Le tre Marie

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LE TRE MARIE

Commedia in tre atti

di MICHELE CARAMELLO

PERSONAGGI

DINA MENZIO

MINA MENZIO

MARIA, la cameriera

UN DOTTORE, medico del luogo

UN MARESCIALLO dei carabinieri a cavallo

PRIMO TENENTE

SECONDO TENENTE

UN SOLDATO

PRIMA DONNA

SECONDA DONNA

L’azione è di oggi in un piccolo paese.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Interno della bot­tega delle sorelle Menzio, al pomeriggio. « Sorelle Men­zio » c'è scritto sul­la parte alta del ve­tro della vetrina che limita il fondo del­la scena. « Bottega del ricamo » e « Co­pisteria » sui vetri verticali. Oltre quei vetri e quelle dici­ture, che, viste dall'interno danno un senso caotico e contraddittorio, si intravede l'angolo di una piazzetta di paese, gessosa, di recente costruzione. L'interno è semplice e grigio. Un modesto paravento limita la parte bassa della vetrina. A destra due seggiole, un lungo tavolo sul quale sono un ferro per stirare, la ciotola dell'amido, e qualche capo di biancheria da bucato. Qualche abito da donna ancora da stirare e qualche altro già stirato è appeso lungo la parete sotto un lampadario a braccio, a gas, ed ora adattato alla luce elettrica. Appeso a quella stessa parete, è un modesto altarino della Madonna. Nel centro: un ta-volino con la macchina da scrivere, accanto al quale? è un leggio da musica a forma di lira, una seggiola. Un'altra seggiola, wn divano, un tavolino da ricamo, addos­sati alla parete di sinistra, sopra un vecchio tappeto. Uh piccolo mazzo di fiori, entro una ciotola in un posto qualunque. Tale la bottega delle sorelle Menzio. Dimen-ticavo un cartello, appuntato al paravento che limita la vetrina sul quale c'è scritto: « Si confezionano camicie da uomo - Lavatura e stiratura ». Le sorelle Menzio sono due buone signorine, appena oltre la quarantina, Mina è più arcigna, Dina, più solida e più giovanile della sorella, sembra continuare, con maggior rassegnazione, l’inutile e lunga attesa di un marito. Maria, la cameriera, più o meno, ha la loro età. Il Dottore, anche qualche anno di più. Qualche filo di argento è nei capelli dei protagonisti, l'ambiente è grigio e stanco, così, quando sull'uscio in fondo, apparirà quel maresciallo dei carabinieri, rosso e blu, con tracolla e guanti bianchi, sem­brerà la pennellata di un altro quadro caduto per caso in quella penombra discreta.

 (Maria sta dando gli ultimi tocchi di ferro ad una camicia. Dalla porta a vetri, in fondo, entra lentamente il dottore…..

Maria                               - (senza alzare gli occhi dal lavoro) Chi è... siete voi, dottore?

Il Dottore                        - Sì.

Maria                               - (incerta)   - ...Venite per quelle copie?

Il Dottore                        - (tollerante) ... Nooo!..

Maria                               - (imbarazzata) Anche le camicie... non credo che siano...

Il Dottore                        - Non importa.

Maria                               - Meglio... (Qualche istante di silenzio scandito dai colpi di Ferro quando discende pesantemente sul tavolo...).

Il Dottore                        - (improvvisamente aggressivo) Maria! Sareste capace di fare la barba?

Maria                               - Jesus Maria! La barba?... Ad un uomo?...

Il Dottore                        - Ad un uomo! Naturalmente... a me, magari...

Maria                               - La barba?... Dottore, perché farvi la barba?

Il Dottore                        - Non troppo sovente, una volta ogni tre giorni.

Maria                               - Oh, dottore!

Il Dottore                        - Per ora, non occorre.

Maria                               - Allora...

Il Dottore                        - Dicevo così per dire, tanto per dire, per utilizzare l'azienda dal momento che come bottega del ricamo, fabbrica camicie, lavanderia, stireria non sembra che funzioni...

Maria                               - Oh dottore...

Il Dottore                        - Chi c'è in casa?

Maria                               - Tutte e due.

Mina                                - (entrando dalla prima porta di destra con qual­che capo di seta che depone sul tavolo) Buon giorno, dottore.

'Il Dottore                        - Buon giorno, Mina.

Mina                                - (imbarazzata) Venite... per le camicie?

Il Dottore                        - Non ci penso nemmeno.

Mina                                - Meno male!, perché, dovete sapere... ecco, è successo un guaio... non si sa come, sono andate a finire con la roba da tingere, e quando ce ne siamo, accorte, erano già un po' un po'... come dire... un po' viola, ecco!... Ora sono nel bagno per... distinguerle... Avete capito?

Il Dottore                        - Perfettamente, ma non sapevo che fosse anche tintoria! ... (Guardandosi attorno) ... non c'è il car­atello!

Mina                                - Se non vi occorrono subito, io credo che...

Il Dottore                        - Non premono...

Mina                                - Le vostre copie, quelle sono certamente pron­te... Dina!... Vi prego, non dite nulla a mia sorella di questo incidente, ci tiene tanto al buon nome della ditta!...

Voce di Dina                   - (dalla sinistra) Mina!

Il Dottore                        - 'Non dirò nulla,, prometto. (Mina esce reggendo fra le braccia 'la poca biancheria che ha raccolto).

Dina                                 - (entrando dalla prima porta di sinistra) Dot­tore...

Il Dottore                        - Buongiorno, Dina...

Dina                                 - Siete venuto per quelle copie?

Il Dottore                        - (sorridendo). No... per certe mie camicie.

Dina                                 - Perché , vedete... a quelle copie, è successo un piccolo incidente... Si sono infilate ira le carte dell'av­vocato Gatti... l'avvocato...

Il Dottore                        - L'avvocato?

Dina                                 - Sembra che...

Jl Dottore                        - Il mio studio sai topi campagnoli quali veicoli delle epidemie...

Dina                                 - Sembra che...

/Il Dottore                       - ... Che ...

Dina                                 - Che l'avvocato abbia spedito tutto al Ministero della Giustizia!... insieme alle carte della eredità dei Bocca...

Il Dottore                        - Tutto... come, tutto?...

Dina                                 - Tutto.

Il Dottore                        - Anche?...

Dina                                 - Anche...

II Dottore                        - L'originale?

Dina                                 - Anche l'originale... L'avvocato ha subito scrit­to, ma non sa quando... Appena arriva la risposta, potete essere sicuro che...

III Dottore                      - Ma lo sono...

Dina                                 - Oh! Dottore, se sapeste quanto mi è dispiaciuto! Ci ho pianto... Non arrabbiatevi, non dite nulla a mia sorella di questo piccolo incidente; voi sapete quanto Mina ci tenga all'onore della ditta...

Il Dottore                        - (a denti stretti) Per l'onore della ditta Menzio!... L'onore?... per un uomo: divorziare dalla don­na che l'inganna...; per una donna: sposare l'ultimo dei suoi amanti...; per una nazione sconfitta: cambiare il governo...; per una ditta: attaccare sull'uscio un cartello « chiuso per restauri », e, sotto, « vernice fresca »... in caso, sapete come rimediare!

Maria                               - Ma, dottore! Abbiamo fatta rimettere a nuovo la facciata soltanto l'altro anno...

Dina                                 - Siete cattivo, dottore...

Il Dottore                        - No, preoccupato! Non potrò nemmeno domandare un'udienza al Ministro della Giustizia per riavere il mio studio sui topi campagnoli, perché dovrei presentarmi vestito con una camicia viola, e, gli uscieri non mi lascerebbero passare.

Dina                                 - Viola? Perché viola?

Il Dottore                        - Viola! Ne sono sicuro...

 Dina                                - Viola? E' terribile!

Il Dottore                        - E' fatale!

Dina                                 - Non viola, dottore! Non ne avete di altro colore? (Intanto dalla prima porta a destra, è rientrata Mina reggendo un fascio di biancheria da stirare che depone sul tavolo).

Il Dottore                        - (con nostalgia) Ne avevo... (Si volge im­provvisamente verso Maria che è rimasta presso il tavolo intenta al suo lavoro)... viola! e con la barba lunga dieci centimetri!

Maria                               - (colui di sorpresa) La barba... oh no!... piut­tosto ve la faccio io... posso... posso imparare.

Il Dottore                        - (scoppiando allegramente come un fuoco di artificio) Ah! Ah!... vedete che ci siamo arrivati!... bottega del ricamo, fabbrica di camicie, lavanderia, tin­toria manca il cartello! - stireria e bottega da barbiere e, magari, anche parrucchiere per signora! e perché , no? ondulazione all'acqua, si fa permanente... Ah! Ah!... il Grande Albergo Diurno di Rocca di Virze! Settemila abi­tanti... settemilacinquecento! il giorno di mercato... otto­mila! quel giorno, compresi i bovini... Ah! ah!... (gestione Sorelle Menzio!... ((Si butta ridendo su di una seggiola in centro di scena mentre le due sorelle gli si avvicinano intimidite).

Mina                                - Dottore, voi siete il nostro solo amico e non dovreste parlare così, che colpa ne abbiamo noi se il paese è piccolo...

Il Dottore                        - Avete la colpa di non andarvene, se avete delle grandi idee commerciali!

Dina                                 - Noi non ne abbiamo. Ci teniamo attaccate a questa casa come ostriche, un po' per i ricordi, e perché , diversamente, non sapremmo come vivere, ecco tutto! e non credo che potremmo fare in altro modo... Dopo­tutto, anche voi ci state in questo piccolo paese!

Mina                                - Sì, anche voi ci .state...

Il Dottore                        - Io?... ci sto perché ci siete voi(rivolto a Dina)... bella! e... perché sono il medico del paese... me ne sto aggrappato al primo scoglio contro il quale sono stato sbattuto... lo scoglio è piccolo, basso, ma gran­de abbastanza da poterci stare comodamente e fumare la pipa, permettete?... (Trae di tasca la pipa ed incomin­cia lentamente a parlare) ... uno ha una gamba rotta?... l'altro muore?... l'altro nasce?... Con un po' di gesso quella gamba sta di nuovo dritta e poi riprende a cam­minare, quello che doveva morire va sottoterra, mentre quello che nasce incomincia a far capriole per i prati... tutto ritorna a posto... mare calmo, qui, come! se un pe­scatore di polipi avesse buttato delle gocce d'olio intorno al mio scoglio... Potrei buttarmi anch'io nei gorghi, inal­berare sul mio rottame una vela con una grande iscri­zione: si aggiustano gambe! .si aggiustano tutte le gambe del .mondo! non si teme concorrenza! e cercare di rac­cogliere, io solo, io solo! tutti [quelli che gridano di do­lore perché hanno le gambe rotte... molti fanno così! perché vogliono aggiustare il maggior numero possibile di gambe... sezionare tante tante appendici... aprire un quantitativo enorme di fegati per estrarne un numero co­lossale di pietre biliari... Ah! Ah!... sciocchi! che non avrebbero nemmeno il tempo, in un giorno, di toglierò tutte le pallottole che gli uomini, oggi, in un minuto! si tirano nel ventre l'uno coll'altro! ... Io? Voglio soltanto che tutto vada il meno peggio, .intorno a me. Fin dove arriva la mia mano: nessuna gamba rotta e la gente, che nasce e muore col minor dolore possibile,.. Per que­sto, ci sto... (accennando la pipa)... per fumarci la pipa...

