOR.

Oh, mio signore!

MAS.

Schietto convien parlar, Dorina mia.

DOR.

Io non ho dote per vossignoria.

MAS.

Di dote non m'importa;

Son degli anni ch'io servo da fattore,

Ed un fattor che ha un po' di cognizione

Presto divien più ricco del padrone.

Ditemi, se vi piace,

Dorina, il mio partito;

Dite se mi volete per marito.

DOR.

Direi... signor...

MAS.

Franco parlar bisogna.

DOR.

Ho un pochin di vergogna.

MAS.

Siamo fra voi e me; nessun ci sente.

DOR.

Basta... se la padrona...

Si contenta che io...

MAS.

Di farla contentar l'impegno è mio.

Non lo dite a nessun s'io non lo dico;

Lasciate a me l'intrico;

E fra i due pretendenti al vostro core

Quel che trionferà sarà il fattore.

DOR.

Ma... non vorrei...

MAS.

Conviene

Star zitti, e condur bene

La macchina presente;

Far le cose fra noi senza dir niente.

DOR.

Ma se Titta e Mingone

Mi vedono con voi, cosa diranno?

MAS.

Che parli crederanno

Per loro; e la padrona ed il padrone

Entrambi me l'han detto.

Impegnato mi crede ognun per sé;

Ma io voglio operar solo per me.

DOR.

Basta... non so che dire...

MAS.

Cara, è pure mal fatto

Che un boccon prelibato come il vostro

Vada in mano d'un mostro,

D'uno sciocco, d'un vil, d'un servitore:

Un boccon veramente da fattore.

DOR.

Mi vorrete poi ben?

MAS.

Tanto e poi tanto.

DOR.

Siete pure gentil!

MAS.

Siete un incanto.


DOR. a due

MAS.

TITTA

MING

TITTA MING a due MAS.

DOR. MAS.

DOR.

MAS.

TITTA

MING.

MAS.

TITTA MAS.

MING.

MAS

DOR.

a due

TITTA

MING.

MAS.

TITTA

MING.

MAS.

TITTA MING. DOR.


}


a due


Ah Dorina, mie viscere, amabile,

Voi avete ferito il mio cor. Ah Masotto, gentile, adorabile,

Per voi sento nel seno l'ardor. E crescendo mi va poco a poco

Una smania, una gioia ed un foco,

Che son figli d'un tenero amor. Zitto, che vengono

Titta e Mingone.

Qualche finzione

Convien pensar. Mi manda il padrone

A dirti così... (a Masotto)

10         dalla padrona

Mandato son qui... (a Masotto) Per dirvi che a quella... Per dirvi che a lei... Parlate per me. Sì, cari, aspettate,

Parlar mi lasciate,

Saprete com'è. (s'accosta a Dorina) (V'è qualche novità?) (a Masotto) (La novitade è questa,

Che voi sarete mia). (piano a Dorina) (Sarà la cosa presta?) (piano a Masotto) (Stassera si farà). (piano a Dorina) (Per me la persuade). (da sé) (Per me la disporrà). (da sé) (Guardate il servitore,

Che faccia da buffone!) (piano a Dorina) (Or parla in mio favor). (piano a Mingone) (Guardate il giardiniero,

Che faccia da babbione!) (piano a Dorina)

(Per me parla il fattor). (piano a Titta)

(Questo bel cor è mio). (piano a Dorina)

(Vostra, mio ben, son io). (piano a Masotto)

(Siete il mio dolce amor). (fra loro)

(Sì sarà mia Dorina;

(fra loro) Sento brillarmi il cor).

Ho parlato.

Ebben?

Che dice?

Qualchedun sarà felice,

Ma chi sia, non voglio dir.

Sarò io.

Sarò io quello.

11 più caro ed il più bello
Già m'ha fatto innamorar.



TUTTI                            Oh che gioia, oh che contento!

S'avvicina il bel momento, Già mi sento giubilar. (partono)


ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Camera.

Masotto e Livietta

LIV.

Dica, signor fattor, con sua licenza:

Le vorrei dire una parola.

MAS.

Due

Ancor ne ascolterò.

LIV.

Scusi.

MAS.

Fa grazia.

LIV.

Non vorrei...

MAS.

Che serve?

LIV.

Se la sturbo, la prego perdonare.

MAS.

Voi mi fate penare. (Son curioso

Di saper cosa vuole).

LIV.

Dorina si marita.

MAS.

E che per questo?

LIV.

Ed io fanciulla ed a servire io resto.

MAS.

Anche per voi verrà...

LIV.

Da marito ancor io sono in età.

Dorina non ha niente più di me;

Se si marita lei, io no? Perché?

MAS.

Quando si vuol marito,

Un qualche buon partito

Che capiti s'aspetta.

LIV.

Se fossi una civetta

Come Dorina, l'averei trovato.

Signor fattor garbato,

So tutto e so che lei

S'è dichiarato amante di colei.

MAS.

Io? (Come l'ha saputo?)

LIV.

In disparte ho sentito ed ho veduto:

Ma sono una ragazza che ha prudenza.

Non lo dirò a nessun, ma con un patto,

Che mi facciate aver, perché stia zitta,

In isposo colui che ha nome Titta.

