L’ESAME
Un atto
Di ANTONIO CONTI
PERSONAGGI
LORENZO AURENZI
PROF. DE LISI
ADA CERVI
VIORDI
LUISA
UN BIDELLO
Commedia formattata da
Ambiente di passaggio, più che lavoro, fra gli uffici di segreteria in una Università. Pochi mobili, fra cui una. piccola scrivania. Un uscio in fondo, uno a destra, e un altro a sinistra. Quello di fondo immette su un corridoio; quello a destra (dello spettatore) negli uffici di segreteria; quello a sinistra in un'aula.
Lorenzo Aurenzi - (dimostra poco più di sessanta anni, è un po' curvo, ha la barba e i capelli quasi del tutto bianchi; indossa un abito logoro e stinto, ma decente. Entra da destra e, prima di chiudere l'uscio, si rivolge a salutare ancora) Di nuovo, signor segretario... La riverisco... I miei ossequi, signorina... (S'inchina, chiude. Va alla scrivania, sulla quale sono alcuni libri, dispense, quaderni, il cappello e il bastone: prende tutto e si avvia verso il fondo. Ma, sul punto di aprire, una voluminosa dispensa gli sfugge da sotto il braccio e invano egli cerca di riafferrarla: che, anzi, il moto brusco gli fa perder la stretta delle altre cose, e i libri, le dispense, i quaderni, alla rinfusa, si sparpagliano per terra. Nella confusione gli cadono anche gli occhiali frantumandosi sul pavimento. Ha un gesto disperato, con le mani nei capelli) Oh, povero me, povero me . (Si accinge, curvo, a raccogliere le cose sparse).
Luisa - (impiegata di segreteria, entra da destra) Che diavolo le è successo, maestro ?
Aurenzi - Ah, è lei signorina?... Non vede che guazzabuglio mi è capitato?.'... E' un guaio, guardi: tutti i fogli buttati un po' qua un po' là, proprio adesso che dovevo ripassare le dispense...
Luisa - (lo aiuta a raccogliere) Oh, ma vedrà che in un momento rimettiamo tutto a posto...
Aurenzi - Grazie, signorina, ma non si incomodi tanto. Il signor segretario potrebbe inquietarsi...
Luisa - Cosa vuole, per due minuti...
Aurenzi - Lo vede, eh? signorina, che cosa capita quando si torna studente a sessant'anni.
Luisa - (guardando i numeri delle pagine) Ventitre... non trovo il ventiquattro...
Aurenzi - Mah!... Io non mi ci raccapezzo. Anche gli occhiali si son rotti. E adesso come faccio?. Come faccio a rileggere qualche cosa... almeno i sunti...
Luisa - Non si impressioni. Vedremo di rimediare.
Aurenzi - C'è poco da rimediare: da un momento all'altro arrivano i professori, cominciano gli esami e io, che contavo di ripassare, in questa mezz'ora, tutte le date, per ricordarmele meglio... Capirà, ho così poca memoria, ormai... Ecco il ventiquattro...
Luisa - Benissimo. Vede come facciamo presto?
Aurenzi - Lei non può capire, signorina, che ossessione ho io delle date. Le confondo con una facilità che mi sgomenta.
Una voce d'uomo - (da destra) Signorina!
Luisa - Eccomi, cavaliere.
Aurenzi - Vada, vada, non lo faccia inquietare per me...
Luisa - Ma no, non abbia timore per questo. E poi, a momenti abbiamo finito...
Aurenzi - Lei è troppo buona, signorina.
Luisa - Oh, per così poco... Novanta... novantuno...
Aurenzi - Pensi quanto ci avrei badato io, senza occhiali, a mettere a posto le pagine. Ma doveva capitarmi proprio questo pasticcio. Alle volte l'ultima mezz'ora vuol dire tutto, per un esame. Si riportano in memoria tante cose, che poi possono essere decisive. Facessi almeno in tempo a correr fuori per ricomprar gli occhiali... Che ne dice?
Luisa - Mah, non so... Lei dovrebbe essere il primo, in ordine alfabetico. E il professor De Lisi è già in biblioteca, a protestare per il ritardo degli altri... perché, dice, ha degli impegni fuori, e vorrebbe far presto.
La voce d'uomo - Ma, signorina...
