L’estate della 17a bambola

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L’ESTATE DELLA 17°BAMBOLA

Commedia in tre atti

di RAY LAWLER

Versione italiana di Ettore Capriolo

PERSONAGGI

OLIVE

PEARL

BUBBA

EMMA

BARNBEY

ROO

DOWD

Commedia formattata da

Relitti suggestivi, e in via di rapida sparizione, dell'architettura vittoriana sono in Australia certi villi­ni di mattoni a due piani, le cui verande portano ela­borate decorazioni in ferro che pendono a frange dall'alto e formano in basso intricate barriere.

Sopravvivono quasi soltanto nei quartieri più vec­chi della città, a Carlton per esempio, il sobborgo di Melbourne un tempo molto elegante e ora decisa­mente declassato, dove la commedia si svolge.

La scena comprende una grande stanza a pian ter­reno, situata fra due verande, quella che dà sulla stra­da e quella verso l'interno, nonché, ad essa adiacenti, una piccola anticamera, una scala e un corridoio che conduce alla cucina. Benché l'azione si svolga soprat­tutto entro la casa, è indispensabile che si veda, o in trasparenza o in una sezione separata della scena, la veranda anteriore, davanti alla quale deve essere un lussureggiante palmeto. Non è invece essenziale che sia visibile anche la veranda posteriore, la cui sola funzione è di collegare la casa alla vicina abitazione di Bubba.

Si accede alla stanza dalla veranda posteriore me­diante una porta-finestra, dalla veranda anteriore mediante l'uscio di casa: entrambe le verande verdeg­giano di piante e di felci. Questo, unito alla vegeta­zione sovrabbondante del palmeto, deve creare un violento contrasto con l'interno della casa, il cui co­lore dominante è un rosa gaiamente sbiadito.

Non c'è nell'arredamento né uno schema né un gu­sto ben preciso: si va dal pesante pianoforte acqui­stato di seconda mano da Emma nel 1919 al tavoli­no da fumo cromato che Olive ha vinto il mese scorso alla lotteria di un pub. L'elemento decorativo più appariscente è costituito dai regali portati da Roo nelle sue visite precedenti.

Spiccano, fra questi, sedici bambole dai copricapi di lamé e dalle gonne elaboratamente vaporose. Sono tenute in piedi da sottili bastoni neri a forma di can­ne da passeggio. Occhieggiano timidamente da dietro le fotografie, fioriscono a gruppi di due o tre nei vasi, e decorano la mensola. Ad esse si accompagnano: uno stormo di uccelli impagliati dalle penne variopinte del Queensland settentrionale, una serie di coralli e di conchiglie provenienti dalla Great Barrier Reef, e due cornici entro le quali su uno sfondo di velluto nero sono puntate numerose farfalle tropicali dai vivaci colori.

Nell'insieme un interno straordinariamente lumino­so, protetto dallo squallore della strada grazie a quel­la verzura.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Sono le cinque pomeridiane di una calda domeni­ca all'inizio di dicembre. La stanza ha un'aria agghin­data complementare alla sua solita fisionomia ma portata un po' più. in là. È stata apparecchiata la ta­vola per il grande pasto della settimana, il tè della domenica.

Quando si alza il sipario, Bubba Ryan, una scura e timida ragazza di ventidue anni, è intenta a legare dei grandi nastri azzurri a dei dolci a strisce bianche e rosse, i cosiddetti bastoncini di zucchero. Contem­poraneamente chiacchiera con tono melanconicamen-te autoritario con Pearl Cunningham, che seduta a fumare sul divano, finge di sfogliare le pagine di una rivista, ma in realtà ascolta con attenzione le sue pa­role. Pearl è una donna piuttosto grossa e piuttosto florida, dai capelli tinti di rosso. È una vedova co­stretta a guadagnarsi da vivere col solo lavoro che sa fare: la barista. Ma preferirebbe infinitamente una occupazione più distinta, capo-commessa in un nego­zio di confezioni, per esempio. Il lavoro del pub è, a suo parere, molto volgare. Indossa quello che lei chiama il suo "buon abito nero" con un doppio filo di perle coltivate. Ha un'aria molto discreta.

Bubba                       - ... Cosi ci sono andata soltanto io al ma­trimonio. I ragazzi non si son fatti vedere, anche se naturalmente quando Olive gli ha scritto per comu­nicargli la cosa, hanno mandato dei soldi per il regalo. Però ho dovuto andar io a comprarlo e a portarlo, Olive non ha voluto averci niente a che fare. Non mi ha nemmeno aiutato nella scelta.

Pearl                         - Ma... ai ragazzi... non importava proprio niente che lei si sposasse?

Bubba                       - (aggrottando le ciglia) Non so. Immagino di si in un certo senso- specialmente Barney, deve essere stato un colpo per lui - ma, come dicevo, non avrebbero mosso un dito per impedirglielo. Sono fat­ti cosi, vedi. La sola che ci sia veramente rimasta male è Olive. Ancora sabato pomeriggio non voleva convincersi che Nancy ce l'avrebbe fatta.

Pearl                         - Se vuoi sapere quello che ne penso io, ti dirò che a questa Nancy è girata la testa nel modo giusto.

Bubba                       - (lentamente e trascurando per un attimo i bastoncini di zucchero) Credo si sia stufata d'aspet­tare. A Olive non importa, lei si accontenta di con­tare i giorni che la separano dalla prossima volta, ma Nancy diventava sempre più nervosa. E passava il tempo a leggere, cosi naturalmente quel tipo, quell’Harry Allaway... siccome lavorava in una libreria tutte le volte che veniva al pub le portava dei libri. Credo sia per questo che ce l'ha fatta. Immagino che Barney non abbia mai letto un libro in vita sua.

Pearl                         - Mmm. Be' anche a me piace di tanto in tanto un buon libro.

Bubba                       - (sorridendo tollerante) Si, ma comincerai ad averne bisogno soltanto dopo aprile. E anche Nan­cy una volta leggeva soltanto d'inverno... (Si sente dal piano di sopra la voce irritata di Olive)

Olive                        - Bubba...

Bubba                       - (avvicinandosi alla scala) Si?

 Olive                       - Quei miei orecchini con le pietre verdi...

Bubba                       - Non li ho visti.

Olive                        - Scommetto che se li è impegnati la vec­chia. Eppure lo sapeva che io... (Cambiando tono) No, meno male, eccoli qui. Strano che non riuscissi a tro­varli. (Bubba torna al suo posto, sorride a Pearl e dice, come per scusarsi)

Bubba                       - Olive è sempre nervosa. Una volta la pi­gliavamo in giro per questo, Nancy e io. Solo che questa volta mi sembra stia peggio del solito. Proba­bilmente quello che più la preoccupa è come tu sa­prai adattarti a questa situazione.

Pearl                         - (secca) Io non devo adattarmi a niente. Sono qui soltanto per... per una visita, e se Olive ti ha detto qualche altra cosa...

Bubba                       - (subito) Oh, no. Non mi ha detto niente. Non ne ha quasi neanche parlato.

Pearl                         - In questo caso non vedo perché tu debba essere cosi volgare.

Bubba                       - (sorpresa) Ma non sono stata volgare.

Pearl                         - E invece si. Volgare. Per quello che hai detto sul fatto che io avrò bisogno di libri soltanto da aprile in poi. E soprattutto perché hai l'aria di saperla un po' troppo lunga su quel che succede in questa casa.

Bubba                       - Ho passato tutta la mia vita qui accanto, come potrei non saperlo?

Pearl                         - Non ho intenzione di discutere. Dico che non dovresti e basta.

Bubba                       - Ma hai anche detto che sono stata vol­gare... cosa te lo fa credere? (Sotto il peso del suo sguardo, Pearl pare a disagio, non volendo ulterior­mente impegnarsi. Bubba torna alla tavola e continua con tono pacato) Non penso che Olive non ti abbia mai proposto qualcosa di volgare per questo perio­do di licenza...

Pearl                         - (rigida) Non sono affari tuoi. (Si sente, fuori scena, la voce di Olive)

Olive                        - Tenetevi salde, ragazze, che arrivo! (Scen­de. Indossa un leggero abito estivo verde e bianco. Entra leggermente eccitata). Be', che ne pensate di questo? Vi pare abbastanza chic? Si, lo so, non è ro­ba che possa sbalordirvi, ma è bello e tien fresco, e poi è proprio di quelli che piacciono a Roo. Sapete... verde e giovanile. (Si mette in posa in attesa dei lo­ro commenti. Nonostante il suo apparente cinismo e i suoi trentasette anni, c'è in Olive qualcosa di cu­riosamente immaturo, un entusiasmo che di solito è tipico dei giovanissimi, entusiasmo che oggi è ancora accresciuto dal nervosismo dell'attesa. Fa la came­riera nello stesso bar in cui lavora Pearl, ma a diffe­renza di quest'ultima è contenta del suo impiego. Bubba, ancora sconvolta dal battibecco con Pearl, si af­fretta a rispondere)

Bubba                       - Si... è... è carino. (Olive ride nervosamente e l'abbraccia)

Olive                        - Pearl?

Pearl                         - (con riluttanza) Si, io non l'avrei scelto, ma a te sta bene.

Olive                        - (avvicinandosi allo specchio e rassettandosi ancora una volta) Bah, e comunque non c'è più niente da fare. Non ho certo il tempo di cambiarmi di nuovo. (Si volta) E adesso, che altro c'è? Ah, ec­co... la birra!