MAS.

Vi prometto di farlo.

LIV.

Ma non basta;

Vuò che mi fate poi la sigurtà

Che sarà tutto mio con fedeltà.


MAS.                    La cosa è un po' difficile, per altro

È Titta un buon ragazzo; Credo sarà fedel, ma in ogni caso, Se fosse di cambiar volonteroso, Non sarà poi con voi sì rigoroso.

LIV.                      Almen che siano i patti

Reciprochi e discreti. A voi mi raccomando; M'impegno di tacer quello che so E, se bisogno ancor, v'aiuterò.

MAS.                    Chi sa che non mi valga

Di voi, Livietta mia?

LIV.                                                       Dice il proverbio,

Una man lava l'altra, Onde ancora fra noi farem così.

Son una ragazzina Sì docile e bonina; Di me più servizievole Al mondo non si dà.

Ma vuol ragione poi Che facciasi da voi Quel che da me si fa. (parte)

SCENA SECONDA Masotto e poi il Conte

MAS.                    Questo è un pochin d'imbroglio:

Regolarsi conviene con prudenza; Non avrei mai creduto Che Livietta sapesse i fatti miei. Nascosta si sarà fra queste porte: Oh, queste donne sono pure accorte!

CON.                    Ebben, Masotto, ebbene,

Che risposta mi date?

MAS.                    Signor, non dubitate;

Vi prometto e vi giuro, Mingone non l'avrà, state sicuro.

CON.                    Sarà dunque di Titta.

MAS.                                                     Il suo rivale

Non l'avrà certo: a voi Lascio tirar la conseguenza poi.

CON.                    Che dirà la contessa?

MAS.                                                     Questa volta

Non la supera al certo. Non fo per darmi merto,


Ma forse Titta l'averia sposata, S'io Dorina non avessi sconsigliata.

CON.                    Masotto un dì vedrà

Quanto grato io gli sia.

MAS.                                                       Vostra bontà.

SCENA TERZA

La Contessa e detti.

CONT.                  Masotto.

MAS.                                   Mia signora.

CON.                    Ben; si è deciso ancora?

MAS.                    Dirò... (con sua licenza). (al Conte)

(Per questa parte non stia più dubbiosa,

Che Titta certo non l'avrà in isposa). (piano alla Contessa)
CONT.                  (Dunque l'avrà Mingone). (a Masotto)

MAS.                                                            (Non saprei:

Lascio tirar la conseguenza a lei). (alla Contessa)
CONT.                  (Come andò la faccenda?) (a Masotto)

MAS.                                                            (In due parole

Dorina ho persuaso,

Ed è per Titta disperato il caso). (alla Contessa)
CONT.                  (Bravo davver!) (a Masotto)

MAS.                                              (Al certo

Uomini come me ve ne son pochi). (alla Contessa)

(Ma la testa davver convien che giochi). (da sé)
CON.                    (Che dice?) (a Masotto)

MAS.                                       (È disperata). (al Conte)

CON.                    (Ho piacer ch'ella sia mortificata). (a Masotto)

MAS.                    (Ora non parla più). (al Conte)

CONT.                                                 (Come l'intende?) (a Masotto)

MAS.                    (Fra se stesso delira). (alla Contessa)

CONT.                  (Gli si vede negli occhi il foco e l'ira). (a Masotto)

CON.                    Fattor.

MAS.                              La mi comandi.

CON.                                                       Come dissi,

D'ogni effetto dotale

Che portò la contessa in questa casa,

Preparatemi i conti.
MAS.                    Quando comanderà, saranno pronti.

CONT.                  Badate: nel contratto

Vi ha da essere un patto

Per cui, nel caso di restituzione,

S'han da considerare i frutti ancora.
MAS.                    Baderò, sì signora.

CON.                    Poi penseremo a sciorre il matrimonio.


CONT.

Liberata sarò da un tal demonio.

MAS.

Perdonino, di grazia,

Perché tanta rovina?

CONT.

Non mi può più veder.

CON.

M'odia alla morte.

CONT.

Che marito gentil!

CON.

Bella consorte!

MAS.

E pur parmi vedere

Che lontani non son dal far la pace.

CON.

Con me sempre è sdegnosa.

CONT.

Compatibile io son se son gelosa.

MAS.

Via, s'accostino un poco.

CON.

Oh questo no;

La prima non sarò.

MAS.

Da bravo, padron mio.

CON.

Non voglio essere il primo nemmen io.

MAS.

Un pochin alla volta;

Un pochino per uno.

Vi è un po' di ritrosia;

Con licenza, signori, anderò via.

Servo umilissimo,

Ossequiosissimo;

Quando mi chiamino

Sarò prontissimo,

Verrò a servir.

Faccia un passino in là; (all'uno)

Volti quel viso in qua. (all'altro)

Ah, che contento amabile,

Quando due sposi s'amano,

Il cuor che d'ira è torbido,

In pace ritornar. (parte)

SCENA QUARTA

Il Conte e la Contessa

CONT.

Se stesse a me, per certo,

La quiete ci saria.

CON.

Non sono il primo

A promover le liti.

