Le ragazze Tunderlak

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LE RAGAZZE TUNDERLAK

Commedia in tre atti

di EUGENIO HELTAI

Traduzione di Ada Salvatore

PERSONAGGI

LA VEDOVA TUNDERLAK

BORISKA

OLGA      sue figlie

MARISA

CARLOTTINA

ZIA MALVINA

ROSA

IL BARONE

ALESSANDRO PAZMAN

GASPARE PETRENEY

PIETRO

Epoca presente – Estate – luogo: Budapest

Commedia formattata da


ATTO PRIMO

Il salottino di Berisha. In angolo, in fondo, larga finestra sulla strada; in fondo porta che dà nella camera da letto. A destra la comune che dà in anticamera; a sinistra, in prima, por­ta in stanza da pranzo.

Il salottino e la camera da letto, costituiscono l'appartamento di Borisha; la stanza da pranzo è in comune con tutta la famiglia. Questo salot­tino è una specie di boudoir, arredato con gusto pseudo-artistico. Largo sommier coperto da una pelliccia bianca su cui sono gettati numerosi cu­scini di seta a colori. Mobili moderni. Tavolino, sedie, pianoforte. Alle pareti, riproduzioni di quadri noti. Il pianoforte e in fondo, con la tastiera verso l'anticamera. Pomeriggio d'estate: le cinque.

 (Al levar del sipario, Carlottbna è seduta al pianoforte e si esercita. Marisa è sul divano e legge un giornale. Borisha, dinanzi alla finestra aperta, guarda in istrada. Sorride ogni tanto e scuote la testa accennando di no. Marisa posa il giornale e guarda con la coda dell'occhio verso la finestra. Carlotta si alza e guarda anche lei con curiosità, senza interrompere di suonare, verso la finestra, al disopra del piano. Borisha si volge per un attimo; le due ragazze, spaven­tate, riprendono la loro posizione primitiva. Borisha guarda nuovamente fuori; le sorelle ri­petono lo stesso gioco. Fuori suonano il campa­nello. Borisha si allontana dalla finestra. Ma­risa balza in piedi. Carlottina smette di suo­nare).

Marisa                         - Hanno suonato.

Carlotta                       - Chi sarà?

Boriska                       - Forse Olga.

Marisa                         - Non può essere. È appena uscita.

Carlotta                       - Sarà il maestro di ginnastica. Il tuo maestro di ginnastica. (Ridono).

Rosa                            - (entrando) Signorina, c'è la mani­cure.

Marisa e Carlotta        - (insieme) Zia Malvina! Uffa!

Boriska                       - Falla aspettare un momento. (Via in camera da letto).

(Le due ragazze vanno verso la stanza da pranzo).

Marisa                         - (accennando verso la finestra) Hai visto? Alessandro Pazman sta tutto il giorno seduto al caffè di fronte...

Carlotta                       - Uhm! Guarda in alto... e Bo­riska guarda giù. Ora gli ha fatto cenno che può salire alle sette...

Marisa                         - È innamorata di Pazman.

Carlotta                       - Niente di strano. È un simpa­tico giovane. Piace anche a me.

Marisa                         - Non certo così simpatico come il mio maestro di scherma! (Bidono e vanno en­trambe in stanza da pranzo).

Rosa                            - La signorina viene subito.

Malvina                       - (ha una borsetta in mano) Vi ho detto cento volte che non sono la manicure. Sono la zia Malvina. La zia della signorina.

Rosa                            - Ma viene a farle le mani...

Malvina                       - Non tutte possono esser came­riere. La signora Tunderlak è in casa?

Rosa                            - Vado a vedere. (Via in stanza da pranzo).

(Malvina si avvicina alla porta della camera di Borisha e presta orecchio. Sentendo rumore da sinistra, torna sul davanti).

Tunderlak                   - (da sinistra, viene sul davanti) Ciao, Malvina cara. È un pezzo che non ti vedo. (Si baciano).

(Rosa attraversa la scena e via in anticamera).

Malvina                       - Buon giorno, cara. Come stai?

Tunderlak                   - (sedendo) Non c'è male. E voialtri? Che fa tuo marito?

Malvina                       - Che vuoi che faccia? Di giorno gioca a carte, di notte tossisce. Una bella vita!

Tunderlak                   - Sempre lamentele!  Non sai far altro!

Malvina                       - Non ne ho forse ragione? Da quando gli affari sono andati male, non trova da lavorare. Da anni, l'unica sua occupazione è cercare quel po' di denaro che gli nascondo. Io sfacchino tutto il giorno come una bestia, salgo e scendo, salgo e scendo... Tutti stanno ai quarti piani e nessuno ha l'ascensore! E con che donne ho da fare! Che mani! A volte mi ci vogliono tre quarti d'ora... e mi danno 6O hel-ler: 6 heller per dito... E con questo devo pa­gare la pigione e dar modo a mio marito di giocare a carte e di andare alle corse... Ti ghi­ro, Teresa, che non ne posso più!

Tunderlak                   - Boriska ha promesso di racco­mandarti al teatro, alle sue amiche, al barone...

Malvina                       - Lo ha anche fatto, povera figliuo­la. Almeno, così ho avuto qualche cliente un po' perbene, e faccio le mani al barone e al suo cameriere; ma... ma... Sai bene, Teresa, che sono una donna onesta. E queste donnine di palcoscenico... quando vedo i brillanti che hanno alle dita...

Tunderlaic                   - (severa) Malvina!

Malvina                       - (spaventata) Beninteso, non al­ludo a Boriska. Boriska è un angelo.

Tunderlak                   - Un angelo!

Malvina                       - Se almeno la mia Erminietta fosse così! Ma è un'egoista. Si è sposata e pensa solo a suo marito e ai suoi bambini. Non gliene im­porta nulla che sua madre debba lavorare anche in vecchiaia.

Tunderlak                   - Tutti lavorano! Anch'io!

Malvina                       - Oh, il tuo lavoro!

Tunderlak                   - Davvero? Credi che non ci vo­glia nulla a tener la casa in ordine, badare alle persone di servizio, accompagnare Boriska a teatro o a cena, dalla sarta a misurare, discu­tere con la modista, non mancare alle corse, alla passeggiata... Non so davvero come ci re­sisto!

Malvina                       - Beata te! Hai una buona figliuola che pensa solo al benessere della sua famiglia. Mettere al mondo simili figliuole, è una vera gioia.

Tunderlak                   - Ti prego... ognuno ha i propri pensieri! Una famiglia così numerosa come la nostra! Quattro figlie grandi!

Malvina                       - Ma Boriska pensa a tutte! E non vi manca l'agiatezza!

Tunderlak                   - Senza dubbio! Se non ci fosse lei... Quando il mio povero marito morì, la­sciandoci senza un soldo, Boriska si sacrificò per me e per le sue sorelle. Dio mi è testimone che io non volevo! La supplicai, piansi... Ma Boriska mi disse: « Non piangere, mamma; al­meno le altre ragazze rimarranno oneste! ».

Malvina                       - Il buon Dio l'ha ricompensata per questi sentimenti. Ha avuto fortuna, povera cara.

Tunderlak                   - Sì; oramai, è da cinque anni col barone.

Malvina                       - Cinque anni! È molto davvero... E si amano sempre?

Tunderlak                   - Cosa vuoi... Boriska ha 24 an­ni, il barone 5O... A un uomo di 5O anni ci si può abituare; ma amarlo...

Malvina                       - Non è neanche importante... Mi hai frainteso. Domandavo se il barone ama sem­pre Boriska.

Tunderlak                   - A modo suo!... Non è un uomo cattivo; soltanto un po' imperioso e ha qualche capriccio come tutti gli uomini d'età... E quan­do vede una sottana...

 Malvina                      - Dovrebbe vergognarsi! E Bo­riska...

Tunderlak                   - Tace e soffre. Non è un pia­cere, vivere così, per una giovane come lei... Ma che fare?

Malvina                       - Tradirlo.

Tunderlak                   - E a che scopo? Per rovinarsi l'avvenire? Se sapessi quanti le stanno attorno! Uno, specialmente, è pericoloso: un giornalista, un certo Pazman. È quello che temo di più. Sai che le mamme hanno la vista lunga. Ma non posso metterlo alla porta, perché ha fatto molto per noi. Ha protetto Boriska presso la Direzione del teatro, Olga presso il Provvedi­tore degli Studi...

Malvina                       - A proposito: ha avuto la no­mina?

Tunderlak                   - Non ancora! E mi dispiace molto. Il barone è stato perfino dal Ministro, per lei. Pazman ha parlato col Borgomastro... e non si riesce a veder la cosa in porto. Olga è andata ora nuovamente dal Provveditore dal quale dipende la nomina...

Malvina                       - E le altre due? Marisa e Carlottina?

Tunderlak                   - Carlotta è ancora una bimba... E per Marisa non mi preoccupo. È mezza fi­danzata.

Malvina                       - Cosa mi dici?! E con chi?

Tunderlak                   - Con un maestro di ginnastica. Si chiama Gaspare Petrencey.

Malvina                       - Un bel nome...

Tunderlak                   - Ed è il suo vero nome, non un nome d'arte come il nostro: Altomonte. È un bellissimo giovane. Non ha ancora chiesto la sua mano ufficialmente, ma la cosa si può dir decisa.

Malvina                       - E allora che altro desideri?

Boriska                       - (apre la porta, parla senza entrare) Zia Malvina!

Malvina                       - Eccomi, tesoro! (Si alza).

Boriska                       - Puoi venire...

Malvina                       - Vengo... (Prende la borsetta).

Tunderlak                   - Sbrigatevi. Sono le cinque e mezzo, e alle 6 viene Ludovico.

Malvina                       - Chi è Ludovico?

Boriska                       - (ridendo) Il barone. La mamma lo chiama addirittura Ludovico.

Malvina                       - Diamine, fra parenti...

Tunderlak                   - Pare anche a me! (Suonano). Suonano. Sarà Olga.

Boriska                       - Se è lei, mandala da me; vorrei sapere cosa ha concluso. (Via seguita da Mal­vina).

Rosa                            - (entrando) Il signor Petrencey do­manda...

Tunderlak                   - Sì, sì! Fallo entrare. (Rosa via. Aprendo la porta della camera di Boriska) Boriska?

Boriska                       - (da dentro) Mamma?

Tunderlak                   - Non era Olga... È il professore di ginnastica. (Richiude).

Petrencey                    - (entrando) Riverisco, signora.

Tunderlak                   - Buon giorno, caro Petrencey. Accomodatevi!

Petrencey                    - Grazie. Posso chiedervi notizie della vostra preziosa salute?

Tunderlak                   - Mah... eccettuato lo stomaco, va benino.

Petrencey                    - Fate troppo poco moto, egregia signora. Se faceste un po' di ginnastica, vedreste che anche il vostro rispettabile stomaco...

Tunderlak                   - Credete, mio caro?

Petrencey                    - Ne sono sicuro! E le signore? Marisa?

Tunderlak                   - È di là. Credo che ricami.

Petrencey                    - Sempre laboriosa! Sarà una mo­glie esemplare!

Tunderlak                   - Lo credo anch'io. E giacché ci troviamo a parlare...

Petrencey                    - Signora gentile, comprendo la vostra allusione. E vi assicuro che le mie inten­zioni sono serie.

Tunderlak                   - Non ne ho mai dubitato. Sono convinta che siete un galantuomo, dalla punta dei piedi alla cima dei capelli.

Petrencey                    - Ho veramente un'anima... se posso permettermi di usare questa espressione... « Mens sana in corpore sano », dicevano i nostri vecchi. « Anima diritta in corpo diritto », dico io, come maestro di ginnastica. E se, malgrado ciò non ho ancora chiesto la mano di Marisa, è perché...

Tunderlak                   - Perché?...

Petrencey                    - Per un motivo molto serio. Non soltanto come maestro di ginnastica, ma anche come uomo io sono piuttosto povero...

Tunderlak                   - Oh, non importa. Anche Ma­risa non ha nulla.

Petrencey                    - Ma appunto per questo! Come potremo vivere in sei, coi modesti guadagni di un maestro di ginnastica?

Tunderlak                   - In sei?

Petrencey                    - Noi due e i quattro bambini.

Tunderlak                   - Quali bambini?

Petrencey                    - Quelli che avremo.

Tunderlak                   - Scusate, ma i quattro bambini non ci sono ancora!

Petrencey                    - Ci saranno fra due anni. Nella mia famiglia, i gemelli sono frequenti. Anch'io sono stato gemello, finché è vissuto il mio fra­tello; dopo la sua morte, sono solo. Come fa­remo, dunque, con quattro bambini? Se Ma­risa avesse almeno una piccola dote...

Tunderlak                   - Né piccola né grossa.

Petrencey                    - Non occorrerebbe una gran ci­fra. Tanto da metter su un modesto apparta­mentino... pagare i miei debitucci...

Tunderlak                   - Avete dei debiti?

Petrencey                    - Poca roba: un paio di migliaia di corone, in tutto... Un migliaio circa, come maestro di ginnastica, e altrettanto come pri­vato.

Tunderlak                   - Purtroppo non posso aiutarvi. Marisa non ha un soldo di dote. Come potrebbe averlo? Se suo padre fosse ancora vivo e lavo­rasse... Ma al giorno d'oggi i padri muoiono così, come se nulla fosse, e la famiglia deve trovar modo di tirare innanzi.

Petrencey                    - Sicuro, sicuro! Però, avrei cre­duto che...

Tunderlak                   - Che cosa?

Petrencey                    - Niente, niente.

Tunderlak                   - Perché non parlate?

Petrencey                    - Dio mio, non vorrei essere fra­inteso... anche a Marisa l'ho chiesto spesso...

Tuderlak                     - Ma che cosa? Cosa?

Petrencey                    - Insomma, c'è la signorina Bo­riska... È ricca... e se vuole un po' di bene a sua sorella...

Tunderlak                   - (tesa) Ebbene?

Petrencey                    - Si tratta della felicità di Ma­risa... farle sposare un gentiluomo senza mac­chia, farla entrare a far parte di una famiglia distintissima e nobile... I Petrencey sono stati creati cavalieri nel XVI secolo. Non parlo della differenza di religione, perché io la penso libe­ramente, sia come maestro di ginnastica, sia come privato; ma credo che varrebbe la pena di fare un piccolo sacrificio per un'unione così van­taggiosa... che assicurerebbe a Marisa una vita tranquilla e felice.

Tunderlak                   - (dopo breve pausa) Confessate, caro Petrencey... Come vi è venuta quest'idea?

Petrencey                    - Ieri mattina, mentre mi eserci­tavo! Dovete sapere che appena alzato faccio della ginnastica da camera (indica i movimenti) per mettere in moto i muscoli e riattivare la circolazione: è cosa che fa molto bene. E poi­ché si tratta di un esercizio puramente mecca­nico, ho tutto il tempo di pensare.

Tunderlak                   - Capisco.

Petrencey                    - Dunque, ieri mattina, appena dato inizio ai miei esercizi (continua a fare la ginnastica) cominciai anche a riflettere e a dire a me stesso che orinai era veramente tempo di concludere questo matrimonio. Possibile che la felicità di due cuori amanti debba dipendere da una ventina di miserabili migliaia di corone?

Ttjnderlak                   - Ventimila?

Petrencey                    - (in fretta) Debba dipendere da quindicimila corone? Non è una cifra. Ma dove trovare queste diecimila corone? Allora mi ven­ne improvvisamente un'idea.

Ttjnderlak                   - (un po' ironica) Boriska!

Petrencey                    - Precisamente! Ella deve far questo per sua sorella. E sono convinto che lo farà volentieri.

Ttjnderlak                   - (pensierosa) È una somma!

Petrencey                    - Ma almeno metterebbe a posto una delle sorelline. Bisogna dirglielo. Se voi...

Ttjnderlak                   - (protestando) Io no davvero! Boriska non è così ricca come credete. Ha dei gioielli, grazie a Dio... ma denaro da parte, no. La vita è così cara... vestiti, cappelli, l'anda­mento di casa... siamo cinque persone e due di servizio...

Petrencey                    - Purtroppo!

Ttjnderlak                   - Se Boriska desse questo dena­ro, non le rimarrebbe neanche un soldo.

Petrencey                    - Scusate, le rimane il barone! Milionario, direttore di banca... Mentre Marisa! Quale avvenire l'aspetta? Ora le capita un'oc­casione che forse non le si presenterà mai più nella vita... Un bravo giovane, un ragazzo one­sto, che l'ama e che vuol toglierla da questo insieme di incertezze rivestite di orpello per darle una vita sana, libera da ogni tentazione... E non si afferra una simile occasione per il ciuffo?!

Tundeklak                   - (esitando) Non dico... ma... Ne avete già parlato con Marisa?

Petrencey                    - Ieri.

Ttjnderlak                   - E lei?

Petrencey                    - Marisa sente che ho ragione e vuole ciò che io voglio. Sarà una donna esem­plare, sia come moglie di un maestro di ginna­stica, sia come padroncina di casa. (Breve pausa).

Ttjnderlak                   - Bisognerà che Marisa parli con Boriska. Venite, andiamo a discuterne con lei. (Via a sinistra).

Petrencey                    - (seguendola) Mi sembra il par­tito migliore. (Via).

(La scena rimane vuota qualche istante. Poi la signora Tunderlak torna insieme a Carlotta).

 Ttjnderlak                  - (fermandosi sulla soglia) Tu resta qui!

Carlotta                       - (recalcitrante) Perché mi hai mandata via?

Ttjnderlak                   - Perché dobbiamo parlare di cose che non ti riguardano.

Carlotta                       - Il matrimonio di Marisa non mi riguarda?

Tunderlak                   - Non contraddire! Mettiti al pianoforte e studia. Le scale.

Carlotta                       - Per oggi ho studiato abbastanza. Mi mandate sempre via, da una stanza all'altra. Devo diventare una gran pianista, unicamente perché non ho una camera dove stare. I segreti di questa, i misteri di quell'altra... e io devo studiare il pianoforte!

Tunderlak                   - Dovresti vergognarti! Hai se­dici anni e bisogna sempre trattarti come una bambina! (Via sbattendo la porta).

Carlotta                       - Come odio questa casa... come la odio! (Siede arrabbiata al pianoforte e co­mincia a fare le scale dispettosamente).

Olga                            - (appare sulla porta dell'anticamera, col cappello in testa. Si ferma sulla soglia, tappan­dosi le orecchie. Dopo una breve pausa chiama) Carlotta! (Poiché Carlotta non risponde, ri­pete più forte) Carlotta!

Carlotta                       - (smettendo di suonare) Che c'è?

Olga                            - Sei impazzita? Perché pesti in quel modo?

Carlotta                       - Perché me lo hanno ordinato.

