Le quinte dell’anima

Stampa questo copione

LE QUINTE DELL’ANIMA

Monodramma

di NIKOLAJ NIKOLAJEVIC EVREINOV

Versione italiana di Grazia e Fernaldo di Giammateo

PERSONAGGI

IL PROFESSORE, in veste di prologo

IL BI­DELLO DI ANATOMIA         - (che non parla)

IL PRIMO IO (ragione)

IL SECONDO IO (senti­mento)

IL TERZO IO (il subcosciente immor­tale)

LA MOGLIE  (in due apparizioni)

L'AMANTE  (canzonettista: in due apparizioni

UN FERROVIERE

Il luogo dell'azione è reso noto dal prologo

Commedia formattata da

PROLOGO

(Un bidello della facoltà di anatomia, indossante un camice bianco, porta dinanzi al sipario una lavagna, alcuni gessi colorati ed una spugna).

Il Professore                  - (entra da sinistra, si colloca a ftalico della lavagna e saluta il pubblico) Signo­re e signori! Venerdì scorso l'autore dell'opera «Le quinte dell'anima », che adesso si rappresenta, venne a farmi visita. Debbo confessare che in un primo tempo accolsi con grande scetticismo l'opera che mi consegnava, poiché ritenevo fosse una scioc-chezzuola di nessun conto. Assai più grande e pia­cevole è stata la mia sorpresa quando mi sono po­tuto convincere che « Le quinte dell'anima » è un lavoro rigorosamente scientifico, un lavoro che si attiene con scrupolo alle più recenti conquiste della psicoanalisi sperimentale. Le indagini di Freud, di Wundt, di Téophil Ribeau e di altri ci hanno rivelato che l'anima umana non è omoge­nea, unitaria, bensì consiste di vari « io ». Mi spie­go? (Scrive sulla lavagna: Io 1 + Io 2 + Io 3 + ... ... = Io). D'altra parte Fichte nutriva un'opinione simile a questa, che il mondo non può essere un «io» anche se l'« io » è io. Mi spiego? Risulta, però, ora, dalle più recenti indagini scientifiche che nonostante che il mondo non sia un « io » - lo «io» stesso non è un «io-unico». Mi spiego? L'«io», perciò, non è un semplice «io», giacché come si è detto - si trovano in un solo « io » parecchi « io ». In verità, lo « io-essere » è più di un semplice «io-sono», ossia il grande «io», la nostra cosiddetta anima, è, secondo le ultime espe­rienze; un triplice «io». (Scrive: io = x : 3) X è  l'individuo. Dunque... (Scrive: x = 3 . «io»). Ora, il primo « io » è il raziocinante, la nostra ragione, il secondo « io » è l'« io » illogico : il nostro senti­mento. Tutti e due si esauriscono con la nostra vita. Mi spiego? Il terzo «io», subcosciente, che si trova oltre il confine degli stimoli materiali,v è la parte immortale della nostra anima: l'energia psichica. Tirando le somme : questi tre piccoli « io » formano il grande «io». (Scrive: io 1 + io 2 + io 3 = IO). Orbene, dove sono localizzate in noi le singole parti di questo « io-totale » ? Dove si trova la nostra cosiddetta anima? Gli antichi cre­devano nel fegato, ma il nostro autore ritiene, ed a ragione, che l'anima si trovi là dove noi istin­tivamente ci battiamo, quando profferiamo parole concitate. Come sarebbero, ad esempio: Mi fa or­rore! Oppure: Il mio animo è sconvolto! e simili. Mi spiego? Riassumendo ciò che ho detto, ecco come io immagino le quinte dell'anima. (Traccia sulla lavagna, con i gessi colorati, il disegno che poi spiega) Sulla volta del diaframma è collocata, a sinistra dell'aorta e della vena cava superiore, la massa del cuore, che pulsa da 60 a circa 125 volte al minuto. Alla sua sinistra ed alla sua de­stra lavorano i polmoni: essi si riempiono dalle 14 alle 18 volte al minuto. Sul fondo, al centro, sta la colonna vertebrale, dalla quale si irraggiano le costole. Sotto vedete, appeso ad essa, un telefono dal color giallo dei nervi, collegato con il cervello. Tenui e quasi trasparenti, i nervi sono disposti obliquamente sul diaframma, a mo' di corde d'arpa. Ecco a un dipresso, signore e signori, il luogo d'azione dell'anima tripartita di questo individuo in preda alla malinconia, che l'autore ha preso a soggetto del suo lavoro. E' un certo signor Ivanof, il quale si trova adesso in un ambiente che non si confà ad una persona per bene, come potrebbe essere una sala da ballo o un tabarin. Qui egli sta ubriacandosi. Mi spiego? La scienza, signore e si­gnori, non si limita a indagare, ma vuol anche recar conforto. Non si accontenta, ad esempio, di constatare che l'« io » totale è infelice a causa dell'azione inconsulta di uno dei suoi « io-parte » : tenta anche di scoprire quale « io » ne ha la colpa. Se è stato l'« io-sentimento », la questione non ha importanza fin tanto che funziona l'«io-ragione », ed altrettanto poco nuoce l'« io-subcosciente » - il quale è in un certo senso assopito in noi - se non varca la soglia del cosciente. Pericolosa, la situa­zione diventa solo quando è l'« io-ragione » che si ammala o comunque è impedito di funzionare. E purtroppo ciò avviene spesso in un periodo di ten­sione estrema come il nostro, signore e signori. Ma è tempo ch'io finisca il mio preambolo. Voi conoscete ormai la situazione ed io posso cedere il posto: all'autore, all'attore, e soprattutto a voi, che siete stati invitati a giudicare questo bizzarro lavoro. Mi spiego? (Se ne va; il bidello porta via gli oggetti e lo segue).

