Le pescatrici

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Carlo Goldoni LE PESCATRICI

LE PESCATRICI

Di Carlo Goldoni

Dramma Giocoso per Musica da rappresentarsi nel Teatro posto in Contrada di San Samuele il Carnovale dell'Anno 1752. Dedicato a Sua Eccellenza il Sig. Luigi Enrico di Pons Marchese di

Pons e di Coudray Conte di Verdun ec. ec.

PERSONAGGI

EURILDA creduta figlia di Mastricco.

La Sig. Margherita Zipoli.

 NERINA pescatrice, sorella di Frisellino e amante di Burlotto.

La Sig. Serafina Penni. FRISELLINO pescatore, amante di Lesbina.

Il Sig. Francesco Delicati. LINDORO principe di Sorrento.

Il Sig. Salvador Consorti.

 LESBINA pescatrice, sorella di Burlotto e amante di Frisellino.

La Sig. Marta Davìa. BURLOTTO pescatore, amante di Nerina.

Il Sig. Giovanni Leonardi. MASTRICCO vecchio pescatore.

Il Sig. Bortolamio Cherubini. Coro di pescatori e pescatrici. Seguito di Lindoro.

La Scena si rappresenta sulle spiaggie di Taranto.


LI BALLI

sono d'invenzione e direzione di Monsieur Pietro Aubri,
eseguiti dalli seguenti:
La Sig. Margherita Fusi.                                          Monsieur Pietro Aubrì.

La Sig. Lucrezia Berardi.                                         Il Sig. Gaspero Pieri.

La Sig. Teresa Morelli.                                             Il Sig. Vicenzo Magniani.

La Sig. Antonia Girelli.                                             Il Sig. Gaudenzio Berri.

MUTAZIONI DI SCENE

ATTO PRIMO

Spiaggia di mare, poi barca deliziosa per l'arrivo di Lindoro. Recinto d'alberi folti che difendono da' raggi del sole, con sedili erbosi d'intorno.

ATTO SECONDO

Cortile che introduce al giardino delizioso.

Collina praticabile con fontana al piano.

Recinto di capanne che formano una piazzetta nel mezzo, con sedili erbosi d'intorno.

ATTO TERZO

Tempio dedicato a Nettuno.

Spiaggia di mare illuminata in tempo di notte

con barche adornate di fanò per l'imbarco di Eurilda.

Le Scene sono di vaga architettura del Sig. Francesco Zanchi.

Il Vestiario è del Sig. Natal Canziani.


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Spiaggia di mare.

Burlotto, Frisellino ed altri Pescatori, quali tirano alla spiaggia la rete colla presa del pesce. Nerina e Lesbina a sedere sopra dei tronchi, tessendo reti da pescare.


NER. e LESB.


CORO DI PESCATORI

Tira, tira; viene, viene.

Son le maglie piene, piene.

Oh fortuna! se si piglia

Qualche rombo, qualche triglia,

Regalar voglio il mio bene.

Tira, tira; viene, viene. Se il mio caro pescatore

Un bel pesce prenderà,

A me tutto il donerà,

Perché so che mi vuol bene.

TUTTI, e anco le Donne

Tira, tira; viene, viene.

Venuta a terra la rete, i Pescatori scelgono il pesce. Burlotto e Frisellino prendono la parte loro nelli canestri; gli altri partono col pesce e colla rete, e frattanto che fanno tutto questo, le Pescatrici parlano come segue


NER.

Oh, voi fareste meglio

Abbadar al lavoro. (a Lesbina)

LESB.

Io bado al mio,

Voi al vostro applicate.

NER.

Eccolo qui; mirate.

Sì, mirate di voi quanto più vaglio:

Poco manca a finire il mio tramaglio.

LESB.

Altre reti, altri lacci, altri lavori

Formar vogl'io per allacciare i cuori.

NER.

Oh, oh, rider mi fate.

Senza ch'io m'affatichi a gettar reti,

Vengono i cuori a me placidi e lieti.

LESB.

(Che presunzion!)

NER.

(Che massima follia!)


a due

Di far preda de' cuori è gloria mia. (ognuna da sé)

BURL.

Nerina, a te, mia cara,

In segno dell'amor che per te sento,

Un mugile(1) ancor vivo io ti presento.

FRIS.

A te, d'amore in segno,

Adorata Lesbina,

Saltellante e guizzante ecco un'ombrina.

NER.

Caro Burlotto amato,

Il tuo mugile bel quanto mi è grato!

LESB.

Caro il mio Frisellino,

Questo pesce gentil quanto è bellino!

BURL.

Aprilo, e in mezzo ad esso

Ritroverai il cuor mio. (a Nerina)

NER.

No, aprirlo non vogl'io.

FRIS.

Mangialo, vita mia, con olio e sale. (a Lesbina)

LESB.

No, poverino, non gli vuò far male.

NER.

Lesbina, oh com'è bello!

LESB.

Questi è più bel di quello.

NER.

Guarda come è ben fatto.

LESB.

Osserva il bel colore.

NER.

Questi pari non ha.

LESB.

Questi è migliore.

BURL.

Eh, che di Frisellino

L'ombrina non val niente.

Io son, io sono un peccator valente.

Fra tuoni, lampi e fulmini

Andrò per te a pescar,

E le tempeste orribili

Non mi faran tremar.

Quel bell'occhietto,

Quel bel visetto,

Farà che placido

Ritrovi il mar.

Tempeste, lampi e fulmini

Non mi faran tremar. (parte)

SCENA SECONDA Nerina, Lesbina e Frisellino

NER.

Vanta, Lesbina, vanta

Di Frisellino il dono:

Quanto di te più consolata io sono!

LESB.

E tu del tuo Burlotto

Ostenta le finezze:

(1)

Mùgile: specie di pesce, che attacca la preda solo quando questa è immobile.


Ma l'ombrina gentile

In sapor, credi a me, non ha simile.
NER.                     Il mio passa in vivezza.

LESB.                    Il mio passa in bellezza.

NER.                     Mezzo il mio non darei per tutto il tuo.

FRIS.                     State zitte; ciascun si tenga il suo.

NER.                     Tu non conosci il buono.

LESB.                    Più di te lo conosco.

NER.                     Pesche maggiori io feci

Che tu fatte non hai.
LESB.                    Feci pesche minori, e più pigliai.

FRIS.                     Pescatrici perfette

Sarete tutte due:

Ognuna fatto avrà le parti sue.
NER.                     Per conoscere l'acqua

Dov'è pesce abbondante,

Non la cedo ad alcuno.
LESB.                                                          Ed io non cedo

Nell'arte di sapere

Dove il pesce miglior si possa avere.
FRIS.                     Siete due pescatrici

Ambe piene d'ingegno, ambe felici.
NER.                     Ma io, benché non paio tanto scaltra,

Scommetto che ne so più di quell'altra.

So far la semplicetta, So far la modestina: Ma sono accorta e fina, So l'arte del pescar. Dall'esca mia fuggite, Amanti, se potete, Ma se vi colgo in rete, Mai più vi lascio andar. Con l'occhio, - col labbro, Col ciglio, - col viso, Col vezzo, - col riso, Col dolce parlar, Vedrete Se in rete Saprovvi cuccar. (parte)

SCENA TERZA

Lesbina e Frisellino

LESB.                    Ma io non sono sciocca,

Io non getto il mio tempo e l'esca mia.


FRIS.                     Pescatrice miglior di te non fia.

Il mestier ti ha insegnato

Cupido trasformato in pescatore,

E fra le prede tue conti il mio cuore.
LESB.                    Sì, caro Frisellino,

Il tuo cuore è un grazioso pesciolino.
FRIS.                     Ma oimè! questo m'incresce:

Muor fuor dell'acqua il pesce.
LESB.                    Di mia grazia il vivaio

Vivo lo serberà.
FRIS.                                                Ma a poco a poco

Morrà nell'acqua, e sarà cotto al foco.
LESB.                    Non mancherà ristoro

All'amorosa face.
FRIS.                     Cadrò dalla padella nelle brace.

