L’equipage au complet

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L’EQUIPAGE AU COMPLET

Posto generale di abbandono nave

Azione drammatica in 15 quadri

di ROBERT MALLET

Traduzione di Luciana Driussi

PERSONAGGI

PRIMO MARINAIO

SECONDO MARINAIO

IL SOTTUFFICIALE DI GUARDIA

L’UFFICIALE INTERPRETE

IL PRIMO PRIGIONIERO ITALIANO

IL SECONDO PRIGIONIERO ITALIANO

IL COMANDANTE

IL COMANDANTE IN 2°

IL MAGGIORE MEDICO

L’INFERMIERE

IL PASTORE


Nella rada di Alessandria, nel 1941, interno di una corazzata visto di sezione. La scena è divisa in tre parti. Quella di mezzo è la più piccola e rappresenta un corridoio dove sbocca una scaletta molto ripida. Quelle uh la inquadrano, di uguali dimensioni, comunicano col corridoio per mezzo di porte laterali: sono dei depositi munizioni. Solo la parte dove si svolgerà l'anione sarà illuminata. Mano a mano che si svolgerà l'anione, il cambiamento dei vari quadri sarà indicato dalla luce che si farà nell'ambiente.

Quando si alza il sipario la scena a sinistra è illuminata.

Si vedono due marinai che spostano delle casse.

 Il primo Marinaio                     - Che idea balorda farci spo­stare delle casse in piena notte! Il secondo Marinaio (guardando l'orologio) Alle due del mattino! Devono avere una bella fretta.

Il primo Marinaio                      - Almeno si sapesse perché ci si deve ammazzare di fatica.

Il secondo Marinaio                  - E che non hai ancora preso l'abitudine di fare le cose senza sapere per­ché le fai?

Il primo Marinaio                      - No! Pensa che ancora non l'ho imparato!

Il secondo Marinaio                  - Allora dovresti cambiar mestiere.

Il primo Marinaio                      - Parliamone un po' di que­sto mestiere... Io, mi sono arruolato in Marina per viaggiare, per fare dello sport. Risultato: sono su di una corazzata, vale a dire in fabbrica. E poi una fabbrica che non si muove. Costa troppo farla cir­colare.

Il secondo Marinaio                  - E le manovre?

Il primo Marinaio                      - Ah, sì! Una volta l'anno le manovre! Lavoro a catena e ore di straordinario. Non sei più su di una corazzata ma in galera. E il mare non hai il tempo di vederlo. Viene la guerra e penso: bene, si cambia aria. Ci si muove. Morale, I lascia un porto per fossilizzarsi in un altro. (Smette di lavorare) E in questo non ti permet­tono nemmeno di andare a terra quando vuoi. Sei consegnato a bordo tutta la settimana. Le spie ii qui, le spie di là. Poi, quando esci, non puoi nemmeno andartene a zonzo da solo. Hanno paura per la tua pelle. Tengono a te, capisci? Come spasso hai tre bettole. Manco quattro. Nelle altre dove ci si divertirebbe non ti ci vogliono vedere. E in quelle dove ti autorizzano ad andare, ci ritrovi tutta la flotta. Ti par d'essere su di una corazzata. E in quanto alle ragazze, ti puoi mettere la cintura di castità. Ah, se questa è la guerra, vecchio mio, io preferisco la pace.

Il secondo Marinaio                  - Non sprecar fiato. Pensa a sgobbare. E poi non ti far venir la bile: le cose stanno per cambiare. Da ieri hanno messo in moto le macchine. Ma io non sono come te! Io penso: è sempre tanto di guadagnato (I due uomini smettono di lavorare).

Il primo Marinaio                      - Tu hai fatto una fesseria a sposarti. Un marinaio deve rimanere scapolo e niente figli.

Il secondo Marinaio                  - A bordo, siamo in tre­cento come me.

Il primo Marinaio                      - Sì, trecento. Ma è colpa dei capi. A forza di farci ammuffire nei porti, ci tra­sformano in impiegati.

Il secondo Marinaio                  - Dai, aiutami a sollevare questa cassa.

I due Marinai                            - (insieme) Ohi! Issa! Ohi! Issa! (Posano una cassa sopra l'altra e ricominciano la medesima operazione).

II primo Marinaio                     - Che peso!

Il secondo Marinaio                  - Non sbuffare. Così fai un po' di sport. Non ti parrà più di essere un im­piegato.

Il primo Marinaio                      - Se penso a tutti questi con­fetti che ancora non sono serviti a niente, mi fa una rabbia! C'è di che demolire una flotta.

Il secondo Marinaio                  - Eh! un momento di pa­zienza! Te lo dico io: qui non dura. C'è movi­mento in giro. Ma che non te ne accorgi?

Il primo Marinaio                      - Già, tu vorresti che io non me ne fossi accorto. Invece è vero, qui le acque si smuovono. Mi vien l'idea che si vada a fare un giro al largo, per vedere gli altri in faccia.

Il secondo Marinaio                  - Pare che gli italiani vor­rebbero impedire alla squadra di uscire in mare.

Il primo Marinaio                      - E' il loro gioco! Ma falli venire. Li riceveremo noi!

Il secondo Marinaio                  - Stanotte hai sentito niente?

Il primo Marinaio                      - Sì, due o tre raffiche di mitragliera.

Il secondo Marinaio -               Erano i nostri, credo.

Il primo Marinaio           - Sì, sparavano da poppa.

Il secondo Marinaio -               Su che?

Il primo Marinaio                      - Oh! Come al solito una sentinella che ha scambiato un pescecane per un sommergibile! (Ride).

Il secondo Marinaio                  - Tutti i proiettori del porto erano accesi.

Il primo Marinaio                      - Io non ho visto niente. Ero in officina.

Il secondo Marinaio                  - Sai che i proiettori si adoperano solo in caso di allarme. Non si agevo­lano le ricognizioni in porto dell'aviazione per delle fesserie.

Il primo Marinaio                      - Beh! Tanto meglio! Qui le cose si fanno serie. Io, vecchio mio, sono fatto per il tiro a segno, non per sistemare le casse. (I due uomini lavorano un momento in silenzio) Dammi una mano. Questa è l'ultima.

Il secondo Marinaio                  - (apprestandosi a sollevare una cassa) Sei pronto?

Il primo Marinaio                      - Sì.

I due Marinai                            - (insieme) Dai! Oh!...

II primo Marinaio                     - (asciugandosi la fronte) Così basta. Di posto ne avranno abbastanza. Non organizzeranno mica un ballo qua.

Il secondo Marinaio                  - Non c'è che aspettare. (I due marinai si siedono l'uno accanto all'altro su di una cassa e rimangono un momento in silenzio) Hai la famiglia o degli amici a Londra?

Il primo Marinaio                      - Gli amici.

Il secondo Marinaio                  - Come se la passano ma­le! Stanno sempre in cantina.

Il primo Marinaio                      - Sì, e noi siamo qua, disgra­ziati, ad aspettare che finisca senza di noi. Te la immagini la figura che faremo al nostro ritorno. Io già me l'immagino la musica. « Gli eroi di Ales­sandria. Quelli che hanno fatto la guerra senza sciuparsi la piega dei calzoni. I ragazzi che puli­scono le corazzate   - (con un movimento di rabbia) e spostano le casse ».

Il secondo Marinaio                  - Eh, cambia disco! Poi non si fa quello che si vuole. Si obbedisce agli or­dini. Se siamo qua, vuol dire che serve, non bisogna discutere. Ci sono dei motivi che non conosciamo.

Il primo Marinaio                      - Parli come il sottufficiale che ci ordina il silenzio.

Il secondo Marinaio                  - Io dico quello che penso.

Il primo Marinaio                      - Già. Solo che tu non puoi pensare come me. Tu sei sposato. Per forza prefe­risci non rischiare la pelle!

Il secondo Marinaio                  - Ma figurati! La pelle! Io sono capace di darla quanto te. Sposati o non sposati, siamo prima di tutto marinai.

Il primo Marinaio                      - E lascia perdere. Smettila di fare il sentimentale.

Il secondo Marinaio                  - E tu? Ma vuoi proprio farmi credere che te ne freghi di rivedere la ra­gazza? Ma va là che la pensi come me.

Il primo Marinaio                      - (con una certa solennità, an­dando in su e in giù per il locale) No. Solo che non ho responsabilità. Sono quelle che ti svuo­tano un uomo. Amo una donna, d'accordo; ma­gari due, ma senza impegni. Se mi rompo l'osso del collo, tanto peggio per loro. (Il secondo mari­naio non reagisce; è pensoso. Il primo marinaio si risiede su di una cassa) Io, le responsabilità pro­prio non le voglio. E' per quello che un graduato non lo sarò mai. Tu diventerai sottufficiale, com'è vero che sei padre di famiglia.

Il secondo Marinaio                  - Beh! Rassicurati, che se io ci divento, imparerai a sgobbare! Te ne farò portare di casse! Però senza responsabilità.

Il primo Marinaio                      - E smettila!... Io se proprio  lo vuoi sapere... (Entra un sottufficiale. I marinai si alzano).

Sottufficiale                              - Siamo pronti?

 I due Marinai                           - (insieme) Sì, capo.

Il Sottufficiale                          - C'è poco posto, ma lo faremo bastare.

Il primo Marinaio                      - Che ci dobbiamo mettere?!

Il Sottufficiale                          - Aspetta e vedrai.

Il primo Marinaio                      - Possiamo andare, capo?

Il Sottufficiale                          - No. (Dà una pistola a ciascuno dei marinai) State qua e prendete queste.

Il primo Marinaio                      - Per farne cosa, capo?

Il Sottufficiale                          -  Il comandante ve lo spiegherà. (I tre si mettono sull'attenti perché sta venendo un ufficiale seguito da due uomini ricoperti da una tuta lucida e gommosa. Uno di questi uomini zoppica e l'altro ha la testa fasciata).

L’Interprete                              - (che è l'ufficiale non armato) comandante ha ordinato di aiutarli a togliersi lo scafandro, perquisirli e portare loro delle coperte,! Gli scafandri vanno portati immediatamente Servizio Informazioni. (Al primo marinaio) Vai a prendere due sedie. (I marinai obbediscono di malavoglia. Il primo esce; il secondo aiuta mala­mente il prigioniero che zoppica a spogliarsi. Il prigioniero ha una espressione di sofferenza sul volto. L'interprete al marinaio) Stai più attento. Non vedi che è ferito? II comandante vuole che siano trattati con riguardo.

Il secondo Marinaio                  - Sissignore. (I  suoi gesti adesso sono pieni dì riguardo. L'operazione sì svol­ge in silenzio. Si sente solo il fruscio che fanno le mani sugli scafandri gommati e lo scalpiccio degli uomini che eseguono. Il primo marinaio ritorna portando due sedie. Il sottufficiale e il primo mari­naio hanno finito di spogliare i prigionieri. Essi sono ricoperti di una tuta aderente di colore gri­giastro che li riveste dalla testa ai piedi. La tuta Idi uomo, che zoppica è macchiata dì sangue sulla coscia e nella piega dell'inguine. Il primo mari­naio esce con gli scafandri).

L’Interprete                              - (al sottufficiale) Perquisiscili; as­sicurati che non abbiano tasche. (Il sottufficiale 'esegue. Oscuramento della scena per brevi attimi: alla riaccensione delle luci entra il comandante se­guito dai comandante in seconda).

Il Comandante                          - (all'interprete) Tell them tosit down.

L’Interprete                              - Sedetevi. (L'uomo ferito all'anca sì siede, l'altro rimane in piedi. Il comandante con aria di comando gli indica la sedia rimasta libera. Il prigioniero si contenta di fare un cenno di di­niego con la testa).

Il Comandante                          - (un po' impazientito, dopo aver iato uno sguardo al suo orologio, si rivolge all'interprete) Ask them if they insist upon not talking.

L’Interprete                - Non volete proprio parlare? (I  due prigionieri non fatano).

Il Comandante            - (all'interprete) Then, now, they are even tightening their teeth? (L'interprete fa un gesto come per dire che non ci può far niente) Teli them they are wrong: they have every- thing to lose by not talking, but everything to gain if they do.

L’Interprete                              - Avete torto. Tacendo avete tut­to da perdere, e tutto da guadagnare se parlate. (I  due uomini rimangono in silenzio).

Il Comandante                          - Tell them we are now in the magatine and that they will spent the whole night down here.

L’Interprete                              - Qui siete nella Santa Barbara. Ci passerete il resto della notte. (I  due uomini non reagiscono).

Il Comandante                          - (alzando la voce) Teli them we will not give in!

L’Interprete                              - Non molleremo.

Il primo Prigioniero                  - (quello fasciato) Noi nemmeno.

Il Comandante                          - (rapidamente, prima che l'uffi­ciale interprete abbia il tempo di tradurre) What?

L’Interprete                              - Neither us.

Il Comandante                          - I did understand! (Il secondo marinaio ritorna con due coperte. Il comandante fa cenno di darle ai prigionieri. Quello fasciato le prende e copre il suo compagno) Tell them see them in a minute, that I want to give them time to think it over.

L’Interprete                              - Il comandante vi rivedrà fra poco. Vi lascia il tempo di riflettere. (I  prigionieri rimangono impassibili. Il comandante e l'interprete si ritirano nell'altro deposito. Il sottufficiale rimane nel corridoio per essere in contatto con il coman­dante. I due marinai rimangono con i prigionieri; In piedi, e lontani l'uno dall'altro, sono silenziosi. Si avvicinano a poco a poco, senza parlarsi, poi si ritirano nell'angolo del locale pia lontano dai prigionieri. Fissano i prigionieri e macchinalmente manipolano le loro pistole.. Oscuramento della scena per brevi attimi: alla riaccensione delle luci ì prigionieri rimangono in ombra, proiettore sui marinai inglesi).

Il primo Marinaio                      - (a voce bassissima) Sono italiani?

Il secondo Marinaio                  - (sullo stesso tono) Pare di si.

Il primo Marinaio                      - Alquanto malandati!

Il secondo Marinaio                  - Sì. (Pausa) Non hai sonno, tu?

Il primo Marinaio                      - Sì. Penso che fra poco ci daranno il cambio.

Il secondo Marinaio                  - Sarebbe anche ora! (Nuova pausa).

Il primo Marinaio                      - E' contro di loro che spa­ravano poco fa.

Il secondo Marinaio                  - Penso di sì. (Pausa) Ma che tu lo sai dov'è la flotta italiana?

Il primo Marinaio                      - No. E tu?

Il secondo Marinaio                  - Io nemmeno. (Pausa).

Il primo Marinaio                      - (indicando i prigionieri) Avranno perso l'orientamento. (Il secondo marinato alza le spalle. Il sottufficiale si affaccia alla porta. I marinai si fanno più composti) Che ora è, capo?

Il Sottufficiale                          -  Non hai bisogno di saperlo. (La testa del sottufficiale scompare).

Il Sottufficiale                          -  (a bassa voce) Appena si ritrovano un gallone sulla manica, si danno certe arie! (Pausa).

Il secondo Marinaio                  - (sbadigliando) E dire che io ho un sonno!

Il primo Marinaio                      - Io invece sono sotto pres­sione. Ma lo sai che tutto questo non è normale? Ti pare?

Il secondo Marinaio                  - Sì, non è normale. (Pau­sa. Indicando i prigionieri) Per loro la guerra è finita.

Il primo Marinaio                      - Non si può dire che sia stata lunga.

Il secondo Marinaio                  - Ma sono feriti. (Pausa).