CONT.

Queste liti

Han da esser eterne?

CON.

Dal mio canto,

Sono finite adesso.

CONT.

E per me sono pronta a far lo stesso.

CON.

Dunque pace, consorte, e non più guerra.


CONT.                  Pace, marito mio.

CON.                                                 Contento io sono.

CONT.                  E son contenta anch'io.

SCENA QUINTA Dorina e detti.

DOR.

Signori, se comandano,

Il desinare è lesto.

CONT.

Dite al cuoco che aspetti.

CON.

È ancora presto.

CONT.

Ma se comanda il conte...

CON.

Ah no, contessa mia.

CONT.

Quel che volete voi...

CON.

Quel che a voi piace.

DOR.

(Oh che prodigio! Son tornati in pace).

CONT.

Sentite, da qui innanzi,

Non istate a turbar la nostra quiete. (a Dorina)

CON.

La cagione voi siete

Che si grida fra noi; ma in avvenire

Non si griderà più, certo, sicuro.

DOR.

Io le risse, signore, io non procuro.

CONT.

Preparatevi dunque,

Senza addurre altra scusa, altra ragione,

La man di sposa a porgere a Mingone.

CON.

Oh no, cara consorte;

La cosa non va bene;

Che sposi il giardiniero non conviene.

DOR.

(Affé, tornan da capo).

CONT.

Il vostro Titta

Certo non sposerà.

CON.

Né anche il vostro Mingone in verità.

CONT.

Chi può star saldo, stia;

Sì, la ragione mia dee prevalere.

CON.

Con questa bestia chi si può tenere?

DOR.

Signore. (al Conte)

CON.

M'hai capito.

DOR.

La prego. (alla Contessa)

CONT.

M'ho spiegato.

CON.

Titta dovrai sposar. Non vuò schiamazzi.

CONT.

Hai da sposar Mingon.

DOR.

(Oh che bei pazzi!)

CON.

Ecco, signora sposa,

Dove il piacer, dove l'amore è ito!

CONT.

Dove il mandò l'indocile marito.


Non v'è amor, non v'è più pace,

Dove regna il fiero orgoglio;

Tollerar, no, più non voglio

Tanti affanni nel mio cuor. A voler non sono audace

Quel ch'è giusto, quel che giova;

E il negarmelo è una prova

Di viltà, di poco amor.

Non ecc. (parte)

SCENA SESTA

Dorina ed il Conte

CON.                    Ecco, per cagion vostra...

DOR.                    Se si grida, signor, per cagion mia,

Datemi la licenza, anderò via.
CON.                    Per me v'ho licenziata:

Andatevene pur, però sposata.
DOR.                    Ma perché mi volete

Obbligare a sposarmi? Se volessi

Vivere sempre sola?
CON.                    Ho data la parola;

Voi avete promesso di accordarla;

È disposta la cosa, e convien farla.
DOR.                    Ma io... signor mio caro...

Vi dico... ad ogni patto...

Un di no tanto fatto.
CON.                                                   Impertinente! Così meco si parla?

Ora son nell'impegno e vuò spuntarla.

Titta, ehi Titta. (chiama)

SCENA SETTIMA

Titta e detti.

TITTA

Signor.

CON.

Sei tu disposto

Ora qui a maritarti?

TITTA

Sì, signore.

DOR.

Ma io non vuò sposarti.

TITTA

Pronte ha sempre il mio cor le voglie sue,

Ma questa cosa s'ha da fare in due.

CON.

Dorina, in mia presenza


Porgi a Titta la man.
DOR.                                                   Con sua licenza. (vuol partire)

CON.                    Di qui non partirai se non lo sposi.

DOR.                    Senti, se ti pigliassi

A forza per marito,

Vorrei dopo tre dì farti pentito. (a Titta)
TITTA                   Davver?

CON.                                   Non le badate.

TITTA                   Non vorrei che m'avesse a spennacchiare.

SCENA OTTAVA La Contessa, Mingone e detti.

CONT.                  Su, presto; in mia presenza

Dà la mano a colei. (a Mingone)
DOR.                    Orsù, padroni miei,

Sapete cosa c'è?

La festa non si fa senza di me.

Vi dico apertamente

Che per or non ne voglio saper niente.
CON.                    Come c'entrate voi? (alla Contessa)

CONT.                                                 Voi, chi v'insegna

A violentar le figlie in tal maniera?
CON.                    Quel briccon di Mingone invan la spera.

MING.                  Io non parlo, signore.

TITTA                                                    Anch'io sto zitto.

DOR.                    Così foste uno lesso e l'altro fritto.

L'ho detto, lo ridico, e lo dirò

Fino che fiato avrò:

Con alcun di costor non vuò legarmi;

E se di maritarmi avrò desio,

Voglio farlo, signori, a modo mio.

Oh questa è bella! Se son zitella, M'hanno per questo Da comandar? Io di nessuno Ci penso un cavolo, Nemmeno il diavolo Mi fa tremar. Io non li voglio, Quest'è finita, Ciascun le dita Si può leccar. (parte)


SCENA NONA Il Conte, la Contessa, Titta e Mingone

CONT.