Bubba                       - (subito) Vado a prenderla io.

Olive                        - (mentre lei si allontana) Davvero, tesoro? È in frigorifero. Dio, che cara ragazza!

Pearl                         - Sarà. Ma mi ha l'aria di saperla più lun­ga di quanto non paia.

Olive                        - (un po' meravigliata) Bubba? Non dire sciocchezze, è una bambina.

Pearl                         - Mica poi tanto. Se Vera osasse mai parlar­mi col tono che usa lei, incomincerei subito a scu­lacciarla. E poi non credo che sia bello il suo modo di comportarsi...

Olive                        - Quale modo?

Pearl                         - Come se questa fosse casa sua.

 Olive                       - Be', e come puoi impedirglielo? Gira per casa da quando era abbastanza grande da reggersi in piedi. Roo e Barney li tratta come fossero degli zii... (Improvvisamente scoppia a ridere) Ma sei uno stra­no tipo, sai?

Pearl                         - Perché?

Olive                        - Guarda quelle valigie sulle scale! Sembra che tu stia per andare sulla luna.

Pearl                         - Questo è un altro discorso. Ho portato di sopra il necessario per la notte, e non ci porterò nient'altro finché non sarò sicura del fatto mio.

Olive                        - Non fare la stupida. Ti ho detto che è un tipo per bene.

Pearl                         - D'accordo, ma se permetti voglio giudi­carlo per conto mio.

Olive                        - Oh, nessuno te lo impedisce. Solo ti rac­comando di non metterci troppo tempo a deciderti.

Pearl                         - Dov'è quella foto che mi avevi promesso di mostrarmi?

Olive                        - Ah, si. (Prende da un tavolinetto una foto­grafia ingrandita e incorniciata e la dà a Pearl) Que­sta è quella in cui lo si vede meglio, nelle altre fa sempre il buffone. (Pearl prende la foto e la esami­na) Siamo noi quattro al Luna Park, l'altro anno. Questa qui in fondo è Nancy.

Pearl                         - Sembra ubriaca.

Olive                        - Era ubriaca. Subito dopo si è sentita male sull'otto volante.

Pearl                         - (leggermente disgustata) Si. Si capisce be­ne che è di quelle che si sentono male su un otto­volante.

Olive                        - (sincera) Ma no, non era cosi. Nancy era... era una simpatica compagna. E Barney stravedeva per lei.

Pearl                         - (arricciando il naso) Si capisce anche da qui, dal modo come la tiene. Un tantino confiden­ziale, vero?

Olive                        - Senti, mia cara, è meglio che ci spieghia­mo subito. Sono una coppia di tagliatori di canne da zucchero che arrivano freschi freschi dai tropici... e non due professori d'università. (Riporta la foto sul tavolino)

Pearl                         - So soltanto una cosa. Che in pubblico non gli permetterò mai di mettermi le mani addosso in quel modo.

Olive                        - Ah, davvero? Sono certa che non hai mai conosciuto uno come Barney. Piccolo com'è, eppure... non so perché... le donne vanno tutte matte per lui.

Pearl                         - Aspetto di vederlo per crederci. E in ogni modo non sembra che sia riuscito a impedirle di piantarlo e di sposare un altro.

Olive                        - Nancy ha commesso uno sbaglio.

Pearl                         - E chi lo dice?

Olive                        - Io lo dico. Il matrimonio è un'altra cosa,, e Nancy lo sapeva. È stato solo perché non aveva la minima speranza di agganciare Barney...

Pearl                         - Colpa sua. Scommetto che non ha saputo fare. Fin quando una donna conserva il rispetto di se stessa, non c'è uomo che rifiuti di sposarla.

Olive                        - Non ne sarei troppo sicura, Pearl. Non con Barney.

Pearl                         - Oh, non mi aspetto nulla, credimi. Ma da quello che tu mi hai detto, è tempo che qualche don­na per bene incominci a occuparsi di questo indivi­duo. Non credo di aver mai sentito parlare di qual­cuno che avesse maggiori motivi di sposarsi.

Olive                        - Forse avrei fatto meglio a non dirti niente.

Pearl                         - (cupa) Oh, non ti preoccupare, me ne sa­rei accorta da sola. Sono una Madre , io. E su una questione del genere, non c'è nessuno che possa dar­mela a bere.

Olive                        - Comunque, con ogni probabilità, te ne par­lerà anche lui: non è che ne faccia un segreto... (En­tra rapidamente Bubba con le braccia cariche di bot­tiglie di birra)

Bubba                       - Dio mio, come sono gelate...

Olive                        - Da' qui che ti aiuto.

Pearl                         - Ma se le mettete sulla tavola, rischiate di macchiare la tovaglia.

Olive                        - (mentre con Bubba sistema le bottiglie a in­tervalli regolari) Non ha importanza. Qualche bot­tiglia fa si che una festa sembri una festa. Cosi la penso io. (A Bubba) Li hai preparati i bastoncini di zucchero?

Bubba                       - Si, ma non li ho ancora messi a posto. (Va a raccoglierli)

Pearl                         - Ma a cosa servono?

Bubba                       - Oh, niente, è soltanto uno scherzo. Uno è per Roo e l'altro per Barney.

Olive                        - È cominciato tutto il primo anno che sono venuti qui, che lei era proprio piccola piccola... quan­ti anni avevi, Bub?

Bubba                       - (mentre sistema i "bastoncini" sulla menso­la) Cinque.

Olive                        - Veniva qui continuamente, e quando Roo mi portò i primi regali, lei vide la bambola e spa­lancò gli occhi. Ne voleva una anche lei, e col suo bastone, diceva. Fini che quei due uscirono di casa - era sera tardi, le otto passate - per cercare un ne­gozio ancora aperto e comprarne una anche a lei. Ma la sola cosa che riuscirono a trovare furono questi dolcini, e non poterono portarle altro. Be', Bubba non stava più in sé dalla gioia, e se ne andò a letto con un dolce per mano. Da allora, ogni anno hanno con­tinuato a portarglieli...

Bubba                       - Finché non ho compiuto quindici anni...

Olive                        - Oh, si, questo è divertente, ascolta. Sem­brava che non si decidessero ad accorgersi che stava diventando un po' troppo vecchia per i dolcini, e co­si, capisci, continuavano a portarglieli, tutti gli anni. Finché Nancy non ebbe un'idea. L'anno in cui Bubba compi quindici anni, quando arrivarono col solito pac­co di regali, trovarono sulla mensola i dolcini che Nancy aveva preparato per loro, ognuno legato col suo bel nastro azzurro. E questo gli è servito da le­zione. Da allora, tutte le volte che mi hanno portato una bambola, a lei hanno sempre regalato un paio di guanti, o una boccetta di profumo, o qualche altra cosa del genere. (Breve pausa. Pearl non è molto en­tusiasta di questa storia, e non fa niente per na­sconderlo)

Pearl                         - Capisco.

Bubba                       - (vergognandosi un poco) Era soltanto uno scherzo, come dicevo. Hai ancora bisogno di me, 01?

Olive                        - No, non credo, tesoro... ma tu rimani, ve­ro, fin quando non arrivano loro?

Bubba                       - No, devo andare a cambiarmi e... credo che verrò qui dopo il tè.

Olive                        - (comprensiva) Come preferisci. (Si avvia con Bubba verso la veranda) Ma perché non vieni a prendere il tè con noi?

Bubba                       - (impaziente) No, verrò dopo.

Olive                        - E va bene, ma non te ne dimenticare.

Bubba                       - Sta' tranquilla. (Bubba via. Olive scruta il cielo)

Olive                        - Incomincia a far buio. Mi domando quan­do quella benedetta donna di mia Madre  si deciderà a tornare.

Pearl                         - Dove dovrebbe essere andata?

Olive                        - In chiesa a cantare gli inni. Ma dovrebbe aver finito da un pezzo.

Pearl                         - (consulta l'orologio e balza in piedi allarmata) Sono le sei passate.

Olive                        - (rientrando) Già. Oh, è una volpona, quella. Non mi meraviglierei se fosse andata a aspettarli allo scalo. È capacissima di scroccargli un cinquino per uno prima che riescano a trovare un taxi.

Pearl                         - Non dovresti parlar cosi di tua Madre .

Olive                        - E fosse solo per il cinquino! Ma è che tutto il tempo che stanno qui non fa che ripulirgli le tasche. (Apre la radio, che sta trasmettendo un val­zer) Loro naturalmente se ne accorgono, ma non sem­bra che gli importi molto. A Roo, anzi, ho l'impres­sione che faccia addirittura piacere. (Guarda la fo­tografia) Caro il mio vecchio Roo. Scommetto che in tutto il mondo non c'è uno che abbia una bocca cosi bella.

Pearl                         - (controllando allo specchio la sua truccatu­ra) Oh, è certamente meglio dell'altro.

Olive                        - Ma non si può paragonarli: sono troppo diversi! Voglio dire che dei due Roo è il più grosso, ma è Barney che ti tiene allegra. Senza contare che, come ti dicevo, è lui che le donne preferiscono.

Pearl                         - Non capisco perché devo sempre avere a che fare con degli ometti. Perfino Wallie era più pic­colo di me. Il giorno che ci sposammo dovetti met­termi un paio di scarpe coi tacchi bassi...

Olive                        - Ma Barney non è poi tanto piccolo, vedrai.

Pearl                         - Si... In ogni modo è meglio non mettere il carro davanti ai buoi. Non ho ancora deciso niente... Di' un po'... Come ti sembra che stiano i miei ca­pelli?