Il primo Marinaio                      - Chissà perché ce li hanno portati qua. Può essere che il capo lo sappia... (Va verso il corridoio, ma ritorna sui suoi passi) Poi mi rimanda a quel paese! (Pausa. Si riaffaccia il sottufficiale. I due marinai si fanno più composti).

Il Sottufficiale                          -  Nulla di sospetto?

Il secondo Marinaio                  - No, capo.

Il Sottufficiale                          -  Non perdeteli d'occhio.

Il secondo Marinaio                  - Sì, capo.

Il primo Marinaio                      - (appena ti sottufficiale è scomparso) Che scocciatore! (Il secondo ma­rinaio sbadiglia senza rispondere. I due uomini riprendono la loro guardia. Il prigioniero meno gravemente ferito prova a distendere la gamba del compagno su di una cassa. Il primo marinaio è preoccupato) Che fa?

Il secondo Marinaio                  - Non lo vedi? (Il primo marinaio aiuta il prigioniero valido a spostare una cassa).

Il Sottufficiale                          - (preoccupato per il rumore, entra nel deposito e con occhio sospettoso guarda i prigionieri e il primo marinaio che non l'ha visto) Bradley!

Il primo Marinaio                      - (voltandosi bruscamente) Capo?

Il Sottufficiale                          -  Hai avuto istruzioni?

Il primo Marinaio                      - No, capo. Ma credevo...

Il Sottufficiale                          -  Fai quello che ti si dice. E basta. Sei qui di guardia e nient'altro.

Il primo Marinaio                      - D'accordo, capo.

Il Sottufficiale                          -  Se ci sono iniziative da pren­dere, chiamami. (Ritorna nel corridoio di batteria),

Il primo Marinaio                      - (al secondo marinaio) Iniziative! Sta a vedere che si crede il comandante!

Il secondo Marinaio                  - (indicando il prigioniero ferito al fianco) Gli deve far male. (La luce sì spegne).

Nel deposito di destra che è stato illuminato

Il Comandante in seconda        - Ho fatto il neces­sario perché uno degli scafandri sia esaminato sul luogo. L'altro sarà spedito per aereo a Londra.

Il Comandante                          - Si è assicurato che li abbiano portati immediatamente a terra?

Il Comandante in seconda        - Sì, comandante.

Il Comandante                          - Bene, la rada è tranquilla?

Il Comandante in seconda        - Come al solito. Nessuna minaccia apparente di attacco. Ma l'am­miraglio ha fatto mettere in stato di allarme tutte le batterie costiere. Qui c'è un suo ordine, appena arrivato.

Il Comandante                          - (leggendo il messaggio) « Trasmettete per radio tutte le informazioni otte­nute dai prigionieri». (Alzando le spalle) Come se fosse una cosa facile da ottenere. Non pensano che i prigionieri possono anche tacere! Vogliono i prigionieri modello!

L’Interprete                              - E i nostri son modello, ma non del genere auspicato dall'Ammiragliato.

Il Comandante                          - Hanno la testa dura.

Il Comandante in seconda        - Sono coraggiosi,

Il Comandante                          - O furbi.

L’Interprete                              - Crede che non siano riusciti a deporre il loro ordigno e che vorrebbero farci cre­dere il contrario?

Il Comandante                          - E' una supposizione. In ogni modo cercano di demoralizzarci.

L’Interprete                              - Lei fa altrettanto.

Il Comandante                          - Non ho scelta. (Silenzio). pare che lei non approvi la mia decisione!

L’Interprete                              - Non trovo che sia... (Cercando  la parola adatta).

Il Comandante                          - «Regolamentare», su, me lo dica.

L’Interprete                              - Infatti. Non si può dire che sia conforme...

Il Comandante                          - (interrompendolo) Al rego­lamento? Ma io lo mando al diavolo! Ma l'ha previsto il regolamento questa maniera di fare la guerra? Gli italiani inventano un tipo d'attacco, io invento un tipo d'interrogatorio.

Il Comandante in seconda        - E' un sistema d'inchiesta che vale quanto un altro.

Il Comandante                          - Io lo preferisco al terzo grado dei poliziotti, o alle torture dei servizi di contro­spionaggio.

L’Interprete                              - Non sono spie, comandante.

Il Comandante                          - Infatti, li tratto da combat­tenti. E quello che rischiano loro, lo rischiamo an­che noi, non lo dimentichiamo.

L’Interprete                              - Non lo dimentico. (Pausa) Ma loro soli sanno se c'è un rischio.

Il Comandante                          - Se ci fosse, sarebbero così calmi?

Il Comandante in seconda        - Non si può ri­spondere a questa domanda.

Il Comandante                          - (al comandante in seconda) Lei cosa avrebbe fatto al posto mio?

Il Comandante in seconda        - Quello che ha fatto lei.

L’Interprete                              - Rimarranno calmi anche se la nave deve esplodere. Degli uomini che si sono buttati in una avventura simile, hanno accettato a priori di sacrificare la vita. Per loro questa è una dilazione che non speravano. Non è che un po' di tempo supplementare concesso dal caso. Hanno previsto la morte, e sono preparati. Perché non sarebbero calmi, attendendola?

Il Comandante                          - Non sono del suo parere. Han­no creduto di morire durante o dopo l'operazione. i Ora sono salvi, le loro previsioni erano sbagliate. Hanno di nuovo la possibilità di vivere. Questa ; eventualità su cui non contavano, permetterà loro i di riflettere. Possono anche avere dei dubbi, paura.

L’Interprete                              - La paura fa parlare solo i... pau­rosi. Detto fra di noi, comandante, non ha paura anche lei di saltare per aria?

Il Comandante                          - E' un problema che non mi pongo.

L’Interprete                              - Ma se se lo ponesse?

Il Comandante                          - Non ci farei caso. Non ho il tempo di pensare a me stesso.

L’Interprete                              - Ebbene! I nostri prigionieri han­no dovuto decidere una volta per tutte che non avevano tempo di porsi dei problemi.

Il Comandante                          - Allora lei vuol giocare per­dente?

L’Interprete                              - Io non devo giocare. Sono gli altri che giocano al posto mio. Io traduco per gli altri, ma penso per conto mio.

Il Comandante                          - Si può sapere cosa pensa?

L’Interprete                              - Che senza dubbio, comandante, lei ha ragione a voler forzare il destino, e fare dì tutto perché parlino.

Il Comandante                          - Lei ritiene che possano ancora decidersi a parlare?

L’Interprete                              - Perché no?

Il Comandante in seconda        - Adesso comince­ranno a capire che saranno i primi a saltare.

L’Interprete                              - I primi con noi. Può anche es­sere una consolazione. I topi sono in trappola, ma con chi li ha presi.

Il Comandante in seconda        - Aspettiamo an­cora un poco.

Il Comandante                          - (guardando l'orologio) Sì, ma non troppo.

L’Interprete                              - Non so se farli sorvegliare sia la mossa giusta. Diffideranno. Non parleranno tra di loro. Bisogna che possano parlarsi, da soli. Se no, ognuno di loro si irrigidirà nel suo rifiuto. For­se consigliandosi tra di loro si perderanno d'animo.

Il Comandante                          - Potrebbe accadere anche il contrario. L'isolamento morale abbatte, ed è pro­prio a questo che io li condanno facendoli sorve­gliare continuamente. In due c'è l'emulazione, non si vuole essere meno forte, meno coraggioso dell'altro. (Un silenzio) Può anche essere che in due si cambi più facilmente parere. (Al sottufficiale nel corridoio) Fai entrare il prigioniero che non zop­pica. (I tre ufficiali in piedi attendono. Il coman­dante, impazientito, s'affaccia nel corridoio).

Voce del Sottufficiale              - Dice che non vuol venire.

Il Comandante                          - Come? E che dice?

Voce del Sottufficiale              - Non capisco.

Il Comandante                          - (all'interprete) Ci pensi lei! (L'interprete esce).

Il Comandante in seconda        - Credo che Field abbia ragione: bisognerà lasciarli soli.

Il Comandante                          - Sì, ma diffidiamo, potrebbero anche uccidersi. Li faccia spogliare della tuta e sia presente. Una capsula di cianuro si nasconde facil­mente. Li faccia vestire con le divise dei marinai.

Il Comandante in seconda        - Sì, comandante.

Il Comandante                          - E con i maglioni di lana. (Il comandante in seconda sta per uscire. Il coman­dante lo trattiene con un gesto) Senta, Clark. Lei pensa che un solo siluro possa distruggere la co­razzata?

Il Comandante in seconda        - Penso che possa sfondare la prua e provocare un allagamento che affondi il bastimento in pochi minuti.

Il Comandante                          - Io la penso come lei. Questa poi è la migliore delle ipotesi. Ci sono anche le altre; il siluro non è uno solo, oppure è caricato con esplosivi nuovi che polverizzano intere ton­nellate d'acciaio. In questo caso, lo sbarco dell'equi­paggio diventa impossibile.

Il Comandante in seconda        - Quindi bisogna prevedere tutto.

Il Comandante                          - In questo momento, non vo­glio pensare al peggio.

Il Comandante in seconda        - Ma il peggio può venire molto presto.

Il Comandante                          - Lo so, Clark. Anche le mie decisioni possono cambiar presto.

Il Comandante in seconda        - E' una corsa a cronometro, non sappiamo però quando è stato dato il segnale di partenza. (Gesto fatalista del co­mandante. Ricompare l'interprete).

Il Comandante                          - Allora?

L’Interprete                              - Dicono che è inutile interrogarli ancora, non hanno nulla da aggiungere.

Il Comandante                          - (al comandante in seconda) Chiami uno dei marinai che hanno montato la guardia ai prigionieri. (Il comandante in seconda introduce il primo marinaio) Hanno parlato da­vanti a voi?

Il primo Marinaio                      - No, comandante, non una parola.

Il Comandante                          - Bene. (Al comandante in se­conda) Esegua i miei ordini e trasferisca i due uo­mini nel corridoio. (Il secondo esce col primo mari­naio, Il comandante, all'interprete) Come li ha trovati?

L’Interprete                              - Molto calmi, seduti uno accanto all'altro.

Il Comandante                          - Arroganti?

L’Interprete                              - No. Semplicemente risoluti.

Il Comandante                          - Le pare che soffrano per le ferite?

L’Interprete                              - Credo di sì, ma non danno que­sta impressione. Sono uomini. Proprio il medico...

Il Comandante                          - Diceva... il medico?

L’Interprete                              - Il medico è qua. Chiede di ve­derla.

Il Comandante                          - Che vuole?

L’Interprete                              - Non me l'ha detto. Ma non è difficile da immaginarsi.

Il Comandante                          - (di cattivo umore) Eh, già. Lo faccia entrare e vada dai prigionieri. (Entra il medico).

Il Maggiore Medico                  - Comandante, sono ve­nuto per parlarle dei feriti.

Il Comandante                          - Non ne dubito, dottore, e al­lora?

Il Maggiore Medico                  - Me li ha fatti visitare dopo la cattura. Ma non mi ha chiesto un rapporto.

Il Comandante                          - Non siamo in fase ammini­strativa. Il tempo incalza. Farà il suo rapporto domani, ma se c'è qualcosa da dirmi adesso, l'ascolto,

Il Maggiore Medico                  - Uno dei prigionieri è ferito alla testa. Non è grave, una ferita superfi­ciale del cuoio capelluto. Ma l'altro, è grave: si tratta di uno sventramento. Si può temere una emorragia interna se non lo si cura con urgenza,

Il Comandante                          - Lo ha fatto medicare?

Il Maggiore Medico                  - Sì, ma avrei dovuto curare la ferita. Non ne ho avuto il tempo.

Il Comandante                          - Non se la prenda con me, dottore. Piuttosto con quell'uomo che rifiuta di rispondere alle domande che gli faccio.

Il Maggiore Medico                  - Non sono considera­zioni che mi riguardano.

Il Comandante                          - Io ci sono costretto.

Il Maggiore Medico                  - Un solo prigioniero non le basta per gli interrogatori?

Il Comandante                          - Sono stati in due ad attac­care la mia nave e in due saranno interrogati.

Il Maggiore Medico                  - L'altro, potrà interro­garlo domani, all'ospedale.

Il Comandante                          - (ironico) Sì, quando l'ospe­dale sarà pieno di marinai inglesi.

Il Maggiore Medico                  - Io non capisco...

Il Comandante                          - Ecco quello che le rimprovero, dottore! Parlare senza sapere le condizioni in cui si svolge questo interrogatorio.

Il Maggiore Medico                  - Non le devo conoscerei Per me esiste solo il mio più elementare dovere

Il Comandante                          - Ce n'è un altro, per lei, quel sta notte, dottore: obbedirmi senza domandare giustificazioni: non si trova in ambulatorio, mai bordo di una corazzata.

Il Maggiore Medico                  - Comandante!

Il Comandante                          - Può essere curato qua?

Il Maggiore Medico                  - No.

Il Comandante                          - Quanto potrà durare l'operazione?

Il Maggiore Medico                  - Un'ora.

Il Comandante                          - Impossibile.

Il Maggiore Medico                  - Allora non posso più rispondere della vita di quest'uomo.

Il Comandante                          - Non le ho domandato di ri­sponderne.

Il Maggiore Medico                  - L'ordine che ho ricevuto, comandante, non viene da lei.

Il Comandante                          - Ma quello che le dò è nell'interesse della mia nave e del mio equipaggio, di cui lei fa parte, dottore, non lo dimentichi.

Il Maggiore Medico                  - Comandante, ognuna delle sue parole me lo ricorda. Ma non può impe­dirmi di dire quello che penso. Bisogna che lei mi ascolti prima di prendere le sue decisioni. Lei è al centro dell'azione, ma è sempre più importante agire che informarsi dell'opinione di chi non vuole agire come lei. Forse non ha avuto il tempo di sop­pesare il prò e il contro.

Il Comandante                          - Ho avuto poco tempo, infatti, ma sufficiente per decidere che la bilancia pesereb­be da un lato piuttosto che dall'altro.

Il Maggiore Medico                  - Mi lasci almeno fare un'iniezione al ferito.

Il Comandante                          - A che scopo?

Il Maggiore Medico                  - Perché soffra meno.

Il Comandante                          - Non posso autorizzarla.

Il Maggiore Medico                  - Non teme di abusare dei suoi diritti, comandante?

Il Comandante                          - Non ho il diritto di perdere una sola occasione di farlo parlare.

Il Maggiore Medico                  - E crede che la sofferenza lo renderà più loquace?

Il Comandante                          - Posso anche pensarlo. Forse vorrà soffrire di meno. Quando sarà persuaso che non lo cureremo fino a quando non avrà parlato, cambierà atteggiamento.

Il Maggiore Medico                  - A meno che non taccia per sempre.

Il Comandante                          - Dottore, ha pensato alle mille­duecento vite di cui sono responsabile?

Il Maggiore Medico                  - Penso alle milleduecento vite di cui adesso lei ha la responsabilità. La sof­ferenza non farà parlare questo prigioniero, lei lo sa bene. Se avesse voluto svelare il suo segreto, l'avrebbe già fatto.

Il Comandante                          - Mi permetta di non condivi­dere la sua opinione.

Il Maggiore Medico                  - Va bene. Quando sarà svenuto, mi faccia, chiamare. Farò del mio meglio per rianimarlo, perché possa riaprire la bocca.

Il Comandante                          - Maggiore, lei finge di non capire.

Il Maggiore Medico                  - La capisco, comandante, ma non posso seguirla. Obbedisco;... non mi do­mandi altro!

Il Comandante                          - Vada pure. (Il maggiore me­dico è già sulla soglia della porta) Si consideri a mia disposizione con i suoi infermieri.