Luisa - Subito, cavaliere. (Ad Aurenzi) Ecco fatto.
Aurenzi - E adesso, come devo ringraziarla?
Luisa - Ma si figuri!... (Prende in fretta delle carte sulla scrivania).
Aurenzi - Vedrà, se l'esame mi va bene...
Luisa - Ma diamine, andrà benissimo. Arrivederla...
Aurenzi - La riverisco, signorina.
Luisa - ... e in bocca al lupo. (Esce a destra)
Aurenzi - (rimasto solo, prova a leggere qualche cosa, tenendo lontano i fogli, come fanno i presbiti, ma ci riesce a stento) Macché! Così mi ci vuole un'ora ogni pagina... (Sull'uscio di fondo compaiono Ada Cervi e Viordi).
Ada - (ventitreenne, tipo di maestrina di villaggio, indicando Aurenzi, a Viordi) Dev'essere un professore.
Viordi - Proviamo a domandare a lui. (Parla con accento napoletano).
Ada - (ad Aurenzi) Scusi, signor professore...
Aurenzi - (volgendosi) Prego, io non sono un professore...
Viordi - (che si era levato il cappello, se lo rimette).
Ada - Ah, no?! Perdoni, sa, ci era sembrato...
Viordi - Già, siccome ci hanno detto che il signor Rettore ha una barba così...
Aurenzi - No, no, io sono, malgrado le apparenze, uno dei candidati agli esami di stamane.
Ada - Allora è un maestro anche lei...
Aurenzi - Precisamente. Forse la signorina...
Ada - Già, anch'io devo dare l'esame.
Viordi - E io pure.
Aurenzi - Benissimo. Immagino che loro saranno preparati, avran studiato molto...
Ada - Io... così, così...
Viordi - (ad Aurenzi) Non le dia retta. Sa tutto come il paternoster...
Ada - Stia zitto, per carità, che adesso mi sembra di non ricordare più niente.
Viordi - Io, piuttosto, poco ne sapevo e meno ne ricordo. (A Ada) Lei almeno ha tutte le date, tutto lo stato civile dei pedagogisti e dei filosofi qui, sulla punta delle dita. Io, invece, sarei capace di sbagliare persino i secoli.
Aurenzi - Però si potrebbero ripassare un pochino insieme... perché anch'io, dico la verità, mi sento un po' imbarazzato.
Ada - (ad Aurenzi) Ma vuole che boccino lei, scusi!?...
Aurenzi - Come no?! Se non ci azzecco...
Viordi - (a Ada) Lei ha avuto la fortuna di sapere a tempo che il prof. Pardi domanda di preferenza le date, ama io no. E stamane mi son trovato nell'impiccio...
Aurenzi - Ah, dunque è proprio vero che il professore domanda...
Ada - Oh, è un pedante, sa...
Aurenzi - Allora sto proprio fresco, io...
Viordi - (ad Aurenzi) Perché: anche lei...
Aurenzi - Sicuro, mi trovo nell'impiccio come lei. Anche una signorina della segreteria mi ha avvertito, poco fa, delle preferenze del prof. Pardi... (A Ada). Adesso lei mi conferma e mi precisa...
Ada - Io l'ho saputo dalla mia direttrice, che è venuta qui a dar gli esami due anni fa...
Aurenzi - E infatti le dispense sono così piene di numeri...
Viordi - Tutte le opere degli autori in ordine cronologico. A che cosa servirà, poi... Per fare il direttore didattico no, certo...
Aurenzi - (a Ada) Signorina, mi aiuti un po' lei... Ripassiamo insieme qualche cosa.
Ada - Volentieri, maestro. Ma adesso, vede, cercavo del prof. De Lisi... Ho da consegnargli un biglietto...
Aurenzi - Il prof. De Lisi è in biblioteca. Lo diceva poco fa quell'impiegata. Vada, signorina, così mi dà una spinta... Sono così frastornato... E per giunta proprio adesso mi si son rotti gli occhiali... Sicché dovrei durare una gran fatica per leggere. Mi fa questa carità, vero?
Ada - Sì, sì, diamine. Vado e torno.
Aurenzi - Grazie.
Ada - Intanto, se vuol guardarlo, ecco qui mi prospetto cronologico, un sunto che ho preparato io. (Gli porge un foglio).
Aurenzi - Sì, sì, brava. Grazie.