S'io non giungeva in tempo,

La povera Dorina

Era sagrificata.

CON.

Voi l'avreste per poco assassinata.

CONT.

Vedo quel che sperare,

Quel che temer conviene:

Questa faccenda non finirà bene. (parte)

SCENA DECIMA

Il Conte, Titta e Mingone

TITTA

Signor, per quel ch'io vedo,

Non ne faremo niente.

CON.

Sta pur sodo,

E di sposarla troverassi il modo.

MING.

(Senti: se tu la sposi,

Io ti voglio scannar). (piano a Titta)

TITTA

Mi vuol scannare

Costui, quand'io la sposi. (al Conte)

CON.

Temerario! tant'osi, me presente?

Se ardirai di parlar...

MING.

Non dico niente.

CON.

Ascoltami, può darsi

Che l'interesse vaglia

A vincere Dorina.

Le darò cento doppie. (a Titta)

TITTA

Buono, buono!

CON.

E dopo saran tue.

TITTA

Contento io sono.

MING.

(Se vedessi la forca,

Ti vuò ammazzar). (piano a Titta)

TITTA

Mi vuol mazzar, mi dice. (al Conte)

CON.

Temerario, sotto un baston, se parli,

Morirai prima tu.

MING.

Non temete, signor, non parlo più.

TITTA

Chi sa? le cento doppie

Potrebbero allettarla;

Io son pronto a sposarla

Ognor che il comandiate.

MING.

(Giuro a Bacco, saranno schioppettate).


TITTA                  Schioppettate? (verso Mingone)
CON.                   Che dici? (a Mingone)

MING.                                                          Io non parlai.

TITTA                  Maledetto costui: non tace mai.

La sposerò, signore, La prenderò di core, Se voi la date a me. (al Conte) (E ben, che cosa c'è?) (a Mingone) Le cento doppie care...

(Ei dice mi vuol dare). (al Conte, accennando Mingone) Saranno roba mia; E in pace e in allegria... (Sta zitto, maledetto). (a Mingone) Me le potrò goder... Costui non vuol tacer. (parte)

SCENA UNDICESIMA Il Conte e Mingone

CON.                    Briccon, vattene tosto

Da casa mia. Ma no, Licenziar non ti vuò. Restane a me soggetto, E fremi ed obbedisci a tuo dispetto. Sposa sarà di Titta Dorina cameriera; E tu, se di fiatar solo ardirai, Tutto lo sdegno mio tu proverai.

Anche il leon sdegnato Confonde i suoi nemici; Vibra le zanne ultrici All'agna ed al pastor.

All'ira provocato Io pur da vari oggetti, Uno per tutti aspetti Provare il mio rigor. Anche ecc. (parte)

SCENA DODICESIMA Mingone solo. Ed io dovrò esser quello


Che proverà il leon, benché un agnello?

E per chi? Per colui ch'è mio rivale?

Sarebbe manco male

Dunque levar di vita quel birbone,

E finita sarebbe la tenzone.

Cospetto, cospettaccio!

Lo voglio sbudellare

Se fosse in mezzo alle più forti squadre,

Se fosse ancora in braccio di sua madre.

Mi par di ridere Con quel ragazzo, Lo voglio uccidere Colle mie man. Poi per il mondo Da pellegrino Miglior destino Cercando andrò: Monsieur, donè La charitè. E se ritrovo La pellegrina Che sia bellina, Non può mancarmi La carità. Monsieur, donè Monsieur, gardè Ce famme là. (parte)

SCENA TREDICESIMA

Giardino in tempo di notte.

Masotto e Dorina, poi Livietta

MAS.                    Dorina mia, s'imbrogliano le cose

E per voi e per me. Sarebbe meglio,

Per terminare ogni difficoltà,

Che tutti due fuggissimo di qua.
DOR.                    Fuggir? non mi par cosa

Onesta e prudenziale.
MAS.                    L'affare, se stiam qui, finirà male.

LIV.                      (Sento gente. Al mio solito

Voglio un poco ascoltar). (da sé, in disparte)
DOR.                                                            Dove pensate

Di volermi condurre?
MAS.                                                     A casa mia.

Troverete una zia,


Sorella di mio padre,

Che bisognando vi farà da madre.
DOR.                    Quand'è così... Son quasi

Risolta di venire.
MAS.                                                 Andiamo subito,

Prima che se n'accorgano.
LIV.                                                              (Bravissimi!

Senza dir nulla a me voglion fuggire?

Questo torto mi fan? S'han da pentire). (da sé, e parte)

SCENA QUATTORDICESIMA Masotto e Dorina, poi Mingone

MAS.                    Ho già messo da parte

Tutto quel che bisogna.
DOR.                                                       E la mia roba?

MAS.                    Pazienza; l'averem, se si potrà.

Andiamo.
DOR.                                   Andiamo pure.

MING.                                                       Chi va là? (bravando con la spada)

DOR.                    Oimè!

MAS.                              Niente paura. (a Dorina)

Lasciate andar la gente

Per la sua strada. (cambiando voce)
MING.                                            Vuò saper chi siete.