Olive                        - (dopo un'occhiata frettolosa) Benissimo.

Pearl                         - Mmm. Ho l'impressione che la nuova ra­gazza di René non ci sappia molto fare con le tintu­re, non mi sembra che sia arrivata fino alle radici. (Voltandosi improvvisamente) Barney è un sopranno­me, vero?

Olive                        - Si, è una razza di tori. Il suo vero nome è Arthur.

Pearl                         - Oh!

Olive                        - E Roo, sai come si chiama Roo? Una vol­ta credevo che fosse un diminutivo di Kangaroo: can­guro, e ci ho provato. Ehi, Kanga, dico. Lui si volta e mi guarda sbalordito. Kanga? dice. Be', dico, Roo non sta per Kangaroo?... Avresti dovuto vederlo: ri­deva cosi forte da far tremare tutta la casa! E poi mi spiegò che Roo era un diminutivo del suo vero nome, e prova un po' a indovinare qual era questo nome? (Pearl scuote il capo, e Olive continua molto divertita) Reuben... Non è roba da ammazzarlo? Reuben!

Pearl                         - Be', è un nome che c'è anche nella Bibbia.

Olive                        - Davvero? Non lo sapevo. (Si sente dall'e­sterno un suono di clacson. Eccitata, Olive si preci­pita alla finestra) Oh, buon Dio... che siano loro? No. La macchina prosegue. È scomparsa. (Esaminando la tavola) Non che ci sia più molto da fare. Vado a pren­dere qualche coppa per metterci dentro la macedonia. (Esce, e dopo qualche secondo la si sente cantic­chiare fuori scena la stessa aria che la radio sta tra­smettendo: ha una voce da soprano leggermente sto­nata. Pearl si guarda attorno, poi s'avvicina alla por­ta-finestra. La chiude. Quindi prende in mano la fotografia e la esamina con attenzione. Olive rientra con le coppe. La stanza abbuia lentamente) Ehi, hai sentito ieri sera al bar quel Charlie? Mentre io face­vo le pulizie, quello ha continuato a fischiettare "Old Black Magic". (Sistemando i bicchieri) Voleva im­pressionare me, naturalmente: sa di Roo da anni, e tutte le volte spera sempre in una rottura. Eppure, nota che io non gli ho mai dato corda. (Volge lo sguar­do verso Pearl che continua a guardare la fotografia aggrottando le ciglia) Be', che c'è adesso?

Pearl                         - Niente. Volevo soltanto dargli ancora una occhiata.

Olive                        - (avvicinandosi e portandole via la foto) Se non ci stai attenta, rischi di incominciare a odiare quel poveraccio ancor prima che metta piede qui dentro. (Ripone la foto sul tavolino)

Pearl                         - Ma no. (Si mette a sedere tutta impettita) Nello stesso tempo non intendo però mettermi in una posizione equivoca.

Olive                        - (con disprezzo) Una posizione equivoca! Credi forse che se fosse davvero equivoca, io l'avrei accettata?

Pearl                         - Oh, per te è diverso, tu non hai una figlia cui badare. Vera ha proprio l'età in cui io ho il do­vere di agire con cautela. Se si ficca in testa che io faccio qualcosa di sbagliato, molto probabilmente fi­nirà per comportarsi nello stesso modo.

Olive                        - (spegne la radio. Con improvvisa ostilità) Senti, questi sono discorsi che non sopporto. Te lo dico fin dal principio.

Pearl                         - Che discorsi?

Olive                        - Lo sai benissimo. La faccenda della Madre  rispettabile. Non cercare di raccontarla proprio a me.

Pearl                         - Ma io non ho detto niente.

Olive                        - Hai parlato di qualcosa di sbagliato, no? Di una posizione equivoca? E questo per me è suffi­ciente. Ti ho già spiegato un mucchio di volte che cos'è questo periodo di licenza, eppure tutte le volte che tu apri bocca hai l'aria di considerarlo... una cosa sporca e volgare. Se è cosi che la pensi, non hai nessun bisogno di rimanere, nessuno ti costrin­ge a prendere una decisione... non devi far altro che raccogliere i tuoi bagagli e sparire prima che arrivino loro.

Pearl                         - Solo perché non credo che sia del tutto corretto?

Olive                        - Si, solo per questo.

Pearl                         - Ma nessuno potrebbe definirlo un modo cor­retto di vivere.

Olive                        - Ah, nessuno? Ebbene, io si. Ne ho viste di tutti i colori nella mia vita, da quando ho compiuto i quattordici anni, eppure non mi è mai capitato nien­te di più corretto. La correttezza è... dipende dalle persone, insomma. E non dire che non è vero!

Pearl                         - Volevo dire corretto come il matrimonio. È diverso questo, lo hai detto tu stessa.

Olive                        - (crollando le spalle) D'accordo, è diverso. Paragonato a tutti i matrimoni che conosco è... (cer­ca una frase sufficientemente espressiva) è cinque me­si di paradiso all'anno. E anche per loro. Sette mesi li passano lassù ad ammazzarsi tagliando canne da zucchero, e poi scendono in città per vivere un poco. Questa è la licenza. Non soltanto un periodo in cui ci si diverte e si spende un mucchio di soldi, ma un periodo in cui si vive. Credi che io non abbia mai confrontato quello che ho io con quello che hanno le altre donne? Mi viene da ridere tutte le volte che me ne parlano. Perfino aspettare il ritorno di Roo è più eccitante che tutto quello che hanno loro. Quin­di, mettiamo subito le cose in chiaro: o cercherai di essere gentile con loro e di startene tranquilla fin quando non conoscerai Barney tanto da poter pren­dere una decisione; o altrimenti è meglio che te ne vada via subito. (Olive si avvicina alla tavola e apre una bottiglia di birra, mentre Pearl si agita evidente­mente a disagio. Una pausa. È Pearl che rompe il silenzio stringendosi rassegnata nelle spalle)

Pearl                         - Be', non so come faremo a vivere insieme, se tu non mi lasci nemmeno esprimere le mie opi­nioni. (Olive esce in un rumoroso "Aah" pieno di iro­nia e riempie di birra due bicchieri. Pearl continua tenendosi sempre sulla difensiva) Non ho fatto altro che esprimere un'opinione, io. È nel mio diritto, credo.

Olive                        - (le porge un bicchiere e poi) Su, siediti, e stattene zitta se non riesci a dire cose sensate. (Si avvicina alla finestra, e guarda fuori, appoggiandosi con un gomito al pianoforte e sorseggiando la sua birra)

Pearl                         - (piuttosto indignata) Mi hai detto che è difficile che scrivano durante quei sette mesi.

Olive                        - (senza voltarsi) Non hanno nessun bisogno di scrivere. Io so dove sono. Avanzano verso nord continuando nel loro lavoro.

Pearl                         - D'accordo, ma per lo meno potrebbero farti sapere come se la passano.

Olive                        - (leggermente esasperata) Cosa... come ta­gliano le canne da zucchero? Cosa credi che abbiano da raccontare? Roo è uno dei migliori in questo la­voro, è un caposquadra, sai?; ma anche qui a Mel­bourne, non lo sentirai mai cicalare sul lavoro che ha fatto durante la stagione. Questi sono soltanto af­fari suoi.

Pearl                         - (rassegnata) Mi sembra strano che tu possa sopportarlo. Io so che con Wallie ero continua­mente preoccupata. Bastava che tardasse un po' a tornare a casa dal lavoro che subito mi preoccupavo.

Olive                        - Con questi non dovrai preoccuparti. Sono uomini, questi, e non di quelli che tutte le sere si trascinano a casa dalle loro mogli.

Pearl                         - Lo so, me l'hai già detto tante volte. Ma non ho mai saputo che ci fosse qualche differenza.

Olive                        - Non l'hai mai saputo! (Pausa. Poi ripren­de in tono di orgogliosa sfida) Nancy diceva sempre che bastava vederli entrare in un pub come se fos­sero loro i padroni... bastava vederli camminare, per rendersene conto. Tutt'intorno c'erano tanti tipi nor­mali - tranquilli ometti di città che bevevano i loro cicchetti e chiacchieravano delle loro piccole cose, e poi arrivavano Roo e Barney. Non dicevano niente - non ne avevano nessun bisogno         - ma bastava che quei due entrassero e si fermassero come per aspet­tare un secondo o due, in silenzio. E allora, senza una parola, gli ometti si facevano in disparte per la­sciarli passare, proprio come se fossero due... due re. Diceva Nancy che di fronte a loro tutti gli altri sembravano un branco di conigli spelacchiati. (Dolce) Povera vecchia Nancy!

Pearl                         - Ha fatto quello che voleva, no?

Olive                        - Mi piacerebbe chiederglielo. Proprio ades­so, con loro che stanno per arrivare da un minuto all'altro, e lei là, seduta, legata a quel... a quel tipo da libri... proprio adesso mi piacerebbe chiederle se ne valeva davvero la pena. E scommetto che se le rivolgessi questa domanda non mi riderebbe in fac­cia, no, puoi starne certa!

Pearl                         - (dopo una pausa, poco convinta) Be', tu la conosci e io no. Mi dispiace di averti offesa.

Olive                        - (più calma, va ad accendere una lampada sopra il pianoforte) Ma no, anzi sono io che mi scuso per aver perso le staffe. È solo che per un mo­mento ti ho sentita parlare come mia Madre . Lei ha molta simpatia per Roo, vedi, ma tutte le volte che lui è via e che attacchiamo lite, Emma me lo getta in faccia come se fosse uno straccio sporco. Tutte le volte!