LESB.                    Dunque la bella preda

Del tuo cor mi contendi?
FRIS.                                                              No, mia vita.

Questo mio core è tuo. Tu l'hai pescato:

Mangialo come vuoi, fritto o stufato.

In un mar spazioso e grande Libertà godeva il cuore. Quell'occhietto traditore L'ha pescato e l'ha pigliato. Se di lui non hai pietà, Poverino, se n'andrà.

Ancor salta, ancor è vivo, Ma se d'esca ei resta privo, Presto presto morirà. (parte)

SCENA QUARTA

Lesbina sola.

Povero Frisellino,

Avrò di lui pietà, ma non per questo

Di tentar altre prede ancor m'arresto.

Quanto vivere suole

Pesce dell'acqua fuore,

Tanto suole in un cor viver l'amore.

Ed io perché pavento

Spenti d'un cor gli ardori,

Vuò nel mare d'amor pescar più cuori.

Ma vuò, giacché son sola,

Terminar la mia rete.

Per esser più stimata

Voglio farmi vedere a lavorare,


E voglio divertirmi un po' a cantare. (siede, lavora e canta)

Un pescatore me l'ha fatta brutta,

Ha fatto disperare mia sorella.

La poverella

Non par più quella,

La si martella

La notte e il dì. Il traditore, oimè, me l'ha distrutta,

E piange notte e giorno, meschinella.

La poverella

Non par più quella,

La si martella

La notte e il dì.

Un pescatore, (s'alza)

Ch'è tutto amore,

No del mio core

Non fa così. (parte)

SCENA QUINTA Eurilda con l'amo da pescatrice, poi Mastricco

EUR.                     Oh cara libertà, quanto sei grata!

Tenga pur fra catene oppresso il core

Chi è vassallo infelice al dio d'Amore.

Incaute pescatrici,

Sareste pur felici

Sotto di questo ciel placido e ameno,

Se gl'inganni d'Amor provaste meno.

A che cercar dagl'incostanti petti

Di piacer vani oggetti?

Questo mar, questo lito, e il bosco, e il prato

Innocente piacer non reca, e grato?

Lungi, lungi dal mio libero cuore,

Folle piacer del faretrato Amore.
MAST.                   Figlia, possibil fia

Che nemica d'Amor sempre ti veda?
EUR.                     Padre, io cerco predar, non esser preda.

MAST.                   Dolce fia l'esser preda

Del bambinello Amore.
EUR.                     Dolce cosa non fia perdere il cuore.

MAST.                   Si cambia, e non si perde il cuore amante.

EUR.                     Può cambiarsi il fedel con l'incostante.

MAST.                   Figlia, vecchio son io: vorrei vederti,

Prima del morir mio,

Unita ad un consorte.
EUR.                     Pria di morir, bramate voi mia morte?


MAST.

Bramo di mie capanne,

E di quanto mi fa lieto e felice,

Un erede mirar.

EUR.

Eh, non temete:

Vivete pur giocondo,

Che non mancano mai gli eredi al mondo.

MAST.

Ma tu sola restare, abbandonata...

EUR.

Meglio è sola che male accompagnata.

Voglio goder contenta

La pace ed il riposo;

Non vuò per dolce sposo

Smarrir la libertà.

Saria rischiar il certo

Per un incerto bene;

E paventar conviene

D'inganni e infedeltà. (parte)

SCENA SESTA

Mastricco solo.

Eurilda, Eurilda mia,

Se l'origine tua nota a te fosse,

Direi che tu disprezzi

De' vili pescator gli amori abietti,

Perché brama il tuo cor nobili oggetti.

Ma se, ignota a te stessa,

Qui 've fosti allevata,

Credi ancora esser nata, e se mi chiami

Con il nome di padre, ah perché mai

Non s'accendon d'amore i tuoi bei rai?

Temo il morir vicino,

Tremo del tuo destino... - Ma qual gente

Approda a questo lido?

Vengano pur; qui d'amicizia è il nido.

SCENA SETTIMA

Lindoro, con seguito di Compagni, in barca deliziosa s'accosta al lido; e tutti scendono,

accompagnati da allegro concerto.

LIND.                    Amico, è a noi permesso

Franchi posar su queste arene il piede?
MAST.                   Signor, la nostra fede

A tutti è manifesta:


Da noi soccorso ai passeggier si presta.
LIND.                    A caso qui non giungo,

E forse il venir mio,

Se mi seconda il fato,

Renderà in sì bel giorno alcun beato.
MAST.                   Signor, poss'io saper?...

LIND.                                                          No; ragunate

Pescator, pescatrici, uomini e donne:

Voglio a tutti parlare. A tutti in faccia

10 scoprirò un arcano;

E spero ben di non scoprirlo invano.
MAST.                   Questi peli canuti e questa barba

Fede da voi non mertan?
LIND.                                                             Sospendete

11 curioso desio. Quanto più presto
Fia il popol ragunato,

Sarà l'arcano mio tosto svelato.
MAST.                   Vado. In brevi momenti

Noi uniti vedrete ove si chiude Cinta d'alberi folti ombrosa valle. Siam pochi abitator di queste arene. Poca pena ad unirli Spero mi costerà. Ma reso ancora Sollecito sarò più dell'usato, Dalla curiosità spinto e spronato.

Compatite la vecchiezza; Noi torniam come i bambini. Siam curiosi di vedere; Siam bramosi di sapere. Per esempio: cosa è stato? Chi è venuto? chi è tornato? Cosa ha fatto? cosa ha detto? E si va di tetto in tetto Gli altrui fatti a ricercar. (parte)

SCENA OTTAVA

Lindoro e suoi Compagni.

Ah voglia il cielo, amici,

Che a noi scoprir fia dato

Di Benevento la smarrita erede.

Or che l'usurpator prence tiranno

Lasciò la vita e il trono,

Sol quest'unico dono

A render manca i sudditi felici.

Ed io che con tai nozze


Posso aspirar del principato al seggio, Fra speranza e timor dubbioso ondeggio.

Scorso abbiam l'instabil mare Col favor d'amica stella, Né di scoglio o di procella Fui costretto a paventar.

Or lo stesso astro felice Mi consola, e al cor mi dice Che alla patria più contenti Potrem lieti ritornar. (partono)

SCENA NONA Nerina, poi Mastricco

NER.                      Oh questa sì ch'è bella! (parla verso la scena)

Signora sì, mi voglio maritare. In casa non vuò stare; Anch'io vuò divertirmi al colle e al prato Coll'altre donne, col sposino allato. Non credo che si dia Madre come la mia; Non vuol ch'io mi mariti, Dice cento ragioni inconcludenti: E per questa, e per quella, e per quell'altra. Ma io che sono scaltra, Credo che sia perché la poverina Per voglia di marito si martora, E nuovo sposo prenderebbe ancora.

MAST.                   Nerina, ben trovata.

NER.                      Zitto, sono arrabbiata.

MAST.                   Perché?

NER.                                    Perché mia madre

Non mi vuol dar marito.

MAST.                   Che poca carità!

Via, via, ve lo darà.

NER.                      Ma io lo voglio presto.

MAST.                   L'avete ritrovato?

NER.                                                   È pronto e lesto.

MAST.                   S'io vedo vostra madre,

Cara la mia fanciulla, Volete che per voi le dica nulla?

NER.                      Sì, caro il mio vecchietto,

Ditele che una figlia grandicella, Non dico bella bella, Ma né anche da sprezzare, Con il tempo potria pericolare.


Che questi giovinotti

Mi vanno circondando;

Ch'io son prudente, e ch'io resisterò,

Ma... capitemi voi, fin che potrò.

