Carlo Goldoni
LE VIRTUOSE RIDICOLE
Dramma Giocoso per Musica da rappresentarsi nel Teatro posto in Contrada di San Samuele il
Carnovale dell'Anno 1752.
PERSONAGGI
AFFRODISIA filosofessa.
La Sig. Catterina Zipoli. ERIDENO
Il Sig. Salvador Consorti. MELIBEA poetessa e romanziera.
La Sig. Serafina Penni. PEGASINO poeta.
Il Sig. Gio. Filippo Delicati. GAZZETTA istorico romanziere.
Il Sig. Giovanni Leonardi. ARMONICA cantatrice.
La Sig. Cecilia Moblan. SER SACCENTE sa di tutto.
Il Sig. Bartolomeo Cherubini.
La Scena si rappresenta in un Palazzo da villeggiatura.
LI BALLI
sono d'invenzione e direzione di Monsieur Pietro Aubri,
eseguiti dalli seguenti:
La Sig. Margherita Fusi. Monsieur Pietro Aubri.
La Sig. Lucrezia Berardi. Il Sig. Gaspero Pieri.
La Sig. Teresa Morelli. Il Sig. Vicenzo Magniani.
La Sig. Antonia Girelli. Il Sig. Gaudenzio Berri.
MUTAZIONI DI SCENE
ATTO PRIMO
Giardino delizioso. Camera.
ATTO SECONDO
Cortile.
Appartamenti.
Sala magnifica rappresentante la Reggia di Parnaso colle nove Muse.
ATTO TERZO
Cortile. Torna la sopradetta Reggia di Parnaso.
Le Scene sono di vaga architettura del Sig. Francesco Zanchi. Il Vestiario è del Sig. Natal Canziani.
ATTO PRIMO |
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SCENA PRIMA |
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Giardino delizioso in casa di Affrodisia. |
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Affrodisia, Erideno, Melibea, Pegasino, Armonica e Gazze |
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LE 3 DONNE |
Sì, sì, sì. |
LI 3 UOMINI |
No, no, no. |
LE 3 DONNE |
Io sostengo l'opinione; |
La ragione - vuol così. |
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LI 3 UOMINI |
Accordarla non si può; |
Il contrario sosterrò. |
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LE DONNE |
Sì, sì, sì. |
GLI UOMINI |
No, no, no. |
AFFR. |
Eh via, signor scolaro, |
Io son maestra di filosofia, |
|
E sostengo che il vacuo non si dia. |
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ERID. |
Io sostengo il contrario: |
Dico che si dia il vacuo, |
|
E la ragione è bella, |
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Perch'io la provo nella mia scarsella. |
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MEL. |
Io vi dico che gli alberi del Sole, |
Trovati dal Meschino, |
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Si trovan della Persia in un giardino. |
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GAZZ. |
E questo non può stare, |
Perché il Persiano aduna |
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Non gli alberi del Sol, ma della Luna. |
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ARM. |
Io dico e sosterrò, |
Coll'opinion di genti buone e brave, |
|
Che si possa cantar senza la chiave. |
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ERID. |
Ma confessar conviene |
Che senza chiave non si canta bene. |
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MEL. |
Sostengo e sosterrò |
Che il Tasso è bergamasco |
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E non partenopeo, |
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Ed è parente di Bartolomeo. |
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PEG. |
Io non vuò disputar delle nazioni, |
Ma il Tasso sarà figlio del Tassoni. |
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LE DONNE |
Sì, sì, sì. |
GLI UOMINI |
No, no, no. |
LE DONNE GLI UOMINI
10sostengo l'opinione; La ragione - vuol così. Accordarla non si può;
11contrario sosterrò.
SCENA SECONDA
Ser Saccente e detti. |
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SACC. |
Oh silete, silete. |
Amici, cosa avete? |
|
Per qual ragione siete calefacti? |
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Disputatio est ne juris, vel facti? |
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AFFR. |
Udite se ho ragione. |
ERID. |
Eh, la ragione è mia. |
AFFR. |
Dico: non si dà vacuo. |
ERID. |
Io dico che si dia. |
AFFR. |
Voi che siete filosofo, |
Cosa dite? |
|
SACC. |
Respondeo |
Che variamente l'opinion si prova. |
|
Ergo il vacuo si trova, o non si trova. |
|
ERID. |
Oh bravo, ser Saccente. |
AFFR. |
Voi non sapete niente. |
MEL. |
Voi che siete |
Un famoso poeta, |
|
Saprete il Tasso di qual patria sia. (a ser Saccente) |
|
PEG. |
E saprete la sua cronologia. |
SACC. |
D'ambe le due nazioni |
Son forti le ragioni: |
|
Il Tasso, cioè Torquato, |
|
Nacque in Bergamo, altrove originato. |
|
PEG. |
Oh bravo, ser Saccente! |
MEL. |
Voi non sapete niente. |
LE 3 DONNE |
È un ignorante, |
Che fa il pedante. |
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LI 3 UOMINI |
È ser Saccente |
Un uom prudente. |
|
LE 3 DONNE |
La mia ragione |
Io sosterrò. |
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LI 3 UOMINI |
La mia opinione |
Non lascierò. |
|
LE 3 DONNE |
Sì, sì, sì. |
LI 3 UOMINI |
No, no, no. |
(Tutti partono, fuor che ser Saccente) |
SCENA TERZA
Ser Saccente solo.
Grazie, o madre natura,
Del don che mi facesti.
Tu il saper m'infondesti,
E senz'aver studiato
Son divenuto un uomo letterato.
Leggo libri e volumi a precipizio,
Ma solo il frontispizio;
E quando voglio ricavar più frutto,
Leggo l'indice ancora, e imparo tutto.
Io sono un libro aperto, Di tutto so parlar: Filosofo più esperto Non v'è nel disputar. So dir Nego maiorem, So dir Probo minorem, Retorqueo, distinguo, concedo; E a forza d'argomenti, Io voglio aver ragion. (parte)
SCENA QUARTA
Camera.
Melibea con un libro, poi Gazzetta
MEL. Oh! che amor sfortunato!
Oh che caso funesto e doloroso! Fra le istorie più belle Quest'avrà il primo luogo: Questa che in versi accenna L'amor per cui morì Paris e Vienna.
GAZZ. Melibea, mia diletta.
MEL. Mio grazioso Gazzetta.
GAZZ. V'è passata la bile?
MEL. Se mi amate,
Voi non avete a contradirmi. Io sono Una donna che mai non parla invano, Che parla ognor coll'istoria alla mano.
GAZZ. Che leggete di bello?
MEL. Oh se sapeste
Che dolor, che tormento, Sol per cagion di questo libro io sento!
GAZZ. |
Per cagion di quel libro? |
MEL. |
Sì: qualora |
Leggo di un fido amante |
|
Qualche trista avventura, |
|
Mi sento intenerir, piango a drittura. |
|
GAZZ. |
Dunque siete di cor tenero assai. |
MEL. |
Così non fossi. |
GAZZ. |
E se v'intenerite... |
MEL. |
(Oh Vienna sfortunata!) |
GAZZ. |
E se v'intenerite per i morti... |
MEL. |
(Non ti privar di vita). |
GAZZ. |
Sarete anco pei vivi intenerita. |
MEL. |
(Ferma il braccio, crudele). |
GAZZ. |
Cos'è stato? |
MEL. |
È morta Vienna, ed è Paris svenato. |
GAZZ. |
Eh, che favole son: sono romanzi. |
MEL. |
Che romanzi? che favole? Ignorante! |
Questa è un'istoria vera |
|
Scritta da man sincera; |
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E tanto più la verità si stima, |
|
Quant'ella è scritta coll'ottava rima. |
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GAZZ. |
Io dico... |
MEL. |
Olà, tacete: |
Vi scaccerò se mi contradirete. |
|
GAZZ. |
Eh, non vi contradico. |
È vero, anch'io lo dico: |
|
La storia è scritta da sincera penna. |
|
Sono due grandi eroi Paris e Vienna. |
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MEL. |
Poveri sfortunati! |
Erano innamorati, |
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Son di casa fuggiti, e mentre l'uno |
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L'altra al fonte aspettava, |
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Ecco viene una fiera... |
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E così quella fiera... |
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Ammazza uno di loro, e l'altro poi... |
|
Lascia le spoglie sue... |
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Basta, alfin sono morti tutti due. |
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GAZZ. |
Me ne dispiace assai. |
MEL. |
Non ho sentito mai |
Una storia più bella a' giorni miei. |
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Sentite il lor lamento; |
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E se il core nel sen di carne avete, |
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Ascoltate il suo pianto, e poi piangete. |
|
«Vienna bella, Vienna cara,» |
|
Paris dice, il poverino: |
|
«Vienna cara, Vienna bella,» |
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E la guarda un pocolino: |
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«Vienna mia»...; e poi sospira: |
|
«Vienna mia»...: e poi delira; |
Batte i piedi, e batte il petto; Chiama il diavolo, e trà un cospetto; E poi piange... E voi ridete? Via piangete, Gazzetta, con me; Ah, da ridere il caso non è. (parte)
SCENA QUINTA Gazzetta, poi Erideno
GAZZ. Oh questa è bella assai!