MAS.                    (Questo è Mingone; non lo conoscete?) (piano a Dorina)

DOR.                    (Me ne anderò). (a Masotto)

MAS.                                            (Fermatevi). (a Dorina)

Chi siete voi? (a Mingone)
MING.                                       Un uomo disperato.

Ho Dorina cercato e non la trovo,

E vuò saper che cosa v'è di nuovo.
DOR.                    (Ah, lasciatemi andar). (a Masotto)

MING.                                                     (Zitto, vi dico). (a Dorina)

DOR.                    (Noi siamo in un intrico). (a Masotto)

MING.                  Una donna mi par che là vi sia;

Voglio sapere s'è la donna mia. (a Masotto)
MAS.                    Di voi mi maraviglio,

E partir vi consiglio. (come sopra, a Mingone)
MING.                  Non parto insino a dì.

SCENA QUINDICESIMA Livietta, Titta e detti.


TITTA                   Dove saranno andati? (a Mingone)

LIV.                                                       (Eccoli qui). (a Titta)

DOR.                    (Sento dell'altra gente). (a Masotto)

MAS.                                                       (State zitta). (a Dorina)

TITTA                   (V'ho trovata sul fatto). (a Dorina, prendendola per un braccio)

MAS.                                                       (Questi è Titta.

Affé, mi vien in mente

Di far un colpo bello da prudente). (parte)

SCENA SEDICESIMA

Dorina, Titta, Mingone e Livietta

DOR.                    (Masotto m'abbandona). (da sé, tentando fuggire)

TITTA                   Non mi fuggite, affé. (trattenendola)

MING.                  Non mi spaventa quanta gente c'è.

LIV.                      (Li ho bene imbarazzati:

Così del loro ardir li ho castigati). (da sé)

SCENA DICIASSETTESIMA Masotto con lume, il Conte, la Contessa e detti.

MAS.                    Vengano i miei padroni,

E vedan due bricconi

Che a gara, in questa sera,

Volevano rapir la cameriera.
CON.                    Tu, scellerato, me la pagherai. (a Mingone)

CONT.                  Tu esente dal castigo non andrai. (a Titta)

CON.                    Ne parlerem domani; e voi frattanto

Fate che siano ben chiuse le porte. (a Masotto)
MING.                  Io, signor, non so niente. (al Conte)

TITTA                   Per me sono innocente. (alla Contessa)

CON.                    Che facevi tu qui? (a Titta)

CONT.                                              Tu, che facevi? (a Mingone)

MING.                  Per difender Dorina io son venuto.

TITTA                   Ed io venni per te solo in aiuto.

MAS.                    Son bricconi ambidue; lor non credete.

CON.                    Lo vedrete doman. (parte)

CONT.                                              Doman vedrete. (parte)

MING.                           Son restato un insensato

Che difendersi non sa.
TITTA                            Per far bene ho fatto male;


LIV.

DOR.

MAS.

MING.

MAS.

TITTA

DOR.

LIV.

MING.

TITTA

MAS.

MING.

TITTA

LIV.

DOR.

MING.

TITTA

DOR.

LIV.

MAS.

MING.

TITTA

MAS.

DOR.

LIV.

MAS.

MING.

TITTA

DOR.

LIV.

MAS.

MAS. DOR. LIV.

MING. TITTA.


Non so dir cosa sarà. Mi dà spasso, mi diletta

}

a due

Questa bella novità. Il timore dal mio seno

} adue } adue

A bel bello se ne va. Cospetton, cospettonaccio! Ehi non fate qui il bravaccio,

Che risposto vi sarà. Deh, non fate, - non bravate,

Che il bravar tremar mi fa. Chi era quel che con Dorina?... Chi l'avea per la manina?... Un di voi.

}

a due

No, non è vero.

10 lo so, ma nol vuò dire.
Non lo dite, in carità.

Se non si dice, ah cospettone! Se non si parla, ah sanguenone!

} adue        Ah,mivienmale.

(Tutte due mostrano di svenire. Mingone e Titta vogliono soccorrere le donne, e Masotto li scaccia)

Animalacci, Brutti mostacci, - fatevi in là. Tutto per voi? (a Masotto) Niente per noi? (a Masotto) Così si fa. (le Donne rinvengono)

}

11  cielo vi rimeriti

a due

La vostra carità. (a Masotto)

Con donne sono pratico

E so come si fa.

} }

a due a due

Cospetto!

Ahi!

Villanacci,
Andate via di qua.
Un certo non so che
} atre    Miparsentireinme,

Che giubilar mi fa.
Che rabbia, che dispetto
} adue  Chesentominelpetto,

Che delirar mi fa. (partono)



ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Camera.

La CONTESSA, il CONTE e MASOTTO


CONT.                             Divorzio, divorzio.

CON.                               Non vuò più soffrir.

a due                                Lo sdegno m'accende,

Mi sento morir.

MAS.                    Signori miei, li prego,

} adue  Divorzio,divorzio.

Una parola in grazia, ed ho finito.
CONT.
CON.
MAS.                    Troverò la maniera

} adue        Nonvuòpiùsoffrir.

Forse ben io di dar piacere a tutti.
CONT.
CON.
MAS.                    È un peccato davvero

Che sia per così poco

Fra loro acceso un sì terribil foco.
CONT.                           Lo sdegno m'accende,

CON.        } adue  Misentomorir.