S'ALZA IL SIPARIO

(La scena rappresenta la sede dell'anima, come l'ha disegnata e spiegata il professore alla lavagna. Sul palco, che rappresenta il rosso diaframma un po' arcuato a sinistra, si trovano i tre «io », simili l'uno all'altro, tutti e tre in nero, ma vestiti in maniera diversa. Il primo «io». la ragione, con un'impeccabile marsina, il secondo «io», il senti­mento, in vestito da bohemien, con una blusa di velluto ed una cravatta a farfalla, color porpora; il terzo « io », l'immortale, con un abito da viaggio, un berretto in testa, una mascherina nera sugli occhi. Il primo «io» è già un po' canuto; ha un atteggiamento compassato; pallido, labbra sottili, capelli lisci con la riga. Il secondo « io » ha una testa arruffata, ha l'aspetto di giovane scapestrato; le sue labbra sono molto rosse, i gesti violenti. Il terzo « io » è sdraiato sul pavimento, verso sinistra, ed appoggia il capo sulla valigia chiusa; durante l'azione dorme, in atteggiamento di viaggiatore stanco. Polmoni e cuore funzionano secondo le istruzioni del regista).

Secondo Io                   - (presso la colonna vertebrale, parla al telefono) Cosa? Pronto?! Senti poco? Ma, io parlo abbastanza forte Ah, ti ronzano gli orecchi. E' uno scherzo dei nervi: bisogna reagire, vincerli. Cognac! Molto cognac, questo ti consiglio. (Il cuore comincia a battere più forte).

Primo Io                        - (disapprovando) Già la terza botti­glia. E solo per colpa vostra! Come se qui foste solo. Povero cuore! Guardate come martella.

Secondo Io                   - (nervoso) Certo. Secondo voi do­vrebbe passare tutta la vita a sonnecchiare, come quello là? (Indica il terzo «io») Bella esistenza sa­rebbe!

Primo Io                        - Sst! Lasciatelo tranquillo. Date retta: se continuate ad affaticarlo a quel modo, prestissimo andrà tutto a catafascio.