Io non ho pianto mai
Per alcuna disgrazia,
E or piangerò con questa bella grazia?
ERID. Caro
Gazzetta amico,
Son in un grande intrico:
Amo Affrodisia mia,
Ed
ella è piena di filosofia.
GAZZ. Ebben? filosofando
Si anderà innamorando:
Basta, se voi volete innamorarla,
Che sappiate con arte secondaria.
Amo anch'io Melibea,
Pazza per i romanzi; e per potere
Viver seco giocondo,
Sto zitto, e la secondo;
E dico che son vere,
E credere si denno,
Le
istorie di Bertoldo e Cacasenno.
ERID. Ma io non ho studiato.
A scuola sono stato,
Ma sol, come far sogliono i scolari,
Ho imparato a giocar i miei denari.
Io di filosofia non ne so punto;
De' suoi termini ognor m'ho fatto beffe,
E dirò dei spropositi a bizzeffe.
GAZZ. Dite ciò che volete;
Spropositate pur senza riguardo;
Già la filosofessa
Con tutti i studi suoi
Non ne sa più di voi:
E i filosofi stessi,
Che per troppo studiar han fatto il callo,
Dicon
spropositacci da cavallo.
ERID. Ma il mondo li rispetta;
Ma a lor si presta
fede.
GAZZ. Sì, perché all'apparenza il
mondo crede.
Ma quei filosofoni,
Quando qualche passion li porta via, |
|
Mandan da parte la filosofia. |
|
Corre al mondo un'opinione |
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Che fa rider chi ne sa: |
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Che i scolari di Platone |
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Fan l'amor con onestà. |
|
Voi che dite? |
|
Gli credete? |
|
Se si trova un platoncino |
|
Presso qualche bel visino, |
|
Ah! che dite? |
|
Come andrà? |
|
Tutto foco |
|
A poco a poco |
|
Il filosofo sarà. (parte) |
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SCENA SESTA |
|
Erideno, poi Affrodisia |
|
ERID. |
Basta, mi proverò. |
Qualche cosa dirò... Ma qui s'appressa |
|
La mia vaga e gentil filosofessa. |
|
AFFR. |
Siete ostinato ancora |
Il vacuo a sostener? |
|
ERID. |
No, mia signora, |
Non son sì temerario; |
|
Sol per scherzar con voi dissi il contrario. |
|
AFFR. |
Avete voi studiata |
Ben la filosofia? |
|
ERID. |
L'ho studiata. (Non so che cosa sia). |
AFFR. |
Parlando dell'amore |
Filosoficamente, |
|
Qual sistema tenete? |
|
ERID. |
Io sosterrò |
Che amore è un certo foco |
|
Che nasce a poco a poco in mezzo al core, |
|
Ch'or ci reca diletto, ora dolore. |
|
AFFR. |
Bravissimo davvero! |
Questa è la tesi mia. |
|
Tanta filosofia |
|
In voi, no, non credevo. |
|
ERID. |
(Son filosofo dunque, e nol sapevo). |
AFFR. |
Ma l'amorosa fiamma |
Che poi si dice amore, |
|
Come introdur si può nel nostro cuore? |
|
ERID. |
Da due pupille belle |
Escono le fiammelle,
E penetran nel petto
Ad introdur l'affetto.
AFFR. Bravo assai.
10 non intesi mai
Filosofia più bella. In voi diffuse
11 cielo un sì bel dono.
ERID. (Senza studiar, filosofo già sono).
AFFR. A me per altro piace
Quella filosofia Chiamata naturale, Dimostrativa ed esperimentale.
ERID. E questo è il fondamento
Del mio sodo argomento: Dagli occhi vostri uscito è il dolce ardore Che nel mio seno è diventato amore.
Da quei vaghi amati rai Uscir vidi un dolce foco; Ei m'accese, e a poco a poco Fe' quest'alma innamorar.
Non avea provato mai Tanto affetto nel cor mio: Or filosofo son io, So d'amore disputar. (parte)
SCENA SETTIMA
Affrodisia sola.
Ahimè! nel cor io sento
Ch'or la filosofia mi dà tormento.
Aristotil, Platone,
Più dei vostri argomenti
Han forza nel mio seno
Le parole soavi d'Erideno.
Or in me provo
Amor che sia;
Pace non trovo
Nell'alma mia;
Smanio e deliro,
Peno e sospiro.
Ah, dunque amore
Del nostro core
Sarà tormento?
Piacer non è. Ma se Erideno
Ha per me affetto, |
|
Spero nel seno |
|
Provar diletto, |
|
E al duol ch'io sento |
|
Trovar mercé. (parte) |
|
SCENA OTTAVA |
|
Melibea e Pegasino |
|
MEL. |
Venite, Pegasino, |
Siete il mio Petrarchino. |
|
PEG. |
Melibea graziosetta, |
Siete la mia Lauretta. |
|
MEL. |
Ma se ben mi volete, |
Non mi fate arrabbiar. |
|
PEG. |
No, non v'è dubbio. |
MEL. |
Non contradite a quello che dico io. |
PEG. |
Saran tutt'uno il vostro labbro e il mio. |
MEL. |
Voglio far un sonetto. |
PEG. |
Fatelo. |
MEL. |
All'improvviso |
Adesso lo farò. |
|
PEG. |
Fatelo, che ancor io v'aiuterò. |
MEL. |
Oh, questo è un bel soggetto |
Per formar un sonetto |
|
Sugli uomini affamati |
|
Che non han pane e fan gl'innamorati. |
|
PEG. |
E si potrebbe ancora |
Trattar di certe femmine curiose, |
|
Che sono brutte e fanno le graziose. |
|
MEL. |
Ma voi contro le donne |
Non vi acchetate mai. |
|
PEG. |
E pur le donne a me piacciono assai. |
MEL. |
Dunque in lode cantate |
Del femminino sesso. |
|
PEG. |
Sì, ma fate anche voi per noi lo stesso. |
MEL. |
Di farlo vi prometto: |
Ecco in lode degli uomini un sonetto. |
|
PEG. |
In lode delle donne anch'io dirò, |
E i miei versi coi vostri intreccierò. |
|
MEL. |
Uomo, tu sei un animal perfetto, |
Bello, ben fatto, e non ti manca niente. |
|
PEG. |
Donna, tu sei di noi gioia e diletto, |
Ed è senza di te l'uomo impotente. |
|
MEL. |
Per virtù, per saper, per intelletto, |
La donna ti sta sotto riverente. |
PEG. Ma colla grazia e col gentile aspetto,
L'uomo mena pel naso dolcemente.
MEL. Gli uomini delle donne son più forti.
PEG. Sono i vezzi di donna più graditi.
MEL. Voi ci sapete dar gioie e conforti.
PEG. Le donne fan contenti i lor mariti.
MEL. Gli uomini fan gioire le consorti.
PEG.
MEL. } adue Tuttisonopiùbeisesonouniti.
PEG. Tutti sono più bei se sono uniti?
Adunque, Melibea,
Più belli noi saremo
Se in dolce
matrimonio ci uniremo.