Pearl                         - (con simpatia) Capisco. Faceva cosi anche una mia zia. Accumulava dentro di sé un mucchio di cose, e poi ai funerali di famiglia si sfogava.

Olive                        - (con calore) Oh, terribile! E non ti faceva rabbia? (Attraversa la stanza e va ad accendere una seconda lampada)

Pearl                         - Lo fanno soltanto per seminar zizzania, sai?

Olive                        - Hai ragione. Toh, finisci questo bicchiere e versatene ancora. (Beve)

Pearl                         - No, me ne basta uno, e poi l'ho appena assaggiato. Mi sembra un po' troppo gasata questa birra.

Olive                        - (versandosene ancora) Andiamo, su, dob­biamo farla fuori questa bottiglia, se no possono cre­dere che abbiamo incominciato senza di loro.

Pearl                         - (interrompendola) Ascolta...

Olive                        - Che c'è? (Un attimo di pausa, poi corre alla finestra, mentre dall'esterno giunge non molto lontano un rumore di clacson) Troppo tardi. Sono loro questa volta! (Entra rapidamente in azione, tracanna quasi tutta la sua birra, afferra la bottiglia, e la nasconde col bicchiere sotto la tavola. Pearl si alza e gesticola emozionatissima col proprio bic­chiere)

Pearl                         - Che ne faccio di questo?

Olive                        - Lo bevi, è ovvio. (Si precipita al tavolino, afferra un sacchetto di carta, ne trae qualcosa che ac­costa subito alla bocca, poi getta il sacchetto a Pearl che sta frettolosamente finendo la sua birra e siste­mandosi allo specchio la pettinatura) Mentini! (In­tanto, fuori scena il taxi è arrivato davanti alla casa e il clacson strimpella allegramente. Mentre Olive va ad aprire si sente un clamoroso vociare)

Roo                          - Ehi, di casa, sveglia!

Barney                      - Emma, bellezza mia, mia piccola bron-tolona. (Entra nella veranda portando Emma sulle spalle. Emma emette gridolini di gioia e di finta col­lera, e lo percuote con dei pugni. Olive apre la porta e Barney le urla) Ehi, signora, dov'è la sua pattumie­ra? Ho qui un po' di zucchero andato a male. (Ri­dendo, Olive si trae da parte e i due entrano in casa, comparendo nell'arcata d'ingresso. Roo arriva invece sulla veranda anteriore. Olive si getta nelle sue brac­cia, ed essi si baciano a lungo e con passione. Pearl osserva gli scherzi di Barney ed Emma con un'ap­prensione che cerca di controllare e di far passare per un atteggiamento divertito. Quando Barney la nota per la prima volta dà una manata sul sedere a Emma e la lascia cadere sul divano) Su, su, basta, vec­chia strega. Dovresti aver più giudizio. Ti sembra bello giocare cosi quando hai degli ospiti?

Emma                       - (continuando a dargli dei pugni) Sei stato tu a cominciare...

Barney                      - (la spinge via, continuando a fissare Pearl) Basta, ti ho detto. Adesso devi piantarla se non vuoi che ti butti effettivamente nella pattumiera... guarda quella signora che ti sta fissando.

Emma                       - (voltandosi) Oh... lei! È quella di cui ti parlavo!

Barney                      - Ah si? Be', allora squagliatela e va' a dare una mano per i bagagli. (Si libera definitiva­mente di lei, e si avvicina a Pearl, ma Emma non si muove. È una donnetta logora e avvizzita sui settanta anni, che ha perduto tutte le sue illusioni sull'uma­nità. Si aspetta sempre il peggio, e gracchia con com­piaciuto cinismo tutte le volte che le sue previsioni trovano conferma nei fatti. Il suo sguardo, mentre assiste all'incontro, è apertamente ironico. Barney avanza con aria insolente, mentre Pearl è in piedi da­vanti al caminetto cercando di darsi un contegno. L'uomo si ferma davanti a lei con un largo sorriso fanciullesco) Salve. Immagino che le abbiano parlato di me. Io sono Barney.

Pearl                         - (balbettando) Si, me ne ha parlato Olive... Sono la signora Cunningham. Come sta? (Goffamente gli tende la mano. Barney la prende, ma anziché strin­gerla, la tiene gentilmente nella sua quasi volesse soppesarla)

Barney                      - Sto piuttosto bene. E lei? (Posa anche l'altra mano sopra quella di Pearl e, continuando a sorridere, la costringe a guardarlo negli occhi. Barney deve gran parte dei suoi successi in amore a una tecnica naturale: ha una grande debolezza per le donne, e fa in modo che loro se ne accorgano. Con­trariamente a quanto si è detto prima, non è certo un ometto: è piccolo, indubbiamente, ma non molto al di sotto della media, ed è costruito piuttosto soli­damente. Probabilmente questi centimetri in meno sono resi troppo evidenti dal suo continuo accompa­gnarsi al gigantesco Roo. I suoi modi sono sicuri, fi­duciosi e impudentemente vivaci, forse anche troppo per far dimenticare i suoi quarant’anni e un princi­pio di pancia. Pearl cerca in qualche modo di vin­cere il proprio imbarazzo)

Pearl                         - Oh, sa, fa un po' caldo. (Emma scoppia a ridere e scivola in cucina, passando accanto a Olive che dopo l'intimo e silenzioso incontro con Roo nella veranda, sta tornando nella stanza principale. In­tanto Roo, che era uscito di scena, vi riappare con due valigie)

Barney                      - (a Emma) Adesso piantala di far la furba.

Olive                        - (abbracciandolo) Che ha la vecchia?

Barney                      - Decadenza senile, credo. La butta giù.

Olive                        - (entrando nella stanza) Immagino che voi due ormai abbiate fatto amicizia, eh?

Barney                      - Be', siamo già arrivati a chiamarci Bar­ney e signora Cunningham.

Olive                        - Ma lei è Pearl. Dovete piantarla con que­sta storia del signore e signora. Pearl!

Barney                      - (sorride, poi si volge a Olive con aria gio­viale) E tu? Non sei venuta ad aspettarci in Swanston Street. (Batte le mani a suggerire uno scherzo abituale, ma lei lo respinge)

Olive                        - Lascia perdere, per adesso... È solo che non volevo farvi incontrare all'aeroporto fra tutta quella gente.

Barney                      - - Perché? Avevi paura che scappassi via come un razzo o qualcosa di simile? (Si volta e striz­za l'occhio a Pearl che contraccambia con un pal­lido sorriso)

Olive                        - Oh, se lo avessi fatto non ci avremmo messo molto a riportarti a terra! Ma dov'è Roo? Vieni, Roo... (Roo si allontana dall'arcata alla quale era finora appoggiato, e Olive gli si avvicina prenden­dolo amorevolmente sottobraccio e conducendolo nella stanza) Voglio farti conoscere una mia amica. Pearl Cunningham... Roo Webber.

Pearl                         - (stringendogli la mano) Come sta?

Roo                          - Piacere di conoscerla. (Roo sorride e Pearl si rilassa un poco. È una specie di energumeno con un che di gentile: una combinazione che ispira inevi­tabilmente fiducia. Alto, trentotto anni, capelli biondi un po' brizzolati, viso scavato e bocca ben disegnata. Esperienze recenti hanno tracciato una sottile linea di smarrimento fra i suoi occhi, indizio del primo autentico turbamento mentale della sua vita, ma i suoi modi paiono disinvolti. Entrambi gli uomini sono profondamente abbronzati, in netto contrasto con la candida pelle delle donne) Signora Cunnin­gham, vero?

Olive                        - (subito) Si, è vedova.

Roo                          - Ah! (Barney vede i "bastoncini di zucchero" sulla mensola e ne afferra uno, esplodendo d'improv­viso in una grande risata)

Barney                      - Ehi, avete visto? Ma dov'è quella Bubba? Dov'è?

Olive                        - A casa sua...

Barney                      - (avvicinandosi alla porta-finestra) E che ci fa a casa sua? Qui dovrebbe essere... (Apre la por­ta-finestra ed esce sulla veranda posteriore)

Olive                        - Verrà più tardi... (Cerca di fermare Bar­ney, ma Roo la trattiene)

Barney                      - (unisce le mani a imbuto e grida) Buub-baa... perché ti sei nascosta? Vuoi vedere che zom­piamo noi da te con un bastone da passeggio o qual­cosa del genere?

Bubba                       - (la sua voce risponde lontana e ridente da fuori scena) Ci vorrebbe un uomo un po' più gran­de di lei, signor Ibbot. (Roo raggiunge Barney sulla veranda, mentre Olive accompagna Pearl al divano)

Olive                        - Non ti preoccupare, si calmeranno subito...

Roo                          - (contemporaneamente) E io, allora? (Si sen­te lontana la risata di Bubba) Come va, Bubba?

Bubba                       - Bene.

Olive                        - (avvicinandosi alla porta-finestra) Ehi, piantatela voi due, è domenica oggi. Venite dentro, la vedrete più tardi. (Prende sottobraccio Barney per riaccompagnarlo nella stanza)

Roo                          - (ancora gridando, a mo' di commiato) E non farci aspettare molto, mi raccomando.

Bubba                       - Sta' tranquillo. (Nella stanzaBarney prende fra le braccia Olive, la solleva, la fa piroettare intorno, accosta una guancia alla sua e dice con molta espressione)

Barney                      - Ah, il mio barman favorito.