Secondo Io                   - Dio, prima o poi ci deve pur capi­tare.

Primo Io                        - Allora confermate la mia diagnosi?

Secondo Io                   - (spensieratamente) Perché no? Alle volte la imbroccate. (Arpeggia sui nervi. Can­ta fanciullescamente, spavaldamente) Alle volte!... Alle volte!...

 Primo Io                       - Non tirate troppo i nervi! Quante volte ve lo devo proibire?

Secondo lo                    - (scattando) Proibire?! A chi? Oh, che sono il vostro lacchè, io? Io sono un poeta! Io sono l'amore! Fiamma! Rivoluzione. Senza di me il mondo sarebbe una tomba coperta di muffa e di ragnatele! Proprio, una tomba, signore! Dove non c'è amore c'è la tomba.

Primo Io                        - (misurato) Non parlate a vanvera!

Secondo Io                   - Dico la pura verità. (Pausa) E poi., se lui beve, di chi è, ditemi, di chi è la colpa?

Primo Io                        - Vostra! Voi lo incitate.

Secondo Io                   - Sì, ma io lo incito per liberarla dalla soggezione alle vostre barbose regole. Altri­menti si sarebbe già impiccato.

Primo Io                        - Insania! Al contrario: se è infelice e sfortunato può ringraziare voi. Sì, voi! Perché voi siete un cattivo soggetto, voi «io-sentimento», siete un disgraziato che nessuno potrà salvare! Ma non vi siete mai sovvenuto, anche una sola volta, che esista qualcosa come i valori morali? Gli impe­rativi categorici? O la religione? Eh?

Secondo Io                   - (torcendosi le mani) Ma lasciate­mi in pace con queste bubbole, voi teologia morale ambulante!

Primo Io                        - Non mi potete offendere, signore. Siete troppo in basso per me.

Secondo Io                   - Ah, ma per me voi lo siete ancora di più! Io sono un artista! (Trae un arpeggio vio­lento dalle corde dei nervi).

Primo Io                        - Dio, come siete sciocco. E non tirate un'altra volta i miei nervi.

Secondo Io                   - I «vostri» nervi?! Ah, guarda! Permettetemi di osservare, signor « io-ragione » che questi nervi appartengono ad entrambi, e quando pizzico i vostri nervi, pizzico anche i miei. Ne ho lo stesso diritto. Perché , se i vostri nervi si compor­tassero solo secondo i vostri desideri, io dovrei sem­plicemente rincretinire. E non ne ho punto voglia! Voglio toccare i miei nervi, e lo farò! E mi garba che siano così tesi, come corde d'arpa: vi suonerò il mio inno, un inno alla libertà ed all'amore! (Suona. Il cuore pulsa violentemente. Il secondo «io» smette, va al telefono e dice) Cognac!

Primo Io                        - (gli strappa di furia il microfono dalla mano) Bromuro, vi prego!

Secondo Io                   - (riprende il telefono) Cognac, per Dio!

Primo Io                        - (lo scaccia dall'apparecchio e lo tiene distante) Prendete del bromuro, signore. Udite?... Dov'è?... Nel taschino del gilet... No?.,. Cercate me­glio... Ah, ecco: nell'astuccio degli occhiali... Sì?... Ed ora beveteci su un bicchier d'acqua... Così va bene! Finalmente! (Lascia cadere il microfono e, calmato, torna al centro della scena).

Le battute successive avranno un tono natural­mente placato dal bromuro. Il cuore lavora adesso normalmente, ed il terzo « io » sembra dormire an­cora più profondamente. Il primo ed il secondo « io » vanno su e giù per la scena, in silenzio, gliocchi bassi. Ad un tratto quasi si scontrano

Primo Io                        - Vi siete già calmato?

Secondo Io                   - Hmm. E voi?

Primo Io                        - Come vedete... (.Si avvicinano al terzo «io»).