Ada - Compermesso. (Esce in fondo). Viordi (che nel frattempo si era appartato, ripassando a memoria qualche cosa) Mi vendicherò proibendo a tutti i miei scolari di imparare le date.
I Aurenzi - (guardando il prospetto) Oh, bisognerebbe farlo davvero. Guardi un po': come si fa a ricordare tutta questa tiritera...
Viordi - Come si fa? Ecco qui: in parte io ho rimediato, stamattina, come fanno gli scolaretti del ginnasio: ho riempito, guardi, di numeri e di iniziali le palme delle mani. (Parlando si è tolto i guanti e mostra le mani piene di segni).
Aurenzi - (sorridendo amaro) Come è vero che per dar gli esami bisogna tornar ragazzi!
Viordi - Quando diedi il passaggio dalla prima alla seconda normale, avevo condensato la storia sui polsini inamidati. Peccato che adesso non siano più di moda...
Aurenzi - (guarda i suoi polsi inamidati) Per me, veramente, sono ancora dell'ultima moda...
Viordi - Ebbene, vede, i polsi di quel sistema lì, staccati dalla camicia, offrono il grande vantaggio di poter andare bellamente giù e su, fuori e dentro la manica della giacca. Con un impercettibile movimento: tac, si fanno cascar giù. Altra piccola mossa e su, dentro, dove nessuno vede. Se li avessi io, ne approfitterei. Ma in me, lei capisce, quella vecchia moda, che non disdice alle persone d'età desterebbe un po' di sospetto.
Aurenzi - (ha ascoltato guardando un po' Viordi, un po' i polsi, mandando questi or su or giù, a seconda del discorso di Viordi) Però, alla mia età, fare una cosa simile...
Fiordi - Che cosa c'entra l'età. L'esame è l'esame, cioè il giuoco di chi è il più furbo, il che equivale a dire più intelligente. Uno che sa essere svelto all'esame è segno che lo sarà anche nella vita, e farà della strada.
Aurenzi - (mezzo convinto, ma ancora trattenuto dagli scrupoli) Vorrei vedere, se lei, che è maestro, scoprisse un suo scolaro...
Viordi - Prima di tutto se uno scolaro si fa scoprire, è segno che vuol fare quello che non sa fare, e solo per questo meriterebbe una bocciatura. In secondo luogo c'è modo e modo di punire. Io, per esempio, punirei in maniera da fare intendere che non tanto mi dispiace il sotterfugio, quanto l'averlo scoperto.
Aurenzi - Se questo si chiama ragionare...
Viordi - Come si chiama si chiama. Certo, cose di tal genere non si possono scrivere in un trattato di pedagogia.
Aurenzi - (impaziente) Ma questa signorina che non torna...
Viordi - Chi sa quante cose ha da dire al professore. Ha sentito ? (Canzonatorio, rifacendo Ada) Doveva dargli un biglietto. Naturalmente una raccomandazione.
Aurenzi - Sì, ma intanto io, qui, perdo tempo. Vediamo un po'. (Cerca di leggere il prospetto che Ada gli ha dato, ma subito scuote il capo) E' una filza impressionante.
Viordi - Ma chi sa quante ce ne ha messe di più, quella lì, per far bella figura. Se lei la sente: dice quella lista come un pappagallo.
Aurenzi - E io, invece... ho una confusione nella testa! E per di più sono stanco, perché ho viaggiato tutta la notte.
Viordi - Ah, sì?! E di dove viene, scusi?
Aurenzi - Da un paesino del Montefeltro. Prima la corriera a cavalli, poi due ore ad aspettare il treno... E lei? Risiede lontano?
Viordi - Sono di S. Maria Capua Vetere. Mio padre è direttore didattico, e aspetta ch'io dia questi esami, per andare in pensione, con la speranza di farmi ottenere il suo posto.
Aurenzi - Capisco, capisco. (Amaro) Io, invece, a questa età... (Per un momento ha dimenticato la sua preoccupazione, ma d'improvviso ne è ripreso). Ma lasciamo andare... Vede: sarebbe meglio che ci mettessimo noi due a rileggere qualche cosa, visto che La signorina non ritorna...
Viordi - Ah, be', se vuole... (Fa l'atto dì leggere sulla palma di una mano). Ecco qua... Prendiamo a caso. Pestalozzi, Rosmini, Kant, Rousseau. Per esempio: « L'Emilio » di Rousseau. L'ha letto, lei?
