Le veglie inutili

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Commedia in un atto

di Giancarlo SBRAGIA

da IL DRAMMA n. 183 del 15 giugno 1953

LE PERSONE

LA MADRE

IL PADRE

IL FIGLIO

LA CAMERIERA (che non parla)


La scena rappresenta un salotto borghese. Un divano, un tavolino. A sinistra la porta che dà nella camera da letto del Padre e della Madre; a destra la porta che dà nella camera da letto del Figlio. In fondo, a destra, porta che dà alla cucina ed ai servizi. A sinistra, sempre in fondo, un'ampia finestra con pesanti tende di velluto tirate.

(È notte. La scena è buia. Si odono le voci del Padre e della Madre che altercano violentemente nella loro camera. Si apre la porta di fondo, penetra un po' di luce. A tentoni un'ombra raggiunge un abat-jour; scatta l'interruttore. È la domestica, insonnolita, in camicia da notte e con una vecchia vestaglia; è un po' spaventata ma non eccessivamente. È evidente­mente abituata a incidenti del genere. Sta un mo­mento in ascolto, poi bussa alla porta di destra ed entra. Su un più forte scoppio di voci, si spalanca la porta di sinistra. Entra la Madre, in camicia da notte, senza vestaglia. Richiude la porta con rabbia. Cade a sedere sul divano e scoppia in singhiozzi. Rientra da destra Teresa, la domestica. Si avvicina alla signora, la guarda imbarazzata e non sa che dire).

La Madre       (senza guardarla)   Teresa, Teresa, la mia vestaglia. Ho freddo.

(Teresa si avvia verso si­nistra. Davanti alla porta ha un attimo di esitazione, poi entra. Il Figlio entra da destra, pigiama e vestaglia. Si ferma a guardare la Madre. Scorgendo il Figlio) 

Fred!

Il Figlio  Mamma!

La Madre      Ancora in piedi! Che fai? Perché non dormi?

Il Figlio  Ero a letto, mamma; quando ho sen­tito... anzi Teresa mi ha chiamato.

La Madre      Ah, già. Ma è tardi: torna a letto e dormi. Domattina ti devi alzare presto, lo sai.

Il Figlio  Sì, ma non importa.

La MadreImporta, importa. Non devi trascu­rare gli studi. E poi non c'è scopo che tu passeggi per casa a quest'ora, a prender freddo.

Il Figlio  E che scopo c'è che tu stia qui, senza vestaglia, piangendo... stai tremando.  (Togliendosi la vestaglia)  Prendi la mia.

La Madre      Lascia, lascia. Teresa è andata...

(Rientra Teresa) 

Ah, eccola, brava. (Indossa la vestaglia, al Figlio)  Vai, vai a letto.

Il Figlio  E tu?

La Madre      Io...? (A Teresa)  Vai pure, Teresa. Ah, ricordati! Domattina bisogna alzare i tappeti in camera del signorino:  c'è la polvere di una setti­mana.

(Teresa via. Con una carezza distratta al Figlio) 

Ciao Fred, ciao caro.

Il Figlio  Torni di là?

La Madre      Tra un po'.

Il Figlio  Tremi ancora. Hai freddo?

La Madre      No. Sono i nervi. (Pausa)  Sei an­cora lì?

Il Figlio  Torna a letto anche tu.

La Madre      Non posso... sii buono, Fred; ho bi­sogno di sgranchirmi un po' le gambe.

Il Figlio   Sei fantastica! Urla, strepiti, Teresa vaga per casa come un fantasma, lui in preda alle crisi, e tu... se potessi vederti... che vuoi « sgranchirti le gambe » alle quattro del mattino. È quasi comico.

La Madre      Ho propria voglia di fare dell'umo­rismo. Fammi il piacere, Fred; tu non hai inteso nulla, nessuno ti ha detto nulla. Vai e dormi.

Il Figlio  Il perfetto idiota.

La Madre      Il bravo figliolo che non ha nulla a che vedere con le penose questioni dei genitori. (Pausa. Suona un campanello interno).

Il Figlio   (immobile)   Ti ha picchiata?

La Madre      Fred! Non penserai che tuo padre mi abbia picchiata, qualche volta?

Il Figlio  Non lo so; ma se non l'ha fatto, arriverà a farlo presto; in quei momenti è pazzo: e se un solo giorno gli mancasse...

(Teresa rientra e attraversa la scena).

La Madre       (interrompendolo)   Teresa, che c'è? Ha chiamato? (Fa per alzarsi, si riprende)  Vai, vai pure.

(Teresa via da sinistra)

Tu sei un caro ra­gazzo, Fred, ma leggi troppo e vedi molti fantasmi. Qualche libro di meno e qualche passeggiata di più ti gioverebbe molto. E poi non approvo affatto il genere di libri a cui ti dedichi.

Il Figlio  Lascia andare. Non è il caso ora di discutere le mie letture, dal momento che non te ne sei mai occupata.

La Madre      Sono ancora in tempo ad occupar­mene.

Il Figlio  No.

La Madre      Sei impazzito?

Il Figlio  Ma cosa c'entra poi, ciò che leggo e ciò che faccio. Perché ti ostini a credere che tutto questo non mi riguardi?

La Madre      Perché è così: non ti riguarda.

Il Figlio  Credi sia sufficiente che le ingiurie non siano dirette a me, per farmi rimanere tran­quillamente a leggere nella mia stanza?

La Madre       (sentendo rientrare Teresa)   Stai zitto.

(Teresa entra da sinistra con un pentolino, un cu­scino, una coperta. Si avvicina al divano, vi acco­moda cuscino e coperta)

Grazie, Teresa. (Guarda il pentolino)  La bottiglia dell'alcool è nel bagno.

Il Figlio  Questa è fuori programma.

La Madre      È la solita della notte.

Il Figlio  Non credo; sono le quattro.

La Madre       (dominandosi, a Teresa)   C'è altro?

(Teresa fa un cenno di diniego col capo ed esce) 

Smettila di fare allusioni di questo genere di fronte alla cameriera. Te l'ho detto mille volte.

Il Figlio  C'è da supporre che ormai si sia resa conto.

La Madre      Non importa. Non voglio che fuori di questa casa si facciano delle chiacchiere.

Il Figlio   In quattro anni di chiacchiere ne avrà fatte quante ne ha volute.

La Madre      E poi, non può sapere nulla.

Il Figlio  Ma cosa ti illudi? Di vivere in mezzo ai sordomuti e agli imbecilli? Gridate, vi insultate un giorno su tre e anche se vi chiudete nella stanza più lontana, vi si sente da ogni angolo della casa. Vorrei descriverti uno di quegli sguardi che passano tra voi quando la scenata si avvicina. Io vi sento parlare costantemente con una voce alterata: o per­ché gridate, o perché mentite dinanzi a noi. E anche nei momenti di serenità le vostre voci suonano così false... E rutto questo, mi è penetrato nelle ossa, mi soffoca.