Fin che son bella e giovine Mi voglio maritar: Le donne, quando invecchiano, Si mandano a filar. Sentir una vecchietta A dir carin carino, A far la vezzosetta La vecchia allo sposino, È cosa che da ridere Ai giovani suol far. Ma se un visetto amabile Si vede a far l'amor, Oh care le mie viscere, Fa giubilare il cor. (parte)

SCENA DECIMA

Mastricco solo.

Costei è sì vezzosa

Che mi vien voglia di volerla in sposa.

Ma sì! quel ch'ella dice

D'una vecchia che pazza s'innamora,

Dirà dei vecchi facilmente ancora.

Ecco, ecco le ninfe e i pescatori

Per mio consiglio uniti;

Sentir fra poco io spero

L'arcano che svelar dee lo straniero.

SCENA UNDICESIMA

Recinto d'alberi folti che difendono dai raggi del sole, con sedili erbosi d'intorno.

Eurilda, Nerina, Lesbina, Burlotto, Frisellino, Mastricco e seguito di Pescatori.

CORO                               Bell'ombra gradita,

Bell'aura diletta.

Che amabile vita!

Che dolce piacer!
MAST.                              Amici, sediamo,

E in pace godiamo


Quel bene che il cielo
Noi lascia goder.
CORO                               Che amabile vita!

Che dolce piacer!

MAST.                   Or che siam ragunati,

A noi deve un straniero

Un arcano svelare. Eccolo.
NER.                                                                 Io sento

Dal desio di saperlo alcun tormento.
LESB.                    Il curioso desio

Di veder lo straniero arde il cuor mio.

SCENA DODICESIMA Lindoro e detti.

LIND.

Amici, oh qual contento

Provo al mio cor, poiché a quest'ombre uniti

In perfetta armonia ridenti io veggo.

MAST.

Sedete, se vi aggrada.

LIND.

Eccomi, io seggo.

NER.

(Oh quanto egli è bellino!)

LESB.

(Oh quanto è graziosino!)

EUR.

(Ahimè! quel vago aspetto

Un insolito ardor mi desta in petto).

BURL.

(Nerina, che cos'hai?)

NER.

Taci. (Un volto più bel non vidi mai).

FRIS.

Lesbina, sei sospesa?

LESB.

Lasciami star. (Son dal piacer sorpresa).

MAST.

Su via, signor, parlate.

EUR.

(Non vidi agli occhi miei luci più grate).

LIND.

Udite: or son tre lustri

Che al prence Casimiro

Tolse Oronte tiranno e trono e vita.

Della usurpata sede

V'era un'unica erede

Allor di fresco nata,

Da man pietosa al traditor celata.

Or che Oronte morì, che vuoto è il soglio,

Trovasi scritto un foglio

Che quell'unica erede allor serbata

Ci assicura fra voi viver celata.

Esamini in se stesso,

Esamini in altrui ciascuno il vero.

Ecco, venuto io sono

Per ricondur la principessa al trono.

NER.

(Un non so che di grande


Sentomi nel cuor mio).
LESB.                    (Posso la principessa essere anch'io).

EUR.                     (Felice a chi tal sorte

Il ciel concederà).
MAST.                                                (Svelar potrei

In Eurilda gentil la degna erede,

Ma al labbro di colui mio cor non crede).
BURL.                   (Costei chi diavol ha?)

FRIS.                     (Questa cosa mi pone in gelosia).

LIND.                    Ognun tace? ognun resta

Sospeso a' detti miei? Orsù, m'udite:

Chi dentro a questo giorno

Vienmi a svelar la principessa ignota,

Avrà in premio un tesoro

Di ricche gemme e d'oro;

E chi segue a tenere il ver celato,

Il furor proverà d'un braccio irato. (s'alza)

Fiera strage dell'indegno

Il mio sdegno far saprà.

TUTTI

No, signor, non vi scaldate,

S'egli è ver, si scoprirà.

LIND.

Parto dunque, o gente amica

Della bella verità.

TUTTI

Ite; il ciel vi benedica,

E vi dia prosperità. (parte Lindoro)

MAST.

(Ah, non vorrei che fosse

Un'arte del tiranno:

Voglio prima scoprir se v'è l'inganno). (parte)

EUR.

(E pur sento che l'alma

D'una nuova lusinga or si compiace.

Perdo, ahimè! del mio cor l'antica pace). (parte)

SCENA TREDICESIMA

Nerina, Lesbina, Burlotto e Frisellino

BURL.

Chi mai sarà colei

Che diverrà sovrana? (a Nerina)

NER.

Io credo ch'ella sia poco lontana.

FRIS.

E tu, Lesbina mia,

Credi ch'ella a scoprir s'abbia a drittura?

LESB.

Certamente il mio cor me n'assicura.

BURL.

Crediam che sia Lisetta?

NER.

Oibò, quella fraschetta!

FRIS.

Che sia forse Lindora?

LESB.

Oibò, che sozza mora!


BURL.

Eurilda esser potria.

FRIS.

Certo, lo dico anch'io.

NER.

Non ha niente del grande.

LESB.

Non ha brio.

BURL.

Fosse Lilla?

NER.

È una sciocca.

FRIS.

Fosse Lisaura?

LESB.

È stolta.

BURL.

Altre non so vedere.

FRIS.

Altre non trovo

Che mertino un tal dono.

NER.

Vi son io, signorino.

LESB.

Ed io vi sono.

BURL.

Principessa, a voi mi prostro.

FRIS.

Mia sovrana, a voi m'inchino.

NER.

Poverello.

LESB.

Poverino.

a due

Il mio grado si saprà.

BURL.

Ma Burlotto, il fido amante?

NER.

Ma Burlotto è pescatore.

FRIS.

Frisellin, che fu costante?

LESB.

Frisellin non è signore.

BURL. FRIS.

Oh disgrazia malandrina! } adue           Miaregina,avoim'inchino.

Poverino! me n'andrò. (partono)

NER.

Frisellino voi scacciate?

LESB.

Voi Burlotto licenziate?

a due

Vi vien qualche grillo in testa

D'esser nata a comandar?

NER.

Il mio cuor nobile

Non può fallar.

LESB.

Il mio gran spirito

Mi fa sperar.

NER.

Oh, che gran spirito!

LESB.

Oh, che cuor nobile!

a due

Tu mi fai ridere,

Mi fai crepar.

NER.

Olà, rispettami.

LESB.

Non mi deridere.

a due

Se vado in collera,

Ti fo tremar.

BURL.

Saldi, illustrissima.

FRIS.

Osservandissima.

a due

Eccellentissima,

Non stia a gridar.

NER.

Lo spirto nobile } adue           Nonsofrenar.

LESB.


BURL.


} adue


Oh Eccellentissima,



FRIS.

NER.

LESB.

BURL.

FRIS.

NER.

LESB.

a due

NER.

LESB.

NER.

LESB.

a due

BURL.

FRIS.

NER.

LESB.

NER.

LESB.

a quattro


}

}


Non stia a gridar. Signora, almen vi supplico Di darmi qualche carica. Ti fo mio pescivendolo. Ti fo mio pescator.

Signora, obbligatissimo,

a due

Per un sì bell'onor.

Sì, sì, dispensa cariche.

Sì, sì, dispensa titoli.

Ma non sei quella ancor.

Signora!

Principessa! Regina!

Monarchessa! Farai di quella spessa.

Eh via, la nobiltà. a due

Signora!

Principessa! Che grazia!

Che beltà! Che pazza! che catarri! Che gran bestialità!



ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Cortile che introduce al giardino delizioso.

Burlotto, poi Lindoro

BURL.

Nerina traditora,

Sperando esser signora,

A drittura mi scaccia e mi disprezza?

Voglio ricompensar la sua finezza.

Vuò veder se mi riesce

Buscarmi il premio e castigar Nerina,

Procurando a Lesbina,

La quale è mia germana,

Il bell'onor di diventar sovrana.

Ecco appunto l'amico.

LIND.

Ancor non vedo

Chi dell'occulta donna

Venga indizio a recarmi.