Il Maggiore Medico                  - Sì, comandante. (Saluta ed esce).

Il Comandante                          - (chiamando nel corridoio) Primo-aiutante: si occupi del prigioniero ferito al ventre e lo faccia distendere su una coperta.

Il Sottufficiale                          -  Sì, comandante. (Entra il comandante in seconda).

Il Comandante in seconda        - Comandante, i suoi ordini sono stati eseguiti.

Il Comandante                          - Bene. (Guardando l'orologio) Sono a bordo da trentacinque minuti. Una spoletta a orologeria deve in linea di massima lasciare il tempo a chi l'ha deposta di prendere il largo. Trentacinque minuti. E' già passato molto tempo. Ma... è parlare a vuoto... Non hanno protestato quando li avete spogliati ed esaminati a fondo?

Il Comandante in seconda        - No. Ho dovuto disfare le loro fasciature per assicurarmi che non avessero dissimulato nulla.

Il Comandante                          - Ha visto la piaga del ventre?

Il Comandante in seconda        - Sì. Non è bella, certo.

Il Comandante                          - Chi ha rifatto la fasciatura?

Il Comandante in seconda        - Uno dei marinai. Più o meno bene.

Il Comandante                          - Chiami un infermiere perché la rifaccia.

Il Comandante in seconda        - Bene, coman­dante. (Si accinge ad uscire).

Il Comandante                          - L'equipaggio sospetta qual­cosa?

Il Comandante in seconda        - Chi è sveglio sente che c'è fermento nell'aria, senza sapere il rischio che corre; gli altri dormono.

Il Comandante                          - I marinai e il sottufficiale di guardia non devono avere contatti col resto dell'equipaggio. Trattenga anche l'infermiere che ver­rà a rifare le fasciature del ferito.

Il Comandante in seconda        - Devo trattenerlo con noi?

Il Comandante                          - Che rimanga sul ponte supe­riore e sia raggiunto dagli altri infermieri e dal maggiore medico, munito del necessario per ope­rare d'urgenza. Faccia dare l'allarme all'equipaggio, ma che ognuno rimanga al suo posto.

Il Comandante in seconda        - Pronti a raggiun­gere le posizioni di combattimento.

Il Comandante                          - Sì. E che ogni marinaio pre­pari il suo zaino da sbarco. Adesso è venuta l'ora di prevedere tutto. (Entra l'interprete).

L’Interprete                              - Comandante, uno dei prigionieri desidera parlarle.

Il Comandante                          - Quale?

L’Interprete                              - Proprio quello che non voleva parlare poco fa. Non poteva essere l'altro!

Il Comandante                          - E perché?

L’Interprete                              - Perché è sfinito.

Il Comandante                          - (al sottufficiale in corridoio) Fai venire il prigioniero. (Oscuramento della scena per brevi attimi: alla riaccensione delle luci entra il prigioniero italiano).

L’Interprete                              - Che cosa avete da dire?

Il primo Prigioniero                  - Il mio compagno è gra­vemente ferito. Non si potrebbe trasportarlo in un ospedale?

L’Interprete                              - He says that his friend is seri-ously ili and he suggest to carry him to the hospital.

Il Comandante                          - Tell him that the only thing I can do is to send his pai to the shjp hospital.

L’Interprete                              - La sola cosa che possa fare il comandante è di mandarlo all'infermeria di bordo.

Il Comandante                          - And that if the ammunitions explode the hospital will blow up too.

L’Interprete                              - E naturalmente se salterà la Santa Barbara, salterà anche l'infermeria.

Il Comandante                          - And that, consequently, his pai has the same chance of dying here as else- where, unless, of course, the ship has not been mined.

L’Interprete                              - Perciò il vostro compagno non è maggiormente esposto qui che altrove, a meno che la nave non sia minata, naturalmente.

Il primo Prigioniero                  - Basta un solo ostaggio. Un prigioniero ferito deve essere curato.

L’Interprete                              - He says it is enough only one hostage and that wounded prisoners must be treated.

Il Comandante                          - Teli him they are not hostages. It's up to him alone if he wants his pai to be treated.

L’Interprete                              - Il comandante non vi considera ostaggi. Dipende solo da lei che il suo compagno sia curato.

Scende l'oscurità sul locale mentre si rischiara il corridoio

dove si trovano i due marinai di guardia

che parlano prima a voce bassa, poi man mano più forte.

Il secondo Marinaio                  - (guardando attraverso la por­ta semi-aperta del deposito dì sinistra) Dorme.

Il primo Marinaio                      - A meno che sia svenuto.

Il secondo Marinaio                  - Ma tu hai capito che succede?

Il primo Marinaio                      - E tu?

Il secondo Marinaio                  - Io un'idea ce l'avrei.

Il primo Marinaio                      - E dimmela!

Il secondo Marinaio                  - Siamo ai primi posti per assistere allo spettacolo.

Il primo Marinaio                      - Che sarebbe poi?

Il secondo Marinaio                  - Cosa pensi che siano venuti a fare gli italiani, qua?

Il primo Marinaio                      - A fare una ricognizione.

Il secondo Marinaio                  - (alzando le spalle) Sì! Una ricognizione! Hanno l'aviazione per quei la­voretti lì! Sono venuti per far saltare le navi.

Il primo Marinaio                      - In questo caso hanno sbagliato mira.

Il secondo Marinaio                  - Non è detto. Prima di essere catturati hanno forse deposto i loro arnesi sotto la nave.

Il primo Marinaio                      - O sotto a un'altra...

Il secondo Marinaio                  - Tu sei sempre ottimista,

Il primo Marinaio                      - Così tu pensi che la nostra nave sia minata?

Il secondo Marinaio                  - Che ne so io! Il coman­dante ne sa quanto me. Non hai capito che se li ha sistemati nella Santa Barbara è perché li vuol far parlare?

Il primo Marinaio                      - Tu credi che parleranno?

Il secondo Marinaio                  - Te lo dirò domani. (Pausa).

Il primo Marinaio                      - Beh! Siamo in un bell'im­piccio!

Il secondo Marinaio                  - (cupo) Sì. Credo che tu abbia ragione.

Il primo Marinaio                      - Siamo destinati a saltare con loro.

Il secondo Marinaio                  - Mi pare che non ci sia via di scampo.

Il primo Marinaio                      - Gli altri se la caveranno, forse, ma noi...

Il secondo Marinaio                  - ... Sappiamo che cosa ci aspetta.

Il primo Marinaio                      - Fa una rabbia a pensare che siamo in tanti a bordo, e che proprio noi han­no scelto per questa faccenda.

Il secondo Marinaio                  - Avranno indovinato che tu la guerra la volevi fare sul serio.

Il primo Marinaio                      - Non sfottere! Questo non è fare la guerra. Questo è crepare in fondo a una stiva, come topi di chiavica, senza nemmeno pre­mere un grilletto!

Il secondo Marinaio                  - La guerra, vecchio mio, è un po' tutto, anche questo. La prova è... (Una pausa) Almeno un compenso ci sarà. A Londra non ci sfotteranno più, non avremo sgualcito la piega dei calzoni, ma saremo morti lo stesso.

Il primo Marinaio                      - Lascia perdere!

Il secondo Marinaio                  - Meglio prendere le cose come vengono. Ma credi che io voglia scherzare con una moglie e due figli? Non ti pare che pre­ferirei essere altrove? (L'infermiere[1] scende la seda del ponte di batteria. I due marinai si voltano).

Il primo Marinaio                      - (al secondo marinaio) Guarda, sta arrivando Parker.

L'Infermiere                              - Ma non ce n'erano due?

Il secondo Marinaio                  - Sì, ma l'altro lo stanno interrogando. Questo è il più malandato.

Il primo Marinaio                      - Che si dice di sopra?

L’Infermiere                             - Poco o niente.

Il primo Marinaio                      - L'equipaggio è preoccu­pato?

L’Infermiere                             - No.

Il primo Marinaio                      - Questa poi! (Una pausa) Dopo tutto, tanto meglio, almeno per loro. Non si fanno cattivo sangue.

L’Infermiere                             - E perché?

Il primo Marinaio                      - Non hai capito quello che sta succedendo?

Il secondo Marinaio                  - (al primo marinaio) Non c'è bisogno che tu dia spiegazioni!

L’Infermiere                             - (al primo marinaio) Racconta! Hai detto troppo per star zitto adesso.

Il primo Marinaio                      - Aspetta di vedere il pri­gioniero poi capirai. Sai l'italiano, tu?

L’Infermiere                             - No.

Il primo Marinaio                      - Peccato, forse con te si sbottonava.

L’Infermiere                             - Beh! Ora vado a trovarlo.

Il primo Marinaio                      - E non sbagliare di porta. Di lì c'è il comandante. A lui non servi. Sta benone.

L’Infermiere                             - (entrando nel deposito di sinistra) A fra poco.

Il primo Marinaio                      - Se ti serve una mano sia­mo qua.

Il secondo Marinaio                  - (al primo marinaio con tono di comando) Rimaniamo nel corridoio. (L'infer­miere scompare).

Il primo Marinaio                      - Tu hai la stoffa del sot­tufficiale!

Il secondo Marinaio                  - E tu sei pettegolo come una donna! (Pausa) Che caldo! (Il primo marinaio non reagisce) Non trovi? (Medesimo atteggiamen­to del primo marinaio) Su non fare il muso!

Il primo Marinaio                      - Sì, mi piacerebbe di più crepare all'aria libera.

Il secondo Marinaio                  - Nota bene, che se un sommergibile ci avesse silurato al largo, non avrem­mo combattuto di più. Ci sarebbe stata una scossa. E poi, ci toccava sgomberare in gran velocità.

Il primo Marinaio                      - Sì, ma non avremmo avuto il tempo di pensarci. (Un momento di silenzio).

Il secondo Marinaio                  - Eppoi, avremmo avuto poche probabilità di scampo. Mentre qui... (Una pausa).

Il primo Marinaio                      - (camminando in su e in già nervosamente) Se penso che non sappiamo nemmeno che ora è!

Il secondo Marinaio                  - (placido, seduto sulla sca­letta) Anche se lo sapessimo non cambierebbe nulla.

Il primo Marinaio                      - D'accordo, potremmo al­meno vedere qualcosa che si muove.

Il secondo Marinaio                  - Io non ho bisogno d'oro­logio. Mi basta guardarti!

Il primo Marinaio                      - Se ti trovi furbo, sbagli!

Il secondo Marinaio                  - Tu sei agitato, Dicky, ti fai cattivo sangue per niente. Bisogna essere più energici.

Il primo Marinaio                      - Sì, energici! Mi fai ridere! Mettimi ai posti di combattimento con gli aerei che ci bombardano, e vedrai se manco di energia!

Il secondo Marinaio                  - Pensa invece che sono i siluri, e sei a posto.

Il primo Marinaio                      - Sei proprio ottuso, tu; è il far niente che mi dà sui nervi! (Una pausa).

Il secondo Marinaio                  - Ma va là, ti capisco. (Una piccola pausa) Chissà dove lo hanno siste­mato. E' un affare pesante. In due, nella melma, non dev'essere un lavoretto comodo. Ci vuole un bell'allenamento. (Breve pausa) Avevano certa­mente delle torce elettriche.

Il primo Marinaio                      - Ma poi di che parli tanto? Parli, parli, ma è già successo che si siano minate altre navi?

Il secondo Marinaio                  - No.

Il primo Marinaio                      - Allora che t'è venuto in mente?

Il secondo Marinaio                  - Ma non lo sai che in tutte le marine stanno cercando il sistema per farlo?

Il primo Marinaio                      - E tu credi che gli italiani sarebbero capaci? Non li conosci!

Il secondo Marinaio                  - Hanno già provato!

Il primo Marinaio                      - E dove?

Il secondo Marinaio                  - Questo poi non lo so. Ma sono sicuro che hanno già provato!

Il primo Marinaio                      - Chi te l'ha detto?

Il secondo Marinaio                  - Il tenente Walter.

Il primo Marinaio                      - Mai sentito...

Il secondo Marinaio                  - E' lo specialista del de­posito munizioni. Lui queste cose le sa.

Il primo Marinaio                      - Così hanno provato, e poi?

Il secondo Marinaio                  - Non ce l'hanno fatta. Pare che li abbiano scoperti in superficie, prima di aver fatto il colpo.

Il primo Marinaio                      - Li hanno presi?

Il secondo Marinaio                  - No. Sono riusciti a far marcia indietro.

Il primo Marinaio                      - Col siluro?

Il secondo Marinaio                  - Sì.

Il primo Marinaio                      - In questo caso tu lavori di fantasia.

Il secondo Marinaio                  - (spazientito) Non hai visto come erano vestiti?

Il primo Marinaio                      - Sì.

Il secondo Marinaio                  - E ti pare che fosse per prendere le misure dell'elica? Ma sei un bello scemo!

Il primo Marinaio                      - Io non sono un disfattista. Voglio farmi un'opinione da solo. Non sono nato ieri: per farmi credere tutte quelle storie, ne pas­serà del tempo!

Il secondo Marinaio                  - La tua opinione! Parli come se leggessi il giornale in tempo di elezioni! Se vuoi sapere il parere mio, è che tu sei uno stonato.

Il primo Marinaio                      - Va' al diavolo!

Il secondo Marinaio                  - E non gridare così. Ci sentiranno. (Un momento dì silenzio).

Il primo Marinaio                      - Che faranno là dentro?

Il secondo Marinaio                  - La tirano per le lunghe.

Il primo Marinaio                      - Forse l'italiano si sta sbottonando.

Il secondo Marinaio                  -  O forse non dice quello che si vorrebbe.

Il primo Marinaio                      - Ma lo vedi che sei un di­sfattista! Vuoi fare l'eroe, ma sei un disfattista! (Il secondo marinaio risponde alzando le spalle. Pausa. Riappare l'infermiere)[2]

L’Infermiere                             - Com'è ridotto!

Il secondo Marinaio                  - Sì, quando gli ho rimes­so la fasciatura, dopo la perquisizione, mi son detto: « E' combinato proprio male! ». E che ferita! Fa impressione!

L’Infermiere                             - E' perché non ci sei abituato.

Il primo Marinaio                      - Perde ancora molto sangue?

L’Infermiere                             - No, non tanto.

Il primo Marinaio                      - Secondo te, si è buscato una pallottola?

L’Infermiere                             - Due. Una è uscita, l'altra ci deve essere ancora.

Il secondo Marinaio                  - Però tiene duro lo stesso.

L’Infermiere                             - Eh sì, non è un pulcino.

Il primo Marinaio                      - T'ha detto niente?

L’Infermiere                             - E che volevi che mi dicesse? Quello che non m'hai voluto dire tu?

Il primo Marinaio                      - Non mi vuoi far credere che non hai capito?

L’Infermiere                             - Ho capito che lo tengono in caldo per fargli sputare la sua storia.

Il primo Marinaio                      - Ce l'hai fatta.

L’Infermiere                             - Non ci vuol tanto per indovi­nare, ma lui non mi sembra un tipo che si sbottoni.

Il primo Marinaio                      - (indicando il deposito dì de­stra) Forse ci pensa l'altro.

Il secondo Marinaio                  - Ci credo poco.

L’Infermiere                             - Perché?

Il secondo Marinaio                  - Perché ha detto davanti a noi che non aveva intenzione di cedere.

Il primo Marinaio                      - Però è lui che ha chiesto di parlare al comandante.

Il secondo Marinaio                  - Non c'è che da aspet­tare.

Il primo Marinaio                      - Mi pare che non si faccia altro.

L’Infermiere                             - Vado a rapporto dal maggiore. Quando l'altro sarà qui, mandatemi a chiamare.