Secondo Io                   - (scotendo il capo) Ma che ne è di questo « subcosciente » ?

Primo Io                        - (con devozione) E' uguale in eterno. E' calma suprema. (Il secondo «io » si china) Per l'amor del Cielo, non lo toccate! Se si sveglia siamo perduti! Venite qua piuttosto, e state a sentire. Ri­guarda anche voi. (Va al telefono e parla) Il bro­muro ha fatto effetto. Come?... Bene, ed ora proverò ancora una volta a parlare alla vostra coscienza. Io non riesco proprio a capire il motivo del vostro turbamento, caro signore. Ammettiamo pure: quella donna vi ha fatto girare la testa per l'originalità del suo talento, se pur talento lo possiamo chiamare; ma che un uomo debba per questo abbandonare la moglie ed il bambino... (Aspro, al secondo « io » che vuole strappargli il microfono) Scusate, vi prego. (Parla di nuovo al telefono) Signore, per questo non v'è alcuna scusa, a meno che non vogliate ridurvi ad essere un selvaggio. Un selvaggio per il quale valgono più due gambe ben tornite e delle spalle lisce che il tempio dell'anima.

Secondo Io                   - Dio, com'è tronfio e retorico tutto questo! «Tempio dell'anima»: il diavolo ve lo porti il vostro tempio! Carne e sangue io voglio! E lei questo è! Per il suo corpo è degna di essere adorata. C'è qualcuno, forse, che ci penserebbe due volte?

Primo Io                        - (con disprezzo) Una bestia certo no. ma l'uomo, che possiede la logica. (Parla al tele' fono) Fumate un sigaro, privo di nicotina, natural­mente. Vi calmerà. Ed in avvenire, seguite soltanto me, capito?

Secondo lo                    - E cosi uno ci rimane incatenato sino alla fine dei suoi giorni!

Primo Io                        - Un tempo eravate più ragionevole.

Secondo Io                   - Verissimo. Anzi, avevo per voi, addirittura, una certa simpatia, perché eravate an­cora dalla parte della ragione, caro «io-ragione». In fede mia, non dimenticherò mai come mi siete stato d'aiuto con la piccola Nina, che m'infiammò appena la vidi. E come avete cianciato con quell'accorta ragazzina! Con quanta raffinatezza avete saputo menare per il naso i suoi genitori! Sì sì, sapete essere un freddo briccone quando vi garba. Ma siete un filisteo lo stesso! Da quando sono sposato, mi negate semplicemente ogni appoggio, e lasciate intristire placidamente le vostre qualità più belle.

Primo Io                        - Ah, mi fate dei complimenti, anche se non si va d'accordo. Ma io non vi posso pren­dere sul serio. In voi parla la febbre.

Secondo Io                   - Dio, che cosa ne capite voi, « io-ragione »!  Neppure immaginate quanto essa sia in alto! Quanto sia degna di adorazione! Come sia elettrizzante! Infantile ed insieme satanica nel suo fascino! Ammetto che è solo una canzonettista. E con ciò? Cosa significa? Non l'avete ancora vista nel fulgore della sua bellezza; altrimenti sareste voi pure d'accordo. Ma no! No! No! A che le parole, che impallidiscono miseramente dinanzi alla realtà? Vado a prenderla. (Corre a sinistra e conduce la cantante, nella apparizione che la sua fantasia ha creato) Cantate, divina! Cantate come ieri, come avantieri, come allora, come sempre! Cantate! Chantez! Je vous prie. (Al primo «io» che squadra l'apparizione con crescente orrore) À propos, caro amico, è ora che impariate il francese. Sentite? Signore, vi scongiuro! Questa lingua è necessaria come il pane. (L'amante canta e balla a tempo con il cuore che batte gioiosamente).

Primo Io                        - (distoglie lo sguardo da quella scena) Che orrore!

