Massimo Cometta
Le Streghe di “Püs” ( Arogno )
a cura di
Bernardo Jermini
Docente nella Scuola Maggiore di Arogno
( Estratto dall’ « EDUCATORE » n° 9 -10 – 11 )
1930
REZZONICO – PEDRINI
LUGANO
INTRODUZIONE
La trama della commedia, ora quasi dimenticata dalla popolazione di Arogno, venne ideata dal defunto Massimo Cornetta, e rappresentata nel 1986. Ebbe allora, a quanto sidice, un grande successo: alcuni personaggi che figurarono sulla scena, vivono tuttora.
Sulla scorta di informazioni e dopo ricerche, potei rintracciare il manoscritto, già guasto e mancante di alcune pagine. Ho cercato dì seguire e completare, nella trascrizione e ricostruzione della leggenda, il pensiero dell'autore. Da notare che la parlata è quella antica, oggi non usata che dai più vecchi.
Le scene della leggenda si svolgono in una selva, sulla Collina di «Vissino», territorio tra i paesi di Arogno, Maroggia e Bissone, a quell'epoca provvisto di secolari castagni, di ginepri e di agrifogli. Da tempo sono spariti i castagni: un folto bosco di faggi copre ora la zona, già dimora, secondo la superstizione, delle streghe.
Alcune scene avvengono nell'interno del villaggio: ancora oggi esiste la piazzetta del «Valegg» Probabilmente, vicino a questa, sorgeva il convento, di cui padre Dionigi era il superiore.
La storia rìsale al 1500-1600.
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Fra gli aragonesi che onorarono il nostro comune e che lasciarono traccia, non soltanto nel borgo, dove tutti possono ammirarne gli stucchi e le pitture nella chiesa parrocchiale che, per bellezza, gareggia con quella diBissone, ma anche all'estero: insieme con Adamo, che coi suoi figli ed abbiatici edificò la vetusta Cattedrale di Trento, con Angelo, pure da Arogno, che alla fine del secolo XIV gettò le basi della cappella maggiore del Duomo di Vicenza e di cui non si conosce il cognome, malgrado tutte le ricerche; con Stefano Concilio e i Colomba e gli Artari (famiglie ormai tutte estinte). si può annoverare, conservando le debite distanze, anche il nostro Massimo Cometta.
Massimo Cometta era scultore e , probabilmente, apprese quest'arte emigrando nel vicino Regno, con altri compaesani artisti e frequentando le scuole serali. Fu in-felice. Dal matrimonio con Francesca Maderni di Capologo, ebbe quattro figli: Pietro, Dionigi, Virgilio e Silvio. Ad uno ad uno a breve intervallo, se li vide rapiti dalla morte: tutti nel fior degli anni da un male insidioso che non perdona.
Dionigi frequentava l'Accademia in Brera a Milano, verso il 1865. e si era affermato, pare, come scultore. Si dice che nella scuola frequentata esista ancora una opera di sua fattura. Fra tanti dolori, Massimo Cornetta non si avvilì : continuò ne' suoi lavori, talvolta originali: scene di gesso della vita paesana, bozzetti comici, medaglioni di terracotta.
Nel cimitero di Arogno si possono vedere alcuni di questi lavori tra i quali un'anfora di terracotta, che contiene le poche ossa dei figli suoi defunti. Nel palazzo comunale ci sono due medaglioni pure di terracotta, rappresentanti Dante Alighieri e Galileo Galilei. Molti lavori vennero portati da casa sua nel vecchio palazzo comunale, ma ora quasi tutti sono rovinati e più nulla rimane di buono.
I lavori di terracotta venivano fatti cuocere nelle fornaci di Balerna.
Si occupava anche di pittura Quando nel 1886, si recitò la sua commedia preparò tutti gli scenari rappresentanti il piano di Pus e l’interno del villaggio, con la piazzetta del Valegg. Non era però buon pittore: era piuttosto caricaturista.
So chesi occupò anche dellastoria locale e che lasciò altri scritti. Ma dove ricercarli? Forse smarriti o distrutti inconsapevolmente, allorquando venne venduta la casa in cui abitava.
Nel 1886. Massimo Cometta ebbe grandi onori dalla popolazione, in occasione della rappresentazione della Commedia, il teatro era zeppo. Venne chiamato ripetutamente alla ribalta; testimoni viventi mi assicurano che temevano, che per la troppa gioia, impazzisse.
Ringraziò il pubblico con le lacrime agli occhi balbettando e, pallidissimo, lo sidovette condur via, giacchè, per la commozione, non trovava la via d'uscita.
Il giorno dopo, volle invitare gli artisti a un pranzo e ad una passeggiata: e come ricordo, regalò a ciascuno un cappello con il costume fatto confezionare appositamente per l’occasione. Molti oggi parlano ancora di « Scior Massimin » a cagione della scuola ornamentale ch’egli teneva durante le sere d’inverno, in casa sua gratuitamente. I giovani accorrevano numerosi. Ora sono invecchiati. Dopo la pubblicazione delle Streghe di Püs mi dissero più volte, e ciò fa piacere:Teniamo ancora i disegni! Là s’impara! E con quale passione c’insegnava!
Massimo Cometta nacque in Agogno il 28 luglio 1810.
Ebbe la sfortuna di perdere troppo presto anche la sua compagna. Coll’invecchiare, mi si dice, lo si vedeva per le vie del paese accompagnato dal fido cagnolino coperto da un panno rosso, e lui col cappello ornato da una piuma.
Morì a 90 anni8, il 3 marzo 1900, in Arogno.
Agogno M.o BERNARDO JERMINI
PERSONAGGI
A) Di AROGNO
Padre Dionigi, frate del convento di Agogno e capo del «barlozz» (ballo delle streghe).
Filizz Gobbo, colla gobba.
Minii, giovinetta.
Bolard, oste.
Maino, pittore.
Bristol Giulio, stuccatore.
Trezz Stefano,
Colomba, pittore.
Artari, stuccatore e pittore.
Serena, capitano del genio.
Concilia Polidel, da Deraggio frazione di Agogno.
B) Di MIROGGIA
Seppin, col gobbo
Braga, signore.
Rodaro, architetto.
Borsa,
Fossati,
C) Di BISSONE
Bormino, architetto.
Orsallo, pescatore.
Gaggino, pescatore,
Bolina,
Somarno,
ATTO PRIMO
Il palcoscenico rappresenta la selva «al pian del Püs» con vecchi alberi castanili, ginepri e pangiaral(agrifogli).
SCENA I
All’alzarsi del sipario è di scena la giovane Mimii, la quale è intenta a caricare la sua gerla di legna e « fassetti » di ginestre, poi mette le mani sopra agli occhi per guardare il tramonto del sole.
MIMII Oh, a va già gio’ al soo. L’è a momenti nöce e sont nucamò chi a Püss..
Ma carsigneliis!A che ora rivaroia a Rögn?! Begna che faga prest, impressa, a to sü al mè gerlo in spalla, se no al vego scür e vedaroo pö piü mènca al scuteo d’andaa a cù (si mette le mani sui fianchi) e, a di la verità nèè a gho pagüra che venga i strii, che incöö le sabatt e i vegnarà scur a faa il burlozz. Oh Sümaria! Cosa ma capita mi!...Basta, adess inviemas etappasciem via impressa, impressa. La mia mam Perla, la ma specciaräa u scena; donca andem(fa qualche passo e poi si ferma ad ascoltare mettendo le mani alle orecchia; a questo punto si farà un bisbiglio). Oveii…a ma par già da sentii di vos cumè a chèntà…Ma si, oh! Che baccan che si fa; en vegn da tanti part voci:sabatt,sabatt..) Ma sigüra che je proprii lor , i striii e i par miga poch!I uevf vess ‘na mota. Pütasca…ohsi! A iè sicür trenta o quaranta a di poch!Ma cara Madona jutemm, oimè! A ma senti fine a rügaa tütt i buseech dalla pagüta(Sabatt,Sabatt,Sabatt).Oh jè li poss, scappem, scomiimas in d’on quai sit perché na i ma veda: ecco, andaroo dènt là in quella garbötta: si , presto andem dènt i pöö quel che sarà, sarà… (prende la gerla e va a nascondersi).
SCENA II
Entrano in scena, da varie parti, i componenti il barlozz a braccetto con una ragazza a due a due con lanterne di carta accese e vanno ad appenderle agli alberi, cantando e ballando «Sabatt,Sabatt» e facendo cerchio intorno al capo-priore Dionigi facendogli inchini, che egli corrisponde a tutti, e poi dice:
FRATE Ben venuti, amici e compagni. Bravi! sempre allegri dunque! Faccio i miei complimenti anche alle brave e belle signorine.
TUTTI Grazia, grazia!
FRATE Prima mia operazione sarà quella di fare l’appello per vedere quanti ci troviamo presenti. Attenti e ciascuno risponda!Prima comincio a chiamare quelli del Borgo di Rogno:
- Padre Dionigi, frate della truppa? -Eccomi qui;
- Bolard? -Oo;
- Maino? -Oo;
- Bristol? -Lì;
- Trezz? -E;
- Colomba? -Ti;
- Artari? -Ché;
- Serena? -Chi;
- Cometta Polidel?
BOLARD L’avarà miga podu vegni perché la sora Simonetta la stènta un poco a vegni in su: a capii?
FRATE Maoggia
- Sciur Braga? -C’è;
- Rodaro? -Chi;
- Borsa? -Tu;
- Fossato? -Ao;
Bissone
– Bormino ? -Sunt chi;
- Orsallo? -Oo;
- Gaggino? -Lì;
- Bolina? -Oo;
- Somarno? -Ghè;
Dunque ci ritroviamo in diciassette«vuomini» e vi «sarà »sedici donne; va bene?(si,si). Orbene, direttissimi amici e confratelli miei, permettetemi ch’io, qual capo di codeste riunioni sociali e festeggiamenti sabateschi, vi indirizzi una parola che mi viene spontanea dal cuore, ed è per felicitarvi, ed augurarvi un buon proseguimento di queste nostre riunioni e feste e prosperamente, con aumento di altri nuovi soci ed altre cose essenziali pel suo progresso. Lodo molto il vostrozelo e la premura di venire puntualmente qui all’ora fissata, a festeggiare,uniti,il nostro sacro sabato, con una buona e frugale ricreazione e e per bere un bicchierino alla salute e prosperità del barlozzo delle streghe, nonché alla salute delle amabili e graziose connette che colla «sola»presenza ci «onora» e abbellisce e ci tengono grata compagnia, ed infine vi raccomando il silenzio, cioè di tenere segreto quanto noi qui facciamo e discorriamo in codeste nostre riunioni, che così la si potrà durare per molti annie più ancora per molti secoli seculorum amen…
TUTTI Bene! Bene! Bravo! Eviva el nost prior.
FRATE Ora facciamo un po’ di conti: vediamo cosa c’è da manducare questa sera. Ecco, mè pel primo, ho qui un barletto di vino del Tensale(1) (lo posa)e tü Bolard?
BOLARD Mi a ghoo chi ona boccia da salam da fidagh bella cotta.
FRATE E tii sig. Giüli Bristol?
(1)Zona sopra il paese di Arogno, Ronchi, Teusan è anche un folto bosco che serve appunto a riparare il villaggio dai sassi che potrebbero staccarsi dal Sasso Rosso. Questo bosco esisteva già prima del 1500.
BISTOL Ecco chi di formaggio da qui da Monte Crocche
FRATE E Maino cosa ha?
MAINO Ou bel piat da triffol cont sora i söö bravi öff.
FRATE E tu Trezz?
TREZZ Mi a va presenti di bei pergnocch, da qui là in Casnag(3)
FRATE Adesso al scior Colomba…
COLOMBA On bel piat da tortei.