Olga                            - Dov'è la mamma?

Carlotta                       - È di là, a macchinare non so cosa con Marisa e il maestro di ginnastica.

Olga                            - Ah sì? (Va verso sinistra).

Carlotta                       - Hai concluso?

Olga                            - Niente.

Carlotta                       - Il Direttore non è stato gentile?

Olga                            - Secondo i punti di vista. Gentilissi­mo... esageratamente, anzi!

Carlotta                       - Avrai la nomina?

Olga                            - No! Boriska è in casa?

Carlotta                       - Sì. Vuoi che la chiami? (Balza in piedi).

Olga                            - È inutile. (In questo momento viene Malvina dalla camera da letto).

Malvina                       - (verso l'interno) A rivederci, te­soro!

Boriska                       - (di dentro) A rivederci!

Olga                            - Eravate di là, zia Malvina? Che fa Boriska?

Malvina ..................... - Si sta vestendo. Come siete bel­le, bambine!

Olga                            - (gelida) Sì. Buongiorno, zia Malvina. (Via a sinistra).

Malvina                       - (sbalordita) Buongiorno... (Bre­ve pausa).

Carlotta                       - (cercando di scusare la sorella) Olga è di malumore oggi. Hanno nuovamente respinto la sua domanda.

Malvina                       - Ma tu sei tanto cara. Tu e Boriska. Le altre due... (fa scoppiettare le dita). Oh, la prossima volta che vengo, ti faccio un regalo.

Carlotta                       - (curiosa) Cosa, zia Malvina?

Malvina                       - (sottovoce) Ti smalto le unghie gratis. Ma non dirlo a nessuno. (Via a destra).

(Carlotta si avvicina alla porta di sinistra, ascolta per un momento, poi torna adirata al piano e picchia nervosamente sui tasti. Mentre Carlotta, volgendo le spalle alla comune, suona dispettosamente le scale, entra il Barone. Si av­vicina cauto a Carlotta e la bacia sul collo).

Carlotta                       - (spaventata) Oh! (Balza in piedi).

Barone                        - Siete voi, Carlottina?

Carlotta                       - Si capisce, che sono io!

Barone                        - Scusatemi; vi avevo presa per Boriska. Avete i capelli dello stesso colore e la blusa uguale... è una blusa di Boriska.

Carlotta                       - Era. Me l'ha regalata. A me re­galano i vestiti vecchi, le scarpe usate, i cap­pelli passati di moda e le calze di seta sma­gliate. È una vera gioia, esser la più giovane!

Barone                        - (sedendo) Non sapete quanto gran­de sia questa gioia... Quanti anni avete, preci­samente?

Carlotta                       - Ho compiuto sedici anni in aprile.

Barone                        - (ride, giungendo le mani) Sedici anni! Terribile!

Carlotta                       - Perché ridete?

Barone                        - Rido di me... Sono così invec­chiato!

Carlotta                       - Non è vero... Siete tal e quale come prima... (Gli porge uno specchietto) Guar­datevi nello specchio!

Barone                        - (si guarda involontariamente) Cre­dete?... Infatti... per voi ero già vecchio quando mi vedeste la prima volta... Quindi, ora sono vetusto, senza che sia stato necessario invecchia­re maggiormente. La cosa è abbastanza triste. (Respinge lo specchio).

Carlotta                       - Siete di malumore, Barone!

Barone                        - Sono sempre di malumore quando vedo un signore attempato, e sempre di ottimo umore, quando vedo una cara bambina. (Pic­cola pausa).

Carlotta                       - Vado a chiamare Boriska; si sta vestendo... (Si avvia).

Barone                        - Non la chiamate. Venite qui, la­sciate che vi guardi?

Carlotta                       - (si avvicina ridendo) Cosa c'è da guardare?

Barone                        - (le prende la mano) Molto più di quel che credete. Somigliate tanto a vostra so­rella. Boriska era proprio come voi... Non è poi passato molto tempo... Cinque anni.

Carlotta                       - Oh, Boriska è molto più bella di me!

Barone                        - Gli stessi occhi... lo stesso sorriso... Straordinario!

Carlotta                       - Cosa è straordinario?

Barone                        - Che una bambina diventi così, a un tratto, una donna... da ieri a oggi, senza che ce se ne accorga. Come la primavera; ieri non ci si pensava neppure ed oggi eccola: ride, illumina, riscalda.

Carlotta                       - (trionfante) Non è vero? Lo dico sempre che non sono più una bimba... Ma loro mi dicono lo stesso: «Carlotta, vatti a sedere al piano».

Barone                        - State tranquilla, Carlottina: non resterete sempre seduta al pianoforte!

Carlotta                       - Non andrete in collera, Barone, se vi rivolgo una domanda? E mi risponderete sinceramente?

Barone                        - Parola d'onore. (Le porge la mano).

Carlotta                       - Vi piaccio davvero?

Barone                        - Molto!

Carlotta                       - Ed è possibile che io piaccia an­che a un altro uomo... più giovane... Oh, par­don!...

Barone                        - Non vi scusate, Carlottina. Piace­rete certamente a tutti gli uomini. Molti, mol­tissimi vorranno scaldarsi il cuore ai primi raggi della primavera novella.

Carlotta                       - Grazie, Barone. Volevo solo sa­pere questo. (Vuol ritrarre la mano, ma il Ba­rone non la lascia).

Barone                        - Non scappate!  Piccola ingrata!  Vo­glio anch'io la mia piccola parte di calore pri­maverile. Un povero vecchio è più freddoloso dei giovani a cui pensate.

Carlotta                       - Io non penso a nessuno.

Barone                        - E allora, bisogna ad ogni modo che vi abituiate a sentirvi stringere la mano... con inquietudine, con desiderio, con l'attesa di un incoraggiamento, di una promessa...

Carlotta                       - (gli strappa la mano, tutta cam­biata) Signor Barone, vi prego...

Barone                        - Ho detto una sciocchezza?

Carlotta                       - Non so... Come mi guardate stranamente!

Barone                        - Davvero? (Dopo una pausa) Car­lotta!

Carlotta                       - Dite...

Barone                        - Che cosa farete?...

Carlotta                       - Non lo so... Temo che dovrò di­ventare una pianista...

Barone                        - Carlottina... No, no! (Balza in piedi). Pazzie!

Carlotta                       - Che avete?

Barone                        - Chiamatemi Boriska, per favore!

Carlotta                       - Ma volevo già farlo prima!  (Chia­mando) Boriska!

Boriska                       - (compare sulla soglia) Che c'è?

Carlotta                       - C'è il Barone. (Va verso sinistra).

Barone                        - Buona sera!

Boriska                       - Da quanto tempo siete qui?

Barone                        - Da un pezzetto.

Boriska                       - Perché non mi avete fatta chia­mare?

Barone                        - (con sorriso forzato) Ho fatto la corte a Carlotta. Non è vero, Carlottina?

Carlotta                       - Ma... non lo so. (Imbarazzata si avvia a sinistra. Le viene in mente che di là è stata mandata via, si volta e si affretta ad uscire da destra).

Boriska                       - (sorpresa) Che le avete fatto?

Barone                        - Niente... Ho scherzato un poco.

Boriska                       - Non mi piace. Non voglio. Per noi, Carlotta è la bimba di casa e lo rimarrà finché sarà possibile... Noialtre abbiamo molti difetti: la mamma è leggera, Olga ha un carat­tere difficile, Marisa è egoista ed io... di me è meglio non parlare. Ma quando si tratta di Car­lotta, diventiamo tutte buone e sincere. Per lei tutte le nostre cure e la nostra tenerezza. La proteggiamo perché non sia toccata dalle molte bassezze e dai molti dolori della vita. Certo li apprenderà un giorno... ma il più tardi possi­bile, per il bene suo e per il nostro.

Barone                        - Le avete nascosto anche la nostra relazione?

Boriska                       - Finché ci siamo riuscite. Ma, gra­zie alle persone di servizio, oggi sa che io sono la vostra amante.

Barone                        - E che ne dice?

Boriska                       - (crollando le spalle) Nulla. Una volta ha domandato; l'abbiamo rimbeccata e da allora non ha più parlato. Non so che cosa pensa. Perciò vi prego di non rendere più difficile il nostro compito e di dimenticare che Carlottina ha passato i sedici anni.

Barone                        - Lo dimenticherò. Ma sarà lei che se ne ricorderà sempre più spesso.

Boriska                       - (sospirando) È vero. E ogni giorno aumentano le preoccupazioni.

Barone                        - Avete ragione. (Mette la mano in tasca).

Boriska                       - (con gesto di rifiuto) Oh, non vo­levo dir questo...

Barone                        - (tira fuori una busta) Lo so, Bo­riska. Ma devo darvi quello che mi avevate chiesto. (Porgendogliela) Tenete: sono le due­mila corone.

Boriska                       - Grazie. Siete davvero molto buono.

Barone                        - Vi prego, non ne parliamo!

Boriska                       - Oh sì; io abuso della vostra bon­tà... Ma come posso fare? Devo mandare la mamma e le ragazze a respirare un po' di aria buona in campagna...

Barone                        - (scuotendo la testa) Cara Boriska, la solita storia! La mamma, le ragazze. È giusto che vogliate bene a vostra madre e alle vostre sorelle. Ma non è giusto che vi roviniate per loro.

Boriska                       - Cosa volete... La mamma è stata molto male abituata dal povero papà. E lui, che la sapeva incapace di cavarsela, al suo letto di morte mi strinse la mano dicendomi: « Bo­riska, ti affido la mamma e le bambine». Da allora... (Sospira).

Barone                        - Sì, sì; sono tanto care, la mamma e le ragazze; ma vi sfruttano un pochino.

Boriska                       - Non è vero.

Barone                        -   È vero. Io non ho l'abitudine di contare e non faccio rimproveri; ma in questi cinque anni, la vostra famiglia è costata enor­memente e voi non avete un soldo da parte.

Boriska                       - Vi sbagliate!

Barone                        - Non mi sbaglio! Quanto avete ri­sparmiato in questi cinque anni?

Boriska                       - (dopo breve esitazione) Dodici­mila corone.

Barone                        - Terribile! Ma cosa avete fatto di tanto denaro? Già, che domanda! Mammà, Ol­ga, Marisa, Carlotta!

Boriska                       - (vivamente) È vero, siamo troppe. Ma quando Marisa sarà sposata e Olga avrà la nomina a maestra, mi peseranno molto meno.

Barone                        - Non è ancora stata nominata?

Boriska                       - Non lo so. Oggi non l'ho ancora vista, dopo colazione. Forse sarà tornata. Permettete che domandi? (Si volge verso la stanza da pranzo).

Barone                        - Fate pure. La cosa interessa an­che me.

Boriska                       - (va verso la porta di sinistra e chia­ma) Olga!

Olga                            - (sulla soglia) Che vuoi? (Viene avan­ti). Buona sera, Barone!

Barone                        - Buona sera, Olga. Che c'è di nuovo?

Olga                            - Niente di buono.

Barone e Boriska        - (insieme) Niente di buono?

Olga                            - Il Direttore da cui dipende la mia nomina...

Barone                        - Ebbene?

Olga                            - Sono stata oggi da lui. Non se ne fa nulla.

Boriska                       - Come mai?

Barone                        - Perché no?

Olga                            - Perché... (Scoppia in lagrime). Dio mio!

Barone                        - Che avete, Olga?

Olga                            - Non posso dirlo davanti al Barone. Scusatemi se non mi son saputa padroneggiare... sono un po' nervosa e... e... Dio mio, non re­sisto più! (Fugge. Pausa).

Boriska                       - Cosa le sarà successo?

Barone                        - Quello che succede spesso a una bella ragazza come Olga; non si dà il pane senza esigerne un corrispettivo... (Prende il cappello).

Boriska                       - Ve ne andate già? Non abbiamo nemmeno scambiato due parole. Le vostre vi­site, ora, sono sempre molto brevi.

Barone                        - Ho molto da fare, Boriska; affari importanti in Banca, trattative col Governo... tutte storie noiose... Anche stasera non sono li­bero... ma domani sera, dopo la recita, trove­rete l'automobile che vi aspetterà. (La bacia in fronte).

Boriska                       - Un saluto un po' freddino...

Barone                        - (sorridendo) Da quando ho saputo che Carlottina ha oltrepassato i sedici anni, sono improvvisamente invecchiato.

Boriska                       - Badate! Questa non è una buona scusa; piuttosto è un'accusa!

Barone                        - Contro chi?

Boriska                       - Contro di me. Vuol dire che non sono più abbastanza bella e attraente, che l'in­canto è finito, che vi annoio... In questi casi, un uomo gentile come voi, ha la delicatezza di tirare in ballo, la propria età...

Barone                        - (ridendo) Ma cosa vi viene in mente, Boriska?

 Boriska                      - Se io vi tradissi, ridiventereste subito giovane.

Barone                        - (c. s.) Può darsi. (Si avvia; si fer­ma) Boriska!

Boriska                       - Caro...

Barone                        - Collocherò alla mia Banca il poco denaro che avete messo da parte. Domani da­temi il vostro libretto.

Boriska                       - Sì. Avete paura che in casa me lo prendano?

Barone                        - (crollando le spalle) Siete proprio incorreggibile! A rivederci. (Esce).

(Boriska, rimasta sola, si affretta alla fine­stra).

Carlotta                       - (irrompe dall'anticamera) Rin­graziamo Dio, che finalmente se n'è andato! Credevo che rimanesse fino a domattina.

Boriska                       - (voltandosi) Carlotta! Come sei maleducata!

Carlotta                       - Non ti arrabbiare. Finora gli ho sempre voluto bene, perché so che anche tu gliene vuoi; ma oggi... non so... Del resto, mi sono divertita moltissimo, di là.

Boriska                       - Dove?

Carlotta                       - Nella camera degli armadi.

Boriska                       - Con Rosa?

Carlotta                       - E col signor Pazman.

Boriska                       - Con chi?

Carlotta                       - Col giornalista e poeta Alessan­dro Pazman.

Boriska                       - È qui? Nella camera degli ar­madi?

Carlotta                       - Da un'ora... Che bel giovane! E così gentile... Si è presentato da sé. «Ales­sandro Pazman» ha detto. Ed io: «Carlotta Altomonte ». « Molto lieto », ha replicato lui; ed io: «Il piacere è tutto mio »... Poi si è la­gnato.

Boriska                       - Con te?

Carlotta                       - E con la cameriera, dicendo che tu lo maltratti. Perché lo tratti male? Io non potrei.

Boriska                       - Tu sei una bambina. Non sai di cosa si tratti...

Carlotta                       - Oh sì: d'amore. È innamorato di te e soffre. Dev'essere tremendo soffrire per amore.

Boriska                       - (impaziente) Ed è anche più tre­mendo che le bambine come te si impiccino nelle faccende delle persone grandi.

Carlotta                       - (la bacia) Ti adoro. Devo farlo entrare? Ha da dirti qualcosa di molto impor­tante.

Boriska                       - Me lo immagino.

Carlotta                       - Allora, non devo farlo entrare? Mentre lo hai chiamato tu stessa?

Bqriska                       - Dio, che piaga sei! Va bene, fallo venire!

Carlotta                       - Lo sapevo! (Apre la porta dell'anticamera) Accomodatevi, signor Pazman! (A Boriska) Non essere troppo cattiva con lui! (Via di corsa da sinistra).

Pazman                       - (fa capolino. Breve pausa. Timido) Siete in collera?

Boriska                       - Sono disperata. Ma come: vi met­tete a sedere nella camera degli armadi ad aspet­tare che il Barone se ne sia andato?

Pazman                       - E dove dovrei aspettare?

Boriska                       - In nessun luogo. Vi ho già detto cento volte che potete entrare tranquillamente, chiunque ci sia. Il Barone non vi divorerà.

Pazman                       - Lo so... Ma non capite che non voglio incontrarmi con quell'uomo? Non potrei guardarlo negli occhi ne stringergli la mano... Lo odio.

Boriska                       - E vi sfogate con la mia camerie­ra? Non vi vergognate?

Pazman                       - No. Non pretendo che mi ascolti gratuitamente... Pago a Rosa due corone all'ora perché mi compianga. Ma è denaro buttato. Una donna compiange sempre chi soffre per un'altra... e non compiange mai chi soffre per lei.

Boriska                       - Con voi non si può ragionare.

Pazman                       - Grazie a Dio, no. (Siede).

Boriska                       - Allora?

Pazman                       - Allora?

Boriska                       - Carlottina mi ha raccontato che avevate qualcosa di molto importante da dirmi.

Pazman                       - Sì, sì... Infatti... Vi amo.

Boriska                       - Questa è la cosa importante?

Pazman                       - Sì.

Boriska                       - Benissimo. E poi?

Pazman                       - Nient'altro. Sempre la stessa cosa. Vi amo, vi adoro. Avete letto l'ultimo numero della rivista «Primavera»?

Boriska                       - No.

Pazman                       - (trae di tasca la rivista, la sfoglia) Contiene una mia poesia... dedicata a voi... (Gliela porge).

Boriska                       - (comincia a leggere) «Lettera »... È questa?

Pazman                       - Sì.

Boriska                       - (legge) « Lettera » di Alessandro Pazman: « Ah, se un dì la tua visita venisse « ad allietare la stanzetta mia, «con che gioia vorrei farne per te una reggia! « Un brandello di cielo « strappar vorrei per fartene un tappeto; « ma a tale impresa non vi. è forza umana « che giunger possa. E allora «togliendo via le macchie « e rattoppando i buchi « del vecchio tappetino di mia madre « lo porrei sotto ai tuoi piedini rosa. «E dopo appronterei « una tazza di tè; « e vorrei riscaldare le tue manine al fuoco del mio cuore, «perché legna e carbone costali troppo... « Ed ecco, ora, il crepuscolo « entra nella stanzetta del poeta « che il paralume roseo «rischiara dolcemente. " È tardi! " dice «la voce amata. " È tardi! «Bisogna già ch'io vada...". "Non an­cora! " «io rispondo. "Resta! «Non andar via! L'amore « è tanto bello! Resta ancora " ». Molto carina.

Pazman                       - (raggiante) Non è vero? Vi ho messo tutta la mia anima.

Boriska                       - Proprio tutta?

Pazman                       - (con- ardore) Boriska... Vi amo immensamente... Anche voi mi amate un poco?

Boriska                       - No.

Pazman                       - Amate il Barone.

Boriska                       - Precisamente: amo il Barone.

Pazman                       - Amore?

Boriska                       - Gratitudine... E questa è più che l'amore.

Pazman                       - Forse per lui; ma non per voi.

Boriska                       - Non parliamo di me.

Pazman                       - Parliamone invece. Di voi e della vostra felicità. Vedete: io non sono fatuo; però è indiscutibile che voi siete innamorata di me.