MEL. Sì, sì, tu dici il vero.
Oh
che gentil poetico pensiero!
PEG. Dammi, o cara, la mano.
MEL. Eccola, ma... pian piano.
10 non voglio sposarmi
Se non ho da poeti più valenti Una raccolta di componimenti.
PEG. Eh, cosa importa...
MEL. È l'uso inveterato;
Andar dobbiam noi stessi Questo e quello a pregar segretamente Che cantino di noi; Diran che siamo eroi, E che dal nostro talamo fecondo
11 terror nascerà di
tutto il mondo.
PEG. Per un che si marita,
La più bella raccolta è pane e vino;
Un poco di denari;
Un poco di cervello;
Una moglie di genio, e andar bel bello.
Invece di sonetti Vuon essere panetti; Invece di canzoni Vuon esser ducatoni. Poeta sono anch'io, E con lo stile mio Farò un componimento Che non vi spiacerà.
Oh quante, quante volte Si vedon le raccolte Sui banchi del formaggio! Mia cara, vi prometto, Fra noi qualche sonetto Più bello si farà. (parte)
SCENA NONA Melibea, poi Ser Saccente
MEL. Io, che di poesia son invaghita,
Non voglio esser unita in matrimonio
Se Apollo non invoco in testimonio.
Ma ecco quel marmotta
Ch'io
non posso vedere.
SACC. Oh mulier docta!
Semper optime vale.
MEL. Serva, signor Saccente senza
sale.
SACC. Come! A voi non è nota
Dunque la virtù mia?
MEL. Eh, se la poesia non possedete,
Un
virtuoso da dozzina siete.
SACC. Poësis non dat panem.
MEL. A parlarmi latin siete venuto?
A me piace il volgare, e vi saluto.
SACC. E come mai può darsi,
Che senza prosodia
Si sappia poesia?
Qui nescit declinationes,
Qui nescit coniugationes,
Qui nescit concordantias
Del numero, del genere, del caso,
I versi comporrà soltanto a caso.
MEL. Orsù,
basta così;
Andate via di qui, signor Saccente:
Fate il pedante, e non sapete niente.
Io ne so più di voi. Che? Nol credete?
Ora mi sentirete
Qui, qui sul vostro viso,
Far versi all'improvviso.
Per Bacco, vi vuò far meravigliare;
Vi voglio in più linguaggi improvvisare.
A Bulogna an s'dà Un babbion cmod a sì vu. Tutt'al mond s'accordrà Che vu siadi un turlulù. Ed a Napoli, bene mio, Se ci vai, sarai frustato: E managgia chi t'ha figliato. Fosse acciso... fosse ampiso; E vattenne, vattenne deccà. Via, sier alocco, - via, sier baban. Via, che ve mando - in venezian.
Dove, no digo, perché el se sa: |
|
Via, che ve mando de là de Stra. (parte) |
|
SCENA DECIMA |
|
Ser Saccente, poi Armonica |
|
SACC. |
Costei non fa per me; |
È un'ignorante, e fa la poetessa. |
|
No, no, non cambio la filosofessa. |
|
ARM. |
Signor Saccente mio, |
Di voi andavo in traccia. |
|
SACC. |
(Anche questa non ha cattiva faccia). |
Cosa mi comandate? |
|
ARM. |
Io so che voi cantate. |
SACC. |
Sì, signora, |
So di musica ancora. |
|
ARM. |
Io sono virtuosa, |
Ma per esser perfetta |
|
Mi resta da imparar qualche cosetta. |
|
Vorrei che mi diceste, |
|
Per penetrar del canto in le midolle, |
|
Che cosa sia il bequadro ed il bemolle. |
|
SACC. |
Cara la mia figliuola, |
Siete voi stata a scuola? |
|
ARM. |
Oh, cosa dite? |
Ho studiato, ho imparato: |
|
Per sei o sette mesi ho solfeggiato. |
|
SACC. |
Brava! In sì poco tempo |
Avete fatto del profitto assai. |
|
ARM. |
Subito virtuosa io diventai. |
SACC. |
Cantatemi un'arietta. |
ARM. |
Volentieri. |
Non mi faccio pregar; la canterò. |
|
SACC. |
Io l'accompagnerò. |
Avete qualche cosa? |
|
ARM. |
Ho due ariette: |
Una allegra, allegrissima, |
|
L'altra patetichissima. |
|
SACC. |
Datemi quell'allegra: |
La proveremo un poco. |
|
ARM. |
Eccole tutte due. |
SACC. |
Basta l'allegra: |
Quell'altra la potete metter via. |
|
ARM. |
Ma di queste, signor, non so qual sia. |
SACC. |
Non conoscete il tempo? |
ARM. |
Signor no. |
SACC. |
Ma le parole?... |
ARM. |
Leggere non so. |
SACC. |
Oh, questa è bella! E l'arie voi cantate? |
ARM. |
A memoria mi son state insegnate. |
SACC. |
Date qui, date qui. Che voce avete? |
ARM. |
Che voce? Io non v'intendo. |
SACC. |
Cosa siete? Contralta ovver soprana? |
ARM. |
Io son quella che sono, |
E canto all'improvviso; |
|
Ed ognun mi fa applauso, ognun mi loda. |
|
SACC. |
Virtuosa davvero a tutta moda. |
Venite qui; cantate. |
|
Capperi! Tre bemolli! (osserva l'aria) |
|
A voi, figliuola mia. |
|
ARM. |
Il bemolle non so che cosa sia. |
SACC. |
(Suona il ritornello sulla spinetta) |
ARM. |
Quel caro amato ciglio... |
SACC. |
Quel caro amato ciglio... |
ARM. |
Quel caro amato ciglio... |
SACC. |
Ma quei son tre bemolli agli occhi miei. |
ARM. |
Che importa a me, se fossero anche sei? |
SACC. |
Ma voi non intonate. |
ARM. |
Eh signor, perdonate. |
Intono a prima vista; |
|
O voi non ci vedete, |
|
O le regole buone non sapete. |
|
SACC. |
Ritorniamo da capo. (suona il ritornello) |
ARM. |
Quel caro amato ciglio, |
Che m'ha ferito il cor. |
|
SACC. |
Oibò. |
ARM. |
Che cosa avete? |
SACC. |
Ma voi stonate maledettamente. |
ARM. |
Andate via, che non sapete niente. (gli leva le carte dal cembalo) |
SACC. |
Brava, figliuola mia, |
Voi farete fortuna. |
|
Per essere stimata |
|
Una brava cantante, |
|
Basta che siate ardita ed arrogante. (parte) |
|
SCENA UNDICESIMA |
|
Armonica sola. |
|
Ser Saccente grazioso! |
|
È troppo scrupoloso; |
Per acquistar di virtuosa il vanto,
Si sa che ai nostri dì non vi vuol tanto.
Un po' di bella voce; Un po' di buona grazia; Un po' di solfeggiar. Che importa saper tanto? Già, dove manca il canto, Qualcosa supplirà: Un personal che incontri, La grazia e la beltà.(parte)
SCENA DODICESIMA
Gazzetta, poi Pegasino |
|
GAZZ. |
Oh che pazze curiose |
Abbiamo per le mani! |
|
Questa villeggiatura |
|
È piacevole assai. |
|
Un piacere più bel non ebbi mai. |
|
PEG. |
E per godere in pace, |
Ci convien secondarle. |
|
GAZZ. |
Ma vorrei |
Che mi parlaste schietto: |
|
Avete per nessuna amore in petto? |
|
PEG. |
Io vi confesso il vero: |
Un po' per Melibea. |
|
GAZZ. |
Sappiate, amico mio, |
Che per la stessa ho qualche amor anch'io. |
|
PEG. |
Dunque, come facciamo? |
GAZZ. |
Non vuò che ci scaldiamo. |
Ognun tenti la sorte, |
|
E lei scelga chi vuol per suo consorte. |
|
PEG. |
Io per me son contento. |
GAZZ. |
Per ottener l'intento, |
Io la seconderò con tutto il cuore |
|
Nel romanzesco umore. |
|
PEG. |
Ed io la parte mia |
Farò con essa nella poesia. |
|
GAZZ. |
Vedrem chi più felice |
Riuscir saprà di noi. |
|
PEG. |
Ma ci dobbiamo |
Portar da buoni amici, |
|
Aiutarci un coll'altro. |
|
GAZZ. |
Volentieri |
Io con voi lo farò. |
|
PEG. |
Ed io da buon amico opererò. |
GAZZ. Eccola. Secondate
Una graziosa idea
Ch'ora
mi vien in testa.