FRATE Ed il signor Artari?
ARTARI Mi a ghoo chi on covagnèn da figh fioron.
FRATE E tii, Orsetto da Bissone cosa tieni?
ORSATTO Mi ò a portaa ona biella d’ogoug bei e cott e carpionaa.
FRATE Buonissimi. E tii Gaggino?
GAGGINO Una grossa anguilla bella e rostida.
FRATE Ma benone. E tu Bormino?
BORMINO Tengo qui degli anticini belli, secchi,salati.
FRATE Belli anche questi, ma faranno venire una sete d’inferno.
BORMINO Certo, segùro che si trincherà molto vino.
FRATE E tii Rodano da Maroggia?
RODANO O portaa on cavago da pangfresch.
TRATE Bene: questo era indispensabile. Bravo! E tu Borsa?
BORSA Ecco chi ‘na botòggia da rattufiàà da scirè.
FRATE Buona per domattina.El signor Braga?
BRAGA Oo portaa na bella fügascia ben inzüccherada.
FRATE Eccellente! E tu Fossato?
(2)Alpe sui fianchi del monte Crocche sulla strada che conduce all’Alpe di Agogno.
(3) Fondo situato sulla strada che conduce a Maroggia , a 10 minuti dal villaggio
FOSSATO On cestin da persich lass, bei marü marü.
FRATE Bravo, buoni ora riponiamo ogni cosa là in disparte, acciò possaiamo fare una ballatina con le rispettive ballerine cantando il gabbato!.. dopo ci piazzeremo tutti alla bell’è meglio per terra, e ci metteremo a lavorare coi denti, allegramente, finchè si avrà finito ogni cosa e trincato anche tutto il vino. Animo dunque! Prendete ognuno la vostra ballerina per mano…siete pronti?
TUTTI Si, si, si.
FRATE E bene si balla e si canta!
TUTTI (Ballano e cantano più volte). Sabatt, sabatt, sabatt...
MIMII (Dentro la garbötta dice forte).Domenega!...
FRATE Fermi! Quietti figliuoli…chi è stato adir Domenega?
TUTTI (Uno dopo l’altro dicono). Ma no, manco mi,mi no, nu no;
FRATE Nessun dunque è stato? Tutti hanno risposto di no? Dunque ci deve essere qualcuno nascosto qui, perché si è sentita la voce umana a dire Domenega.Mo ditemi, non si potesse provare se andasse bene a dire anche domenega.
TUTTI Si,si provem…Sabatt e Domenega, Sabatt e Domenega.
FRATE Basta, basta così; tacete! Ma pofarbiobacco come la va bene!
Molto più bene di prima , non è vero?
TUTTI Si, si, si, püsee beug, püsee beug: propri.
FRATE Ora adunque, necessita di sapere e conoscere chi sarà stato a proferire la «parolla»Domenega, capite? Perciò bisogn fare di tutto, di poter ritrovare quell’individuo… Si cerchi per ogni bauda, andiamo! Aspettate; sentite: se lo ritrovate né!? Afferratelo ben stretto, acciò non vi sfugga dalle mani, giacchè potrebbe essere qualche spia mandata qua, per esplorare tutto ciò che noi facemmo, per poi inguaiolarci tutti e bruloliti come tanti pesci. Capite? mi raccomando di non lasciarlo fuggire!
TUTTI Va beng, va beng; em capii. Ch’al lascia fa da nüng.(Tutti si allontanano per la ricerca e dopo poco…)
FRATE Eccola qui, eccola qui, la ò ritrovata io, lì qui entro a questo alboraccio «bucco»! venite a vederla. La è una bella ragazzetta. Oh! Carina, brava! Vieni fuori dammi la tua manina!
MIMII Mi nò, mi nò; lascem stà mi insci!
FRATE Ma vieni qui con noi, che adesso andiamo a cenare e mangerai anche tu che forse avrai fame. Non è vero, Bella tosa?
TUTTI Ma si, ma si, vegn chi insiema a nüng!
MIMII Grazia, grazia tént; a vöi nagotta, mi a vöo andaa a cà mia, a Rögn.
FRATE Andrai poi dopo, vieni qui, vieni qui, non far la cattiva!
MIMII A poss miga fermarm parchè i mee i ma specciarà a scena, e ne i ma ved miga a rivà, i pensarà pöö maa e i sara tutt in fastidi, chi sa! E i magari capazada fa sonaa campana martell par vegnim a cercà, capii?
FRATE O cosa mai tu dici? Queste son tutte ciance per confermarti a mangiar con noi, e poi adesso è notte…vedi?
MIMII Lascém andà, va disi, lascém andà cà. Vardee, mi a ghò pagüra a sta chi insiema a tanta gént che i conosci miga. A ma capii bee?...
FRATE Però osservami; tu dovresti conoscermi.Io ti conosco vél?
MIMII A si, adess al cognossi! O barbon d’on fra Dionis! Bravo! A credeva mai più da dovél tröva chi, insiema a sta bella gént, in stii sit chi.Ma bravo! E coma lé vestii ёnca!
FRATE Dio vuole là così. Dunque fiat volontas dei, polentina e fidaghei, copme dicono i veneziani.
MIMII Si, ma mi, a tremà tütta: ch’el varda?
FRATE Cosa hai da tremare? Siamo tutti uomini e donne dei dintorni, non aver timore; qua non si fa male a nessuno ve…
Osserva , guarda, quello là ; lo devi conoscere.
MIMII Oh! Chi vedi mi. A l’è al Bolard de Rögn ch’el fa ostaria!
BOLARD Ma si, cara Mimii, a sont propi mi. Ma dim, com’et face a trövat chi insei da stii sort d’or. A te set forsi perdüda?
MIMII A ma sunt miga perdüda. Ma domà fermada on poo trop a fa a ginestri, e pöö néé, a v’oo sentii e a vegni voialtri chentand, e par no lassàm vidè a ma sont scondüda in la gorbötta.
BOLARD Ah! O capii. Ben, fermat chi con nüng a méngià, e pöö andarem a Rögn insiema né?
FRATE E quest’altro qui, e quelli altri là, non li conosci?
MIMII Oo, qui li, vün a l’è al scio Giülli Bristol, l’altro l’è al Trezz,e quel lì l’è al Maino; l’altro là, l’è al scior Artari, e quest chi, l’è al scior Colomba, e quel là grénd a l’è al scior Capitan Serena. Oh! Vitta,vitta, a ghé chi ènca la Filizza e la Pezzöra e énca la Bia dal Donaa…
BIA, FIZZA E PEZZ Si,si, a sem propi chi anca niing: fermat onca ti!
FRATE E di quelli altri qui in giro, non ne conosci?. Sono da Bissone e da Maroggia…Osservali!
MIMII Quii li, ai cognossi propi miga , parchè né, a di la verità, mi a sont mai passada giò la cappella di abice(1):panche né i ma diceva che giò in la sgravina(2) a ghera sémpro giò in sü on sass ona gatta e che leva ona stria, e par quel passàva mai giò.
FRATE Basta così, figliuoli e figliuole mie amabili, mettetevi tutti al posto accomodatevi alla beòò’è meglio, e cominciate a manducare e trincare allegramente…Da bravi!(Tutti prendono la «cibarria» ed il vino e li pongono in mezzo, e poi dice ognuno:-di scià,sèttat giò chi: vegnchi press, chi.- e così segue una pantomima facendo passare i piatti ed i bicchieri o tazzine, servendosi e chiacchierando tra loro).
FRATE E ti, Mimii, vieni i,siediti qui vicino a me: non aver timore, prnsa niente, ormai tu conosci chi siamo, dunque siedi e dopo il pasto, il ballo e ilcanto ti accompagnerò a casa tua, e se occorre, farò io le scuse a tuo padre e tua madre. Va bene?
MIMII Si,si ma la vedi già che domattina a ghavaròo i me bravi ciappaat e énca cissada(3) dalla mia mam-Perla e dal mè barba (4) Tognacca.
FRATE Taci, taci che procurerò io di schivarti la panca sul culetto; a catturò io una qualche scusa o qualche ragione che la calmerò dalla collera; lascia pensare a me. Tua mamma è buona, tuo barba è buono anche lui; dunque siedi e mangia allegramente.
MIMII Oh! Coma l’è insci, a ma fermaroo laà s’ciavo, degià che a ghè chi anca tüce qui altri li da Rögn in compagnia; ecco.
FRATE Guarda tosa; dopo che avremo terminato di manducare, vogliamo farti anche qualche bel regalo. Oh, si! È nostro dovere di darti qualche memoria in compenso della parola Domenega che tu ci hai insegnato d’aggiungere al sabato, sicuramente.
MIMII Oh!quest al sarà pöö trop, scior.
(1)Abice-Abissi,zona sulla strada che conduce a Maroggia.La cappella esiste ancora oggi.
(2)Sgranino-Frana.
(3)Cisada-Tirata di capelli
(4)Barba –Zio - Anda-zia.
FRATE Dunque adesso, mangiate tutti, servitevi di quel che vi piace; tirate giù,animo! Vieni qui, Mimii, che voglio servirti io…ecco, prendi di questo che ti piacerà…aspetta, prendi ancora.
MIMII Oh, si! A ghoo propi see. Ma al mainciocchirà pöö e ma fidi pocch vedal. A vörii miga beccàm mi, o bel frà travestii?.Vorisoff forsri vedèm a fa la nirella, nèè?... fio.(mette il pollice sul naso allargando la mano).
FRATE Oh bene! Setu vuoi bere, bevi;se non vuoi, fa di meno.Insomma fa a tuo modo e come ti piace.Va bene? Vi invito ora a portare un brindisi alla salutedella Mimii. Prendete adunque tutti la tazzina. Ecco. Evviva la Mimii!
TUTTI Evviva la Mimii! (bevono e poi alzanola scodella) Evviva!
MIMII Grazia,grazia (si alza e fa degli inchini, poi mangiano)
FRATE Ohe! Che «panciata» ho fatto; sono «empio»come una baga. Bisogna che mi sbottoni l’abito (eseguisce) Ecco,così. Ah! Respiro…Figliuoli, se avete ultimato di mangiare e bevere, pensiamo a «farci» il «donno» che merita la Mimii in compenso, ossia memoria di quello che ci ha detto. Ecco, io pel primo, gli donno questa collana di coralli rossi, che presi a Napoli, con la bella croce d’oro. Aspetta che te la metto subito al collo…abbassa la testa..eccola al posto.
TUTTI Oh! Coma la sta beng.
MIMII E coma i pesa! Chi sa quènti danee i costerà?!
BOLARD Mi a ga vöi regalà sti dü bei oreggin d’or.Scià che vöi mettatai dènt adrituramènt. Volta scià al cò; speccia, lassum vidè in dova l’è al böce…alè chi. Ecc, e vüng lé dènt… Adess voltat dall’altra part…insci, brava! Sta quietta1 Lasso fa a mi.
MIMMI Ai, ai!...
BOLARD I i, coma lìè strece sto böce chi!
MIMII Ai, ai, ai,iii.
BOLARD Là, là! Ecco che l’é dént;…..Adess a set contenta?
MIMII Si,si, grazia. Begna che toccapar vidè se véga fura al sèéng…(tocca lo eucchio) ( ) O no, an veng miga föra.
ORSATT Lassam on bott toccaa mi l’oreggia.
MIMII A set pöö lavaa beng i méé? Parchè voialtri pescadoo i va spüzza sèmpro da pess.
ORSATT O da pess, o da merlüzz l’è al mè mistee, donca?
FRATE Citto, citto, tacete! Avanti dunque con i doni…
MAINO Mi a ga doo sta bella zènta con la sova bella fibbia d’or.Scià, misüràla par vedè se la ta va bèng… Oh! Si, ca la ta va benon, la ta riva propi a piva!