Boriska                       - Siete impazzito?

Pazman                       - Neppur per ombra. Eppure, ne avrei motivi sufficienti. Amo una donna la quale non osa confessare a se stessa che anche lei mi ama. Ma di cosa avete paura? Non sentite il desiderio dell'amore vero, schietto, nel quale non entrano gratitudine, dovere, cortesia, ma solo tenerezza e passione? Non anelate a un abbraccio ardente... o forse vorreste farmi cre­dere che gli abbracci del Barone vi rendono felice?

Boriska                       - Non sono felice; ma non ho il diritto a mutare questo stato di cose.

Pazman                       - Si che lo avete. Ognuno ha il di­ritto alla propria parte di gioia.

Boriska                       - Ma nessuno ha il diritto di men­tire, di ingannare. Oh sì; anch'io potrei amare, esser felice di avere una persona che mi appar­tiene e ricambia il mio amore col suo; qualcuno a cui mi darei lietamente e senza pensieri. Ma non posso. Mi sono venduta, volontariamente e non mi appartengo più. È stato un contratto onesto ed io rispetto i patti che ho concluso.

Pazman                       - Grazie a Dio, i vostri legami non sono spiacevoli. Sono d'oro...

Boriska                       - Appunto per questo, non sono leggeri.

Pazman                       - E volete passare tutta la vita ac­canto a codesto Barone?

Boriska                       - No..: solo la mia giovinezza. Quando sarò vecchia, verrò a cercarvi.

Pazman                       - Grazie. È un pensierino genti­lissimo.

Boriska                       - E allora discorreremo dei bei tempi passati e diremo come sarebbe stato bel­lo... e che peccato che non se ne sia fatto nulla...

Pazman                       - Siete crudele, Boriska.

Boriska                       - Lo siete voi, invece. Perché mi tormentate? Perché mi parlate di gioie che per me sono irraggiungibili? Se mi foste veramente amico, cerchereste di incoraggiarmi, di conso­larmi, di rinforzare la mia convinzione che agi­sco bene rinunciando alla mia felicità personale.

Pazman                       - Per il benessere della vostra fa­miglia! Sciocchezze! Non si può chiedere a nes­suno di addossarsi un peso maggiore di quello che le sue spalle possono sopportare.

Boriska                       - Nessuno me lo ha chiesto. Lo fac­cio spontaneamente.

Pazman                       - Boriska!

Boriska                       - Ascoltatemi, Alessandro. Questo Barone, che voi disprezzate tanto, provvede da cinque anni a me e alla mia famiglia, come un perfetto gentiluomo. Gli debbo esser grata che, per merito suo, alle mie sorelle sia risparmiato un destino simile al mio e che esse possano ri­manere delle ragazze oneste...

Pazman                       - Sarebbe molto commovente, se il Barone avesse consentito anche a voi di rima­nere onesta. Ma così!... Quel signore ha fatto semplicemente un ottimo affare, perché voi gli avete dato e gli date molto di più di quanto le sue ricchezze potrebbero pagare.

Boriska                       - Stiamo insieme molto di rado; e anche quelle rare volte, sono così vuote, così glaciali... Cinque anni! Siamo ormai dei vec­chi coniugi...

Pazman                       - Non importa! Gli date la vostra libertà, la vostra giovinezza...

Boriska                       - E se fossi la vostra amante? Perché, se ben vi comprendo, è questo che volete dire...

Pazman                       - (tace).

Boriska                       - Allora darei a voi la mia libertà, e la mia giovinezza. Pare, che in qualunque caso, si debba farne dono. Oh, so bene che non pretendereste di non darmi nulla in cambio! Dividereste con me la vostra miseria... non è vero? Perché penso che vorreste avermi per voi solo?

Pazman                       - (tace).

Boriska                       - Se vi adattate a dividermi con un altro, vuol dire che non mi amate. E se siete un uomo onesto, non potete chiedermi di tradire quello che è sempre stato con me buono e leale.

Pazman                       - Cara Boriska, l'onestà è una ma­gnifica virtù, ma non bisogna abusarne. Voi ne consumate tanta... che a una donna onesta ne basterebbe la metà, e magari vi farebbe sopra anche delle economie. (Boriska vuol risponde­re). No, no, è stato uno scherzo stupido. Avete ragione.

Boriska                       - Vedete? Siete, dopo tutto, un bravo ragazzo.

Pazman                       - Si capisce. Ma lo nascondo con cura, perché non ne sono affatto orgoglioso. (Si alza). Parliamo d'altro. Quando venite da me?

Boriska                       - (ride) Ve l'ho già detto: mai.

Pazman                       - Mai?

Boriska                       - Mai.

Pazman                       - (le afferra una mano) Eppure verrete!

Boriska                       - Alessandro!

Pazman                       - Verrai. Guardami negli occhi! Non osi fissarmi?

Boriska                       - Perché non dovrei osarlo?

Pazman                       - Perché temi di tradirti... perché mi ami. Mi ami... Perciò stai tutto il pomerig­gio alla finestra... perciò io sto tutto il giorno seduto al Caffè...

Boriska                       - Oh, vi stareste in ogni modo.

Pazman                       - Sì. Ma non in questo locale. Perché ti torturi così?

Boriska                       - Lasciatemi la mano!

Pazman                       - No. Che temi? Che io ti stringa a me... che ti baci? Ebbene non devi aver te­muto invano... (La abbraccia).

Boriska                       - Alessandro! Lasciatemi!

Pazman                       - No. Non voglio più aspettare... Voglio quel bacio col quale ti prometterai a me... voglio la tua bocca... (Vuol baciarla).

Boriska                       - (allontanando la testa) Alessan­dro... può venire qualcuno... Siete pazzo?

Pazman                       - Sì, sì, sì! Son pazzo! Grazie a Dio, sono finalmente impazzito! (La bacia).

Boriska                       - (cercando di riprender fiato) Alessandro... ma questo è... è... Come avete?...

Pazman                       - Benissimo, grazie. Ancora una volta...

Boriska                       - (debolmente) No, no... Alessan­dro! (Ricambia il bacio. Per un istante riman­gono con le bocche unite, dimentichi di tutto). Tunderlak            - (si ferma sulla soglia, tossisce) Hm...

(Boriska e Alessandro sobbalzano spaventati).

Boriska                       - (ad Alessandro, con rimprovero) Vedete? Non ve lo avevo detto?

Pazman                       - (confuso) Buongiorno, signora...

Tunderlak                   - (gelida) Buonasera, signor Paz­man... Boriska, sono già le sei e mezzo e alle sette, devi essere in teatro. Non vuoi prendere il tè?

Boriska                       - Sì, mamma!

Tunderlak                   - Posso offrirne una tazza anche a voi, signor Pazman?

Pazman                       - Grazie, signora... Ma debbo an­dare... al giornale...

Tunderlak                   - A rivederci... Boriska, ti man­do subito il tè.

Boriska                       - Grazie, mamma. (Signora Tunder­lak via). Che avete fatto?!

Pazman                       - Boriska...

Boriska                       - Non mi toccate.

Pazman                       - Siete in collera?

Boriska                       - Non lo so... Credo di non essere adirata con voi...

Pazman                       - Cara!

Boriska                       - Andate, Alessandro!...

Pazman                       - Vado. Mi amate un pochino?

Boriska                       - (accennando di no con la testa) Sì.

Pazman                       - Boriska...

Boriska                       - No... non parlate... Ora no... non dite nulla.

Pazman                       - Domani? Vi vedrò domani, Bo­riska?... Ho una cameretta molto modesta... ma c'è posto per due... e nessuno ci disturberà... non abbiate paura, non chiederò nulla... solo star seduto accanto a voi, tenere la vostra mano nella mia, chiudere gli occhi e sognare che ri­marremo eternamente così. Verrete?

Boriska                       - (c. s.) Impossibile.

Pazman                       - Dopodomani.

Boriska                       - (c. s.) Non credo.

Pazman                       - Domenica?

Boriska                       - Non posso promettere.

Pazman                       - Lunedì?

Boriska                       - Lunedì non mi amerete più.

Pazman                       - (con rimprovero) Boriska... allora quando? Quando?

Boriska                       - (con rapida decisione) Stasera... dopo il teatro... Forse...

Pazman                       - (la int-errompe, abbracciandola) Boriska!

Boriska                       - Non vi rallegrate troppo presto; non è ancora certo... Più no che sì... Devo an­cora riflettere, riflettere molto... Venite nel mio camerino dopo il primo atto; vi dirò qualcosa di sicuro... (Pazman vorrebbe parlare) No, no, non dite nulla... andate, andate! (La porta della stanza da pranzo si apre) A rivederci!

Pazman                       - (uscendo) Dopo il primo atto.

Marisa                         - (porta una tazza di tè e dei biscotti) Permesso?

Boriska                       - Sicuro, Marisa,... Permessissimo!

Marisa                         - (posando il vassoio) Come sei al­legra!

Boriska                       - Sono felice, Marisa, felice! (Si versa il tè).

Marisa                         - È la prima volta che te lo sento di­re. Tanto meglio. (Sospira).

Boriska                       - (guardandola) Cos'hai?

Marisa                         - Niente, Boriska. Sono contenta di vederti felice...

Boriska                       - E perciò sospiri? Hai qualche dis­piacere, bambina?

Marisa                         - No, Boriska. Solo...

Boriska                       - Solo?

Marisa                         - Solo, vorrei essere felice anch'io... E potrei esserlo... non sarebbe difficile... se...

Boriska                       - Se?...

Marisa                         - Se tu volessi.

Boriska                       - Non ti capisco.

Marisa                         - Perdonami, ma ho tanta paura... Tu sei così buona, così cara... Sei tutto per noi; se non ci fossi tu...

Boriska                       - (ride) Va bene, va bene. Non par­liamo di me. Hai detto che potresti esser felice. Dunque, il signor Petrencey...

Marisa                         - Hai indovinato. Oggi ha chiesto la mia mano.

Boriska                       - Benissimo!

Marisa                         - Puoi immaginare con che gioia ho detto di sì! Ho sempre sognato di poter sposare un uomo onesto anche se non ha una gran posi­zione. E anche per te non sarebbe male, avere una persona di meno a cui pensare... Ma...

Bokiska                       - Ma?

Marisa                         - Sì, c'è un piccolo ma...

Boriska                       - (dopo una pausa) Ho capito. Pe­trencey vuol quattrini.

Marisa                         - (in fretta) Diecimila corone!  È una cifra spaventosa... Ma gli occorrono per i suoi debiti e per metter su la casa... per poter vivere decentemente!

Boriska                       - (ridendo) Proprio diecimila co­rone?

Marisa                         - Perché ridi?

Boriska                       - Per niente. Perché il Barone pro­prio oggi... Beh, non importa. E ora tu vor­resti...

Marisa                         - No, non voglio nulla. Ti ho sol­tanto detto come stanno le cose. Tu sei stata sempre così buona con me...

Boriska                       - E ami quel maestro di ginnastica?

Marisa                         - (scoppiando in lagrime) Molto!

Boriska                       - Credi che troveresti la felicità, sposandolo?

Marisa                         - Ne sono certa!

Boriska                       - E la mamma? Cosa dice?

Marisa                         - Sai che la mamma non si occupa di nulla. Sono stata io che ho preso tutto il mio coraggio a due mani per dirti...

Boriska                       - (alzandosi) Sei fortunata, Marisa. Mi hai chiesto qualcosa nel primo momento di gioia della mia vita... Forse voialtri avete vera­mente bisogno di questo denaro per la vostra felicità, mentre io... Avrai le 1O.OOO corone, bambina.

Marisa                         - Davvero, Boriska? Come posso rin­graziarti? (La bacia).

Boriska                       - No, non mi ringraziare. Te le dò volentieri; almeno non dovrò più preoccuparmi per il tuo avvenire. (La bacia).

Marisa                         - Cara! Sempre senza pensiero di te! Non so se io al tuo posto...

Boriska                       - Avresti dato la somma?...

Marisa                         - Dio, Dio, come sono felice! Divento pazza di gioia... È più di quello che avrei... Per­metti che ti conduca qui il mio fidanzato? Ora è già il mio fidanzato!

Boriska                       - No, no... devo andare a teatro. Domani.

Marisa                         - Solo un minuto... Ti prego, Bo­riska... Ci sciuperesti tutta la gioia!

Boriska                       - Presto, allora! Intanto mi metto il cappello. (Via in camera da letto).

Marisa                         - (correndo verso la porta) Mamma! Mamma! Signor Petrencey!

(La porta della stanza da pranzo si apre. La signora Tunderlak, Olga e Petrencey compaiono sulla soglia).

Tunderlak                   - Riuscita?

Marisa                         - Ho le 1O.OOO corone!

Petrencey                    - Che bellezza! Cara Marisa... (Bacia la mano a lei e alla Signora Tunderlak. Si sente rumore in camera da letto).

Marisa                         - Venite, Petrencey; dobbiamo rin­graziare Boriska.

Petrencey                    - Si capisce!

Olga                            - Avrete tempo dopo. Ora devo par­larle io di una cosa molto più importante e ur­gente.

Marisa                         - Ma sta per uscire!

Olga                            - Appunto per questo - (La porta della camera di Boriska si apre) Andate di là un mo­mento. (Tutti via meno Olga).

Boriska                       - (entra infilandosi i guanti) Che c'è, Olga?

Olga                            - Volevo chiederti se stasera ceni a casa.

Boriska                       - (sorridendo) No... (Felice) No, non ceno a casa.

Olga                            - E tornerai tardi?

Boriska                       - Non so... Perché?

Olga                            - (esitando) Dio mio...

Boriska                       - (ricordandosi) Ah, giusto... Cosa ti è successo oggi?

Olga                            - Non mi domandare.

Boriska                       - Il Direttore?...

Olga                            - È un mascalzone!

Boriska                       - Dimmi, via!

Olga                            - Prima mi ha fatto sedere e mi ha chiesto se ero la sorella della celebre Boriska Altomonte...

Boriska                       - La celebre Boriska Altomonte...

Olga                            - Poi mi ha accarezzato le guance di­cendomi che non dovevo aver timore che avreb­be messo la cosa a posto...

Boriska                       - E poi?...

Olga                            - E poi... poi... improvvisamente mi ha afferrata e voleva baciarmi. Siccome mi ribel­lavo, mi ha detto di non fare la stupida e ha chiuso la porta a chiave!

Boriska                       - Che canaglia!

Olga                            - E... e... mi ha detto ancora che mi nominerebbe se... se... Dio mio, come sono ma­scalzoni gli uomini...

Boriska                       - Povera Olga. (Si siede).

Olga                            - Sai che non sono né stupida né vile... ma non ho saputo cosa rispondere a questa in­famia... Ho tremato, ho detto che sono una ra­gazza onesta... Allora ha sorriso, con un sorri­so... Ah, lo avrei ammazzato! Un sorriso così insultante... che toccava non me sola, ma tutte noi...

Bokiska                       - Tutte? Soltanto me!

Olga                            - No... Boriska.

Boriska                       - Ma sì!  La sorella di Boriska Altomonte non può essere una ragazza rispettabile.

Olga                            - Non ho più potuto resistere... e mi sono messa a piangere. Allora mi ha compatita un poco e mi ha detto di riflettere sulla faccenda e tornar da lui domani... e...

Boriska                       - E?...

Olga                            - E poi non vedeva perché avrebbe do­vuto fare un favore al Barone e al signor Pazman che mi hanno raccomandata... Dopo tutto, io non avrei nessun bisogno dell'altrui prote­zione... basterebbe che la grande artista dicesse una sola parola...

Boriska                       - La grande artista?

Olga                            - Ma sì! Tu! E se tu non avessi nulla in contrario, egli verrebbe stasera ad aspettarti all'uscita del teatro, per parlare con te della mia nomina.

Boriska                       - (le afferra un braccio) Olga!

Olga                            - Boriska!

Boriska                       - Capisci cosa significa questo?

Olga                            - Cara, cara... io ti ho solo raccontato quello che è accaduto. Non ti ho chiesto nulla; non ho fatto che raccontare.

Boriska                       - (amara) Hai ragione. Mi hai solo raccontato... non mi hai chiesto nulla...

Olga                            - Con che amarezza lo dici!  Forse non c'è niente di male... si tratta solo di parlargli con un po' di cordialità. Anch'io... Non mi ha mica divorata!

Boriska                       - Ma avrebbe ben voluto farlo!

Olga                            - La cosa è diversa. Chi sono io? Nes­suno... Mentre tu... Tu sei una signora... e con te sarà gentile ed educato... E sai comportarti con gli uomini, meglio di me...

Boriska                       - Lo credo.

Olga                            - (l'abbraccia teneramente) Non devi fraintendermi. Sai che ti adoro. Quando quell'uomo ha detto che voleva parlare con tè, ho respirato... Ho pensato che per te era una cosa da nulla...

Boriska                       - Una cosa da nulla! Sicuro... Dio mio, si può ben fare un piccolo sacrificio per la propria sorella!

Olga                            - (con voce lagrimosa) Sei ingiusta... terribilmente ingiusta.

Boriska                       - Ma non senti che mi chiedi una cosa orrenda?

Olga                            - (piangendo) Boriska, non so spie­garti... forse non capisco... ma non dirmi che voglio indurti a commettere un'azione disonesta. Ho già pianto tanto...

Boriska                       - Non piangere!

Olga                            - (c. s.) Sai quanto ho studiato e come ero felice al pensiero di questa nomina. Ho sempre pensato che per quanto poco avessi guadagnato, sarebbe sempre stato un piccolo sollievo per te. Quando il Direttore mi ha detto che ti sarebbe costato solo una parola, sono tornata a casa tranquilla...

Boriska                       - Calmati. Dirò questa parola... Sarò molto gentile col Direttore... e... sì, staserai quando verrà. Per caso sono libera...

Olga                            - (la guarda) Credevo che fossi a cena i col Barone.

Boriska                       - No. Volevo andare altrove... mal non andrò...

Olga                            - (la segue) Boriska!

Boriska                       - Le sorelle!  I sacri doveri!  È davvero divertente! (Via. Olga vorrebbe seguirla, ma si ferma e crolla le spalle).

(Marisa e Petrencey vengono dalla stanza da pranzo. Petrencey fuma un enorme sigaro d'Avana).

Marisa                         - È andata via Boriska?

Olga                            - In questo momento. (Via dalla comune).

Marisa                         - Vedete, non abbiamo fatto in tempo.

Petrencey                    - Non importa, Marisa...

Marisa                         - Venite presto, domattina, per poterla ringraziare...

Petrencey                    - Sì, tesoro... domani o dopodomani... Ora che la cosa è decisa non c'è più I tanta urgenza. E poi, non so perché tenete tanto a che la ringrazi anch'io?