BURL.

(Ecco il tempo opportun per vendicarmi).

Signore, in segretezza

Io vengo a confidarvi

Che l'incognita donna,

A cui la bella sorte il ciel destina,

È quella che fra noi nome ha Lesbina.

LIND.

Come ciò v'è palese?

BURL.

Il padre mio,

Che la fece passar per mia germana,

In letto coricato,

A me pria di morir l'ha palesato.

LIND.

E si chiama Lesbina?

BURL.

Appunto.

LIND.

È bella?

BURL.

Splende come una stella.

LIND.

È spiritosa?

BURL.

È cosa prodigiosa.

LIND.

Ha spirto grande? Ha nobili pensieri?

BURL.

Sembra figlia di dieci cavalieri.

LIND.

Fatela a me veder.

BURL.

Bene... ma dico...

Non so se m'intendete.

LIND.

Cosa vorreste dire?

BURL.

Dico... Vussignoria mi puol capire.


LIND.

Il premio?

BURL.

Sì signore.

LIND.

L'avrete.

BURL.

L'averò?

LIND.

Statene pur sicuro.

BURL.

A me poco, signor, piace il futuro.

Il dir farò farò

Minestra è d'avvocato.

Ed è proverbio usato:

Più vale stamattina

Un ovo, che domani una gallina. (parte)

SCENA SECONDA

Lindoro, poi Frisellino

LIND.

Grazie agli Dei, principio

A respirar. Se il ver costui mi dice,

Alla patria tornar potrò felice.

FRIS.

(Eccolo; vuò provarmi

Se posso di Lesbina vendicarmi).

LIND.

Ma desio di vederla...

FRIS.

Riverisco.

LIND.

Addio.

FRIS.

Vorrei svelarvi,

E dirvi, e raccontarvi,

Ch'io so dov'è celata

Quella ragazza ch'è da voi cercata.

LIND.

Eh, lo so.

FRIS.

Lo sapete?

Schiavo. Non occorr'altro.

LIND.

Fermatevi.

FRIS.

Son qui.

LIND.

Voi pur la conoscete?

FRIS.

Signor sì.

LIND.

È bella? è tutta brio?

FRIS.

Quella che dico io

È graziosa, è bella,

Ma la vostra non so se sarà quella.

LIND.

Non è una pescatrice?

FRIS.

Sì, per quel che si dice.

LIND.

Non l'allevò qual figlia

Vecchio amoroso e pio?

FRIS.

È vero. Era quel vecchio il padre mio.

LIND.

Dunque vostra germana

Fu creduta finora?

FRIS.

E tal si crede ancora.

LIND.

Ed ha nome?

20


FRIS.

Ha un bel nome,

Che ha la cadenza in ina.

LIND.

Sì, Lesbina si chiama.

FRIS.

Oibò: Nerina.

LIND.

Nerina?

FRIS.

Sì signore:

Chi dice a voi Lesbina?

LIND.

Burlotto a me l'ha detto.

FRIS.

No, no, non gli credete.

(Burlotto maledetto!)

LIND.

Adunque il padre vostro...

FRIS.

Il padre mio

Sì, signore, è così come dich'io.

LIND.

Ma con qual fondamento?

FRIS.

Me l'ha detto mio padre in testamento.

LIND.

Io rimango confuso.

FRIS.

A me credete.

LIND.

Com'è vaga Nerina?

FRIS.

Uh, ch'è tanto bellina!

LIND.

Ha spirto sollevato?

FRIS.

Le si vede negli occhi il principato.

Ha gli occhi brillanti Che paion diamanti; Ha i labbri sì fini Che paion rubini. I denti son perle;

I crini son d'oro.
Ha un altro tesoro
Che pari non ha:

II core, - l'onore,

La sua fedeltà. (parte)

SCENA TERZA Lindoro, poi Mastricco

MAST.                   Eccomi or piucché mai

Confuso ed agitato.

(Scoprasi il vero, e ci proveda il fato).
LIND.                    Amico, voi che siete

Per la canuta età degno di fede,

Ditemi se colei

Ch'io vo cercando in quest'ampia marina

Esser possa Lesbina, ovver Nerina.
MAST.                   Non signore, non è questa né quella:

Io la conosco. Eurilda ella s'appella.
LIND.                    Come ciò dir potete?


MAST.                   Eurilda a me fu data

In custodia da quel che l'ha rapita, E l'ho sinor qual figlia mia nutrita.

LIND.                    Burlotto e Frisellino

Sostengono che sia la peregrina Un Lesbina gentil, l'altro Nerina.

MAST.                   Non credete a costoro:

Cercan far bene alle germane loro.

LIND.                    Come! Siam noi fra genti triste e ladre?

Germani quelli son, voi siete padre. Tutti m'ingannerete; Perfidi, mentitor tutti voi siete.

MAST.                   Credetemi, signore...

LIND.                                                        Orsù, ciascuna

Delle proposte femmine rivali Vogl'io veder. (Dagli atti e dal sembiante Qualche cosa scoprir mi fia concesso). V'attendo uniti alla gran fonte appresso. (parte)

SCENA QUARTA Mastricco, poi Burlotto

MAST.

Oh sventurata Eurilda!

Quando il ciel ti offerisce

La felice occasion d'esser beata,

Sei dalle triste genti assassinata.

BURL.

(Dove diavol sarà?) (cerca per la scena)

MAST.

(Costui chi cerca?)

BURL.

(Ella per qua è venuta). (come sopra)

MAST.

Chi cercate?

BURL.

L'avete voi veduta?

MAST.

Chi?

BURL.

Mi par di vederla. (come sopra)

MAST.

Ma chi?

BURL.

No, non è quella.

MAST.

Chi cercate, vi dico?

BURL.

Mia sorella.

MAST.

Lesbina?

BURL.

Eccola lì. (come sopra)

MAST.

Dov'è?

BURL.

Venite qui. (come sopra)

MAST.

Son cieco? (accennando che non la vede)

BURL.

Oh, questa è bella!

Presi per mia germana un'asinella.

MAST.

Che volete da lei?

BURL.

Voglio... Tacete,

Ch'io la sento venir.


MAST.

Volete forse

Nuovamente inventar qualche bugia?

BURL.

Voglio, voglio... il malan che il ciel vi dia.

MAST.

Ehi! l'età rispettate.

BURL.

E voi non mi seccate;

Mi preme di trovar Lesbina mia.

Il diavol l'averà portata via.

MAST.

Se voi la cercherete,

Alfin la troverete.

BURL.

Sì, anderò...

Ma se venisse qui?...

MAST.

Se io la vedo,

Volete che per voi le parli?

BURL.

Sì.

MAST.

E cosa le ho da dir?

BURL.

Dite così:

Vi cerca il fratello,

Vi deve parlar.

A casa bel bello

Potete tornar.

No... dite piuttosto

Che al bosco sen vada...

È troppo discosto...

Sarò sulla strada

Per questa, per quella...

Se vien mia sorella

Per quella, per questa...

Ho tanto di testa,

Che dirvi non so. (parte)

SCENA QUINTA

Mastricco solo.

Ah, pur troppo costui

Ricerca la sorella

Per concertar qualche bugia novella.

Se a tempo non rimedio

Con provido consiglio,

Eurilda certamente è in gran periglio.

Ma io per sua difesa

Aprirò tanto d'occhi.

Vogliono farla a me? poveri allocchi!

Son vecchio, son furbo,

So il come e il perché.

No, no, non me la ficcano;


Avranno a far con me.

Il trono a Nerina?

Lo scettro a Lesbina? Il fuso, la rocca,

La canna, la rete.

Oh pazze che siete!

Restate a pescar. (parte)

SCENA SESTA

Collina deliziosa praticabile, con fontana al piano.

Lesbina con seguito di Ninfe e di Pescatori, adornata di fiori e in abito festivo, discendendo dalla

collina al suono di giocondi strumenti.