BRISTOL Bella quella fibbia, propi bella! Adessnè, par mettala propi alla moda, a ga do osti bei spadind’argent, e co sponton par metti in ciò. Vegn scià ch’à vöi inssfilzattai dènt in di cavii…ecco 1 e 2 3 4 5 6 7 8 9 10,Adess al sponton. Dènt anca lü. Speccia, ma lassum invidaa la balla…ecco finü. Adessvoltat on bot là. Vardee tücc… la par on pollin quant al fa la röda.
ALCUNI RIDONO I,i,i,i….
ORSATT Mi a gho chi on bel para da scarpett da brocchèn con al tacch alt de mett su domang che l’è festa. Ecco chi, misurai sei ta va beng, tegnai r portai a cà.
MIMII Oh si, che i ma va beng, a je propi bei!Grazia né?!
BORSA A ga manca ancamò na cosa, e sta cosa l’è la più importante:l’è che bisögna «darci» on po da quatrini;el miga vera bella tosa?
MIMII Oh! Se a ma dee pöö anca i quattrin, inora a sont pöö la püssèe sciora dal pais da Rögn!
BRAGA Ebbene, eccli qui, prendi la mia borsa ( si cana la borsa di tasca) prendila. Qui dentro ci troverai dei quattrini, sensini, blozzar, solt, parpaiöl,. Liri, scüd, e anca on pizzicotto da quei giald che jè zecchin, insomma on po da tutto,. Prendi, prendi (non capisce). Ciappala! Così va bene mettila via.
MIMII (Prende la borsa)Oh! Come pesa. Cos’an faria mi da tèntì danèe. Grazia né, quel scior; grazia tanto, a gàfar un bel riveriss!
BRAGA Si, brava.Mettila via scordala e varda de no perderla perché vè…
MIMII Oh! Ch’al lassa fa che la perdaroo miga.Ecco;par intènt, la cusci chi dènt in tra al büst e la camisa; (la nascode e si copre) ecco, chi a leè sicura, la scappa miga föra, sicür.
FRATE V’è più nessuno che voglia «darci» ancora regalli?
COLOMBA Mi a ghoo chi nagotta, ma a ga faroo pöö al so ritratt quand la vegnarà acà mia, né?
ARTARI Anca mi aghoo chi niente, vieni a casa mia domani o dopo, che qualcosa vi sarò a darti. Non dimenticarti, né?
MIMII Si,si, a tegnaroo a mènt. Si,si, ch’el lassa faa … Adess mi a vöi domandagh se jè contènt che ga faga siiona chèntada, ona canzonetta;ei content?
TUTTI Si, si chèntala pür, chèntala sü.
FRATE Sentiamo cosa sai cantare. Provati dunque…
MIMII (canta)Incöö l’è sabatt, domang l’è festa
Alla finestra a far l’amor!
Alla finestra a far l’amor!
I,i,i,i,i, (fa dei «giccoli» forte da paesana). Tutti battono le mani e dicono: brava, brava!...
Una Donna Ma che vos che la ghà, nèè?...
Altra Donna Ma che giccol, che giccol che l’a face…
Altra Donna La m’a squas stordida, mi…
Altra Donna O che stretta che l’è già…
Altra Donna Che bolgirossa che l’è…
Altra Donna La ma vöi bagnüa al mas a tücc nüng. Capii?
Altra Donna Se tènt ma dà tènt, la voo diventaa miga ‘na stria, ma ‘na strina bolgirona!
FRATE Ovei! Mi sembra già tardi,ossia buon’ora. Comincia a schiararsi dalla parte d’Oriente. Presto si farà giorno, dunque mettiamo via tutto quanto, sbarazziamo, acciò si possa liberamente fare quattro salti e ‘na brava cantatine e dopo ce ne andremo tutti a casa nostra e buon di signoria, ed il barlozz di strii par adess l’è finii…
Tocchiamoci la mano ed arrivederci sabato venturo; qua tutti, ecco la mano, ( Tutti vanno astringere la mano al Priore).
Eviva al barlozz! Eviva Rögno! Eviva Bissone! Eviva Maroggia!
TUTTI Eviva al nost Prior!
MIMII O mi a vöi niga toccai la mang parchè o pagüra da restà pöö striada.
FRATE Ooh!... sono tutte fandonie, tutte ciance; qua la tua manina, così brava!
TUTTI Si, si, a jè propi tücc bosardarii a basa i pas, par faa la guerra!
FRATE Si,si,è vero. Oh, adesso dunque prendete per mano ognuno la vostra compagna, ed io la mia; balliamo e cantiamo il sabato e la Domenica.
TUTTI Sabatt. Domenega; Sabatt, Domenega…(ripetono e poi vanno via da varie parti, sempre cantando)
ATTO SECONDO
Il palcoscenico rappresenta la piazzetta del Valegg: nell’angolo di una casa visarà un sedile. Flizz Gobbo seduto su la «banchina»,poi Mimii « col gerlo» - (E’ l’alba).
FLIZZ A l’è pür na grènd vitta bol girona, la mia!... a miga podè büttàm giò Leng in lece e dormii fina di coma i fa tüec… a ma tocca da stà sèmpro in settoo perché da fianch, a poss miga dormii beng. Ah! Se podess liberarmi da sto volüm che ghoo chi in sü la schena, cosa pagarria mai mi!... Ma si, fa bel di pagà!? L’è a veghi i danèe da pagaa, quest l’è l’imbroi… si, propi l’imbroi…Ecco, donca mi ghavaria bisögn trövaa ou quai vün ch’el ma vöriss daa stii benedetti quattrin, opör trövàa ou quai dottor ch’el füss bon dafam l’operazion, ma a gratis amore dei… Ma la cosa l’è molto difficile, si molto seria!... anzi serissima… Basta, pèusemaguènca e andem innènz insci coma sont, già no ghè rimedi, la mia sort e al mè destin l’è propi insci e s’ciavo…eii!...(Si alza facendo ballare il gobbo) E al pegg né, a l’è che a ghoo nissung che ma jütta, purchè a sont soll, propi soll sollett… e oo mai podüu trövàn vüna che la ma vöbbiasposà a tütt par sta maledetta valis chi… a savii che l’è on gran süpplizzi? Oh! Rabbia! Se podess cagnà! Via coi dènc… ma a poss miga rivàg a rosia!... Ma ovei, a ma par da sentii ‘na pedanna cont i zoccor a vegni; chi sarà mai chr vegn e che và intorna da sti or; (osserva)la ma par ‘na donna col gerlo in spalla… ma par da cognossala… ma la vedi miga beng polit, (osserva ancora)Oh! Adess la vedi; si, adess la cogmossi. Al’è la Mimii. Oh! Sangue da dì e da nöce… da prova la vegnerà mai? Ch’il sa? Ecco l’è chi. A vöi domandàg in dova l’è staccia (le va incontro). Bondì Mimii! (fa giccolo).
MIMII O che manera da stremì la gènt che passa par cass…
FLIZZ Ma mi hoo miga credüü da stremitt vè! To domà salüdada e s’ciavo… Ma, dim on bott, in dova to vee inscì de bonora; l’è appena l’alba…
MIMII Yè miga cünt da dat a ti, capissat? A to see on poo tropp curios, al me car Filizz gob.
FILIZZ Là, là, sciisom, va miga in collera; ho miga credü da offendat vè?(la guarda da capo a piedi)Ma, dim on poo, cosa jè tücc qui collana, qui robb che ta lussis in doss, a to ma pari ‘na sposa, cont tütt qui spadin in cò; to ma pari la Maria fiorin da Piènca!
MIMII Ei bei, ta piàsai è?...
FILIZZ Oh! A jè propi bei, bei tütt cos . Ma to see püsèe bella ti,vè!? A to ma piasi püsèe ti che qui ciffotai(1) Il…
MIMII Tas tas, par l’amor di Dio, parla beng, se ta podi.
FILIZZ A set forsi andaccia a Lügan a zoiàt? Aset sposa?
MIMII Oh nènca par sögn!
FILIZZ Già, voialtri donn, a disii mai nagott fina conna l’è li in abrüs.
MIMII Tas tas, a t’o dice;vèrdala più quella boccascia.
FILIZZ Al to moros in dovè che to l’èe; dimal!
MIMII Al me moros a l’è in la vaschetta
FILIZZ Però ato saree miga andaccia da par ti, nèe?
MIMII O no, sigüra! A gheva insiema quaidün altri e magari püssèe da vüng!
FILIZZ A to ma parli in d’ona certa mera(2) che a capissi föra nagotta.Fam al piasèe; dim se to see sposa si o no? A gha vö tènt a dil? Lè insci coma disi mi. To see sposa nèe?
MIMII Niènt affare. A to indovini nènca in vittameterna…vardu!
FILIZZ Ma dona to saree…to saree…t osare!...
MIMII Donca sont quel ch’à sont e s’ciavo e a voo a cà.
FILIZZ E to ma piènti chi comè on cavice:Brava! Oo, al savaroo pöö on quai dì; si. Alla longa a sa sa pöö tütt cos vè…
MIMII Ebeng, ecco; a vöi miga che la cosa la vuga tènt alla longa. A vöi contentàt, ma prima a vöi che to ma prometta da dii nagotta a nissüng vè, se no a vam pöö in collera. Atal disi a ti sol.
FILIZZ Ta prometti a ta giüri sül mè göb che parlaroo miga, ecco (si batte il gobbo con la mano)
MIMII Ecco donca tütta la storia coma l’è staccia; sent. In prima t’è da savè, che jer, a sont andaccia da parmi col gerlo e la fole par faa quai fasset da ginestri e quui tapp da pizzaa al fögh e sont rivada fin là al pièè da Vissin, e pöö a Pànevara.(3)e dopo nèe a ma sont trövada al pièè da Püs, e là né, a ma sont fermada a fa föra quai tapp da qui alborasc vece e intènt l’è bee vegnü tardi e al comaènzava a vegnii scür… A seva li par to sü al mè gerlo cargaa in spalla, quand a sènt on tappagieri(4) dal diavol a vegni da tütt i part
1)Ciffoini, cianfrusaglia
2)Mera, maniera
3)Panerava- Oggi Panepra-Piano di Vissino – Regioni della collina di Vissino ad ovest di Agogno
4)Tappagieri, Baccano
FILIZZ A disat da boo? Tee propi sentirù?
MIMII Ma si, sent donca. Mi ignora credeva che la füss la cascia salvadega, ma
pöö l’eva tütt altro.
FILIZZ Chi sa che pettèra a to ghavarèe vü nèè? A to saret be scappada via comè ‘na logara.
MIMII Oh, si scappa; a ghoo miga vii tèmp. Ho dovü fa beng a tö sü al gèrlo impressa impressa, e andam scondas dènt in d’ona garböttascia.(1) e pöö stà là dènt moccia mocera a guardà föra don böce par vèdei vegni. Dopo un pöö, an vedi vegni düü: on giòvan e ‘na giòvana a brascetta, e pöö düü altri… da chi e da li a düü a düü, e via insci, e tüce volla son da brava donnetta sot al brascn’è vegnü vüng grènd e gross e quel leva pöö al so cap! E ibera bé, ho capii cosa leva tütta quella malga(2) du gènt: ebben aleva nient abroch’al barlozz di strii. Dopo ho vist che j se mettü giò in terra tènta da quella robba da mèngina e da bevf che fava pagüra. Dopo sto cap al gha facc su na grènd ciaccerada che mi ho miga podu capii beng; doma ho capii che al gha dice: prima da mettas a mangia i dovess fa ancamò on ballet e na chèntada;e li imora tüce i se mettüü a ballà e a chènta: «Sabatt, sabatt, sabatt.» e via insci.
FILIZZ Ma i diceva sèmpro doma sabatt?