Marisa                         - Come!  Ci dà fino all'ultimo centesimo che possiede...

Petrencey                    - Fa questo sacrificio per voi, 1 Marisa, non per me che quasi non conosce.

Marisa                         - Fa lo stesso. È molto buona e...

Petrencey                    - D'accordo! Ma...

Marisa                         - Ma?...

Petrencey                    - Volevo già dirvelo da qualche tempo. Boriska è una cara e simpatica creatura, ma il suo ambiente è ben diverso dal nostro...! Quando saremo sposati... lo capirà anche lei... che non potremo più frequentarla molto. Non è vero, Marisa? (L'abbraccia).

Marisa                         - (innamorata) Come vuoi tu, amore mio!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stessa scena.

(La signora Tunderlak entra dall'anticamera col cappello in testa e carica di pacchetti. Rosa la segue).

Tunderlak                   - (si toglie il cappello e lo dà a Rosa) Ho portato le calze per Boriska. Dove sono le signorine?

Rosa                            - La signorina Boriska studia; la signo­rina Marisa e la signorina Olga sono andate a spasso col signor Petrencey. Carlottina è di là sul divano e legge le poesie del signor Pazman. Come sono belle!

Tunderlak                   - Siete una cretina. Gli dirò il fatto suo a quel signor Pazman (Suonano il campanello) Andate ad aprire.

Rosa                            - (è andata ad aprire. Torna annunzian­do) Il signor Pazman.

Tunderlak                   - Arriva a proposito. Fatelo en­trare.

Rosa                            - Si accomodi, signor Pazman. (Via).

Pazman                       - (entrando) Buon giorno, signora.

Tunderlak                   - Sono veramente contenta che siate venuto...

Pazman                       - Troppo gentile... È la prima volta che...

Tunderlak                   - Non mi avete lasciato finire. Sono contenta che siate venuto perché almeno posso dirvi... non vi offenderete per la mia sincerità? che tutta questa storia non mi piace affatto.

Pazman                       - Quale storia?

Tunderlak                   - Lo sapete benissimo. Voi e Bo­riska. (Pazman vuol parlare). Inutile. So per­fettamente che siete un galantuomo e che amate Boriska. Ma se la amate, non dovete renderla infelice.

Pazman                       - Non vi capisco, signora.

Tunderlak                   - Trallalà! Mi capite magnifica­mente! Dunque: a che scopo questa assiduità che non può avere nessun buon risultato? Voi venite a trovarci molto spesso; se Ludovico - cioè il Barone - un bel giorno se ne adom­brasse... Volete procurar delle noie a Boriska?

Pazman                       - Fra noi non vi è che un'amicizia innocente.

Tunderlak                   - Non mi venite a parlare di amicizia. Questa è possibile fra un uomo di 65 anni e una donna di 5O... e anche allora, da parte della donna è sospetta. Ma fra una ra­gazza di 24 anni e un giovanotto di 3O...

Pazman                       - (con passione) Non è un mistero, che io sono innamorato...

Tunderlak                   - Per conto mio, potete innamo­rarvi quanto volete. Non ha nessuna importanza. Quello che importa è che anche Boriska vi ama. Ed è contro questo che, come madre av­veduta e previdente, devo protestare.

Pazman                       - (c. s.) Protestare? Quando si trat­ta della felicità di vostra figlia?

Tunderlak                   - La felicità di mia figlia consi­ste nel vivere tranquilla e contenta senza preoc­cupazioni; essere proprietaria di un apparta­mentino di sei stanze, avere abiti eleganti e pen­sare solo all'uomo che la ama sopra ogni cosa...

Pazman                       - E per sé stessa? Boriska deve dun­que pensare sempre soltanto alla felicità della sua famiglia, mai alla propria?

Tunderlak                   - (beffarda) Quella che potreste offrirle voi?

Pazman                       - Precisamente!

Tunderlak                   - Facendone la vostra amante? Turbando la sua calma? Facendole perdere tut­to ciò che la vita ha di piacevole: il lusso, il be­nessere, il...

Pazman                       - Capisco. Il male è che io son po­vero...

Tunderlak                   - Infatti! Quando ci si sente chiedere la mano di una figlia, si preferisce dar­la a un milionario piuttosto che a un mendi­cante.

Pazman                       - Signora, il paragone non regge.

Tunderlak                   - Regge benissimo, caro Pazman; di alcune ragazze si chiede la mano destra, di altre la sinistra. Forse il mondo dà maggiore importanza alla destra; ma in realtà le due ma­ni hanno lo stesso valore.

Pazman                       - Quindi, se io vi chiedessi la de­stra di Boriska?

Tunderlak                   - Come sarebbe a dire?

Pazman                       -   Anche allora è vero? Anche allora bisognerebbe considerare se io posso te­nerla per la destra come il barone la tiene per la sinistra... Altrimenti...

Tunderlak                   - (sbalordita) Caro signor Paz­man, a questo non ho ancora pensato. Non mi è mai venuto neanche lontanamente in mente che Boriska potesse maritarsi... per esser sincera, non lo vedrei troppo volentieri... almeno non per il momento.

Pazman                       - Si capisce! C'è tempo! Bisogna aspettare che sia sfiorita... Ma finche è giovane e bella, finché può avere degli amici ricchi, de­ve continuare a mantenere questi idoli che si chiamano «famiglia»! Ah, non lo sopporterò!

Tunderlak                   - Davvero?

Pazman                       - Davvero. Ho l'onore di chiedervi la mano della signorina Boriska!

Tunderlak                   - Boriska è maggiorenne e fa ciò che vuole. Io non mi sono mai immischiata nelle sue faccende. Parlate con lei. Se crede di far bene sposandovi, io non contrasterò la sua cosiddetta felicità.

Pazman                       - Vi ringrazio. Posso parlarle?

Tunderlak                   - La chiamo subito. (Apre la porta della camera da letto e chiama) Boriska!

Boriska                       - (di dentro) Vengo, mamma.

Tunderlak                   - C'è il signor Pazman.

Boriska                       - Buona sera, Pazman.

Tunderlak                   - Boriska, il signor Pazman de­sidera parlare con te, su un argomento molto serio, per il quale la mia presenza è inutile. (Guardando Pazman) È così?

Pazman                       - È così.

Boriska                       - (guardando l'uno e l'altra) Stra­ordinario!

Tunderlak                   - (a Boriska) Più tardi, mi in­formerai della tua decisione? Io vado a ripo­sarmi un quarto d'ora. Buon giorno, signor Pazman...

Pazman                       - Riverisco, signora. (Si è alzato).

Tunderlak                   - Non vi scomodate. (Via in stanza da pranzo).

Boriska                       - Che ha la mamma?

Pazman                       - È adirata con me. Non vede vo­lentieri le mie visite. Teme per voi... Devo dun­que smettere di venire?

Boriska                       - È questo l'argomento serio sul quale volete intrattenermi?

Pazman                       - Sì!

Boriska                       - E siccome siete irritato contro la mamma, volete punire me allontanandovi dal­la nostra casa?

Pazman                       - Boriska... voglio andarmene di qua per sempre... ma non solo... Voi verrete con me.

Boriska                       - Io... con voi?

Pazman                       - Ho chiesto la vostra mano. Volete esser mia moglie?

Boriska                       - Dio mio... Alessandro!

Pazman                       - Vi prometto che sarò un buon ma­rito e cercherò di farvi dimenticare i tristi anni che avete vissuto senza amore e senza tenerez­za... Non dovete temere la miseria: non è così nera come la si dipinge. E poi, è meglio sof­frir la fame allegramente che mangiare a sa­zietà con tristezza. Affidatemi il vostro destino; non avrete mai motivo di rimpiangere questa decisione.

Boriska                       - (commossa) Come siete buono e coraggioso! Vi voglio... molto bene. (Gli porge la mano).

Pazman                       - (gliela afferra) Ed io anche di più.

Boriska                       - (gli bacia la mano; scoppia in la­grime).

Pazman                       - (ritraendo la mano) Come, Bori­ska, mi baciate la mano e piangete? Che avete?

Boriska                       - (cerca di sorridere) Niente!  Mi fa tanto bene... Sono felice e orgogliosa... che voi... vogliate sposarmi. Vi ringrazio. Siete molto buono.

Pazman                       - Allora, sì? (La trae a se).

Boriska                       - (sgomenta) No, no... Cosa vi vie­ne in mente, come potrei diventare vostra mo­glie? Io, Boriska Altomonte... Non sapete chi sono?

Pazman                       - (mettendole una mano sulla bocca) Tacete! Siete la miglior creatura del mondo. Di chi la colpa, Dio mio, se la vostra vita non è stata come avrebbe dovuto essere? Ma non vo­glio che continuiate a vivere così. Comprende­temi bene. Non voglio. E se siete quella che io credo che siate, mi seguirete.

Boriska                       - Vi seguirei volentieri... se potessi. Ma è impossibile.

Pazman                       - Perché? Che cosa vi trattiene?

Boriska                       - Lo sapete quanto me.

Pazman                       - Il Barone?

Boriska                       - La mia famiglia.

Pazman                       - Questa è follia! Follia!

Boriska                       - Che sarà di loro, se io mi sposo? Che sarà della mamma? E di Carlottina?

Pazman                       - La mamma se la caverà, in un mo­do o nell'altro; e Carlottina... beh, la marite­remo al più presto.

Boriska                       - Quella bimba mi preoccupa. Ha un pensiero che mi nasconde.

Pazman                       - Povera piccola!... Ma ora non pen­sate alla vostra famiglia... Pensate a voi stessa, una buona volta!

Boriska                       - (dopo breve riflessione) Va bene! Tenterò!

Pazman                       - Quando posso venire a sentire la vostra risposta?

Boriska                       - Vi chiamerò.

Pazman                       - A rivederci. (Via dal fondo).

(Rimasta sola, Boriska va agitata verso la sala da pranzo).

Uosa                           - (entrando) Scusi, signorina: c'è la manicure.

Borsika                       - Ora non ho tempo.

Malvina                       - (sulla soglia della comune) Solo un minuto, tesoro. È una cosa molto impor­tante. (Rosa via).

Boriska                       - (seccata)   Sbrigati, zia Malvina. Che vuoi?

Malvina                       - Tesoro caro... bisogna che comin­ci dal principio... Al primo piano della casa do­ve abito, c'è una grande agenzia teatrale... Io manicuro tutta l'agenzia: il direttore e le due impiegate. La più carina è la sua amante, l'al­tra sua moglie. Vedi, questo agente, il signor Friedlieb, è un uomo serio e simpatico; ora sta mettendo insieme una Compagnia d'operette che durante l'estate farà un giro di recite in Svezia. Gli manca solo la seconda donna... ed io ho pensato a te.

Boriska                       - Vieni male a proposito, zia Mal­vina!

Malvina                       - Ti lamenti sempre che non hai delle belle parti, che non riesci a metterti in va­lore... Vedi, angelo mio, questa sarebbe una ma­gnifica occasione... Friedlieb paga bene; e in Svezia...

Boriska                       - Non vado, zia Malvina.

Malvina                       - Certo il Barone non ti lasce­rebbe...

Boriska                       - Sì. Il Barone... (Sorridendo) o qualcun altro.

Malvina                       - Peccato, peccato... Ma pensaci... (Confidenziale) Vedi, non è per questo... ma Friedlieb mi ha promesso di darmi la provvigio­ne se ti scrittura... e per una povera donna come me...

Boriska                       - (nervosa) Va bene, va bene, zia Malvina; ci penserò.

Malvina                       - Tua madre è in casa?

Boriska                       - Dorme.

Malvina                       - Voglio solo salutarla. (Via en­trambe in sala da pranzo).

(Carlotta entra portando il fascicolo della ri­vista « Primavera », che contiene la poesia di Pazman; ha carta e matita. Dice qualche parola della poesia e comincia a copiarla. Dopo poco va alla finestra; guarda fuori, fa cenno di saluto. Torna alla tavola e chiude il fascicolo. Entra Pazman).

Pazman                       - Buon giorno, piccina.

Carlotta                       - Buon giorno, signor Pazman.

Pazman                       - (guardandosi attorno, imbarazzato) La signorina Boriska non è qui? Un momento fa era alla finestra e...

Carlotta                       - (timida) Ma no, ero io...

Pazman                       - Voi?

Carlotta                       - Io che vi ho salutato...

Pazman                       - (deluso) Ed io che avevo creduto...

Carlotta                       - Perdonatemi; ma quando avete guardato in su sorridendo, e avete salutato così cordialmente, ho creduto, a tutta prima che fosse per me e sono stata molto contenta; ho sorriso a mia volta e quando avete fatto così (Bacia la propria mano) ho creduto che mi ba­ciaste la mano... e poi avete messo la mano sul cuore... (Indica) così...

Pazman                       - Per cercare una sigaretta. (Tira fuori dal taschino del gilet una sigaretta che accende).

Carlotta                       - Allora è stato un lampo di luce: ho capito che mi scambiavate con Boriska. Se avessi saputo che la delusione vi avrebbe fatto male al cuore... Siete in collera?

Pazman                       - No, Carlottina. Vi ringrazio di avermi sorriso. Se anche non era il sorriso di Boriska, vi somigliava tanto che c'era da scam­biarlo... Dunque me ne vado di nuovo e aspet­terò che Boriska mi chiami. Dov'è ora?

Carlotta                       - Si fa fare le mani da zia Mal­vina. La mamma dorme. Restate ancora un po­co... O vi annoiate con me?

Pazman                       - Volete dei complimenti, piccola signorina?

Carlotta                       - (vivace) Oh sì, sì!

Pazman                       - Siete molto graziosa.

Carlotta                       - E poi?...

Pazman                       - E poi... (È imbarazzato).

Carlotta                       - Come vi è difficile dirmi delle cose carine... Chiudete un po' gli occhi e figu­ratevi che io sia Boriska... Vedrete che le belle parole vi verranno subito!

Pazman                       - (con significato) Forse se chiudo gli occhi... Sì, può darsi benissimo.

Carlotta                       - (impaziente) Dunque, cosa dire­ste adesso se qui ci fosse seduta Boriska e non io?

Pazman                       - Le prenderei la mano (eseguisce) e direi... Questa manina così piccola e tenera, che certamente non può calzare più di cinque e tre quarti... Questa manina tiene stretto nel suo piccolo pugno delicato, tutto il destino di un uomo...

Carlotta                       - Boriska calza sei e mezzo.

Pazman                       - Sicuro, sei e mezzo. (Pausa). E poi le accarezzerei i capelli (eseguisce), i suoi morbidi capelli castani.

Carlotta                       - Neri.

Pazman                       - Come? Ah, sì: neri. (Lascia ras­segnato la sua mano e si scosta un poco. Pausa).

Carlotta                       - La mia buona, cara Boriska.

Pazman                       - Buona, cara Boriska.

Carlotta                       - Non è un vero angelo? Così ge­nerosa...

Pazman                       - (con entusiasmo) E così paziente, così gentile...

Carlotta                       - E come si sacrifica... da tanti anni...

Pazman                       - Per la sua famiglia.

Carlotta                       - (lottando con le lagrime) Fa ma­le al cuore, veder questo.

Pazman                       - Fa male al cuore...

Carlotta                       - (rompendo in lagrime) Povera Boriska. (Appoggia la testa sulla spalla di lui).

Pazman                       - (molto tenero) Povera Boriska! (La accarezza).

Carlotta                       - (singhiozzando sul suo petto) Così non può andare avanti.

Pazman                       - (balzando in piedi a un tratto, in tono deciso) No, non può andare avanti. Ma Carlottina... Carlottina cara, non bisogna cur­vare la testa. Voi non avete ancora il diritto di essere triste... a sedici anni...

Carlotta                       - Sì, sì, lo so; sono ancora una bimba; devo mettermi al piano, vero? Ma forse non sono tanto piccola. Forse c'è qualcuno che se n'è accorto...

Pazman                       - (sorridendo) Tanto meglio. Presto verrà il principe azzurro a rapirvi per portarvi in automobile al suo castello incantato.

 Carlotta                      - Forse è già qui, il mio principe. Ma non ha automobile né castello.

Pazman                       - (ridendo) Che razza di principe!

Carlotta                       - (c. s.) Per me è il più gran prin­cipe del mondo, perché io lo amo.

Pazman                       - E lui?

Carlotta                       - Non lo sa... non lo saprà mai...

Pazman                       - Bisogna dirglielo. Solo i poeti de­vono sognare e soffrire; anche perché in questo modo guadagnano da vivere. A me, per esem­pio, l'amore infelice rende da tre a quattro mila corone all'anno. Quest'anno son fortunato. Sono talmente infelice che guadagnerò almeno diecimila corone. Se questo amore dura ancora a lungo, diventerò milionario...

Carlotta                       - Perché non dovrebbe durare?

Pazman                       - Perché siamo vili entrambi.

Carlotta                       - No; siete gente onesta.

Pazman                       - Bah! Tant'è... Comunque, cono­sco il mio dovere e lo compirò.

Carlotta                       - Dovere?

Pazman                       - Non voglio che Boriska continui ad essere l'amica del Barone. E oggi ho chiesto la sua mano.

Carlotta                       - Perché la amate.

Pazman                       - Amare! Certo la amo; e per di più sono suo amico e voglio aiutarla. E poiché non vi è altro mezzo per salvarla... Ma per voi, Carlottina, la cosa è diversa. Voi siete nata per essere felice. Non avete che da volerlo. Dite dunque a quell'imbecille fortunato che gli vo­lete bene...

Carlotta                       - Sarebbe inutile: ama un'altra.

Pazman                       - (indovinando il suo pensiero, dopo breve pausa, lentamente) Perché non sa che lo amate.

Carlotta                       - (crollando le spalle) E se lo sapesse?

Pazman                       - (imbarazzato) Dovrebbe esser paz­zo, a disdegnare il vostro amore. Quanta feli­cità, quanta tenerezza nei vostri sguardi... Una bimba che arde d'amore per la prima volta nella vita... Che preziosa rarità! Nessuna ric­chezza potrebbe pagare un simile tesoro... È biondo?

Carlotta                       - Biondo.

Pazman                       - (con forzata gaiezza) Dunque, bruno. Tenente di cavalleria? Impiegato al Mi­nistero? No, non ditemi nulla. Lo so; è impie­gato al Ministero e tenente di cavalleria nella riserva.

Carlotta                       - È inutile che cerchiate di farmi parlare: non vi dirò nulla. (Si sente dalla sala da pranzo la voce della signora Tunderlak. Car­lotta sgomenta) La mamma!

Pazman                       - Addio, Carlottina. (Via in fretta).

(Carlotta siede al pianoforte e si mette a fare le scale).