Aurenzi - Ai miei tempi, si. Ma mi dica in che anno fu scritto...
VlORDi - (interrompe Aurenzi) Anzi, aspetti un momento. Il prof. Pardi domanda quasi a tutti il significato etimologico della parola « pedagogia ». Lo sa lei?
Aurenzi - Ma... non mi ricordo...
Viordi - (guarda la mano) La parola pedagogia deriva da pais, radicale paid, che vuol dire fanciullo, e da ago, che vuol dire conduco, perché il pedagogo, paid-agogos, in Grecia era colui che con duceva i fanciulli a scuola...
Aurenzi - E va bene. « Paid-agogos ».
Viordi - Sicuro. Perché , vede, in Grecia, ai tempi di...
Aurenzi - (con le mani nei capelli) Ma per carità, non perdiamoci nei particolari, in questo momento. Si parlava di Rousseau.
Viordi - Benissimo. Sa come Rousseau definiva l'educazione?
Aurenzi - Si. «L'arte di educare i fanciulli e di formare gli uomini ».
Viordi - Precisamente. E' facile che il professore gliela domandi questa definizione. Ci tiene. E se non gliela domanda, lei faccia così: cerchi di tirare in ballo Rousseau; vedrà che le riesce di ficcarci in mezzo la definizione.
Aurenzi - Eh, ma ci vuole una disinvoltura... proprio da studente... (Guarda il prospetto). Vediamo l'anno in l’Emilio... Oh, povero me: in questo prospetto ci sono persino le date di nascita e di morte dei grandi scolastici. Possibile che il professore lo pretenda?
Viordi - Lui sostiene, lo avrà visto nelle dispense, che gli scolastici hanno grande importanza nella storia dell'educazione.
Aurenzi - Già, lo sostiene lui. Ma io non credevo che fosse prescritto tutto questo scadenzario. Li ha segnati anche lei?
Viordi - Sicuro. (Legge in una mano). Ecco qua. Bonaventura, il doctor seraphicus, nato nel 1221, morto nel 1274. Vede, qui i nati e qui, nella sinistra, i morti...
Aurenzi - (ripete, cercando di fissare nella memoria) Aspetti: 1221, un secolo prima della morte di Dante, 1274...
Viordi - (c. s.) Tommaso d'Aquino, il maggiore, doctor angelicus, nato nel 1225, morto, anche lui, nel 1274. Giovanni Duns Scoto...
Aurenzi - (con la testa fra le mani) Abbia pazienza. Non posso starle dietro in questo modo...
Viordi - Gliel'ho detto: dove la memoria non arriva... (Da destra entra Luisa).
Luisa - (interrompe Viordi) Scusino, il signor segretario ha ordine dal signor Rettore di non permettere che gli studenti stiano qui... (Viordi nasconde le mani e s'inchina).
Viordi - Ah, be', scusi. Io non lo sapevo. Andremo nel corridoio.
Aurenzi - Però nel corridoio c'è poca luce, per me...
Luisa - Se lei vuol rimanere, dirò io al signor segretario la ragione.
Aurenzi - Grazie, signorina.
Viordi - C'è molto ancora per cominciare gli esami?
Luisa - Non saprei. Si aspetta solo il professor Pardi. E' strano che tardi tanto. (Esce).
Viordi - C'è da augurarsi che sia indisposto.
Aurenzi - (a Viordi) Senta, io la ringrazio. Ma capisco che, ormai, in due, facciamo confusione.
Viordi - Forse... Ma dia retta a me. Ho visto che lei è presbite: può leggere bene a distanza. Approfitti, una volta tanto, anche di questo incomodo. E se mi vuole io sono nel corridoio. Auguri, maestro...
Aurenzi - Grazie e altrettanto a lei.
Viordi - (avviandosi) Dopo tutto non si fa male a nessuno. Chi sa quante ottime lauree sono frutto di gherminelle!... (Esce in fondo).