PEG. Sì, volentieri... E poi?
GAZZ. E poi farò lo stesso anch'io per voi. (si ritirano)
SCENA TREDICESIMA
Melibea sola.
Son due belle virtù, due bei diletti,
Ch'ho nella testa mia:
Istoria e poesia.
Son tutte due gustose in eccellenza:
Non so a quale di lor dar preminenza.
Mi piacciono per questo
Gazzetta e Pegasino:
L'uno istorico e l'altro buon poeta.
Onde per esser lieta,
Avendo ciaschedun le virtù sue,
Li sposerei, potendo, tutti due.
SCENA QUATTORDICESIMA Gazzetta, Pegasino e detta.
GAZZ. Mia bella Dulcinea,
Pria che giunga la notte,
Eccovi a' piedi vostri don Chisciotte.
MEL. Oh valoroso eroe,
Venite alle mie braccia!
E voi chi siete? (a Pegasino)
PEG. Io son, se nol sapete,
Ammirator di vostra padronanza, Compagno a don Chisciotte, Sancio Panza.
MEL. Oh, così mi piacete!
Ora investiti siete Del carattere vero degli eroi.
GAZZ. Son cavaliero errante, e son per voi.
Anderò fra monti e selve,
Con le belve, con gli armenti,
I cimenti ad incontrar.
PEG. Porterò lo scudo e l'asta...
Basta, basta... Lo vedrete... Mi potrete comandar.
MEL. |
Valoroso cavaliero, |
Buon scudiero, vi saluto; |
|
Anderò col vostro aiuto |
|
Colle Amazzoni a pugnar. |
|
GAZZ. |
La bella mano |
A me porgete. |
|
MEL. |
Prima dovete |
Per me pugnar. |
|
GAZZ. |
Pria vi dovete |
Far sbudellar. |
|
Dov'è un nemico? |
|
Dov'è un rivale? |
|
Dov'è chi dica |
|
Che la sua bella |
|
Sia ancor più bella |
|
Della mia bella? |
|
Con questa spada |
|
L'ucciderò. |
|
A' vostri piedi |
|
Lo getterò. |
|
MEL. |
Allor la mano |
Vi porgerò. |
|
PEG. |
Corpo di Bacco, |
Padrone mio, |
|
Sostengo io |
|
Che la mia bella |
|
Sia ancor più bella |
|
Della tua bella: |
|
Timor non ho. |
|
GAZZ. |
Con questa spada |
T'ucciderò. |
|
PEG. |
Timor non ho. |
GAZZ. |
A' vostri piedi |
Lo getterò. |
|
MEL. |
Allor la mano |
Vi porgerò. |
|
GAZZ. |
Para, insolente, |
Questo fendente. |
|
PEG. |
Io non son morto: |
Paro, e rapporto. |
|
GAZZ. |
Ah, para questa. |
PEG. |
Guarda la testa. |
MEL. |
Oh che valore! |
Oh che prodezza! |
|
Oh che fortezza! |
|
Questo resiste, |
|
Quello sta saldo; |
|
Questo è Tancredi, |
|
Quello è Rinaldo. |
|
GAZZ. |
Prendi. |
PEG. |
Eh, eh. |
GAZZ. |
Parati. |
PEG. |
Oimè! |
GAZZ. |
Cedi. |
PEG. |
Son qua. |
GAZZ. |
Mori. |
MEL. |
Pietà. |
GAZZ. |
Mia bella Dulcinea, |
M'arresto al tuo comando; |
|
A te presento il brando, |
|
E il braccio vincitor. |
|
MEL. |
Accetto il tuo bel dono: |
Avrai la destra e il cor. |
|
PEG. |
Io me ne vado via: |
Bondì a vussignoria. |
|
Che caro don Chisciotte! |
|
Che fortunato amor! (parte) |
|
GAZZ. |
Ho il cuor di gioia pieno, |
Non posso star in freno. |
|
MEL. |
Che dolce matrimonio! |
Che fortunato amor! (partono) |
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Cortile.
Affrodisia e Ser Saccente
SACC. Sapientissima donna,
Onor del vostro sesso, Se la filosofia davvero amate, Dunque i precetti suoi cauta osservate.
AFFR. Io son della gran scienza
Rigorosa osservante. In che credete voi ch'io sia mancante?
SACC. Filosofia c'insegna
Che la natura, di se stessa amante,
Per sua conservazione
Vuol la propagazione.
L'uomo e la donna col connubio uniti
Della filosofia senton gl'inviti.
AFFR. Anche a ciò ho proveduto:
M'ho trovato uno sposo, Poiché filosofia mi scalda il seno.
SACC. E lo sposo chi fia?
AFFR. Egli è Erideno.
SACC. Male, male!
AFFR. Perché?
SACC. Troppo giovine egli è.
AFFR. Ma cosa importa?
SACC. Aristotile nostro
Si vis nubere, disse, nube pari:
E convien ch'Erideno e studi, e impari.
AFFR. Dunque che far dovrei?
SACC. Affrodisia, direi...
Che sol per voi, dottissima madama, Arde il mio cor, che vi sospira ed ama.
AFFR. Sì, sì, sento inspirarmi
Filosofico ardore Che vi rende padron di questo core.
SCENA SECONDA
Erideno e detti.
ERID. Affrodisia diletta,
Per voi gioire aspetta
Quest'amante cor mio.
AFFR. Siete giovine ancor: studiate.
Addio.
ERID. Come! Non siete voi
La
mia tenera sposa?
AFFR. Femmina virtuosa
Mal si unirebbe a un tenero scolaro.
Aristotile stesso,
L'imparai non ha guari,
Si
vis nubere, disse,
nube pari.
ERID. Dunque mi discacciate?
Crudel,
mi abbandonate?
AFFR. Compatite, Erideno,
Filosofico ardor m'infiamma il seno.
Più bell'ardore accende Amor nel seno mio. Amare sol vogl'io Chi è degno del mio cor. Funesto alfin si rende Un disuguale affetto. Vuò scegliere un oggetto Di scienza possessor. (parte)
SCENA TERZA
Erideno e Ser Saccente
SACC. (Dunque Affrodisia è mia.
Oh benedetta la filosofia!)
ERID. Ah femmina mendace!
Invano hai tu studiato, Se la fede a serbar non hai imparato.
SACC. Amico, per qual causa
D'Affrodisia tacciar vuoi l'incostanza? Già le femmine sono in abbondanza.
ERID. Ma se lei mi piaceva,
E se mi prometteva Amor nel di lei seno il mio diletto, Ora frenar non so l'ira nel petto.
SACC. Deh, lo sdegno calmate;
Allo studio applicate. Crediatel a me, che parlovi per pratica: La femmina non est bona grammatica. (parte)
SCENA QUARTA
Erideno solo.
Ah, purtroppo egli è vero, Ciascun ne' studi suoi trova ragione D'adular, di seguir la sua passione. La donna che di fede Suol mancar per natura, Allorch'apre coi studi l'intelletto, Cerca giustificar il suo difetto. Se la donna è ignorante, Vincer si può talora; Ma quando è letterata, Inflessibil diviene ed ostinata.
Donne vaghe, i studi vostri Son le grazie, sono i vezzi; Far che piaccia e che s'apprezzi Un bel labbro di rubin.
Acquistar gli affetti nostri È la scuola del bel sesso. Ah, costei procura adesso Di passare il suo confin. (parte)
SCENA QUINTA Pegasino, poi Melibea
PEG. Non vorrei che Gazzetta,
Con la bella invenzion del don Chisciotte,
Avesse fatto colpo
Nel cuor di Melibea.
Eccola. Ha un quadro in mano,
E mi pare un ritratto.