Mina                                - Dottore, siete un poeta! Incomincio ad esserne impressionata...

Il Dottore                        - Oh! non avete paura della poesia, voi!

Dina                                 - A me invece, piacerebbe di vedere le grandi cose... in una grande città, anche le cose degli altri sem­brano un poco le nostre. In città, uno dice: la nostra piaz­za, la nostra strada... ma qui, nessuno è padrone di grandi cose... i prati e le vigne sono cose di tutti, e le case... riguardo a questo, nonostante che le abbiano tolto il suo bel giardino, la nostra è ancora una delle migliori...

Il Dottore                        - Non c'è dubbio.

Mina                                - Forse, Dina, non era di questo che il dottore voleva parlare...

Dina                                 - Certamente, che non era di questo, ma quasi... impossibile che due pensino proprio la stessa cosa, mia soltanto... quasi: lui 'ha detto perché gli piace vivere in questo borgo , ed io, perché vorrei salire sulla corriera, poi prendere un treno ed andarmene lontano, sènza nem­meno sapere dove... (Maria ha finito di stirare: prende la ciotola di legno, contenente l'amido rappreso ed attra­versa la scena avviandosi a sinistra. Dalla porta, in fondo, entra un maresciallo dei carabinieri e sosta incerto sull'uscio).

Mina                                - Un carabiniere !

Dina                                 - Un carabiniere!

Il Dottore                        - Sì, un carabiniere.

Dina                                 - Che cosa vorrà?

Il Dottore                        - Forse, farsi smacchiare i guanti...

Mina                                - Se si trattasse soltanto di questo... basta lavarli con acqua e sapone...

Dina                                 - Un carabiniere in divisa!

Jl Dottore                        - E perché non dovrebbe essere in divi­sa?... Così almeno si vede subito che non è un carabi­niere, ma un sottufficiale dei carabinieri... un maresciallo, mi sembra, e dei carabinieri a cavallo.

Mina                                - Santo Dio! Un maresciallo dei carabinieri a cavallo da noi!

Il Dottore                        - E' molto meno di un generale...

Dina                                 - Dottore!... (Gli si accosta stringendolo ad un braccio)... dottore! qualche brutta notizia... ho paura...

Il Dottore                        - Sciocchezze! (In questo momento la posizione in scena è la seguente: in avanti, è il gruppo formato dal dottore e dalle due donne... in fondo, il ma­resciallo dei carabinieri sosta incerto sull'uscio... a sini­stra, la Maria, che stava uscendo, all'arrivo del rappre­sentante della legge, si è fermata non meno stupita delle due sorelle Menzio... ora gli muove lentamente incontro... improvvisamente la ciotola che reggeva fra le mani le sfugge e rotola per terra... la raccoglie una delle sorelle e li depone sul tavolino della macchina da cucire... Ma­ria continua a camminare a passi lenti, quasi sospesi, verso il maresciallo dei carabinieri a cavallo...).

Maria                               - Avanti... chi cercate?

Il Maresciallo                   - La signorina Maria... (ricordando)... Menzio.

Il Dottore                        - Quale?

Il Maresciallo                   - Abita qui?

Il Dottore                        - Precisamente. Ma quale?

Il Maresciallo                   - (leggendo su di un libretto di appunti) Menzio... Maria... fu Emilio e Teresa Cesarotti, nata in Rocca di Virze, ivi dimorante, in via...

Il Dottore                        - Esatto maresciallo,, ma quale?

Il Maresciallo                   - In via del Ponte, numero quindici...

Mina                                - Maria Primina o Maria Secondina?

Il Dottore                        - (indicando le due sorelle) Eccole! Sono due, tutte e due: Maria!... Una, Maria Primina, e l'al­tra, Maria Secondina!... familiarmente, signorina Mina e signorina Dina...

Il Maresciallo                   - (continuando a leggere) Nata nell'anno milleottocento...

Il Dottore                        - Inutile, maresciallo! Anche l'anno di nascita è inutile, perché sono gemelle, a quanto so, ap­punto per questo hanno messo il nome di Maria a tutte e due; e poi, Primina e Secondina, secondo l'ordine di arrivo sul traguardo... (Tende la mano) ...Sono il medico del paese...

Il Maresciallo                   - (stringendo la mano tesa) Piacere... Sono addetto al Comando di Virze...

Il Dottore                        - In sostituzione?

Il Maresciallo                   - L'altro è stato mobilitato... lo co­noscevate?...

Il Dottore                        - Certamente, il paese è già abbastanza civile, perché , ogni tanto, il medico e la Giustizia deb­bano incontrarsi... io dico: morto!... e voi: legalmente!... Avete qualche comunicazione?

Il Maresciallo                   - (perplesso) L'ho detto, per una Ma­ria Menzio...

Maria                               - (quasi gridando) Parlate, signore, parlate!

Mina                                - Sta calma, Maria, che storie son queste?... (Al maresciallo)... Dite pure, tanto la casa come il ne­gozio sono denunciati al nome di tutte e due, se si tratta di qualche cosa che riguardi la proprietà... nuove tasse?...

Il Maresciallo                   - Non si tratta della casa...

Mina                                - Di che cosa, allora?

Dina                                 - Potete parlare: tra di noi due non ci sono segreti...

II Dottore                        - Il solo che può essere di troppo sono io; perché , in quanto a Marie, non avete che da scegliere, in questa casa... persino la cameriera si chiama Maria... Col vostro permesso... (Si avvia per uscire).

Dina                                 - (trattenendolo) Per l'amor di Dio, non anda­tevene, dottore! (Da qualche minuto, oltre la porta, si è radunato un piccolo gruppo di curiosi i quali tentano di sbirciare nella bottega).

III Maresciallo                 - Accidenti! Non si è mai visto un carabiniere, in questo paese!

Dina                                 - Oh! signore: qui non c'è che gente onesta...

Il Dottore                        - Allora, maresciallo, dal momento che sembra che nessuno sia di troppo, potete parlare...

Il Maresciallo                   - Ma a chi?... Voi comprenderete che, avere trovate due Maria Menzio, per me è come averne trovata nessuna!

Dina                                 - Ditelo a tutte e due!... (Si avvicina alla so­rella).

Il Maresciallo                   - Impossibile! Non riguarda che una...

Il Dottore                        - Ditelo a una qualunque... Se l'affare non riguarda quella Maria Menzio, quella stessa lo dirà all’altra Menzio Maria!

Mina                                - Precisamente. Ditelo a me... od a lei!

Il Maresciallo                   - Impossibile, sono cose delicate.

Il Dottore                        - D'accordo loro...

Il Maresciallo                   - No! Non posso... è cosa troppo personale...

Il Dottore                        - O voi o loro, bisognerà che qualcuno si decida a cambiar nome, altrimenti questa vostra co­municazione non potrà mai essere fatta...

Il Maresciallo                   - Forse...

Il Dottore                        - Ci sarà pure, una soluzione.

Il Maresciallo                   - Per mio conto, ne vedo una sola: ritorno al Comando a riferire... (Si avvia verso l'uscita).

Maria                               - (buttandosi avanti) No!

Il Dottore                        - Maresciallo, vi prego: non andatevene... ora, queste donne sono in ansia... Diteci almeno, vaga­mente, idi che cosa si tratta... Affari con la giustizia? non credo... (Segni di diniego del maresciallo) Qualche igno­rato parente, forse, arrestato? (Segni di diniego del ma­resciallo).

Maria                               - Notizie di qualche soldato?

Il Maresciallo                   - Un momento!... Infine, poiché una delle due signore è certamente l'interessata, accetto di lasciare la comunicazione ad entrambe, se ne sono for­malmente autorizzato da tutte e due...

Le due Sorelle                 - Naturalmente... parlate!...

Il Maresciallo                   - (rileggendo sul taccuino) La signo­rina Menzio Maria, fu Emilio e Teresa Cesarotti, nata in Rocca di Virze nell'anno 1897, ivi dimorante in via Del Ponte numero quindici, è invitata a volersi presen­tare, con cortese sollecitudine, al Comando dei Reali Ca­rabinieri a cavallo, in Virze, palazzo della Prefettura, per comunicazioni in riferimento ad Enrico Menzio, classe 1916, sergente...

Maria                               - Perché ?

Il Maresciallo                   - Non lo so... (continuando)... figlio di lei e di padre ignoto... (Scena: le due sorelle per un attimo si guardano, quasi si scrutano ostilmente, poi... Mina!... Dina!... si buttano l'una nelle braccia dell'altra).

Mina                                - Dina! Se anche fosse...

Dina                                 - Te l'avrei detto...

Mina                                - Anch'io... (Al maresciallo) ...E' assurdo, è pazzo quello che dite!...

Il Maresciallo                   - Dottore, l'avete voluto!... Ma forse era meglio parlare 1

Il Dottore                        - E' sempre meglio sapere...

Mina                                - (quasi aggressiva) Ebbene, maresciallo, quella che cercate non abita in questa casa...

Dina <                             - Ce ne sono altre Marie nel paese... povera donna! Forse l'aspetta qualche brutta notizia...

Il Maresciallo                   - Non lo credo, in quei casi se ne occupa la Podesteria o direttamente la Prefettura... si­gnorina, io... (Accenna ad uscire).

Dina                                 - Io... io, che cosa?

Il Maresciallo                   - Il mio compito è finito.

Dina                                 - Non lo credo, la vostra comunicazione non mi riguarda.

Mina                                - Nemmeno a me.

Il Maresciallo                   - Eppure...

Mina                                - Figlio di Maria Menzio e di ignoto... Ah! Ah!

Dina                                 - Di N. N.

Il Maresciallo                   - Il mio dovere...

Mina                                - E con questo? Non vorreste insinuare...

Dina                                 - Signor Maresciallo, mia sorella ed io siamo due... due signorine oneste, ecco!... Lo siamo sempre state, anche quando eravamo più giovani... potete informarvi dal dottore qui presente... tutto il paese ve lo può dire... la vostra è una... una... (Scoppia in un pianto isterico)...

Il Maresciallo                   - (esasperato) Sta bene, farò conti­nuare le ricerche dal Comune... per un riguardo, trat­tandosi anche di un sergente, ho voluto venire perso­nalmente per evitare delle chiacchiere in paese, ma poiché le mie intenzioni non sono state comprese...

Il Dottore                        - Maresciallo, voi non potevate agire meglio...

Il Maresciallo                   - Dottore, rendetevi conto... ho fatto due ore di cavallo per venire a cercare una Maria Men­zio, in via del Ponte 15... entro e ne trovo due!... Non posso certamente ritornare al Comando a dire: nessuno la conosce! Per quanto riguarda il fatto sono vecchie storie ed a me non interessano...

Mina                                - Neanche a me!

Dina                                 - Neanche a me!

Il Maresciallo                   - E va bene... (Si avvia per uscire).

Maria                               - No!

Il Dottore                        - Maresciallo, siete sicuro dell'indirizzo?