MIMII Ebeng tas, sènt: Mi né, joolassaa chèntà on pöö pöö a m’è vegnü in mènt da vosà fort Domenega; ja bè senüü siibat, e si fermaa e ja tasüü da chèntà sabatt, e jè restaa li inchèntaa. Pöö vung, al gha dice: prövèa a vidè se la vabèè; e li i sé mettüancamò a lullà e chèntà: sabatt, domenega, do o tre volt, e jà vedüü che l’andava püsee bèè, incra ne , al cap l’a domandaa chi era statoa dire «coscittro»(3) e tüce né, jü rispondu: mi no, mi no, mi no, e inora la comèndaa a tüce da cercà da par tütt, par vidè da trövaa quel che eva stace a di quella parola,e li via tüce a cercaachi d’ona part, chi dall’altra, e infin al cap al ma trövaa mi, dent la garbötta. Ebbeng i m’à ciappaa par i brasc e i m’à tiraa förapur forza e pöö i m’à face andà a sènnà insema a lor e i m’à dace tènto da quel mèngià e da bevì fina che seva sagolla c omè on bò e dopo i ma dace tütt sii beiregai chi, e ‘na borsa con dènt tènti e pöö tènti danee.
FILIZZ (Durante questo racconto,Filizz, avrà fatto molti gesti di stupore) Oh sangue d’ona lümaca cotta!... Cosa to mee cuntaa. Ma el pöö vera? A resti …… comè on salam.
MIMII Dopo tütt quest né, i sё mettin tucc a saltà e a chèntaa sabatt e domenega fina …. e pöö chi andace da chi, chi da li, chi scià e chi da la, cì barlozz l’è state finii e mi sont vegnuda via insema al cap che l’è al fra Dionis , al Bristol al Trezz, al Maino, al Colomba, al Serena e l’Altari.
Mi a sont vegnüda inènz, e lor joo lessaa in drè, là in di pёё(4)… Ecco cüntada tütta la faccènda! Adess a se cuntènt?
(1)Garbotta-cavo-albero cavo; (2) malga-quantità;
(3) coscittro-così; (4) Pёё-Piani
FILIZZ Oh! Corpo d’on figh sech spontasciaa! Al set miga che l’è propi bella, bella davera, a l’è robba da falla stèmpaa?...Ma to meve dice da di nagotta : douca citto e verdim miga bocca.
MIMII Ovei, verd bocca se to ghee coragg (prende la falce) varda chi, a ta taj su a toch, vè…
FILIZZ Ma coma faroja mi a tegnila sempro serada!?
MIMII Beng, vèrdala sa to see bun.
FILIZZ No no, là, sta pür sicüra che parli miga, tal prometti. Ma quel da vess vegnüda insiema al frà, al ma pias on poo poch, vè?
MIMII A to see insci sospettoss? Povero om jnora! Ma adess lassom andà a ca mia; to ma tegni chi in pee cont al gerlo cargaa in spalla, e sont stracca. A l’è tütt al di e tütta la nöce che sont intorno a vöiandà in lece a dormii, al set? (Fa per andare)
FILIZZ Fermat, sènt ‘na roba…
MIMII Si, fa prest ch’a ghoo sögn, parla!
FILIZZ A mèe vegnüu in mènt, in la crappa, ‘na cosa, on caprizzi, e J’è che voriss prövà anca mi, andaa là a Püs a tèntà la sort. Ecco donca: sabatt che vegn, prima da nöce, mi andaroo là, al piang da Püs a vidè se di volt qui sciori dal barlozz i voriss regallàm anca mi quai coss, quai blozzar par podè pöö andà a Pavia a fàm fa l’operazion alla mia schenna.
MIMII Al pensee l’è magari miga…, to podi övà; l’è miga peccaa. Se la va , la va, se no ciao. Infin mi joo trövà tüce brava gènt e se no i ti fada dal ben…….…………cercà anca ti?
FILIZZ Ecco chi: mi aerisa pensa nusci : quand je ate a chenta sabat dometerga, mi mora a vorsa oo bort e bionda, e poo sentiroo cosa a vora di e cosa a vora fa. Valla begn?
MIMII Ma bravo! Giüst insci. Tu l’èe pensada pròpi beng, al mè göbbett.Va donca là e abbia miga pagüra…
FILIZZ Lassa pensada a mi che a una disgordà oo miga… Oh! Se podess trövà al mend al venedì da podem liberà da sto bognott! Come saria contènt!......
Nèe, forse tuo ma sposarla… Dim da si! Car faccia, dima! Dima! Con quel bell bocchin.
MIMII Ecco, vialtri milla segnati, a sii propi tüce firan in sür ‘na rocca e pödii miga verd la bocca , se no djsii sü quai smorfiarii che i fa vegni ingossa.
FILIZZ Oo, là là, to sa la scaldi sübat par nagotta… e tütt lè parchè a ghoo sto porco göbb!Ma se füss bel drizz , forsì jnora to ma parlariss on poo pùrsee cont bella grazia, nèe?...
MIMII Oh, finissala, piantala, a ta disi: lassa che vaga a cà mia che a ghoo sögn e a büttà giò al gerlo.
FILIZZ Oja da vegni insiema a jüttat a töo giò al gerlo.
MIMII No no; a scüsi da par tui, grazia… A rivedess domenega che vego, ne, ma senza al göbb vè!? Ciavo.(Via)
FILIZZ Si, ciao, addio cara! (le manda dei baci) Töo on basin!... Töo…töo… Ma la dice rivedess ma senza al göbb. La vör di tènto quella parolla!... Ma sigüra. Chi sa che on quai di o succedess che ma dovess scomparo sto affare chi insci... forsi la ma sposarla, sigüra!... E pöo, a di la verità par quel che sa ved nèe, i donu quand jè föra di spes, i sposa magari…magari on om col tralelalela, e on altra col tranleralà larà la là là, la la là…
ATTO TERZO
La scena è ancora nella selva, come nell’atto primo. E’ circa l’avemaria della sera.
SCENA I
FILIZZ (Entra guardando attorno ed ascoltando: poi brontola qualche parola fra seè, e poi dice forte…) Eh! Chi al mangnang da Coll ch’el comoda i padell e i piignatt colla tolla. Eèh! Chi quel dall’incostro l’olli da sass par i verman salütarii!Oh, begna ch’à disa su quai strambozzat tènt par pascià via la pagüra e rid ancamò on poo, intant che sont vif…i i i, à à à , o o o … Da chi on poo a vegnarà pöö quii dal barlozz e chi sa coma la n’andarà! O, par mi, già, a ‘mo la vidi che l’è bella e finida. Si, a saront bell’è rostii… par fortüna che la Mimii la m’à visaa da miga vegh pagüra, se da no!... a podeva miga meng da no falla in… O, andem: coragg e fèdagh e niente pagüra… Ma, ovei, a sa comènza senti quai vos da lontung; a jè lor che i vegn, sicür. (voci lontane, sabatt domenega…) A gho miga, ma ama trem tütt la borella di giönöcc e al vegn nöce scür.Stem a l’erta, donca, parchè prima che i riva, begna che ma sconda (sabatt domenega…) Gribbio e hoffet e ridazz e biccoch e trapol da ratt! A jè li pos: andem, andem via; scondimas. (Si nasconde nell’albero).
SCENA II
Quelli del barlozz, entrano in scena a due a due come nell’atto primo ballando e cantando: sabatt domenega,,, e poi : Sabatin, sabatan to see al me nan : sabaton sabattin to see al mè gingin! Sarii sairaa, sem tüce compagna.Sairaa sairii sem dènt in di strii! Dindin dindon a ghè …. Al strion! ( Si mettono in giro al capo).
FRATE Basta, tacete!... Ora faccio l’appello e ciascun risponda. Prima quelli del borgo di Rogno.
Frate Dionigi sono qui - Bolard -i;
- Bristol -i;
- Maino -ooLì;
- Trezz -i;
- Colomba -uu;
- Artari -oo;
- Serena -i;
Bissone
– Bormino -è;
- Orsatt -li;
- Gaggino -oo;
- Bollino -i!;
- Somaino -oo;
Maoggia
- Signor Braga -u;
- Rodaro -i;
- Borsa -e;
- Fossato -chi;
Dunque ci siamo tutti ancora presenti con le rispettive signorine. Benone M’imagino e ritengo che tutti «avrette » portato qualcosa da fare la solita «cenna»; ebbene, posate tutta la «robba » là a parte, perché non ci impedisca afare i soliti quattro salti ed il soloto canto…Là tutto,dunque.. così, bravi! Dunque preparatevi tutti al ballo ed al canto.Siete pronti?
TUTTI Si si, sem pront; ecco chi.
FRATE Avanti dunque: sabatt domenega; sabatt domenega; sabatt domenega…
FILIZZ (Dalla garbitt dice forte)e Lünedi. (Tutti si fermano e cessa il canto: il silenzio è perfetto).
FRATE Ma chi è stata ancora a dire lünedì?
TUTTI (Uno dopo l’altro dicono) : mi no, mi no,; manca mi.
FRATE Ascoltate: facciamo un po’ la prova e vediamo se la va bene anche col «lunedì» : su ballate e cantate che io vi ascolterò come la va.Avanti!
TUTTI Sabatt, domenega e lunedì.
FRATE Quieti, quieti! Basta così! Ma sapete che va proprio a meraviglia? Oh! Come è bello sentirla ed anche a vederle a ballare.
ALCUNI Si si, la va püssee beng a soltà.
ALTRI A sa chènta e sa pirla püssee beng.
FRATE Presto adunque! Andate tutti in giro e ricercate, onde poter rinvenire l’individuo che profferì «lunedì» … e conducetelo qui : Andiamo via! Ma guardate se vi deve sempre essere un qualche secca… che ci disturba le nostre allegrie!....
ALCUNO Al ghè, al ghè! Che un gobb ch’al ghà, misericordia! A l’è on om
ALTRO Scia chi, vega fora che possom vidett, scià.
ALTRO Si scia a see , naun sema a nung, in paga che to me insegna da di anca «lunedì»
FILIZZ Grazia tèni; Pussem andà a cà mia, intent che lè ancam on poco ciar.
FRATE Di che paese siete?
FILIZZ A sont dal borg da Rögn
FRATE Vieni qua , senti gobetto mio, io pure sto a Rogno, dunque non far complimenti. Fermati qui a «cennare» con noi e poi anderemo a casa nostra assieme.
ALCUNI Si si, sta chi a mèngià e bevi: abbia miga pagüra .
FILIZZ A vorii propi a tütt i cünt che ma ferma? Ebbèè, töi a ma fermi propi. Disim in dovè che hoo da stà…
FRATE Vieni qui vicino a me che così ti potrò servire il da mangiare ed il da «bere»… qua dunque, siedi; ecco, prendi di questo, tira giù… ma tira giù ancora… così, bravo…giù.
FILIZZ Eeee, eee! Quènta robba a mi dace gio! A vorii fam s’cioppaa föo al bottose, nèe?
FRATE Mangia, mangia e taci; dopo quella lì cè né ancora dell’altra cibaria, sai; varda la?!
FILIZZ I i i…i…iii che müggia da robba car Sènt Antogu!
FRATE Mangia e bevi fino che vuoi. Ma dimmi, come ti chiami di nome?
FILIZZ A ghoo nom Filizz.
FRATE E la parentela?
FILIZZ Gobbo del göbb.
FRATE Ah! Ah! Tu sei il Filizz Göbb da Rogno così tanto rinomato?
FILIZZ Si, scior; pür tropp, par mia dislippa! (ridono tutti).
Una donna A savii che sta sira a meè capitaa on bell’ ümor chal ma tegnarà allegri?
FILIZZ Oh! A gha vöi pocch a favvi a sta allegri ….