La Madre      Anche tu, vuoi darmi altri pensieri come se non ne avessi già abbastanza. Signore Iddio! Non si finirà mai!

Il Figlio  Mai, mamma, mai, finché siamo qui.

La Madre      Basta, Fred. Non avrei mai creduto che amassi così poco tuo padre.

Il Figlio  Come posso amarlo se per una fiala di morfina venderebbe te, me e tutta la casa?

La Madre      Sei volgare e incomprensivo. Tuo padre ha sofferto molto. Le sofferenze di una tale malattia e di una tale operazione posso immaginarle soltanto io che l'ho vegliato giorno e notte.

Il Figlio  Ma ora non soffre più. È guarito.

La Madre      Non è guarito; lo sai...

Il Figlio  Ma non soffre più come prima. Sono tre anni che ha lasciato il letto, ma quelle orribili iniezioni non le ha lasciate.  Perché? Anzi adesso non si misurano più a fiale ma a scatole. Ci sarebbe da mantenere un'intera famiglia.

La Madre      Tuo padre i soldi li guadagna col suo lavoro.

Il Figlio  Il tuo!

La Madre      Il nostro. Non vi fa mancare nulla. I  suoi denari è padrone di spenderli come vuole, senza renderne conto ai suoi figli. E poi, figliolo caro, non credo ti sia mancato mai nulla.

Il  Figlio       Nulla. Spendete per me e Patrizia più di quanto spendiate per voi stessi. Questo vi mette in pace con la vostra coscienza. Mettere al mondo dei figli e mantenerli in vita; vero, mamma? Un bacio al mattino, uno alla sera, dieci lire per lacrimuccia e tutto è risolto.

La Madre      Molti bambini vorrebbero avere quel­lo che avete avuto voi.

Il Figlio  E siamo anche dei privilegiati.

La Madre      Sei amaro, Fred. Ma perché? Cos'è che ti è mancato?

Il Figlio  Calore; un po' di vero calore. Vi siete fermati a guardarci ogni tanto, così, per vedere se tutto era in ordine; se crescevamo bene, se il col­letto era pulito o se ci servisse un abito nuovo. Così, capisci? Come si guarda se il pavimento è abba­stanza lucido, o se sia il caso di spostare un armadio. Vi siete mai fermati a domandarci di noi, dei nostri problemi, delle nostre sofferenze?

La Madre      Problemi... sofferenze?

Il Figlio  Piccoli problemi, piccolissime soffe­renze.

La Madre      E allora?

Il Figlio  Allora, mamma, tutta la vita di un bambino è lì, in quelle piccole sofferenze, in quei problemi da nulla che i grandi non possono capire.

La Madre      Vedi? Tu stesso dici « che i grandi non possono capire ».

Il Figlio  Ma che una madre deve capire. An­che tu sei stata bambina; possibile che tu non abbia mai sentito un bisogno di questo genere?

La Madre      Non me ne ricordo.

Il Figlio  Eh, già, non ricordi.

La Madre      Sono passati tanti anni.

Il Figlio  Ne passassero cento, io non lo di­menticherei. Sono cresciuto solo commettendo tutti gli errori che un fanciullo abbandonato a se stesso può commettere.

La Madre       Ma quali errori?

Il Figlio  Ti sei mai chiesta quanti anni ho?

La Madre      Ma Fred, che domanda assurda! Certo. Hai ventuno anni, li hai compiuti ieri.

Il Figlio  E ti sei mai chiesta a quanti anni un individuo cessa di essere un bambino?

La Madre      Non me lo sono mai chiesto, ma credo di saperlo.

Il Figlio  Ebbene quando? Sentiamo.

La Madre      Quando comincia ad avere coscienza di sé, quando comincia ad assumersi delle responsa­bilità; lavorare per esempio o...

Il Figlio  Non mi hai capito. Intendevo dire, quand'è che un bambino comincia a chiedersi se la propria madre sia soltanto una madre, oppure...

La Madre      Oppure... continua...

Il Figlio  È terribile dire certe cose. Perché non capisci?

La Madre      Ti prego, non farmi impazzire. Il mio cervello lavora già tanto. Mi sento scoppiare la testa.

Il Figlio  Vuoi un'aspirina?

La Madre       (ironica)   Aspirina! Un po' di sonno tranquillo sarebbe sufficiente.

Il Figlio  Hai ragione. Va' a dormire. Ti cedo la mia stanza. Mi dai quella coperta e io dormirò qui, sul divano.

La Madre      Sei pazzo? Domani ti alzeresti più stanco di ora e tutto infreddolito.

Il Figlio  E tu? Per te non sarebbe lo stesso?

La Madre      Oh, per me non importa. L'ho già fatto altre volte. Sono tanto stanca che dormirei anche per terra e senza una coperta.

Il Figlio  Ti prego, mamma non complicare le cose e non renderle più difficili. Il vittimismo non giova in questi casi. Vieni. (Fa per aiutarla).

La Madre      No, stavi per dire qualcosa.

Il Figlio  Andiamo, su. Andiamo a dormire.

La Madre      Dicevi: se una madre è soltanto una madre...

Il Figlio  Ti prego.

La Madre      Oppure... Ecco: oppure che cosa?

Il Figlio  Nulla. Un pensiero stupido, di nes­suna importanza.

La Madre      No. Tu mi stavi accusando di qual­cosa che non ho capito bene. E io devo sapere di che cosa mi accusi, devo saperlo.

Il Figlio  Parla piano.

La Madre      Che senta! Riguarderà anche lui, im­magino. Non è soltanto me che accusi, vero? Guardami negli occhi.

(Il Figlio non riesce) 

Vieni qui, siedi. Qui, accanto a me. (Lo prende per un braccio) 

Sei dimagrito, povero Fred; il tuo braccio è secco e senza muscoli. Perché non vai più in palestra? Ti faceva bene. Ti sei di nuovo incurvato di spalle.

Il Figlio  Ti prego. Di questo possiamo anche parlarne domani.

La Madre      Sì, hai ragione. Ora c'è un'altra cosa; più importante. Cos'era? Ah! ma sei tu che devi dirmela. Allora?

Il Figlio  Hai un modo di attaccare gli argo­menti...

La Madre      Brutale, vero? In affari non si perde tempo. È così che ho imparato.

Il Figlio  Questo non è un affare!

La Madre      Potrebbe esserlo. Per un po' di com­prensione potrei riavere l'affetto di mio figlio. Per­ché è questo che vuoi, no? Sono pronta a dartela.

Il Figlio  Perché te l'ho chiesta?