MAS.                    Se non voglion ch'io parli, anderò via.

Servo di lor signori...
CONT.                                                   Dove andate?

MAS.                    Non mi vogliono udir?

CON.                                                       Su via, parlate.

MAS.                    Tutta questa gran lite,

Tutto questo gran sdegno,

Proviene da un impegno...
CONT.                  E la voglio così.

CON.                                              Così sarà.

MAS.                    Piano, per carità.

L'impegno, a quel ch'io vedo,

È che non l'abbia quello

Che all'uno e all'altro per destin s'oppone.
CONT.                  Non l'avrà Titta.

CON.                                              E non l'avrà Mingone.

MAS.                    Se Titta non l'avesse,

Non l'avesse Mingone, e tant'è tanto


Dorina si accasasse?

S'ella si maritasse,

Per esempio, con un fuor di coloro,

Non resterebbe ognun col suo decoro?

CONT.

Vuò che Mingon sen vada

Fuori di casa mia,

E dato in mano alla giustizia sia.

CON.

Vuò che lo sciagurato

Di Titta per lo men sia bastonato.

MAS.

Va bene, io son contento

Che un simil complimento a lor si faccia.

Ma Dorina però, la poveraccia,

Per causa di color che hanno fallito

Dovrà dunque restar senza marito?

CONT.

Che si mariti pur; che importa a me?

CON.

Lo faccia, se Mingon quello non è.

MAS.

L'occasion ci sarebbe,

E presto si potrebbe stabilirla.

CON.

Che dite? (alla Contessa)

CONT.

Che vi par? (al Conte)

CON.

Vogliam finirla? (alla Contessa)

CONT.

Il marito chi è?

Vuò ch'egli piaccia a me.

CON.

Non vuò che sia

Qualche birbon...

MAS.

S'ei fosse... per esempio...

CON.

Via, per esempio chi?

CONT.

Ma non ci fate più penar così.

MAS.

Se chiamasse Dorina ai casti amori,

Per esempio, il fattor di lor signori? (inchinandosi con modestia)

CON.

Voi? (a Masotto)

MAS.

Perdoni. (inchinandosi al Conte)

CONT.

Masotto?

MAS.

Servitore. (inchinandosi alla Contessa)

CONT.

Che caro galantuom!

CON.

Caro fattore!

CONT.

Non vi dico per or né sì, né no.

CON.

Non vi risolvo ancor: ci penserò.

MAS.                               Se, per esempio, avessero

Da risolver prestissimo, Per me sarei prontissimo. Questa sera potrebbesi... Le nozze sono all'ordine... L'occasione è sì comoda... Che si potrebbe, per esempio, etcetera. (inchinandosi parte)


SCENA SECONDA

Il Conte e la Contessa

CON.                    Che facciam, moglie mia?

CONT.                                                          Voi, che facciamo?

CON.                    Deh, in pace ritorniamo:

Che si sposi Dorina con Masotto.
CONT.                  Sì, ma di casa vadan via di botto.

CON.                    Perché?

CONT.                              Perché, confesso

La debolezza mia.

V'amo, e figlia d'amore è gelosia.

Chi può nel nostro petto

L'affetto regolar?

Io non lo posso, no,

E sempre v'amerò

Penando ognora. E quando mi vedrete

A non temer così,

Allora dir potrete:

«La sposa, come un dì,

Più non m'adora». (parte)

SCENA TERZA

Il Conte solo.

Per dir la verità,

La contessa è amorosa:

Compatirla convien s'ella è gelosa.

Finiscasi una volta

Questa guerra fatal. Sposi Masotto

Dorina, se la vuol, poi vadan via:

Non vuò più guerra con la sposa mia.

Dolce amor, che m'accendesti Delle nozze il dì primiero, Deh ritorna, o nume arciero, Questo core a consolar.

La discordia i dì funesti Più non renda fra due sposi, E gli spasimi crucciosi Non ci tornino a turbar. (parte)


SCENA QUARTA

Sala.

Livietta sola.

Si preparan le nozze,

E non si sa per chi.

Masotto s'affatica,

Ordina suonatori,

Invita ballerini,

Lumi, dolci prepara, ed ogni cosa.

Già Dorina è la sposa,

Me lo figuro nella mente mia;

Ma ancor lo sposo non si sa chi sia.

SCENA QUINTA

Mingone e detta.

MING.                  Livietta, allegramente.

LIV.                                                         Cos'è stato?

MING.                  Il padrone ogni error mi ha perdonato.

Son in grazia rimesso;

Veggo i padroni in pace,

Si preparan le nozze,

Preparasi la danza:

Io d'essere lo sposo ho gran speranza.
LIV.                      Davver? Me ne rallegro

Con voi sinceramente.

(Titta sarà per me più facilmente).
MING.                  La padrona l'ha vinta.

LIV.                                                         E come fu?

MING.                  Oggi i mariti non comandan più.

Quel che la moglie vuole

Si fa per ordinario nelle case,

Ed usan questa frase

Per farsi rispettar: «Voglio così».