Vuò veder cosa sia:
Un ritratto mi pone
in gelosia. (si ritira)
MEL. (Osservando il ritratto di Cleopatra)
Oh Cleopatra fortunata Col suo caro Marc'Antonio, Cui d'amore in testimonio Colle perle abbeverò.
Se il cor di Cleopatra
Per il gran Marc'Antonio si perdeo,
Abbi pazienza, caro Tolomeo. |
|
Semiramide ancora, |
|
Come scrive un istorico vetusto, |
|
Ha fatto un non so che su questo gusto. |
|
PEG. |
(Parla di Cleopatra. Non vi è male). |
Mia bella, a voi m'inchino. |
|
MEL. |
Ecco qui, Pegasino, |
Una raccolta di composizioni. |
|
PEG. |
Io pure in queste carte |
Ne tengo la mia parte. |
|
Ho dei componimenti |
|
Di poeti eccellenti, |
|
Fatti sul stil del Tasso e dell'Ariosto, |
|
Del Petrarca, di Dante e del Marini, |
|
Con parole da Testi e d'Achillini. |
|
MEL. |
Sentiamo: Madrigale (legge) |
Di Smorfia Celidonio, |
|
Arcadico Pastore... |
|
PEG. |
Smorfia pastor? Oh, sarà un bravo autore! |
MEL. |
Graziosa Melibea, |
Non so se ninfa o dea... |
|
Oh bellissimo! |
|
PEG. |
Oh caro! |
MEL. |
Non so se ninfa o dea, |
Spòsati in sì bel giorno. |
|
Che bella cosa! |
|
PEG. |
Oh bella! |
MEL. |
Spòsati in sì bel giorno; |
Se non lo fai, non me n'importa... un corno. |
|
PEG. |
Oh vita mia! |
MEL. |
Che dite? (malinconica) |
PEG. |
Eh, non vi è male. |
MEL. |
Questo per nozze è un brutto Madrigale. |
PEG. |
Io ne leggerò dunque uno de' miei, |
Che dei vostri saran forse più bei. |
|
Eccolo: Madrigale (legge) |
|
Di Mummia Culinfronio, |
|
Pastor delle campagne immaginarie |
|
Dell'Arcadia dell'Isole Canarie. |
|
MEL. |
Oh, questo sarà bello! |
PEG. |
Oh Pegasin gentile, |
Del caval Pegaseo figlio diletto... |
|
MEL. |
Oh bravo! |
PEG. |
Oh benedetto! |
Sposa la pastorella, |
|
Vaga, gentile e bella. |
|
MEL. |
Oh che versi! |
PEG. |
Oh che gusto |
Nel leggerli mi viene! |
|
MEL. |
Oh, quel bella e gentil ci sta pur bene! |
PEG. |
Sposa la pastorella, |
Vaga, gentile e bella, |
|
Che ti possa venir la caccarella. |
|
MEL. |
Oibò! |
PEG. |
Puzza un pochino. |
MEL. |
Oh diavol malandrino! |
PEG. |
I nostri amici, ognun coi versi suoi, |
Si burlano di noi. |
|
MEL. |
Dunque che far dobbiamo? |
PEG. |
Fra di noi concludiamo; |
E senza la raccolta |
|
Sposiamoci una volta. |
|
MEL. |
Ma... vogl'io, |
Per meglio soddisfarmi, |
|
Con qualche idea poetica sposarmi. (parte) |
|
SCENA SESTA |
|
Pegasino solo. |
|
Via, la contenterò: |
|
Qualche idea troverò che buona sia |
|
Per spiegar la poetica pazzia. |
|
Fra cetre e cembali |
|
La sposerò. |
|
Fra pive e gnaccare |
|
L'abbraccierò. |
|
La cornamusa |
|
Non so se s'usa: |
|
M'informerò. |
|
Fra verdi platani, |
|
Sull'erbe tenere, |
|
Fra i cigni amabili |
|
La condurrò; |
|
Fra cetre e cembali |
|
La sposerò. (parte) |
|
SCENA SETTIMA |
|
Armonica e Ser Saccente |
|
SACC. |
Oh, perché mai volete |
Esporvi sulle scene? Non sapete |
|
Quante cose vi vogliono, |
Per aver lode o almen compatimento?
Pensate, pria
d'esporvi a un tal cimento.
ARM. Io ci ho bell'e pensato;
Non vuò la virtù mia resti sepolta.
Vuò produrmi una volta,
E far vedere al mondo
Che, se poco ne so,
non mi confondo.
SACC. Io non so più che dire:
Fate quel che volete.
Ma almen, se v'esponete,
Fatelo con modestia e con giudizio,
Se
non volete andare in precipizio.
ARM. Insegnatemi voi
Com'ho da regolarmi.
SACC. Ma poi vi stancherete di
abbadarmi.
Circa il saper, pazienza!
Basta andar in cadenza qualche volta.
Già, per lo più,
meno ne sa chi ascolta.
ARM. Sin qui siamo d'accordo.
SACC. Nell'azione
Vi vorrei regolata.
Non molto caricata,
Ma natural, composta e disinvolta,
E
movere le mani una alla volta.
ARM. Me ne ricorderò.
SACC. Ma sopratutto
Non siate presontuosa;
Non siate schizzinosa:
Riportatevi a quei che più ne sanno,
Perché il troppo
voler fa poi del danno.
ARM. Basta, signor Saccente,
Io mi riporterò;
Di voi mi fiderò, che siete onesto.
A me preme cantar,
non bado al resto.
SACC. All'occasion, figliuola,
Io mi ricorderò
Di proporvi al teatro certamente,
Giacché senza di me non si fa niente.
Ma ditemi chi siete:
Ditemi il nome vostro,
La vostra condizione,
Quella dei genitori,
E tutto quel che vi può far del bene
Se
occasion di recitar vi viene.
ARM. Armonica è il mio nome,
Ma circa i genitori,
Circa allo stato mio,
Tutto quel vi dirò che dir poss'io.
Son figlia di mio padre,
Ma non si sa di chi. Mi raccontò mia madre, Ch'egli era un gran signor. Io poi son virtuosa; Un tantinin graziosa. Direi che bella sono, Ma mi vergogno un po'. Non sono maliziosa, Ma il fatto mio lo so. (parte)
SCENA OTTAVA
Ser Saccente solo.
Ecco all'itale scene
Una nuova eroina
Che farà da matrona e da regina;
E dopo d'aver fatto
Tai caratteri in scena,
Sarà poi persuasa
Di poter sostenerli ancora in casa.
È cosa che fa ridere i capponi,
Sentir le pretensioni,
Veder le smorfie ed il pavoneggiarsi
Con cui crede la bella immortalarsi.
Finché suona il ritornello, Passeggiando se ne va. E poi canta il viso bello La la la lara la la la. Si bisbiglia nell'udienza, Non s'abbada alla cadenza. Poi si batte da chi ascolta, E si grida: «Un'altra volta». Sia per spasso, sia per chiasso, Vien fastosa a replicar. (parte)
SCENA NONA Melibea, vestita alla guerriera, incontra Ser Saccente, e lo ferma.
MEL. All'armi, all'armi!
Anch'io voglio provarmi
Entro d'un elmo imprigionar il crine,
Come
un tempo faceano l'eroine.