Il Maresciallo                   - Certamente, è arrivato per fono­gramma... Dopotutto non credo di essere molto lontano da una Maria Menzio, abitante in via del Ponte, 15.

'Il Dottore                        - Un momento! Il tempo di attaccare il cavallo e vengo anch'io con voi... forse c'è un errore... qualche confusione da una parte o dall'altra... posso venire con voi al Comando?

Il Maresciallo                   - Andiamo, dottore!

Il Dottore                        - Tra di noi uomini...

Il Maresciallo                   - Ma certamente...

Il Dottore                        - Le donne sono sempre un po' disor­dinate, confuse, illogiche...

Il Maresciallo                   - La penso come voi, dottore...

Il Dottore                        - Considerate questo caso. Comunque siano andate le cose, una ce n'è che, ventiquattro anni fa, è riuscita a fare un figlio senza padre...

Il Maresciallo                   - Cosi sembra...

Il Dottore                        - (dall'uscio, rivolgendosi alle due sorelle) Prima di sera sono di ritorno.

Maria                               - Fate presto, dottore.

Mina                                - Grazie, dottore, di volervene occupare...

Dina                                 - Però, se pensate che la cosa riguardi noi due, vi sarei grata se voleste fare a meno di interessarvene.....

Il Dottore                        - Ma no, signorina... tutte e due, no di certo.

Mina                                - Arrivederci, fate presto.

Il Maresciallo                   - Buon giorno. (Al momento di var­care l'uscio il maresciallo dei carabinieri a cavallo, ce­rimoniosamente, vuole cedere la destra al dottore, ma questi si rifiuta),

II Dottore                        - Prego...

Il Maresciallo                   - Prego...

Il Dottore                        - Senza complimenti, maresciallo... a quest'ora tutto il paese è sulla piazza per vederci passare e mi dispiacerebbe se credessero che mi abbiate arre­stato... (Escono).

Mina                                - Se n'è andato? (Riprende a riordinare la. biancheria sul tavolo... Dina si mette alla macchina da scrivere... Maria va e viene sfaccendando...).

Dina                                 - Sì.

 Mina                               - Anche questo ci doveva accadere... va già tanto bene il negozio...

Dina                                 - Non è nulla...

Mina                                - Nulla? Ha un bel dire il dottore, ma se le cose fossero come dice quel maresciallo, non baste­rebbe scrivere sull'uscio: « chiuso per restauri »!

|Dina                                - Fortunatamente le cose non sono come dice lui... ma, infine, che cosa ha detto?... Come, quando, e dove sarebbe accaduto il fatto?...

Mina                                - Sembrava che da un momento all'altro stesse per dire a qualcuno nascosto dietro l'uscio: venite avanti, sergente: una di queste due signorine, è vostra madre! che cosa aspettate per buttarvi nelle sue braccia?

Dina                                 - Fosse almeno un aviatore...

Mina                                - Dina, non so come tu possa scherzare su certe cose... per mio conto, appena l'ho sentito dire: figlio di Maria Menzio e di padre ignoto, mi sono sen­tita come svuotare di dentro...

Dina                                 - E' incredibile che queste cose debbano acca­dere proprio a noi!... Il dottore è stato gentile....

Mina                                - Eh, lo credo: ci sei anche tu di mezzo...

Dina                                 - Per mio conto, avrei preferito che non se ne immischiasse, doveva soltanto dire: non è vero! e chiunque la pensa al contrario, l'ha da fare coi miei schiaffi! Così a me piacciono gli uomini... Che nome ha quel nostro presunto figlio?

Mina                                - E* vero, ha detto anche il nome? Che nome? Io non lo ricordo.

Maria                               - Enrico, ha detto.

Dina                                 - Enrico, è vero. Sergente, ha detto. Classe?

Mina                                - Millenovecentosedici, ha detto.

Dina                                 - Esattamente, millenovecentosedici... novecen­tosedici... sarebbe come se nel novecentoquindici... qui... proprio qui... una di noi 'due... ah! ah! ah! ma tutto questo fa ridere... millenovecentoquindici!

Mina                                - Allora...

Dina                                 - Tutto era diverso allora, Mina, ricordi?

Mina                                - Molto diverso, ancora c'era il babbo...

Dina                                 - Là... era appeso il ritratto della mamma, quello che è nella tua camera da letto... (Progressivo e lento abbassamento di luce. Da una delle laterali di destra, escono due macchinisti reggendo un ritratto di donna, in cornice dorata, e lo vanno ad appendere nel centro della parete di sinistra...).

Mina                                - Ricordo... ricordo... sotto al suo ritratto, c'e­rano i due cuscini di pizzo...

Dina                                 - I cuscini ci sono ancora in qualche parte della casa... ma l'altro divano... dov'è quel divano?...

Mina                                - L'abbiamo venduto, Dina... non ricordi che l'abbiamo venduto all'antiquario?...

Dina                                 - (guardandosi attorno) ... I mobili... i pizzi... quante cose non ci sono più... (I due macchinisti, en­trando da porte diverse e non contemporaneamente, vanno ad appoggiare sul divano a sinistra due cuscini ricoperti di grosso pizzo...).

Mina                                - Ce ancora la casa, Mina... la casa...

Dina                                 - (indicando il tavolo da stirare) ...Così era la tavola...

Mina                                - No, Dina...

Dina                                 - Sì, così... così... lo scialle, quello che è di là sul letto... la copriva tutta...

Mina                                - Ricordo... ricordo... (/ due macchinisti co­prono il tavolo da stirare con uno scialle «cachemire »).

Dina                                 - (rivolgendosi direttamente ai macchinisti) Le seggiole!... le due seggiole... una da un lato e... l'altra... là... (/ due macchinisti trasportano le due seggiole, che sono vicine alla tavola a destra, una vicina al tavolino in centro e, l'altra, vicino al divano a sinistra).

Mina                                - (accennando al tavolino della macchina da scri­vere) Questo, via!... Un momento, però... non così... ma pure, qualche cosa c'era... ah! via la macchina da scrivere! (/ due macchinisti tolgono la macchina da scrivere) E qui... qui... sotto la lampada... (accenna alla parete di destra)... c'era... oh! non ricordo...

Dina                                 - - Io nemmeno, ricordo... mi sembra...

Maria                               - C'erano sempre dei fiori... (Un macchinista colloca un vaso 'con mazzo di fiori. Nell’angolo della tavola).

Mina                                - E' vero, è vero...

Maria                               - (osservando la parete di sinistra) La Ma­donna però, allora non c'era...

Mina                                - Allora, le cose andavano bene...

Dina                                 - Mina!, Maria!.,, la vetrata!... il giardino!... tanti 'fiori!... (Quasi urlando)... Via! via! via tutto! (/ macchinisti tolgono rapidamente il paravento della ve­trina ed appare un piccolo angolo famigliare d'altri tempi... un pianoforte a mezza coda con sopra fogli di musica e fotografie... uno spartito è aperto sul leggio... nell'angolo della parete: una finestrina guarnita di ten­dine colorate con due vasi di gerani sul davanzale... ecco! La vetrata in fondo rapidamente si trasforma! Scompaiono le diciture e discendono ai lati delle leg­gere tende di mussola, mentre dall'altro discendono a lato delle quattro porte della camera delle tende di vel­luto colorato... infine, sulle tinte biancastre del telone di fondo, discende rapidamente l'angolo fiorito di un giardino già avvolto nella penombra della sera E' quasi buio; come per abitudine, Maria va ad accendere la lampada a petrolio, dal paralume azzurro, posata sul piano a coda e poi esce... Dina trasporta lo sgabello a vite, in centro di scena, vicino alla tastiera del piano­forte... Mina sfila il leggero leggio fatto a lira, lo alza e va a collocarlo in quell'angolo antico: sceglie una pa­gina di musica e ve l'appoggia...).

Dina                                 - Così, era...

Mina                                - Così...

Dina                                 - Qualche cosa, ancora...

Mina                                - Non ricordo... mi sembra...

Dina                                 - (trasognata, correndo con la mano la tastiera del piano incomincia a canticchiare a mezza voce) Son! fili d'oro i tuoi capelli biondi e la boccuccia odora!...

Mina                                - Chi c'era? qualcuno c'era, che non è mai più ritornato... tanti erano... un gran movimento nel paese... tanti carri... tanti cavalli... Dina! C'erano... (En­tra rapidamente Maria, fresca contadinotta di allora, quando aveva vent'anni).

Maria                               - (precipitandosi alla vetrata) I soldati, signo­rine, i soldati!... Son arrivati i soldati!... laggiù al fondo della valle... gli ufficiali girano per il paese... eccoli! ec­coli! i due tenenti sono entrati nel giardino... vengono, salgono lungo il sentiero... via!... signorina!... presto! il babbo è già uscito dall'altro cancello!... presto!... la ci­pria ed il pettine sono sul tavolino... (Mina e Dina escono rapidamente. Maria abbassa il lume... tende l’orecchio... si ode l’abbaiare di un cane... « sst! Fido! sst!.. » qualche momento di attesa nervosa... Maria ritorna alla porta dalla quale sono uscite le due sorelle... (ut Signorine!... sono qui»... Due ombre appaiono oltre la ve­trata... qualcuno anche bussa pianissimo ai vetri... Ma­ria'. « presto, signorine! »... Mina e Dina, giovinette, con lo scialletto sulle spalle e la sciarpa di tulle il capo, rientrano rapidamente ridendo e si avviano leggere verso la porta che si apre sul giardino...).

Maria                               - Mi raccomando, signorine... alle dieci e mezzo il babbo ritorna...

Mina                                - Maria!... che cosa immagini? nemmeno uscia­mo dal giardino! (Mina e Dina si avviano verso la porta in fondo).

Dina                                 - (ritornando verso Maria, con gesto confidente ed espansivo) Maria! E... tu?... Cercati anche tu un pic­colo amore... un sergente, un tenente, un soldatino... quello biondo che viene per la legna... eh? che ne dici... mi sembra che vi guardiate con simpatia, eh?... (Ac­cenna ad una carezza).

Maria                               - Oh, signorina!...

Mina                                - (che ha sostato sull’uscio ad attendere la so­rella) Sta attenta alla casa... con tutta questa gente in giro di notte...

Maria                               - Sì, signorina. (Le due sorelle escono. Qual­cuno bussa alla finestrino in fondo, a sinistra... dietro ai vetri appare il viso sorridente e fanciullesco di un sol­dato, incorniciato dai due vasi di gerani... Maria: « ssst! » poi si avvia guardinga verso l’uscio dal quale sono uscite le due sorelle... dà un'occhiata nel giardino... ritorna in centro di scena ed accenna maliziosamente al soldato per indicargli di girare cautamente attorno alla casa, sus­surrandogli: «...dalla porta dell'orto!... » poi si avvia, leggera e felice, verso il primo uscio di destra...).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

PRIMO TEMPO

La stessa scena ancora affogata nella penombra az­zurra della lampada a petrolio collocata sul pianoforte. Più ricca di particolari, però, che nell'atto precedente. Un tappeto di più, qualche fotografia alle pareti, qualche pizzo e qualche sopramobile... nell'angolo in fondo a sinistra: un mobiletto... sul tavolino centrale: una sca­tola o cestino da ricamo... nel centro di scena: un divano con federa a vivaci colori la stessa federa anche ha sostituito quella, vecchia e stinta, del divano a sinistra)... nella parete di destra: un quadro od una oleografia hanno sostituito la statuetta della Vergine ed è stata tolta la lampadina elettrica che pendeva dal braccio di ferro (già lampadario a petrolio) sopra il tavolo da stiro.