Olive                        - Faresti meglio a non farti sentire da Pearl.

Barney                      - (rallegrato) Non mi dirai che anche lei...

Olive                        - Si... stesso pub... stesso banco!

Barney                      - (pieno di giubilo, va a sedersi sul divano accanto a Pearl) Benone! È come se fossero tor­nati i vecchi tempi! (Pearl si agita, evidentemente a disagio. Intanto entra furibonda Emma)

Emma                       - Ladri!  Ladri schifosi!  Grattare a una vec­chia il suo cibo appena lei volta le spalle!

Barney                      - Be'... che t'è successo, Emma?

Emma                       - L'aceto, ecco cosa m'è successo. Chi m'ha fregato l'aceto?

Olive                        - Ne ho preso io un goccio per condire l'in­salata.

Emma                       - Mezza bottiglia, ecco qual è il tuo goccio. Vergogna, derubare tua Madre ! Di chi credi che sia questa casa?

Olive                        - Sono io che pago le rate e le tasse...

Emma                       - Questo non ha importanza: la casa è mia e mie sono le cose che ci sono dentro. Ti avevo detto di star lontana dalla mia credenza.

Olive                        - E allora siamo pari. Anch'io ti avevo detto di star lontana dallo scalo.

Emma                       - Se la funzione non fosse finita cosi presto non ci sarei andata. E poi dovresti essere maledet­tamente contenta di questo, perché senza di me que­sti due vagabondi non sarebbero certo venuti qui...

Barney                      - (interrompendola) Statti quieta, Emma, non sai nemmeno di che cosa stai parlando.

Emma                       - Ah, non lo so?

Barney                      - Piantare un casino del genere per un po' d'aceto. Non ti ho forse dato abbastanza per com­prartene un'altra bottiglia?

Emma                       - (sprezzante) Due sterline - due schifo­sissime sterline - proprio un capitale! (Alla figlia) Te lo ripeto per l'ultima volta. Lascia stare la mia credenza se non vuoi che io me ne vada in Russel Street...

Barney                      - Olive - Roo- (in coro: evidentemente si tratta di una minaccia ben nota) Alla massima ve­locità che le mie gambe mi permettono.

Emma                       - (terribile) Riderà bene chi riderà l'ultimo. (Via)

Barney                      - (cercando di farsi sentire da lei) Ma che bisogno ne hai, vecchia strega, di aceto: non sei già acida abbastanza? (Risata generale. L'ingresso di Em­ma ha contribuito a rompere il ghiaccio)

Roo                          - Meglio portar su i bagagli, immagino. (Si avvicina all'arcata)

Olive                        - (fermandolo) Solo i tuoi per ora. Non prendere quelli di Barney.

Barney                      - Perché? Cosa t'han fatto di male i miei bagagli?

Olive                        - Sei abbastanza grosso e abbastanza brutto per portarteli da solo. (Roo ride, poi afferra una delle valigie e si allontana sulla scala. Barney intanto mi­naccia scherzosamente Olive)

Barney                      - È proprio tempo che intervenga io, stai diventando un po' troppo prepotente.

Olive                        - Si. Da quel colosso che sei... (Si dirige verso la mensola) Ho qui un telegramma per te. È arrivato ieri.

Barney                      - (prendendolo) Per me? (Lo squadra) Che sia successo qualche guaio?

Olive                        - Aprilo e troverai la risposta. (Mentre Bar­ney apre con riluttanza il telegramma, ella si avvici­na a Pearl, rivolgendole la parola con evidenti sot­tintesi). Ti dispiacerebbe, Pearl, andare a mettere in salvo l'insalata, quella vecchia è proprio il tipo da gettarla nella pattumiera.

Pearl                         - (con gratitudine) Volentieri. È molto pro­babile che lo voglia fare. (Via)

Barney                      - (che intanto avrà letto il telegramma. Re­spira sollevato) Ah!... Indovina chi è?... È Nancy.

Olive                        - Me l'ero immaginato.

Barney                      - (legge) Con tanto affetto, Nancy. (Met­tendo in tasca il telegramma) Dove abita adesso?

 Olive                       - Non sono affari tuoi. Lasciala in pace.

Barney                      - Volevo soltanto dirle ciao.

Olive                        - Si, li conosciamo i tuoi ciao. È finita la storia con lei.

Barney                      - Cosa scommetti che me la riprendo quan­do voglio?

Olive                        - Non te lo consiglio. E comunque non qui. Il giorno che si è sposata ho giurato che qualunque cosa fosse successa, voi due qui insieme non ci sare­ste più venuti. È di Pearl adesso che devi occuparti.

Barney                      - Pearl andrà benissimo.

Olive                        - Credi? Non ne sarei tanto sicura al tuo posto. Pensa che ha lasciato i suoi bagagli sulle scale e che, se non le vai, ha deciso di andarsene fin da domattina.

Barney                      - Perché? Cos'ha?

Olive                        - La cosa non la entusiasma troppo. Prima di tutto non la capisce; e poi ha una figlia, una ra­gazzina di diciotto anni. Abita con dei parenti per adesso, ma Pearl si sente molto nervosa, ha paura di fare degli sbagli. Cosi quando io l'ho informata di tutti i tuoi errori, è diventata ancora più nervosa.

Barney                      - (sbalordito) Non mi dirai che alla sua età fa ancora delle storie?

Olive                        - Oh, non è per lei. È solo che non crede che tu ti sia comportato bene.

Barney                      - Ma cosa diavolo ne sa? Glielo hai detto che tipo regolare sono stato? Che mando dei soldi tutte le settimane?

Olive                        - Si, ma dice che non è il denaro che conta, ma il principio.

Barney                      - (disgustato) Capisco... è una di quelle, vero?

Olive                        - Ma niente affatto. Anzi è un tipo molto per bene. A dirtela tutta, sospetto che si sia messa in mente di redimerti.

Barney                      - Ah, si? Be', già altre ci hanno provato.

Olive                        - Ma lei ha quella figliola, Vera, e mi pare che stia cercando un nido per tutt'e due.

Barney                      - Con me? (Olive annuisce) Ma guarda in che razza di guai deve cacciarsi un uomo!

Olive                        - Be', puoi benissimo non farne niente se non vuoi, neanche parlargliene. Ma ti avverto, se la molli per una di quelle tipe dipinte che ti piacciono tanto, non metterti in mente di portarla a vivere qui.

Barney                      - Insomma, o Pearl o niente, se non ho capito male? E va bene. Più tardi farò due chiac­chiere con lei. Andrà tutto bene.

Olive                        - Mi sembri un po' troppo sicuro di te.

Barney                      - (strizzando l'occhio) Contaci.

Olive                        - Non farti illusioni, Barney. Non sarà fa­cile.

Barney                      - No? Be', adesso ti dico io una cosa. An­che per te si prepara una specie di battaglia. (Olive lo guarda sorpresa, e Barney riprende in tono più quieto) Hai sentito cosa ha detto Emma, che se non fosse stato per lei noi non saremmo venuti qui? È vero.

Olive                        - (incredula) Ma va' là!

Barney                      - Te lo garantisco... Non vedendoti allo scalo, per un minuto o due Roo ha lanciato la propo­sta di andare in un posto che conosce lui a North Melbourne...

Olive                        - (sorpresa) Ma tante volte non sono venuta a prendervi. Quando arrivavate di sabato, per esem­pio...

Barney                      - Ma non si è arrabbiato perché non c'eri. È tutta un'altra questione.

Olive                        - E quale?

Barney                      - (dopo una breve esitazione) È al verde.

Olive                        - Roo?

Barney                      - Ho dovuto pagargli io il biglietto.

Olive                        - (incredula) Ma come può essere al verde prima ancora di arrivare qui?

Barney                      - (sospirando) Tu non sai che maledetta stagione abbiamo avuto. È andato tutto a rovescio. Mai andata peggio, che io ricordi.

Olive                        - Non avete trovato lavoro?

Barney                      - (sogghignando) Oh, non è questo: lavoro ce n'era quanto si voleva. È questione di sfortuna, ecco. (Olive si avvia verso le scale) No, lascialo stare, è troppo giù di corda: meglio che ti racconti io come è andata.

Olive                        - (si ferma, poi torna indietro) Che è suc­cesso?

Barney                      - Be', per incominciare, quel balordo di Roo si sloga la schiena... Niente di serio, sai, non una cosa da farne un dramma. Solo che, capisci, lo ha un po' rallentato. (Mette francamente le carte in tavola) Devi sapere che Roo è quel che si dice un duro. Non gli piacciono quelli che non riescono a tra­sportare il loro peso; e avendo la possibilità di sce­gliere i migliori, perché tutti sanno che è uno dei ca-pisquadra più in gamba, generalmente riesce a for­mare squadre formidabili. Ma qualche volta questo lo costringe ad agire piuttosto duramente. (Fissan­dola negli occhi) Quest'anno per esempio ha manda­to via Tony Moreno. Ci avrai sentiti parlare di Tony, un gran personaggio che è simpatico a tutti... ma Roo pensava che fosse ormai diventato troppo lento. E assume al suo posto un giovanottone di cui si era tanto sentito parlare, Johnny Dowd, si chiama. Aveva fama di essere rapido come il fulmine.

Olive                        - E lo era?

Barney                      - Si. Non all'altezza di un Roo in piena forma, insomma, ma decisamente superiore a quasi tutti noi altri. E questa volta in confronto a lui anche Roo sembrava un po' scassato.