Malvina                       - (verso la stanza da pranzò) A ri­vederci, tesoro! (A Carlotta) Come sei brava! Lo dico sempre che diventerai una pianista.

Carlotta                       - (disperata) Oh! (Sbatte il coper­chio del piano).

Malvina                       - (alla signora Tunderlak che entra dalla sala da pranzo) Addio, mia cara.

Tunderlak                   - Addio. E tuo marito sta bene?

Malvina                       - Grazie a Dio, da parecchie notti non lo sento più tossire.

Tunderlak                   - Allora è guarito?

Malvina                       - No. Ma ora va a giocare anche la notte. (Via).

(Olga e Marisa vengono rumorosamente dalla comune).

Marisa                         - Ciao, mammina!

Tunderlak                   - (seccata) Buonasera!

Olga                            - Che peccato, Carlottina, che non sei venuta...

Tunderlak                   - Ssst!

Olga                            - (togliendosi il cappello) Che c'è?

Tunderlak                   - Boriska studia.

Marisa                         - Ah, nientemeno! (Si toglie il cap­pello, guanti, ecc.).

Carlotta                       - Dove hai lasciato il tuo fidan­zato?

Marisa                         - Viene subito... si è fermato a com­prare le sigarette.

Olga                            - Siamo state sul Blocksberg. A piedi. Una magnifica passeggiata!

Marisa                         - E che bellezza la vista di Buda­pest, dagli spalti della fortezza sul Danubio!

Tunderlak                   - Ma smettetela!

Olga                            - Perché sei così nervosa?

Tunderlak                   - Perché? Perché? Dovresti ca­pire che ho i miei buoni motivi. (Dopo breve pausa) Mi è stata chiesta la mano di Boriska.

Carlotta                       - (involontariamente) Il signor Pazman!

Tunderlak                   - C'è voluto poco a indovinare!

Carlotta                       - (piano) Dio mio!

Olga                            - Pazman! È ridicolo!

Tunderlak                   - Non è vero che è una bella sorpresa? Si è mai sentito nulla di simile?

Carlotta                       - (si è ripresa) Perché no? Il si­gnor Pazman vuol bene a Boriska e Boriska vuol bene a lui...

Olga                            - Nessuno ti ha chiesto il tuo parere...

 Marisa                        - Sei troppo piccola per parlare di queste cose. L'amore non basta...

Tunderlak                   - Giustissimo.

Carlotta                       - (sprezzante) Tu non sai cos'è l'amore.

Tunderlak                   - Cosa? Ho avuto quattro figlie e non dovrei sapere cosa è l'amore? Se aveste sentito, poi, com'è stato insolente quel signor Pazman... come mi ha parlato... Vi assicuro che se dipendesse da me...

Olga                            - E da chi? Spero bene che ti opporrai a questo stupido matrimonio!

Marisa                         - Boriska è intelligente. Non sarà così sciocca da sposare un pezzente. Vuoi che torni a vivere nella miseria dalla quale abbiamo tanto penato ad uscire?

Tunderlak                   - (crollando le spalle) Voi sa­pete che io non mi immischio. È il solo modo di aver sempre la coscienza tranquilla.

Carlotta                       - (giungendo le mani) E questo è tutto quello che trovate da dire?

Tunderlak                   - Che altro vorresti?

Carlotta                       - Non siete contente che la nostra buona sorella trovi finalmente un po' di feli­cità? Che le capiti un brav'uomo che dimenti­chi e perdoni?

Olga                            - Cosa c'è da dimenticare e da perdo­nare? Chi lo ha chiamato, il signor Pazman?

Marisa                         - Proprio così. Con che diritto il signor Pazman perdona? Cosa ha fatto di male Boriska? Deve forse qualcosa al signor Pazman? È lui che deve ringraziare Dio mille volte se Boriska lo sposa...

Carlotta                       - Oh, lo ringrazierà di certo!

Olga                            - Lo credo! Boriska è un ottimo par­tito...

Tunderlak                   - In ogni caso, molto migliore che non sia il signor Pazman. Se almeno scri­vesse delle commedie... Ma poesie! Sono così mal pagate...

Carlotta                       - Perché non dite addirittura che la sposa per interesse?! Per le diecimila corone che ha regalate a Marisa.

Tunderlak                   - Sei pazza, Carlotta? Di che ti immischi?

Carlotta                       - Voglio immischiarmi. Non sono più una bambina... non potete chiudermi la bocca. Sicuro! Siete delle egoiste e non vo­lete questo matrimonio perché sapete che così finisce il benessere, la vita comoda...

Olga                            - (picchiando sulla tavola) Ora basta! Al benessere e alla buona vita hai partecipato anche tu. Non sei affatto migliore di noi. Se noi siamo egoiste, lo sei anche tu.

Carlotta                       - Hai ragione. Ma almeno io ho il coraggio di rinunciare a tutto, quando si trat­ta della felicità di mia sorella. E del resto, ero ancora una bimba quando Boriska... e solo da poco tempo so come siamo arrivate a questa agiatezza...

Olga                            - Devi esserci grata se te lo abbiamo nascosto. Hai passato nella beata incoscienza tutti gli anni durante i quali noi abbiamo pian­to e sofferto. Credi dunque che abbiamo accet­tato senza opposizione che Boriska si sacrifi­casse per noi?

Carlotta                       - Ragione di più per fare adesso tutto ciò che è possibile per la sua felicità. Ecco l'occasione: afferriamola e ripariamo tutto il danno che le abbiamo arrecato.

Marisa                         - Quale danno?

Carlotta                       - Quello di esistere! Quello di es­ser sue sorelle; e che per causa nostra... Non sarò più tranquilla finche Boriska non si sarà unita all'uomo che ama.

Olga                            - Bimba mia, per me è indifferente che Boriska si sposi o no. Ormai sono a po­sto... e anche Marisa non ha più bisogno dell'aiuto di nostra sorella. Ci siete solo tu e mam­ma! E se questo matrimonio ci preoccupa, non è per noi, ma per voi.

Tunderlak                   - (a Carlotta) Solo per te! Quanto a me...

Carlotta                       - Allora, se è solo per me, sono proprio io che ho il dovere di aiutare Boriska.

Marisa                         - La mariterai?

Carlotta                       - Sicuro! (Le altre ridono). Ri­dete? Ridete pure!

Petrencey                    - (da sinistra) Eccomi qua!

Le ragazze                  - Petrencey!

Tunderlak                   - Benvenuto!

Marisa                         - Gaspare!

Petrencey                    - (baciandole la mano) Diletta fidanzata!

Tunderlak                   - Carlottina, occupati della me­renda. Cosa preferite, Petrencey: tè o caffè?

Petrencey                    - Se posso scegliere, preferisco cioccolata.

Carlotta                       - Subito! (Via dal fondo).

Petrencey                    - Forse disturbo? Mi pare che la vostra conversazione fosse piuttosto animata.

Olga                            - Parlavamo di Boriska.

Tunderlak                   - Con voi non abbiamo segreti: ormai appartenete alla famiglia.

Marisa                         - L'unico maschio della famiglia.

Tunderlak ................. - Dimentichi Ludovico... il Ba­rone.

Petrencey                    - Posso informarmi della salute del signor Barone?

Tunderlak                   - Sta benissimo, grazie a Dio.

Petrencey                    - Forse oggi avrò finalmente il piacere di conoscerlo. Il signor Barone potrebbe giovarmi molto.

Marisa                         - Ne ho già parlato con Boriska.

Petrencey                    - Tanto meglio. Dunque... par­lavate appunto di vostra sorella.

Olga                            - Sì. Il signor Pazman, quel giorna­lista che avete visto parecchie volte in casa nostra...

Petrencey                    - Quel signore non mi è troppo simpatico. È pretenzioso, superbo...

Tunderlak                   - Non l'ho forse detto anch'io?

Olga                            - Dunque: questo signore ha chiesto la mano di Boriska.

Petrencey                    - Che impudenza!

Tunderlak                   - Anche noi siamo della stessa opinione.

Petrencey                    - E che ne dice la signorina Boriska?

Tunderlak                   - Mia figlia ha molta, moltis­sima simpatia per costui... e se darà ascolto solo al proprio cuore...

Petrencey                    - Capisco. (Si gratta la testa).

Tunderlak                   - Che cosa pensate, caro Pe­trencey?

(Carlotta toma e rimane sulla soglia).

Petrencey                    - Secondo il mio modesto parere, solo una persona può decidere in questa cir­costanza...

Tunderlak                   - Chi?

Petrencey                    - L'illustre signor Barone! Ov­vero - se gli imminenti legami di parentela mi permettono di chiamarlo così - Ludovico!

Tunderlak                   - Avete ragione!

Petrencey                    - Lui solo! Come benefattore e protettore della famiglia e come paterno amico della signorina Boriska. Se egli acconsente a questo matrimonio, dovremo rassegnarci anche noi, per quanto possa dispiacerci. Ma se il Ba­rone trova più giusto che Boriska rimanga nell'intima cerchia formata da sua madre e dalle sue sorelle, allora dovremo mettere alla porta il pretendente.

(Carlotta siede al pianoforte e si nasconde la testa fra le mani).

Tunderlak                   - Parlate col cuore, caro Pe­trencey!

Petrencey                    - Ma non bisogna precipitare. Boriska deve comprendere che non può rispon­dere affermativamente finche il Barone non ha espresso la propria opinione. Perché, se consideriamo la cosa sotto la sua vera luce... la si­gnorina Boriska non è libera... Ella ha dei do­veri... Anche se non sono degli obblighi lega­li... vi è però la gratitudine... Dalla gratitu­dine, cara signora, non ci si può esimere. Que­sto è un principio morale. Posso accendere una sigaretta? (Trae la sigaretta).

Marisa                         - Te la porto subito... (Va verso il fondo e prende da un tavolino sigarette e una scatola di sigari).

Petrencey                    - Grazie. (Rimette in tasca la sua sigaretta). Se l'illustre signor Barone vuole esimere Boriska da questi doveri e se essa ha la coscienza di togliere alla sua famiglia quell'alta protezione che le è stata fino ad ora largita, al­lora questo matrimonio è possibile. Ma come uomo e come maestro di ginnastica, mi per­metterò di dubitare fortemente che una vera felicità possa esser basata sull'ingratitudine e sulla mancanza ai propri doveri.

Tunderlak                   - Così parla chi sa ragionare! (Gli stringe la mano).

Marisa                         - (torna con sigari e sigarette) Ecco la sigaretta... o preferisci un sigaro?

Petrencey                    - Grazie. (Si accende una siga­retta). Fumo sigari solo dopo mangiato... (Pren­de un grosso avana).

Rosa                            - (dal fondo) Il signor Barone!

Petrencey                    - L'illustriss... (Lascia cadere la scatola da cui rotolano fuori i sigari; si china a raccattarli, aiutato dalle ragazze).

Barone                        - (dal fondo) Buona sera a tutti!

Olga e Marisa             - Buona sera, Barone.

Tunderlak                   - Caro Barone, permettete che vi presenti mio genero... Gaspare Petrencey, mae­stro di ginnastica... fidanzato di Marisa...

Petrencey                    - Illustrissimo Barone...

Barone                        - Molto lieto! Ho già sentito par­lare di voi. Spero che renderete felice questa cara figliuola.

Petrencey                    - Signor Barone, è il mio sacro­santo dovere, sia come maestro di ginnastica, sia come privato...

Barone                        - Venite a trovarmi... uno di questi giorni, nel pomeriggio. Boriska mi ha detto che dovete chiedermi qualche cosa... Se posso esservi utile...

Petrencey                    - Un modesto desiderio... o me­glio, un progetto lungamente sognato... Se il signor Barone permette... domani...

Barone                        - Anche dopodomani. Mi direte al­lora...

Marisa                         - Barone, vi sono molto grata...

Petrencey                    - Se permettete, anch'io...

 Tunderlak                  - Il Barone è sempre così buo­no! (Suona il campanello).

Barone                        - Boriska è in camera sua?

Olga                            - Studia!

Barone                        - Da qualche giorno studia molto.

Carlotta                       - Vado a chiamarla. (Si avvia).

Barone                        - Grazie, Carlottina.

(Carlotta via in camera da letto).

Rosa                            - (entrando) La signora ha chiamato?

Tunderlak                   - Il tè!

Rosa                            - Subito! (Via dal fondo. Torna col vassoio del tè e va in sala da pranzo).

Tunderlak                   - (al Barone) Una tazza di tè?

Barone                        - No, grazie.

Tunderlak                   - Allora, a rivederci! (Tutti in sala da pranzo).

Petrencey                    - (nell'andare) Signor Barone...

Barone                        - A rivederci!

Carlotta                       - (tornando) Boriska si scusa; vi prega di aspettarla pochi minuti. Sta studiando le ultime battute; appena finito, viene.

Barone                        - Grazie. (Siede e prende una si­garetta).

Carlotta                       - Se permettete, rimango qui...

Barone                        - Ve ne sarò molto grato. Siete ve­ramente gentile.

Carlotta                       - (sorridendo) Vedete, non ho di­menticato quello che mi avete detto giorni fa... della primavera e dei raggi del sole...

Barone                        - (distratto) Della primavera?

Carlotta                       - (ridendo) Vedete che non ve ne ricordate più?

Barone                        - (ricordandosi) No, no; mi ricordo: ma ho tanti affari, tanti pensieri!

Carlotta                       - Invece io, da allora, non ho avu­to altro per la testa...

Barone                        - (sorridendo) Davvero?

Carlotta                       - Dio mio, era il primo compli­mento rivolto alla signorina... non più bimba. Credete che si possa dimenticarlo tanto presto?

Barone                        - Ne siete stata così contenta?

Carlotta                       - Tanto tanto! Finalmente qual­cuno che mi ha detto una cosa nuova e non mi ha mandata a studiare il pianoforte.

Rosa                            - (entrando) Mille scuse, signorina. Bisogna che venga un momento di là.

Carlotta                       - Io?

Rosa                            - Sì. C'è gente...

Carlotta                       - Ma ora ho da fare... Vedete bene che non posso lasciare solo il Barone.

Barone                        - Oh, per me... fate pure. (Si alza e va verso il fondo).

Rosa                            - (sottovoce) C'è il signor Pazman.

Carlotta                       - (in fretta) Allora... Pardon... (Via con Rosa).

Barone                        - (va fino alla porta della stanza da letto. Esita. Poi bussa ed apre) È permesso?

Boriska                       - (compare sulla soglia col fascicolo della parte in mano) Chi è?... Ah, voi?...

Barone                        - Siete stupita? Anch'io. Mi pare che mi abbiate fatto aspettare abbastanza.

Boriska                       - Io? Se non sapevo neppure che eravate qui!

Barone                        - Ho mandato Carlotta ad avver­tirvi...

Boriska                       - Carlotta? Non mi ha detto nulla. Mi ha soltanto chiesto se cenavo in casa.

Barone                        - A me ha detto che stavate stu­diando le ultime battute... e mi ha pregato di attendere qualche minuto.

Boriska                       - Non capisco. Le domanderemo.

Barone                        - Si. (Pausa).

Boriska                       - Siete seccato. Ma davvero, non è colpa mia.

Barone                        - Non sono seccato. Ma da diversi giorni qui c'è qualcosa che non va.

Boriska                       - (imbarazzata)   Che non va?

Barone                        - Riesco appena appena a vedervi. Avete sempre da studiare... Non dico che mi evitiate, ma studiate sempre. E siccome ieri in­contrai casualmente il direttore del teatro, gli chiesi che cosa stavate imparando con tanta co­stanza.

Boriska                       - (confusa) E che vi ha detto?

Barone                        - Che non vi ha dato nessuna parte nuova.

Boriska                       - È vero. Ma studio una parte... che non ho mai recitato. Sapete che sono am­biziosa... ritengo di avere un po' di talento... e vorrei poter mostrare che...

Barone                        - Bene, bene! Ma la cosa non ha tale carattere d'urgenza che dobbiate privarmi anche dei pochi minuti...

Boriska                       - Oh, sì, è urgente. Mi hanno of­ferto una brillante scrittura... dobbiamo ap­punto parlarne... Che cosa direste se andassi per due mesi in Svezia con una compagnia di operette?

Barone                        - (torce la bocca) Non posso dire che ne sarei molto contento.

Boriska                       - Questo vuol dire che non debbo andare?

Barone                        - Senza dubbio, è più saggio che restiate a casa. Non amo le escursioni avven­turose.

Boriska                       - Avete certamente ragione. Non è urgente che io diventi un'attrice... ho tempo dinanzi a me... ho appena ventiquattro anni e posso ancora aspettare quattro o cinque anni.

Barone                        - Questa improvvisa ambizione...

Boriska                       - Mio caro, bisogna che una volta o l'altra io cominci a pensare al mio avvenire. Per ora tutto va bene. Voi siete straordinaria­mente buono con me, mi volete abbastanza bene...

Barone                        - (protestando) Come sarebbe a di­re, « abbastanza »?...

Boriska                       - Beh, diciamo anche un po' più di abbastanza. Questo non vuol essere un rim­provero... Non è colpa vostra. Ma cosa succe­derà quando anche questo resto d'amore sarà scomparso dal vostro cuore e voi mi metterete alla porta cordialmente e con tutti i riguardi?

Barone                        - Anche allora, saprò qual'è il mio dovere e...

Boriska                       - Mi fraintendete. Non mi preoc­cupo di questo... So che mi darete una ma­gnifica liquidazione, che mi raccomanderete perfino al vostro amico, il Ministro delle fi­nanze...

Barone                        - Chi sa chi sarà allora il Ministro!

Boriska                       - Chiunque sia, sarà certo vostro amico e voi mi farete ottenere da lui una ta­baccheria. Ma io non voglio una tabaccheria; voglio...

Barone                        - Che cosa?

Boriska                       - Se lo sapessi!

Barone                        - La soluzione più semplice sarebbe che io vi sposassi. Ma sapete benissimo che non posso. A cinquant’anni non posso prender mo­glie. Se ci avessi pensato cinque anni fa...

Boriska                       - Mi avreste detto che a quaranta­cinque anni non potevate prender moglie.

Barone                        - Infatti.

Boriska                       - Dunque, non ne parliamo. Ma se qualcun altro mi sposasse?

Barone                        - Qualcun'altro? Chi?

Boriska                       - Nessuno!

Barone                        - Ma...

Boriska                       - Nessuno, vi dico. Ho soltanto chie­sto che cos'accadrebbe se un altro chiedesse la mia mano.

Barone                        - Chi potrebbe chiederla? Solo un povero diavolo, un attore, uno scrittore, un pit­tore... gente della cosiddetta bohème... I quali sono poi più borghesi degli altri in fatto di amo­re, e pensano immediatamente al matrimonio.