La Madre      Anche. Ed ho anche l'impressione che tu non mi voglia più molto bene. Mi parli con un tono, questa sera; e mi guardi anche in un certo modo. Anzi non mi guardi affatto. Cos'è, ti vergo­gni di ciò che devi dirmi? O senti tu stesso che è ingiusto; o hai paura?

Il Figlio  Non è ingiusto e non ho paura.

La Madre      Guardami allora.

Il Figlio  No, dopo. Se ti guardo adesso non potrei mai trovare la forza di dirti...

La Madre      Ma parla! Dio mio, un male circola per la casa e io non so cosa sia! Parla, figliolo; parla.

Il Figlio  Dicevo...

La Madre      Una madre non è soltanto una madre...

Il Figlio  Sì...

La Madre      Ma anche...

Il Figlio  La moglie del proprio padre.

(La Madre si irrigidisce, il Figlio si allontana lentamente; pausa).

La Madre      Ebbene?

Il Figlio  È tutto.

La Madre      No.

Il Figlio  Sì, era questo.

La Madre      No. Il male è quando « soprattutto » è la moglie del proprio padre.

Il Figlio   (si riavvicina lentamente)   Mi hai ca­pito fin troppo bene, ora.

La Madre      Mi rimproveri di voler bene a tuo padre?

Il Figlio  Ma tu non gli vuoi bene! Tu lo ami.

(La Madre è immobile).

La Madre      Si avrà pure il diritto...

Il Figlio  Di essere e rimanere donna?

La Madre      Fred!

Il Figlio  Si deve essere brutali, no? Sì, sì, hai il diritto di rimanere una donna, ma non devi, ca­pisci, non devi rinunciare ad essere...

La Madre      Soprattutto una madre.

Il Figlio  Lo capisci, allora! Lo sentivi dentro di te e seguitavi a fingere di non capire.

La Madre      Non fingevo. Pensavo soltanto che non fosse ancora giunto il momento.

Il Figlio  Il momento di che? Di rinunciare a tuo marito a beneficio dei tuoi figli?

La Madre      No! Ti prego!

Il Figlio  E cosa aspettavi? Che io diventassi un uomo, con tutte le mie responsabilità, il mio lavoro, per offrirmi  il tuo aiuto e la tua comprensione? Non ne avrei avuto più bisogno allora, come non ne ho più bisogno adesso.

La Madre      Calma. Ci stiamo perdendo in un mare di parole. E la testa, mi scoppia.

Il Figlio  L'aspirina ti gioverebbe, ora.

La Madre      Sei crudele. Non ti conoscevo così.

Il Figlio  Che cosa conoscevi di me? Il numero del colletto? La misura delle scarpe? Guardami bene; e non guardare se sono dimagrito o se sono cresciuto. Guardami vivere, mentre ti dico queste cose.

La Madre      Ti guardo.

Il Figlio  Io ti ho sempre guardata vivere intorno a me. Ti vedevo e balbettavo: « mamma ». Cosa sapevo, allora, io che « mamma » è di genere fem­minile? Poi l'ho saputo. Allora cominciai ad osser­varti ininterrottamente per capire fin dove arrivava la madre e dove cominciava la donna.

La Madre      È mostruoso.

Il Figlio  Prima che nascesse Patrizia, ad esem­pio. Eri incinta di lei. Avevo dodici anni, allora. E già allora la storia della cicogna non funzionava più. Sapevo quindi che cosa significava una donna con la pancia ingrossata. Tu hai pianto quasi ogni giorno, per tutto quel periodo. Per anni, dopo, continuai a credere che tutte le donne incinte piangessero du­rante la gravidanza. Un disturbo così, come tanti altri, come le doglie o le nausee. Poi un giorno vidi e udii parlare un'altra donna che aspettava un bambino. Era felice, mamma; bastava guardarla in faccia per capire che non poteva essere naturale il fatto di piangere, come ti avevo visto fare. Non aspettava che questo, da tanto tempo, la sentii dire. E finalmente era felice. Ma tu non lo eri stata. Perché? Perché i tuoi figli per te erano piombati ospiti poco graditi nel mezzo di una situazione che non capivo bene.

La Madre      Ma io non posso sentirti parlare così! Sono tua madre. Io sono la mamma, la tua mamma. Ti ho portato dentro di me, ti ho partorito con do­lore, ho trepidato quando eri malato, ho consolato i tuoi pianti di fanciullo e il cuore mi si spezzava dentro a vederti piangere anche quando era per ca­priccio o avevi torto. Non avrei mangiato purché tu potessi avere della cioccolata e delle caramelle. Questa è una madre, bambino mio. Io ho fatto tutto questo per te, e tu ora mi parli come un ne­mico. Sei così cattivo nelle parole e nella voce; e mi fai male perché vuoi farmi male, sai di colpirmi. Ma cosa ti ho fatto, Fred? Eh? Cosa ti ho fatto? Tu non mi vuoi più bene e io non so perché. Sei cattivo e non so perché. E io sono stanca, non mi reggo più in piedi. E tutti contro di me. Ogni parola una pugnalata e io non so, non so...

Il Figlio   (nauseato)   Mamma...

La Madre      Nemmeno tu mi vuoi più bene, vero?

(Il Figlio fa per interromperla) 

Eh, no; te lo sento nella voce, non mi vuoi più bene... nemmeno tu. E non ho una consolazione, una piccola consola­zione. È così difficile, così difficile...

Il Figlio  Smettiamola, mamma. È una com­media nauseante.

La Madre      Piccino mio!

Il Figlio  Tu mi hai capito benissimo e cerchi di sfuggirmi. Ma io sono qua deciso a non lasciarti sfuggire.

La Madre      Fred!

Il Figlio  E non chiamarmi Fred. Il mio nome è Alfredo. Ho sempre odiato questi diminutivi.

(La Madre si alza e si avvia)  No.

La Madre      Lasciami andare, lasciami andare.

Il Figlio  No, devi ascoltarmi. Siedi.

(La prende per un braccio).

La MadreNon mi toccare!

Il Figlio  Ti ripugno?

La Madre      Hai delle mani nervose che guastano tutto e fanno male.

Il Figlio  Sbagliate, mani sbagliate. Tutto di me fa un individuo sbagliato. Sapessi quanto mi è difficile muovermi in mezzo agli altri! È come cor­rere all'impazzata in un negozio di cristalli.           

La Madre      E anche di questo ho colpa io, no?

Il Figlio  No. Ma sento che tutto questo ha origine in  un  punto lontano, oscuro.  Di quando ancora non avevo coscienza di me, né la respon­sabilità della mia salute morale.

La Madre       Finché sono stata io la responsabile della tua salute morale, credo di aver fatto il pos­sibile perché tu crescessi come un uomo sano.