Olive                        - E Roo se n'è accorto?

Barney                      - Be', è proprio questo il punto. Questo Dowdie è svelto sia a tagliare che a caricare, proprio come Roo, e non capitano tanto spesso tipi del ge­nere. I ragazzi se ne sono accorti, e hanno incomin­ciato a punzecchiare Roo, dicendogli di starci attento che se no avrebbero finito per scegliersi un nuovo caposquadra. Non che dicessero sul serio, scherza­vano naturalmente, ma Roo se l'è presa a male. In­vece di spiegargli quel che si era fatto alla schiena, si è messo a lavorare proprio vicino a questo Dowd: voleva fargli vedere come si fa, capisci? E que­sta era la peggior cosa che potesse fare, perché era invece il ragazzo a dargli una lezione. Mai visto Roo cosi fuori di sé, in pochissimo tempo aveva trasfor­mato il lavoro in una specie di gara in corsa con quell'altro...

Olive                        - Che maledetto idiota!

Barney                      - Proprio questo gli ho detto. Calmati, dico, che t'importa...

Olive                        - (esasperata) E con la schiena in quelle condizioni... come diavolo pensava di vincere?

Barney                      - Non so. Forse perché sa di essere due volte più bravo di tutti gli altri, immagino. In ogni modo, un paio di mesi fa, un giorno che si bruciava dal caldo, poco prima che finisse la giornata di la­voro, hanno avuto una lite.

Olive                        - Grave?

Barney                      - Piuttosto. Ero proprio li quando è suc­cesso. E senza nessun motivo serio. Stavano lavo­rando uno accanto all'altro, e quando Dowdie arriva al termine della striscia, si volta per vedere quanto è lontano Roo. Be', proprio quel momento Roo perde l'equilibrio. Mai vista una cosa simile: gli si piegano le ginocchia e lui finisce per terra. Dowdie, chissà perché, trova la scena molto divertente, e incomincia a ridere. Be', è stato cosi. Roo gli si è scagliato con­tro, hanno tirato fuori i coltelli, e se non fossimo in­tervenuti in sei a dividerli, scommetto che qualcuno ci avrebbe lasciato la pelle. Naturalmente i ragazzi danno tutti torto a lui, e Roo se ne torna alla baracca, impacchetta la sua roba e scompare. (Breve pausa di disagio) L'ho rivisto soltanto una settimana fa a Brisbane.

Olive                        - Non eri andato con lui?

Barney                      - No.

Olive                        - Perché?

Barney                      - (a disagio) Non so. Era una situazione maledettamente confusa. Sai bene cos'è sempre stato Roo per me, una specie di piccolo dio: non lo avevo mai visto dalla parte del torto.

Olive                        - C'è stato un mucchio di volte dalla parte del torto.

Barney                      - (deciso) No, per me no. Era la prima volta, quella.

Olive                        - Va' avanti. Cosa è successo?

Barney                      - Niente. Lui è partito e io sono rimasto. L'ho ritrovato a Brisbane una settimana fa. Era ri­masto praticamente senza un soldo.

Olive                        - Ma come mai? Il bere?

Barney                      - Si. Ci ha dato dentro piuttosto forte. Ma non abbiamo parlato molto, credo che ce l'avesse su con me perché non ero venuto via con lui. Ma, ti giuro, come mi sentivo allora, proprio non potevo... (Olive lo guarda con occhi accusatori, e lui reagisce con un forzato sogghigno) E poi, avevo bisogno di soldi... Naturalmente, ho dovuto peggiorare ancora la situazione, raccontandogli come avevano nominato caposquadra Dowdie al suo posto e come se l'era ca­vata. (Senza che i due se ne accorgano, Roo scende le scale e si ferma nell'ingresso) Be', bisogna dargli credito, per essere un ragazzo, ha dimostrato di sa­perci fare piuttosto bene...

Roo                          - (duro) Si. E le hai detto di quella grande sbronza che si è preso quando siete tornati tutti a Cairns?

Barney                      - (lo guarda, poi volge il capo confuso) Non ti servirà niente fare il sarcastico.

Roo                          - Già, perché a te l'andare in giro a far pet­tegolezzi ti porterà lontano.

Olive                        - Non è colpa sua. Sono stata io a chieder­glielo. (A Barney) È meglio che porti di sopra le vali­gie. (Barney si avvia verso la scala, ma ella lo ferma per ricordargli) E guarda che per stasera dormirai nello stanzino.

Barney                      - (sogghigna con un lampo del suo antico buon umore) È dunque cosi triste la situazione? (Olive annuisce, e Barney si avvia sulle scale con la sua valigia. Breve pausa imbarazzata)

Roo                          - Da come lo conosco quando apre quel suo maledetto forno, non credo che mi resti molto da dire.

Olive                        - Solo un paio di cose. Per esempio, dove pensavi di andare a North Melbourne?

Roo                          - (sogghignando) Aaah, a chi diavolo credi che importi?

Olive                        - A me, per esempio. Mi piacerebbe sapere cosa c'è a North Melbourne che non puoi avere anche qui.

Roo                          - (imbronciato) Ho una specie di cugino che possiede una drogheria. Un tale Wallace.

Olive                        - Be', ne sono proprio contenta. Dopo di­ciassette anni la prima volta che ti trovi nei guai, dove pensi di andare? Da un tale Wallace in una dro­gheria.

Roo                          - (irritato) Sono senza un soldo, Olive. Non capisci? Sono in bolletta, al verde, non ho l'ombra di un maledetto quattrino.

Olive                        - (strilla) Si, e questo per me è essenziale, vero? Io ti ho sempre accolto ferma sulla veranda anteriore con un registratore di cassa e con l'aria di una... di una schifosissima... (Si interrompe scop­piando in lacrime, si fruga nelle tasche alla ricerca di un fazzoletto. Roo, turbato, le si avvicina, la prende fra le braccia e l'attira a sé con la gentile disinvoltura che solo una lunga familiarità può dare)

Roo                          - (umile) Olive, non era a questo che pensavo. Su, vieni, tesoro, sai bene che non volevo dir questo.

Olive                        - Tipi come te... dovrebbero essere presi a calci.

Roo                          - Appunto.

Olive                        - (svincolandosi dall'abbraccio e fissandolo negli occhi) E io? Non lavoro forse, io?

Roo                          - (ostinato) Non voglio vivere alle tue spalle.

Olive                        - (fra le lacrime) Puoi riposarti come hai sempre fatto, e io... io potrei...

Roo                          - (definitivo) No, non voglio vivere alle tue spalle. Troverò un lavoro o qualcosa del genere.

Olive                        - Un lavoro?

Roo                          - Be', qualcosa, ci penseremo domani. Adesso smetti di piangere e dimentica questa faccenda. An­drà tutto bene, vedrai. Sei contenta di vedermi?

Olive                        - (rauca) Se non fossi venuto sarei uscita a cercarti con un rasoio. (Lungo bacio)

Roo                          - Sai di cosa abbiamo bisogno tutti e due? Di una bella birra per rinfrescarci... (Olive si scioglie sorridendo dall'abbraccio: ha ritrovato il solito buon umore)

Olive                        - Io un po' ne ho già bevuta. Pearl e; io stavamo dando fondo a una bottiglia quando siete arrivati. (Va a prenderla sotto la tavola e la solleva) Vedi, l'abbiamo nascosta per evitare che ve ne accor­geste.

Roo                          - Be', siete proprio due bambine! (D'improv­viso questa frase scatena un accesso di ilarità sia in lui che in Olive. Roo si avvicina alla mensola, accende la radio che sta trasmettendo musica allegra) Vieni, ho la lingua a penzoloni dopo quel viaggio in aereo.

Olive                        - (forte, verso le scale) Ehi, Barney... scen­di... la festa incomincia.

Roo                          - Falli venire tutti.

Olive                        - (forte, verso la cucina) Pearl, non passerai la notte a guardare l'insalata. Gli ho parlato...

Pearl                         - (fuori scena) Vengo subito. (Barney scen­de le scale con le braccia cariche di doni, fra i quali la diciassettesima bambola. Entra nella stanza e la porge a Roo che si affretta a nasconderla dietro la schiena. Intanto...)

Olive                        - Vieni, Emma, Roo ti ha già versato la birra.

Emma                       - (fuori scena, infuriata) Non ho voglia di sporcarmi le labbra. (Ridendo, Olive rientra dalla porta della cucina. Arriva Pearl con un enorme in­salatiera, ed Emma la segue. Quando Olive arriva all'arcata Roo le presenta il suo dono)

Roo                          - Eccola qui la diciassettesima bambola! (Olive lancia un grido di assoluta felicità e si preci­pita fra le sue braccia. Barney li osserva sogghignan­do. La musica sale al massimo mentre si chiude il sipario)

SCENA SECONDA

La mattina dopo.

Regna nella stanza una grande confusione: i resti del pasto della sera prima sono ancora sulla tavola e tutt'intorno sono sparsi bicchieri e bottiglie vuote. Un angolo della tovaglia penzola come se qualcuno vi si fosse aggrappato. Qua e là sul pavimento pezzi di carta da imballo.

Il sipario si alza sulla scena vuota. Poi entra Em­ma dalla cucina con uno stuoino che porta sulla ve­randa anteriore appendendolo alla ringhiera. Osserva il cielo, e annusa il vento. Dopo un minuto, si avvi­cina alla porta d'ingresso e grida.