LESB.                               Che vi par? Son io gentile?

Sembro nata a comandar? Son civile? Ah, che vi par? Aspettate, voglio andarmi Nella fonte ad ispecchiar. (Frattanto ch'ella va ad ispecchiarsi, l'orchestra suona)

Son maestosa, Sembro orgogliosa: Ma sarò docile, Mi farò amar. Ah? che vi par?

Sì sì, non dubitate.

10 mi ricorderò di tutti voi:
Tutti a servir vi prenderò con noi.
Tu sarai mio bracciere,

E tu mio cameriere,

Tu donna di governo,

E tu la mia servente.

Ed io starò a seder senza far niente.

Ah, se poi m'ingannassi? Ah, non v'è dubbio:

Piene di sangue nobile ho le vene.

11 core, il cor mi dice

Che di nobile amor io sono il frutto, E sento che son io nobile in tutto.


LIND.


SCENA SETTIMA Lindoro e detta. E chi è costei sì vagamente adorna?



LESB.

Ecco qui lo straniero:

Assicurar la mia fortuna io spero.

LIND.

Bella, chi siete voi?

LESB.

Son una che, annoiata

Di vita sì infelice,

Abborrisco il mestier di pescatrice.

LIND.

Qual è il nome?

LESB.

Lesbina.

LIND.

La germana

Di certo pescatore

Che Burlotto s'appella?

LESB.

Son passata sinor per sua sorella.

LIND.

Ma tal non siete?

LESB.

Non lo credo almeno,

Poiché mi sento in seno

Alma di glorie amica,

E non posso soffrir di far fatica.

LIND.

Questa, figliuola mia,

Esser potrebbe ancor poltroneria.

LESB.

Quando vedo persone

Nobili e ben vestite,

Mi sento consolare. Oibò, non posso

Soffrire i pescatori. Eh, che si vede

Ch'io nata sono in qualche nobil cuna,

Oltraggiata così dalla fortuna.

LIND.

(Chi sa ch'ella non sia

La principessa mia?)

LESB.

Ditemi, siete niente

Niente fisonomista?

LIND.

Perché ciò mi chiedete?

LESB.

In me non conoscete

Un certo non so che di stravagante?

LIND.

Certo, il vostro sembiante

Non ha dell'ordinario.

LESB.

Dal mio stato al mio cuor v'è del divario.

LIND.

(Ha della grazia tanta.

Quasi costei m'incanta).

LESB.

Avete ancor trovata

La donna ricercata?

LIND.

Non ancora.

LESB.

S'ella fra noi dimora,

Non so che dir... Son tutte pescatrici

D'animo abbietto e vile.

LIND.

Ma voi siete gentile.

LESB.

Il cor mi dice

Che io nata non sono pescatrice.

Ero ancora piccinina,

E dicevo ancor papà,

Che la balia, poverina,


Mi cantava una canzon: «Fa la nanna, mio tesoro, Che tu possa un dì regnar; Fa la nanna, occhietto moro, Nata sei per comandar. E fa la nanna Cara, carina, Bella regina - che fa innamorar». (parte)

SCENA OTTAVA Lindoro, poi Nerina

LIND.                    Alle parole, agli atti,

Sembrami che costei Sia la donna protetta dagli Dei.

(Nerina con seguito, e vagamente adornata, scende dalla collina al suono di allegri strumenti)

NER.

Pescatori, pescatrici,

A voi porgo i dì felici.

Io fra poco me n'andrò,

E lo scettro impugnerò.

Voi ridete?

Dite no?

Lo vedrete.

Sì, lo scettro

Averò in pugno,

E sul grugno

Vel darò.

LIND.

(Ecco ninfa gentile,

A quell'altra nel brio tutta simile).

NER.

(Ecco quel che può fare il mio destino).

LIND.

Fanciulla, il ciel vi salvi.

NER.

A voi m'inchino.

LIND.

Siete di questo loco?

NER.

Signor no.

LIND.

Dunque di dove siete?

NER.

Io non lo so.

LIND.

Ma dove siete nata?

NER.

In questo mondo.

LIND.

Il mondo è grande assai.

NER.

Ma piccolo sinora io lo provai.

LIND.

Posso io saper dove voi nata siete?

NER.

Signor, quel ch'io non so voi mi chiedete.

LIND.

Come qui vi trovate?

NER.

Ci son per mia rovina.


LIND.

Ditemi il nome vostro.

NER.

Io son Nerina.

LIND.

Ah, Nerina voi siete?

NER.

Forse mi conoscete?

LIND.

Non siete voi germana a Frisellino?

NER.

Tal sinora mi fece il mio destino.

LIND.

Ed or?

NER.

Ed ora io spero

Che dell'essere mio si scopra il vero.

LIND.

Ma che scoprir si può?

NER.

Ch'io quella sono

Che voi cercate per condurre al trono.

LIND.

Qual ragion vi lusinga?

NER.

È molto tempo

Che il cuor in petto io sento

D'una vita vulgar mesto e scontento.

Tutto mi rende noia,

Nulla mi dà piacere, e solo quando

Odo parlar di scettri e di corone,

Di fasto e di grandezza,

Mi sento giubilar dall'allegrezza.

LIND.

Ciò non basta, figliuola.

NER.

E poi son io la sola,

Se dir volete il vero,

Che abbia nel volto suo aria da impero.

Quivi ciascuna è vile:

Non c'è un volto gentile,

Non c'è un poco di brio,

Non dico per vantarmi, come il mio.

LIND.

Talvolta è vanità, che ci lusinga.

NER.

Il ciel non vuol ch'io finga.

Sinor frenai lo sdegno,

Soffersi un umil stato;

Ma or che al principato

Deesi condur l'erede naturale,

Non voglio col tacer farmi del male.

LIND.

(Tanto franca è costei

Che, s'io avessi lo scettro, or gliel darei).

NER.

Via, signor, se vi pare,

Guidatemi a regnare,

E quando principessa sarò io,

Vi darò mezzo il principato mio.

Non sarebbe cosa strana

Ch'io dovessi comandar.

Un'istoria veneziana

Ho sentito a raccontar:

«Una putta - brutta brutta,

Che diceva: Siora mare,

Ha scoperto - certo certo

27


Ch'era ricco so sior pare. Le dicevano: Siorìa, Quando era in povertà. Ora: Strissima; e lei dice: Zerva sua, ma non ne sa». Io che più bella Sono di quella, Farò spiccare, Farò brillare la nobiltà. (parte)

SCENA NONA

Lindoro

Confesso che son armi

Le lusinghe di donna aspre e fatali;

E s'arrendono i cuor deboli e frali.

Io resisto con pena,

Ma ingannar non mi lascio; ed oggi io spero,

Coll'aiuto del ciel, scoprire il vero.

Se parli il core o l'ambizione in loro,

Cauto svelar saprò.

Del labbro non mi fido,

Non credo al ciglio e al volto:

Temo quello ch'io vedo e quel che ascolto.

A un labbro vezzoso,

A un ciglio amoroso

Quest'alma non crede,

Non cede il mio cor. Deh scoprasi il vero,

Si sveli il mistero,

O numi pietosi,

Col vostro favor. (parte)

SCENA DECIMA

Recinto di capanne che formano una piazzetta nel mezzo, con sedili erbosi d'intorno.

Eurilda sola.

Ahimè! qual turbamento, Misera, al cor mi sento? Io non ho pace, Dacché giunse Lindoro a queste arene. Or m'inquieta il timore, ora la spene. Ma che sperar poss'io?


S'ei cerca in questi lidi

La nobile donzella,

Lusingarmi potrò d'essere io quella?

Qual merto, qual ragione? Eh, ch'io son folle.

Vana ambizion mi punge,

E benché nata in umile capanna,

Il desio di regnar m'ange e m'affanna.

SCENA UNDICESIMA

Lesbina, Nerina, Burlotto, Frisellino, Mastricco, Coro di Pescatori e Pescatrici, e detta.