Aurenzi - (rimasto solo, riflette un poco) Gherminelle, gherminelle... Non ha mica tutti i torti. E poi, tanto... (Siede alla scrivania e, tenendo davanti il prospetto che gli ha lasciato Ada, si mette a copiare, con la mano che gli trema, qualche cifra sui polsi inamidati). Ecco. Così. (Prova a leggere). Benissimo: 1274. (Continua a scrivere con la penna che stride). Se non altro mi resterà in mente qualche cosa di tutto questo... (Pausa. Dal fondo entra, poco dopo, il professor De Lisi, seguito da Ada. Aurenzi non se ne accorge).
De Lisi - (rimane sorpreso, e ha uno scatto mal contenuto) Scusi, che cosa sta facendo, lei?!
Aurenzi - (ha un sussulto violento, e quasi non riesce ad alzarsi in piedi, balbettando) Ah! Ma... perdoni... ripassavo... (A questo punto rientra anche Luisa che assiste, accorata, al colloquio fra De Lisi e Aurenzi).
De Lisi - E' un candidato agli esami, lei?
Aurenzi - Sì... signor professore...
De Lisi - Ah, bene bene. Mi compiaccio della bella cosa che ho visto. Per un uomo come lei non è lusinghiero...
Aurenzi - (smarrito) Però... vede... senza malizia... Oh, non... voglio scusarmi, con questo...
De Lisi - Naturalmente. Se domani lei sorprenderà un suo scolaro...
Aurenzi - Verissimo...
De Lisi - ... Avrà il dovere di punire.
Aurenzi - (fra sé) Lo dicevo anch'io. I De Lisi - Solo pensando ,a questa eventualità, I ella doveva astenersi dal tentativo di sorprendere la buona fede dei suoi esaminatori.
Aurenzi - (con un nodo nella gola) Giustissimo. Ma... se lei... ha la bontà di credere... che la mia improvvisa debolezza... sì, voglio dire... prima di prendere un provvedimento t a mio carico...
De Lisi - (meno aspro) Oh, per me, non devo prendere provvedimenti. Il mio dovere è solo di rendere avvertito il presidente della commissione esaminatrice.
Aurenzi - Ebbene, se potessi parlare col signor presidente, prima dell'esame...
De Lisi - (quasi impietosito) Glielo dirò io. Lei capisce che non posso tacergli questo increscioso episodio. Tuttavia, se lei crede di avere motivi che possano, se non giustificarla, almeno scusarla, per conto mio non darò grande importanza alla cosa. Sappia, anzi, che lei mi ha procurato un piccolo dolore, e che avrei preferito, almeno, la possibilità di tacere. (Accenna alla presenza di Luisa e di Ada, che sono rimaste, discrete, in disparte, come per rispettare col silenzio la confusione di Aurenzi).
I Aurenzi - (commosso, con le lacrime in gola) Grazie, professore... Capisco che debbo ispirarle più compassione che risentimento...
De Lisi - (come se, toccato dal tono umile di Aurenzi, voglia troncare il discorso) Be', be' non... D'altra parte io spero che lei dimostrerà, all'esame, che non aveva bisogno di ricorrere a un vecchio sotterfugio.
IAurenzi - Magari lo potessi... Vede (indicando Luisa) la signorina può confermarlo... Poco fa mi è accaduto un piccolo guaio, mi si son rotti gli occhiali...
Luisa - (lieta di poter intervenire a favore di Aurenzi) Sì, sì, è verissimo...
Aurenzi - Sicché non potevo più leggere, se non a fatica; non potevo, cioè, ripassare i miei sunti...
De Lisi - Va bene, va bene. Quand'è così...
IAurenzi - ('in atto di congedarsi) Se permette, vado di là... C'è un collega che mi aspetta, per rivedere insieme qualche cosa...
De Lisi - S'accomodi.
Aurenzi - Però le rinnovo la preghiera di poter parlare col signor preside...
De Lisi - Va bene. Glielo dirò.
Aurenzi - Grazie. Riverisco. (Esce in fondo).
Ada - Povero vecchio! Se si potesse passar sopra...
De Lisi - Eh, sì! Ma come si fa?! Se io taccio, e poi il Rettore o Pardi vengono a sapere la cosa... me ne farebbero un appunto. (A Luisa) Lei, signorina, cercava di me?
Luisa - (porgendo delle carte) Sì, ci son da firmare i verbali di ieri...
De Lisi - Ah, benissimo. (Firma).
Luisa - (riprende le carte ed esce).
Ada - (a De Lisi) Per me, sa, faccia conto che io non abbia visto né sentito nulla.