(Dina si affaccia sull'uscio in fondo correndo, inseguita dal Primo Tenente... quando giunge nel vano della porta, si ferma, si volge ed allarga le braccia come per sbar­rare ^ingresso al Primo Tenente).

 Dina                                - No... no... signor ufficiale... impossibile... in casa non si deve entrare... non c'è il babbo... è la casa di due signorine sole...

Il Primo Tenente              - (cercando di sgusciare di sotto l’arco delle braccia di Dina) ... Un momento solo che cosa c'è di male?... non voglio dar fuoco alla casa...

Dina                                 - Impossibile... vi prego... aspettatemi... sedetevi un momento sulla panca... vengo subito: ve lo prometto... voglio farvi una sorpresa... (Un cane abbaia, Vi vicino...).

Il Primo Tenente              - Lasciatemi entrare... fuori, fa freddo.

Dina                                 - Non è vero...

Il Primo Tenente              - Ho paura, signorina...

Dina                                 - Paura?...

Il Primo Tenente              - Ho paura del cane... ahi! eccolo che arriva...

Dina                                 - Ma se le legato... alla catena... (Il Primo Te­nente riesce ad infilarsi oltre il vano della porta... cerca di abbracciare Dina...).

Dina                                 - No! così, no!... Mina ci può vedere...

Il Primo Tenente              - Certamente che ci può vedere... entriamo allora...

Dina                                 - (cercando ancora di trattenerlo) Non si deve... oh! fate piano almeno... di là, c'è Maria che dorme... (Il Primo Tenente entra... passando accanto al piano­forte, rialza il lucignolo della lampada.,, più luce in scena).

Il Primo Tenente              - (curioso ed ammirato, guardandosi attorno) Ah!... è la vostra casa... bello, qui dentro...

Dina                                 - (con una punta di orgoglio deliziosamente pro­vinciale) Abbiamo ancora una sala più grande... poi ci sono quattro camere da letto... poi, al piano di sopra...

Il Primo Tenente              - Oh, oh!... un palazzo!

Dina                                 - Non dite... voi volete prenderci in giro...

Il Primo Tenente              - Affatto... in confronto alla ca­mera da letto che mi hanno assegnata, a me sembra la sala di un grande e magnifico palazzo...

Dina                                 - Dove siete alloggiati?

Il Primo Tenente              - Un po' dappertutto... alberghi in questo paese non ce ne sono... personalmente, credo che mi abbiano collocato in casa della maestra...

Dina                                 - E' bello laggiù, c'è un grande giardino...

Il Primo Tenente              - Di ,sotto, forse... di sopra, il mio letto è tra due mucchi di patate.

Dina                                 - Oh!... non lo credo...

Il Primo Tenente              - Veramente! dimenticavo una trappola per i topi ai piedi del letto e delle ghirlande di fichi secchi per decorazione alle pareti...

Mina                                - Non sarà certo come la vostra camera di città, però, per il posto non c'è male...

Il Primo Tenente              - Ah! fuori, è bellissimo... (Con­tinua a guardarsi attorno curiosamente...) Non so perché l'ufficiale di requisizione non abbia preso anche qualcuna delle vostre quattro camere... una, almeno... per me, naturalmente... mi sembra che, qui, ci sarei stato benissimo...

Dina                                 - Già tutto occupato, signor tenente...

Il Primo Tenente              - Ah! qualcuno più fortunato...

Dina                                 - Fate il conto: un padre, due ragazze, una cameriera... quattro.

Il Primo Tenente              - Ed al piano di sopra...

Dina                                 - Venti soldati nel granaio e nello stanzone dei bachi... scala esterna... ingresso nel cortile... nessun disturbo...

Il Primo Tenente              - Venti?... Deve essere la fureria della quinta... è una fureria?...

Dina                                 - Una fu...reria?... non so...

Il Primo Tenente              - Hanno portata una macchina da scrivere?... delle grosse casse?... dei registri?

Dina                                 - Mi sembra di sì.

Il Primo Tenente              - Peccato che io sia della set­tima

Dina                                 - Meglio così...

Il Primo Tenente              - Allora, non c'è proprio posto per me?

Dina                                 - In casa, no... soltanto un piccolo posto in giardino...

Il Primo Tenente              - (buttandosi a sedere sul divano) Non mi muovo... si sta benissimo qui           

Dina                                 - Vi prego, andate

Il Primo Tenente              - No!

Dina                                 - Oh Dio! Se arrivasse il babbo...

Il Primo Tenente              - Vi pregherei di presentarmelo...

Dina                                 - Per carità! E' un orso... se lo conosceste...

Il Primo Tenente              - Se lo conoscessi, non ci sarebbe bisogno di presentazioni...

Dina                                 - Badate che ci rimettete a non tornare in giardino...

Il Primo Tenente              - Che cosa?

Dina                                 - Una sorpresa... volevo farvi una sorpresa-uscite in giardino e verrò con una piccola sorpresa per voi... ve ne prego

Il Primo Tenente              - Non ci penso nemmeno. (Os­servando il pianoforte) Ah! Siete voi che suonate?

Dina                                 - Tutte e due, anche Mina...

Il Primo Tenente              - Conoscete qualche ballabile?...

Dina                                 - Di Chopin?

Il Primo Tenente              - Non so... quello così: Sei tu, felicità, passata a me vicin... sei tu passato sogno divin che a ognun nel cuore sta...

Dina                                 - ... Sì, anche quello...

Il Primo Tenente              - Suonatelo... così balliamo... (Si guardano... prorompono in una risata...) Già... ma se suonate, non potete ballare... è chiaro

Dina                                 - (improvvisamente seria, staccando, mediante il caldo tono della voce, la battuta dalla frivolezza del dia­logo precedente) Vi piacerebbe ballare?

Il Primo Tenente              - Tanto, con voi!... ed a voi, non piacerebbe?

Dina                                 - (ad occhi socchiusi) Sì... tanto,., tanto... una musica leggera come la luce della luna in giardino... sì! vorrei ballare con voi...

Il Primo Tenente              - (positivo) Anch'io... ma è im­possibile, manca l'orchestra...

Dina                                 - (ancora ad occhi socchiusi) E' possibile... tutto è possibile, questa notte... ancora ero bambina e già vi sognavo 

Il Primo Tenente              - Che... cosa dite?

Dina                                 - Aprite quel cestino da ricamo, che è davanti a voi...

Il Primo Tenente              - (stupito) Questo sul tavolo?... è il vostro?

 [Dina                              - Sì, una scatola... dei ricami verdi e gialli.

'Il Primo Tenente             - Questa?

Dina                                 - Apritela..,

Il Primo Tenente              - Apro?

Dina                                 - Fate presto... (Il Primo Tenente apre... subito esce il suono del « carillon »... è un valzer lento... Il Primo Tenente si alza, si inchina dinanzi a Dina... incominciano a ballare, ballano... U motivo musicale si interrompe..^.

Il Primo Tenente              - Ancora?

Dina                                 - Ancora... (Il valzer si ripete... di nuovo finisce...) Basta... (Il Primo Tenente accompagno Dina fino al divano... le ultime note del « carillon » si spen­gono lentamente, languidamente...) Come siete forte...

Il Primo Tenente              - Secondo premio campionato stu­dentesco di scherma...

Dina                                 - Io sono tanto debole...

Il Primo Tenente              - Magnifico... non avevo mai bal­lato così in questo modo strano

Dina                                 - Vi piace il ballo?

Il Primo Tenente              - Sì, abbastanza... questo però non è ballare... è... come dire?... non so come dire... è un modo nuovo di fare all'amore, ecco...

Dina                                 - ... Siete studente?

Primo Tenente                 - Ultimo anno.» tre esami...

Dina                                 - Ingegneria?

Primo Tenente                 - Precisamente... avete indovinato...

Dina                                 - Già, ho indovinato... e... dopo?

Il Primo Tenente              - Dopo, che cosa?... Ah! finita la guerra? Darò i tre esami, prenderò la laurea e viag­gerò, credo...

Dina                                 - Oh! viaggerete...

Il Primo Tenente              - Sì, è già tutto combinato con una società di ricerche minerarie

Dina                                 - Molto viaggerete?

Il Primo Tenente              - Per tutto il mondo...

Dina                                 - Tutto il mondo... oh! tutto il mondo!

Il Primo Tenente              - Naturalmente: tutto il mondo... che c'è di strano?

Dina                                 - Oh! dire: tutto il mondo... per me è dire una cosa straordinaria... è come dire: miracolo... (An­cora qualche istante di silenzio imbarazzato... nell'uomo è evidente la ricerca di un argomento preciso, incal­zante... cerca di accarezzare la mano di Dina che sembra assorta in un pensiero lontano, quasi un pensiero ch'ella cerca di precisare a se stessa...).

Il Primo Tenente              - (accennando al «carillon ») Come si carica?

Dina                                 - Così... (Indica).

Il Primo Tenente              - (incomincia a caricare il « caril­lon ») Crr... crr... siete molto bella...

Dina                                 - Non è vero...

Il Primo Tenente              - Crr... crr... è verissimo... non ho mai visto degli occhi come i vostri... anche la vostra voce è meravigliosa...

Dina                                 - Cose inutili in questo paese        -

Il Primo Tenente              - Crr... crr... servono a me, per avere una scusa... per domandarvi un bacio...

Dina                                 - No... impossibile...

Il Primo Tenente              - Crr... crr... perché ?

Dina                                 - Nemmeno sono otto giorni che ci conosciamo-

Il Primo Tenente              - Abbiamo già perduto tempo... (Chiude la scatola del «carillon-»).

Dina                                 - Non si deve...

Il Primo Tenente              - Si può... (Tentativi di mano, però educati).

Dina                                 - No... no... mia sorella...

Il Primo Tenente              - E’ in giardino...

Dina                                 - Se ci vedesse...

Il Primo Tenente              - Non ei vede... forse in questo momento, anche lei bacia il mio amico...

Dina                                 - No! impossibile... (Fa per alzarsi... con voce sommessa...) ... Mina! (Il Primo Tenente la trattiene...).

Il Primo Tenente              - Uno solo...

Dina                                 - Non in casa... domani sera, in giardino... do­mani, sì, certamente, perché , anch'io, sento di amarvi... ma il primo bacio ve lo voglio dare in giardino...

Il Primo Tenente              - (stupito) Mi amate... un poco...

Dina                                 - Tanto! come tanto tempo vi ho aspettato tanto! che per qualunque strada del mondo andrete, sempre troverete il mio amore...

Il Primo Tenente              - (stupito, fatuo, eppure simpatica­mente entusiasta) Tanto così!... anche se andassi in India, in Cina, alla Terra del Fuoco.

Dina                                 - Sì, se lo vorrete...