Il primo Marinaio                      - Sei contento di non rima­nere con noi, eh? Le munizioni non ti fanno una buona compagnia!

L’Infermiere                             - Bisognerà pure che faccia un rapporto.

Il secondo Marinaio                  - (all'infermiere) Allora vai. Ma torna presto, noi non possiamo venir su a chiamarti.

L’Infermiere                             - Va bene, vado e vengo. Vi lascio i miei arnesi. (Appoggia per terra la sua cassetta da infermeria e sparisce sulla scala del ponte).

Il primo Marinaio                      - E' più nero di noi, Parker.

Il secondo Marinaio                  - Starà pensando che gli altri infermieri hanno più fortuna. E l'equipaggio che dorme su, è più fortunato degli infermieri. E i marinai che sono a terra, ancora di più. (Una pausa) D'altra parte il siluro può scoppiare dove meno te l'aspetti. Forse ammazzerà quelli che dor­mono.

Il primo Marinaio                      - Tu dici? (Gesto evasivo del secondo marinaio. Una pausa) Potesse non scoppiare, quel maledetto! (Una pausa) Perché, se c'è tanto pericolo, il comandante non fa sbarcare l'equipaggio? Sarebbe molto più semplice.

Il secondo Marinaio                  - Sì, per te sarebbe come se si abbandonasse la fortezza prima di essere si­curi che sia attaccata. Poi bisognerebbe sempre lasciare degli uomini per la difesa antiaerea; i sa­crificati ci sono sempre.

Il primo Marinaio                      - Già; ma non nel deposito munizioni.

Il secondo Marinaio                  - Figurati se gli italiani l'avessero fatto a vuoto, solo per costringerci a sgomberare. Che bell'occasione per la loro avia­zione!

Il primo Marinaio                      - Hai ragione: è la guerra. Io però non me la immaginavo così. Per questo mi fa fatica abituarmici.

Il secondo Marinaio                  - Forse te ne mancherà il tempo. (Un momento di silenzio).

Il primo Marinaio                      - Senti, Pat?

Il secondo Marinaio                  - Cosa?

Il primo Marinaio                      - Credi proprio che non ce la caveremo? Nessuno dei due?

Il secondo Marinaio                  - Se la barca deve saltare, vecchio mio, salteremo (fa un gesto con tutte e due le mani) pftt... per aria insieme.

Il primo Marinaio                      - Mi avrebbe però fatto pia­cere che mia madre sapesse una cosa.

Il secondo Marinaio                  - ... Dilla.

Il primo Marinaio                      - Sì. Avrei voluto che sa­pesse che pensavo a lei... Tu anche, avresti voluto che tua moglie e i ragazzini...

Il secondo Marinaio                  - Certo.

Il primo Marinaio                      - E dire che non si può far niente, che bisogna aspettare come dei fessi! (Si affaccia alla porta per guardare nella stanza dove è il prigioniero) E intanto quel tipo lì, che è responsabile di tutto questo, sta dormendo! Forse sogna... Non credo che ce l'abbia la famiglia lui...

Il secondo Marinaio                  - In fondo, ha avuto una bella batosta! Forse non ha neppure la forza di muoversi!

Il primo Marinaio                      - Comunque è un duro! Lui, almeno, uno sforzo l'ha fatto, prima di fregarsi! Ma ci pensi: è passato sopra la rete metallica, vi­cino alle vedette in perlustrazione! Ti figuri le grane che faranno a quei disgraziati!

Il secondo Marinaio                  - E se sono passati col loro siluro, è ancora più grossa.

Il primo Marinaio                      - A me, nessuno mi toglierà dalla testa che è una cosa impossibile. Poi gli ita­liani..

Il secondo Marinaio                  - La guerra, gli italiani... Ma tu pensi a tutto. Pure, è gente come te che li ha lasciati passare questi italiani!

Il primo Marinaio                      - La gente come me, caro mio, dice crepa agli italiani, crepa alla guerra e crepa anche a te! (Ritorno dell'infermiere).

L’Infermiere[3]                            - Mi sono sbrigato. L'hanno ricondotto al deposito l'altro prigioniero?

Il primo Marinaio                      - No. Ti tocca aspettare con noi. Che ha detto il maggiore?

L’Infermiere                             - Non era contento.

Il primo Marinaio                      - Anche poco fa quando c'era il comandante. Era in collera. Ha cattivo ca­rattere?

L’Infermiere                             - No, è un agnellino. Ma quando non gli fanno fare il suo mestiere, vede rosso. E' una cosa normale dopo tutto. Ci sono le leggi di guerra. Bisogna rispettarle!

Il secondo Marinaio                  - E' lui che ti ha parlato delle leggi di guerra?

L’Infermiere                             - No. Non ha detto niente. Ma lo conosco. So quello che pensa.

Il secondo Marinaio                  - Pensa che bisogna obbe­dire al comandante, anche se non ne è convinto.

Il primo Marinaio                      - Io la penso come Parker: bisogna rispettare le leggi di guerra. Un ferito è un ferito. Prima lo si cura, poi lo si interroga.

Il secondo Marinaio                  - E se ti facesse comodo che lo si interrogasse prima di curarlo? Saresti dello stesso parere?

Il primo Marinaio                      - Io non ho due modi di pensare.

Il secondo Marinaio                  - Non ne sono molto sicuro.

L’Infermiere                             -  Il regolamento è uno solo: se un prigioniero è ferito, si fa di tutto per sal­varlo.

Il secondo Marinaio                  - Sì, se non è più un combattente!

L’Infermiere                             - Che vuoi dire? Se è già pri­gioniero, non può essere più combattente.

Il secondo Marinaio                  - E ti pare che gli ita­liani non stiano combattendo in questo momento?

Il primo Marinaio                      - Come sei complicato!

L’Infermiere                             - Non raccontar storie: sono di­sarmati, bisogna curarli.

Il secondo Marinaio                  - (alzando le spalle) Te ne accorgerai se sono disarmati! O meglio, non te ne accorgerai...

Il primo Marinaio                      - (all'infermiere) Lascialo perdere. E' un pessimista.

L’Infermiere                             - (al secondo marinaio) Credi che ci rimetteremo la pelle?

Il secondo Marinaio                  - Dipende da quello che diranno.

L’Infermiere                             - E' molto che è dal comandante?

Il secondo Marinaio                  - Saranno dieci minuti.

Il primo Marinaio                      - Raddoppia la dose.

L’Infermiere                             - (al secondo marinaio) Secondo te, sono riusciti a minare la corazzata?

Il secondo Marinaio                  - Forse, ma può anche essere che abbiano sbagliato il colpo.

L’Infermiere                             - Quanto ci mettono a esplodere questi siluri?

Il secondo Marinaio                  - Dipende.

L’Infermiere                             - (guardando l'ora, poi la porta del deposito dove è il comandante) Non hanno fretta.

Il primo Marinaio                      - Questo poi no!

L’Infermiere                             - Il maggiore perderà la pazienza. Ora vado a spiegargli quello che succede. Poi ri­torno.

Il primo Marinaio                      - (beffardo) Hai ragione. Non si può proprio sapere. Può saltare mentre sei via!

L’Infermiere                             - Credi che abbia fifa? In questo caso resto.

Il secondo Marinaio                  - (all'infermiere) Ma no, vai pure.

L’Infermiere                             - Invece rimango. (Un lungo si­lenzio fra gli uomini. Si sente che aumenta la paura. Sopraggiunge il sottufficiale. I due marinai si raddrizzano).

Il Sottufficiale                          -  Niente di nuovo da segna­lare?

Il secondo Marinaio                  - No, capo.

Il Sottufficiale                          - (dopo aver osservato il prigio­niero nel deposito di sinistra) Sta dormendo. Ha la coscienza tranquilla quel bel tipo!

Il primo Marinaio                      - Che fegato!

Il Sottufficiale                          -  Lui è un volontario. E quelli lì sanno il fatto loro. Ma gli faremo vedere che non siamo fifoni. (La porta del deposito dì destra si apre. Il prigioniero valido è ricondotto col suo com­pagno nel deposito di sinistra).

La luce si spegne nel corridoio di batteria  e si accende nel locale

dove sono il comandante, l'interprete e il comandante in seconda.

Il Comandante                          - (guardando l'orologio) Ab­biamo perso un altro quarto d'ora. Quest'uomo non manca di fegato: pretendeva farci cedere senza darci nulla in cambio.

Il Comandante in seconda        - Ha le idee chiare.

Il Comandante                          - Non mi piacciono questi sen­timentalismi.

L’Interprete                              - Non lo fa per sé, ma per il suo compagno.

Il Comandante                          - Ha cercato di commuoverci con una dialettica da avvocato.

L’Interprete                              - Ma non senza ragione. Lei avreb­be fatto lo stesso al suo posto. Non fa il giudice lei in questo momento, comandante? E molto bene anche.

Il Comandante                          - Allora, lei lo approva!

L’Interprete                              - No. Lo osservo. Avrò pure il diritto di ammirarlo, anche se ammiro quanto fa lei.

Il Comandante in seconda        - Secondo me, ha capito che non ci lasceremo intimorire.

Il Comandante                          - Ha ragione: ci voleva inti­morire!

L’Interprete                              - Mentre noi avevamo deciso il contrario e pareva conforme alla regola. Ma è un uomo che non accetta la regola.

Il Comandante                          - Io nemmeno.

L'Interprete                               - Siete della medesima stoffa. Vi guardate nello stesso modo: con durezza e de­ferenza.

Il Comandante                          - No. Senza deferenza.

L’Interprete                              - Allora con stima, se preferisce.

Il Comandante                          - Preferisco. La deferenza non so cosa sia. Non ne voglio sapere. Rispetto i miei capi come uomini, perché li stimo.

L’Interprete                              - E i nemici?

Il Comandante                          - E' solo stimandoli secondo il loro merito, che posso sperare di vincerli.

L’Interprete                              - Allora, giudichi attentamente questo prigioniero, se vuole spezzare la sua re­sistenza.

Il Comandante                          - Che lo giudichi bene o male, ormai il dado è tratto.

Il Comandante in seconda        - La pensa così anche lui. Il meccanismo è in moto. Niente può fermarlo ormai.

L’Interprete                              - Il meccanismo? Sì. Ma non è detto che sia quello del siluro.

Il Comandante                          - Lei è un intellettuale, Field. Rimanga coi piedi per terra.

L’Interprete                              - (sorridendo) Se si potesse...

Il Comandante                          - (brusco) Sì. Si può. In una realtà come questa, dobbiamo essere realisti, sino a parere ottusi: il nostro tempo è minimo.

L’Interprete                              - Allora, che cosa vuol fare?

Il Comandante                          - Lasciarli ancora insieme. Poi ne riparleremo.

Il Comandante in seconda        - Spera ancora che parlino?

Il Comandante                          - In ore come queste, tutti pos­siamo cambiare parere.

Il Comandante in seconda        - E di bordo...

Luce nel corridoio di batteria dove sono i due marinai e il sottufficiale.

Il secondo Marinaio                  - Che lagna.

Il Sottufficiale                          -  Si soffoca.

Il primo Marinaio                      - Non so proprio che inten­zione abbia il comandante.

Il Sottufficiale                          -  Un'idea ce l'ha di certo.

Il primo Marinaio                      - Crede che lascerà saltare la nave con tutto l'equipaggio? Non servirebbe a niente sacrificarci.

Il Sottufficiale                          -  Farà quello che si deve fare. (Un silenzio) Forse bisognerà saltare per aria per salvare l'onore.

Il secondo Marinaio                  - Non si fa più la guerra come al Medio Evo!

Il Sottufficiale                          -  Comunque, è pronto a sal­tar per primo. Rimane con noi nei depositi.

Il primo Marinaio                      - E' giusto: lui è il coman­dante. Ma noi no. (Al secondo marinaio) E tu che ne dici? (Il secondo marinaio, assorto, non risponde. Il primo marinaio incalza) Stai facendo il tuo esa­me di coscienza?

Il secondo Marinaio                  - Potrebbe anche darsi.

Il primo Marinaio                      - Bel modo di tirarci su il morale! (Al sottufficiale) Non si può sapere che cosa ha detto poco fa?

Il Sottufficiale                          -  Se il comandante non ve l'ha detto, vuol dire che non si può sapere.

Il secondo Marinaio                  - Ma, non mi pare che ci siano novità. Non è cambiato niente: il comandante da una parte, gli italiani dall'altra, intanto noi rima­niamo in mezzo.

Il Sottufficiale                          -  Ci vuole pazienza.

Il primo Marinaio                      - Ma, capo, non ci potrebbe dire qualcosa l'interprete?

Il Sottufficiale                          -  Non sono abituato a in­terrogare i miei superiori.

Il primo Marinaio                      - Abituato! Nemmeno a delle situazioni come questa, siamo abituati. Il te­nente non si dà arie. Le risponderà certamente.

Il secondo Marinaio                  - (al sottufficiale) Ha ra­gione. Non può dire di no. Non siamo macchine dopo tutto!

Il primo Marinaio                      - Siamo tutti nella stessa barca!

Il Sottufficiale                          -  Vedrò quello che si può fare.

Il primo Marinaio                      - Ma non ha voglia di sa­pere qualcosa, lei?

Il Sottufficiale                          - (indicando la porta del locale dove sono ì prigionieri) lo penso prima ad ob­bedire agli ordini. (Appoggia l'orecchio alla porta) Pare che si muovano lì dentro. Parlano. Peccato che non si capisca! Vado a chiamare l'interprete. (Apre la porta a sinistra. Con voce soffocata) Tenente, i prigionieri parlano fra di loro. (Viene l'interprete, e a sua volta sì mette a origliare. Un silenzio).

L’Interprete                              - Stanno parlando, ma non riesco a sentire quello che dicono. (Ricomincia a origliare. Si sente che i tre marinai attendono con ansia quan­to riferirà) Non riesco a capire. Lasciamoli parlare fra di loro. Poi li interrogheremo ancora fra qual­che minuto. (Sta per ritornare nel locale di sinistra per raggiungere il comandante. Il primo e il se­condo marinaio fanno cenno al sottufficiale come per dirgli che è giunto il momento di parlargli).

Il Sottufficiale                          - (facendo il saluto) Scusi, te­nente, scusi... non c'è niente di nuovo dopo il suo colloquio col prigioniero?

L’Interprete                              - No. Niente di nuovo... avvertici se senti dei rumori sospetti.

Il Sottufficiale                          -  Sì, tenente. (L'interprete rientra nel locale di sinistra che è al buio) Vedete, ne sapete quanto prima. (Rivolto ai marinai).

Il primo Marinaio                      - Beh, almeno sappiamo a che punto siamo.

Il Sottufficiale                          -  E con ciò? Dovete rimanere qui lo stesso. Avete tutti la mania di voler sapere le cose. Che si sappia o no, non cambia niente. Bi­sogna fare quello che ci comandano.

Il secondo Marinaio                  - Capo, qui non si discu­tono gli ordini. Gli ordini, bisogna obbedirli, d'ac­cordo. Solo che se si sa qualcosa, si obbedisce meglio.

Il primo Marinaio                      - Obbedire, obbedire. Tu vuoi sempre l'ultima parola.

Il secondo Marinaio                  - lo parlo in linea di mas­sima.

Il Sottufficiale                          -  Non ve la prendete: tutto si svolgerà senza che ci sia bisogno del vostro parere.

Il primo Marinaio                      - E' proprio per questo che me la prendo.

Il Sottufficiale                          -  Silenzio! Mi pare di sentire qualcosa! (I  tre uomini, immobili, sono tutt'orecchi. Il primo marinaio ha una espressione di terrore. Alcuni istanti di silenzio) No, mi sono sbagliato.