Il Figlio  Educandomi e facendomi educare.

La Madre      Ma tu ti sei sempre rifiutato di cre­scere come un bambino normale. Quante volte ti ho iscritto alla  società sportiva perché andassi a giocare al pallone, invece di consumarti gli occhi su libri non adatti alla tua età? Se avessi giocato di più e letto di meno, ti avrebbe giovato molto.

Il Figlio  Giocare al pallone o al cerchio non mi divertiva e i libri invece mi consolavano di rutto.

La Madre      E potevo io dunque farti trovare di­vertente il pallone o il cerchio?

Il Figlio  Non avevo la serenità sufficiente per apprezzare il gioco.

La Madre      Ma non si apprezza: si gioca e basta.

Il Figlio  Già, come in seguito si vive, ci si sposa, si mettono al mondo figli e basta, no? No, bi­sogna almeno essere bambini per giocare, così come in seguito è necessario essere uomini per procreare. E io non sono mai stato bambino, perché tu non mi hai data la fiducia e la serenità di esserlo.

La Madre      Colpa mia, naturale! Sembra che tu voglia trovare a tutti i costi un responsabile della tua « natura sbagliata ».

Il Figlio  Sì, è questo, mamma! Io devo trovare un responsabile. Io non posso rassegnarmi ad essere così incompleto nella mia umanità; senza capire perché! Per colpa di chi o di che cosa. Quando mi parlavi, mi carezzavi, persino quando mi baciavi, i tuoi occhi seguivano un altro pensiero. Avevo con­tinuamente l'impressione che in casa abitasse qual­cosa di troppo più importante di me; lo sentivo intorno, nei rumori della casa, nei silenzi, negli sguardi. Mi aspettavo di scoprirlo all'improvviso, un giorno, spalancando una porta socchiusa o aprendo un armadio. E invece ho dovuto capirlo lentamente, attraverso l'infanzia e l'adolescenza: faticosamente rinunciando a tutto, senza rendermene conto, sciu­pandomi e logorandomi tutto, senza rendermene conto. (Quasi piange).

(Pausa).

La Madre       (lo guarda a lungo. È commossa)   È possibile rimediare a tutto questo? In qualche modo...

Il Figlio   (duro, deciso)   Sì, mamma. È possibile.

La Madre      Come, caro? Dimmi come e lo farò.

Il Figlio  Per me non c'è più nulla che tu possa fare ormai. Quello che posso salvare, devo salvarlo da solo o con altri affetti. Ora devi pensare a Patrizia.

La Madre       Cosa manca a Patrizia?

Il Figlio  La vedi mezz'ora per il pranzo e la sera un attimo di sfuggita per la buona notte.

La Madre      Ma ho tanto da fare, tante cose da pensare! Tu lo sai, Fred, non si potrebbe andare avanti se non provvedessi io a tutto.  La mattina l'azienda, il pomeriggio l'azienda, la sera tuo padre...

Il Figlio  Appunto; dovrai rinunciare a tutto questo, se vuoi salvare Patrizia.

La Madre      Rinunciare?

Il Figlio  Sì; vendi l'azienda. Quello che ne ri­caverai sarà sufficiente a pagare la malattia di papa ed a vivere finché papà non sarà guarito.

La Madre      Ma sei pazzo? Vendere l'azienda? Ma se è per voi che mi ammazzo di lavoro, è per voi che impazzisco a tenere in piedi la baracca, per assicurarvi un avvenire.

Il Figlio  Io non farò mai il commerciante, lo avete sempre saputo; e non credo che Patrizia si occuperà di certe cose.

La Madre      Certe cose... Degradante come me­stiere, no?

Il Figlio  Ma cosa c'entra...

La Madre      Commercianti, pezze da piedi, via! Però le villeggiature le avete fatte, i bei vestiti li volevate, e la bicicletta, il cinematografo, la moto­cicletta; tutto andava bene. E non era il denaro di due distinti professionisti, mio caro, erano soldi di due commercianti!

Il Figlio  Ma basta, mamma, che dici?

La Madre      Eh sì, caro. Te lo leggevo in faccia.

Il Figlio  Ma no!

La Madre      Sì! Perché non venivi mai a trovarci, giù al negozio? E ti restava di strada quando tornavi da scuola. Eh, perché? Ti vergognavi.

Il Figlio  Mi annoiava.

La Madre      Ti vergognavi. Tu avrai molte cose che non puoi perdonarmi; ma questa è una cosa che io non perdonerò a te.

(Pausa).

Il Figlio  E va bene. Ora però bisogna salvare Patrizia.

La Madre       (ride un po' isterica)   Salvare?! Ma di che parli, Fred? Povero ragazzo! Tu vedi fantasmi dappertutto. Eh, se tu avessi...

Il Figlio  ...letto meno e giocato al pallone, dillo. Non hai capito niente.

La Madre      Può darsi.

Il Figlio   (improvvisamente)   Eppure no. Poco fa capivi prima che io parlassi. E anche ora devi capire.  Patrizia è sulla mia stessa strada,  sta per commettere gli stessi errori. È imbevuta della stessa aria che circola per la casa, vede e sente quello che vedevo e sentivo io, e pensa, pensa come pensavo io.

La Madre      Non dire sciocchezze. Patrizia ha ap­pena nove anni; è una bambina.

Il Figlio  Anch'io ero un bambino

La Madre      È sana, sta bene.

Il Figlio  Anch'io.

La Madre      Crescerà, sceglierà la sua strada.

Il Figlio  Anche per me era così. E lo capisci cosa sono?

La Madre      Se tu hai una natura malata o sba­gliata, non è una buona ragione per attribuirla a tutti i bambini.

Il Figlio  Non dire così! Se io pensassi per un momento, di essere arrivato a questo, oggi, per na­tura, ma tu lo capisci, mamma, non ci sarebbe possibilità di riscatto per me. Io non potrei mettere al mondo dei figli.

(Pausa).

La Madre      Ammettiamo che io voglia liquidare l'azienda. Non vorrà mai tuo padre.

Il Figlio   (dalla tasca della vestaglia estrae un foglio, lo  spiega)   Ecco, mamma.

La Madre      Cos'è?

Il  Figlio       È un certificato medico. Attesta la semi-infermità mentale e autorizza a ricoverare il paziente suo malgrado in una clinica per intossica­zione da stupefacenti. Occorre la tua firma; la mia c'è già.

La Madre       (pallida e senza fiato)   Fred! Ancora quella orribile cosa!

Il Figlio  L'unica da fare. Per lui e per noi.

La Madre      (Indica il foglio)  Come ti sei procurata questa por­cheria?

Il Figlio  Allo stesso modo con cui tu procuri le ricette della morfina a papà. Pagando. E pagando lo  stesso medico. Quando i disonesti diventano due volte disonesti c'è caso che arrivino al lecito. Firma.