Il Primo Tenente              - Se lo voglio?... ma è una cosa bellissima, magnifica, straordinaria... musica, maestro... (Fa per aprire la scatola del «carillon»). Balliamo?

Dina                                 - (fermandogli la mano) No...

Il Primo Tenente              - (trattenendole la mano) Non volete più ballare?

Dina                                 - No... (Pausa) ...Quando partirete?

Il Primo Tenente              - Non prima di un mese, certa­mente. Abbiamo ancora da finire le istruzioni...

Dina                                 - E poi...

Il Primo Tenente              - Non si sa... in un posto qua­lunque...

Dina                                 - In un posto dove forse farà freddo...

Il Primo Tenente              - Probabilmente, se saremo ag­gregati alla truppa da montagna...

Dina                                 - Ecco, io avevo pensato che era questa la pic­cola sorpresa che vi volevo fare, quando voi siete entrato in casa... ho pensato che forse... potrete anche essere mandato in un posto dove può fare molto freddo.

Il Primo Tenente              - Certamente... d'inverno, certa­mente...

Dina                                 - Allora un passamontagna di lana vi potrebbe tornare utile...

Il Primo Tenente              - Un passamontagna di lana? Utilissimo!...

Dina                                 - Buona idea, allora?...

Il Primo Tenente              - Ottima...

Dina                                 - Bisognerebbe misurarlo... l'ho messo insieme oggi pomeriggio...

Il Primo Tenente              - Andrà bene, certamente...

Dina                                 - Sarà meglio, non so nemmeno se vi piacerà...

Il Primo Tenente              - Io credo di sì... (Dina apre un cassetto del tavolino sul quale è il « carillon » e ne trae un passamontagna di lana, attraversato da due lun­ghi ferri ai quali è infilato un gomitolo di grosso filo. Quel passamontagna è a due colori, un po' stonati fra di loro, un po' provinciali) Magnifico, sarà il più bello I di tutto il reggimento... (Prova a calzarlo).

Dina                                 - No... da questa parte... così è alla rovescia.»

Il Primo Tenente              - Calza benissimo...

Dina                                 - Un po' stretto, forse...

Il Primo Tenente              - Non mi sembra... direi che no» potrebbe andare meglio...

Dina                                 - Vi piace il colore?...

Il Primo Tenente              - Credo di sì... fatto con le vostre mani?

Dina                                 - Naturalmente...

Il Primo Tenente              - Vi siete sciupate le mani e gli] occhi...

Dina                                 - Oh! Ho così poco da fare...

Il Primo Tenente              - Ah!... (Accennando ad un do­lore al capo) Ahi!... ma qui... un ago... avete dimenticato un ago...

Dina                                 - Impossibile! Forse è molto stretto... si può allargare...

Il Primo Tenente              - Ahi!... dev'essere un ago...

Dina                                 - Oh! Dio!... dove?...

Il Primo Tenente              - Qui, a destra...

Dina                                 - Fate vedere... provate a passare il dito... (Dina si alza in punta di piedi... si accosta... alza il viso... il Primo Tenente la cinge alla vita con un braccio... cerca la sua bocca).

Dina                                 - No!... in giardino...

Il Primo Tenente              - Ma perché in giardino...

Dina                                 - Perché ... (Dina non può continuare: la bocca le è suggellata da un bacio...).

Il Secondo Tenente         - (sull'uscio in fondo, con Mina) Diamine!, collega, in che tenuta ti metti quando vuoi avere successo con le donne...

Dina                                 - (atterrita) Oh! Mina... era soltanto per la misura...

Mina                                - Dina! è una vergogna... in casa...

Dina                                 - Non so come sia stato...

Mina                                - Il babbo può arrivare da un momento all'altro...

Il Secondo Tenente         - (a Mina) Se ce ne fosse anche uno per me di quei berrettini che mi facesse sembrare così bello...

Il Primo Tenente              - Un'altra volta bussa alla porta, prima di entrare...

Il Secondo Tenente         - Dammi!... fa provare...

Il Primo Tenente              - Macché!... è il pegno di un grande ed imperituro amore!

Dina                                 - Oh, Mina, mi dispiace...

Mina                                - Con le tue storie, mi hai guastata la sorpresa che volevo fargli...

Dina                                 - Mi dispiace, non avrei mai voluto...

Il Secondo Tenente         - Una sorpresa?... Che sorpre­sa?...

Il Primo Tenente              - Ah!... c'è una sorpresa ameno per te...

Il Secondo Tenente         - Tu ne sai qualche cosa...

Il Primo Tenente              - lo? nulla...

Il Secondo Tenente         - Sputa fuori!

Il Primo Tenente              - Non ne so nulla, ti dico...

Il Secondo Tenente         - (a Mina, supplichevole) Dite, signorina.., dite...

Mina                                - No! è stupido, ora... Come si fa a fare una sorpresa a chi aspetta una sorpresa?... E’ terribile! ho voglia di piangere... ve lo dirò domani sera...

Il Secondo Tenente         - Sarà peggio... io ci avrò pensato tutto il 'giorno e la vostra sorpresa sarà ancora meno sorpresa... tant'è! Vi conviene parlare subito...

Mina                                - Non parlo, non posso parlare ora...

Il Secondo Tenente         - Benissimo! Ricordatevi che però, domani, appena vi vedrò, vi dirò: «ah! eh!... e questa sorpresa?... Avanti, signorina, fatemi questa sor­presa... ».

Mina                                - Oh! Dina... è terribile quello che hai fatto...

Dina                                 - Mi dispiace...

Il Secondo Tenente         - Dunque?... parlate! Ogni mi­nuto che passa peggiora la vostra situazione...

Mina                                - No!... sì... Ebbene, ecco: pensando che in trincea potreste avere freddo alla zucca, ho pensato di preservarvi dai raffreddori... Ecco tutto! (Mina trae da un cestino da lavoro, collocato sul pianoforte, un bel passamontagna a righe rosa e viola, infilato da due lun­ghi aghi, ecc...). Eccolo... se non vi le stretto...

Il Secondo Tenente         - (Scalzando il passamontagna) Stretto?... Va alla perfezione... Come avete fatto?... Ma­gnifico! delizioso! caldo! soffice! di vera lana! Sarà il più bel passamontagna 'di tutto il reggimento...

Il Primo Tenente              - Impossibile.- c'è già il mio!

Mina                                - Vi piace il colore?

Il Secondo Tenente         - Delizioso... (Specchiandosi in uno specchietto a mano abbandonato sul tavolo) Credo che mi doni... mi sento quasi irresistibile... tanto che, ora, oso sperare.., che... (Cerca idi attirarla a se, di ba­ciarla...).

Mina                                - (difendendosi) No!... tenente... no... siete paz­zo... Voi credete che perché mia sorella... Noi filanto due signorine... due signorine per bene.,. (Il Primo Te­nente, tenendo Dina accostata al suo fianco, rapidamente si è avvicinato alla lampada a petrolio posta sul piano­forte e ne ha abbassato quasi completamente il ihiei-gnolo... Penombra... Domina la luce della luna in giar­dino... un'ombra esce dalla prima porta a sinistra ed incomincia ad attraversare la scena a tastoni... Si ode lo schiocco di due baci. ÌL'ombra che è giunta in mezzo alla scena lancia un grido di spavento... Il Primo Tenente rialza di colpo la lampada... Luce!... Si vede Mina ed il Secondo tenente in un angolo... 'il Primo Tenente e Dina abbracciati vicino alla lampada presso il pianoforte... e, nel mezzo della camera, Maria, con un passamontagna m mano infilato in due lunghi aghi, fece...).

Mina                                - Maria!

Dina                                 - Tu qui!

Mina                                - Maria... che cosa hai in mano?...

Maria                               - (interdetta) Un... un... (Fugge rapidamente verso la prima porta di destra...)

Dina                                 - Oh! Mina!... Anche lei!

Mina                                - Dio! Che scandalo!

Il Secondo Tenente         - (ridendo) Questa sì che è una sorpresa!...

Il Primo Tenente              - Probabilmente, per qualcuno che è entrato dal cortile... (Mina e Dina si sono staccate dai loro cavalieri e sono corse verso l’uscio di destra come per seguire Maria... ma, giunte ad un metro dall’uscio, entrambe si sono fermate timorose.., i due ufficiali, in­vece, si sono avvicinati al divano in centro di scena, sul qualeinfinesi sono buttati a sedere per aspettare l'epilogo di quella burrasca famigliare...).

Mina                                - (incerta, un passo avanti ed uno indietro) Chi... ci sarà, di là?...

Dina                                 - ... Un uomo!

Mina                                - Tre uomini in casa... in una sola notte...

Dina                                 - (accostandosi di un passo all'uscio, quasi vo­lesse origliare) No! No!... non si sente nulla…. (/ due ufficiali, mentre le due signorine sono dall'altra parte della scena, si scambiano sottovoce le loro impressioni, occhieggiando, ogni tanto, da quella parte.).

Il Secondo Tenente         - ... Anche la cameriera...

Il Primo Tenente              - Dev'essere l'aria del paese...

Il Secondo Tenente         - Che strana casa...

Il Primo Tenente              - La casa delle tre ragazze... (Mina ha fatto un passo verso l'uscio... i due ufficiali sospen­dono di parlare...).

Dina                                 - (trattenendola) Oh, Mina!... come osi...

Mina                                - ... Mentre noi credevamo che fosse a dor­mire... Che notte... Sono accadute delle cose terribili...

Dina                                 - Deve essere quel soldatino biondo che è al­loggiato qui sopra...

Mina                                - (a sua volta, si accosta all’uscio ma poi ritorna indietro) Non ho il coraggio di aprire...

Dina                                 - Porse, sono andati in cortile... (/ due ufficiali riprendono il loro dialogo).

(Il Secondo Tenente        - Non c'è che la provincia, per certe sorprese

Il Primo Tenente              - E non sono finite... ce n'è an­cora una per te...

Il Secondo Tenente         - Per me?

Il Primo Tenente              - Guarda questa scatola... (Indica il « carillon »).

Il Secondo Tenente         - ...Una scatola!

Il Primo Tenente              - Ti sembra... prova ad aprirla.-

Il Secondo Tenente         - Uno scherzo?

Il Primo Tenente              - Aprila! (Il Secondo Tenente eseguisce... Suono del « carillon »... allegro ed infantile stupore del Secondo Tenente..?).

Il Secondo Tenente         - Stupendo!

Il Primo Tenente              - Non avevo mai visto l'eguale...

Il Secondo Tenente         - Son trappole che avevano le nostre nonne per pescare il marito!

Il Primo Tenente              - Sai?.- io, ho ballato con lei...

Il Secondo Tenente         - Avete ballato?...

Il Primo Tenente              - Deliziosa!...

Il Secondo Tenente         - La mia... di marmo... (Le due sorelle hanno definitivamente rinunziato a varcare quel­la porta... e ritornano verso il centro di scena... parlano a bassa voce, fra di loro...).

Mina                                - Che vergogna! .„ Dare appuntamento ad un uomo...

Dina                                 - Come noi!

Mina                                - Si sarà anche lasciata baciare...

Dina                                 - Come noi, Mina...

Mina                                - Io, no!

Dina                                 - (guardando con stupore la sorella) ... Mi era sembrato... Io sì!