SACC. Altro peso per voi
Amor destina con gli strali suoi. |
|
MEL. |
Quest'abito mi piace; |
Questa spada m'alletta. |
|
Presto all'armi, alle stragi, alla vendetta. |
|
SACC. |
(Ella impazzisce affatto). |
MEL. |
Chi è colui |
Vestito da guerriero? |
|
Esser Gazzetta |
|
Certamente dovrebbe. |
|
All'armi, all'armi! |
|
Voglio seco provarmi. (tira fuori la spada) |
|
SACC. |
Con licenza. (osservando la spada) |
Via, via, vi do licenza; |
|
Pugnate pure col furor conjuncta, |
|
Perché la vostra spada est sine puncta. |
|
SCENA DECIMA |
|
Gazzetta da guerriero, e detti. |
|
MEL. |
All'armi! (correndo verso la scena) |
GAZZ. |
O tu, che porte, |
Che corri sì? |
|
SACC. |
(Tancredi). (da sé) |
MEL. |
E guerra e morte. |
SACC. |
(Da Clorinda risponde). |
GAZZ. |
Guerra e morte averai; io non rifiuto |
Darlati, se la cerchi. (si battono) |
|
SACC. |
Aiuto, aiuto. (parte) |
GAZZ. |
Nostra sventura è ben che qui s'impieghi |
Tanto valor, dove silenzio il copra. |
|
Ma poiché sorte rea vien che ci neghi |
|
E lode e testimon degno dell'opra, |
|
Pregoti (se fra l'armi han luogo i preghi) |
|
Che il tuo nome, il tuo stato a me tu scopra, |
|
Acciocch'io sappia, o vinto, o vincitore, |
|
Chi la mia morte o la vittoria onore. |
|
MEL. |
Indarno chiedi |
Quel ch'ho per uso di non far palese. |
|
Ma, chiunque mi sia, tu innanzi vedi |
|
Un di que' duo che la gran torre accese. |
|
GAZZ. |
Il tuo dir e il tacer al par mi alletta, |
Barbaro discortese, alla vendetta. (Si battono, e Melibea cade) |
|
MEL. |
Amico, hai vinto; io ti perdon, perdona... |
GAZZ. |
In questa forma |
Passa la bella donna, e par che dorma. |
|
Via, datemi la mano. |
|
MEL. |
Oimè! non posso più. |
GAZZ. Via, levatevi su.
MEL. Non voglio più imitare
Le donne guerreggianti,
Ma
l'eroine placide ed amanti.
GAZZ. Sì, mi è passato il caldo:
Più Tancredi non
son, ma son Rinaldo.
MEL. Finita è la disfida:
Più Clorinda non
son, ma son Armida.
GAZZ. Volgi, mia cara, volgi
A me quegli occhi, onde beata bei;
Ché son, se tu nol sai, ritratto vero
Delle bellezze tue gl'incendi miei.
MEL. Sarò, qual più vorrai, scudiero,
o scudo.
GAZZ. Sarò tuo cavalier.
MEL. Non più battaglia:
Vattene, passa
il mar, pugna e travaglia.
GAZZ. Armida mi discaccia?
MEL. Ah, ch'io mi sento
Invasa da furor di gelosia!
Non so dove mi sia.
Povero Orlando!
Ha perduto il cervello,
E l'ho perduto anch'io; ma mi consola
Che, se pazza son io, non sarò sola.
Il cervel m'è andato via: Vuò cercarlo qua e là. Chi l'avesse, me lo dia; Me lo dia per carità. Ehi, signor, il mio cervello. Non lo voglio, non è quello; Siete pazzo più di me. Voi l'avete? Signor sì. Zitto, zitto, eccolo lì. Eh, cercarlo non mi giova; Chi lo perde, non lo trova. Vola, vola, e se ne va; La la la lara la la. (parte)
SCENA UNDICESIMA
Gazzetta solo.
In verità, la cosa
Sempre divien più bella. È questa casa,
In cui venuti siam per allegria,
Il maggior arsenal della pazzia.
Ma questo è un male in uso,
Che per tutto è diffuso:
Chi è pazzo criminoso, e chi giocondo,
E di pazzi diversi è pieno il mondo.
Han tutti i mariti Qualcosa a soffrir; Per tutto le liti Si fanno sentir. La moglie gelosa: Briccone, sfacciato. La donna orgogliosa: Villano spiantato. La savia: imprudente. La pazza: insolente. E tutti i mariti Tormentan così. (parte)
SCENA DODICESIMA
Sala magnifica con scalinata, rappresentante la Reggia di Parnaso colle nove Muse.
Affrodisia, Erideno, Armonica, Pegasino e Gazzetta
CORO Discenda il biondo Nume,
Venga d'Apollo il lume Di questi suoi pastori Gli ardori - a consolar. E finché viene Apollo
PARCTOERODEL { CDoisncelandsauaMceeltirbaeaal,collo,
Febea
- di Febo al par.
CORO Venga, venga Melibea,
Del buon gusto amica dea, Cui le nove allegre Muse Son già use - a venerar.
(A
suono d'allegri strumenti scende Melibea)
MEL. Grazie,
signori miei,
Grazie dei vostri generosi inviti.
Eccomi qui disposta a secondarvi
Nell'amor e nell'armi,
Coll'istorico
stile e i dolci carmi.
ERID. Voi che istorica siete,
Dite se letto avete
Che vi sia stata un'alma più infedele
D'Affrodisia crudele.
Mi deride l'ingrata,
E fa di me strapazzo;
Mi
tratta da ignorante e da ragazzo.
MEL. Caro Erideno mio, la compatisco:
Ella ha molto saper e molta dote.
Se dico il ver, sdegnarvi non vorrei:
Non
siete, figliuol mio, buono per lei.
AFFR. Oh cara Melibea,
Lodo la vostra idea.
Voi ben mi conoscete,
E ciò che mi bisogna
voi sapete.
ERID. Oimè! Voi mi scacciate? (ad
Affrodisia)
AFFR. Non vi dispero ancor. (ad Erideno)
ERID. Mio bene, oh Dio! mi amate?
AFFR. Non vi prometto amor.
a due Un certo non so che
Parmi sentire in me, Che mi tormenta il cor. (partono)
SCENA TREDICESIMA Melibea, Armonica, Pegasino, Gazzetta, poi Ser Saccente
ARM. |
Graziosa Melibea, |
Arcadica, Febea, |
|
A voi mi raccomando. |
|
MEL. |
E che bramate? |
ARM. |
Vorrei, se vi degnate, |
Esser ammessa anch'io, |
|
Siccome ser Saccente mi propose |
|
Nell'Accademia delle Virtuose. |
|
MEL. |
Sì, sì, vi ammetteremo, |
E la nostra patente vi daremo. |
|
PEG. |
Orsù, donna vezzosa |
E mia futura sposa, |
|
Vi ricordate voi di avermi detto: |
|
«Voglio, per soddisfarmi, |
|
Con qualche idea poetica sposarmi»? |
|
MEL. |
È ver, me lo ricordo. |
PEG. |
Ora vedrete |
Cosa per voi farò... |
|
GAZZ. |
Pazzo voi siete. (a Pegasino) |
Il cor di Melibea |
|
Solo prova per me d'amore il caldo: |
|
Ella è Armida amorosa, ed io Rinaldo. |
|
PEG. |
A voi punto non bado: |
Vedrete, Melibea, |
|
Se ho poetica idea, |
|
S'io son fra' vati un inventor valente. |
|
(Spero farà da uomo ser Saccente). (da sé) |
GAZZ.
MEL.
ARM. PEG.
GAZZ.
a quattro
SACC.
MEL.
PEG.
GAZZ.
ARM.
SACC.
MEL. ARM. PEG.
GAZZ.
}
}
Ma io che so la storia
Tutta, tutta a memoria,
Saprò favoleggiar meglio di te.
(Ser Saccente gentil farà per me). (da sé)
Bravi, bravi, bravissimi!
Mi siete ambi carissimi.
Farò con l'uno e l'altro il matrimonio.
Ed io vi servirò di testimonio.
Vieni, vieni, biondo Apollo,
Con l'aurata cetra al collo.
La tua Dea
Melibea
Vieni, vieni a consolar. Vieni, vieni, Dio del giorno,
Coi bei raggi il viso adorno.
Fra i strumenti,
Fra i concenti,
Vieni, vieni a giubilar. Vieni, vieni, biondo Nume,
Col tuo lume, e non tardar. A suono di sinfonia scende Ser Saccente, vestito da Apollo, colla cetra, e con seguito di Poeti inghirlandati, ognuno dei quali porta un istrumento musicale in mano, e due corone
Fidi amanti Che costanti Implorate il mio favor, Già discendo, E v'accendo
Di febeo possente ardor. L'alma ho ripiena
D'alto contento;
a quattro
Ah! che mi sento
Brillare il cor.
Io tocco la cetra;
V'ispiro lo stile.
Del sesso gentile
V'invito a cantar. Dov'è un istrumento? Dov'è un chitarrone? Violino, violone,
Spinetta, violetta,
a quattro
Trombone, trombetta?