Emma                       - È meglio che ti metta la giacca. Olly, ha l'aria di piovere.

Olive                        - (fuori scena) In una giornata come que­sta... sei matta?

Emma                       - E va bene, allora. Come non detto. (Esce in giardino brontolando. Poi torna con due bottiglie di latte e un giornale. Nel corridoio incontra Roo che ha disceso le scale. Ha un aspetto un po' sbattuto, ma non troppo. Emma gli porge il giornale) Ehi, si prepara un'ondata di freddo.

Roo                          - Quei tipi che predicono il tempo non capi­scono niente.

Emma                       - Ma non sono loro che lo dicono, sono io.

Roo                          - (sogghignando) Ah!  Allora è diverso. (Emma scompare sbuffando in cucina. Roo getta il giornale sulla tavola e si accorge che la stanza ha bisogno di aria fresca. Apre la porta-finestra e esce sulla veran­da posteriore, restando al sole a sbadigliare e a grat­tarsi il ventre. Un attimo dopo, qualcosa attrae la sua attenzione, ed egli scompare dalla visuale. Si sente il tintinnio delle bottiglie di birra raccolte insieme, e Roo rientra, con quattro vuoti. Arriva anche Olive dalla cucina: indossa un leggero abito estivo. Sta finendo di mangiare un toast)

Olive                        - Roo?

Roo                          - Quello stupido di Barney ha scaraventato questa roba sulla veranda. Sono scherzi da bambino.  Dovrebbe smetterla alla sua età. (Mette da parte le bottiglie)

Olive                        - Nemmeno a Pearl è piaciuto.

Roo                          - (sedendosi e prendendo il giornale) Temo che non ce l'abbia fatta con lei.

Olive                        - Lo temo anch'io. Almeno da quello che dice Pearl. Avresti dovuto sentirla quando s'è messa a parlare del suo tentativo di forzare la porta della sua camera.

Roo                          - (aprendo il giornale) Be', avrebbe dovuto aspettarselo.

Olive                        - È quello che le ho detto anch'io. (Strofi­nando il dorso della mano sulla guancia irsuta di Roo) Se fossi rimasto a letto ancora un poco, ti avrei por­tato la colazione in camera.

Roo                          - (continuando a leggere) Lo sai che non mi piace mangiare a letto.

Olive                        - Be', per una volta. (Comincia a massag­giargli la spalla) Come va la schiena? (Roo la guarda) Mi ha detto Barney che te la sei slogata... ma non mi ha precisato come hai fatto, mi ha solo detto che ha rallentato il ritmo del tuo lavoro.

Roo                          - Fidati di Barney.

Olive                        - Ma come hai fatto?

Roo                          - (burbero) Chiedilo a Barney, sa tutto lui. (Riprende a leggere)

Olive                        - (scherzosa) E va bene, nessuno ti prende per un invalido. Lo so che non ti piace essere amma­lato. (Si allontana per prendere dalla sedia a dondolo la diciassettesima bambola e resta in piedi ad acca­rezzarla con tenerezza) È più bella delle altre, sai? Ho l'impressione che le facciano con più cura di una volta. C'è più lamé... e sono vestite meglio.

Roo                          - Sono come son sempre state.

Olive                        - No, non è vero. Qualcuno deve dedicarci particolare attenzione. Una volta erano soltanto gra­ziose, ma questa è proprio bella. Guardala. (Tiene la bambola come se fosse una bambina. Poi, d'im­provviso) Sai perché le bambole mi piacciono più di tutti gli altri regali che mi hai fatto? (Roo scuote il capo) Be', gli uccelli, i coralli, le farfalle, e tutto il resto me li hai portati perché volevo sapere com'era lassù dove lavori. Ma le bambole... sono cose cui hai pensato per conto tuo. È per questo che sono spe­ciali! (Roo bofonchia qualcosa, imbarazzato. Olive rassetta le gonne della bambola) È inutile che sbuffi, lo sono. Dove la metto?

Roo                          - (guardandosi attorno) Mi sembra un po' af­follato. Forse ti conviene cominciare col piano di sopra.

Olive                        - (afferrando un vaso) No, non voglio. Deve restare qui con le altre. (Mette la bambola nel vaso) Guardala, ora. Sembra proprio che ti stia fissando.

Roo                          - (commosso, ma burbero) Sta bene.

Olive                        - È bella. (Si avvicina a Roo, gli dà un bacio sulla tempia e gli passa le dita fra i capelli) Bella. Cosa conti di fare, oggi?

Roo                          - (assente) Oh, qualcosa troverò. (Volta le pa­gine)

Olive                        - Pensi di fare un salto al pub?

Roo                          - Forse.

Olive                        - (afferrandogli i capelli e tirandoli con genti­lezza) Be', ma non ti buttar giù, mi raccomando. Stavo pensando che potresti prenotarmi qualche bi­glietto. Ci sono dei buoni spettacoli in città, ma per vederli ho preferito aspettare che tu... (Entra Emma con un vassoio vuoto che posa sul tavolino)

Emma                       - (arcigna) Chi vuol far colazione, gli con­siglio di scendere. Non ho la minima intenzione di tenergliela al caldo tutto il giorno.

Olive                        - Hai provato a chiamare Barney?

Emma                       - Io non chiamo nessuno. Ho già abbastan­za da fare... Guarda in che stato è ridotta questa stanza! Naturalmente, a te non importa niente, tutto quello che t'interessa è di fare della casa un por­cile e poi di andartene a gironzolare per i bar tutta la giornata.

Olive                        - Mi pare che in questa confusione abbia fatto anche tu la tua parte. Comunque, se non vuoi, lascia perdere. Ci penserò io stasera.

Emma                       - Oh, ci puoi giurare.

Olive                        - (a Roo ancora immerso nel giornale) Al­lora, mi vai a prendere questi biglietti?

Roo                          - (alzando gli occhi) Ti dispiace aspettare un paio di giorni? Prima, avrei da sistemare qualche altra cosa.

Olive                        - (drenandosi) E va bene. Ma è meglio pre­notarsi prima, sai, se si vogliono dei posti decenti. (Esce, e un momento dopo la si sente gridare dalle scale) "Barney!... Colazione!" (Roo torna al suo gior­nale, ed Emma rassetta la stanza)

Emma                       - (ammiccando) È per questo che mi hai dato soltanto una sterlina allo scalo?

Roo                          - E cioè?

Emma                       - Perché sei senza soldi?

Roo                          - E chi ti ha detto che son senza soldi?

Emma                       - Ti ho sentito io ieri: sono in bolletta, strillavi, sono al verde, non ho l'ombra di un ma­ledetto quattrino.

Roo                          - Il tuo udito funziona benissimo. È proprio cosi.

Emma                       - Per forza devo tener le orecchie aperte in questa casa. Per difendermi. Ma tu, mi pare, hai avuto una bella faccia tosta a ridurti in queste con­dizioni.

Roo                          - Lascia perdere, Emma. Ti spiegherò.

Emma                       - Si, è un discorso che ho già sentito tante volte.

Roo                          - Questo posto... (Legge) Lyman Paint Com­pany in Weston Street... è da queste parti?

Emma                       - Qui all'angolo, tre isolati più in là.

Roo                          - (con soddisfazione) Ah.

Emma                       - E quel Barney... è senza soldi anche lui?

Roo                          - Non credo. Dovrebbe averne più o meno come al solito.

Emma                       - Meno male. Penso che non lo aiuterei.

Roo                          - (ammiccando) Perché me mi aiuteresti?

Emma                       - Forse. (Subito) Oh, solo un prestito, sai. Ed esigo la restituzione.

Roo                          - Quanto? Un cinquino?

Emma                       - (fredda) Credi di essere spiritoso? Che ne diresti di cinquanta?

Roo                          - Sterline? (Emma annuisce) Possiedi cin­quanta sterline?

Emma                       - (trionfante) Ne ho molte di più. Ne ho quasi... be', non ha importanza. Ma tu non dire a nes­suno nemmeno che ne ho cinquanta. In ogni modo, queste cinquanta, se vuoi sono a tua disposizione.

Roo                          - (ammirato) Perdio! Ma dove le hai prese? Te le ha date Olive?

Emma                       - Olive? Con quello che mi dà lei, si e no ci pago le tasse. No, no, ho i miei metodi io per fare quattrini.

Roo                          - Ci credo che li hai. Lavori per gli allibratori, eh... Convinci la gente a puntare sui cavalli fessi... (Entra sulla veranda posteriore Bubba, vestita per uscire)

Emma                       - Non fare domande se non vuoi bugie. (Si accorge di Bubba, ferma davanti alla porta-finestra) Perbacco, come sei mattiniera! Non mi dire che sei venuta ad aiutarmi per le pulizie?

Bubba                       - (scuotendo il capo) No, sto andando al lavoro. Sono passata solo per un minuto.

Emma                       - Lo sapevo che era troppo bello per esser vero. Come al solito, è sempre la vecchia che deve fare tutto. (Via in cucina col vassoio)

Roo                          - Non perde mai un'occasione per brontolare. Entra, Bubba... come stai? Non abbiamo avuto molte occasioni per chiacchierare ieri sera.

Bubba                       - No, io... non sono rimasta qui molto... Senti, ho qui qualcosa per Barney.

Roo                          - Non si è ancora alzato.

Bubba                       - (tirando fuori una busta) Vuoi dargliela tu, allora? Non voglio che Olive la veda... sono delle foto che ho preso al matrimonio di Nancy.