CORO                               Nel mare placidi

Li pesci guizzano, E non paventano Gl'insidiator. Oggi riposano Sul verde margine, E lieti cantano I pescator. (tutti siedono)

MAST.                   Figliuoli, lo straniero

Qui ci vuol ragunati.

Oggi saran svelati

Gl'inganni di chi ardito

Per fasto o per invidia avrà mentito.
BURL.                   (Io di farti del bene ho procurato). (piano a Lesbina)

LESB.                    (Mio sarà il principato). (a Burlotto)

FRIS.                     (Per te tutto ho fatt'io). (piano a Nerina)

NER.                     (Vedrai che il principato sarà mio). (a Frisellino)

MAST.                   (Eurilda, in tuo favore

Il zelo mio s'impegna). (piano a Eurilda)
EUR.                     (Eh, di tanta fortuna io non son degna). (a Mastricco)

SCENA DODICESIMA

Lindoro con seguito di Cavalieri e Servi, che portano vari bacili con oro, gioje ed uno stile; e

detti.

LIND.                    Amici, in ricompensa

Del generoso ospizio, E d'amistade in pegno, Del grato cor voglio offerirvi un segno. Ecco di gemme e d'oro Compartito un tesoro: Un'aurea tazza ed un argenteo vaso;


Un gemmato monile e ricche perle,

E rubini, e diamanti,

E non lieve porzion d'aurei contanti.

Fra queste ricche spoglie

Ecco il coltel gemmato,

Ancor di sangue asperso,

Con cui dal seno l'ultimo respiro

Oronte trasse al prence Casimiro.
EUR.                      Oimè! spoglia fatale!

Ahi, qual orror m'assale!
LIND.                    (Si turba a una tal vista). (da sé)

LESB.                    Signor, di quella lista

Mi prenderò il giojello.
NER.                      Ed io quel bell'anello.

BURL.                                                       Ed io la tazza.

FRIS.                     Ed io quei vasi rari.

MAST.                   Ed io per parte mia prendo i denari.

LIND.                    E non v'è alcun che aspiri

Questo ferro a serbar di gemme ornato? (lo prende in mano)
EUR.                      Questo ferro per me fia riserbato. (glielo prende di mano)

Non l'oro e non le gemme,

Onde ornato lo veggo,

Eccitan la mia brama,

Ma un'incognita forza a lui mi chiama.

La vista di tal ferro

Par che a me dia diletto,

Ma un doloroso affetto

Svegliar mi sento da quel sangue in seno.

Ahimè! chi mi soccorre? Io vengo meno. (sviene)
MAST.                   Eurilda, oh Dio! Eurilda. Apri le ciglia.

LIND.                    (Ah, che costei di Casimiro è figlia.

Quasi me n'assicura

Questo affetto che in lei desta natura). (da sé)
LESB.                    Guardate; con il ferro

Vuol ostentar bravura,

E poi se la fa sotto di paura.
BURL.                   Ecco ch'ella rinviene a poco a poco.

FRIS.                     In donna lo svenir sovente è un gioco.

EUR.                      Ahi, dove sono? Oh cieli!

Dov'è, dov'è mio padre?
MAST.                                                            Eccomi.

EUR.                                                                             Oh inganno!

Mi parea che un tiranno

Lo volesse svenar. Ma voi non vidi:

Altr'era il padre mio. Dove disparve?

Oh Dio! Che inusitato affetto

Destar mi sento in petto?

Veglio o ancor dormo? Oimè! sogno o ragiono?

Dove stetti sinora? or dove sono?


Quanti diversi affetti Sentomi nel cor mio! Chi mi soccorre, oh Dio! Chiedo da voi pietà.

Io stessa non intendo L'incognito dolore, Talor mi sembra amore, Talora crudeltà. (parte)


MAST. LIND.

LESB. NER. MAST. LIND.

MAST.


SCENA TREDICESIMA

Detti.

Seguitemi, signore: oh caso strano! (a Lindoro)

È svelato l'arcano:

Ecco la principessa

Dal destino crudel sinora oppressa.

Dunque di nobil razza

Sarà colei, perché sa far da pazza?

Se produce pazzia sì buoni frutti,

Anch'io impazzisco, e vi bastono tutti.

Signor, l'opra dal cielo incominciata

Andiamo a terminar.

A voi principio, Buon vecchio, a prestar fè. Donne, che altere Bramate di regnare,

Fiavi scettro la canna, e regno il mare. (parte) Se il non potere comandar v'incresce, Andate pure a comandare al pesce. (parte)



BURL.

FRIS.

NER.

LESB.

BURL.

FRIS.

NER.

LESB.

NER.

LESB.

BURL.


}


SCENA QUATTORDICESIMA

Lesbina, Nerina, Burlotto e Frisellino

Servo di vostra altezza. (a Nerina)

Io mi rallegro della sua grandezza. (a Lesbina)

(Ah, mi sono ingannata!)

(Oh me meschina! son precipitata).

Mi fa suo cameriere? (a Nerina)

Mi farà suo bracciere? (a Lesbina)

(Or se perdo Burlotto, mi dispiace).

(Bisognerà veder di far la pace).

Burlottino - mio caro carino.

Frisellino - galante bellino.

Eh signora... mi prostro, m'inchino.

a due



FRIS.

NER.

Io ti voglio tanto bene.

LESB.

Per te, caro, vivo in pene.

FRIS.

Ehi Burlotto, che ora abbiamo?

BURL.

L'ora è tarda: vuoi che andiamo?

BURL. FRIS.

} adue

Quest'e l'ora del pescar.

NER. LESB.

} adue

Via, carino, non t'incresca...

BURL. FRIS.

} adue

Alla pesca, alla pesca, alla pesca.

NER. LESB.

} adue

Il mio cuor non tormentar.

FRIS. BURL.

} adue

A pescar, a pescar, a pescar.

NER.

Il tuo bel mugile tu m'hai donato.

LESB.

Quell'ombrinottolo m'hai regalato.

FRIS.

Prendete tabacco? (a Burlotto)

BURL.

Mi fate favor. (prendono tabacco)

NER.

Ma caro... ma via...

BURL.

Tabacco perfetto. (a Frisellino)

LESB.

Voltatevi in qua.

FRIS.

È vostra bontà. (a Burlotto)

NER. LESB.

} adue

Voltatevi.

FRIS. BURL.

} adue

Eh cè. (starnutano)

NER. LESB.

} adue

Guardatemi.

FRIS. BURL.

} adue

Eh cè. (lo stesso)

NER. LESB.

} adue

Il cielo v'aiuti.

FRIS. BURL.

} adue

Signora, obbligato.

NER.

Crudele.

LESB.

Spietato.

a due

Per voi morirò.

FRIS.

(Eppure è bellina).

BURL.

(Ancora mi piace).

a due

(Che penso? che fo?)

NER.

Perdono a voi domando.

LESB.

Io chiedo a voi pietà. (s'inginocchiano)

FRIS.

} adue

Amico, che facciamo?

BURL.

Mi muovono a pietà.

NER.

} adue

Mio caro, anima mia,

LESB.

Non m'affliggete più.

BURL.

} adue

Chi può star saldo, stia;

FRIS.

Mio ben, levati su.


a quattro                          La pace è accomodata,

Mai più si romperà. Oh pace fortunata, Che più piacer mi dà!


ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Picciolo antico tempio dedicato a Nettuno.

Lindoro, Eurilda, Mastricco, Cavalieri e Servi.

CORO                               Nume, che al mare

Sovrano imperi, Odi i sinceri Voti del cor. Chi a te dinanzi Mentir presume, Di te, gran nume, Provi il rigor.

MAST.                   A te, nume sovrano,

Giuro che da Nicandro

Ebbi Eurilda in custodia, e ch'ei la trasse

Dalle man del tiranno,

E la salvò con fortunato inganno.