Altra donna A l’è bel, propi bell visor quell goppett lì, nèe? ( ridono)
FILIZZ Si si. Sspall alt, brava sciorina!
Altra donna Al fa su alla longa, ovei!... Al pa estrai e pratach da tütt cos.
FILIZZ A voi püssee la pratega che la scienza, al dis al proverbi. Eppöo, guardee chi, in sü la schenna che müggia da fürbaria che goo; vardee, vardee ( fa ballare il gobbo) e l’è par quest chi che a soo tanti bei coseti. Ma adess né, a va preghi da lassm finì da mèngià e bevff, e pöo doppo e va cüntaroo di bei storiell da favf rid ancamò, e cantaroo ènca quai canzonett. Donca adess a vöi bevao on gott alla salüt da tütta ata bella bragada(1)! Evviva!
TUTTI Eviva al Filizz Göbb da Rögn!
FILIZZ (Sbatte la bocca) aa! Aaa! Ma che bon vinett che l’è! Coma l’è fezzènt! Da che pais l’è.
UNO L’è vin da Rögn; al l’à portaa chi al fra Dionis.
FILIZZ Adess né, Al ma scüsarà se ghe domandi chi l’è lü, scior prior cap.
FRATE Non mi conosci? Io sono il frate Dionigi come ti ho già detto, e sono là, nel convento di Rogno.
FELIZZ Ah! A l’è lü quel fra insci tènt nominaa ch’al sta là in dal convent da Rögn? Oh! Al cognossi adess; si sio a l’è quel che al medega tütt i maa e i bognon!
FRATE Si, sono io quel tale. E non conosci qui altre persone?
FELIZZ Yè quasi tucc da Rögn, ai cognossi. Domà i dona i cognossi miga. Chi è che ja vö cognoss, vestii in quella sgalmera(2) lì, cont quel züff sora jöce che i ma par al povero Bece da Piènca!?
FRATE Senti dunque: quando vai a casa , bada bene a dire quello che hai visto e a dire che io ho partato qui del vino, perché se lo sanno i miei superiori, guai a me! Non mi danno più le chiavi della cäneva (3) e poi, anche mi castigano e non potrò più recarmi qui a godermela un poco in buona compagnia.
FILIZZ Ch’el staga pür quiett, che mi a disi nagott a nissüng! Adess donca ch’el ma daga scià on altro gott, che a ghoo ‘na see da faree(4)
FRATE Qua la tazzina, dunque. Ecco, bevi.
FILIZZ Giò ancamò on zice… li li li li in la squella.
Una donna Coma l’è fürbo, nèe?
ALTRA Si, a l’è cürios quel göbett lì.
FILIZZ E lee, a l’è cüriosa comè ‘ na bellora! I guarda tütt cos!
(1)Bragada – Brigata
(2)Sgalmera – Tal maniera
(3)Caneva – Canna – Cantina
(4)Faree - Fabbro
Un uomo A tee sentüü anca ti la trova… andee dre a inzigal e an sentarii da püsee bell ancamò
DONNA Cosa importa a nüng? Basta che sa rida on poo intant che al vengn pöö di
FRATE Adesso piantatela colle vostre chiacchere; e tu, Filizz, se vuoi cantare qualcosa da tenere allegra la compagnia, fa presto!
FILIZZ Oh donca tasii… Il sacco è preparato, alla guerra me ne vò…ua, no, no; a voo mìga alla guerra a sont scartaa…; donca on nitra, ma begna vess in düü parchè a ghe botta e risposta.
TUTTI Eüh! Botta e risposta (ridono).
FILIZZ Si si, botta e risposta! Ecco, a chi a gha vöö vüng ch’el jnga ‘na vos da donna, sitida sitida e l’altra ona vosona grossa grossa e ma pararia che sta part chi, al la podaria fa benissimo al scior prior chi, che a ma par ch’el gabbia la vos bella grossa è?
FRATE Sentiamo on po’ che canzone ju è..
FILIZZ A lè la canzon dal fra formiga. Forsi: l’avarà scutilda a chèntà e al la sovaraa forsi: Yè veggia veggin…
FRATE Si si, altro che saperla… l’ho anche messa in pratica!
FILIZZ Già già! Donca scià che la chè ntum sii. A comènzaroo mi a fà la part dalla tosa né? ( ridono tutti)Zitto là, voialtri visighatt(1) Sglagnozer più che la oraa
FILIZZ (Canta con voce solita, le mani giunte): fra formiga, fra formiga..
FRATE (Canta con voce grossa): Cosa «volete» dal fra formiga?
FILIZZ Vont ‘na povera verginella che volin confessà.
FRATE Entrate pure in sagristia o consolazion dell’anima mia.
FILIZZ Basta insci, basta insci…(Tutti ridono)
FRATE Non mi avete lasciato finire, schiavo! Vi devo dire che mi sembra già tardi; presto si farà giorno e prima di separarci, abbiamo un dovere da compiere ed è di pensare ad integrare questo uomo qui che ci ha insegnato d’aggiungere anche il lunedì.
TUTTI Si si, l’è vera; l’è giüst da dagh ‘na quai ricompensa.
FRATE Vieni qua, Filizz; dimmi una cosa tu avresti più pincere d’avere
(1) visigatt - Irrequieti
FILIZZ Mi a vöri nagotta; a lè già fin tropp quel che oo godüii insiema; (fra sè) begnache faga parèche vöi nagott.
VARII No no, a to meriti ona quai memoria dal nost barlozz.
FRATE Dimmi dunque; hai più piacere ad avere oggetti o dinaro?
FILIZZ Mi, ecco: a savaria miga cosa di, parchè a ghoo da bisögn nagott, a ghoo in là, origiada, fassöö, poin da terra, farina da faa la polènta (1) castegn e farina da fa panisciöö(2)
FRATE Oh! Lo so; ti conosco per un buon particolare benestante. Ma parla , dimmi cosa desideri. Di…di… non aver vergogna!
FILIZZ Ecco, donca: al mè desideri al saria quest chi: a voria che in tra tüce lor sciori, i m’avessd’insegnàa on quai rimedi, on quai impiastro, on quai vivisighènt da fam marcì brüsà via sto affare chi in su la schenna, par vess pöö bel driz comè tutt altri. Ecco quel che desidera.
FRATE Finalmente ti ho inteso. Ebbene penseremo di appagarti. Sappi adunque che io ho studiato un poco anche la medicina e la chirurgia! E perciò ti devo dire sinceramente che rimedii o impiastri come dici tu, non ve ne sono proprio mica, perché vedi, lo è di già troppo avanzato e duro, capisci?... Secondo la mia opinione ed il mio parere, sarebbe di tagliarlovia con una sega, a rusa «schenna».
FILIZZ Oh si, ma pal dolor a tiraroo magari sü i volzett e restaroo li bell’è stincaa.
FRATE No no, lascia pensare a me che ti farò l’operazione, senza che tu senta alcun male. In pochi minuti l’operazione sarà fatta.
FILIZZ O pagüra che la sarà pöö suradamiga fatta!
FRATE Taci e senti. Adesso, intanto che io preparo tutti gli ordigni, voi altre preparatemi una bella «guccia» grossa, infilata da refe doppio, indi ci metteremo all’opera…(prende un boccettino).Ecco, vieni qui; siediti giù lì… Prendi questo liguore e devilo. Andiamo, presto… giù…Così va bene.
FILIZZ (Beve) Bruuu! Bruuu! Ecco bevü… a lè miga maa, a lè bon comè.
FRATE Bravo. Adesso sta li quieto; buttati giù lì, colla schiena in su… Così va bene.
(1)Anticamente la polenta si chiamava polenta. E così comincia si diceva comanza
(2)Panisciöö – Farina di castagne.
FILIZZ (Si mette le mani giunte e poi si segna…)Signor, a va domèndi pardon da tüce i peccaa che oo face e i bosiase che o dice in tèmp della mia vitta, e se möri, fem möri beng impressa. Amen Bruuu...
FRATE Adesso mi occorrono due persone per aiutare a tenere e darmi qualche oggetto. Qui, voi altri tre! Bolard, Orsatt e Trezz. State sempre vicino a me.
FILIZZ (Borbotta qualche parola poi ronfa)
FRATE Oh! E’ di già addormentato come uno sciocco, sentite come russa forte. Mettiamoci adunque all’opera. Qua: aiuta a tirar fuori la giubba, tira… ecco. Adesso il corpetto… sbottonate… apri fuori! Tira… è fatto. Adesso dammi qua la forbice… tieni, la camicia… ecco tagliata anche questa; ( apre e fa vedere il gobbo nudo)Oh che diavolo io vedo mai! Osservate tutti… misembra una zucca di quelle della mostarda! Adesso taglieremo anche la pelle… la è molto dura. Oh! Ma la è presto tagliata in croce. Ecco , aiutate atirar giù tieni qui… e tu tira là ancora un pochino… così, basta. Adesso dammi qua la sega.
BOLARD Eccola chi, ch’el ciappa.
FRATE A me, adesso (sega in fretta)…ancora un colpetto e poi è finito… Eccolo via! Oh! Che fatica. Portatelo via, nascondetelo sotterra.
I TRE CON IL GOBBO IN BRACCIO Oh che borgnia a ma tocca da portà
FRATE Qua ragazze, datemi la «guccia». L’avete infilata?
RAGAZZA Si si, eccola chi, ch’el töga.
FRATE Brave, va bene. Ora ora gli do due o quattro punti in croce… ecco, così… Adesso ci pongo sopra questa pezza di taffettà… Così va bene; ecco fatto il becco all’oca!
TUTTI (Battono le mani) Bravo, bravo!
FRATE VI ringrazio… Aspettate che ora ci do un serviziale con della sveglia, per farlo rinvenire. Datemi quella canna…(compie l’operazione) ooh! Svegliati, su su su. Alzati che si fa giorno. L’operazione è fatta vè! Su, dunque, mettiti in dosso la giubba ed il corpetto… prendi.
FILIZZ (Si alza, prendela giubba, si veste e poi dice) Grazia, grazia scior. (Tutti ridono) Ma cosa ridii da fa, voialtri ciabarell(1)? Al par che m’abbioff mai vist porbiobacco!
ALCUNI Ma sigür che t’am propi mai vist in sei bel drizz.
FILIZZ Come? A gavarissia forsi più al me göbb? Oh! Sangue…
(1) Ciabarell - Scioccherello
FRATE Fa presto, mettiti gli abiti, acciò possiamo andare tutti al nostro paese a riposare un poco e tu pure va a letto che ne avrai bisogno e statti per una settimana se non vuoi crepare, vè!?
ATTO QUARTO
Ancora all’interno del paese di Agogno – Piazzetta
SCENA I
Fra Dionigi e Filizz Gobbo che vengono da Püs.
FILIZZ Ah! Padre Dionis che bella sirada che oo passaa! In vitta mia a sont mai stace insci allegro comè sta nöce. Che divertimènt a sa po’ cercà püssee bel da quel che am godüü? Là in mezz ai albo(1) ai zinèpri (2) ai pongiaratt a ma ciappa miga la pèsta comè giò da là paj milanes; el vera lü?
FRATE Hai ragione, è vero. Anche io ti devo dire schiettamente che mi son divertito molto più di tutti li altri sabati trascorsi e ciò, per quella tua voluminosa gobba che tu avevi sulle spalle.
FILIZZ Ma sigürache quel al fava propi rid davera.
FRATE Io, dunque, vado al convento; vado perché si fa giorno e debbo anche andare a celebrare la mia brava messa. Dunque ti saluto, addio! (fa per andare e poi si ferma e tira fuori l’abito da frate). Vieni qui un momento! Aiutami a tirar su la tunica da frate che non voglio farmi vedere vestito in questo modo.
FILIZZ Si si, scià che tegni; ch’el metta dènt i brase. Ecco, adess ch’el sa quercia là bee.