Boriska -                     - Questo è il lato cavalleresco della boheme.

Barone                        - Cara Boriska, se vi volete sposare, non posso impedirvelo... Non rinuncio a cuor leggero alla vostra amicizia, ma non bisogna essere egoisti. Però mentirei se dicessi che un simile matrimonio può - secondo me - costi­tuire un buon avvenire per voi.

Boriska                       - Perché?

Barone                        - Chi si è abituato al benessere, ad avere tutti gli agi, dei bei vestiti, eccetera, si abitua 'difficilmente alla povertà, sopratutto quando la ha già provata prima... No, la ta­baccheria mi sembra sempre una cosa migliore. Io vi amo oggi come cinque anni fa e non ho alcun motivo per dubitare della durata di que­sto affetto. Ripeto, come vi ho già detto, che non posso impedirvi di prender marito; ma cre­detemi: sarebbe più saggio, per voi, che non lo faceste.

Boriska                       - So che non amate le escursioni avventurose.

Barone                        - Avete indovinato. Ora ditemi sin­ceramente: chi ha chiesto la vostra mano?

Boriska                       - Ve l'ho già detto: nessuno.

Barone                        - Dio mio... chi ha chiesto la vostra mano?

Boriska                       - Nessuno, nessuno.

Barone                        - Ecco la colpevole!

Carlotta                       - (vedendo Boriska) Dio mio!

Boriska                       - Vieni qui!

Barone                        - Non siate così severa! (A Carlot­ta) Venite qui, Carlottina. Perché non avete det­to a Boriska che ero qui e la aspettavo? (Car­lotta abbassa gli occhi e tace).

Boriska                       - Non rispondi?

Barone                        - Non siate così severa!

Carlotta                       - (a Boriska) A te non lo posso dire.

Boriska                       - (ironica) Ah, non me lo puoi di­re... Bellissima!

Barone                        - E a me?

Carlotta                       - Se Boriska va di là...

Boriska                       - Ah no! Devo saperlo anch'io. Parla. Per che motivo?

Barone                        - Piano, piano... Andate in camera vostra e studiate ancora un poco. Intanto io in­terrogherò la signorina.

Boriska                       - Non mi piacciono questi misteri.

Carlotta                       - Non hai fiducia in me?

Barone                        - Vi prego, Boriska!

Boriska                       - (squadrandola) Bambina! (Al Ba­rone) Vi rivedo?

Barone                        - Domani.

Boriska                       - A rivederci!

Barone                        - (baciandole la mano) A rivederci.

Boriska                       - (a Carlotta) Quando il Barone sa­rà andato via, vieni da me.

Carlotta                       - Sì, sì. (Boriska via).

Barone                        - (sedendosi) E adesso sentiamo!

Carlotta                       - Ma non lo direte a Boriska? Mi vergogno...

Barone                        - Ve lo prometto.

Carlotta                       - E non mi sgriderete? Non l'ho fatto per cattiveria... è la prima volta, in vita mia, che ho mentito.

Barone                        - Parlate tranquillamente, Carlotti­na; non abbiate timore. Dio mio, è una cosa tanto grave?

Carlotta                       - Sì. Sono stata sciocca, molto sciocca... Siccome un giorno mi avete detto del­le parole così belle... che vi piacevo... Non è vero che me lo avete detto?

Barone                        - Sicuro; e se volete ve lo ripeto...

Carlotta                       - E che posso piacere a tutti gli uomini... È vero che avete detto anche questo?

Barone                        - Ho detto anche questo.

Carlotta                       - Allora... ho avuto come un capo­giro... volevo darmi coraggio... Mi aveva fatto tanto bene udir questo... e sarei stata felice di sentire ancora qualche buona parola da voi...

Barone                        - Ehi, ehi!

Carlotta                       - Sono stata così contenta, quando vi ho visto...

Barone                        - Siete molto carina.

Carlotta                       - Speravo che doveste ancora re­star solo ad attendere e che per passare il tem­po mi avreste fatto un po' di corte... perché quel giorno mi avete fatto la corte, non è vero? Non negate; lo avete confessato voi stesso a Bo­riska.

Barone                        - Non lo nego. Non ci penso nep­pure!

Carlotta                       - E quando sono andata da Bo­riska per dirle che eravate qui, mi si è stretto il cuore a pensare che oggi sarebbe stata una giornata grigia e triste come tutte le altre, senza una parola tenera, e affettuosa... e allora non ho detto che eravate qui, sperando così di gua­dagnare qualche minuto e... di avere un altro piacevole ricordo per le giornate vuote... Per­ciò ho mentito. Ecco la mia colpa. Ora la sa­pete. (Pausa).

Barone                        - Carlottina, sapete che siete una bimba molto pericolosa?

Carlotta                       - Io?

Barone                        - Voi, voi. Se non vi conoscessi, se non sapessi che siete ingenua e sincera...

Carlotta                       - Sì, sono sincera!

Barone ...................... - Se non ne fossi convinto, crederei (minacciandola col dito), che volete far la ci­ vetta con me...

Carlotta                       - Io?

Barone                        - (rifacendole il verso) Io? Sì, voi, signorina Carlotta. Non sapete come siete fre­sca, graziosa, carina... come sembrate candida, innocente... e le cose che dite! Beato quello a cui apparterrete...

Carlotta                       - Non apparterrò a nessuno. Nes­suno mi vuol bene. Se sapeste quanto calore... quanta tenerezza è immagazzinata nel mio cuo­re... e con che profusione ne farei dono a chi mi volesse bene...

Barone                        - Carlottina... badate che state gio­cando a un gioco pericoloso.

Carlotta                       - Io?

Barone                        - Voi, voi. Quello che è troppo è troppo. Anche l'ingenuità ha un limite. Io ho solo 45 anni...

Carlotta                       - Non ne dimostrate più di 40.

Barone                        - Un buon giocatore non mostra mai le sue carte. L'avversario non le conosce che alla fine del giuoco. Ripeto che ho 42 anni e non si può civettare impunemente con me. Voi avete soltanto la scusa che non sapete quello che dite.

Carlotta                       - Ho detto quello che sento. Ma se avete paura di me...

Barone                        - Io?

Carlotta                       - (rifacendogli il verso) Io? Sì, voi. Avete paura di me; perciò me ne vado. (Fa per andare).

Barone                        - Ora dovete restare. (Balza in pie­di nervoso) Guarda un po' questa fraschetta che è capace di farmi perdere la calma! (Cammina avanti e indietro. Poi si ferma dinanzi a lei) Cosa vuole da me questa furbacchiona?

Carlotta                       - (fredda) Niente! Avete capito male le mie parole.

Barone                        - (si asciuga la fronte) Dove diavolo imparano queste ragazze?!  (Carlotta gli volta le spalle facendo le bizze) Siete in collera? (Car­lotta crolla le spalle e tace) Sì, siete in collera! Parola d'onore, siete adirata. Questa poi è gros­sa. Se continuate così, fra cinque minuti sarò innamorato di voi come...

Carlotta                       - (si volta, raggiante) Davvero?

Barone                        - Sareste contenta?

Carlotta                       - Felicissima! È il mio desiderio più ardente.

Barone                        - Dite sul serio?

Carlotta                       - Giuro!

Barone                        - No, no... è impossibile!

Carlotta                       - (sospira) Che peccato!

Barone                        - (riflette; dopo una piccola pausa) Carlottina, ditemi un po' che cos'ha Boriska?

Carlotta                       - Non so nulla. Nulla.

Barone                        - Da una settimana è cambiata. Di­stratta, di malumore, poco gentile. Temo che sia innamorata di qualcuno e questo qualcuno non sono io.

Carlotta                       - Non so niente. Non credo.

Barone                        - Si capisce; voi proteggete vostra sorella. Avete ragione. Però oggi Boriska mi ha chiesto che cosa direi se si sposasse...

Carlotta                       - E cosa avete risposto?

Barone                        - Chi l'ha chiesta in moglie? Do­vrò pur saperlo, presto o tardi... (Carlotta esi­ta) Cos'è? Attore, architetto, musicista, pit­tore?

Carlotta                       - (esitando) Poeta.

Barone                        - Terribile!

Carlotta                       - Non amate i poeti?

Barone                        - Solo i classici. Quelli che sono morti da molto tempo.

Carlotta                       - Ma lui è ancora vivo!

Barone                        - Me ne accorgo. Ma non importa. Devo riconoscere... che soffro un poco all'idea di dover rinunciare...

Carlotta                       - Povero barone!

Barone                        - Io non sopporto la solitudine. E se penso che Boriska mi lascerà, togliendomi quel po' di calore e di allegria che fino ad ora mi hanno confortato...

Carlotta                       - Dio mio, ci sono tante belle ra­gazze al mondo.

Barone                        - Molte che sarebbero felici se io offrissi loro la mia amicizia... Ma sono un po' troppo vecchio per fare degli esperimenti e sono anche poco paziente. Qui stavo così bene... mi ero abituato... Boriska... voi tutte... eravate così carine con me... Mi sentivo come in casa mia... Dove troverò ancora questo?...

Carlotta                       - Certo è difficile. Ma ci sarebbe una soluzione...

Barone                        - Quale?

Carlotta                       - Se anche Boriska si sposa, non occorre che voi vi allontaniate. Se vi sentite così bene in casa nostra... se vi piace tanto... potete continuare a venire come prima...

Barone                        - Lo so... Ma non sarebbe più lo stesso... Boriska non ci sarebbe più...

Carlotta                       - Ci sarei io!

Barone                        - Cosa dite?!

Carlotta                       - Vi consolerei... io... e tutto ri­marrebbe immutato.

Barone                        - Carlottina!

Carlotta                       - Avete detto che sareste capace di innamorarvi di me... Lo avete detto, non è vero?

Barone ...................... - Carlottina! (Si asciuga la fronte) Ma dove avete imparato questo? Dove? Dovete essere incredibilmente corrotta o fantasticamen­te innocente per...

Carlotta                       - Barone... ho sedici anni e voi stesso mi avete fatto notare che non sono più una bambina; da allora penso seriamente al mio avvenire. Sono stata per troppo tempo una bim­ba, perché ero la più piccola. Tutti mi viziava­no, nessuno ha pensato che avrei pur dovuto imparare qualcosa. A cucire, a stenografare, a scrivere a macchina... come le altre ragazze po­vere. Dovrò dunque andare sulle scene come Boriska! E che cosa posso aspettarmi dal teatro?

Barone                        - Carlottina... ma allora è sul serio?

Carlotta                       - Sul seriissimo. Non posso più sopportare tutte le carezze di cui mi circondano; vorrei esser finalmente padrona di me, avere i miei abiti, dare ordini alla mia servitù... E se voi voleste...

Barone                        - Se voglio!... Non avrei potuto so­gnare maggior felicità.

Carlotta                       - Allora tutto va bene... (Gli ten­de la mano che il Barone stringe con calore) Se Boriska si sposa...

Barone                        - Ora sono io il primo a desiderare che si sposi...

Carlotta                       - E nessuno deve saper nulla... so­prattutto Boriska!

Barone                        - No, no!

Carlotta                       - Di tutto il resto parleremo do­mani... ma non qui.

Barone                        - A casa mia!

Carlotta                       - Sì, a casa vostra. Alle quattro. Va bene?

Barone                        - Angelo!... Demonio! (Vuole ab­bracciarla).

Carlotta                       - (si libera dolcemente dalle sue brac­cia) Domani... E ora andate...

Barone                        - (prende il cappello) Carlotta, se sapeste come sono felice...

Carlotta                       - Io ho osato e sono riuscita. A ri­vederci, Barone!

Barone                        - Domani alle quattro! (Le bacia la mano e via).

Carlotta                       - (rimane immobile, sorride vittorio­samente e si batte sulla spalla. Poi bussa da Borisha) Boriska!

Boriska                       - (compare sulla porta) Se n'è an­dato il Barone?

Carlotta                       - In questo momento. Oh, Boriska, sono felice, tanto felice! (Le getta le braccia al collo).

Boriska                       - Sei felice... Tanto meglio!

Carlotta                       - (oppressa) Che hai, Boriska? Anche dianzi eri...

Boriska                       - Niente, niente... Chiama la mam­ma e le ragazze...

Carlotta                       - Come vuoi!  (Muovendosi) Sai, mentre parlavi col Barone, c'è stato Pazman.

Boriska                       - Dio mio, era arrabbiato? Impa­ziente?

Carlotta                       - Era di malumore. L'ho mandato via dicendogli di tornare più tardi...

Boriska                       - Sì, facciamo presto!

Carlotta                       - (Via).

(Boriska siede pensierosa accanto alla tavola).

 (Dalla sala da pranzo).

Tunderlak                   - Eccoci, angelo mio! Volevi qualcosa da noi?

Boriska                       - (si alza) Sì, mamma... Sedetevi! (Tutte siedono, meno Boriska).

Olga                            - Il momento è solenne!

Boriska                       - Sì, solenne! (A Petrencey) Caro signor Petrencey, vi stimo molto come futuro cognato...

Petrencey                    - Si capisce!

Boriska                       - Ma devo pregarvi... siccome si tratta di cosa assolutamente privata... forse sa­rebbe meglio...

Petrencey                    - Prego, prego... Avevo immagi­nato che essendo il solo rappresentante del ses­so maschile in famiglia... data l'importanza del­la cosa...

Marisa                         - (a Boriska) Forse potrebbe rima­nere?

Boriska                       - (decisa) No!

Petrencey                    - Prego, prego... Come volete... (A Marisa) Marisa... vi aspetto in sala da pranzo...

Marisa                         - Prendetevi delle sigarette, Gaspare.

Petrencey                    - Col vostro permesso. (Via in sala da pranzo portando la scatola delle siga­rette).

Boriska                       - (dopo una pausa) Alessandro Paz­man ha chiesto la mia mano.

Tunderlak                   - Lo sappiamo.

Boriska                       - E?...

tutto dipende Io non mi im-

Tunderlak                   - Cara figliuola, da te. Tu sai ciò che devi fare, mischio nei fatti tuoi.

Boriska                       - E tu, Olga?

Olga                            - Neanch'io. Sei padrona di te stessa: fa' ciò che credi meglio.

Boriska                       - Un bell'incoraggiamento. Invece di gettarmi le braccia al collo e piangere di gioia cessi che questo progetto di matrimonio mi riempie di giubilo. Marisa si sposa; e dovrei perdere subito dopo un'altra figliuola... quella che mi è sempre stata più a cuore... Ma pur­troppo questo è il destino delle madri. Se credi che diventerai felice, io vi dò la mia benedi­zione.

Boriska                       - Grazie! Allora, tutto va bene! Mi sposo (Pausa) Mi sposo! Avete sentito?

Tunderlak                   - Sì, sì; ho sentito.

Boriska                       - E... non mi dici altro?

Tunderlak                   - Che dovrei dirti? Se ti sposi, qui tutto andrà a rotoli. Oh... non è un rimpro­vero; ce la caveremo in qualche modo. Marisa si marita; quindi per lei non abbiamo da pre­occuparci... Olga ha il suo posto e ci aiuterà...

Olga                            - Non dubitare, mamma; conosco il mio dovere.

Tunderlak                   - Carlottina troverà da mettersi a posto in un'orchestra di dame viennesi o al­tra cosa del genere, giacche suona bene il pia­no... e io... Oh io, se Malvina che si è sposata portando trentamila corone di dote ha potuto imparare a far la manicure, potrò anch'io met­termi a tagliare e lucidare le unghie delle im­piegate delle Poste e Telegrafi.

Boriska                       - Mamma!

Tunderlak                   - Non mi fraintendere... Non si tratta dunque di noi... Ma vi è qualcuno che forse avrebbe da dire una parola in questa fac­cenda, e credo che sarebbe corretto prima di tutto chiedere a lui.

Boriska                       - A chi?

Tunderlak                   - Mi sorprende che non indo­vini... Ludovico...

Boriska                       - Ah sì? Il Barone ha da dire la sua?

Tunderlak                   - Senza dubbio. Da cinque anni ti circonda di bontà e di affetto... Non puoi fa­re un passo così importante senza parlarne con lui... Questa è la mia opinione.

Olga                            - E anche la mia.

Boriska                       - Ah, devo chiedere al Barone? È lui che deve decidere che cosa dobbiamo fare io e l'uomo che amo? E se egli credesse di tenermi ancora per se, dovrei continuare questa vita sen­za gioia? Finché fa piacere a lui? La mia vo­lontà non conta per niente? La mia felicità non è nulla? La mia vita mi appartiene; non l'ho venduta al Barone!... E voi pretendereste che io faccia ciò che egli vuole?

Tunderlak                   - Figlia mia, non devi dimenti­care la gratitudine che gli devi...

Boriska                       - Ma ora basta. Anche l'ultima delle serve ha il diritto di licenziarsi se non è con­tenta del suo padrone. Solo io non potrei cer­care un altro posto, migliore e più tranquillo, dove sarei pagata meno ma stimata di più?

Olga                            - Credo che ti agiti inutilmente. Il Ba­rone non ti può proibire...

Boriska                       - In questa cosa decido io sola.

Tunderlak                   - Ma egli deve ben sapere...

Boriska                       - Lo sa già. Gli ho detto che qual­cuno ha chiesto la mia mano...

Tutte                           - (agitate) E?... Cos'ha detto?

Boriska                       - Ha tentennato; mi ha risposto che non mi può proibire...

Olga                            - Vedi?

Boriska                       - Ma che per lui è penoso...

Tunderlak                   - Naturale, visto che ti ama!

Boriska                       - E che non crede il mio avvenire sicuro, in questo matrimonio.

Tunderlak                   - Ha ragione. Del resto, non ca­pisco perché tu debba spingere tutto agli estremi...

Boriska                       - Che vuoi dire?

Tunderlak                   - Dio mio, sei attrice e nel mon­do in cui vivi nessuno prende queste cose tanto sul serio. Ami un uomo, non puoi vivere senza di lui... bene. Non si può comandare al pro­prio cuore. Ma non è una ragione per pensare subito al matrimonio.

Boriska                       - Non devo pensare?...

Olga                            - La mamma ha ragione! Tu sei un'ar­tista, ma pensi come una sartina. Puoi anche amare Pazman senza diventare la sua sposa fe­dele.

Marisa                         - Il Barone non saprebbe nulla...

Boriska                       - Dovrei essere la sua amante?

Olga                            - Oh, Dio...

Boriska                       - Dovrei tradire il Barone? (Nes­suno risponde) Perché non rispondete? Perché non dite quello che vi leggo negli occhi? Io non posso vivere con due uomini. E se il Ba­rone venisse a sapere che lo inganno?

Marisa                         - Saresti allo stesso punto di oggi e potresti sempre sposare Pazman!