La Madre      (Strappandogli il foglio dalle mani) Mai!

Il  Figlio       È inutile che lo strappi. Ne ho fatte fare quattro copie.

La Madre      Sei un cinico, un mascalzone... Fred! Non lo farai per i soldi di tuo padre, vero?

Il Figlio   (semplice, disperato)   Possibile che tu non voglia capire una verità così semplice?

La Madre       (breve pausa)   Scusami, bambino mio. (Fa per carezzarlo e ritira la mano)  Scusami, scu­sami, ma è che... Vedi. Abbiamo parlato più in questa mezz'ora tu ed io, che in vent'anni di convi­venza. Hai detto tante cose... gravi, mi hai rivelato tanti pensieri, tanti tormenti che... che mi sembra di non conoscerti più. Ti conoscevo di più prima: eri il mio bravo figliolo dolce, modesto, sempre da parte, con gli occhioni grandi e intelligenti. Ora, ora sei un altro. Sei cresciuto, Fred. E non so più fino a che punto sei buono o cattivo.

Il Figlio  Per sospettarmi in quel modo, bisogna proprio che tu non lo abbia mai saputo.

La Madre      Credevo di saperlo, credevo di poter... Dio! quante cose credevo!

Il Figlio  È tutto molto diverso?

La Madre      Fino al punto da chiederti: « Sei ve­ramente figlio mio?».

Il Figlio  Per me, invece, è tutto così spietatamente esatto e aderente. Posso ben dire: « Tu sei proprio mia madre ». Ma non per questo ti sento meno lontana.

La Madre      Quanta amarezza ti porti dentro, Fred, quanta amarezza.

Il Figlio  Tanta, mamma. E quanti torrenti d'affetto dovranno scorrerci sopra a portarmela via! Ognuno incontrandomi dovrebbe abbracciarmi, piangere con me e consolarmi; tutte le donne dovrebbero amarmi come... (Si riprende improvvisamente)  Firma, mamma.

La Madre       (china il capo come colpita da una fru­stata: poi, sordamente)   Fred... Ma tu... hai mai amato?

Il Figlio  No.

La Madre      Non hai mai avuto una ragazza?

Il Figlio  Ah, sì, diverse.

La Madre      Hai voluto bene a qualcuna; di più a qualcuna?

Il Figlio  Erano... altro genere.

La Madre      Molto...?

Il Figlio  Puttane.

La Madre      Anche quella... quella... come si chia­mava? Ti disperasti tanto quella volta, quando tuo padre la  liquidò - fu  una bella cifra, sai? - per quel pasticcetto... Pretendeva di farsi sposare!

Il Figlio  Mi piaceva più delle altre, era simpa­tica e non lo faceva per denaro.

La Madre      Salvo la liquidazione finale.

Il Figlio  Già.

La Madre      E... nessuna ti ha mai amato?

Il Figlio  Nessuna... Va il tipo atletico, adesso. É avendo trascurata la palestra... Non ho speranze. Firma.

La Madre       (con uno scatto di rabbia)   Ma come puoi capire, allora? Chi vuoi giudicare?

Il Figlio   (indicando il foglio)   Qua, dopo la mia.

La Madre      Fred! Per pietà non chiedermi questo! Non ne sarei mai capace. E anche lui non potrebbe... Anche se grida, sì, anche se mi picchia, non po­trebbe, non può fare a meno di me. Ne morrebbe, Fred. Chi sarebbe capace di curarlo in una clinica di pazzi? Non credere che possa guarire soltanto togliendogli l'abitudine della morfina. Uscirebbe più malato di prima, fiaccato, distrutto, senza più fiducia in me che l'ho amato per tutta la vita. Ventitré anni: tutta la vita. Sono sempre stata lì, a testa bassa, più testarda di quanto sia mai, stato lui, a cullarlo e a spronarlo. Tu mi chiedi oggi di distruggere tutto, dichiarare il fallimento più atroce che si possa immaginare, e ricominciare da capo ancora una volta.

Il Figlio  Lo avete fatto tante volte.

La MadreEravamo giovani, Fred. Ora non lo siamo più. Ora riesco appena a lottare per mante­nere in vita lui e tutta la mia esistenza. Con acca­nimento, a denti stretti, ma mi costa molto; ed è una lotta disperata che mi ruba le ultime forze giovani. Se non fosse per questa terribile sciagura, io sarei stanca persino d'amare; vorrei riposarmi e lasciarmi amare dalle cose che ho creato, dalle cose che ho mantenuto in vita, da tutto ciò che non sarebbe stato se io non lo avessi voluto. Per un minimo di giustizia e di equilibrio, così avrebbe dovuto essere. Ma la mia vita non può finire qui. Ecco io firmo; e prima che questa notte sia finita, arrivano due infermieri: lo legano, vero? Perché se fa resistenza, se urla, possono anche legarlo, no? E lo portano via... E io?

Il Figlio  Ma così lo uccidi.

La Madre      Non è vero! Cerco di persuaderlo, ogni giorno, cerco di convincerlo a rinunciare.

Il Figlio  Poi gli procuri tu stessa le ricette.

La Madre      Dopo; quando vedo che uscirebbe a procurarsele in ogni modo. Non si può più farlo uscire solo. Dio! Com'è avvilente!

Il Figlio  Distrugge le scatole delle iniezioni e le butta nel gabinetto per non farcele contare. Come se non gliele portassi tu.

La Madre      Quando si avvicina l'ora dell'inie­zione sbarra gli occhi e guarda oltre me che gli sto davanti, come se aspettasse la salvezza da qualcosa che mi segue. Non ascolta più, non pensa più; c'è il vuoto in quegli occhi sbarrati. Aspetta...

Il Figlio  ...come un pupazzo senza carica.

La Madre      Sì... come l'orsacchiotto di Patrizia. Dopo, solo dopo lo ritrovo: allegro, dolce, pieno di idee, di progetti per il futuro. Mi parla di un viaggio a Parigi, io e lui soli, come quindici anni fa. « Torneremo al Bois come due fidanzati, un po' maturi, se vogliamo, ma due fidanzati; e rutto sarà come se il tempo si fosse fermato». Oh, Fred! (Scoppia in pianto)  Il tempo sta per fermarsi ora, qui. E io? Cosa farò?

Il Figlio  Patrizia ha tanto bisogno di te.

La Madre      Credi proprio che avrà bisogno di me come sarò domani? Una inutile donna piagnu­colosa.

Il Figlio  È una cara bambina Patrizia, sai? Buona, tenera, intelligente.