Mina                                - Oh! Dina...

Dina                                 - Delizioso! (Improvvisamente, dalia prima porta di destra, entra Maria affannata, seguita da uri soldato, biondo, incappucciato in un passamontagna a spicchi di vivaci colori...).

Maria                               - Signorine!... presto!... c'è il babbo». :

Mina                                - Il babbo... Oh! Dio...

Dina                                 - Papà!...

|Mina                               - Dov'è?...

Maria                               - Ha già aperto il cancello dell'orto.,.

Dina                                 - Oh! Dio... via presto, prego... fra un minuto è qui

Mina                                - Via dal giardino!... presto, per carità... (Mo­vimenti... azione confusa... Il soldato capita in mezzo ai due tenenti...).

Il Secondo Tenente         - E tu! cosa fai, qui?

Il Soldato                        - (impacciato, ma non troppo) Fuori ser­vizio, signor tenente Permesso di libera uscita

Il Secondo Tenente         - Ma non di libera entrata...

Il Primo Tenente              - Sei della quinta? (Accenna al piano superiore).

Il Soldato                         - Signor sì.

Primo Tenente                 - (forte, per essere udito dalle ra­gazze) Due giorni di consegna!

Soldato                            - Signor tenente...

Il Primo Tenente              - (strizzando l’ occhio) ...Con li­bera circolazione nel cortile...

Il Soldato                        - Grazie, signor tenente!

Il Primo Tenente              - Fila! adesso... da lì... (Gli indica la porta di fondo).

Mina                                - Uscite, per carità...

Il Secondo Tenente         - (correndo verso l'uscio) A domani...

Il Primo Tenente              - (c. s.) Buona notte... domani sera?

Dina                                 - Sì. (Il Soldato ed i due Tenenti scompaiono», un cane abbaia nel giardino... le tre ragazze fuggono] rapidamente nelle loro camere: Mina nell’ultima a destra, Dina nell'ultima a sinistra, Maria nella prima a sinistra... Scena vuota... La luce della lampada dà qualche guizzo e lentamente si spegne).

SECONDO TEMPO

 (La stessa scena: la scatola del « carillon » però è chiusa, ed i mazzi di fiori non sono più gli stessi. L'aria di fuori è grigia, poi si fa viola. L'aurora è vicina. Si ode lontano 'la sveglia sul campo dei soldati. Dalla pe­nombra del salotto un'ombra... (sembra quella di un giovane ufficiale),... balza verso la vetrata di fondo, sale sul davanzale ed, attraverso un lato della vetrata rimasto aperto, salta nel giardino e scompare... un cane abbaia... il suono di tromba si ripete... rapidamente l'aria si schiarisce... il giardino si precisa... fiori e fiori... un muro di mattoni rossi in fondo... Dina entra in scena e <va a bussare ad una porta: a Mina! Mina!... partono ora...» Mina esce... Le due sorelle sono in cuffietta e vestaglia da notte... ma, buttandosi nelle braccia della sorella: « Oh! Mina, nemmeno un mese di felicità! »... si avvici­nano alla vetrata di fondo... si alzano in punta di piedi...

giunge di lontano l'eco di un coro militare il canto si allontana... L'alba è di nuovo silenziosa... Le due sorelle singhiozzano nelle braccia l’una dell’altra... dal primo uscio a sinistra, entra Maria; la contadinotta è scalza, spettinata, in sottana e camicia da notte... attra­versa lentamente la scena e va verso la vetrata, dove si ferma immobile a guardare nella direzione donde è sva­nito il canto)

 

fine del secondo atto

ATTO TERZO

La stessa scena del primo atto, all'inizio. Nemmeno sono passate quattro ore da quando il dottore ed il ma­resciallo sono Usciti. Dietro la vetrina in fondo, sono scese le prime ombre del tramonto.

 (Mina è intenta a ricamare... Dina scandisce sulla mac­china da scrivere qualche battuta... Maria, appoggiata alla porta in fondo, guarda fuori... poi, viene in primo piano e va a sedersi su di un basso sgabello addossato al tavolo da stiro e riprende un suo lavoro di rammendo...).

Dina                                 - Sono quasi quattro ore che se ne sono andati...

Mina                                - Affari loro... sono cose che non ci riguardano...

Dina                                 - Però sei un po' impaziente di sapere che cosa è questa storia...

Mina                                - (si avvia verso l'uscio di fondo... guarda fuori... ritorna) Lo credo! ci siamo anche noi di mezzo..., quante ore di strada, ci sono?

Dina                                 - Col calesse, circa due...

Mina                                - Il maresciallo certamente giungerà prima...

Dina                                 - Però devono presentarsi insieme...

Mina                                - Due ore per andare e due per ritornare, sono quattro un'ora in caserma, per sentire di che cosa si tratta, fanno cinque... ne abbiamo ancora per una buona ora...

Dina                                 - Perché un'ora in caserma?

Mina                                - Immagino            dal maresciallo al sottotenente, dal sottotenente al tenente, dal tenente al capitano...

Dina                                 - ... Il quale non sarà in ufficio! fortunata­mente è venuto un maresciallo, se fosse venuto un caporale, secondo te ci volevano tre giorni... Macché! sfo­gliano un registro e subito gli dicono: scusate tanto, si­gnor dottore, ci eravamo sbagliati di paese, o di nome, o di indirizzo, che so io? ed in cinque minuti tutto è finito! poi gli dicono: vi preghiamo, signor dottore, di portare le nostre più rispettose scuse alle signorine Menzio.

Mina                                - E se gli dicessero: nulla da fare, signor dot­tore, le cose sono proprio così: risulta, in modo assolu­tamente certo e sicuro Che, venticinque anni fa, una tale Maria Menzio ha regolarmente registrato, e regolarmente fatto segnare in chiesa ed in municipio, un bambino-padre ignoto, naturalmente... ora, della gente autorevole ha voluto ficcare il naso, hanno fatto delle ricerche, ed infine hanno trovato... eccetera, eccetera           - così, come so­vente si legge sui giornali...

Dina                                 - Ma chi potrebbe essere ad interessarsi a quel sergente?

Mina                                - Che ne so, io? dico per dire... suo padre, forse...

Dina                                 - (con stupore) Suo padre?

Mina                                - Già, suo padre... un padre esiste, non si sa che nome abbia, ma esiste... oppure qualcuno che, in punto di morte, vuole lasciargli qualche milione per libe­rarsi la coscienza dal rimorso di essersi opposto venti anni fa... « alla felicità di due giovani che si amavano ed, ai quali, i pregiudizi e le convenienze sociali non permettevano di sposarsi... », la solita storia...

Dina                                 - Un'eredità! forse... Son quasi sempre storie di eredità, queste...

Mina                                - Comunque un bel pasticcio per noi... i gior­nali incominciano a parlarne ed in paese scoppia un ma­gnifico scandalo...

Dina                                 - .Non so se qui potremmo vivere se le cose fossero come diceva, quel maresciallo... hai visto come ci guardava? Sembrava che si fosse attaccato un cartello 6ul petto: a me, nessuno me la fa!...

Mina                                - Soltanto cosi?... a me è sembrato che mi guardasse, non so come dire, ecco... che mi guardasse... sporco... sì, come per dire: se ci è stata una volta con uno, non c'è nessuna ragione che... anche con me... chissà...

Dina                                 - Che vergogna... tutti gli uomini finirebbero col guardarci così... pensando la stessa cosa...

Mina                                - Ho ben paura... sai, quelle donne lì, gli uo­mini le guardano sempre in quel modo...

Dina                                 - Dovrebbero intanto incominciare a decidere per l'una o per l'altra: quale di noi due deve avere perduto... l'onore...

Mina                                - Maria... l'acqua... (Maria esce dalla prima porta a destra e rientra con una ciotola d'acqua che depone sul tavolo da stirare...) Conosco i miei compaesani, vedrai che finiranno di decidere per... tutte e due!... «una, lo è di certo! e, l'altra, forse... »

Dina                                 - Allora è meglio stabilire subito, tra di noi, quale deve essere la madre, così almeno si salva metà dell'onore della famiglia.

Mina                                - (ridendo) Tu!... lo sono priore per la festa di San Giovanni, e, per quest'anno, non posso dare scan­dalo!

Dina                                 - Io? Ho troppo da fare per la bottega e non posso accudirlo, vestirlo, svestirlo, pulirlo, dargli la pappa...

Mina                                - Ma, Dina, che dici? E’ un uomo coi baffi!

Dina                                 - Oh, Dio, è vero!... io pensavo a qualche cosa di tenero, di piccolo, di tiepido...

Mina                                - Macché... è un sergente!

Dina                                 - Allora nulla. Non lo voglio. Deve sapere odore...

Mina                                - Odore?...

Dina                                 - Odore di brillantina e di cavallo, come quel maresciallo...

Mina                                - (rivolgendosi alla cameriera) Maria, lo vuoi tu?... dopotutto, anche tu ti chiami Maria ed abiti in via del Ponte n. 15... sei venuta da noi nel... nel certa­mente qualche anno prima come data ci stiamo... lo vuoi?... (Con la mano accenna a Maria di tacere e tende l’orecchio ad un rumore lontano...)Maria?!...

Mina                                - I... Il dottore?

 Dina                                - ... No... è la corriera delle sette... (A Maria)... Hai deciso, Maria?

(Maria                              - ... ?! (... Mina continua a stirare a capo chino... Dina sta rileggendo la pagina che ha copiato... pausa... lontano, il trotto di un cavallo...)

Mina                                - ... E' lui, questa volta...

Dina                                 - ... Sì.

Mina                                - Sta passando sul ponte...

Dina                                 - Ha ancora tutta la salita...

Mina                                - Fra dieci minuti è qui... Allora, Maria? (Pausa...).

(Maria                              - Quello è figlio vostro, signorine...

Dina                                 - Maria!

.Mina                               - Maria!

Maria                               - Io l’ho fatto, ma non è figlio mio... (Le due sorelle si alzano, si avvicinano concitatamente a Maria) Quello è figlio vostro...

Mina                                - (scuotendola) Maria, sei pazza!

Dina                                 - Lasciala! lasciala parlare... (Dolcemente)... Maria, che cosa dici?

Maria                               - (trasognata) ... I soldati... i soldati... c'erano tanti soldati nel paese     - in tutte le case c'erano dei sol­dati, ì cortili erano pieni di carri... nel bosco c'erano i cannoni ed, in fondo al prato, le tende... nel mezzo accen­devano i fuochi... alla sera, gli ufficiali andavano a spasso nel paese ed i soldati venivano nei boschi con noi e ci aiutavano a portare i secchielli dell'acqua e le fascine...

Mina                                - Avanti!

Maria                               - Tutti dicevano: poveri ragazzi: fra poco vanno a morire...

Mina                                - E poi...

Maria                               - (smarrendosi) ... Non ricordo... non ricordo...

Dina                                 - (facendola sedere su di una seggiola) Maria, tu eri qui con noi... in questa casa... ancora c'era il babbo,..