Boriska                       - Questo mi proponete? Voi, le ra­gazze oneste? Solo perché avete paura di dover rinunciare alla vostra vita comoda? Ah, siete molto peggio di me; avete meno onore di una prostituta! Io non sono schiava del barone, ma vostra. Non volete che io esca dal fango, non volete che cerchi la mia felicità! Devo mentire e tradire e voi siete disposte ad aiutarmi, pur di non perdere la vostra agiatezza! E per voi ho sacrificato la mia vita! Perché poteste rimanere oneste! E infatti lo siete rimaste... siete pure, purissime!... Vergognatevi! Oh! E la mamma, la mamma...

Olga                            - Adesso basta!  Insultami quanto ti pa­re, ma lascia stare la mamma!

Marisa                         - Sicuro! A noi puoi dire quello che vuoi... ne hai il diritto... Viviamo della tua ca­rità... e puoi rimproverarcelo... Ma non devi offendere la mamma!

Boriska                       - Ecco, ecco! Unitevi tutte, difen­dete vostra madre! Tutte contro di me...

Tunderlak                   - (lottando contro le lagrime) Sei ingiusta e crudele... Ma capisco quanto sof­fri... e non ti serbo rancore...

Boriska                       - (indebolendosi) Ma è dunque un così gran delitto, voler essere felice? Ho tanto sofferto che mi pare di poter pretendere oggi a un po' di gioia! Sapete cosa vuol dire vivere senza amore? Essere senza amore fra le braccia di un uomo? No! Non lo sapete. No. Dovete aspettare che scocchi l'ora dell'amore legittimo. Ma la mia morale è diversa, la mia morale è corrotta... e perciò non devo poter appartenere apertamente a quello che amo? Devo appartene­re soltanto a quello che mi paga?

Carlotta                       - (prorompendo) No, Boriska, de­vi essere di quello che ami! Non vi è nessun ostacolo... Ho parlato io col Barone!

Boriska                       - Lo so!

Carlotta                       - Gli ho detto tutto... e forse non sono stata molto sciocca, perché infatti ha ac­consentito e ha promesso di rimanere nostro buon amico e... di provvedere ancora a noi. Se non a te...

Boriska                       - Provvedere a voi?...

Tunderlak                   - Vedi che non bisogna essere ingrati?!

Carlotta                       - (alle ragazze) Ridete, adesso! Non ve lo avevo detto che l'avrei maritata? (A Boriska) Questo era il gran mistero. Ora lo sai...

Boriska                       - E il Barone non pretende nulla... in cambio?

Carlotta                       - Boriska, non è bello da parte tua parlare in questo modo di un uomo... cosi ge­neroso, cosi altruista... che solo per te, per la tua f eh cita...

Boriska                       - (debole) Perdonami... sono stata cattiva... credevo... temevo...

Tunderlak                   - Cosa?

Boriska                       - Niente... che... no, no... Perdo­nami, Carlottina... e anche voi, perdonatemi... sono stata cattiva e crudele...

Olga                            - Sei stata ingiusta, ma non sono in collera con te. (La bacia).

Marisa                         - Neanch'io. (La bacia).

Tunderlak                   - E io son tanto felice! (La bacia).

Boriska                       - Anch'io... tanto... felice. Dov'è Pazman?

Tutte                           - Al Caffè.

Boriska                       - Chiamatelo!

Olga                            - (esce, ma rientra subito).

Boriska                       - (a Carlotta) Come ti ringrazio!

Carlotta                       - (imbarazzata) Ma Boriska!

(Boriska va in camera sua. Tutte si guardano).

Petrencey                    - (fa capolino) Domando scusa...

Marisa                         - Gaspare!

Olga                            - Vi abbiamo proprio dimenticato... Ma ora non abbiamo più nulla da nascondervi...

Petrencey                    - Davvero?... La signorina Bo­riska...

Carlotta                       - ... si sposa.

Petrencey                    - Davvero? Mi permetterete però di approfittare dell'occasione per fare una di­chiarazione. Come ho avuto spesso l'onore di dirvi, io sono un uomo sincero; e voglio avver­tire la signora Mamma che non faccia in alcun modo assegnamento su di me... Non posso darle nessun aiuto; potrò già esser contento se riu­scirò a mantenere la mia Marisa.

Tunderlak                   - Non abbiate scrupoli. Non avremo bisogno di calcolare sulle vostre lezioni di ginnastica. Il Barone provvedere anche dopo...

Petrencey                    - Avreste dovuto cominciare col dirmi questo. Dunque Boriska si sposa? È vera­mente un lieto avvenimento familiare... Mi con­gratulo con tutto il cuore...

Pazman                       - (dalla comune) Buona sera!

Tutti                            - Buona sera, signor Pazman!

Boriska                       - (viene col cappello in testa pronta per uscire. Lo vede) Alessandro! (Gli cade al collo).

Pazman                       - (la abbraccia) Boriska? Dun­que... si?

Tunderlak                   - Sì, signor Pazman; vi permet­to di baciare la vostra fidanzata.

(I due si baciano. Carlotta singhiozza forte. Borislta e Pazman si separano spaventati. Tutti si affrettano intorno alla piccola).

Tutti                            - Carlottina!

Boriska                       - Carlottina! Che hai?

Carlotta                       - (tenta dì sorridere) Niente, Bo­riska! La gioia... Sono così contenta di vederti felice... (Le getta le braccia al collo).

(Boriska e Pazman si guardano, poi abbas­sano gli occhi).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Lo studio del Barone. Grande scrivania. Co­mode poltrone di cuoio. Divano, tavolinetto da fumo. In fondo la comune, che dà in antica­mera; a destra porta in sala da pranzo; a sini­stra porta in camera da letto.

 (Al levar del sipario, Pietro è solo, accanto al tavolino e versa del caffè in una tazza. Ac­canto a questa una bottiglia di cognac e una di altro liquore, una scatola di sigarette, due sca­tole di sigari. Dopo aver versato il caffè, Pietro va alla porta di destra, bussa ed entra. La porta si riapre subito, appare il Barone seguito da Pietro che richiude la porta. Il Barone siede accanto al caffè).

Pietro                          - (in piedi accanto al tavolino) Co­gnac o liquore, signor Barone?

Barone                        - Cognac! (Pietro versa). Non è ve­nuto nessuno a cercarmi? (Si accende un si­garo).

Pietro                          - Vi sono due persone fuori che aspettano.

Barone                        - Chi sono?

Pietro                          - Un giovinotto che si chiama Petrencey...

Barone                        - Non lo conosco. Mandalo via!

Pietro                          - Sì, signor Barone. Veramente ave­vo avuto un certo sospetto, perché mi ha detto che è parente del signor Barone...

Barone                        - Mio parente?

 Pietro                         - Per parte della signorina Boriska. La sorella più giovine della signora e lui...

Barone                        - Ah, sì, mi ricordo. È il maestro di ginnastica, quello che... E chi altro c'è?

Pietro                          - La manicure.

Barone                        - Di nuovo! Ma viene ogni giorno, adesso! Mandala via.

Pietro                          - Anche quella dice di essere parente del signor Barone... perché la mamma della si­gnorina Boriska è sua...

Barone                        - (condiscendente) Lo so! Lo so! (Pietro vuole andare). Alt... Bisogna pure che una volta o l'altra lo sbrighi... Fa entrare il giovinotto.

Pietro                          - Sissignore. E la donna?

Barone                        - Che venga un altro giorno.

Pietro                          - Sissignore. (Si avvia).

Barone                        - Aspetta. (Pietro si ferma). Alle quattro verrà una signorina... Non ho pensato ai fiori. Va dal fioraio e prendi venticinque rose rosse. Belle, mi raccomando.

Pietro                          - Come il solito. Ma se vado via adesso, non rimane nessuno per aprire la por­ta... Se il signore permette, manderò la mani­cure a prendere i fiori.

Barone                        - Bene. Almeno sarà utile a qualche cosa.

Pietro                          - Tanto si fa pagare lo stesso. Il si­gnor Barone non immagina com'è abile quella donna. In anticamera ha conosciuto quel gio­vinotto... e due minuti dopo si è messa a fargli le mani, mentre tutti e due aspettavano di esser ricevuti!

Barone                        - (ridendo) Dille che faccia presto. (Guarda l'orologio) Sono quasi le tre e un quarto.

Pietro                          - Oh, si sbrigherà in pochi minuti. (Via).

(Il Barone si accende un sigaro).

Petrencey                    - (entrando) Umilissimo servo, signor Barone!

Barone                        - Buon giorno, giovinotto! Vi ho fatto aspettare un poco... Ma a quest'ora ho l'abitudine di desinare...

Petrencey                    - (osservandosi le unghie) Oh, prego... non mi sono annoiato... Chiedo mille scuse se oso disturbarvi, ma l'altro ieri vi de­gnaste di dirmi...

Barone                        - Sì, sì... Sedete e accendetevi un sigaro... O preferite una sigaretta?

Petrencey                    - (un po' intimidito) Grazie, ho i sigari. (Tira fuori un sigaro enorme. Spaven­tato lo nasconde). Pardon.

Barone                        - (sorridendo) Questi sono migliori. Cinque corone l'uno... Il vostro ne costa tre.

Petrencey                    - (c. s.) Nemmeno... Il signor Barone mi scusi... Sono così confuso... È la prima volta che ho il piacere... e questo ono­re... la vostra straordinaria benevolenza...

Barone                        - Vi ho già detto che se posso fare qualcosa per voi...

Petrencey                    - Si tratta appunto di questo. Io... non sono un egoista. Non chiedo né un posto né una raccomandazione. Oh no. Ho sol­tanto un progetto lungamente accarezzato. Po­trei anche dire: io e Marisa abbiamo un pro­getto... e saremmo entrambi infinitamente fe­lici se il signor Barone volesse... volesse... Il legame spirituale che ci unisce... potrebbe... dovrebbe...

Barone                        - Insomma, decidetevi a spiegarvi!

Petrencey                    - Signor Barone... (Prende un gran respiro) Fateci l'onore di essere il pa­drino!

Barone                        - Il padrino di chi?

Petrencey                    - Del piccolo Ludovico... alla peggio, della piccola Luisa... o, nella migliore delle ipotesi, di entrambi.

Barone                        - Il padrino di chi?

Petrencey                    - Del nostro primo bambino.

Barone                        - (sbalordito) Del vostro primo... Allora avete già...

Petrencey                    - Dio me ne guardi! Intendo di­re, quando sarà tempo!

Barone                        - Ah! E ci pensate da ora?

Petrencey                    - Un uomo giudizioso pensa, an­che prima del matrimonio, all'avvenire dei suoi figliuoli. Possono succedere tante cose! Siamo uomini... mortali... anch'io posso morire, ben­ché sia nel fiore della giovinezza e per di più sia maestro di ginnastica... e morrò più tran­quillo sapendo che mio figlio vi avrà per pa­drino...

Barone                        - Vi ringrazio per la fiducia che mi onora. Siete molto gentile ed io son veramente lieto che abbiate pensato a me. Non occorre che vi dica che, a suo tempo... sarò pronto!

Petrencey                    - Signor Barone! Il piccolo Lu­dovico non vi dimenticherà, ed io...

Barone                        - (si alza) E voi ora tornate alla vostra fidanzata e pensate...

Petrencey                    - Oh, il signor Barone non ci pensi! Il bimbo verrà puntualmente al momen­to giusto.

Barone                        - Ne son persuaso. Con un padre così previdente... Avete avuto cura che il bim­bo non rimanga senza padrino; dovrete dunque badare anche a che il padrino non rimanga senza figlioccio.

Petrencey                    - Il signor Barone può fidarsi di me... come uomo e come maestro di ginnastica. (Via con un inchino).

Barone                        - (suona il campanello).

Pietro                          - (entrando) Comandi?

Barone                        - Vado a riposarmi un poco... Mi sveglierai alle quattro meno un quarto. (Si av­via alla camera da letto).

Pietro                          - Sta bene.

Barone                        - (sulla soglia) Intanto metti in or­dine qui... disponi i fiori... Quando la signorina sarà venuta, puoi andare... Fino alle sei non ho bisogno di te.

Pietro                          - Grazie, signor Barone. (Barone via).

Pietro                          - (apre la porta in fondo. Chiama) Signora!

Malvina                       - (entra portando le rose) Eccomi, signor Pietro!

Pietro                          - (prendendo i fiori) Date qua!

Malvina                       - Devo aiutarvi?

Pietro                          - Così facciamo più presto. Qualcuna in tutti i vasi.

(Dispongono i fiori).

Malvina                       - Va bene così?

Pietro                          - Sì, sì... Ma parlate piano; il si­gnor Barone dorme.

Malvina                       - Chi è la signora che deve venire?

Pietro                          - Non lo so. Il Barone non dice mai il nome. Ne vengono spesso delle signore... Ca­pita anche che qualcuna torni una seconda vol­ta... ma è raro.

Malvina                       - (comincia a fargli le mani) Di­cevo così... se a volte la signora non ha la manicure... potreste raccomandarmi a lei...

Pietro                          - Vedremo.

Malvina                       - Grazie anticipate. C'è proprio bisogno di un po' di aiuto... perché ne capitano tante... Vedete, per esempio, quel giovinotto che era qui poco fa? Gli ho detto che sono la zia di Boriska... Si è fatto manicurare e quando ho finito si è presentato come cognato di Bo­riska... ed essendo parente non ha pagato.

Pietro                          - (ride).

Malvina                       - Ecco finito, signor Pietro.

Pietro                          - Grazie. (Suonano il campanello). Oh, è già qui... Via alla svelta, signora Mal­vina! (Malvina si avvia verso l'anticamera. Pie­tro la trattiene). No, passate di qua, dalla stan­za da pranzo... Andate in cucina e poi dalla porta di servizio... Ma presto, presto. (Via in anticamera).

Malvina                       - Oh, com'è interessante! (Via in sala da pranzo).

Olga                            - (entra agitata).

Pietro                          - (seguendola) La signorina è venuta un po' troppo presto...

Olga                            - Meno male!

Pietro                          - Il signor Barone la aspettava per le quattro...

Olga                            - Il signor Barone non mi aspetta af­fatto.

Pietro                          - Come? Mi ha detto che sarebbe venuta una signorina...

Olga                            - Non sono io. Dov'è il Barone?

Pietro                          - Dorme. Come sempre dopo man­giato.

Olga                            - Svegliatelo subito.

Pietro                          - Impossibile.

Olga                            - Svegliatelo subito. La signorina che il Barone aspetta è mia sorella, capite? Ed io non voglio... (Suonano il campanello. Olga piomba su una sedia). Dio, è già qui!

Pietro                          - La prego, signorina, se ne vada.

Olga                            - No.

Pietro                          - La supplico...

Olga                            - Aprite la porta! Me ne vado, ma conduco mia sorella con me...

Pietro                          - Per carità, parli piano...

Olga                            - Andate ad aprire.

(Pietro crolla le spalle e via. Olga si nascon­de dietro a un mobile).

 (Marisa entra seguita da Pietro).

Marisa                         - (gettandosi su una sedia) Dio che corsa!

Pietro                          - Il signor Barone aspettava la si­gnorina alle quattro. Perciò...

Marisa                         - Mi aspettava? Niente affatto...

Pietro                          - Come?

Olga                            - (avanzandosi) Marisa!

Marisa                         - (cadendole al collo) Olga!

Pietro                          - Le signorine si conoscono?

Olga                            - Anche tu dunque? (Marisa accenna di sì).

Pietro                          - Per carità, signorine... parlino pia­no... piano...

Marisa                         - (piagnucolosa) Se sapessi... Carlottina... è uscita di corsa...

Olga                            - (piagnucolosa) Lo so... (A Pietro) Svegliate subito il Barone!

Marisa                         - Ditegli che ci sono due signore che lo aspettano.

Pietro                          - (guarda l'orologio) Impossibile; non posso chiamare il Barone prima delle tre e tre quarti... Prego le signore...

Olga                            - (sedendosi) Allora aspetteremo.

 Marisa                        - (sedendo accanto a lei) Fino alle tre e tre quarti. (Pausa).

Pietro                          - Ma signore... Non si può... (Nessuna risposta). L'unico risultato sarà che il signor Barone si arrabbierà e mi caccerà via... (Sussulta, presta orecchio, corre alla porta dell'anticamera). Hanno aperto la porta. (Apre   uno spiraglio).

Olga e Marisa             - (balzano in piedi) Eccola! (Corrono a nascondersi dietro a un mobile).

Pietro                          - È una persona che ha la chiave   di casa. (Apre del tutto; si vede Boriska). Lai signora! Ora non capisco più nulla!

Boriska                       - (rimanendo sulla soglia) Dov'è! il Barone?

Pietro                          - Riverisco, signora. Dorme.

Boriska                       - (entrando) Tanto meglio. Non» sembrate molto contento di vedermi!

Pietro                          - Temo che la signora non giunga in momento opportuno.

Boriska                       - (guardandosi attorno) Me ne accorgo dalle rose. Il Barone aspetta qualche[ altra.

Pietro                          - Quella che aspetta non è ancora venuta...

Olga e Marisa             - (avanzandosi) Boriska!

Boriska                       - Voi?

Olga e Marisa             - Noi! (Pietro fa un gesto» di stupefazione).

Boriska                       - (a Pietro) Potete andare!

Pietro                          - (grattandosi la testa) Pardon, mal le signorine non possono restare qui... Neanche? la signora...

Boriska                       - Va bene, va bene. (Impaziente) Andate, vi ho detto!

Pietro                          - Sì, signora! (Via esitando).

Olga                            - Non ci sgridare!

Marisa                         - Non abbiamo osato dirtelo... mal Carlotta...

Olga                            - Carlotta...

Boriska                       - Carlotta... (Tutte e tre si mettono a piangere).

Olga                            - La mamma ti ha raccontato?

Boriska                       - Sì... Ora tornatevene a casa e dite alla mamma che tutto è sistemato... Tutto.

Olga                            - Boriska!

Marisa                         - Ma...

Boriska                       - Non abbiate timore di nulla!

Olga                            -   Devo dirti ancora una cosa.

Marisa                         - Anch'io.

Boriska                       - Cosa?

Olga                            - Dopo che Carlottina è uscita, sono! andata in camera sua. Tutti i cassetti erano spalancati. A terra, lettere e carte. Fra queste ho trovato... (Trae dalla borsetta un foglio di carta su cui è copiata la poesia di Pazman).

Marisa                         - (aprendo la sua borsetta) Anche questa l'ho trovata in camera sua. (Trae un'al­tra copia della poesia).

Boriska                       - Ed anch'io. (Trae anche lei dalla borsetta altre due copie).

Olga                            - Due?

Boriska                       - La seconda me l'ha data la mamma.

Olga e Marisa             - Boriska! (L'abbracciano piangendo).