La Madre      Non ho trascurato tanto i miei fi­glioli da non accorgermi come erano, Fred. Vi ho voluto bene disperatamente. Eravate alla base del mio accanimento. Capivo più di quanto non credi. E quante volte avrei voluto fermarmi a sentirti pensare, a vederti guardare, vivere. E rimandavo. Le ore passavano, e i giorni, poi gli anni. Era un ingranaggio senza fine e senza riposi. E ho dovuto seguire la mia vita sino in fondo.

Il Figlio   Povera mamma! Quanto dobbiamo averti pesato.

La Madre      No, nemmeno un minuto, mai. Vedi... è solo... che la maternità è una vocazione. Chi invece l'accetta semplicemente, seguita a sen­tire la propria vita come un ciclo da compiere. Fino in fondo.

Il Figlio  E... chi la subisce?

La Madre       (si alza, si avvicina stancamente al Figlio. Gli prende la testa fra le mani, guardandolo con una tenerezza sconfinata)    

Tu sei mio figlio. (Prende il foglio, va al tavolo e firma).

Il Figlio  Guarirà, lo riavrai.

La Madre       (si preme la bocca con i pugni; la sua voce è un gemito sordo)   Non dire niente!... Non parlare!  Non parlare!...

(Si volta lentamente ed esce da destra. Rumore interno come uno stra­scicare di pantofole).

Il Padre    (entra. Barcolla leggermente. Si fa scher­mo con la mano agli occhi)   Chi c'è? Ah, che fai qui in piedi? Torna a letto.

Il Figlio  Cercavo un libro che devo aver la­sciato qui.

Il Padre   Uhmm... (Mugola qualcosa; esce dalla porta di fondo).

Il Figlio   (va verso il tavolo; prende il foglio, lo guarda, lo piega, lo intasca, va al divano, si sdraia. Pausa).

Il Padre    (rientra;  passo più sicuro,  visibilmente più disteso)   Sei ancora qui? Come mai?

Il Figlio  Dormo qui.

Il Padre   Mamma è in camera tua?

Il Figlio  Sì, dorme là.

Il Padre   Benedetta donna! Drammatizza sem­pre. Andiamo a stanare la belva.

Il Figlio  No. Lasciala dormire.

Il Padre   Può dormire anche nel suo letto.

Il Figlio  Ma già dorme. Se si sveglia, si stranisce, perde il sonno. E lei ha molto bisogno di ri­poso.

Il Padre   Ehm! Già hai ragione. Ma mi dispiace. Beh, domani la ammansiremo e spiegheremo tutto.

Il Figlio  Domani.., certo papà.

Il Padre   Ciao, buonanotte.

Il Figlio  Buonanotte, papà.

Il Padre   Ah, senti! Non hai mica un libro da darmi?  A quest'ora mi riesce difficile prendere sonno.

Il Figlio  Li ho tutti in camera mia.

Il Padre   Ah, già. Quello che cercavi lo hai trovato?

Il Figlio  No... ho guardato tanto... Devo averlo lasciato in qualche altra parte.

Il Padre   Cos'era? Forse l'ho visto io.

Il Figlio  « La montagna incantata » credo.

Il Padre   Come: credi? Se lo cercavi.

Il Figlio  Beh, sì, «La montagna incantata».

Il Padre   La montagna?...

Il Figlio  Incantata.

Il Padre   Cos'è?

Il Figlio  Romanzo.

Il Padre   Bello?

Il Figlio  Molto!

Il Padre   Di che si tratta?

Il Figlio   (con visibile sforzo)   Di un tale che va a trovare un amico in un sanatorio; scopre lui stesso di essere ammalato...

Il Padre   Di che?

Il Figlio  Tubercolosi. Sanatorio. Tubercolosi.

Il Padre   Eh, già.

Il Figlio  ...e  rimane lì dieci  anni,  mi  pare, Quando esce guarito, scoppia la guerra, va al fronte e lo ammazzano.

Il Padre    (pausa)   Tutto qui?

Il Figlio  Mi pare abbastanza.

Il Padre   Oh, sì. Basta che sia scritto un po' me­glio di come lo racconti. Ma quanto racconti male! Se dovessi fare il romanziere saresti una pena.

Il Figlio  Per questo non ci ho mai pensato.

Il Padre   Eh, eppure... Ti ricordi quei drammi che scrivevi per le marionette? Il dialogo era atroce, ma le idee erano formidabili. E pretendevi anche di scriverli in versi! «Se quando spunterà la nuova aurora - ucciso il drago non avrai, ti danno».

Il Figlio  « Se quando spunterà... la nuova au­rora... ».                                       

Il Padre   Sì. E io capivo sempre:   « tiranno ». Allora veniva fuori: « Se quando spunterà la nuova aurora - ucciso il drago non avrai, tiranno... ». E non sapevo mai che cosa sarebbe successo se non l'avessi ucciso...

Il Figlio  Ma io dicevo (rifà l'intonazione)  « ...uc­ciso il drago non avrai, ti danno ». Giù, chiuso.

Il Padre   Eh, sì; ti pare. Per recitare in modo terrificante la parte del diavolo urlavi sempre in modo bestiale. Ma perché ci fosse sempre un dia­volo nei tuoi drammi, è una cosa che non ho mai capito.

Il Figlio  Era la marionetta più bella. Mi faceva comodo che stesse in scena più delle altre.

(Il Padre ride sommesso. Il Figlio si abbandona sul divano e chiude gli occhi).

Il Padre    (lo guarda)   Hai sonno?

Il Figlio  Beh, non molto.

Il Padre   Neanch'io. Dormo tanto durante il giorno...   Già,  dormo  troppo.   « Se  quando  spun­terà... ».  Scommetto che lo scrivi  ancora  qualche bel drammone, eh? Confessa.

Il Figlio  Ma no, che ti viene in mente?

Il Padre   E che ci sarebbe di male? Un avvocato può anche occuparsi di letteratura. C'è Masci, il mio legale, che scrive poesie. E anche parole per canzonette. Sai quella:  « Senza di te - non ho più sogni in cuor... Senza di te... ». Mica male.

Il Figlio  Papà, e la chiami letteratura?

Il Padre   Chiamala come ti pare, intanto sta fa­cendo un sacco di quattrini con i diritti d'autore. Adesso sta scrivendo una commedia. Mi ha raccon­tato il fatto ieri sera. Ma mi sembra tanto di averla già vista.

Il Figlio  È probabile.

Il Padre   Ah, non mi stupirei. Un mascalzone come quello! Proprio un avvocato in gamba.

(Ride compiaciuto della battuta. Il Figlio si agita infasti­dito sul divano) 

Cos'è? Hai qualche guaio?

Il Figlio  No.

Il Padre   Uhmm! Ti agiti troppo (Confidenziale)  Hai combinato qualche altro « fricandò? ».

Il Figlio  Cosa?

Il Padre   Hai messo nei guai qualche altra ra­gazzina?