FRATE Tu vuoi insegnarmi ad indossare l’abito fratesco? Povero pazzo che sei! Wcco, mi metto il suo bravo cordone e basta. Addio! (Parte)
FILIZZ Ch’el senta! Al ringrazi tènt e pöö tènt pa!benelizzi che al una face e ch’el staga bee. Al riverissi. (Fa inchini)
SCENA II
Filizz senza Gobbo e poi Seppin col gozzo: entra con una capra tenendola per la corda.
FILIZZ Oh Seppin! Che miracol a vesa chi stii part insci da bonora?... A set stace forsi in Valdintèllora (3)
SEPPIN No, a sont vegnüü chi e adess a voo a Marosgia.
FELIZZ L’è bella quella spèndora (4) da chi l’et comprada?
(1)Albo – alberi
(2)Zinèpri – ginepri
(3)Valdintèllora – Valle d’inteloi
(4)Spèndora – Capra giovane
SEPPIN L’oo comprada da vügn ch’el stà sü dalì. A ma bagordi più al nom; a ghera anca ‘na donna grisa…a so munga dil.
FILIZZ Speccia mi, adess a ta disi sü tütt i nom dal pajs e quènt a disarmo quel inora ti to mal diree né?
SEPPIN Beng di sü donca stii nom.
FILIZZ Al Liloi, al Polideì, al Medeja, al Donnaa, al Masseron, al Marchesin, al Pompee, al Fattor, al Trezz, al Marchett, al Fülücca, al Giabaj, alBoggioo, al Savina, al Tentece, l’Occhella…
SEPPIN No no, a l’è on certo nom che finiss in… in … camin…
FILIZZ Ah spèccia! El forsi al Roch Bregamin?
SEPPIN Si bravo, propi quel lì!
FILIZZ Ma verdè, al sta li sott al mè pòrtae e’l ma vegniva mai in mènt…Dim on poo, quènt a l’et pagada?
SEPPIN A ghoo dace on bel scüd; l’oja pagada tropp?
FILIZZ No no; ènzi a l’è a bong pati. Ebeng a l’è miga maa quella spendora lì!
SEPPIN La gha on poo poech peccma al gha vegnarà pöö sta primavera, quand la farà al boccia (1). Ma dim on poo ch è che to see, che ta cognossi miga, mi?!
FILIZZ A to ma cognossi miga? Oh bella! A sont al Filizz Göbb.
SEPPIN Al Filizz Göbb! Ma al göbb, mi a tal vedi miga ( lo guarda bene) ti to see bel drizz. Varda chi, ecco a ghè propi più nagotta.
FILIZZ A sont tènto süeffàa né, che a ma par ancamò d’avegal in sülla schenna. Oh! Adess a balli tütt dalla contentezza!
SEPPIN Ma dim on poo, comè che t’èè face a fal andà via meci beng?...Parchè anca mi voria fa anda via sto quace chi.Fam la carità donca, insegnom on quai rimedi, ta preghi.
FELIZZ Ecco, mi t’insegnaroo, ma se to ghe pagüra, a fem nagotta vè!? E al to goss al ta vegnarà forsi püsee gross da quel che l’è.
SEPPIN Alla manera che to ma parli, to ma stremissi già e to ‘ma metti ‘na fiffa (2) bolgirona!
(1)Boccia – Capretto
(2)Fiffa – paura
FILIZZ Oh fiffon püttana! Varda quii che i gha pagüra e che i gha miga da coragg vè, i fa mai nagotta. Doncaquel ca ti diroo da fà, al faret?
SEPPIN Basta che possa. Sentim donca cosa l’è che avroo da fa; sia quel santasja, cosa saral pöö. Malan?
FILIZZ Ecco, in poce paroll a ta diroo tütt coss, parchè a vöi andà cà a dormi che a ghoo on sögn che poss piü.
SEPPIN Donca dimal, fa prest che anca mi a vöi andà a cà.
FILIZZ Prima a ta disarmo che sabatt passaa, la Mimì chi da Rögn, la sèe trövada là a Püs che al vegneva già nöce e la s’è bee mettüda in viagg par vgui a Rögn, e pöö né, là sentüü a vegni quii che fa al barlozz; lee la s’è bee acondüda, ma lor jè stace li sübatt e i se mettüü a chentà sabatt, sabatt, sabatt, e lee né, la dic fort e domenega; e pöö i l’a cercada e i l’à trövada dènt in dona garbötta, i l’a tirada föra e i gha dace da mèngià e da bevf fin che lèva stüffa. Dopo i gha dace anen tènt bei robb d’argent e d’or e tütt parchè l’a dice domenega; dopo l’è vegnüda a cà. La cognosat ti la Mimii?
SEPPIN Altro che cognossala! L’è quella bella tosa che sta sü li…
FILIZZ Ebbe, quem la vegneva da Puss mi a seva propi chi, in sta piazzetta, e se la gha domandaa da dova la vegneva e lee la voleva miga dimal, ma infin la ma dice tütt cos e s’ciavo.
SEPPIN Oh cosa to mee mai cüntta sü! Al set che jè robb qui li che i fa tremà fina la mia piva! Ma cünta, cünta, va innènz che vöi sentì al rest.
FILIZZ Dopo, donca, avè sentüü tütt qui bei novità né, a m’è vegnü in la crappa d’andà là anca mi par vidè se i m’avess vorüü dà quai poo da dance par andà a Pavia a fam taja via al göbb, e jer sira a sont andace là e sont vegnüü appena dèss a dess. A mi i m’a miga dace né dance, né zoi (1) ma solament i m’a face l’operazion e i ma tajaa via il göbb. Ecco, guarda chi che al ghè piü.
SEPPIN ( Fa un verso) Che pettèra to gavaree vüü nèe?!
FILIZZ O no, parchè s’eva già visaa dalla Mimii.
SEPPIN Cosè che to ghee pöö dice ti, par vèt fae quel bel favor lì?
FELIZZ Mi né, quem jeva deè a chèntà sabatt, domenega, a sont sulina föra e ghoo dice e lunedì. Lor ja vedüü che l’andava beng e par quell i m’a dace tènt0 da mèngià e da beff e i m’a drizzaa insci… Ecco,et capii?
SEPPIN O pensaa adess, che voria andà là mancami sabatt che vegn par vedè se i coriss fam andà via sto gossase chi insci. Furoja beng o faroja maa?
(1) Zoi - gioielli
FILIZZ Va pür là, ma t’eè da pensà pöö cosa a t’eè da di.
SEPPIN Ecco chi, quand i sènti a chèntà sabatt domenega e lunedì, mi, inora, a disarmo e maddì. Andarala beng insci?
FILIZZ La …….. andà; però vè, la storia la venuta on poo longàretta , ma fa nagotta. Prova, va là sabatt che vegn, e fatt coragg. Abbia miga pagüra che to saree pööcontènt anca ti. Bona fortuna donca!
SEPPIN Grazia tènt e sta beng.
FILIZZ Si, sta beng anca ti. Addio, a voo a cà dromi…ciao…
SEPPIN A voo anca mi colla mia cavaretta… ciavo… scià… cè cè cè…
FILIZZ (Ritorna e guarda) Al Seppase e l’è andace… Si, al passa là. O! adess vöri pröva on bot andà sü lì, par vidè se la MImii a l’è levada sü, parchè a vöi fam vidè che sont diventaa bel drizz.(Va via e poi si sente battere una porta).
MIMII (Dalla finestra) Chi è che picca?
FILIZZ A sont mi, a sont al Filizz, vega giò se to voo videm.
MIMII A vegni sübat sübat; speccia che a ma metta sü almène al cottinel, diavose!
FILIZZ Si, ma fa impressa; varda che sont chi in piazzetta dal Valleg, né?
MIMII Si, va bèe; a vegni gio sübat sübat.
FILIZZ O cara! La m’a dice che la vega gio… Adess, donca, a lè propi al moment da fam vidè ch’el göbb a ga l’oo più… e pöö neè, a prövaroo ènca a … se la ma vö sposà,… e sentiroo che rispostta la ma darà… Oh! Se la ma dicess da si! A morirai dalla consolatiozion! Ma citto, a ma par d’avè sentüü a trügiò al carnase e a vert la porta. Oh! L’è propi scià; la sènti la sova pedana coi zoccorett, eccola!... Prima d’andà a cà o vorsüü vegni chi a dat al bondì.
MIMII Si, bondì, car Filizz. Ma a set ti o set miga ti? Oh! Cosa vedi mai mi… che i sia i mèe öcc che i fa parè insci?
FILIZZ A sonami, propi mi in corp e anoma: a vedat miga?
MIMII Ma donca i ta face andà via al göbb, parchè a tal vedi più e squass squass a ta cognossi manca più.
FILIZZ Ebeng, varda chi, tocca tocca e to restaree persüasa… tocca?
MIMII O si, la schenna L’è propi piatta, piatta; e coma to see bell drizz ènca!
FILIZz Donca adess a sont bell nèe? Ta piasi adess mo? Dimal se ta piassi!
MIMII Oh, mi a ma pias tütt qui che a ma vöö beng, ma propi bèè da cör.
FILIZZ Donca mi a ta disi che ta vöi bèè tènto tènto e sont innamoraa a mort da ti.Dim donca, a ma töjarissat? Dimal!
MIMII Ecco, mi a gà domandaroo al mè pà e la mia mam se jè contènt, e se i ma dis da si, innora mi sont fova. Vala bèè?
FILIZZ Par adess basta insci e par pegng, scià, dam chi la toa manina, ecco la mia! Cinq ecinq des! Fa la cavallal’è mia!...
MIMII Mia mi a sont pöö miga ‘na cavalla vè!?
FILIZZ Oh no! Scüson né, ò dice insci par on möd da dì, cioè che sem intes e d’accordi, nèe ?
MIMII O inora s’ciavo, a gha doo on passalà e adess a voo sü in cà e ghà domandi sübat ai mee se jè contènt e pöö, incöö, dopo vespro a sa trövarem ancamò e an parlarem e fissarem anca al di da sposas, né?
FILIZZ Va bèè, brava. Giüst a pont, mi a saria da parer, se gheè nagott in contrari, da spossas sabatt che vegn, che inscì alla sira andarissom a Püs insiema, a paaaà la coce là, in compagnia a tütt quii dal barlozz;: purchè, ta devi di che anca mi a ma sont face dènt in quella congrega e a sont stace cettaa a pieni vot e i ma specciarà là.
MIMII Beng, donca fem pür come te disi; sposemas sabat da matina e dopo disnà, vers sira, a vam pöö là.
FILIZZ Si, giüst insci. Ma begnarà pöö che pènsom a proved quai cos da bong da portaa apress par mèngià e quai cos altro.
MIMII Ecco, martedì che l’è a prim dal mes, a l’è marcaa da Lüghèè, (1) andarem a tö i binis che i gha vöö parchè sem spos e pöö cont quii danee che i ma dace qui sciori da Püs, a compraroo on bel cottin da movella (2) e on corsett da velü bel verd e anca i guènt da pell color lilla ricamaa, on bel bust con i sòd bravi salam par fà stà sü i cottin e insci a ghoo pöö tütt compii.
FILIZZ Ma a gh’an vöö tènti da danee, da töö tütta quella robba lì, ma sigüra! Mi a farao fa ‘na bona fügascia dal pristinee, con sora mèr o züccor e l’è fin tropp, e al rest i las portarà lor. Ma, ovei, a gha pensava miga che begna che ma vestissa anca mi da avima a font, e l’è i blozzr che ma dà dà pènsà, parchè gh’an vöö tènti.
MIMII Oh! Pènsa nagotta; a gha n’oo tènti mi, vè! Varda chi (si cava la borsa) che borsaccia che i m’a dace, a l’è piena vè! Sènt coma la pesa, a gha n’è par comprà tütt quel che bisögna.