Il primo Marinaio                      - Cosa le pareva di sentire, capo?

Il Sottufficiale                          -  I prigionieri che cammina­vano.

Il primo Marinaio                      - (sollevato) Ah! Tutto lì!

Il secondo Marinaio                  - (al primo marinaio) Dia­mine, la carica di un siluro non dà il preavviso!

Il Sottufficiale                          -  Non è un motore. E" un gioiello di precisione! Nei giornali, ho visto la fo­tografia di un siluro tedesco, che doveva scoppiare due giorni dopo il lancio. Te lo dico io, un vero merletto! C'era anche la foto di una bomba che scoppia solo quando la si fa oscillare. Se la getti da 3000 metri a punta in giù, non succede niente, ma se provi a sollevarla...

Il primo Marinaio                      - Ma guarda che bel mer­letto! ci farà saltare le budella!

Il secondo Marinaio                  - Fosse tutto lì!... Basta lo spostamento d'aria per mandarci al Creatore.

Il primo Marinaio                      - Bella consolazione!

Il Sottufficiale                          -  Zitti! Questa volta, ne sono proprio sicuro, si stanno muovendo. Ce n'è uno che cammina. (Si sente bussare alla porta, dall'interno del deposito. Sì sente confusamente la voce di uno dei prigionieri. Il sottufficiale aprendo la porta del deposito di destra, e rivolgendosi all'interprete) Te­nente, uno dei prigionieri bussa alla porta, e chiama. (L'interprete compare immediatamente e parla attraverso la porta).

Voce di uno dei Prigionieri      - Vorrei parlare col comandante.

L’Interprete                              - Bene. (La porta del locale si apre, e l'interprete, sostenendo il prigioniero ferito al ventre, lo introduce nell'oscurità del deposito di destra. Rimane solo in luce il corridoio dove si trovano i due marinai e il sottufficiale).

Il primo Marinaio                      - Chissà che questo non parli! Ha avuto il fatto suo!

Il secondo Marinaio                  - Chissà...

Il primo Marinaio                      - E lei, capo, che ne pensa?

Il Sottufficiale                          -  Per ora, non penso a niente.

Il primo Marinaio                      - lo credo, invece, che parle­rà; se no perché avrebbe chiesto di parlare col co­mandante?

Il secondo Marinaio                  - Anche l'altro aveva chiesto di parlare col comandante, però non ha spifferato niente.

Il primo Marinaio                      - Invece qualcosa ha detto, ma non quello che volevamo noi.

Il secondo Marinaio                  - Tutto sommato, siamo al punto di prima. (Silenzio).

Il primo Marinaio                      - Si potesse almeno fumare!

Il Sottufficiale                          -  Sei impazzito? Siamo ne! deposito munizioni!

Il primo Marinaio                      - Non sto dicendo che vo­glio fumare; dico che mi piacerebbe.

Il secondo Marinaio                  - (al primo marinaio) -Tieni, mastica un po' di gomma, ti farà passate il tempo. (// primo marinaio, senza dire grazie, prende la gomma americana e incomincia a masticarla. Un momento di silenzio. Il secondo mari­naio osserva la sua pistola) Mica male, questa roba.

Il Sottufficiale                          -  Sì. Durante l'esercitazione, l'altro giorno ho abbattuto un bersaglio a 100 metri con un solo colpo. E senza mira. Così, a tiro di. braccio.

Il secondo Marinaio                  - Con i nuovi proiettili pare che si possano perforare delle pareti blindate da venti millimetri a cinquanta metri!

Il Sottufficiale                          -  Che progressi questi nuovi arnesi!

Il secondo Marinaio                  - E non è tutto qui. Li stanno ancora perfezionando!

Il primo Marinaio                      - (esasperato) Mi fate ridere con le vostre pistole! E ditemi un po', l'ordigno esplosivo che sta sotto la corazzata, che pareti blin­date può sfondare? Nessuno lo sa. Roba nuova, roba perfezionata!

Il Sottufficiale                          -  Non ti montare! tanto non serve a niente!

Il primo Marinaio                      - E quello che dite voi due a che serve?

Il secondo Marinaio                  - A passare il tempo.

Il primo Marinaio                      - (ironico) Se l'avessi saputo, avrei preso le carte. Almeno si poteva fare un po-kerino.

Il secondo Marinaio                  - Non valeva la pena. (In­dicando i due depositi) Sono loro che giocano.

Il primo Marinaio                      - E noi siamo la posta.

Il secondo Marinaio                  - Pagheranno con le no­stre vite.

Il primo Marinaio                      - Fatti loro. Io non ho vo­glia di rimetterci la pelle.

Il Sottufficiale                          -  Siamo stufi di sentirti bor­bottare.

Il primo Marinaio                      - Che ci vuol fare? Così passo il tempo.

La porta del deposito di destra si apre. Il prigioniero sostenuto dall'interprete

è ricondotto nel deposito di sinistra. Luce nel deposito di destra. Il resto è al buio.

Il Comandante                          - (al comandante in seconda) Faccia fermare le macchine e spegnere le caldaie. Ordini: sbarco immediato e sollecito dell'equipag­gio, eccettuati i destinati agli organi di trasmissione e di sicurezza. Che si trasportino tutti i macchinari di difesa antiaerea smontabili, e che siano sistemati in batteria a duecento metri dal « Valiant » protetti da sacchi di sabbia.

Il Comandante in seconda        - Sì comandante. E i servizi sanitari?

Il Comandante                          - (il comandante in seconda sta per uscire) Rimangano a bordo il maggiore e i tre infermieri. E mi raccomando, silenzio assoluto, a bordo e a terra. (Esce il comandante in seconda. Ri­volgendosi all'interprete) Vede che avevo ragione i a non farlo curare? ha parlato.

L’Interprete                              - Non ci ha detto che la ragione era questa.

Il Comandante                          - Ma è chiaro! Recita la parte del gran signore che vuol risparmiare delle vite umane. Pensava più che altro alla sua.

L’Interprete                              - In questo caso, sarà deluso.

Il Comandante                          - Ma non avrà pensato che li avrei fatti sbarcare? Non ho ancora ottenuto tutto quello che desideravo.

L’Interprete                              - Vuole ancora far pressione su di loro?

Il Comandante                          - E' indispensabile. (A questo punto le macchine si fermano. Il comandante guar­da il suo orologio) C'è poco tempo. Adesso so che  la nave è minata. Però voglio sapere dove, e fra quanto tempo scoppierà l'ordigno esplosivo.

L’Interprete                              - Lei pretende molto.

Il Comandante                          - Forse riuscirò ancora a salvare la mia nave. (Rientra il comandante in seconda).

Il Comandante in seconda        - Si stanno ese­guendo gli ordini.

Il Comandante                          - Bene. Secondo lei, Clark, dove hanno deposto l'ordigno?

Il Comandante in seconda        - Senz'altro a pop­pa, vicino alle eliche. E' la parte più vulnerabile.

Il Comandante                          - La penso come lei. Quindi siamo a qualche metro dall'ordigno stesso... possia­mo ricordarglielo.

Il Comandante in seconda        - Ho fatto chiamare i palombari del porto. Ma non saranno al lavoro prima dell'alba.

Il Comandante                          - Li faccia rimanere a mia di­sposizione. Ma solo a titolo precauzionale: l'or­digno di cui non si conosce il congegno esplode sempre. E' inutile sacrificare altri palombari.

Il Comandante in seconda        - Forse questo ita­liano si è fatto giuoco di noi. Non può aver avuto solo l'intenzione di farci sbarcare?

Il Comandante                          - Non credo. Aveva un tono che sembrava sicuro.

L’Interprete                              - Sì. Mi pare che si tratti di un uomo coraggioso più che astuto. E nelle condizioni in cui si trova...

Il Comandante                          - Le ferite non gli avrebbero impedito di mentirci, se avesse voluto.

L’Interprete                              - Già.

Il Comandante                          - Sono abbastanza persuaso che ha detto la verità. Ma si tratta sempre di un'impres­sione. (Al comandante in seconda e all'interprete) Loro che ne pensano?

L’Interprete                              - Se avesse mentito, non si sarebbe accontentato di questa mezza confessione. Avrebbe inventato di più, per spaventarci.

Il Comandante in seconda        - A meno che solo una parte della verità non sia il colmo dell'astuzia per ingannarci meglio.

Il Comandante                          - Nel dubbio, non posso esitare: debbo salvare l'equipaggio.

Il Comandante in seconda        - Evidentemente. Ma la corazzata sarà disarmata.

Il Comandante                          - Se non esplode la ricupereremo al più presto.

Il Comandante in seconda        - Bisognerà prima assicurarsi che il meccanismo dell'ordigno esplosivo non possa funzionare alcune ore o anche alcuni giorni dopo essere stato deposto... Se no rischiamo di tornare a bordo proprio al momento dell'esplo­sione.

Il Comandante                          - Ci ho già pensato, Clark. Ho detto: rioccuperemo il « Valiant » appena possi­bile. Nient'altro. Le nostre possibilità non le co­nosco. E lei nemmeno. Sarò pronto domani, se ne­cessario, a fare immergere i palombari che non vo­glio sacrificare stanotte.

Il Comandante in seconda        - Rischiamo di fare esplodere la nave prima del previsto...

Il Comandante                          - Ma rischiamo anche di scoprire che non è minata. Ha ragione di esprimermi i suoi scrupoli, ma le ripeto: mi sono posto le stesse do­mande e sono stato costretto a rispondervi con delle soluzioni che non mi soddisfano completamente. Inutile far marcia indietro. Ho puntato sulla sin­cerità del prigioniero, sempre considerando l'even­tualità in cui ci avesse ingannati. Se siamo ancora a  bordo, è per non abbandonare il « Valiant » e per costringere i prigionieri a dirci di più. Confermi agli ufficiali responsabili che il trasporto delle armi con­traeree a terra dev'essere fatto al più presto pos­sibile.

Il Comandante in seconda        - Bene, comandan­te. (Esce).

Il Comandante                          - (all'interprete) Spero di ab­battere il loro morale mantenendoli nella Santa Barbara. Erano senz'altro convinti che li avrei sbar­cati dopo la confessione.

L’Interprete                              - Potrebbero anche inalberarsi di fronte a questa decisione. Non si sa mai...

Il Comandante                          - Già, ma è necessario compor­tarsi come se si fosse sicuri di tutto. Crede che non abbiano pensato che sarei sbarcato anch'io? Ma io non li mollo.

L’Interprete                              - Forse è proprio questo che vo­gliono.

Il Comandante                          - Che significa?

L’Interprete                              - Che la fanno entrare nel loro gioco. Una corazzata e il suo comandante, col bel gesto di avere risparmiato l'equipaggio.

Il Comandante                          - SI, perché si parli dell'eleganza degli italiani, della loro nobiltà d'animo!

L’Interprete                              - Si parlerà anche del coraggio del comandante inglese.

Il Comandante                          - (appoggiando la mano sulla spal­la dell'interprete) E di coloro che avranno « su­bito » i suoi ordini. (Un breve silenzio durante il quale l'interprete non trova nulla da dire. Entra il comandante in seconda).

Il Comandante in seconda        - Ho trasmesso gli ordini comandante. Ha telefonato l'ammiraglio e desidera che lo chiami personalmente.

Il Comandante                          - (di cattiva grazia) Va bene. Vado a telefonare, ma ritorno subito. (Al coman­dante in seconda) Intanto, Clark, si mantenga in contatto con i prigionieri e cerchi di farli parlare.

Il Comandante in seconda        - Sì comandante. (La luce si spegne).

Luce nel corridoio. Quando appare il comandante,

i tre uomini si mettono sull’attenti in maniera quasi eccessiva

Il Comandante                          - (indicando il deposito dove sono i prigionieri) Allora, niente di nuovo?

Il Sottufficiale                          -  No, comandante.

Il Comandante                          - Da quanto tempo siete di guardia?

Il Sottufficiale                          -  Da venti ore.

Il Comandante                          - Senza viveri?

Il Sottufficiale                          -  Sì, comandante.

Il Comandante                          - Darò ordine che vi portino qualcosa.

Il Sottufficiale                          -  Grazie comandante.

Il Comandante                          - Sei della prima batteria vero?

Il Sottufficiale                          -  Sì.

Il Comandante                          - (al primo marinaio) Come ti chiami?

Il primo Marinaio                      - Bradley.

Il Comandante                          - (al secondo marinaio) E tu?

Il secondo Marinaio                  - Patson.

Il Comandante                          - Va bene. Sarò di ritorno fra qualche minuto. In caso di bisogno chiamate il co­mandante in seconda.

Il Sottufficiale                          -  Sì, comandante.

Il Comandante                          - (che sta salendo la scaletta, si molta) Capo, puoi dar da bere ai prigionieri. Ma solo da bere.

Il Sottufficiale                          -  Sì, comandante. (Il coman­dante scompare. Qualche minuto di silenzio).

Il primo Marinaio                      - E' un tipo in gamba il comandante.

Il Sottufficiale                          -  Pensa a tutto.

Il primo Marinaio                      - Ma non a farci sbarcare.

Il secondo Marinaio                  - Ma tu parli a vanvera! Prima dici un « tipo in gamba » e poi...

Il primo Marinaio                      - (interrompendolo) lo dico: è in gamba a pensare di farci mandare i viveri. Non dico altro!

Il secondo Marinaio                  - E' la prima volta che mi chiede il mio nome.

Il primo Marinaio                      - Anche a me.

Il Sottufficiale                          -  Me, mi conosce.

Il primo Marinaio                      - (ironico) Naturale, tra gra­duati! (Ride col secondo marinaio).

Il Sottufficiale                          - (al primo marinaio) Ti dai le arie adesso! Ma prima, quando parlava con te, non facevi tanto il furbo!

Il primo Marinaio                      - Lei nemmeno. (Il sottuf­ficiale alza le spalle).

Il Sottufficiale                          -  È vero, non mi sentivo molto in gamba. Però mi sarebbe piaciuto se fosse rimasto. Con lui, vedete, ci si sente più tranquilli.

Il secondo Marinaio                  - Che vuol farci? La paura del comandante mi faceva dimenticare la fifa dell'ordigno esplosivo.

Il primo Marinaio                      - Ma, può darsi...

Luce sul deposito di destra

L’Interprete                              - Il comandante è un buon gioca­tore, ma la posta è grossa. (Il comandante in se­conda, non reagisce) Aveva ragione di fargli considerare i rischi di questa operazione. Non so se li ha valutati sufficientemente.

Il Comandante in seconda        - (piuttosto secco) Non è un uomo da agire alla leggera. Possiamo fi­darci di lui.

L’Interprete                              - Ma lo so. Volevo solamente dirle che condivido le obiezioni che lei gli ha mosso poco fa.

Il Comandante in seconda        - Tocca a me far­gliele.

L’Interprete                              - E adesso?

Il Comandante in seconda        - Non devo più tenerne conto, giacché lo sostituisco.

L’Interprete                              - Come la gerarchia facilita tutto.

Il Comandante in seconda        - Vuol dire dal senso della disciplina? (Apre la porta che si affaccia sai corridoio. Al sottufficiale) Capo, mi av­verta al minimo rumore. (Richiude la porta).

L’Interprete                              - Quello che non riesco a capire, Clark, è che lei abbia corso il rischio di dare dei dubbi al comandante, con delle obiezioni, di cui - a quanto mi dice - il responsabile non sa che farsene.

Il Comandante in seconda        - (alzando le spalle) Davvero non capisce, Field? La credevo più sottile.