(Olga e Marisa via. Si sente suonare. Boriska sussulta e presta orecchio).

Pietro                          - (entrando) Signora, c'è una per­sona che vuol parlare urgentemente col signor Barone.

Boriska                       - Una signorina?

Pietro                          - No, un signore... cioè un uomo... (Sprezzante) Certamente un borghese. Ha le ma­ni (si guarda la sinistra) malcurate. (La porta si spalanca e Pazman irrompe).

Pazman                       - (vedendo Boriska) Meno male che siete qui! Almeno ascolterete anche voi quanto debbo dire al Barone.

Pietro                          - (piano) Ssst! Il signor Barone dorme.

Pazman                       - Me ne infischio. (Cammina agitato per la stanza).

Boriska                       - (a Pietro) Andate pure!

Pietro                          - Ma... (Suonano) Dio Onnipotente, chi altro sarà?!

Boriska e Pazman       - (insieme) È lei!

Boriska                       - Come, voi sapete?

Pazman                       - Tutto da Petrencey. Glielo hanno detto le vostre sorelle ed è subito corso da me...

Boriska                       - Ma se non sa dove abitate!

Pazman                       - È venuto a cercarmi al caffè, na­turalmente... e mi ha detto che ero l'unico uo­mo della famiglia che poteva intervenire. Era mio dovere. Egli non poteva farlo, essendo troppo intimo del barone. Ah, questo barone! Un bel gentiluomo! E che conservatore! Non vuole uscire dalla famiglia, lui! Ma lo ringra­ziamo tanto della premura. Con Carlottina... non se ne fa nulla...; siamo molto spiacenti di dover rinunciare a così nobile cliente!

Boriska                       - (malsicura) La amate?

Pazman                       - Molto! (Risovvenendosi) Perché è vostra sorella.

Boriska                       - Solo per questo?

Pazman                       - Perché è una buona bambina, un'innocente che cerca di farvi raggiungere la mia  felicità o quella che essa ritiene tale a prezzo della propria vita.

Boriska                       - La mia felicità... Com'è commo­vente! E voi non vedete in tutto questo che af­fetto di sorella? No, Pazman; solo per amore si agisce verso sé stessi in modo così insensato. So­lo la passione senza speranza è capace di tale sacrificio (Pazman tace) Non per la sua fami­glia, non per sua sorella si è voluta immolare, ma per l'uomo che ama e al quale non può ap­partenere perché egli sposa un'altra.

Pazman                       - Non è vero.

Boriska                       - È vero. Carlotta vi ama e voi lo sapete. (Pazman tace) Lo sapete, e malgrado ciò volete sposarmi! Per compassione, per ri­spetto alla vostra parola, per falsa cavalleria. Ma presto o tardi me ne sarei resa conto; e che vita sarebbe diventata allora la mia!... No, Alessandro; vi ringrazio per la buona volontà che avete di salvarmi; ma non sarò vostra mo­glie... O insistete ancora?

Pazman                       - Io...

Boriska                       - Non rispondete! Avete già rispo­sto come dovevate rispondere.

Pazman                       - Ecco... ho perso la fede che avevo nella nostra felicità, quando ho saputo che Car­lotta voleva sacrificarsi ad essa. È un sacrificio...

Boriska                       - ... che non possiamo accettare.

Pazman                       - Ma se l'amore di questa piccina non è che il fuoco di paglia di un cuoricino in­fantile?

Boriska                       - Non lo è. È un amore disperato. Una passione che sa di vita e di morte. Salvate Carlotta.

Pazman                       - Credete che la cosa si possa risol­vere così facilmente?

Boriska                       - Non lo credo; ne sono certa. Do­vete solo cercare di amare quella bimba... se lo volete seriamente, non vi sarà difficile. Dio mio, non dico che possiate così, da un momento all'altro... Ah, Pazman, come ha pianto quando ci siamo baciati... e quando avete chiesto la mia mano e quando mi guardavate... No, Alessan­dro, voi non mi avete amata.

Pazman                       - Non vi ho amata?

Boriska                       - Mi avete solo compianta. La mia vita rovinata vi dava dolore.

Pazman                       - Boriska, non posso parlare... Ho il cuore gonfio di tristezza ... Compiango voi e me..

Boriska                       - E Carlotta, no?

Pazman                       - Anche Carlotta... sì...

Boriska                       - E che intendete fare?

Pazman                       - Quello che fa un poeta in un caso simile. Vado in un caffè e scrivo dei versi ma­linconici... Chi li leggerà non avrà davvero vo­glia di ridere.

Pietro                          - (entrando) Scusino: il Barone...

Boriska                       - Chi era che aveva suonato poco fa?

Pietro                          - (mentendo) Il portalettere, quello delle raccomandate. L'ho mandato via... Non era cosa urgente.

Boriska                       - (a Pazman) Adesso andiamo.

Pazman                       - (piano) E Carlottina? Se viene...

Boriska                       - (piano) L'aspetteremo giù al por­tone. (A Pietro) Non dite al Barone che sono stata qui... Capito?

Pietro                          - Sì, signora.

Pazman                       - E non gli parlate neanche della mia visita. (Gli dà del denaro ed esce con Bo­riska).

Pietro                          - (guarda la moneta) Che razza di gente! (Apre la porta dell'anticamera e un'altra porta interna) Prego, si accomodi.

Carlotta                       - (entra timidamente),

Pietro                          - Chiamo subito il signor Barone. La signorina mi scusi se l'ho fatta entrare in stanza da bagno. Ho dovuto prima fare andar via dei visitatori noiosi.

Carlotta                       - Oh, è molto bella la stanza da bagno.

Pietro                          - La adoperiamo tutti i giorni... (Via in camera da letto. Torna subito) Il signor Ba­rone viene subito. (Via).

(Carlotta rimasta sola, è inquieta. Si guarda nello specchio, tira il suo vestitino come se vo­lesse allungarlo, prende un bombon da una bom­boniera che è sulla tavola, esita a metterlo in bocca. Sente dei passi, chiude subito a pugno la mano in cui ha il bombon).

Barone                        - (sulla soglia della sua camera) Car­lottina! Siete venuta davvero... Vi ringrazio.

Carlotta                       - Avevo promesso e ho mantenuto la parola.

Barone                        - Volete rimaner lì? Non avete il co­raggio di avvicinarvi di più?

Carlotta                       - Oh sì - (Si avvicina) Eccomi!

Barone                        - Cara, cara piccina... Datemi la mano. (Bacia il palmo della mano in cui Car­lotta ha schiacciato il bombon) Com'è dolce que­sta manina... Via, sedetevi qui, in questa gran poltrona... Metteremo un cuscino sotto a questi piedini... (Eseguisce) Così...

Carlotta                       -   Grazie, siete molto buono.

Barone                        - Cosa volete adesso? Un fiore? Que­ste belle rose... son tutte per voi...

Carlotta                       - Grazie.

Barone                        - Un biscotto? Un bicchierino di vin dolce? Una sigaretta?

Carlotta                       - Niente... grazie... niente. (Si guarda attorno) Com'è bello qui.

Barone                        - Oh, è semplicemente la mia stanza da lavoro. Le altre camere... (Si alza).

Carlotta                       - No, no, restiamo qui. (Respira profondamente) Cominciate, vi prego.

Barone                        - Cominciare?

Carlotta                       - Ma sì... Sono qui...

Barone                        - Carlottina  (Le afferra la mano).

Carlotta                       - Mi sono espressa male? Perdona­temi, ma non sono abituata... non so... Sono stupida, vero?

Barone                        - No. Solo un po' strana. Eppure...

Carlotta                       - Sono tanto imbarazzata... Vede­te, ieri a casa... ho parlato di questa cosa con tanta indifferenza... ma ora... qui... confesso sinceramente che non, so bene cosa debbo fare... Spero che non la prenderete in mala parte...

Barone                        - E perché dovrei farlo?

Carlotta                       - La cosa principale, è che io di­venti vostra amante... questo lo so...

Barone                        - Cara Carlotta... scusate, ma avete detto questo... in modo così deciso... come se il pensiero non vi sorridesse... anzi...

Carlotta                       - Oh Dio... non posso negare che non sono così coraggiosa come ieri... ma c'è la buona volontà... e la mia parola... Soltanto di­temi cosa devo fare?

Barone                        - Devo dirvelo io?

Carlotta                       - Voi capite queste cose meglio di me. Dunque...

Barone                        - Sicuro, le capisco meglio... ma, ca­ra Carlottina, non sono cose di cui si possa par­lare in tono così freddo e tranquillo...

Carlotta                       - E come?

Barone                        - Ma... come ne parlavate ieri. Non vi ricordate? Diceste che avevate immagazzinato in cuore tanta tenerezza e tanto calore, e che ne avreste donato a profusione a chi vi avesse vo­luto bene... Dunque...

Carlotta                       - Ma... non so...

Barone                        - Però lo avete detto, non è vero?

Carlotta                       - L'ho detto.

Barone                        - E avete anche detto che sareste fe­lice di appartenermi... vero?

Carlotta                       - Sì.

Barone                        - E oggi? Dove sono andate le vostre promesse? Io non sono un presuntuoso e non posso pretendere che così, di punto in bianco, al primo sguardo, vi innamoriate di un uomo che è vicino ai 40 anni...

Carlotta                       - (in fretta) Questo non l'ho pro­messo.

Barone                        - Ma un po' di tenerezza, un po' di incoraggiamento...

Carlotta                       - Oh bella! Sono qui che batto i denti per la paura e dovrei incoraggiarvi... Ave­te dunque paura anche voi?

Barone                        - No... non ho paura; ma oggi mi sento incerto dinanzi a voi. Cosa avete imma­ginato? Non ci avete pensato neanche un mo­mento che sarebbe avvenuto qui?

Carlotta                       - Ci ho pensato molto anzi. Non ho chiuso occhio tutta la notte.

Barone                        - Ebbene?

Carlotta                       - Mi sono figurata che sarei venu­ta qui, sarei diventata la vostra amante e me ne sarei tornata a casa tranquilla e contenta.

Barone                        - Carlottina, mi dispiace... ad ogni minuto che passa, cresce in me il sospetto che voi siate venuta qui... come si va dal dentista. Levarsi presto il dente... e tornarsene a casa tranquilla e contenta... È così?

Carlotta                       - Quasi.

Barone                        - (grattandosi la testa) Dunque il... il... Insomma, credevo che aveste un po' d'ami­cizia per me.

Carlotta                       - (piano) Sì.

Barone                        - Capisco. (Si alza) Dunque, cara bambina, vi ringrazio molto; ma a queste condi­zioni non posso accettare la vostra generosa of­ferta...

Carlotta                       - (spaventata) Cosa dite?

Barone                        - Ieri non sapevate quello che dice­vate, e oggi...

Carlotta                       - Oggi non so niente. Sono stupi­da. Dico tutto alla rovescia e voi mi frainten­dete...

Barone                        - No, no, bambina. Avete detto tut­to benissimo ed io vi ho perfettamente com­presa...

Carlotta                       - Ma è terribile!  Ecco che ho rovi­nato tutto. Dio, Dio... E pensare che non c'è altra soluzione!

Barone                        - Non c'è altra soluzione?

Carlotta                       - No. Boriska non deve essere in­felice... Ho fatto così bene il mio progetto... Tutto deve rimanere come prima. La mamma continuerà a vivere tranquilla e senza pensieri e anche voi non ve la prenderete troppo, per il matrimonio di Boriska... Se mi respingete, è il crollo di tutto e...

Barone                        - Allora è questo che volete fare? Sacrificarvi per la vostra famiglia, per Boriska? Come avete preso questa spaventosa decisione? Ora dovete confessarmi tutto...

Carlotta                       - Vi giuro che lo facevo a fin di bene... per il bene di tutti! Sarebbe stato un sacrificio soltanto se dalla vita io avessi aspet­tato qualcosa... se avessi dovuto conservarmi per qualcuno che mi ama... Ma non è il caso... Nes­suno mi ama; e quello che io amo... (Volgen­dosi altrove) Tutta colpa vostra... Avremmo avu­to tempo di parlare più tardi...

Barone                        - Forse avete ragione, la colpa è mia; ma ora è troppo tardi!

Carlotta                       - No, no... Siete il primo che mi bacia... Non ho ancora baciato nessun uomo.

Barone                        - (sconcertato) Carlottina, non mi inducete in tentazione...

Carlotta                       - Sono tanto infelice!

Barone                        - (dolce ma risoluto) Ora ve ne an­drete a casa buona buona e stasera prima di ad­dormentarvi... Avete l'abitudine di pregare?

Carlotta                       - No.

Barone                        - Per una volta... tanto per cambia­re... Non occorre che sia stasera... Ma quando dovrete essere di quello che amate... ripen­sate alla giornata di oggi e ringraziate il buon Dio di avervi protetta...

Carlotta                       - Avrei sostituito per voi Boriska... A casa sono scontrosa con tutti perché mi consi­derano sempre una pupa; ma qui sarei stata docile e arrendevole come una bambina...

Barone                        - (accarezzandole i capelli) Una bra­va e buona bambina, come siete... una bambi­na... (La trae a sé e la bacia teneramente senza passione, sulla fronte).

Boriska                       - (irrompe, si precipita ad abbracciare Carlotta) Carlotta, Carlottina! Povera pazzerella, cosa fai qui?

Carlotta                       - (tremando) Boriska... cara... so­lo per te... volevo... per il tuo bene...

Boriska                       - (scoppiando in una risata) Il mio bene!

Carlotta                       - (piangendo) Speravo che non lo avresti saputo... mi avevano promesso che te lo avrebbero detto solo dopo il tuo matrimonio...

Boriska                       - Invece me lo hanno detto... e per­ciò sono qui. (Al Barone piena di disprezzo) E voi avete abusato della generosità, dell'inco­scienza di questa creatura!... Vergogna!

Barone                        - Pardon, pardon... non ho abusato affatto.., Non è successo nulla.

Boriska                       - Ma non avete indovinato subito che cosa spingeva verso di voi questa piccola pazza? Vi detesto! (Pausa).

Barone                        - Siete ingiusta, Boriska. Forse non sono tanto colpevole come credete. Se sapeste com'è facile per una bella bimba senza esperien­za far perdere, la testa a un uomo esperto! Mi ha parlato di voi... dicendomi che voleva fare in modo che io vi dimenticassi, che non sentissi troppo la vostra perdita. È dunque tanto stra­ordinario che un pover'uomo afferri con tutte e due le mani la felicità che una cara creatura gli offre?

Boriska                       - Non dico che abbiate cercato l'av­ventura; ma siete stato ben contento di averla trovata.

Barone                        - Sono stato molto coscienzioso, perché ho rimandato a casa sua ciò che avevo tro­vato, quando mi son reso conto che non era mia proprietà.

Boriska                       - Lo restituiremo a chi lo aveva quasi perduto.

Carlotta                       - (sgomenta) Boriska!

Barone                        - (a Carlotta) Chi è il giovane che amate tanto che per causa sua volete diventare la mia amante?

Carlotta                       - (agitata) Non è vero, non amo nessuno... Dio, Dio, come sono infelice... (Piange).

Boriska                       - (con tenerezza) Non piangere!  (Al Barone) Non è una bambina sciocca? Ora teme che io mi arrabbi perché... è innamorata del mio ex-fidanzato.

Barone                        - (commosso) Del vostro ex...

Boriska                       - Non lo è più.

Barone                        - Capisco.

Carlotta                       - Ma io non accetto. Vorresti sacri­ficarti di nuovo? Ancora e sempre? Ci hai dato tutto e ora dovrei toglierti anche l'uomo che ami?

Boriska                       - Non lo amo, Carlottina; e anche lui non mi ama. Ci siamo ingannati tutti e due... Via, non piangere; sistemeremo tutto.

Carlotta                       - Boriska, se hai un briciolo di compassione...

Boriska                       - Va' un momento in quella ca­mera.

Carlotta                       - (supplicando) Boriska!

Boriska                       - Hai sentito quel che t'ho detto? Vai!

Barone                        - Non c'è nessun pianoforte di là. (Carlotta china la testa e va in sala da pranzo).

Boriska                       - Povera Carlotta!

Barone                        - Non vi preoccupate per lei. È in­telligente. Se è riuscita a far perdere la testa a me, la cosa le sarà facilissima col giovanotto.

Boriska                       - Se così fosse!

Barone                        - Lo sarà. (Piccola pausa) E per me non c'è perdono?

Boriska                       - No!

Barone                        - Non sapete cosa siete per me? Vi stimo come se foste mia moglie.

Boriska                       - E mi tradite nello stesso modo.

Barone                        - È la prima volta che mi fate l'onore di esser gelosa di me.

Boriska                       - Voi non me lo avete mai fatto... No, amico mio; la nostra relazione ha raggiunto il culmine... Ormai non vi sarebbero altro che alterchi... e noia.

Barone                        - Perché? al momento che non sia­mo sposati... Perché non potremmo restare buo­ni compagni? Ah, Boriska... l'amore fiorisce... poi avvizzisce ed ha il cattivo odore delle cose E corrotte... ma quello che noi sentiamo uno per l'altro, è qualcosa di più duraturo dell'amore...

Boriska                       - (amara) Sicuro... Gratitudine! Maio, per conto mio, non vi darò più motivo di essermi grato... In avvenire, la gioia che avreste da me, sarebbe ben poca.

Barone                        -   Siate generosa, Boriska... La mia gioia non dipende tanto da voi, come dite, quanto da me... la gioia che mi dà la vostra grazia, il vostro passo, il vostro sorriso... quella non potete togliermela... a meno che non vogliate proprio sfuggirmi...

Boriska                       - (sorridendo) Siete un seduttore I raffinato.

Barone                        - (guarda verso la porta da cui è scomparsa Carlotta, sospirando) Ne ho dato prova... (Boriska china la testa. Le vengono le lagrime. Il Barone con calore) Vieni, vieni a piangere accanto al tuo vecchio amico.

Boriska                       - (l'amarezza repressa prorompe) Gli ho voluto molto bene...

Barone                        - (accarezzandola i capelli) Piccola eroina. (Nell'appoggiarsi alla tavola, si siede senza volere sul campanello) Oh Dio, ho suonato... Ricomponetevi... (Boriska si asciuga gli occhi).

Pietro                          - (entrando) Comandi?

Barone                        - Pietro... togliete le rose dai vasi... il profumo troppo forte dà l'emicrania alla signora... e servite il tè in sala da pranzo... per tre persone...

Pietro                          - (sottovoce, confidenziale) Per due?

Barone                        - (forte) Per tre. (Via con Boriska in sala da pranzo).

Pietro                          - (rimasto solo, toglie le rose dai vasi; crollando la testa) Il signor barone invecchia!

FINE