Il Figlio  Ma no, papà!

Il Padre   Niente di irreparabile. Speriamo solo che questa sia un po' meno costosa della prima. Accidenti! Quella ancora campa di rendita, scom­metto, con quello che mi ha spillato. Il Figlio Tranquillizzati. Non c'è niente di si­mile.

Il Padre   Meglio così. Era una bella ragazza. (Lo guarda e ammiccando con grandi pacche sulle gambe)  Mascalzone, mascalzone, mascalzone...

(In crescendo, gli fa il solletico e Fred, suo malgrado, ride; ridono insieme)  Sssssh! Che svegliamo la mamma! Però fai bene. Io all'età tua, ne inguaiavo tre o quattro alla volta.

Il Figlio   (trascinato nel giuoco suo malgrado)  Ma va!

Il Padre   E me la cavavo sempre da solo, io! Non avevo papà che pagava e sistemava tutto! Scom­metto che sei il tipo sentimentale con le donne.

Il Figlio  Nnno...

Il Padre   Male. Bisogna essere sentimentali. Poi, quando è il momento della stretta, quando la si­tuazione si fa difficile, allora... dai fuori da matto, parla di sciagure famigliari, eclissati per tre giorni la settimana, vai a trovarla ubriaco... Insomma fai il mascalzone. In fondo le donne sono romantiche; conservano sempre una certa ammirazione per i mascalzoni. Ma quanto a sposarli, mai. Sono anche positive, senza dubbio. Guarda tua madre.

Il Figlio  È in gamba la mamma, eh?

Il Padre   Figliolo, tu potrai diventare il più ce­lebre avvocato di questa terra, ammucchiare un ca­pitale di miliardi, ma io avrò sempre qualcosa più di te, perché una donna come tua madre, con i tempi che corrono, non la troverai mai.

Il Figlio  Eh, sì, è una donna molto in gamba.

Il Padre   Un caratteraccio, eh? Litighiamo spesso, te ne sarai accorto, ma non è quello che conta.

Il Figlio  E cos'è che conta?

Il Padre   Ecco... Beh, ne riparleremo quando avrai moglie anche tu. (Pausa)  Fred, ti piacerebbe andare in villeggiatura quest'anno?

Il Figlio   (un po' stupito)   Hai sempre deciso tu. Per me è indifferente; basta che sia al mare, lo sai.

IlPadre   Ah, s'intende. No, te lo chiedo perché avevamo pensato, io e tua madre, di prenderci le ferie per conto nostro. Andiamo a Parigi.

Il Figlio  Ah!

Il Padre   Sai, si avvicinano le nozze d'argento e non vale la pena di aspettare ancora due anni, per ricominciare il viaggio di nozze.

Il Figlio  È giusto.

Il Padre   E allora, dove vai?

Il Figlio  Ne riparleremo doma... ne riparle­remo, papà.

Il Padre   Il signore ha bisogno di ponderare la carta geografica? Presto. Riviera? Levante, Po­nente? Adriatico?

Il Figlio  Sei allegro, stasera, papà?

Il Padre   Sì, mi sento bene. Sono allegro perché mi sento meglio. Sai,  Fred; credo che questa sia la volta buona.

Il Figlio  Per cosa?

Il Padre   Sto eliminandone una al giorno. Sono cinque giorni che le ho ridotte a tre. Ci riuscirò stavolta; sento proprio che ci riuscirò.

Il Figlio  Certo, papà. Ci riuscirai.

Il Padre   Anche gli spasmi sono diminuiti. La sera quando mi metto a letto, ancora si fanno sen­tire. E forti anche. E quel cretino di un medico dice che è un fatto nervoso: contrazione del sim­patico. Io le chiamerei « contrazione per l'antipa­tico ». Come lo vedo mi prende subito un attacco. Ma cosa crede? Che mi diverta a ridurmi un cola­brodo? Non ho più un centimetro di pelle dispo­nibile. E un ascesso alla settimana. Idiota! Ma io guarirò, in barba a lui, tornerò sano come un pesce e suonerò il trombone al suo funerale. Con tutto il fiato che avrò in corpo. Sai cosa faccio, Fred? Dopo la liquidazione di fine stagione, vendo l'uti­litaria e mi compro una macchina lunga da qua a laggiù. Cabriolet. Ci imbarco tua madre e via! A Parigi! Poi quando torniamo te la presto e ci farai morire gli amici e le ragazze. Dopo cinque anni tor­nare a vivere! Ho creduto proprio di non farcela, sai, quando stavo in clinica a guardare il soffitto con un chilo di garza nella pancia; e poi dopo, quando tutto sembrava a posto, ma io seguitavo a sentire quelle strette terribili dentro. Ma ora sta per finire e non sarà più che un brutto periodo passato. (Guarda il Figlio che è immobile)  Non mi credi? Non credi che riuscirò?

Il Figlio  Sì, papà. Riuscirai.

Il Padre   Non è come le altre volte. Le altre volte pretendevo di togliermele d'un colpo, così, da un giorno all'altro. Non si può così. Piano, piano, con metodo. Senti una fitta e resisti; ne arriva una più lunga e resisti; una mano ti stritola gli inte­stini; ma tu mordi il cuscino e conti... A dieci è già passata. Poi tre, quattro ore dopo ti riprende e non ce la fai a resistere. Però intanto è una di meno. E così il giorno dopo. In un mese, vedrai, tutto sarà tornato a posto. Quando si riesce a sop­portare il dolore, significa che il dolore è meno forte, no? E se il dolore è meno forte, si sta guarendo, no?

Il Figlio  Sì.

Il Padre   Ti metterò su un bello studio. Una scri­vania da terrorizzare persino il Rettore della Fa­coltà; e una  biblioteca dietro che non  faresti  a tempo  a  spulciare nemmeno se campassi  fino  a cent’anni. Un bravo, celebre avvocato... penalista?

Il Figlio  Penalista, ma c'è tempo ancora.

Il Padre   Ma io voglio vederti dietro quella scri­vania, Fred. E vedertici spesso, per molti anni.

Il Figlio  Sarà così, papà. Ne sono sicuro.

Il Padre   Una grande soddisfazione per me, Fred, grande.

(Si è commosso. Si stacca dal Figlio e si riprende) 

Dev'essere tardissimo. Sdraiati e dormi un paio d'ore. Tante ore di meno dormi e di tanti giorni la laurea si allontana.

(Si alza. Si stira. Guarda il Figlio) 

Abbiamo  fatto una  bella  chiacchie­rata. Erano anni che non stavamo un po' tranquilli, io e te, eh?

Il  Figlio(come ripetendo)   Vent’anni di con­vivenza...

Il Padre   Uhm?

Il Figlio   (con un sorriso forzato)   Niente. Così.