De Lisi - Sia pure, ma per combinazione si è trovata presente quella impiegata e lei capisce che... non posso dirle che finga di non essersi accorta. Tanto più che c'è un precedente dello stesso genere, che mi procurò grattacapi. Ma in ogni modo vedrà che i colleghi della commissione daranno all'episodio una importanza molto relativa. E io farò del mio meglio in questo senso. (Con altro tono). Dunque la Faurelli sta bene. Ho piacere; e ho gradito proprio molto il suo ricordo. Se davvero, come mi scrive, lei è la sua degna allieva, faremo un bellissimo esame. L'importante è non impressionarsi. Lei sia pur franca. Cerchi di non confondersi, di pensare bene prima di rispondere e, quanto al resto, vedrà che noi non saremo dei cerberi. (Dal fondo entra il prof. Pardi: tipo energico, che parla a scatti, deciso).
Pardi - Buon dì.
De Lisi - Oh, caro Pardi. Ti sei fatto aspettare.
Pardi - Sono venuto all'Università col Rettore, che mi ha condotto nel suo ufficio, per un argomento che gl'interessava...
De Lisi - Ti presento la signorina Ada Cervi, di Ancona, E' venuta a dar gli esami.
Pardi - (porge la mano) Piacere.
Ada - Fortunatissima.
Pardi - Dunque, possiamo cominciar subito.
De Lisi - Sì. Ti devo dire una piccola cosa. (A Ada) Lei, signorina, può accomodarsi di là. Poi sarà chiamata.
Ada - Grazie. Compermesso. (Esce).
Pardi - Riverisco (A De Lisi). Dunque? Hai da dirmi?
De Lisi - Ecco... Te lo dico così, sai, tanto perché è mio dovere, dopo quel famoso incidente... Ma credo che la cosa non abbia poi molta importanza. Si tratta, sempre secondo me, di un piccolo episodio. Poco fa, entrando qui, ho sorpreso uno dei candidati all'esame, un povero vecchio maestro, sai... che stava scrivendo sui polsi qualche cosa, evidentemente con la intenzione di avere sott'occhio quello che non ricordava...
Pardi - (reciso) Non è una piccola cosa.
De Lisi - Però, vedi, si tratta di un individuo di età ragguardevole...
Pardi - Peggio (calcando) peggio... (Sempre più marcato) Vedi, io posso perdonare tutto quello che si vuole, ma queste piccole truffe scolastiche, questo farla in barba a noi, che alla fine diamo un voto secondo la nostra coscienza, no, non posso scusarlo.
De Lisi - Chi sa che, all'esame, costui non dimostri di saper rispondere, anche senza ricorrere ad appunti nascosti.
Pardi - Oh, adesso non dico mica che si debba fare un verbale dell'accaduto, ed escludere quel tizio dall'esame... Ma costringerlo a tornare un'altra volta, a meno che, malgrado tutto, non sia proprio molto preparato, mi sembra sia una lezione meritata.
De Lisi - Vedi un po' se è possibile chiarire... Quel poveraccio ha desiderio di parlare con te.
Pardi - Capisco, tirerà fuori delle scuse... In ogni modo è bene che io lo veda, e mi faccia ben sentire.
De Lisi - Allora te lo chiamo.
Pardi - Dov'è?
De Lisi - Dev'essere nel corridoio, fra lutti gli altri. Io ti aspetto di là, nell'aula, dove c'è già il prof. Riguzzi.
Pardi - Va bene. Verrò fra cinque minuti.
De Lisi - Mi raccomando... Tu sei sempre rigido, e fai bene. Ma questa volta vedi di tran. sigere...
Pardi - Vedremo... Son cose che indispettiscono.
De Lisi - Intanto a Riguzzi non dirò niente. (Esce).
Pardi - (rimasto solo, passeggia un po' irritato e impaziente, torcendosi i piccoli baffi) Bah!
Aurenzi - (si presenta sull'uscio di fondo, timidamente) E' permesso?
Pardi - (secco, senza volgersi) Avanti.
Aurenzi - (avanza lentamente, confuso) Il professor De Lisi l'ha informata...
Pardi - (aspro, volgendosi) Sì. E mi secca che... (D'improvviso s'arresta, in un gesto di vivissima, profonda sorpresa, senza più asprezza, con meraviglia quasi lieta) Come! Ma lei è il maestro Aurenzi?