L’Interprete                              - Gliel'ho già detto altre volte: mi basta riferire le sottigliezze degli altri. (Un silenzio).

Il Comandante in seconda        - Cosa ne pensa di questi italiani?

L’Interprete                              - Tanto di cappello. Scusi (alzando la mano al berretto) li saluto. E lei?

Il Comandante in seconda        - Li trovo forti. Ci menano per il naso.

L’Interprete                              - E con le loro ferite, hanno più merito. Soffrono...

Il Comandante in seconda        - Non abbastanza.

L’Interprete                              - Anche lei è del parere che se soffrissero di più parlerebbero?

Il Comandante in seconda        - Potrei anche pen­sarlo.

L’Interprete                              - Perché non pensa che anche il nemico può essere capace di avere la stessa volontà di resistere che potrebbe avere lei? Lei ha poca immaginazione, Clark. (Molto calmo guarda l'ora) Io, quando vedo muoversi le lancette dell'orologio, comincio ad avere troppa immaginazione. D'altra parte, non è che ciò m'impedisca di fare il mio me­stiere. (Una pausa) Ma trovo che si tratta di un mestiere difficile, stanotte.

Il Comandante in seconda        - Non più del mio.

L’Interprete                              - E già, l'ha detto poco fa: lei ha il senso della disciplina. Io no.

Il Comandante in seconda        - Ho anche quello del pericolo. Ma bisogna comportarsi come se non ci fosse.

L’Interprete                              - Non è solo il rischio di saltar per aria che mi dà una sensazione d'angoscia: è l'altro pericolo, che mi sembra non vediate, né lei, né il comandante.

Il Comandante in seconda        - L'altro pericolo?

L’Interprete                              - Sì: di venir meno ad un dovere, proprio col pretesto di farlo, il nostro dovere.

Il Comandante in seconda        - Dobbiamo ten­tare di tutto, per ottenere dai prigionieri le infor­mazioni che potrebbero salvare la nave.

L’Interprete                              - E' una frase del comandante.

Il Comandante in seconda        - Che io condivido pienamente.

L’Interprete                              - Sì, sì. Ma è un dovere che vi por­terà più lontano di quanto non pensiate.

Il Comandante in seconda        - No. C'impegna fino a dove lo avevamo previsto.

L’Interprete                              - E avevate previsto quello che si potrà dire, se la nave salta con voi?

Il Comandante in seconda        - Sì. Che ci siamo sacrificati.

L’Interprete                              - Sacrificando anche due prigio­nieri feriti.

Il Comandante in seconda        - Avrebbero potuto essere uccisi dai nostri proiettili. Sapevano il rischio che correvano.

L’Interprete                              - Appunto: immagini che siano stati uccisi. Noi avremmo sul « Valiant » due ca­daveri. Il comandante non avrebbe potuto interro­garli. Che avrebbe fatto?

Il Comandante in seconda        - Non lo so.

L’Interprete                              - Possiamo immaginarlo: avrebbe fatto sgombrare immediatamente la corazzata.

Il Comandante in seconda        - Non è detto.

L’Interprete                              - In questo caso, saremmo tutti a bordo, rischiando o non rischiando di saltare. Po­tremmo sacrificarci senza rimorsi.

Il Comandante in seconda        - Non ho nessun rimorso. Come i nostri prigionieri, d'altronde.

L’Interprete                              - Come Io può dire, Clark, dopo quello che ci ha confessato uno di loro?

Il Comandante in seconda        - Abbiamo anche ammesso di non poterci fidare del tutto.

L’Interprete                              - Sì, ma per misura di prudenza. Con l'istinto, abbiamo sentito che quell'uomo non c'ingannava.

Il Comandante in seconda        - Conta solo la pru­denza.

L’Interprete                              - Non prova alcun dubbio lei, di fronte a quello che le pare il dovere?

Il Comandante in seconda        - Il nostro onore è in gioco.

L’Interprete                              - Sì, quello della Marina Inglese. E di qui, i miei dubbi.

Il Comandante in seconda        - Ah! Field, il comandante ha ragione quando dice che lei è troppo intellettuale!

L’Interprete                              - Lasci che il comandante pensi quello che vuole. Ora non c'è. Pensi per conto suo.

Il Comandante in seconda        - Lei sa quanto me che, meno è presente, e più debbo assomigliargli.

L’Interprete                              - Così mi trovo un ragionatore, quando veramente non ho voglia di ragionare. L'onore, Clark, sarà poi proprio morire con dei ne­mici fuori combattimento, che abbiamo rifiutato di curare? Non sarebbe piuttosto il salvare due uomini la cui vita dipende da noi, far passare la salvezza di due prigionieri, prima di quella di una nave? (Una pausa) E anche mettendosi sul piano pratico dell'esempio, o meglio - mi permetta          - della propaganda, non sarebbe più ammirevole un soldato che, dopo aver fatto il suo dovere, scelga la bontà piuttosto che l'orgoglio?

Il Comandante in seconda        - Basta che un capo sia veramente capo. Non serve...

L’Interprete                              - (interrompendolo) Non vi è sacrificio per l'onore senza orgoglio. E non vi è onore senza bontà.

Il Comandante in seconda        - Noi facciamo la guerra, Field.

L’Interprete                              - L'eroismo, qualche volta può con­sistere nel fermarsi in tempo. (Un momento di silenzio, il comandante in seconda sta riflettendo).

Il Comandante in seconda        - Ma perché dice proprio a me queste cose? Perché non ne ha par­lato prima col comandante?

L’Interprete                              - Perché con lui è inutile. (Una pausa) Perché l'interprete pensa: bisogna che sia inutile. Se mi sono aperto con lei, Clark, è forse per non doverlo fare col comandante, al suo ritorno. Il Comandante in seconda (con tono di co­mando) Field, ritorni immediatamente dai pri­gionieri. Spieghi loro, se non lo avessero ancora capito, che rimarranno nella Santa Barbara fino a quando avranno parlato, altrimenti salteranno con la nave.

L’Interprete                              - Va bene! (Esce. Non appena l'in­terprete è uscito, il comandante in seconda guarda il suo orologio e lascia trapelare la sua ansietà).

Il comandante in seconda si reca nel corridoio, come se non riuscisse più a star solo.

Il sottuf­ficiale e i due marinai stanno mangiando. Si raddrizzano. Luce sul deposito di destra.

Il Comandante in seconda        - (cordialmente) Andiamo bene?

Il Sottufficiale                          -  Sì, comandante. (Come per scusarsi) E' il comandante che ci ha fatto mandare i viveri.

Il Comandante in seconda        - E allora, buon appetito.

Il Sottufficiale                          -  E' più che altro la sete. In quanto all'appetito...

Il Comandante in seconda        - Lo so. L'odore, il caldo...

Il primo Marinaio                      - (come se il pensiero prece­desse le parole) E il resto.

Il Comandante m seconda        - Più tempo passa e più ci allontaniamo dal pericolo. Avete passato un brutto quarto d'ora. Vi farò dare una licenza speciale.

Il Sottufficiale e

Il secondo Marinaio                  - (Il primo marinaio è scuro in volto e scettico) Grazie comandante.

Il Comandante in seconda        - Non avete osser­vato niente, nel deposito, prima dell'ingresso del tenente?

Il Sottufficiale                          -  No. Non si sono mossi, prima che io andassi a portar loro da bere, per ordine del comandante.

Il Comandante in seconda        - Ah! E che cosa hanno detto? Hanno accettato?

Il Sottufficiale                          -  Sì. Senza storie.

Il Comandante in seconda        - E quello ferito al fianco?

Il Sottufficiale                          -  E' appoggiato alla parete. Non si muove.

Il primo Marinaio                      - E' l'altro che gli ha dato da bere.

Il Comandante in seconda        - Non ha detto niente?

Il Sottufficiale                          -  A noi no. Ha solo parlato in italiano col suo compagno. (Un momento di si­lenzio).

Il primo Marinaio                      - (molto rispettoso ma nello stesso tempo intimidito e audace, alzando la mano al berretto) Comandante, ha sete?

Il Sottufficiale                          - (richiamandolo all'ordine) Btadley!

Il Comandante in seconda        - Avrei anche potuto avere sete... grazie di averci pensato. Ma non mi serve nulla. (Rumore di passi sulla scaletta. I quattro uomini si rivoltano. Appare un ufficiale) Lei qui, signor pastore?

Il Pastore                                  - Sì, vorrei parlare al comandante.

Il Comandante in seconda        - Non c'è. Sta per tornare, ma dubito che la possa ricevere.

Il Pastore                                  - Mi concede di attenderlo?

Il Comandante in seconda        - Non credo sia il momento adatto. A meno che sia urgente...

Il Pastore                                  - E' urgente...

Il Comandante in seconda        - Gli riferirò quanto lei ha da dire.

Il Pastore                                  - E' la sua risposta che mi serve.

Il Comandante in seconda        - Di che si tratta? (Senza dare al pastore il tempo di rispondere) Eccolo che ritorna. (Rumori di passi frettolosi sulla scala).

Il Comandante                          - (al comandante in seconda) Allora niente di nuovo?

Il Comandante in seconda        - No. Field sta trat­tando con loro.

Il Comandante                          - Mi segua Clark. (Il coman­dante e il comandante in seconda entrano nel de­posito di destra).

Il Pastore                                  - (ai tre uomini) Dovete aver caldo qui!

Il Sottufficiale                          -  Ma! E' questione di abitu­dine, signor pastore.

Il Pastore                                  - Gli italiani sono nel deposito?

Il Sottufficiale                          -  Sì, signor pastore.

Il Pastore                                  -  Hanno l'aria di soffrire per le ferite?

Il Sottufficiale                          -  Non ci ho fatto caso. (Si­lenzio).

Il Pastore                                  -  Ma noi ci siamo già visti.

Il Sottufficiale                          -  Sì. Ero io che comandavo il picchetto d'onore al funerale del marinaio Greeb.

Il Pastore                                  -  Quel poveretto che è morto di tifo?

Il Sottufficiale                          -  Sì, signor pastore.

Il Pastore                                  -  Lo conoscevi bene?

Il Sottufficiale                          -  Io no. (Indicando il primo marinaio) Bradley sì.

Il primo Marinaio                      - Era il mio migliore amico. Andavo sempre a terra con lui.

Il Pastore                                  -  L'ho avvicinato solo durante la sua  malattia: era un uomo in gamba. (Un momento di silenzio) Avete avuto notizie da casa ultima­mente?

Il primo Marinaio                      - Per dire la verità, la posta funziona male.

Il Pastore                                  -  Mi hanno assicurato che i servizi verranno migliorati.

Il primo Marinaio                      - Era ora.

Il Pastore                                  -  Capisco la vostra impazienza. (Buio nel corridoio).

Luce sul deposito di destra.

Il Comandante                          - Mi domando che cosa stia facendo Field. Perché non ritorna?

Il Comandante in seconda        - Potrebbe essere un buon segno.

Il Comandante                          - O anche un cattivo segno. E dire che l'ammiraglio si stupisce di non essere stato ancora informato circa le notizie ottenute! Laggiù sono impazienti. Io al loro ,posto mi ci metto, ma non loro al nostro. Provveda a far accelerare lo sbarco, Clark, e dica al pastore di entrare. (Il co­mandante in seconda introduce il pastore e scom­pare) Signor pastore, debbo avvertirla che posso concederle solo il tempo in cui il mio interprete è assente.

Il Pastore                                  -  Immagino, comandante, quanto conti ogni minuto per tutti coloro che sono a bordo della sua nave. D'altra parte è proprio la ragione per la quale son venuto da lei.

Il Comandante                          - (aggressivo) Mi domando, si­gnor pastore, come può essere informato di quello che succede. Avevo dato ordini severissimi per man­tenere il segreto assoluto su questi interrogatori.

Il Pastore                                  -  Nessuno dei suoi uomini è colpe­vole, comandante. Io sono il solo responsabile del concetto che mi sono fatto della situazione. Come vuole che non si comprenda il motivo per cui si ordina lo sbarco dell'equipaggio, proprio dopo la cattura dei sommozzatori italiani?

Il Comandante                          - Si sa dunque che gli italiani sono stati catturati?

Il Pastore                                  -  Sì, e feriti... gravemente feriti. E che li interroga lei personalmente, nei depositi. Questo lo sanno tutti.

Il Comandante                          - Chi l'ha accompagnato qua?

Il Pastore                                  -  Un marinaio di cui ignoro il nome.

Il  Comandante                         - E come mai non stava sbar­cando?

Il Pastore                                  -  Mi ero rivolto al suo superiore che gli ha detto di accompagnarmi.

Il Comandante                          - Non avrebbe dovuto forzare le consegne, pastore.

II Pastore                                  - Non ce n'è stato bisogno. Gli uomini dell'equipaggio sanno chi sono.

Il Comandante                          - Bene. Non perdiamo tempo. Immagino che lei desideri vedere i prigionieri.

Il Pastore                                  -  Sì, comandante.

Il Comandante                          - Purtroppo mi dispiace doverle dire che non è possibile. Li stiamo interrogando... in questo momento il mio ufficiale interprete è con loro.

Il Pastore                                  -  E dopo?

Il Comandante                          - Dopo li vedrò io.

Il Pastore                                  -  Aspetterò che lei abbia finito.

Il Comandante                          - I miei interrogatori dureranno finché si saranno decisi a parlare o fino a quando la nave salterà. Quindi non c'è motivo che lei aspetti. Se avranno parlato prima che il bastimento salti, m'impegno a farglieli incontrare a terra, quando li avremo curati.

Il Pastore                                  -  Comandante, io li devo vedere adesso. Anche io le faccio una promessa: la mia visita, orologio alla mano, non durerà più di cinque minuti. Conceda loro almeno questi cinque minuti.

Il Comandante                          - Non posso. La sua visita po­trebbe dar loro l'impressione che abbiamo deciso di lasciarli nei depositi mentre noi abbandoniamo la nave, e che di conseguenza sono condannati a morte. Debbono avere fino all'ultimo l'impressione che parlando avranno salva la vita. Non pensi che io li voglia torturare. Non ce l'ho con questi uomini perché fanno il loro dovere. Io però faccio il mio.

Il Pastore                                  -  Mi sembra che il suo dovere e quello che le chiedo io siano conciliabili.

Il Comandante                          - Non la penso così. D'altra parte, signor pastore, non so che cosa lei possa dire a questi italiani. Gli italiani sono cattolici, lei lo sa.

Il Pastore                                  -  Sì, quasi tutti, ma fra cristiani esi­ste una solidarietà nel momento del pericolo. Siamo fratelli attraverso il battesimo. Mi è capitato, in altre circostanze, di essere stato chiamato al ca­pezzale di un cattolico che non voleva morire senza assistenza religiosa. E credo di aver lenito la sua agonia.

Il Comandante                          - E se questi italiani fossero ebrei o semplicemente atei?

Il Pastore                                  -  Le ripeto, lo saprò dopo averli visti. Non m'imporrò a loro, mi creda. Voglio sola­mente che non si sentano abbandonati. Se vi fosse solo una possibilità su mille di rendere meno dura la loro morte, non devo lasciarmela sfuggire.

Il Comandante                          - Io le rispondo che se c'è una sola possibilità su mille di farli parlare, sarò io a non farmela sfuggire. E là sua visita potrebbe com­promettere questa possibilità.

Il Pastore                                  -  Non ne sono convinto. Potreb­bero dirle quello che lei aspetta anche dopo la mia visita.

Il Comandante                          - Vuol dirmi che li consiglierà a parlare?