Giuro ch'ella è l'erede

D'illustre antica sede: e s'io mentisco,

Fugga mai sempre da mie reti il pesce;

Per me non offra il mar placida pesca;

Possa perdere invano e l'amo e l'esca.
LIND.                    Sì, sì, col giuramento

Di saggio uomo canuto,

Che il ver apprezza e gli alti numi adora,

Ogni indizio leggiero or si avvalora.

Il loco, il tempo, la tua verde etate,

Il magnanimo cor, la tua virtute

In te la principessa

Vaga, Eurilda gentil, tutto assicura.
MAST.                   E per prova maggior Mastricco il giura.

EUR.                      Oimè! sorpresa io sono

Da un piacer improvviso

Che uccider mi potria.
MAST.                                                       Odimi, figlia:

Ecco la medicina

Che difender ti può da cruda morte.

Questo bel giovanotto è tuo consorte.
EUR.                      Ah, voi rider mi fate.

MAST.                                                     Oh lo sapevo,

Che il nome di consorte

Rallegrata ti avrebbe. Orsù, io vado


Ad ordinar ai vostri marinari Spiegar le vele, e l'ancore salpare. Finch'è tranquillo il mare, Figliuoli, andiamo via. Anch'io voglio venir in compagnia.

In questa età canuta Rammento or la mia sposa. Se aveste lei veduta Com'era spiritosa! Era galante e bella, Ma non già pazzarella: Ed era tutta mia, Ch'è quel che importa più. (parte)

SCENA SECONDA Eurilda, Lindoro e seguito.

LIND.                    Sì, sì, verrà con noi.

Finché sposa non siete,

Sola meco venir voi non dovete.
EUR.                      Sposa io dunque sarò?

LIND.                                                        Sì, il ciel pietoso

A me, cara, destina

Tal beltà peregrina:

E s'io del vostro amor non sono indegno,

V'offro in faccia a Nettun la mano in pegno.
EUR.                      Io, che d'amor nemica

Libera vissi ognora, appena vidi

Il vostro bel sembiante

Ad esser principiai tenera amante.
LIND.                    Il vostro casto affetto

Viene dal ciel protetto.
EUR.                      Ed io consacro il cuore

A voi, che siete il mio primiero amore.

Questa mano e questo core Tutto vostro ognor sarà. A voi giuro eterno amore E costante fedeltà.

Ma sia pari il vostro affetto, Pari in voi sia l'onestà. Il tradirmi, o mio diletto, Saria troppa crudeltà. (parte)

SCENA TERZA


Lindoro solo.

Teme che degli amanti

Voglia l'uso seguir. Pochi son quelli

(Pur troppo è ver) ch'abbian fedele il core,

E soglion per piacer cambiar amore.

Io, che dal cielo accesa

Riconosco la fiamma entro al cor mio,

Sarò fido e costante

Della cara mia sposa al bel sembiante.

È dolce cosa

L'amare in pace.

No, non mi piace

Cambiare amor.

Al primo oggetto

Che m'arse il petto,

Serbo la fede,

Serbo il mio cor. (parte)

SCENA QUARTA

Burlotto e Frisellino, con baffi e vestiti da Cavalieri, e due d

BURL.

Grazie, signori, grazie

Dei vestiti che a noi prestati avete.

FRIS.

Pria di partir, indietro li averete. (li due partono)

BURL.

Vogliamo un po' vedere

Se son le nostre amanti a noi fedeli?

FRIS.

Spiacemi... Non vorrei

Pregiudizio recare a mia germana.

BURL.

Io son nel caso istesso.

FRIS.

Promettetemi dunque,

S'ella manca di fé, di non lasciarla.

BURL.

Giurate a me di non abbandonarla.

FRIS.

Giuro.

BURL.

Prometto... Eccole qui.

FRIS.

Proviamo.

BURL.

Ho paura che poi ce ne pentiamo.

SCENA QUINTA

Lesbina, Nerina e detti.

LESB.

(Oh sorte traditora!)


NER.

(Oh sorte ingrata!)

LESB.

(Tu m'hai tradita).

NER.

(M'hai assassinata).

BURL.

Servo, signora mia.

FRIS.

Schiavo a vussignoria. (procurano alterar la voce)

LESB.

Serva sua, mio padron.

NER.

Serva umilissima.

LESB.

Lor signori chi sono?

BURL.

Cavalieri.

FRIS.

Amici di Lindoro.

NER.

Partiranno con lui?

FRIS.

Sì, mia signora.

BURL.

E partirà con esso Eurilda ancora.

LESB.

(Che invidia!)

NER.

(Che dispetto!)

BURL.

E due ninfe sì belle

Che potrebbero noi render felici,

Qui resteranno a far le pescatrici?

NER.

Ah, pur troppo, signore.

FRIS.

E se il bambino Amore

Vi destinasse andar lontan di qui,

Non andereste voi?

LESB.

Eh, forse sì.

BURL.

Se volete venir, meco vi guido.

NER.

Ah signor, non mi fido.

FRIS.

Io vi sposo a drittura.

LESB.

Che m'ingannate ho un poco di paura.

FRIS.

Giuro da cavaliero.

BURL.

Sulla mia nobiltà vi dico il vero.

Se volete venir, convien far presto.

FRIS.

Il bastimento è lesto.

NER.

Lesbina, che facciamo?

LESB.

Cosa dici, Nerina? Andiamo?

NER.

Andiamo.

BURL.

Ma dite, avete un qualche innamorato?

NER.

Eravi uno sguaiato

Che il bello mi facea. Per i suoi denti

Questo cibo non è.

BURL.

(Ehi, senti, senti). (piano a Frisellino)

FRIS.

E voi amaste alcuno?

LESB.

Vi dirò: v'era uno

Che mi piacea una volta;

Ora più non lo curo.

FRIS.

(Ascolta, ascolta). (piano a Burlotto)

Eh, voi non siete nata

Per un simil mestiere.

LESB.

Certo cosa son io da cavaliere.

BURL.

Voi nutrite nel sen nobili brame.

NER.

Io non so praticar che colle dame.

BURL.

Oh quanto siete bella!


FRIS.

Oh quanto mi piacete!

LESB.

Dite davvero?

NER.

Ah, poi m'ingannerete.

BURL.

(Andiamo avanti?) (piano a Frisellino)

FRIS.

(Adesso viene il buono). (piano a Burlotto)

Via, non perdiamo tempo.

BURL.

Lindoro seguitiamo.

NER.

Ehi, Lesbina.

LESB.

Nerina.

NER.

Andiamo?

LESB.

Andiamo.

BURL.

Favorisca la sua bella mano.

Io la voglio servir come va.

NER.

Mi sorprende l'onore sovrano,

E mi grazia con troppa bontà.

FRIS.

Se comanda, la servo pian piano,

Con rispetto, con tutta umiltà.

LESB.

Un favore sì raro, sì strano,

Più contenta, più lieta mi fa.

NER.

Il suo nome?

BURL.

Burbanicolo.

LESB.

Ed il suo?

FRIS.

Barapendicolo.

LESB. NER.

} a due         Nomi belli in verità.

BURL. FRIS.

} a due         (Oh, che rara fedeltà!)

LESB.

Ehi signore, è titolato?

FRIS.

Sono conte e son marchese.

NER.

Dica, dica, è graduato?

BURL.

Duca sono al mio paese.

NER.

Mi rallegro.

LESB.

Mi consolo.

a due

Che fiorita nobiltà!

BURL. FRIS.

} a due         (Oh, che rara fedeltà!)

NER.

Ehi Lesbina, io son duchessa.

LESB.

Ehi Nerina, io son contessa.

a quattro

Che fiorita nobiltà!

NER.

Il mio caro Burbanicolo.

LESB.

Il mio bel Barapendicolo.

BURL.

La mia cara contessina.

FRIS.

La mia bella duchessina.

a quattro

Andiamo, andiamo,

Con civiltà.