Aurenzi - (colpito dalla domanda e dal tono) Sì...
Pardi - E non mi riconosce? Sono Tito Pardi, suo scolaro...
Aurenzi - (ha un sussulto violento, e quasi non sa articolar parole, per la emozione che lo scuote) Lei... Il figlio del... ricevitore del registro...
Pardi - (affettuosamente sollecito) Ma sicuro...
Aurenzi - Sì, sì... adesso la ravviso... Lei era nel secondo banco, a destra...
Pardi - (l'abbraccia) Come va, come va, maestro?! (Lo bacia) Mi dia un bacio...
Aurenzi - Oh, sì... (eseguisce) Lo vede, eh? d casi della vita...
Pardi - Ma lei si mantiene bene, quasi come allora...
Aurenzi - No, non dica... E' passato tanto tempo...
Pardi - Venticinque anni, se non erro. Si sieda, maestro.
Aurenzi - Grazie. E adesso, vede, la mia gioia di rivederla, è mortificata...
Pardi - Ma no, ma no, lasci stare... Mi dica qualche cosa di lei, del paese...
Aurenzi - Capirà, gli anni accumulano gioie e pene... E suo padre, cosa fa?
Pardi - Sta bene. E' in pensione, vive con me. Oggi lei verrà a colazione in casa mia, e vedrà la gioia del babbo...
Aurenzi - Grazie. Una visita, certo, gliela farò...
Pardi - No, no. Lei starà con noi almeno un paio di giorni. Ssss, basta: Non voglio sentir ragioni. È, mi dica (con accento festoso, come se il ricordo lo facesse sorridere) mi dica, suo figlio, Albertino, il mio compagno di bricconate, cosa fa di bello?
Aurenzi - (s'è rabbuiato d'un tratto, socchiudendo gli occhi come per dominare lo spasimo del ricordo) E' morto.
Pardi - (con viva pena) Davvero? Oh, perdoni...
Aurenzi - E' morto in guerra. (Pausa) Appunto per questo io sono qui, con tutti i miei anni, e i miei acciacchi, a dar gli esami...
Pardi - (è commosso) Oh, cosa mi dice! Aveva
- sposato?
Aurenzi - Sì. E mi ha lasciato quattro belle creature, quattro bambini; il primo ha ormai nove anni. La loro mamma, cioè la mia nuora, non so se la ricorda: è Dorina, la figlia del farmacista.
Pardi - Ah, sì sì, me la ricordo: la rivedo piccola così, sulle ginocchia del babbo, davanti alla farmacia, bionda bionda...
Aurenzi - (rassegnato) Ebbene, capirà, con la pensione di guerra si vivrebbe appena appena... E ormai, invece, il maggiore dei miei nipoti, dovrebbe andar fuori agli studi. Posso fargli imparare un mestiere? No. Così per gli altri. E allora ho ricominciato un po' la mia vita. Mi son rimesso a studiare, per guadagnar di più, anche perché al mio paese è vacante il posto di direttore e io, come il più anziano, sono già incaricato della supplenza. Mi ci vuole il titolo, però, per essere nominato. (Parlando, ha tirato fuori il portafogli, da cui estrae delle fotografie). Guardi che bei figliuoli... Quattro maschietti. Se vedesse come mi saltano sulle ginocchia, sulle spalle, a gara... E nonno di qua, e nonno di là... E' il finimondo... E quando vengono tutti nel mio letto a far la rivoluzione... Guardi il secondo, Ginetto, come assomiglia al povero Albertino...
Pardi - (ha ascoltato commovendosi e guardando le fotografie) Sì, sì, preciso... Mi sembra di riveder lui, com'era allora...
Aurenzi - Capirà, tutto quello che faccio è per loro, perché io, ormai, mangio con una noce... Io sono, si può dire, loro padre due volte. E ho una gran paura di non fare in tempo a metterli sulla strada... perché la vita mi pesa, dico la verità... (Tornando alle fotografie) Questo è il più grande: si chiama Lorenzo, come me. Mi assomiglia, vero?
Pardi - Sì. Soprattutto qui, nel taglio degli occhi...