Il Padre   Buona notte, figliolo. (Si avvia)  An­ch'io comincio a sentire il sonno. E domani biso­gna che vada al magazzino. Ho tante cose che sono rimaste indietro...

Il Figlio   (soffocato)   Domani...

Il Padre    (ripetendo macchinalmente)   Domani. Beh, buona notte.

Il Figlio  Papà...

Il Padre   Eh?

Il Figlio   (pausa)   Buona notte.

Il Padre   Buona notte. (Esce).

La Madre       (entra)   Ho sentito che era qui. Di che avete parlato? Non gli avrai detto...

Il Figlio  Nulla. Rassicurati. Era allegro stasera.

La Madre      Io sono a pezzi, Fred. Non ce la faccio più.

Il Figlio  Torna di là e dormi, mamma.

La Madre      Ma come posso! Non ce la faccio più. A che ora verranno?

Il Figlio  Devo telefonare al dottore. Penserà lui a tutto.

La Madre      Dio, Dio, Dio mio...

Il Padre    (entra)   Avevo pensato che... (Si inter­rompe; vede la Madre; silenzio)   Ecco...   io...  mi spiace molto... per prima... avrei voluto subito dirti...

La Madre      Taci, caro, non dire nulla.

Il Padre   Ecco... so che è penoso... difficile dimenticare certe cose. Ma io debbo spiegarti... (Va verso di lei).

La Madre      Taci...

Il Padre   In quei momenti... è più forte di me; io  divento cattivo, mi faccio nausea.  Ma soffrivo, ti giuro, soffrivo tanto... e tu lo sai... io non so sop­portare il dolore. Divento cattivo, ecco.

La Madre       (gettandoglisi tra le braccia)   Oh caro, non importa. Non dire più nulla.

Il  Padre       Perdonato? (Le accarezza i capelli).

La Madre      Dimenticato.

Il Padre    (con un sospiro di sollievo)   Ah! Dicevo a Fred, poco fa, che stasera mi sentivo veramente bene, come da anni non mi succedeva; ma in fondo mi mancava questo. Ora tutto è veramente a posto.

La Madre      Sì, tutto a posto.

Il Padre   Allora puoi anche tornare a dormire di qua. Hai tanto bisogno di riposo.

La Madre      Avrò tanto tempo per riposarmi.

Il Padre   Sai cosa facciamo domani? Festa com­pleta! Si dorme fino a mezzogiorno, poi via! Fuori città. Un bel pranzetto all'aperto e la sera a teatro. (A Fred)  Naturalmente i figli, durante la scappa­tella dei genitori accudiranno la baracca. Chiaro? (Alla Madre)  Ti va?

La Madre       (con forzata serenità)   Certo è splendido.

Il Padre   Come nei tempi migliori.

La Madre       (riaffondando il viso nel petto di lui)  Come nei tempi... (Ha un singhiozzo represso)  ...mi­gliori... (Mormorando)  Perdonami, caro, perdonami.

Il Padre   Non piangere. Perché seguiti a pian­gere? Tutto va bene ormai. Hai freddo? Tremi in un modo... Vieni, sono pronto a farmi mettere i piedi sul petto e scaldarteli. Ti ricordi come mi im­bestialivo quando pretendevi che te li scaldassi così?

(La Madre annuisce. Si avviano abbracciati verso la porta di sinistra) 

Poi cominciai io. In fondo era un sistema ottimo. Ma a te non dava fastidio... O per lo meno... lo sopportavi. Eh, già: è stato sempre così. Tu hai sempre sopportato da me quelle cose, che poi fatte da te mi imbestialivano. È stato un po' il tuo metodo di educarmi; mi rifacevi il verso. Io  diventavo verde, ma capivo. E anche se ti trat­tavo male, in fondo te ne ero grato. Però, hai ge­nerato un inconveniente: hai finito per somigliarmi. Sì, fisicamente. Tutti me lo dicono: ci somigliamo!

(Ride. Si accorge che il Figlio è ancora lì) 

Ma non senti che è un dialogo di innamorati? Discrezione, ragazzo, discrezione. Vengo mai  a seccarti,  io? E allora? Buona notte, figliolo.

Il  Figlio(Apre la tenda. È l'alba)   Buon giorno, papa. Buon giorno, mamma.

Il Padre   Toh, è già chiaro. (Pausa).

La Madre       (stringendosi a lui ancora di più)   An­diamo di là, andiamo di là... (Si ferma. Il Figlio la guarda. Ella si stacca dal Padre)  Saluto Fred e ti raggiungo.

Il Padre   Il bacino della mamma, povero bebè. Ma se fra poco ti può fare da padre! (Uscendo)  Il bacino della mamma.

La Madre       (pausa)   Non guardarmi così, Fred, sono le ultime ore; le nostre ultime ore. (Via).

Il Figlio   (è immobile. Lentamente estrae dalla tasca il documento e lo straccia in minutissimi pezzi. Poggia i resti sul pavimento accanto al divano e lentamente esce).

La Madre       (rientra, va al divano, prende il cuscino e la coperta e si riavvia verso la stanza da letto. Guarda distrattamente il tavolinetto, lo sorpassa. Si ferma, torna indietro; rimane un attimo immobile davanti alla carta stracciata. Poi febbrilmente co­mincia a ricomporre i pezzi. Capisce. Li prende nelle mani raccolte, vi affonda il viso, piange, ride, li sparpaglia dovunque come coriandoli in carne­vale).

Il Padre    (la sua voce di dentro)   Che fai, non vieni?

La Madre       (raccoglie di nuovo cuscino e coperta)   Sì, caro, eccomi.

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Sul copione, l'autore ha indicato anche questo finale:

Il Figlio   (è immobile. Lentamente estrae dalla tasca il documento e lo straccia. I pezzi si sparpa­gliano per terra. Esce).

La Madre       (rientra. Va al divano, prende cuscino e coperta e rientra nella stanza da letto. La luce sale. La domestica entra dal fondo sbadigliando, per le pulizie del mattino. Mugolando appena appena un motivetto alla moda, comincia a spazzare la carta straccia mentre cala lentamente la tela).

Per una eventuale trasmissione radiofonica, l'autore ha in­dicato ancora questo finale:

Il Figlio   (è immobile).

Teresa      (entra sbadigliando. Si ferma sbalordita)  Signorino, ancora qui?

Il Figlio  E tu? Di nuovo in piedi?

Teresa     Devo cominciare le pulizie. Vuole la colazione?

Il Figlio   (comincia a stracciare lentamente il do­cumento che ha estratto dalla tasca).

Teresa     Ha bisogno di nulla?

Il Figlio  Getta nel cestino questi pezzi di carta. Grazie.

F I N E

*Copyright 1953 by Giancarlo Sbragia.