Il Pastore                                  -  Questi non sono consigli che io posso dare. Il mio compito è di curare le coscienze e non solo coscienze di soldati. E' alla sua che io mi appello.

Il Comandante                          - Io sono un soldato.

Il Pastore                                  -  Né lo dimentico. Ma lei non è solo quello.

Il Comandante                          - In questo momento invece non sono altro.

Il Pastore                                  -  Pur rimanendo un soldato, coman­dante, può prendere una decisione più umana.

Il Comandante                          - Scusi. (Apre la porta che dà sul corridoio e rivolgendosi al sottufficiale) Chiedi al tenente, l'interprete, se c'è n'è ancora per molto. (Richiude la porta) Così, signor pastore, lei è venuto soprattutto per parlare con me. Perché ha voluto farmi credere di voler parlare con i pri­gionieri?

Il Pastore                                  -  Volevo vederli, nel caso lei mi avesse dichiarato che si era deciso di lasciarli soli nei depositi.

Il Comandante                          - Mentre io sarei sbarcato?

Il Pastore                                  -  Sì, con gli uomini di guardia, l'in­terprete, gli infermieri e i servizi di sicurezza.

Il Comandante                          - Gliel'ho già detto: non ho la tempra dell'assassino. Sappia che non ho neppure quella del vile.

Il Pastore                                  -  Ma la sua decisione di rischiare con i prigionieri impegna altre vite oltre la sua. E non sono vite di nemici.

Il Comandante                          - (ironico) Così lei farebbe una differenza di valore fra le anime?

Il Pastore                                  -  Comandante, non mi attribuisca i sentimenti di un soldato il cui dovere è di dare più valore alla vita dei suoi uomini, che a quella dei suoi nemici. Mi rivolgevo al soldato che lei è, per tentare di diminuire il numero di vittime di... come si può dire...

Il Comandante                          - Di questo combattimento. Noi combattiamo, signor pastore, e se degli inglesi muoiono questa notte, la loro morte sarà quella di uomini impegnati a fondo in un'azione, come se si trattasse di una battaglia navale.

Il Pastore                                  -  Ma se questi morti non fossero ne­cessari...

Il Comandante                          - Non esistono solo le esigenze strategiche. Vi sono anche le altre, le esigenze morali.

Il Pastore                                  -  Non parli di morale in questo caso, comandante.

Il Comandante                          - Esiste la morale dell'esempio. Anche questo, non spetta a me insegnarglielo.

Il Sottufficiale                          - (aprendo la porta) Coman­dante, il tenente le fa dire che ritorna subito.

Il Comandante                          - Va bene. (Lo rimanda con un gesto).

Il Pastore                                  -  La lascio, comandante. Ma prima di andarmene mi permetta di ripeterle una do­manda: crede che il sacrificio di questo pugno di uomini intorno a lei sia proprio necessario?

Il Comandante                          - Dobbiamo dimostrare al ne­mico e anche ai nostri come si sa ancora morire nella Marina Inglese. Una nave non salta come una trincea minata che si abbandona. E nell'altra guerra, non furono abbandonate tutte le posizioni minate. Molti morti hanno dato l'esempio. (A questo punto l'interprete rientra nella stanza. Il pastore fa il gesto di avvicinarsi alla porta. Il comandante lo trattiene con un gesto. All'interprete) Allora, il nuovo sistema ha avuto successo?

L’Interprete                              - Non più dell'altro.

Il Comandante                          - Ha verificato lo stato delle fasciature? '

L’Interprete                              - Sì. .

Il Comandante                          - Non si sono opposti?

L’Interprete                              - No.

Il Comandante                          - Non hanno aperto bocca?

L’Interprete                              - Sì! Ma solo per dirmi che era inutile insistere. Poi...

Il Comandante                          - (tagliandogli la parola) Le sono sembrati più nervosi di prima?

L’Interprete                              - No.

Il Comandante                          - E perché è rimasto così a lungo con loro? (L'interprete esita a rispondere) Parli pure davanti al pastore.

L’Interprete                              - Ho voluto dar l'impressione di aver molto tempo davanti a me perché ci credano decisi ad andare fino in fondo.

Il Comandante                          - Ma lo siamo. Ha detto loro che la Santa Barbara è nella parte posteriore della nave, proprio vicino alle eliche?

L’Interprete                              - Sì, comandante.

Il Comandante                          - E come hanno reagito?

L’Interprete                              - Con un sorriso.

Il Comandante                          - Senza una parola?

L’Interprete                              - Senza una parola all'inizio, poi mi hanno fatto delle domande. Ho giudicato inte­ressante ascoltarle, nel caso ci potessero dare degli schiarimenti.

Il Comandante                          - (impaziente) Ma si può sapere che cosa le hanno chiesto?

L’Interprete                              - Se avevamo finito di sgombrare la nave, e se lei aveva l'intenzione di rimanere a bordo con i loro custodi e me.

Il Comandante                          - E lei non ha risposto?

L’Interprete                              - Effettivamente ho pensato che avrebbe risposto lei di persona, se lo avesse giudi­cato opportuno.

Il Comandante                          - Ma ci stanno prendendo in giro questi uomini? (Al pastore) Lei capisce bene, signor pastore, che se il loro scopo fosse soltanto di farci sgombrare la nave, sarebbe necessario che a bordo rimanessero il comandante e alcuni uomini. Per semplice precauzione d'ordine militare.

Il Pastore                                  -  Credevo lei fosse convinto che la nave era stata silurata.

Il Comandante                          - Ne sono sicuro... cioè quasi; ma neppure posso escludere l'altra ipotesi.

L’Interprete                              - Comandante, ha intenzione di ricevere i prigionieri?

Il Comandante                          - No. Dica loro da parte mia che un comandante della Marina Inglese non ha l'abitudine di prendere in considerazione le do­mande dei suoi prigionieri, anche quando costoro hanno risposto alle sue, il che non è avvenuto nel nostro caso. (L'interprete sta per uscire) Le pare che il ferito più grave soffra molto? Si la­menta?

L’Interprete                              - Dà l'impressione di soffrire molto, ma non si lamenta.

Il Comandante                          - (all'interprete) Va bene. Vada pure. (Al pastore) Come può constatare lei stesso, il mio mestiere non è facile. Con molto rispetto le chiedo di non renderlo più complicato. Sono stato forse un po' troppo brusco con lei poco fa, mi voglia scusare.

Il Pastore                                  -  Comandante, conosco la sua retti­tudine e so che, se siamo in conflitto, è per quello che si può chiamare un caso di forza maggiore. Avrei preferito che le nostre forze maggiori fos­sero le medesime.

Il Comandante                          - Auguriamoci che lo siano domani.

Il Pastore                                  -  Domani sarà troppo tardi, lei lo sa. Per noi non ci sarà un domani.

Il Comandante                          - Per noi?

Il Pastore                                  -  Non mi rifiuterà il diritto di rima­nere con lei, comandante. Intendo dire: con i suoi uomini.

Il Comandante                          - Signor pastore, sono commosso del suo gesto, ma non posso accettarlo per- I che la sua presenza rischia di demoralizzare i miei uomini. Se debbono morire, che sia almeno senza saperlo; io li porto forse alla morte, ma certo non alla tortura. Che mantengano le loro illusioni fino in fondo.

Il Pastore                                  -  Lei crede che non sappiano essere condannati?

Il Comandante                          - Lo temono senza esserne sicuri. Finché non ne saranno sicuri, spereranno.

Il Pastore                                  -  Se lei ha il diritto, comandante, di far rischiare la vita a degli uomini, non ha quello di impedir loro di prepararsi a morire.

Il Comandante                          - Sono il solo a cui potrebbe dare dei consigli religiosi, senza calpestare i miei diritti. Ma non ho la fede. Non penso che la ritro­verò questa notte. Non ne ho più il tempo.

Il Pastore                                  -  Nessuno ha mai tempo. Dobbiamo trovarlo. Ha pensato al suo interprete? Lui sa tutto, poiché parla in sua vece. Porta le sue pa­role, comandante, non la sua anima. Lei non può disporre in questa maniera della sua coscienza

Il Comandante                          - Signor pastore, leiha una tempra da combattente, come noi: difende il suo terreno palmo a palmo. Quello che perde da un lato, cerca di riconquistarlo dall'altro. Ma si con­vinca che io ho bisogno di un interprete energico, che in questo momento pensi al suo me­stiere e non alla sua vita eterna. (Un momento dì pausa) Credo che non abbiamo altro da dirci. Se Dio esiste, giudicherà che lei ha compiuto il suo dovere in modo esemplare. Se la prenderà solo con quel dannato comandante che le ha sbarrato il cammino.

Il Pastore                                  -  Le vie di Dio sono aperte a tutti, comandante, anche senza le mia presenza, ed anche per lei. (Il comandante fa un gesto che significa: « Beh! Tanto meglio » poi dà la mano al pastore).

Il Comandante                          - Arrivederci, signor pastore.

Il Pastore                                  -  Arrivederci, comandante  - (Esce).

Questa scena, se il regista lo ritenesse opportuno,

può essere anche eliminata.

In tal caso si attacchi con la battuta del comandante:

«chiama il comandante in seconda»,

dopo aver mostrato il comandante che cammina;

quindi si siede e guarda l'ora.

Il pastore attraversa il corridoio che viene rischiarato.

Il deposito di destra deve rimanere illuminato.

Il comandante durante la scena camminerà in su e giù per la stanza,

poi si siederà su di una cassa.

 Il Pastore                                 - (ai marinai) A presto, amici miei.

Il primo Marinaio                      - Non si chiederebbe di meglio, signor pastore.

Il Pastore                                  -  E perché no?

Il primo Marinaio                      - Ma lei lo sa...

Il Pastore                                  -  Sono convinto che tutto si siste­merà, e che ci rivedremo presto.

Il primo Marinaio                      - In quanto a questo, le giuro che, se me la cavo, domenica mi vedrà alla sua funzione.

Il Pastore                                  -  Allora arrivederci a domenica. Buonasera a tutti. (I / pastore scompare).

Il primo Marinaio                      - (ai suoi compagni) Avete sentito? Un pastore non racconta balle. Vi pare?

Il secondo Marinaio                  - Un pastore cerca di fare del bene come può.

Il primo Marinaio                      - Credi che abbia voluto consolarci?

Il secondo Marinaio                  - Sì, per tirarci su il morale.

Il primo Marinaio                      - (al sottufficiale) Che ne dice lei, capo?

Il Sottufficiale                          -  Io non penso a nulla. Non sono abituato a frequentare i pastori.

Il secondo Marinaio                  - Vorrei proprio sapere perché è venuto qua...

Il Comandante                          - (che si è appena alzato dopo aver guardato l'ora, apre la porta che dà sul corridoio di batteria. Al sottufficiale) Chiama il coman­dante in seconda.

Il Sottufficiale                          -  Sì, comandante. (Scompare sulla scaletta).

Il Comandante                          - (ad uno dei due marinai) Chia­mate l'interprete.

Il  secondo marinaio apre la porta del locale ed entra.

L'interprete attraversa subito il corri­doio

ed entra nel deposito di destra che rimane il solo illuminato.

Il Comandante                          - (nervosamente) Allora? Che succede?

L’Interprete                              - Ho ritenuto mio dovere dar loro da bere. Uno dei due è così debole che ho dovuto tenergli io il recipiente.

Il Comandante                          - La compassione in questo mo­mento ci fa perdere tempo. Bisogna agire.

L’Interprete                              - Agire?... Ma che possiamo fare? Non c'è che aspettare o andarcene.

Il Comandante                          - (ingresso del comandante in se­conda) No. Abbiamo ancora una cosa da ten­tare.

Il Comandante in seconda        - Ha bisogno di me, comandante?

Il Comandante                          - Sì. Dicevo appunto a Field che volevo fare un ultimo tentativo. Vada immediatamente a prendere un registratore con molti metri di filo e i microfoni. Faccia presto però!

Il Comandante in seconda        - Subito coman­dante.

Il Comandante                          - (all'interprete) Ha compreso le mie intenzioni?

L’Interprete                              - Sì.

Il Comandante                          - Le approva?

L’Interprete                              - Penso che possano esserci utili.

Il Comandante                          - E' quello che voglio. Ma lei sembra reticente...

L’Interprete                              - Vedo il prò e il contro.

Il Comandante                          - Trova una volta di più che non è leale?... Ma che cosa c'è di leale in guerra?... Bisogna fare di tutto per vincere. Se non si fa di tutto si è sleali verso il proprio paese.

L’Interprete                              - Una teoria che può portar lon­tano...

Il Comandante                                      - Lei è un civile in divisa, signor Field. Un civile coraggioso, ma non un soldato. Ra­giona troppo.

L’Interprete                              - (molto vivacemente, mettendosi quasi sull'attenti) Ha chiesto il mio parere, co­mandante. Ho obbedito da soldato, dandoglielo. Altrimenti lo avrei tenuto per me.

Il Comandante                          - (dandogli un colpo amichevole sulla spallò) Buon Dio! Tenente, non è il mo­mento di aversela a male. (Guarda l'orologio) Le due e trentacinque. Pensare che non sappiamo se ogni secondo ci avvicina o ci allontana dai peri­colo. (Ritorna il comandante in seconda portando registratore, filo e microfoni. Rivolto a lui) Si­stemi il registratore là dietro, fra le casse e la parete. Attenzione! Non faccia rumore. Se sospet­tassero qualcosa, tutto sarebbe compromesso. (All'interprete) Field, mi conduca i prigionieri e co­municherò loro che ho deciso di lasciarli qua mentre anche io abbandonerò la nave. Farò una brutta figura con loro, ma è il solo modo per farli parlare liberamente. Dica pure ai marinai di guardia di andare immediatamente sul primo ponte con gli infermieri e il maggiore.

L’Interprete                              - Sì, comandante. (Esce).

Il Comandante                          - (al comandante in seconda) E' pronto?

Il Comandante in seconda        - Un istante, co­mandante.

Il Comandante                          - Faccia presto.

Il Comandante in seconda        - Bisognerebbe forare la parete per farvi passare il filo.

Il Comandante                          - Non ne abbiamo il tempo. Lo faccia scivolare sotto la porta... Non è stagna.

Il Comandante in seconda        - Possono vederlo.

Il Comandante                          - Li lasceremo al buio.

Il Comandante in seconda        - Ma se lo toccano?

Il Comandante                          - Le ripeto che non abbiamo tempo. Speriamo nella fortuna e nel caso. Non avranno certo voglia di fare l'inventario della loro prigione.

Il Comandante in seconda        - Non si sa mai...

Il Comandante                          - (in tono perentorio) Comun­que non ne avranno la forza. Non ha visto come sono ridotti?

L’Interprete                              - (ritornando) Fatto. I marinai se ne sono andati.

Il Comandante                          - Soddisfatti, penso.

L’Interprete                              - Non l'hanno dimostrato. (Al co­mandante in seconda) Posso darle una mano, Clark?

 Il Comandante in seconda       - (all'interprete) Tiri il filo più che può, contro la parete.

Il Comandante                          - (impaziente) Non è il caso di far storie, Clark. Faccia presto! (All'interprete) Lei mi porti qui i prigionieri! (L'interprete si rea nel deposito di sinistra che è sempre al buio, men­tre il comandante in seconda rimane nel corridoio che viene rischiarato. Nasconde la cuffia di ascolto tra la parete e se stesso, e si assicura ancora una volta che il filo non sia troppo visibile. Una pausa. Il comandante rimasto nel deposito dì destra guarda il suo orologio. Affacciandosi alla porta, al comandante in seconda con ansia, ma soffocando la voce) Che fanno?