Secondo Io                   - (con rapimento, dopo che lei ha fi­nito) Inebriante! L'universo per queste note! Ma che dico, note? Per questi piedini! Buon Cielo, il mondo intero non ha un tappeto che sia degno di questi piedini minuscoli. (Si getta a terra, dinan­zi a lei) Deh! guarda! Io piango, ti supplico! Danza su di me! Ah, voi dolci, vellutate sorelle, voi in­censieri degli angeli! (Le bacia i piedi, poi le mani, la bocca, i capelli).

Primo Io                        - Mostruoso delirio della carne! Ba­sta! Voi non baciate lei, voi baciate il vostro deli­rante sogno. Non sentite il belletto? E non vi accorgete, pazzo, che dove voi credete di accarez­zare dei morbidi capelli, le vostre dita toccano i morti cernecchi di una parrucca? Voi abbracciate una vecchia! Non fatevi più abbindolare! La realtà è questa! (Mentre egli parla, l'apparizione ideale della cantante scompare verso destra. Il primo «io» porta in scena, dalla stessa parte, la sua ca­ricatura grottesca) Ecco, guardate! Guardate come sono raggrinziti questi minuscoli piedini! Con le unghie storte, i calli, i polpacci flosci! E la faccia poi! Senza trucco e senza parrucca. (Le toglie il belletto, poi la parrucca, sotto la quale vi sono rade ciocche di capelli) Fa vedere cos'hai in bocca! (Le cava la dentiera) Ecco! Ora canta! Canta, salta, tortorella! (L'amante canta con voce stonata, dan­za goffa e zoppicante).

Secondo Io                   - (urlando) Non è vero! Non è vero! Questa non è lei. L'avete stregata. (A lei) Vattene! (La caccia fuori, poi si abbatte al suolo) Sono perduto!

Primo Io                        - Già, già, come dicono i francesi: Jupiter, sei abbattuto, ergo hai torto.

Secondo Io                   - (si rialza di scatto) Storie!

Primo Io                        - No, nient'affatto, signor «io-senti­mento ». V'accorgete bene che questa nobile amante non è degna nemmeno di pulir le scarpe a quella che volete tradire. E perché poi? Io chiedo: perché ? (Conduce da sinistra una soave apparizione di una donnina, con il bambino in braccio: la moglie) Perché lei ha avuto per voi solo bontà e amore. Perché lei offre il caldo seno a vostro figlio. Perché veglia sulla sua culla. Oh, il suo canto non lo si può certo paragonare a quelle frivole « chansons ».

La Moglie                     - (comincia a cantare la ninna-nanna 4i Mozart: «Dormi angioletto»).

Primo Io                        - Ascoltate, vi prego, a io-sentimento », ascoltate questa ninna-nanna! Vi resta ancora, di­temi, vi resta del sentimento per note così pure? Vedete, lei non fa sfoggio di sé, lei non sa incantare con la sua dizione. La sua voce è disadorna e fle­bile: è la terza notte che passa insonne a cantare... Canta e aspetta. Aspetta voi, signore!

La Moglie                     - (nel frattempo ha finito la canzone. Dopo una pausa, sospira) Su, su, dormi angiolet­to. Cosa? Male? Tu hai male? Hai male? Vedrai che passerà subito, mia piccola dolce gioia. Papà? Dov'è papà? Viene subito, Picei. Subito! Sì, sì, e forse porta a Picei qualche giocattolo. Un cavallino che fa op... op... op... Ah, è così buono papà!

Secondo Io                   - (insolente) Basta con questa farsa! Non c'è una parola di vero! Via! (Scaccia la donna) Far la commedia della pazienza, lei! Spudorata! La conosco meglio io, la dolce donna. Ha soffocato la mia vitalità con quella sua sciattezza sconfinata: mai un attimo di gioia ho avuto da lei. Un'anima da serva, ecco cos'è! (Riporta in scena, da destra, la moglie come la vede lui: una persona arrogante, meschina, con le trecce finte ed una vestaglia sdru­cita e costellata di macchie).