Guai al marito che non dice sì.

Se la femmina dice: «lo voglio», Il marito non può replicar. So che sono le donne un imbroglio, E mi voglio ancor io maritar.

Fan tutti così, Ma pure perché? La donna cos'è?


Che bene ci fa?

Che gioia ci dà?

Affé, non lo so.

Ma anch'io, poveraccio,

Nel laccio cadrò. (parte)

SCENA SESTA Livietta, poi Titta

LIV.                      È ver, gli uomini tutti

Fanno contro di noi tanti schiamazzi,

E ci corrono dietro come pazzi.
TITTA                   Evviva, evviva; son contento affé.

LIV.                      Ebben, che cosa c'è?

TITTA                   Ho veduto il padrone e la padrona;

M'han fatto ciera buona,

M'han detto unitamente

Che non tema più niente;

Fra loro han nominato

Certo sposo novello,

E senz'altro lo so che son io quello.
LIV.                      Dunque sarà l'eletto

Vossignoria che sposerà Dorina?
TITTA                   Quello sarà di me che il ciel destina.

LIV.                      E Livietta si lascia in abbandono?

TITTA                   Me ne dispiace, ma impegnato io sono.

Se si potesse mai...

Se non fosse per lei...
LIV.                      Per un milione non vi sposerei.

TITTA                   Perché?

LIV.                                  Perché non mancano

Per me buoni partiti;

Non mancano mariti a una mia pari.
TITTA                   Ma gli uomin come me sono un po' rari.

LIV.                      Guardate bella gioja!

Ne ho di meglio di voi, ne ho più di sei.

Se mi voleste, non mi degnerei.
TITTA                   Eh, voi dite così, perché, perché...

Per altro... già lo so,

Che averla se poteste,

Di questa gioja voi vi degnereste.

È ver, non sono amabile, Non sono un parigin, Ma non son disprezzabile, Son anche galantin;


Se si potesse... ma... Se vi dicessi... eh? Voi non direste allora Di non volermi amar. Chi sa? V'è tempo ancora, Potete ancor sperar. (parte)

SCENA SETTIMA Livietta, poi Masotto

LIV.                      Certo, per dir il vero,

Non mi dispiacerebbe; ma se sposa Dorina? E chi lo sa? Titta e Mingone Hanno egualmente le speranze sue, E resterà burlato uno dei due. E allor mi degnerei Di sposar un che fosse rifiutato? Mi degnerei di soggettarmi ad esso? Eh! perché no? Così venisse adesso.

MAS.                    Acciò non ritorniate

A farmi un altro scherzo per vendetta,

Vengo a dirvi, Livietta,

Che Dorina si sposa immantinente.

LIV.                      E chi è lo sposo?

MAS.                                                Eccolo a voi presente.

LIV.                      Come? voi?

MAS.                                       Sì, son io

Lo sposo fortunato Che fra i due litiganti ha guadagnato.

LIV.                      E i padroni?

MAS.                                       I padroni

M'hanno in questo momento Assicurato il lor consentimento. Si faranno le nozze in questa sera.

LIV.                      Questa sera si fan?

MAS.                                                   Così si spera.

LIV.                      E Titta?

MAS.                                Sarà vostro se volete.

LIV.                      Vorrei... e non vorrei...

MAS.                                                       Che dubitate?

LIV.                      Un rifiuto sposar...

MAS.                                                   Non gli abbadate;

Se vi piace, pigliatelo, figliuola.

LIV.                      Dunque lo piglierò per non star sola.

Ma Titta lo vorrà?

MAS.                                                Sì, certamente:


Fidatevi di me; vostro Cupido
Oggi Titta sarà.
LIV.                                                Di voi mi fido.

SCENA OTTAVA Dorina che si fa vedere di lontano, poi si cela ascoltando, e i suddetti.

MAS.

Credetemi ch'io sono

Un uomo di buon cor.

LIV.

Così vi credo;

In effetto lo vedo

Quanta bontà per favorirmi avete.

La mia consolazion solo voi siete.

Vi sarò grata

Per fin ch'io viva,

Per voi beata,

Contenta ognor.

Disponga il fato

Che a voi s'ascriva

Il miglior stato

Di questo cor. (parte)

SCENA NONA

Masotto e Dorina

MAS.

Son certo, son certissimo

Ch'egli la sposerà. Mancami adesso

Concludere con me

Le nozze e con Dorina... Eccola, affé.

DOR.

Dica, signor fattore,

Questo bell'apparecchio che ha ordinato,

Per chi è mai preparato?

MAS.

Per voi, Dorina cara:

Tutto, tutto per voi qui si prepara.

DOR.

Per me? Lo sposo mio

Chi sarà poi? L'ho da sapere anch'io.

MAS.

Lo sapete, furbetta,

E vel ridico ancora:

Sposo sarà Masotto che v'adora.

DOR.

Risponde la furbetta

Che sposata da lui sarà Livietta.

MAS.

Perchè?


DOR.                                Perché ho sentito

E ho veduto, signor, quanto mi basta.
MAS.                    Oh, questo è un altro dimenar di pasta.