Viva la nostra

Gran nobiltà. (partono)


SCENA SESTA

Spiaggia di mare illuminata in tempo di notte con barche adornate di fanò per l'imbarco di Eurilda.

Eurilda, Lindoro, Mastricco e seguito di Cavalieri e Servi.

CORO

Soavi zeffiri

Al mar c'invitano,

Son l'onde placide,

Non v'è timor.

Procelle torbide

Dal mar spariscono,

Quando si naviga

Col dio d'Amor.

LIND.

Andiam, sposa diletta

EUR.

Io seguo i passi vostri.

MAST.

Oh come i voti nostri

Tutto, tutto seconda:

Ciel sereno, aure liete e placid'onda.

SCENA ULTIMA

Borlotto dando braccio a Nerina, e Frisellino a Lesbina

BURL.

Ehi signori, ascoltate.

FRIS.

Aspettate, aspettate.

BURL.

L'abito vi rendiamo.

FRIS.

E del vostro favor vi ringraziamo. (Si levano i baffi e gli abiti)

LESB.

Come!

NER.

Che vedo!

FRIS.

Addio, la mia duchessa.

BURL.

Io faccio riverenza alla contessa.

LESB.

Ah cane!

NER.

Ah scellerato!

MAST.

Figliuoli, cos'è stato?

BURL.

Finta abbiam nobiltà

Per scoprire la loro infedeltà.

FRIS.

E ci siamo chiariti

Essere da due donne ambi traditi.

MAST.

E chi, pazzi, v'insegna

Le femmine tentare? In caso tale

Che avreste fatto voi, sciocchi che siete?

Se bene a lor volete,

Sposatele, tacete, e non parlate:

Si strapperà, se troppo la tirate.

BURL.

Amico, il giuramento.


FRIS.

BURL.

MAST.

BURL.

NER.

FRIS.

LESB.

BURL.

FRIS.

LESB.

NER.

MAST.

NER.

LESB.

BURL.

FRIS.

EUR.

LIND.

MAST.

EUR.

LIND.

LESB.

NER.

TUTTI


Sì, sì, me lo rammento. E voi?

Ed io pentito Son della trista prova. Chi va il male cercando, il mal ritrova. Nerina.

Sono irata. Lesbina mia.

Son io mortificata. Via via, dammi la mano. Via, quel ch'è stato, è stato. Tu m'inganni, crudel.

Tu sei sdegnato. Prima ch'io di qui parta, La vuò veder finita. Ecco mano, ecco mano a mano unita. (li unisce)

Discendi, Amor, pietoso. } aquattro    Uniscisposaesposo In un perfetto amor.

}

Amor colla sua face

a due

Dia pace al nostro cor.

Andiamo - partiamo

Di Cintia allo splendor.

(A suono di giulivi strumenti s'imbarcano Eurilda, Lindoro, Mastricco, Cavalieri e Servi)

} adue } adue

O ninfe, o pescatori,

Vi sia propizio Amor. (dalla barca)

Buon viaggio vi conceda Nettuno, pio signor. Così le Pescatrici, Nel loro amor felici, Avran contento il cor.


Fine del Dramma.


APPENDICE

ATTO TERZO

SCENA QUARTA(2)

Mastricco, poi Burlotto

MAST.

Pria di partir vorrei

Veder gli amici miei;

Vorrei a tutti del paese mio

Dar un tenero abbraccio, e dire addio.

BURL.

(Ecco il vecchio: ora voglio

Veder se mi conosce).

MAST.

(Chi è costui?)

BURL.

Amico, vi saluto.

MAST.

Signor mio caro, siate il benvenuto.

BURL.

Mi conoscete voi?

MAST.

Oh signor no.

BURL.

Io son, se nol sapete,

Marchese di Caprara,

Duca di Spolverara,

Conte di Fontechiara,

Baron di Paccagnara,

Giurisdicente della Val Somara,

E sono cavalier di Pigliapara!

MAST.

Oh oh, che cosa rara!

Tutti i titoli suoi finiti in ara!

BURL.

Ma voi non siete quello

Che dee partir col principe Lindoro?

MAST.

Sì signor, quello sono.

BURL.

E con lui, e con voi

Partiremo anche noi.

Staremo allegramente per la strada,

Una sposa per uno, e che la vada.

MAST.

Ah, signore, io son vecchio,

E son... se mi capite.

Pur, quando sento ragionar di spose,

In questa mia vecchiezza

Sento brillarmi il cor dall'allegrezza.

In questa età canuta

Rammento or la mia sposa.

Se aveste lei veduta

Com'era spiritosa!

Era galante e bella,

2

()Questa e la scena che segue si trovano stampate alla fine del libretto delle Pescatrici (Venezia, Bettinelli 1752). [Nota dell'edizione Mondadori].


Ma non già pazzarella:

Ed era tutta mia,

Ch'è quel che importa più. (parte)

SCENA QUINTA Burlotto, poi Nerina

BURL.                   Oh bella mascherata!

Nessuno mi conosce.

Ecco, torna Nerina;

Mi voglio divertire ancora un poco.

Voglio dell'infedel prendermi gioco.
NER.                      Signor, che cosa fate?

Ve n'andate, scappate, e mi piantate?
BURL.                   Mia bella, vi dirò, penso e ripenso;

E nel pensare un dubbio ancor mi resta,

Che mi fate provare il mal di testa.
NER.                      Perché?

BURL.                                  Perché ho saputo

Che è di già prevenuto il vostro cuore,

Che voi amate un certo pescatore.
NER.                      E vi par, signorino,

Che la bellezza mia

Sia cosa da mandare in pescheria?
BURL.                   Ma pur so che l'amate.

NER.                      No, signor, v'ingannate:

Burlotto non mi piace,

È un vil pescatoraccio,

È un omaccio, bruttaccio, è un asinaccio.
BURL.                   (Ora m'appiccherei, se avessi un laccio).

NER.                      Via, signor duca mio tanto cortese,

Menatemi al paese.
BURL.                   Ma se avete mancato al pescatore,

Mancherete anche a me.
NER.                                                            Non vi è pericolo.

Oh signor Burbanicolo,

Vi è una gran differenza;

Sempre sempre amerò vostra eccellenza.
BURL.                   Quand'è così, mia cara,

Venite alla duchea di Spolverara.

Bella duchessa amabile,
Fedel come una tortora,
Fermo sarò qual rovere
Nell'adorarvi ognor.
NER.                               Caro duchin godibile,

Gentil come una lodola,


Salda sarò qual marmore

Nel consacrarvi il cor.

BURL.

Ma il pescatore?

NER.

Lo mando al diavolo.

BURL.

Non ci pensate?

NER.

Né meno un cavolo.

BURL.

Ah, luci tenere

Della mia Venere,

M'ingannerò?

NER.

Non vi è pericolo:

Di Burbanicolo

Sempre sarò.

BURL.

Ma questi baffi

Non vi dispiacciono?

NER.

Per dirvi il vero,

Poco mi piacciono.

BURL.

Se lo bramate,

Li taglierò.

NER.

Se li tagliate,

Io riderò.

BURL.

Li ho tagliati, li ho tagliati. (si leva i baffi di nascosto)

NER.

Bravo, bravo... (Oh cosa vedo!)

BURL.

Duchessina...

NER.

Furbo, astuto,

Già vi avevo conoscituo :

Vi ho voluto secondar.

BURL.

Non mi lascio infinocchiar.

NER.

Burlottino, le mie viscere.

BURL.

Il mio caro Burbanicolo.

NER.

Io l'ho fatto sol per ridere.

BURL.

Vanne, vola via di qua.

NER.

Non mi credi?

BURL.

No, ti dico.

NER.

Mi discacci?

BURL.

Sì, ti mando.

NER.

Ti rimando.

a due

Via di qua.

NER.

Maledetto!

BURL.

Disgraziata!

Che sguaiata!

a due

Va in malora,

Via di qua. (partono)

Fine del Dramma.