Il Comandante in seconda        - Uno dei prigio­nieri non ce la fa a stare in piedi.

Il Comandante                          - Vado io. (Si reca nel deposito di sinistra che è buio).

Oscuramento della scena per brevi attimi.

(Riaccesa la lue prigionieri e l'interprete. Aiuta quest'ultimo a so­stenere il ferito grave, che sistema su dì una cassa, con la schiena appoggiata alla parete nel deposito di destra). Il comandante ricompare con i nere in questa stiva fino all'ultimo. (I due prigionieri non reagiscono).

Il Comandante                          - Ask them if they have some-thing to say.

L’Interprete                              - Avete qualcosa da dire?

Il Prigioniero                             - (che è il meno forte, con estrema calma) Cosa intendete dire con «fino all'ul­timo » ?

Il Comandante                          - What is it?

L’Interprete                              - I told them that they would have remained here until last minute he asks me what is the meaning.

Il Comandante                          - Say to him that he knows it better than we do... no...? That he knows as much as we do.

L’Interprete                              - Il comandante dice che lo sa­pete quanto noi.

Il primo Prigioniero                  - Allora ve ne andate?

L’Interprete                              - Chiede se ce ne andiamo. Che devo rispondere? (Il comandante facendo cenno di non rispondere si dirige verso la porta).

Il primo Prigioniero                  - Buon viaggio, coman­dante! E grazie mille per la nave! Non avremmo sperato tanto! (Il comandante e l'interprete escono nel corridoio e l'interprete chiude la porta).

Il Comandante                          - Teniamoli al buio. (L'inter­prete gira un interruttore che sì trova nel corridoio vicino alla porta del deposito e la luce si spegne nel deposito stesso ove si trovano ì due prigionieri).

Il Comandante                          - Cosa ha detto mentre sta­vamo uscendo?

L’Interprete                              - (esitante) Oh... nulla di inte­ressante...

Il Comandante                          - (violento, ma cercando di dominarsi) Ma che cosa? Voglio saperlo.

L’Interprete                              - (alzando le spalle) Ha detto esat­tamente: buon viaggio, comandante. E grazie di abbandonarci la nave. Non speravamo tanto.

Il Comandante                          - (all'interprete) Che boria, questi italiani.

L’Interprete                              - Hanno coraggio.

Il Comandante                          - Sì... hanno anche coraggio. (Un momento di pausa) Hanno lasciato qui le loro co­perte. Gliele porti, Field. (Al comandante in se­conda) Prepari tutto per un ascolto immediato.

Il Comandante in seconda        - Sì, comandante.

Il Comandante                          - Il ferito al ventre mi è sem­brato molto debole.

Il Comandante in seconda        - Sì. Non ne avrà più per molto.

Il Comandante                          - Crede?... E forse nemmeno noi. (Una breve pausa) Il maggiore è sempre sul ponte superiore, vero?

Il Comandante in seconda        - Sì, comandante. (L'interprete ritorna).

Il Comandante                          - Hanno detto nulla?

L’Interprete                              - Hanno detto grazie.

Il Comandante                          - Per prenderci in giro?

L’Interprete                              - No... per abitudine, credo.

Il Comandante                          - Avevano l'aria sorpresa?

L’Interprete                              - Non ho potuto rendermene conto. Al buio...

Il Comandante in seconda        - Ci sarebbe di che esserne stupiti. Li condanniamo a morte, ma non vogliamo che prendano freddo.

Il Comandante                          - (spazientito, al comandante in se­conda) Ma è pronto, Clark? Con le sue lungag­gini ci spaccia tutti!

Il Comandante in seconda        - Ecco... un attimo ancora... fatto!

Il Comandante                          - Passi i microfoni a Field e salga sulla scala. Poi riscenda senza far rumore. (Mentre Clark esegue l'ordine, il comandante all'in­terprete) Stanno parlando?

L’Interprete                              - Non ancora. (Un momento di silenzio. Al ritorno del comandante in seconda il comandante chiude con cautela la porta che dà sul corridoio).

Il Comandante                          - (all'interprete) Sempre nulla?

L’Interprete                              - Nulla.

Il Comandante                          - (al comandante in seconda) E' sicuro che l'apparecchio sia bene innestato? (Il co­mandante in seconda fa un gesto per rassicurarlo. All'interprete) Non sente nulla?

L’Interprete                              - Sì. Ho sentito un rumore. Si­lenzio! (Un attimo di silenzio).

Il Comandante                          - Parlano?

L’Interprete                              - No. Ma uno dei due respira molto forte: dev'essere quello ferito al ventre.

Il Comandante                          - Non creperà prima di aver parlato?

L’Interprete                              - (facendo un gesto per far tacere il comandante) Adesso sento un rumore di passi.

Il Comandante in seconda        - Crede che uno dei due stia camminando?

L’Interprete                              - Ne sono sicuro.

Il Comandante in seconda        - Speriamo che non tocchi il filo! (Il comandante alza le spalle).

L’Interprete                              - Si è solo alzato per avvicinarsi all'altro. (Una pausa. Il comandante e il coman­dante in seconda sono uno da un lato e uno dall'altro dell'interprete che è seduto su una cassa di munizioni. Il comandante, chino in avanti, ha il viso vicino a quello dell'interprete, come se volesse prender parte all'ascolto. Non riesce a star fermo. Il comandante in seconda, immobile, è appog­giato alla parete) Parlano.

Il Comandante                          - Traduca mano a mano, senza tralasciare una parola.

L’Interprete                              - (traducendo) « Così, questa volta, vecchio mio, è finita. Adesso ci lasceranno stare». (Una pausa) Quello lì non ce la fa a parlare. Deve essere il ferito grave. « Fregati per fregati... ». E' di nuovo il primo che parla. « Si sta meglio così, non trovi?». «Sì... la penso come te... Enrico». « Però sono dei selvaggi. Il fair-play, come lo chia­mano, lo applicano a modo loro. Sbarcano col co­mandante, e noi ci rinchiudono nella cala. Non meritava farci cambiare deposito per annunciarci questo. Ci trattano da spie, ma sanno quanto noi che siamo soldati. E poi come hanno insistito per sa­pere dov'era la nostra unità? Hai visto il coman­dante? » (Breve pausa. Sì percepisce l'esitazione dell'interprete).

Il Comandante                          - Allora, che cosa, il coman­dante?

L’Interprete                              - « Una carogna. Non ti ha nem­meno fatto curare ». « Non sarebbe servito a nulla ». E' il ferito che parla. « Intanto... eravamo condannati». «Come ti senti Luigi?». «Debole, un po' debole... ma non ha più importanza ». (Un momento di pausa).

Il Comandante                          - Tacciono?

L’Interprete                              - Sì.

Il Comandante                          - Si decideranno a dire quello che c'interessa?

Il Comandante est seconda      - Lo hanno detto.

Il Comandante                          - Come?

Il Comandante in seconda        - Lo hanno pur detto che erano spacciati, e che non l'avrebbero raccontata loro quest'avventura... vuol dire che la nave è minata.

Il Comandante                          - Lo sapevamo.

Il Comandante in seconda        - Senza esserne si­curi. Adesso invece ne siamo sicuri.

Il Comandante                          - Non basta.

L’Interprete                              - Silenzio! Ricominciano a parlare. « Ho sbagliato Enrico... non avrei dovuto dire... che la nave era minata... ». È il ferito grave. « Ho salvato l'equipaggio... ma se... non avessi parlato... ci sarebbero stati molti marinai inglesi di meno... ». « Credevi di far bene, e poi, anche se non avessi parlato, avrebbero fatto sbarcare lo stesso l'equi­paggio. Quanto hai detto non ha fatto che accele­rare l'operazione ». « Forse... non ne avrebbero avuto il tempo... ». « E' vero, sarebbero stati un migliaio di farabutti di meno, ma non ti preoccu­pare, Luigi, abbiamo fatto un buon lavoro lo stesso. Mi dispiace soltanto che il comandante si sia po­tuto mettere in salvo. Peccato che non salti con noi... abbiamo fatto male a non tirarla in lungo con gli interrogatori. E' il solo torto che abbiamo. Ma non potevamo prevedere che avrebbero mol­lato così presto. Mi pareva più in gamba ». L'altro, il ferito grave, risponde: « Enrico, speravo anche che parlando... ti avrei salvato la pelle... avrei... tanto voluto... che tu te la cavassi... ed eccoci tutti e due... nello stesso... pasticcio... ». (Un momento di silenzio) « Ti fa male, eh, Luigi? ». « No, non tanto adesso... avevo molto male... poco fa... ades­so non provo quasi niente... e te? ». « Io sono un po'... (cercando le parole) un po'... ». E' una pa­rola che non capisco... « Come qualcuno che abbia ricevuto un pugno ». Credo. (Un momento di si­lenzio).

Il Comandante -                       - Hanno smesso di parlare?

L’Interprete                              - No... (breve pausa) Sì, è proprio così: ha detto che era un po' stordito.

Il Comandante                          - Non si muovono?

L’Interprete                              - Sento respirare come se uno dei due facesse un enorme sforzo... Credo che stia coricando il suo compagno per terra, e che lo av­volga nelle coperte. (Breve pausa) Ricomincia a parlare. « Coricato starai meglio. Non hai fred­do? ». « No. Ho sete ». « Copriti le spalle ». « Gra­zie ». « La tua fasciatura è fradicia ». Credo che Enrico stia accomodando la fasciatura di Luigi. « Non è facile, così al buio ». « Lascia stare... non serve più a nulla ormai. Senti... Enrico, non potevo fare diversamente. Quei marinai... Li hai sentiti quanto me. Non sapevano... che parliamo inglese. Non hanno bluffato loro. Noi... noi avevamo scelto. Bisognava... aver pietà, Enrico?». «Non ti tor­mentare così, Luigi ». (Una pausa) Credo che En­rico stia frizionando le mani di Luigi.

Il Comandante                          - I marinai di guardia hanno parlato davanti ai prigionieri! Che imbecilli! Sa­ranno puniti come meritano.

Il Comandante in seconda        - Hanno salvato l'equipaggio.

Il Comandante                          - Senza dubbio, ma saranno puniti lo stesso.

Il Comandante in seconda        - Né da lei, né da me, comandante. Quindi non lo saranno.

Il Comandante                          - Tanto meglio per loro. (All'interprete) Allora?

L’Interprete                              - Il ferito grave ha detto qual­cosa, ma non riesco a sentire. Parla troppo piano!

Il Comandante                          - Potrebbe essere la cosa più importante!

L’Interprete                              - Silenzio! « Senti, Enrico... se il meccanismo... non funzionasse... tu saresti salvo... e non avrei fatto nulla... per l'equipaggio. Non credi che... sarebbe meglio?». «No». E' Enrico che dice no. « Non sarebbe meglio. Quello che ci hanno ordinato, era di distruggere la corazzata. Sarà distrutta. Avremo compiuto la nostra missio­ne. Gli ordigni, lo sai che scoppiano sempre. Non ce che da aver pazienza... ». E Luigi domanda: «Che ora è?». Enrico risponde: «Non lo so. Senti, Luigi, abbiamo messo l'ordigno all'una e mezza? ». « Sì ». « A che ora ci hanno catturati? ». «Undici... minuti dopo... ». Enrico ricomincia: «E ci hanno interrogato per più di un'ora ». Luigi prova a parlare: « Il meccanismo... ». Ah! Non lo sento più, la sua voce si è ancora indebolita. L Comandante   - In nome di Dio!

L’Interprete                              - Adesso sta parlando Enrico.

Il Comandante                          - Ma che ha detto Luigi?

L’Interprete                              - Ormai è troppo tardi. Mi lasci ascoltare Enrico. « L'attesa è dura da. sopportare. Soprattutto se non si sa per quanto! Oh... che vada presto! Che finisca... (Un momento di silenzio).

Il Comandante                          - Non parlano più?

L’Interprete                              - Sento il respiro di Luigi. Mi pare che rantoli. Vorrebbe parlare. « No... aspetterai... molto. Oh... Enrico... ho freddo... » I rantoli diminuiscono. Non sento più nulla. Enrico parla: «Luigi, caro Luigi! Dammi la mano... stai male, Luigi? Senti, Luigi... ». Sento che respira molto forte, adesso. Deve essere Enrico. Grida: « Luigi! Luigi!...». (Il comandante e il comandante in seconda si rialzano. Pare quasi che sentano le grida dell'italiano. Una pausa).

L’Interprete                              - Non parla più. (Un momento di silenzio durante il quale i tre uomini sembrano impietriti).

Il Comandante                          - E adesso?

L’Interprete                              - Non credo che Enrico parlerà da solo, a meno che impazzisca!

Il Comandante                          - E' sicuro che Luigi...

L’Interprete                              - (togliendosi la cuffia e dandola al comandante) Tenga, ascolti lei: qui non c'è bisogno di tradurre.

Il Comandante                          - (dopo aver ascoltato per qualche secondo) Piange. (Breve pausa. Al comandante in secondò) Corra sul secondo ponte per dire al maggiore medico e agli infermieri di apprestarsi ad abbandonare la nave immediatamente, con loro; che i destinati ai servizi radio sbarchino al più presto lasciando a bordo il materiale.

Il Comandante in seconda        - E i tre uomini di guardia ai prigionieri?

Il Comandante                          - Che sbarchino senza aspet­tarci.

Il Comandante in seconda        - E la sezione anti­aerea?

Il Comandante                          - Che sbarchi al più presto.

Il Comandante in seconda        - Allora sbarchiamo tutto l'equipaggio?

Il Comandante                          - Sì, l'equipaggio al completo. (Pausa. All'interprete) Non c'è un minuto da per­dere. Andiamo a liberare il prigioniero. Gli ordi­nerà di seguirci. (Il comandante e l'interprete si dirigono verso il deposito di destra: prima di en­trare accendono le luci manovrando l'interruttore esterno).

D prigioniero sopravvissuto è seduto su di una cassa

vicino al corpo inanimato del suo com­pagno, come per vegliarlo.

Raddrizza la testa, sorpreso, ma padrone di sé.

L’Interprete                              - (al prigioniero) Svelto, ci segua. (Il prigioniero non fiata) Si rifiuta di seguirci?

Il Prigioniero                             - Non lascio il mio compagno.

Il Comandante                          - What?

L’Interprete                              - He does not leave his fellow.

Il Comandante                          - (con uno slancio si inginocchia presso il morto e lo solleva. Con l'aiuto dell'inter­prete, se lo carica in spalla. Poi, rivolgendosi all'interprete, indicando il sopravvissuto) Take him away. (Breve pausa) Quickly!

L’Interprete                              - (quasi afferrando il prigioniero) Andiamo. Presto! (L'interprete esce dal deposito e sale sulla scala del corridoio sostenendo il fe­rito. Il comandante li segue, col passo reso più faticoso dal peso, mentre echeggia per tutta la nave l'ordine ripetuto di continuo e sempre più forte: « Posto generale di abbandono nave... Posto gene­rale di abbandono nave... Posto generale di abban­dono nave... » fino a quando il sipario cala lenta­mente).

FINE


[1] Abolendo l'infermiere, le battute saranno sostituite dalle seguenti:

Il secondo Marinaio              - Che caldo!

Il primo Marinaio         - Sì, deve essere più piacevole crepare all'aria libera.

 

[2] Se la parte dell’infermiere è stata tagliata, riattaccare con la battuta del primo marinaio. “Perché se ci sono tanti rischi, il comandante non fa sbarcare l’equipaggio? Sarebbe molto più semplice.

[3] Se l'infermiere non ha parte, riattaccare all'arrivo del sottufficiale: - Niente di nuovo da segnalare?