La Moglie in caricatura - (biliosa) Esser moglie di un impiegato. Bel regalo! Ed in più di un vaga­bondo come quello! Ah, i miei poveri vecchi! Se lo sapessero, si rivolterebbero nella tomba. Avrei po­tuto sposare un consigliere di Stato, e invece... E come può rimanere nel suo ufficio, quest'uomo? Come mai non l'hanno ancora cacciato a pedate?! Se ha quattro grammi di cervello, può ringraziare la grappa, questo pitocco! Questo pitocco incoscien­te! Mettere figli al mondo: ecco cosa riesce a fare. E correr dietro ad ogni sottana svolazzante, questo anche lo sa fare. E poi ha la pretesa di esaltarsi per l'arte, di struggersi per il teatro. Questo porco! Come se i caffè notturni ed i lupanari fossero del teatri! Se io fossi uomo me ne starei distante un chilometro da quelle carogne ritinte. E chissà che non ci appesti i bambini, questo farabutto de­pravato! Come potrebbe essere altrimenti? Lui è sregolato per natura. Se io non stessi attenta, porterebbe al Monte di Pietà anche le fasce dei suoi figli. Perché no? Un uomo che delle Chiese ha visto sì e no la facciata?! Per di più è stupido come una rapa. Ma fa il filosofo! E senza « libertà » e « dirit­ti dell'uomo » non riesce a dormire! Ne discute fino a seccarsi la strozza, naturalmente all'osteria, con il vino davanti! Sta attento, che un giorno o l'altro queste libertà te le cavo io dalla testa!

 Secondo Io                  - (trionfante) Eccola l'eroina! Ecco com'è! E per non lasciarla dovrei rinunziare a lei? (Conduce in scena, da sinistra, l'apparizione idea­le dell'amante) A lei, che splende come il sole di­nanzi a questa candela puzzolente? Lei che dà un senso e uno scopo alla mia esistenza?

L'Amante                      - (canta e sberteggia la caricatura della moglie, spingendola fuori a calci, verso sinistra. Ad un tratto tace e si ritrae, poiché torna l'appa­rizione ideale della moglie, che porta nei tratti del volto l'espressione di un altero dolore).

La Moglie                     - (all'amante) Andatevene. Questo non è posto per voi!!

Primo Io                        - Giustissimo.

La Moglie                     - Voi non lo amate! Voi non sapete sacrificarvi per lui. Per voi egli è solo uno dei tanti. Ma per me è tutto. Lasciatelo, se in voi resta un barlume di dignità femminile! Ho bisogno ch'egli sia qui, che mi aiuti. Siate buona, non strappatelo alla sua famiglia, che senza di lui muore!

L'Amante                      - (con una cristallina risata) Ah! Ah! Ah! (Con accento straniero e voce gutturale) Che pathos! Che belle parole!

La Moglie                     - Ve ne prego ancora una volta. .An­datevene! Non mi costringete a far qual...

L'Amante                      - Ah, siamo alle minacce? Ma bene! Che colpa ne ho io se i miei piedi sono così carini, se il mio seno è così sodo, se le note escono dalla mia gola come piccoli uccelli canterini, e l'allegria s'effonde dalla mia bocca come zampillo di spu­mante?

Secondo Io                   - Brava! Brava!

La Moglie                     - Voi volete solo il suo denaro, crea­tura venale!

L'Amante                      - Come?! Io essere venale, io essere una creatura? Ritirate subito la parola. (Le si avventa).

La Moglie                     - Fuori! (Le due si accapigliano, e lottano sotto il cuore che pulsa forte, in una stretta mortale. Giungono così sul fondo della scena, dove scompaiono. Un brivido fa sussultare l'organismo, questo stimolo di ribrezzo riporta avanti le donne, ora nelle loro apparizioni caricaturali, che conti­nuano ad accapigliarsi. La moglie tiene in mano la dentiera e la parrucca della canzonettista, mentre questa sventola trionfante le trecce ed i capelli posticci della nemica. Si scambiano volgari insulti) Prostituta maledetta!