(1)Lüghèè – Lugano
(2)Movella – Filatuccio di seta e cotone
FILIZZ Adess a sont contènt parchè a podaroo töö on bell cappelett alla «Rochelieu» e on poo da zippria e frìsa rossa pal corvin ; on para da camìs colla sova brava leoviüga (1) e manazin; on gippoo da seda ricamaa, on para da braghett da pel du becch bei giald, volzett da fìrisell (2) morell e scarp con la sova fibbia e on bel sortù da pan blö, e infin on paccheac da ppeluzz par l’inverno. Guarda, Mimii quènt spes par na…
MIMII Ebeng, quant a sarem sposaa a ta darno a ti la borsa da mettala via, par on büsogn da fa ‘na quai altra spesa.
FILIZZ Oh! Che brava e bona tosa che ho trövaa mi! A son propi fortünan in tütt i maner. Adess, donca, asem intes, né? Cara Mimiretta… Scia, fam on basin che t’an foo vüng anca mi.
MIMII O adess, no.Chi insci in piazza! Che pressa to ghee…Quand sarem sposaa e in camara, inora t’an faroo püssee che vüng e magari cènt.
FILIZZ Carina, carina, carina! A rivedess incöö donca… dopo vespro. Addio!
MIMII Si, addio, car Filizzin bel driz!
FILIZZ Scia Mimii, pirlem on poo…
MIMII Si, pirlem pür alto
Tintin, tintin polonia
La fa ballà l’Antonia
L’Antonia di maghi,
la fa ballà i ladri.
I ladri dal comüng
I fa ballà nissüng
Tin tintintella
L’è mort poricinella!
Cala il sipario
(1)Lecciüga – Stiratura
(2)Firisell – filo di bozzoli filato a mano
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Prima dell’atto quinto si potrebbe rappresentare lo sposalizio di Filizz colla Mimii, quando ritornano dalla chiesa , preceduti da suonatori di violino; poi gli sposi s braccetto seguiti dai parenti. Questi gettano confetti ai curiosi accorsi. Spari di pistola.
ALCUNI DICONO Ecco che i vegn, a jè scià, a jè scià
ALTRI A sa sènt già i sonadoo a sounà….
ALTRO Ecco che i sponcia föra; ma a vedi già al capel dal sposs;
ALTRA E mi a vedi la sposa con i spadin in cò.
TUTTI Evviva i spos! Evviva i spos!
Gli sposi si presentano sulla scena con seguito, marciando asuon di musica e gettando confetti, poi si fermano e ballano la manfrina facendo bei gesti graziosi e ridicoli,. La gente batte le mani e grida: Evviva Filizz e la Mimii!
ATTO QUINTO
La scena rappresenta ancora la selva «al pian da Püs», come nell’atto primo e atto terzo. (Si fa notte)
SCENA I
SEPPIN A sont chi mi?... A momenti, donca, i vegnarà, chi, in sto pianell… Oh che bel sit che ja cattaa föra par faa i söö riünioo e i so divertimènt senza che i sia vedüü da qui dall sènta inquisizioo! Ma se i l’aves da savè, chi sa che fin i dovaria fa quella povera gènt disgraziata e… ma a sentì rügha dènt par la föja (ascolta e si guarda intorno) o, l’è nagott. Al sarà stace al vènt che fa möf i föi dai albor… Ma a sèntì ancamò comè chèntà… si, i ma paar lor che i vegn e a momènti i sarà chi. Andem donca e fermas coragg: preparemas a videi a rivà… O coma i camina… i negn impressa e jè già li pos… Scondimas donca; scondimas dènt in quella garbötta alla svelta… dent… dent.
SCENA II
Arrivo dei «barlozzanti » a due a due, cantando e saltando: si mettono tutti in giro al capo, poi viene la sposa Mimii e lo sposo Filizz con la torta in mano. A questo punto tutti dicono: Evviva al nöf sozzi; (1) evviva al spoa e la sposa!
FILIZZ E MIMII ( Fanno gli inchini) Grazia! grazia
FRATE Adesso venite qua; poggiate qui tutta la maiolica che avete portato acciò si veda. Ecco, io ho qui il solito fiasco di vino ed un po’ di pane. (BOLARD) Mi ‘na padella da risott. (ALTRO) Luganighetta (ALTRO) Olcei (2) (ALTRO) Pess carpionna (ALTRO) Tortei (ALTRO) On tocch da panzetta.(ALTRO) Per, pom e üga, (ALTRO) pan e vin , (ALTRO) Mondell… Oh! Che piacere, che scorpacciata dobbiamo fare questa sera; vi pare figliuoli?
TUTTI Oh, si! A ghè miga mna, a sapo’ contentass.
FRATE Abbiamo un po’ di tutto; manca solo la vontà di dare « trarre in castello» e questa l’abbiamo di certo.
FILIZZ Ma, e questa chi a li ìmiga nancamò vedüta. Vardee chi!
TUTTI Oh che bella fügascionna!
FILIZZ Al ma l’a faccia al prestinee da Rögn… vedii….
(1)Sozzi – socio
(2) Olcei - uccelli
TUTTI Oh, inora la sarà bona següra!
MIMII Mi a va prèsentì binis da spos, sföjada e bomboo da pocià giò in dal vin. Scüsem se jè pocch…
TUTTI A jè fina tropp!
UNO Scià che vöm tastai sübat adess sti binis!
MIMII Eccoi donca! Che i resta servii… che i ‘na töga sti…
TUTTI Eviva i spos, eviva, eviva!
FRATE Adesso i signori sposi faranno il piacere di mettersi qui nel mezzo e noi tutti balleremo intorno, cantando il sabato, domeniga e lunedì. Qua dunque, sposi , e voi altri ballate e cantate! Animo… uno, due … tre. Sabatt, domeniga; sabatt, domeniga e lunedì…
SEPPIN ( Dopo il ritornello, entro l’albero, dice con voce rauca): Mardì ( a questa voce tutti tacciono).
FRATE Ma chi è questo importuno che ci interrompe sempre il canto e che disse mardì?
TUTTI Maa! maa! chi sa!...
FRATE Quella parola non mi suona bene al mio orecchio! … Basta , proviamo… su, cantate ancora.
TUTTI Sabatt, domeniga e lunedì e mardì…. Sabatt, do…
ALCUNI No, no. La va migabèè, la va miga bèè. No, no!
ALTRO Né chèntalla né ballalla, ecco!
FRATE Oh, quella parolaccia lì, mi sembra che sia uno scherzo che ci vogliono fare, bello e buono e non la si può tollerare!
TANTI L’è vera, al gha rasoo!...
FRATE Ha detto mardì! O asino «fottuto»! Animale senza… rispetto! A quello lì, bisogna insegnargli il vivere del mondo e dire quello che deve dire. Temerario!
TUTTI Si si, begna castigal!
FRATE E che «vosaccia scarpada» che ha fatto! Mi è sembrata la voce di un rospo, un «sciat» come dite voialtri.Animo, andate a cercarlo che voglio vedere chi è!
ALCUNI Andem, andem tücc a cercà.
ALTRI E menèmal chi, che podum dagh la paga ch’el merita…
FRATE Si si, quello che merita proprio! Bisognerà caricarlo ben bene quell’usiunecio da barlassina!
UNO Al ghè, l’è chi! Vegni scià a jüttà a tiral föra.
ALTRO Ovei, ti vegn fö, vegn chi cout nüng.
ALTRO Oh! Che piva cl’el gù, che piva , signor!
ALTRO Scià, vegn chi inènz che i ta passa rimirà tücc!
TUTTI (Ridono e poi dicono) O che gossasc, o che gossasc ch’el ghà!
FRATE La. La tacete! Non ischerzate idisgraziati! Non fategli del male, non guastategli la piva altrimenti dovremo poi pagargliela cara. Però tenetelo stretto acciò non ci sfugga… Pensiamo ora, subito, cosa dobbiamo dargli per compenso di quella bella bella parola…ccì…a che disse. Ecco io sarei del parere di fargli un bollo sul «gosso», per poi conoscerlo quando lo si incontra. Cosa ne dite?
BOLARD Mi, a disaria invece di fagh quest chi, che lè püssee bel segn, al püsse bel regal che sa possa dag.
FRATE Sentiamo, di su: cosa sarebbe?
BOLARD Al segn, al saria do taccagh là, in su la schenna, quel göbbase che ghem resegaa via al Filizz sabatt passaa, cheiuscì né, al sarà compensaa e compitamèn guarnì da do bei rarità.
BRISTOL Bravo Bollard!To disii bèè.
ARTARI Al gha sta propi bei ……………………….
ALTRO Si, propi inscì, al lo …… e i disarà tucc ch’em face bèè.
ALTRO Ma si, l’è un opera da carità !
SEPPIN ( Guarda di qua e di làcn degli occhi spalancati e borbottando colla bocca storta).
FRATE Dunque è approvato questo……, mettiamoci subito all’opera. Qualcuno vada a prendere e portar qui quel gobbo del Filizz che lo troverà là, dietro a quell’albero.
ALCUNI Si, andem töl e portèmal chi.
FRATE Prepariamo dunque l’occorrente. Voi altre ragaxxe preparatemi una grossa «guccia» bella e infilata con dello spaghetto. E voi altri due, fate venire qui quel coso là.
DUE Sübat, ovei lii, quel scior! Ch’el fuga al paisè a vegni chi! A ghual forsi pagüra a vegni scià?
SEPPIN A gha ….. squas on zicch vidii!
FRATE Ho capito ho capito… è proprio quel salame del mardi. Ma io ti domanda come hai nome, capisci?
SEPPIN A…a…a…gho nom Seppin.
FRATE E la tua parentela come è?
SEPPIN Seppasc.
FRATE E di che paese sei?
SEPPIN Da Maarosgia.
FRATE A… a…! Tu sei dunque il Soppese di Maroggia?
SEPPIN Scior si, scior…
COLOMBA Senza domandag, al podevabè cognossal che l’esa da Maroggia.Ch’el varda lì, ch’el ghà do test… donca!
FRATE Senti adunque, galantuom. Noi vogliamo farti un bel regalo. Vieni qui, buttati giù su questa panca che vogliamo levarti ilgozzo.Tira fuori la giacchetta che poi te ne daremo una nuova.
SEPPIN Si si, scior. Ecco traccia föra e ch’el ma faga dentà beng l’operazioo, né!
FRATE Tira fuori anche il «gilet» e lascia parlare a chi tocca
SEPPIN Ecco che l’ò trace fö.
FRATE Ora mettiti giù sulla panca… così! Non muoverti!... Bisogna che ti benda gli occhi, acciò tu non abbia avedere né muoverti, perché devi star fermo. (Gli benda gli occhi).
SEPPIN Si si, scior ecco.
FRATE Venite qui ad qiutare a tenere e a darmi quello che mi occorrerà.
DUE (Portono il gobbo e dicono:) Eccol chi quel affare.
ALTRI Anca nüng a sem chi a jüttà.
FRATE Vi raccomando di tacere e non far motto, per non farmi alle volte sbagliare l’operazione. ( Idue fanno segni speciali). Qua, tu tieni fermo le braccia, e tu tieni bene le gambe ed io gli lavoro «apresso» alla svelta e in «trìbiis santüss» l’opera è compiuta. Attenti che incomincio. (Gli pone il gobbo sulla schiena). Ragazze, qua la «guccia» infilata, presto!
UNA Eccola chi, ch’el töga.
FRATE Brava, va bene. Dunque «cucisco»… andiamo…
SEPPIN Ai, ai la mia pell, la mia schena! Oiomè oiomè!
FRATE Manca versi! Taci e sta quieto… lascia fare.