Io voglio cantar;
Io voglio suonar.
Non posso più star. Quelli del seguito di Ser Saccente distribuiscono a tutti un istrumento musicale, col quale cantando si accompagnano
SACC. PEG.
GAZZ. TUTTI.
PEG.
MEL.
ARM.
PEG.
GAZZ.
SACC.
PEG.
GAZZ.
MEL.
ARM.
SACC.
GAZZ. PEG.
SACC.
PEG.
GAZZ.
SACC.
MEL.
ARM.
PEG.
GAZZ.
MEL.
ARM.
SACC.
PEG.
GAZZ.
a cinque
} |
a tre
} adue } adue
} adue } adue
} |
a due
} adue
} adue } adue
} atre
} adue
Vivan le donne, Viva il bel sesso Per cui professo Tutto l'amor! Pera chi dice Che non han fede, Chi in lor non crede Sincero il cor.
Vivano i suoni,
Vivano i canti;
Vivan gli amanti,
Viva l'amor. Via, signore,
Per favore
Le corone disponete
Con giustizia, con bontà.
(La corona chi l'avrà?) (ognuna da sé)
(Melibea ne averà una;
E quell'altra mia sarà). (ognuno da sé) Ecco qui doppia corona:
La più bella a te si dona,
Che ben degna è sol di te.
(E quell'altra fia per me).
E quell'altra a chi la date?
Non lo so, - ci penserò.
Eh, signor, non ci pensate;
Lo sapete,
M'intendete:
A chi tocca già si sa. A chi tocca si darà.
Son qua io,
Febo mio.
Ed Armonica l'avrà. (dà la corona ad Armonica)
Mi piace, mi diletta,
Mi dà contento al cor. (accompagnandosi coi loro strumenti)
Flon, flon, la Girometta
M'ha fatto un bell'onor.
Su, su, che cosa avete? Siete di mal umor.
(Convien dissimulare Per ora il batticor). Torniamo in allegria,
Diciamo in compagnia:
Vivano i suoni,
Vivano i canti,
Vivan gli amanti, Viva l'amor. (partono)
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Cortile.
Affrodisia e Ser Saccente
AFFR. Ebben, messer Saccente,
Quando volete voi
Segua
l'union filosofal fra noi?
SACC. Prima che si concluda,
Fa duopo che mi dite a chiare note
Come
voi state di pecunia in dote.
AFFR. Eh,
la filosofia
Deride l'uomo avaro:
Il
filosofo vero odia il denaro.
SACC. Per sostener soltanto
Del matrimonio i pesi,
Dal filosofo ancor pecunia amatur;
Sine pecunia nihil
manducatur.
AFFR. Ma io ricca non son che di
scienza,
E parmi a sufficienza
Esser la dote mia,
Se
piena sono di filosofia.
SACC. Bastar può tal ricchezza
Per bene disputare,
Ma non per manducare.
Se dote non avete,
Filosofessa
mia, salve, salvete.
AFFR. Così mi corbellate?
SACC. Ad amar ritornate
Il povero scolaro.
Da voi medesma l'incostanza imparo.
La femmina incostante È un brutto indicativo. Se l'uom si mostra amante, Vuol far l'imperativo; E se coll'ottativo Si sente supplicar, Procura il subiuntivo All'infinito andar. (parte)
SCENA SECONDA Affrodisia, poi Erideno
AFFR. Ah, mi son ingannata!
Quest'è un filosofastro Che non sa che i principî, e fa da mastro. Ecco Erideno: a lui Torneran le mie fiamme per ragione Di magnetica forza e d'attrazione.
ERID. Ah barbara! ah crudele!...
AFFR. Eccomi a voi;
È passato il fenomeno funesto Che mi fe' delirar. Mi rese cieca Un cristallo convesso di catoptrica; Ora ritorno a voi mediante l'optica.
ERID. Io non vuò esaminar per qual ragione
Siate da me partita; Bastami che ad amarmi ritorniate E che del vostro amor m'assicuriate.
AFFR. Ecco la destra in pegno.
ERID. Ed io l'accetto.
AFFR. Vi giuro eterna fé.
ERID. Fé vi prometto.
AFFR. Provido il sole ancora
Scalda la terra e l'onde, Ma se vapor l'asconde, Più non risplende ancor. Sciolta la densa nube, Scopre il suo vago aspetto; Tale di donna in petto Parte e ritorna amor. (parte)
SCENA TERZA Erideno solo.
Spiacemi il paragone, e non vorrei,
Siccome il sol cambia sovente aspetto,
Affrodisia nel sen cambiasse affetto.
Basta, comunque sia
Il destin che sovrasta all'amor mio,
Affrodisia mi piace,
E soffrirò qualunque pena in pace.
Non s'innamori
Chi non vuol pene:
Un po' di bene
Costa tormenti.
Brevi contenti
Suol dare amor. Io lo comprendo,
Ma però invano:
Vuol da sovrano
Il dio Cupido
Formarsi il nido
Nel nostro cor. (parte)
SCENA QUARTA
Pegasino e Gazzetta
PEG. Ma noi non stiamo ai patti. (irritato)
GAZZ. Ma noi siamo due matti:
Contendiamo fra noi per una donna Che, fra i romanzi e fra le poesie, Ha il cervello ripieno di pazzie.
PEG. Eh, se sarà mia moglie,
Risanarla saprò.
GAZZ. Io sì la guarirò,
Quando sarà mia sposa.
PEG. Poverino!
M'impegno io in due parole Correggerla, ammonirla, Farla lasciare i versi, e convertirla.
GAZZ. Tu non hai tanta forza.
Io solo, io sol potrei Farla aderire alli consigli miei.
PEG. Eccola. In questo punto
Facciam prova di noi chi ha più potere.
GAZZ. A me, per ottener, basta volere.
SCENA QUINTA
Melibea e detti.
MEL. Istorie voglio leggere,
Istorie voglio scrivere, Istorie voglio vendere. Ridete? Signor sì. Istorie voglio vendere,
E voglio dir così: |
|
«L'istoria di Liombruno |
|
E quella di Fiorino, |
|
Bertoldo e Bertoldino», |
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E voglio gridar forte: |
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«Eh, l'istorie di tutte le sorte». |
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PEG. |
(Sentite?) (a Gazzetta) |
GAZZ. |
(Di sanarla |
L'impegno sarà mio). (a Pegasino) |
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PEG. |
(No; questa volta vuò principiar io). (a Gazzetta) |
MEL. |
(Parlano tra di loro. Io giocherei |
Che qualche poesia |
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Van fra loro tessendo in lode mia). |
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PEG. |
(State a veder. Invano |
Io non opero mai). (a Gazzetta) |
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MEL. |
Pastor, dove ten vai? (a Pegasino) |
PEG. |
Zitto, non voglio |
Mi chiamate pastor. Son Pegasino: |
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Se volete esser mia, |
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Avete da lasciar ogni pazzia. |
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MEL. |
Farò come volete. (mortificata) |
PEG. |
(Eh, cosa dite? (piano a Gazzetta) |
Colle donne parlar così conviene). |
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GAZZ. |
(Un tantinin di gelosia mi viene). |
PEG. |
Dite, siete disposta |
A fare a modo mio? (a Melibea, alterato) |
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MEL. |
Quel che vorrete voi, vorrò ancor io. |
PEG. |
Sentite? (a Gazzetta) |
GAZZ. |
Mi consolo. (con ironia) |
PEG. |
Voi dovrete a me solo |
Obbedire, gradire, e tralasciare |
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I poeti, i pastori, |
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Che non hanno a che far niente con noi. |
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MEL. |
Io farò quel che comandate voi. |
PEG. |
Va bene? (a Gazzetta) |
GAZZ. |
(Va malissimo). (da sé, arrabbiato) |
PEG. |
(Vi par che sia cangiata?) |
GAZZ. |
(L'avete bravamente superata). |
MEL. |
Sì, Pegasino mio, |
D'obbedirvi prometto, |
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E vel confermerò con un sonetto. |
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GAZZ. |
Ah? (verso Pegasino) |
PEG. |
Non voglio sonetti, |
Non voglio poesie. |
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MEL. |
Come? che dite? |
PEG. |
A monte le pazzie. |
MEL. |
Oh Muse bestemmiate! |
Oh Elicona schernito! oh Apollo offeso! |
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GAZZ. |
Amico, come va? (a Pegasino) |
9
PEG. |
M'avete inteso? (a Melibea) |
Se avete ad esser mia, |
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Voglio essere obbedito, e lo protesto. |
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MEL. |
In altro, signor sì, ma non in questo. |
GAZZ. |
(Saldi, amico). (a Pegasino) |
PEG. |
Cospetto! |
L'intendo a modo mio. |
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MEL. |
Sapete chi son io? |
Io sono Melibea, |
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Figlia di Melibeo |
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Discendente da Orfeo |
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Che anco le bestie dilettar solea; |
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E se dei versi miei |
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Piacer voi non avete, |
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Delle bestie d'allor più bestia siete. |
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GAZZ. |
(Oh, come è rassegnata!) (a Pegasino) |
PEG. |
Orsù, già vedo |
Che rimedio non c'è. Vi lascio. Addio. |
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Se siete pazza voi, non lo son io. |
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Per poco ho secondato |
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Il vostro umor bizzarro; |
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Ma quando poi mi deggio maritare, |
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Ci voglio pensare, |
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Non voglio impazzir. |
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L'intendo così, |
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Non fate per me; |
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Il male sta qui, |
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Rimedio non c'è. |
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(fa cenno a Gazzetta che Melibea ha il capo offeso) |
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Per spasso si può, |
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Ma sempre poi no. |
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Cantar qualche volta |
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Si puole, gnor sì. |
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Ma sempre così? |
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Andate, |
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Non fate, |
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Signora, per me. (parte) |
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SCENA SESTA |
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Melibea e Gazzetta |
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GAZZ. |
(Anch'io mi proverò. |
Spero che qualche cosa ottenerò). |
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MEL. |
Che dite di quel pazzo? |
Io non curo gli amori o i sdegni suoi, Perché solo, Gazzetta, ardo per voi.