Livietta è ver che vuole

Maritarsi, ma io...
DOR.                                                 Non più parole;

Sentite ho l'espressioni

Tenere, delicate...
MAS.                    Dorina, v'ingannate;

Quelle espression non hanno

Per me verun costrutto.
DOR.                    Andate via di qua che già so tutto.

MAS.                    Credetemi, Dorina...

DOR.                    Razzaccia malandrina,

Bella azione è cotesta?

Perché venirmi a rompere la testa?
MAS.                    Ma non andate in collera;

Sentite la ragione.
DOR.                    Andate via di qua; siete un briccone.

MAS.                    Bene, me n'anderò: la riverisco. (in atto di partire)

DOR.                    (Mi dispiace, per altro).

MAS.                                                          (Io vi patisco).

DOR.                    (Chi mai l'avrebbe detto?)

MAS.                    (Chi creduto l'avria?)

DOR.                    (Masotto traditor?)

MAS.                                                   Signora mia,

Eccomi; m'ha chiamato?
DOR.                                                          Signor no.

MAS.                    Dunque me n'anderò.

DOR.                                                     Chi vi trattiene?

MAS.                    (Ah, mi sento morir!)

DOR.                                                     (Mi sento in pene).

MAS.                    Donne, donne, e poi donne.

DOR.                    Uomini, e poi non più.

MAS.                    Compassion non vi fu, ne vi sarà.

DOR.                    Non occorre sperar più fedeltà.

MAS.                    Ma io vi sono stato,

E vi sono fedel.
DOR.                                            Siete un ingrato.

Perché mai parlar d'amore Principiaste a questo core, Per doverlo abbandonar?

MAS.                             Perché, o cara, in questo petto

Dubitate che l'affetto Per voi possa mai cangiar?

DOR.                             Traditor.

MAS.                                            No, non è vero.

DOR.                             Menzogner.


MAS.

No, son sincero.

DOR.

Siete finto, signor sì.

L'ho sentita a dir così:

Vi sarò grata

Per fin ch'io viva,

Per voi beata,

Contenta ognor.

MAS.

Non lo dicea per me.

DOR.

Ve lo dicea perché?

MAS.

È di Titta innamorata:

La vedrete a lui sposata,

Ve lo giuro per mia fé.

DOR.

Se fosse così... (con tenerezza)

MAS.

Credetelo, sì.

DOR.

Masotto è per me.

MAS.

Masotto è per te.

DOR.

Tu - tutto per me,

MAS.

Io - tutto per te.

a due

Amore mi fa...

Contento mi dà...

Mie viscere, ah!

Andiamo, - che siamo

Felici davver. (partono)

SCENA DECIMA

Galleria illuminata per il ballo.

Il Conte, la Contessa, Livietta, Ballerini e Ballerine.

CON.                    Grazie vi rendo, che venute siete

Le nozze ad onorare

Della mia cameriera. (alle Ballerine)
CONT.                                                   Vi ringrazio,

Che essendo i sposi a favorir venuti,

Ora i nostri piacer sono accresciuti. (ai Ballerini)
LIV.                      Signori, in cortesia,

Un po' di caritade ancor per me.
CONT.                  Tu pur cerchi marito?

LIV.                                                       Così è.

CONT.                  Trovalo, e ti prometto

Di contentar te ancora.
LIV.                      M'ingegnerò di ritrovarlo or ora.

SCENA UNDICESIMA


Mingone, Titta e detti.

MING.

Signori, eccomi qui

A ricever le grazie che mi fanno.

La sposa di veder mi par mill'anni.

CON.

Tu lo sposo non sei.

CONT.

Va, che t'inganni.

TITTA

L'ho detto, Mingon mio,

Lo sposo tu non sei, ma lo son io.

CONT.

E tu t'inganni ancora.

CON.

Ecco lo sposo; lo vedrai or ora.

SCENA ULTIMA

Dorina, Masotto e detti.

Alle nozze, alle nozze, alle nozze,

DOR.

} adue   CEhveonioalitsriianmetotagtelivsipiodseinctoi,ntenti;

MAS.

Che per voi non c'è niente da far.

MING.

Come?

TITTA

Che novità?

CON.

Così finite

Son le cause fra noi della gran lite.

TITTA

Ed io?

MAS.

Se il matrimonio ti diletta,

Potrai a tuo piacer sposar Livietta.

TITTA

Non mi vuol.

LIV.

Non l'ho detto.

TITTA

Se Livietta m'accetta, io suo sarò.

LIV.

Ho un natural che non sa dir di no.

CON.

Dunque alle doppie nozze

Serva quest'apparato.

MING.

Io solo a bocca asciutta son restato.

CONT.

Che a danzar si cominci,

E alla presenza poi

Di nobili ed allegri testimoni,

Celebrati saranno i matrimoni.

(I Personaggi tutti siedono e si comincia il Ballo, terminato il quale si rialzano i

Personaggi, gli Sposi si danno le destre, e tutti cantano il seguente)

CORO

Amore discenda

Con prosperi auspici,

E renda felici


Gli sposi così,

Che mai non li turbi

Geloso veleno,

Che mai nel lor seno

Non si spezzi lo stral che li ferì.

Fine del Dramma Giocoso.