Maria                               - I suoi passi si allontanano già... la discesa... poi soltanto più il rumore della punta di ferro del suo bastone... allora, quando le signorine uscivano nel giar­dino dove le aspettavano i due tenenti... il cancello verde... i due vasi sopra il muro... l'acqua nel mezzo... una panca in un angolo sotto il muro... un'altra, sotto il pergolato, dove d'estate si apparecchiava... io spegnevo! i lumi... la casa restava vuota... poi.,.

Mina                                - Poi...

Maria                               - Lui! arrivava...

Mina                                - Chi? (Dina accenna rapidamente alla sorella di tacere).

Maria                               - Il mio piccolo soldato... e, mentre le signo­rine facevano l'amore in giardino, noi ci mettevamo a sedere sulla panca in cortile... si parlava, si parlava... di quando ci saremmo sposati... non altro, perché era buono e teneva a posto le mani, oh! ma una volta che... io mo­rivo d'amore per lui! d'amore! d'amore!... oh! signorine, perché non è possibile dare la vita quando si vuol bene!...

Mina                                - Poi, una notte...

Dina                                 - Con questo tuo soldato...

Maria                               - Una. notte... una notte... quella sera ci eravamo tanto baciati perché al mattino il reggimento doveva par­tire... dove? nessuno lo sapeva... voi, signorine, già vi era»-vate ritirate, il babbo anche, ed il cane aveva smesso di abbaiare perché era quasi l'alba... forse sognavo... la venuta grande sbatte... un soffio di aria fresca... due braccia... la bocca... un calore per tutto il corpo come se mi fossi addormentata in un prato al sole... finalmente, finalmente! morivo d'amore!

Dina                                 - Maria!

Maria                               - La sciabola l'ho vista dopo, signorina.

Dina                                 - Non era...

Maria                               - Non era il mio amore! era uno dei vostri.

Mina                                - Maria!

Maria                               - Il mio amore morì, anche i vostri morirono... molti non ritornarono di quelli che avevano promesso alle ragazze del paese di sposarle...

Dina                                 - Il bambino?...

Maria                               - Sì, venne il bambino.

Mina                                - Quando hai domandato di stare a casa per tre mesi perché tua madre...

Maria                               - Quella volta... allora nacque! il vostro bambino.

Mina                                - Ti proibisco...

Maria                               - Oh! non il mio!... non era il bambino mio e del mio soldato... era suo! e di una di voi, quella che egli cercava... il            bambino! d'ho amato perché era piccolo... l'ho allevato... fatto studiare... adorato, perché mi voleva bene... è bello, è caro, è sergente, vestito di azzurro, vola nel cielo... io ho fatto tutto per lui, ho economizzato, venduta la mia parte del campo ai fratelli, lavorato di notte alla calza, vi ho anche derubato sulla spesa...

Mina                                - Maria!

Maria                               - Sì, per fare studiare il bambino vostro   - io gli avevo già dato tutto!

Mina                                - Sei tu che l’hai denunciato in municipio come figlio di Maria Menzio e di N. N.

Maria                               - Sì, signorine... non era mio! Lui non era entrato in casa per me.... era venuto per prendere un'altra cosa nella casa...

Mina                                - Era un ladro da poco! Che si è accontentato di quello che ha trovato in cucina...

Dina                                 - (implorante) Mina! (Si ode l'approssimarsi di un calesse).

Mina                                -Il dottore!... ha fatto presto... (Mina si avvia verso l'uscio in fondo)... Ancora .deve staccare il cavallo, poi avrà le visite e così fino a stasera non lo vedremo... (Ritorna lentamente in primo piano. Il calesse passa e si allontana).

Dina                                 - (gli occhi fissi a terra) Maria, una domanda, una sola!... se ricordi, rispondi. Se non ricordi, giura di dirmi: non ricordo. Dopo... all'alba,, quando ha ri­presa la sciabola, hai visto quale era dei due? quello biondo o quello bruno?

Maria                               - Quello biondo.

Dina                                 - Certamente?

Maria                               - Certamente.

Mina                                - Dina, ma che domanda!... Anche tu, impaz­zisci!

Dina                                 - Mina, lo vuoi tu il bambino?

Mina                                - Dopo tutto, quello biondo mi sembra che fosse il tuo innamorato!

Dina                                 - Sì. Dimmi, Mina, lo prendi tu il bambino?

Mina                                - Mai!

Dina                                 - E' mio allora, è mio! (Sì va a sedere ai piedi di Maria \che è caduta affranta su di una seggiola ed in­comincia a parlare dolcemente come se mormorasse una preghiera, con le mani intrecciate su di un ginocchi» della cameriera) Grazie, Maria, del dono meraviglioso.. Nulla ho mai avuto dalla vita ed ora ho tutto.» ora, df giorno e di notte, posso pensare dolcemente a lui... tane anni abbiamo passati lontani senza conoscerci... forse il rivedersi ci sembrerà così strano che nemmeno potremmo parlare... tutto tu mi dirai di lui così che io non dovrai tremare se egli mi domanderà della sua giovinezza... dimmi di quando era piccolo... di quando ancora lo por­tavi in grembo, in modo che io lo senta nascere in me e lo ritrovi come se sempre fosse stato mio... il mio bam­bino!... è bello, è biondo?

Maria                               - Da piccolo, era biondo, con dei piccoli ricci,; con le fossette sulle guance e sui gomiti e tanti cerchi: rosa intorno alle gambe ed alle braccia...

Dina                                 - Una volta è stato ammalato, ti ricordi?

Maria                               - Qualche volta... ma è sempre stato forte e robusto...

Dina                                 - ... Quella volta che ha avuto la rosolia... è stata una malattia lunga... ti ricordi, Mina? che bisognava cambiargli le lenzuola anche due volte al 'giorno, i tanto sudava perché aveva la febbre alta... di suo viso era diventato rosso e smunto... sembrava quasi livido sotto la luce della' lampada da notte... poi si è ripreso, è venuto il dottore ed ha detto: è fuori pericolo... ma faceva ancora freddo e, )fino al mese dopo, non ha po­tuto uscire...

Mina                                - Era il figlio del giardiniere, quello... Dina!...

Dina                                 - 33 figlio del giardiniere?... forse, Mina però è vero, Maria, che lui ha avuto la rosolia una volta, d» piccolo ?

Maria                               - Sì, a sette anni...

Dina                                 - A sette anni! bai /sentito, Mina? a sette anni... (A Maria) ... Ed ora, com'è ora?

Maria                               - E’ più magro di quando era piccolo ed è alto uno e settantaquattro.

Dina                                 - E' vestito di azzurro?

(Maria                              - In azzurro.

Dina                                 - E te, come ti chiama?

Maria                               - Mi chiama «ta-ta » come allora, perché crede sempre che io sia la sua balia... lo vedo poche volte, eppure, è in un campo qui vicino, mi ha detto...

Dina                                 - Vicino, quanto?

Maria                               - Meno di cento chilometri, ha detto...

Dina                                 - E’ molto!

Maria                               - ... Un mattino è venuto a volare qui sopra.

Dina                                 - Se venisse a stare qui, ti piacerebbe?

Maria                               - Oh! signorina...

Dina                                 - Che cosa sa della sua mamma?

Maria                               - Gli ho detto che è in viaggio in un paese lontano, ma che un giorno ritornerà.

Dina                                 - Racconta, racconta... fallo passare da te a me come mi passeresti il tuo sangue... (E' scesa rapidamente la sera e, da qualche tempo, te parole escono quasi dal buio. Fuori, si illumina una finestra, poi un'altra più lon­tano. Si accende anche il lampione posto sull'angolo della piazza. La campana d'una chiesetta, sperduta nella volte suona lentamente pochi rintocchi. Mina, che era rimasta impietrita a guardare le due donne si scuote le va ad accendere i due lumicini ad olio sotto il piccolo tabernacolo detta Madonna, nel centro della parete di sini­stra, poi incomincia a parlare alt'immagine...).

Mina                                - Vergine Maria, sola madre senza peccato, be­nedici... e perdona a loro se, in -questo momento, non sanno quello che si fanno... (Lentamente si reca all’interruttore, posto vicino alla porta d'ingresso in fondo, ed accende la piccola lampada che pende sul tavolo da sti­rare. Dina e Maria rabbrividiscono alla luce improvvisa e si separano).

Mina                                - Dina, dammi una mano a finire... Maria, bi­sogna ritirare la (biancheria che è in terrazza... Oinu si avvicina alla tavola ed incomincia a lavorare col ferro da stirare, Maria esce dalla sinistra. Mina riprende a sti­rare di fronte alla sorella. Pausa) Dina...

Dina                                 -    Mina                            

Mina                                 - Mentre siamo sole...                                                      

Dina                                 -         Siamo sempre sole... siamo state sole tutta la vita..                                                               

Mina                                 -    ... Tu accetti?                                                  

Dina                                 -    Sì...                                         

Mina                                 -    E' assurdo.                                          

Dina                                 - Da ventiquattro anni e scritto al municipio ed alla chiesa di Virze.

 

Mina                                - Ci rimetteremo, forse, il negozio...                    

Dina                                 - No, forse, tu, no. Nessuno, a te può dire nulla... Non sei che la zia...

Mina                                - Non ridere, sei pazza.

Dina                                 - Anzi dovresti essermene grata. Ti salvo della tua metà...

Mina                                - Pensa ai parenti, al curato, ai vicini, alla moglie del farmacista, a quella dell'altra stireria, a tutto 3 paese, a quanti vengono a farsi copiare i contratti, il giorno di mercato... tutta la provincia ci conosce!

Dina                                 - Che cosa è, tutto questo, in confronto ad un figlio, sergente aviatore!

Mina                                - Almeno userai prudenza, l'amerai da lontano, pregheremo quel maresciallo di essere discreto...

Dina                                 - Mina, che cosa dici? Appena avrà un giorno di licenza verrà qui; Maria dice che ci sono soltanto cento chilometri, dal suo campo... la camera del           babbo è ancora vuota...

Mina                                - Nella camera del babbo, il figlio della came­riera!... No! No!... nella casa... Dopo il nome anche la casa! no!... la casa, no!... tu non sai, quanto ho lavorato io per difendere la casa ed il nome del babbo, persino dalle ipoteche!... La casa disonorata, no!... uno che non si sa chi sia in casa, no!... tu non lo puoi capire perché sei sempre vissuta sognando...

Dina                                 - Che piacere vederlo, sentirlo parlare... poi andrà in giro per il paese e tutti diranno: sua madre è forse una poco di buono, ma lui, accidenti! Che bel ragazzo!

Mina                                - Sei pazza, Dina!... Dopo tutto, come imma­gini che possa entrare in casa? Figlio di chi?? Come? Con che nome? Chi è il padre?... Chi è la madre, chi lo bacia, chi lo accarezza, chi gli dice: figlio mio! men­tre l'altra sta a guardare... Dove dorme, dove mangia? Che cosa fa tutto il giorno? Non potrà passare conti­nuamente dalle ginocchia dell'una a quelle dell'altra...

Dina                                 - Ecco, Mina... tu sai che lei gli ha detto che sua madre era lontana, in viaggio... anche di fronte a lui, a lui! capisci, tutte è già a posto, per sempre... quella madre lontana può essere improvvisamente ritornata... non importa che cosa possa pensare di sua madre che è stata via tanto tempo... ora starà sempre con lui... na­turalmente, anche Maria starà sempre con noi, sempre con me e con lui... non ci potrà essere gelosia tra di noi, sai...