GAZZ. |
Ed io vostro sarò, ma con un patto... |
MEL. |
Sentite: allora quando |
Sarem moglie e marito, |
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Pensar dovremo a proveder la casa. |
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GAZZ. |
(Parmi che di far ben sia persuasa). |
Cosa credete voi |
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Che sia più necessario? |
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MEL. |
Ecco la nota |
Di quel che indispensabile mi pare. |
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GAZZ. |
(Meglio non si può fare). |
Vi sarà biancheria, vestiti, argenti, |
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Tutto quel che volete. |
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MEL. |
Io non vi cerco ciò. |
GAZZ. |
Dunque? |
MEL. |
Leggete. (gli dà un foglio) |
GAZZ. |
Leggiamo questa carta: |
Nota di cose varie, |
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Utili, decorose e necessarie. |
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I Reali di Francia, |
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Don Amadis de Gaula, |
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Cleopatra, il Caloandro, |
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Semiramide, Ciro ed Ernelinda, |
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Gare de' disperati e Rosalinda... |
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Oh che donna economica e prudente! |
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MEL. |
Leggete il rimanente. |
Gilblas e Robinson, |
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Il Rosselli, Marianna, e a mano a mano |
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Tutte le istorie inglesi |
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E spagnole e francesi ed italiane, |
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E ogni Tasso stampato |
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Nel secolo presente e nel passato. |
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GAZZ. |
Oh che moglie di garbo! Ed io vi dico |
Che non vuò più romanzi; |
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Che dovrete curar l'economia |
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E lasciar dei romanzi la pazzia. |
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MEL. |
Possibile, Gazzetta, |
Che voi siate cangiato? |
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GAZZ. |
Io sono illuminato. |
MEL. |
L'istorie abbandonate? |
GAZZ. |
D'istorie non mi curo. |
MEL. |
Gazzetta, dite il ver? |
GAZZ. |
Certo, sicuro. |
MEL. |
Ed io... |
GAZZ. |
Se voi seguite |
A far quel che faceste sin ad ora, |
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Voi non fate per me, bella signora. |
|
MEL. |
Ma voi pur vi fingeste don Chisciotte |
E Rinaldo e Tancredi... |
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GAZZ. |
È vero, è vero; |
Ma fu un divertimento. |
Altre cure, altre voglie |
|
Conviene aver quando si prende moglie. |
|
MEL. |
Quand'è così, Gazzetta, |
Di fare a modo vostro ognor m'impegno. |
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GAZZ. |
(D'averla ora mi par tirata a segno). |
Amabile e vezzosa, |
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Dolce mia cara sposa, |
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Che bel goder contenti! |
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Che fortunato amor! |
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MEL. |
Bell'amorin grazioso |
Amabile e vezzoso, |
|
Che bell'amar contenti! |
|
Che fortunato ardor! |
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GAZZ. |
Sarai mia dolce sposa? |
MEL. |
Per te sarò amorosa. |
a due |
Lieto sarà il mio cor. |
GAZZ. |
Quando sposa tu sarai, |
Mio tesoro, che farai? |
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MEL. |
Lo vedrai, sentirai |
Che bei versi ti farò. |
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GAZZ. |
Come! versi? Oh questo no. |
MEL. |
Senti, senti un'istoriella. |
GAZZ. |
Non l'ascolto. |
MEL. |
Bella, bella... |
GAZZ. |
Non m'importa... |
MEL. |
Corta, corta. |
GAZZ. |
Che pazienza! Dilla su. |
MEL. |
Una sola, e poi non più. |
Vi era un re e una regina, |
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Che faceva in una tina |
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Una cosa da non dir. |
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E così quella regina... |
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GAZZ. |
Ma via, presto... |
MEL. |
Nella tina |
Era tanto bella, bella, |
|
Che pareva chiara stella. |
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E così... |
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GAZZ. |
E così, quand'è finita? |
MEL. |
La regina s'è invaghita... |
D'un villan s'è innamorata. |
|
E così... |
|
GAZZ. |
E così? |
MEL. |
Fu trasformata |
Da una strega in un gattino. |
|
GAZZ. |
Basta, basta... |
MEL. |
Or viene il buono. |
E così... |
|
GAZZ. |
Già stanco sono, |
Non ne voglio sentir più. |
MEL. |
Anco questa, e poi non più. |
La gattina se n'andò... |
|
E così... |
|
GAZZ. |
E così? |
MEL. |
Il villano ritrovò. |
Il villano e la regina, |
|
E la strega e la gattina, |
|
E così... |
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GAZZ. |
Non posso più. |
MEL. |
Anco questa, e poi non più. (partono) |
SCENA ULTIMA
Ritorna la sala rappresentante la Reggia di Parnaso.
Tutti compariscono successivamente.
Affrodisia ed Erideno
Allegri, contenti, Già sposi noi siamo. Lo studio lasciamo In grazia d'amor.
SACC. Io mi rallegro,
Sposi garbati, Lieti e beati Vi renda amor.
ARM. Do, re, mi, fa.
Evviva gli sposi! Fa, mi, re, do. Evviva l'amor!
Melibea, Pegasino e Gazzetta
All'andar, all'andar, all'andar, Non mi voglio maritar. Libertà, libertà, libertà, Più contento al cor mi dà.
Affrodisia ed Erideno
Col mio bene me n'andrò, E godrò Tutto il ben che amor mi dà.
Armonica e Ser Saccente
Col maestro la scolara S'unirà, partirà, Canterà La, do, re, mi, fa, sol, la.
Melibea, Pegasino e Gazzetta
Libertà, libertà.
Me ne vado alla città.
Chi vuol studio, studierà;
Chi vuol gioco, giocherà;
Chi vuol rider, riderà.
Questo mondo
Tondo tondo
Ciaschedun si goderà.
MEL. Ancor io mi sposerei,
Ma son due gli amanti miei. Se nessuno sposerò, Tutti due contenterò.
TUTTI
Tutti dunque in compagnia, In allegria, Diciamo su: Che ridicole pretese, Che ridicola virtù!
Fine del Dramma.