SEPPIN Ma ch’el guarda nèe che al goss a gha l’oo miga lì, vedal?
FRATE Lo so, lo so che l’hai davanti non fa bisogno di dirmelo, sai? Sappia però che per levare e togliere quello che sta davanti, necessita operare per di dietro, capisci? Dunque lascia fare a me.
SEPPIN Oh! Ma coma l’è insci ch’al faga pür.
FRATE Citto dunque e sta quieto, ti dico…
SEPPIN Ai ai, la mia pell; ai i mè spall…oi,…, i i…
FRATE Zitto, dico! E voi altri tenete ben stretto…. I i i comè l’è düra questa pelle!
SEPPIN Ai, aii! Oh car signor jüttem, a pos piü… ai, ai…
FRATE A momenti ho finito… taci taci.
SEPPIN Oh Madonna da Maroggia a pos piü resist, jüttem, jüttem!
FRATE Fee! Che roba! Ecco terminato… aspetta che ti levo la benda… Ecco, voi altri lasciatelo libero, così…su…su… dunque alzati e mettiti questa giubba qui, prendi!
SEPPIN ( La prende e si veste, poi si tocca il gozzo e la schiena e dice:) Gribbio e boffett e sidazz e bicoch e trapol da ratt! Coma i ta ma consciaa! Ma che fattüra i ta m’a face! Oh povero mi! Cossè che i disarà la gènt a videm in sta figüra chi! Ah! Strioni püttarghi, a savii che a sii püsse fürbi dal diavolett. A begna che ma la cava da chi, prima che i m’an faga ‘na quai ancamò püsse grossa. Andem andem. (Vedi nota DELL’«EDUCATORE»).
FRATE No no, non ti farem più nulla: però se tu voi andare, vattene pure, ma prima di partire bevi almeno una tazzina del nostro vino del Tensaale.
SEPPIN No, no, no, no: che i sa distürbamiga. No, no, no: grazia tènt, a ghoo miga see, a ghoo miga see, a voo! A voo iusci, a voo gio dal sèntèe di abicc,(1) fina giò in la vall a scondom par no lassam più vudè da nissüng.
ALCUNI Bong viagg, né? A rivedess ancamò ‘naltra volta, né?
SEPPIN A rivedess on corno che va mazza! A voo, a voo…
FRATE Povero uomo, Ego te benedico: te, il gozzo ed il gobbo! Vanne in pace.
(1) Abicci – abissi
FILIZZ A l’è propi on porarbadolla par no dì ciò: al far propi compassion.
FRATE Oh! Lasciatemi respirare un poco, perché sono affaticato. Vedete, sonosudato…
SERENA Cospetto! L’a lavoraa comè on condannaa sigüra!....
FRATE Ora lasciamo da handa tutte le ciance e terminiamo di rosicchiare quella poca roba che abbiamo portato qaì con noi: pigliate adunque tutta quella roba là e portatela qui, nel mezzo. Da bravi1Io prenderò il fiasco del vino e voi altri il rimanente. Presto!
TUTTI Si si, vero chi, vero chi…
FRATE Avete portato qui tutto?
UNO Si! A ghè piü là nagotta.
FRATE Ebbene, sedetevi tutti, o state in piedi, come vi pare e servitevi a vostro piacere, di quello che vi piace e trincate vino allegramente senza complimenti.
UNO Oh! Fa miga da büsogna da dimal; ch’el lussa fa da nüng a spazza unpresso tütt cos… scià chi al squellin se vorii bevf! Töi, bevii, bevii.
FRATE Prendete, tirate giù, lo prendo un po’ di «panzetta», la mi piace molto, ecco, la mangio qui in piedi… e voi altre donne che avete sempre fame, servitevi o fatevi servire e mangiate bevete se volete poi ballare!
DONNE Ch’el lassa fa; nüng a ga stam sèmpro in tütt i maner, vedal. (Fra loro). Oh che baloss d’on prior!
FRATE Vedo ancora della robalì. Su, su presto, finite tutto!... mi sembra che abbiate finito ogni cosa.
MIMII Oh sciori! A ghè ancamò da mangia la fügascià! Vardolla chi che l’è ancamò intrega intraccia! Chi è che taja?
BORMINO Di regola tocca sempre lo sposo a romperla.
FRATE Alto dunque! Filizz, a tu.
FILIZZ Si si, sübatt; scià al cortel… eccola scarpada tütta a tocchett.
UNO A tee face tropp impressa vè!?
FILIZZ A l’eva già tütta rotta; forsi pel viag a vignai chi, capii…
FRATE Spetta adesso alla sposina, a offrirla a tutti e a tutte.
MIMII Donca scia mi: ecco a comènzi chi da lü scior prior, ch’el resta servii, ch’el na töga on bel tocch!
FRATE Accetto un pezzettino con tutto il cuore. E’ buona. Grazia!
MIMII Scior Bristol, a lü adess.
BISTOL Malarbetta chi! Che roba dolza ch’a ghè sü sora! Fio, fio…
MIMII ( Va ad offrire a tutti)
FILIZZ A gha l’oo dice mi da famala bonna dolza!
FRATE E tu, Mimii, non ne prendi, non ne mangi?
MIMII Oh! Mi nò, parchè a sont già segolla e piena che poss pìa tragh.
FRATE Almeno un pezzettino la puoi prendere per assaggiarla.
MIMII Ubedissi, ecco an töghi su on zich, insci!
FRATE Brava là: ora sano un zicchin contento anch’io.
MIMII A ghè piü nissüng che i na voo? Che i parla: chi gha n’èancamò.
FRATE Dunque se avete ultimato tutto, abbiate la compiacenza di sgombrare qui, d’ogni cosa, tutta la batteria insomma, che si possa liberamente brillare. Prima però di fara la chiusura io direi di beverone ancora una tazzina alla salute di tutta la società, presenti ed assenti, e poi lasciar fare un balletto a piacimento ai soli sposi Filizz e Mimii, dopo si canterà i sacri sabatt, domenica e lunedì in musica, poi tutti uniti ballerete la manfrina. Cosa ne dite?
TUTTI Beng, aprovaa benon!
FILIZZ Ma infin a ghè pöö ènca i logh dal bengala che ioo portaa chi mi.
UNA DONNA Oh! Com’al sarà bell a vidè qui ciar da tènt bei color!
ALTRA Ma si nèe cara, che bellezza al sarà!
FRATE Signori sposi, siete invitati a ballare voialtri da soli. Ditemi che ballo desiderate fare?
FILIZZ Mi, disaria da ballà on monüè,(1) e ti Mimii?
MIMII O si si, al monüè.
FRATE Dunque faccio suonare il monüetto.
UNO Ma a ghè miga i sonadoo
FRATE Dunque come facciamo?
ALTRO A suonarem bè nüngcont la vos!
FRATE Bravi dunque, cominciate pure. Animo!( Tutti suonano colla voce chi da primo, chi d’accompagnamento e chi da basso il monüè e gli sposi ballano). ( Finito il ballo, tutti battono le mani e dicono: Bravi, bravi).
FRATE Bravi anca i sonadoo;evviva i sposs!
MIMII E FILIZZ Grazia, grazia: evviva anca la müsica!
FRATE Bravi tutti e sono contento come il curato di Bissone! Adesso cantiamo in musica nuova l’inno del sabatt, domenica e lunedì. Avanti col canto!Fuoco ai fuochi di bengala! Sabatt, domenega e lunedì; Sabatt, domenega e lunedì…
FRATE Andiamo, andiamo tutti a casa nostra che per questa sera al barlozz di strii è ultimato. Dunque partiamo.( Tutti si andiamo cantando e ballando). A sem düü, sem trii el barlozz l’è finii(bis) Sabatin sabaton, to se al mè non; Sabaton sabatin, to see ‘i mè gingin. Trairii trairaa, sem beng compagnaa; Trairaa trairii, sem dènt in di strii Dènt in di strii! In di strii! strii! strii! Dindin e dindong, strii e striong! striong! strong
( Fine)
Nota dell’«Educatore»
Non occorre dire che trattasi di un motivo che non pretende nuovo. Lo sanno coloro i quali hanno qualche familiarità col folklore e con la novellistica popolare. Sep di Massimo Cometta, che va al borlott delle streghe per farsi asportare il gozzo e ritorna col gozzo e con la gobba, fa pensare, per esmpio, al gobbo di Peretola, di cui discorre Francesco Redi in una lettera del 15 gennaio 1689, a Lorenzo Bellini, valente professore di anatomia nello Studio pisano e poeta bizzarro, successore al Redi, quando questi morì, nella carica di archiatro del granduca Cosimo III.
Scrive il Redi:
« Come una mamma amorosa, che intenerita di quella sua figliuola gobba esciancata, vorrebbe pure ch’ella comparisse con le altre a una festa, e perciò s’affanna a farle raddoppiare i tacconu alla scarpa del piede zoppo, e le rimpinza guancialetti e batuffoli di cenci intorno a’ fianchi ed intorno alle spalle: così ho fatto io di nuovointorno a quelle terzine, una di questenotti così gelate, mentre mi tribolava, che non poteva dormire; ma penso che sarà avvenuto, come accadde a quel gobbo da Peretola, il quale avendo veduto che un altro gobbo suo vicino, dopo un certo suo viaggio, era tornato al paese bello e dritto, essendogli gentilmente stata segata la gobba, lo interrogò chi fosse stato il medico, e in qual paese fosse aperto lo spedale, dove si facciano così belle cure. Il buon gobbo,che non era più gobbo, glielo confessò giusta giusta, e gli disse, che essendo in viaggio smarrì una notte la strada e dopo lunghi aggiramentisi trovò per fortuna alla Noce di Benevento, intorno alla quale stavano allegramente ballonzolando moltissime streghe, con una infinità di stregoni e di diavoli; e che fermatosi di soppiatto a mirare il tafferuglio di quella tresca, fu scoperto, non so come, da una strega la quale lo invitò al ballo in cui egli si portò con tanta grazia e maestria che tutti quanti se ne meravigliarono, e gli presero perciò così grande amore che, messeselo baldazzosamentein mezzo e fatta portare una certa sega di butirro, gli segaron con essa , senza verun suo dolore, la gobba, e con un certo impiastro di marzapane gli sanarono subito la cicatrice, e lo rimandarono a casa bello e guarito.
« Il Buon gobbo da Peretola, inteso questo, efacendo lo gnorri, se ne stette zitto zitto; ma il giorno seguente si mise in viaggio, etanto ricercò e tanto rifrustò, che potette capitar una notte al luogo della desiderata Noce; dove con diversità di pazzi strumenti quella ribaldaglia delle streghe e degli stregoni trescana al solito in compagnia di diavoli, delle diavolesse e delle versiere. Una versiera, o diavolessa che sì fosse, facendogli un grazioso inchino lo invitò alla danza , ma egli vi si portò con tanto mal garbo e con tanta svenevolaggine che stomacò tutto quanto quel notturno conciliabolo, il quale poi, mettendoseli attorno, e facendo venire in un badile quella gobba segata al primiero gobbo, con certa tenacissima pegola d’Inferno la appiccò nel petto di questo secondo gobbo; e così questi, che era venuto qui per guarire del gobbo di dietro, se ne tornò vergognosamente al paese gobbo di dietro e dinnanzi; conforme suol quasi sempre convenire a certi ipocondriaci cristianelli, che volendo a tutti i patti e a dispetto del mondo guarire di qualche lor male irrimediabile, ingollano a crepapancia gli strani beveroni di qualche credulo, ma famoso medicastro e di un sol male, peraltro comportabile, che hanno, incappano per lo più dolorosamente in tre o quattro altri più dolorosi del primo, i quali presto presto gli mandano a Patrasso che è un oscuro paesello lontano a Firenze delle miglia più di millanta.