L'Amante                      - Lavandaia! Bestia! (Scompaiono nuovamente verso il fondo e ritornano nelle loro apparizioni ideali. La cantante piega sotto di sé la moglie. Poi si volta ridendo, con un grazioso passo di danza e un «voilà», applaudita freneticamente dall'«io-sentimento», mentre la moglie sguscia via verso sinistra, piangendo forte).

Primo Io                        - (durante questa scena ha dominato a stento il suo furore. Ora si precipita sulla canzo­nettista e le dà un sonoro schiaffo).

L'Amante                      - (dà un urlo, e fugge singhiozzando verso la colonna vertebrale, dietro la quale si nasconde).

Secondo Io                   - (con balzo felino salta sul primo « io » e lo strozza. Il cuore cessa per gualche mi­nuto di battere. Due o tre nervi si spezzano).

L'Amante                      - (si fa di nuovo avanti, lentamente).

Secondo Io                   - (si assicura che l'avversario sia mor­to, poi si getta ai piedi dell'amante) Ora solo tu regni qui! Ordina, mia regina!

L'Amante                      - Basta, tesoro. C'è voluto troppo, troppo tempo. E poi, l'amore ha bisogno di quat­trini. (Gesto relativo) E in quanto a questo con te c'è poco da fare, eh? Dove potresti prenderli, buon Dio? Non guardarmi cosi! Non c'è niente da fare, mio caro. E' stato un capriccio, uno scherzo. Suvvia, non prenderla in tragico. (Gli dà un buffetto sulla guancia ed esce da destra).

Secondo Io                   - (è impietrito. Si ode, man mano allontanantesi, un lungo trillo della canzonettista. Da sinistra si fa avanti lentamente, dal buio, l'appari­zione ideale della moglie, intenta ad- acchetare il bambino che tiene in braccio. Poi alza il capo e rivolge su di lui i suoi grandi occhi chiari, in segno di muto rimprovero. Il motivo della ninna-nanna si fa sentire molto smorzato, svanisce a poco a poco, insieme all'apparizione. Il secondo « io » scatta im­provvisamente, in preda a cieca disperazione, corre al telefono. Rantolando) Ti prego di una cosa sola. Presto! Non ne posso più! Sono finito! La « Browning » è nella tasca destra dei calzoni. Sì... dietro... Presto! Ti prego, presto! (Con insistenza) Mira bene! Fra la terza e la quarta costola! Sì!... E adesso? Di che hai paura? E' solo un decimo di secondo! (Ruggendo) Presto!!

(Pausa di un secondo. Il terzo « io » si è svegliato, e si guarda ora intorno inquieto, come in preda ad un oscuro presentimento. Risuona un gran colpo, che rimbomba sotto la volta dell'organismo. Nel cuore si forma un foro slabbrato, dal quale erom­pono rossi nastri di sangue - come stelle filanti di seta - che investono il secondo « io ». Questi si è abbattuto sotto il cuore e si rotola morente in que­sto sbocco di sangue, finché vi si impiglia completa­mente e muore strozzato. La scena si oscura. Il cuore ha smesso di battere, i polmoni non respirano più. Lunga pausa, durante la quale il terzo « io » si muove inquieto e si strofina gli occhi).

Un Ferroviere                - (entra con una lanterna accesa; ha fretta) Ehi, voi! Alzatevi, signore! Si cam­bia! Dovete cambiare. Sì, cambiare! Per un nuovo signor Ivanof.

Terzo Io                        - (si alza) Un nuovo Ivanof? Di già? Beh, proviamo con il nuovo Ivanof. In fondo, è sempre la stessa cosa. (Si mette il berretto da viag­gio in testa, prende la valigia e segue sbadigliando il ferroviere).

FINE