Aurenzi - E questa è Dorina: tanto buona, povera figliuola. Veda, ha sul petto la medaglia d'argento al valore del povero Albertino. (Ha detto le ultime parole con le lacrime in gola).
Pardi - Mah! Capisco che lei deve aver sofferto, maestro... Ma sapesse quanta bellezza, quanta vita, c'è anche in questo suo dolore...
Aurenzi - No, non...
Pardi - Eh, sì! Quanta vita!
Aurenzi - Faccio quello che posso.
Pardi - Adesso, vede, la mente mi si affolla di ricordi... Mi rivedo nella sua scuola... fra tutti gli altri... Non li ho perduti dalla mente, perché ancora, a casa, ho quella fotografia che facemmo, lei e tutta la scolaresca, sulla balza del Poggio. E, guardi... (Estrae di tasca un piccolo orologio). Porto ancora con me l'orologio che ini regalò il babbo, allora, quando fui promosso, preparato da lei come privatista, all'esame di prima ginnasiale.
Aurenzi - Già, già, mi ricordo. Eh! Vede come va il mondo! Che combinazioni stranissime, si danno. Chi l'avrebbe detto, allora, che un giorno avrei ritrovato il mio scolaro, il professore di Università, in queste circostanze... Adesso, vede, mi sento più mortificato ancora, di esserle riapparso sotto un'impressione che non può rimanere simpatica...
Pardi - Ma no, ma no, lasci stare... Avevo di lei un così vivo ricordo, che ora lo sento quasi filiale...
Aurenzi - (con la testa china) Cosa vuole: è stato un momento di...
Pardi - La prego, non ne parli più...
Aurenzi - Era tanto l'orgasmo per questo esame... Capirà, a casa tutti trepidano... quei cani innocenti pregano... Mi sembrava di non ricordare...
Pardi - Per carità, maestro... Non aggiunga nemmeno una parola. Gliene ho fatte tante, io ,e lei era sempre più buono. Oh, non per questo... Ma lasciamo andare... (Un bidello si presenta in fondo).
Il Bidello - Il prof. De Lisi e il prof. Riguzzi, ani hanno mandato a chiedere se si può cominciare.
Pardi - Sì, sì, comincino pure l'appello. Vengo subito. (Bidello via).
Aurenzi - (intanto ha visto i polsi inamidati, coi segni d'inchiostro, e li ha nascosti. Una crescente trepidazione lo agita) Senta: se è possibile, io desidererei presentarmi all'esame nel pomeriggio...
Pardi - Ma no, non occorre...
Una voce - (nel corridoio, chiama all'appello) Lorenzo Aurenzi!
Aurenzi - Dio mio! Chiamano me! (Un tremito vivo lo scuote sempre più). Sono così smarrito... così smarrito...
Pardi - (affettuoso, lo aiuta ad alzarsi, lo sorregge) No, no, non si impressioni...
Aurenzi - La prego... In questo stato... non mi sento la forza...
Pardi - Venga con me. Si rinfrancherà subito. Vede... non vorrei aver l'aria, in questo momento, di elargirle... che so... una riconoscenza poco riverente...
Aurenzi - Oh, no, non per questo... Sono io che devo rispettare la sua delicatezza... Mi lasci qui... Non vorrei farle fare una cattiva figura, ecco...
Pardi - Maestro, lei ha già dato, nella vita, il più grande, il più nobile esame: quello del raro esempio. (Aurenzi modestamente accenna di no). E ancora una volta lei mi insegna che il resto conta poco.
Aurenzi - (commosso) Grazie. Ma non vorrei apparire in questo stato...
Una VOCE - (torna a chiamare) Aurenzi!
Pardi - (forte) Presente! - (Indicando a sinistra) Possiamo passare anche di qui. Dia ascolto: si rassereni.
Aurenzi - (sempre più agitato) Ho la memoria così confusa...
Pardi - Non abbia timore. Se le dico di non preoccuparsi è segno che... (Cedendo il passo) Passi, maestro.
Aurenzi - (vorrebbe ritirarsi, e ancora non riesce a dominare lo smarrimento) No, no... passi lei... professore...
Pardi - La prego... Vedrà che facciamo in un minuto... Così, tanto per... come dire? per una formalità... Perché è ancora lei che può dar l'esame a noi.
Aurenzi - (mentre Pardi s’inchina e gli cede il passo, esce lentamente).
FINE