Mina                                - Ma, infine! è un'infamia: tu lo togli a sua madre.

Dina                                 - Io? no... ella continuerà ad amarlo come l'ha sempre amato, come lo vuole amare... forse come soltanto lo può amare...

Mina                                - I sacrifici che lei ha fatto...

Dina                                 - D'ora innanzi li farò io, al doppio!

Mina                                - Pensa, Dina, se un giorno, se un giorno scom­parisse in lei l'orrore dell'inganno di quella notte, or­rore che l'ha spinta a dichiarare :che non era figlio suo... se, la prima volta ch'egli appoggiasse la sua guancia alla tua, si risvegliasse in lei la gelosia della madre... tu ti troveresti di fronte ad una tigre... o ad un dolore disumano...

Dina                                 - Lo so, lo ama terribilmente... tanto lo ama che il suo amore può persino lasciare un po' di posto a quello di un altro, come le suore che adorano insie­me... tanto! che non vuole che sia nato da un errore e forse... da un'ingiustizia...

Mina                                - Ingiustizia? Tu osi parlare di giusto e di in­giusto a proposito della notte di una...

Dina                                 - Mina! no!.... non dire... quella notte 'doveva essere la mia!

Mina                                - Dina!

Dina                                 - Mia, sacrosanta mia!... notte attesa sotto la glicine... notte non mai venuta perché entrambi trema­vamo al momento di dire: «sì! questa notte! »... ma la finestra della veranda era sempre aperta e l'uscio della mia camera socchiuso...

Mina                                - Ah! dopo tanto pensarci, ha preferito aprire l'uscio della stanza della cameriera...

Dina                                 - Sei tu che gliel'hai aperto!

Mina                                - Io?

Dina                                 - Tu! che quella notte sei discesa ed hai spostato lo sgabello del pianoforte fino sotto alla finestra...

Mina, i                             - Può darsi... me ne servivo sovente per salire sul davanzale della finestra a chiudere la ventana in alto, quando minacciava temporale... e, con questo?

Dina                                 - Il primo [uscio a destra dello sgabello non è più stato il mio, ma il suo... me ne sono accorta il mat­tino dopo, ma non sapevo che nella notte egli fosse venuto...

Mina                                - Lei lo sapeva che tu lo aspettavi?

Dina                                 - No. Dovevo eludere tutti, anche te ed il bab­bo... (Pausa, segnata dal ritmo dei due ferri che lavo­rano...).

Mina                                - ... Infine, non voglio bastardi in casa, io!...

Dina                                 - Oh! Mina... ma non senti che è anche un po' tuo?...

Mina                                - Mio!

Dina                                 - E’ un po' il figlio della casa... del giardino... di quei tempi felici di quella primavera d'amore, la sola che tutte e due abbiamo avuta... poi vennero le disgrazie...

Mina                                - Dina!... oh! Dina! perché vuoi trascinare an­che me nella tua pazzia... no! io non l'ho voluto... non l’ho voluto.., non so più nulla di quelle notti, io!... non ricordo pili nulla... nemmeno il viso di quell'uomo che mi baciava... non l'amavo, non l'ho mai amato... e se l'avessi amato, piuttosto di aprirgli, avrei 'buttato la chiave della porta nella vasca del giardino, io!

Dina                                 - (Io invece gli ho aperto, e, tutto quello che ha portato, dolore e gioia, è mio!

Mina                                - ... E suo!

Dina                                 - Anche suo... perché , quella notte, è nato un figlio a due donne... (Due donnette, gente del popolo, si affacciano all'uscio di fondo, titubanti, incerte... in­fine luna si decide ad entrare... poi l’altra...).

La Prima Donna              - ... C'è il vostro nome sul giornale...

Mina                                - Il nostro nome?.,.

La Prima Donna              - II vostro nome!... però sembra per un altro Menzio...

Mina                                - Un altro Menzio? Che «osa volete dire?

La Prima Donna              - C’è sul giornale!

Mina                                - I giornali non dicono che cose sbagliate... vi ricordate quando ho fatto arrivare il fornello a spirito, c'era scritto: pratico, economico, non consuma, riscalda... voi sapete che trappola era....... ebbene, il giornale che cosa dice?.,. l'avete letto?...

La Prima Donna              - Io no. Voi sapete che... ([Lascia intendere: che io non so leggere...).

La Seconda Donna          - L'ha detto a me, quello della corriera... Ha detto: non sapevo che ci fosse un ser­gente Menzio in paese... «Macché, sergente! Non ci sono che le signorine Menzio » ho risposto... « Eppure sul giornale c'è scritto: sergente Menzio, idi Rocca di Vir­ze... » ed è .disceso alla posta col pacco dei giornali...

Dina                                 - (illuminandosi di gioia) Sergente Menzio, ha detto!

Mina                                - Sarà uno sbaglio!

La Prima Donna              - A chi può venire in mente di scrivere: Rocca di Virze, unpaese dove nemmeno passa il treno?

Mina                                - Allora, avranno sbagliato il nome! Perché noi non abbiamo né fratelli, né cugini, né parenti dello stesso nome... Siamo noi 'sole, voi lo sapete...

La Seconda Donna          - Poco fa, il maresciallo di Virze cercava il vostro indirizzo... e... credevamo...

Mina                                - E' venuto infatti... da noi... sì, è venuto...

La Prima Donna              - Credevamo che fosse per la stessa cosa che è sul giornale...

Mina                                - .Non so che cosa ci sia sul giornale... da noi, voleva... era per una carta che mancava... per il permesso della bottega...

Dina                                 - (impaziente) Ma che casa dice il giornale di quel sergente?

La Prima Donna              - Non so...

Mina                                - Dina!... dopo lo vedremo, appena li abbiano distribuiti...

La Prima Donna              - Potrebbe essere un vostro cugino... un figlio di quel fratello .del signor Menzio» che, tanti anni fa, emigrò in America...

Mina                                - Forse... non so se laggiù ebbe dei figli... ma forse è così... non può essere che così...

La Seconda Donna          - Ma perché 'hanno scritto: Menzio di Rocca di Virze?... avrebbero scritto: Menzio «li... di di un paese d'i America, non so». Da trent'anni, nessuno ha mai saputo nulla di quel Menzio... (Dina si alza di scatto e si avvia alla porta...).

Mina                                - Dina! Dove vai?

Dina                                 - Mina, voglio leggere... (Sull’uscio è apparso il dottore...).

Il Dottore                        - (entrando rapidamente, rivolgendosi alle due donne...) Be'... Che cosa cercate, qui dentro?... li ser­gente Menzio, quello che è sul giornale?... Qui non c'è!... Non ci sono che cartelli qui dentro! ...(Accompagnan­dole alla porta...) ... Arrivederci! (Le due donne escono).

Dina                                 - Oh! dottore..

Il Dottore                        - Sono io.

Mina                                - Entrate, dottore.

Dina                                 - Oh, .dottore.

Mina                                - Vi avevamo sentito passare...

Il Dottore                        - C'era un solo ammalato in studio..

Mina                                - Sedetevi, dottore...

Il Dottore                        - Un minuto...

Mina                                - Allora? Che cosa ne dicono a Virze?

Il Dottore                        - La denunzia di nascita è precisa; nome cognome, data, luogo... Tutti i numeri sono a posto, e sono i vostri... Padre: N/N... Ho subito cercato di un avvocato. Occorrerebbe iniziare una causa di 'discono­scimento di maternità, quasi impossibile dopo tanti anni... oppure, lui dice, salvarsi nell'equivoco dell'identità del nome... Maria l'una e Maria l'altra... Personalmente, a me non piacciono gli equivoci, in questo caso, poi, mi sembra che si finirebbe di compromettere tutte e due senza salvare nessuna...

Dina                                 - Nessun equivoco, dottore.

Mina                                - Non credetele, dottore!...

Dina                                 - Nessun equivoco: quel ragazzo è mio!

Il Dottore                        - Dina!

Dina                                 - Mio... mio figlio.

Il Dottore                        - Oh! Dio, no!...

Dina                                 - Mio!... A vent'anni si sogna e nelle notti di primavera nascono i figli... si sogna parlando dell'av­venire, con le mani in mano seduti su di una panca di pietra sotto un pergolato di fiori... come si vede nelle cartoline... un giorno ho comperato dodici di queste car­toline... in ogni cartolina, sempre, loro due, erano vicini...

Mina                                - Taci, Dina, taci...

Dina                                 - Nell'ultima erano sdraiati in un campo di grano... Così nascono i figli,., nei campi di grano al sole... nelle notti buie, sotto le pergole delle glicini... nelle camere calde d'estate... dalla finestra aperta entra un uomo, ti prende fra le braccia e non ti lascia muovere, li mette la bocca sulla bocca perché tu non possa gri­dare... ti sembra di essere in un prato al sole e ti senti morire d'amore... Nascono e sono la più bella cosa del mondo. Nascono biondi e rosei... ad un anno e mezzo si comportano »già come .degli ometti... poi crescono... a vent'anni diventano dei soldati e poi dei sergenti... poi si sposano e tu piangi fino a che da loro non sono nati degli altri figli, di nuovo biondi e rosei, in tutto eguali a loro, quando erano piccoli... Dottore? ma dottore, perché mi guardate così? non trovate giusto che io debba avere quel figlio?... Che cosa sarebbe la mia vita se io non lo avessi?... Nulla e nessuno... Perché io nulla e nessuno, perché lei (indica la sorella) nulla e nessuno... e le altre, tutto? Chi me lo può togliere, chi può dire che non sia mio? C'è scritto sul registro. Ebbene, dot­tore: Mania Menzio ha ,un figlio, l'unica cosa strana è che nessuno l'ha mai saputo... dottore?... ma perché ?... anche voi già con gli altri?... ora voi sapete, sapete tutto... domani anche il paese lo saprà... farete come gli altri?... ci lascerete sole... rispondete, dottore! Rispon­dete!... Voi, proprio voi! In voi! in voi... in voi, cre­devo! (Si butta sul divano... nasconde il viso fra le pal­me...)

Mina                                - Dina, Dina!... Infine, dottore, che cosa vo­gliono da noi, a Virze? (Dalla prima laterale a sinistra è entrata Maria, reggendo sul braccio un fagotto dì biancheria...)

Il Dottore                        - Vogliono... ecco, le notizie sono queste... il sergente si deve essere comportato eroicamente... da solo ne ha buttati giù due e forse tre! Sembra che sia stata una cosa straordinaria... ma le ferite erano gravi... due pallottole, dentro... l'hanno subito operato... la no­tizia è arrivata mentre io ero al Comando... (Rivolto a Maria che è vicina, sussurra...) ... a me non escono le parole... combinate con Mina come dirglielo... non c'è stato modo di salvarlo...

Maria                               - (rotola, povero straccio sul fagotto che ha ab­bandonato) Oh! figlio mio!

Dina                                 - Maria!

(Si stacca violentemente dalle braccia di Mina... è vi­cina a Maria.... la stringe a sé... due madri piangono... un unico figlio...).

FINE