Roo                          - (prendendo la busta) Ah. E com'era il ma­trimonio?

Bubba                       - Non una gran festa, sai, soltanto cono­scenti di lui; credo di essere stata io la sola invitata di Nancy. Era molto bella comunque, con un abito di una specie di blu scuro. Ho pensato che a Barney avrebbe fatto piacere aver le foto.

 Roo                         - Già. Hai pianto.

Bubba                       - Si. E anche lei.

Roo                          - Devo dirti una cosa. Credo che anche Barney abbia pianto. Se n'è stato per suo conto tutto un po­meriggio... una cosa che non gli avevo mai visto fare prima. Di solito, quando è nei guai, vuol sempre aver vicino qualcuno che gli faccia coraggio. Ma stavolta non ha voluto nemmeno me.

Bubba                       - Sapevo che l'avrebbe presa cosi. Gliel'ho detto a Olive... Perché non è venuto, Roo? Quattro lettere gli abbiamo scritto...

Roo                          - Be', in un primo tempo probabilmente non credeva che lei lo avrebbe fatto. Poi, quando ne ha avuto la conferma, gli è mancato il coraggio. Ci ha almanaccato sopra per un pezzo, sai?

Bubba                       - Vien da piangere quando si pensa che, nonostante i loro sentimenti, si sono cacciati tutti e due in questo pasticcio.

Roo                          - (cercando di cambiar discorso) Già... E tu? Immagino che fra poco sentiremo parlare anche del tuo matrimonio.

Bubba                       - No, non credo proprio,

Roo                          - (arrotolandosi una sigaretta) Che fine ha fat­to quel tale Mac che ti girava attorno quando noi siamo partiti?

Bubba                       - Chi? Oh... Douggie! Non l'ho più visto da giugno o luglio. Da allora sono uscita con un'altra dozzina di ragazzi.

Roo                          - Mi ha l'aria che tu finirai per diventare una specie di corrispettivo femminile del mio amico Barney.

Bubba                       - Ho ventidue anni ormai. Quanto credi mi resti da crescere?

Roo                          - Su, non t'arrabbiare, stavo solo scherzando. Sappiamo tutti che hai ormai finito le scuole.

Bubba                       - Già. (Esita un momento, poi si decide) Roo, posso chiederti una cosa?

Roo                          - Cosa?

Bubba                       - Riguarda la licenza...

Roo                          - Ebbene?

Bubba                       - Sarà ancora come una volta, vero? Voglio dire, si andrà ancora da Selby per Natale e... e tutto il resto. Non cambierà niente, vero?

Roo                          - Ma no, sciocchina, naturalmente. Perché do­vrebbe esser diverso?

Bubba                       - (sorridendo timidamente) Avevo paura che... adesso che non c'è più Nancy...

Roo                          - Ma noi siamo ancora qui. Che diavolo, certo che sarà ancora come una volta. (Impulsivamente Bubba lo abbraccia, mentre Emma entra con una fruttiera)

Emma                       - (acida) Avevi detto che stavi solo un mi­nuto. Ma ancora un po' che aspetti e credo che Woolworth oggi dovrà restare chiuso.

Bubba                       - Come se si accorgessero della mia as­senza. (Si avvicina alla finestra) Vieni a trovarci, se hai tempo, Roo. Sono al reparto profumi.

Roo                          - Si. Proprio quello che ci vuole per me, vero? (Bubba esce ridendo. Emma posa la fruttiera sulla tavola)

Emma                       - Scommetto che se vendesse birra andre­sti a trovarla subito. (Secca) E per quel denaro? Lo vuoi o non Io vuoi?

Roo                          - Alludi al cinquantone? (Emma annuisce. E Roo continua prendendola gentilmente in giro) Credo che non stia bene, Emma. Comincia a prendere quat­trini dalle donne e non sai più dove andrai a finire.

Emma                       - (furbescamente) A me non la fai. Non bastano, vero?

Roo                          - Be', durerebbero un paio di settimane, im­magino. In licenza, sai si spende parecchio.

Emma                       - Si, ma non del mio. Cinquanta sterline è il massimo di credito che ti posso fare. E tu sei forse il solo tipo cui sono disposta a farne tanto.

Roo                          - (sincero) Lo so. Sei proprio un'amica, Em­ma. Ma non c'è ragione che tu abbia più fiducia in me che, per esempio, in Barney.

Emma                       - (burbera) Non essere sciocco. Non mi sono forse fidata di te in tutti questi anni con Olive.

Roo                          - Davvero?

Emma                       - Fin da quando ti ha portato qui, e ci ha presentati in anticamera. Tu ti sei tolto il cappello e mi hai sorriso. E io ti ho giudicato subito: ci creerà un mucchio di guai, ma è onesto...

Roo                          - (un po' seccato) Guai, però.

Emma                       - Si, ma poteva esser peggio. Diciassette anni sono tanti, anche calcolando soltanto i mesi di licenza. Ma se non vuoi il mio denaro come farai?

Roo                          - Posso sempre trovarmi un lavoro.

Emma                       - In città?

Roo                          - Ti sorprenderebbe? (Emma annuisce viva­mente) Be', sorprenditi, allora, perché è proprio que­sto che andrò a cercare.

Emma                       - (meravigliata) È proprio una bomba!  Non ci resisto... (Fa per uscire, ma s'imbatte in Barney che sta scendendo) Ehi, tu, se vuoi far colazione, ti consiglio di spicciarti...

Barney                      - (scherzoso) Chiudi il becco, tu!

Emma                       - (uscendo) E va bene. Non ne hai nessun bisogno per andare in giro a fare il galletto. In caso contrario, deciditi. (Barney indossa una camicia con la quale è stato palesemente anche a letto, un paio di pantaloni flosci e un paio di ciabatte. Scende sfregandosi gli occhi e sbadigliando)

Barney                      - Non è bello dormire su quel divano. Vo­glio parlarne a Olive.

Roo                          - Lo sa. Hai già fatto abbastanza baccano stanotte.

Barney                      - (sedendosi) Oh. Avete sentito?

Roo                          - Impossibile farne a meno dato l'impeto con cui battevi a quella porta.

Barney                      - Battevo? Ma se mi limitavo ad accarez­zarla con le unghie.

Roo                          - Be', comunque sia, a lei non è piaciuto.

Barney                      - Oh, so io cosa non le va bene. Te ne ha parlato Olive?

Roo                          - Si.

Barney                      - Sai chi mi ricorda? Quella biondina che aveva un negozio a Townsville... Come si chiamava... Dowson... Dawson...

Roo                          - Donovan. Comunque, credo che con questa non combinerai niente. (Getta sulla tavola la busta con le fotografie)

Barney                      - Dacci tempo. Non le ho ancora parlato fin adesso. (Vede la busta) Che cos'è?

Roo                          - L'ha portata qui Bubba per te. Sono foto del matrimonio di Nancy. Ma non farle vedere a Olive. (Barney apre la busta, ne estrae delle foto, resta a guardarle per qualche istante, poi dice con indifferenza)

Barney                      - Doveva essere maledettamente contenta. (Si mette in tasca te foto) Niente di nuovo sul gior­nale?

Roo                          - Non molto. Tutta roba che riguarda il sud.

Barney                      - (sfogliandolo) Già. Che si fa oggi?

Roo                          - Be', non so tu. Io vado a cercarmi un la­voro.

Barney                      - (meravigliato) Ma siamo in licenza. Non puoi cercarti un lavoro durante la licenza.

Roo                          - Ti ho già detto sull'arco che appena arrivato qui avrei fatto in modo di lavorare.

Barney                      - Si, lo so, ma pensavo che una volta qui... e con Olly...

Roo                          - Olive non c'entra.

Barney                      - Be', e io? Io ne ho, denaro.

Roo                          - I tuoi soldi non li voglio. Sono ancora ca­pace di guadagnarmeli. (Aspro) Anche con la schiena slogata.

Barney                      - Maledetto testone. E tutte quelle volte che tu hai aiutato me? Tutti gli anni, quando restavo senza soldi eri sempre tu che...

Roo                          - Be', stavolta cerca di tenere quello che hai e di farlo durare il più a lungo possibile. Io non ti posso aiutare.

Barney                      - È sempre quel tuo maledetto schifosis­simo orgoglio, vero? Sei arrabbiato con me perché son rimasto lassù con Dowdie invece di venir via con te.

Roo                          - Non sono affatto arrabbiato.

Barney                      - Oh, si che lo sei. Ce l'hai avuta su con quel ragazzo fin dalla prima volta che lo hai visto lavorare.

 Roo                         - (intenso) Piantala!

Barney                      - Ti ho visto sai! E la mattina dopo hai cacciato via quel povero cristo di Tony Moreno...

Roo                          - (furibondo) Piantala o ti spacco la faccia! (Un secondo o due di silenzio, poi Barney si allonta­na, prende il giornate e parla con sommessa e amara rassegnazione)

Barney                      - Eva bene. Va' a cercarti un lavoro. Per quel che m'importa. Troverò ugualmente il modo di divertirmi. (Roo gli volge te spalle. Entra Olive)

Olive                        - Che avete voi due?

Roo                          - (borbottando) Niente, stavamo discutendo. (Via sulle scale. Olive gli getta un'occhiata impa­ziente)

Olive                        - Non puoi star quieto un momento? (Entra nella stanza, parlando rapidamente) Senti Barney, è tempo che io e Pearl ce ne andiamo al pub. Lei non voleva parlarti, ma l'ho convinta io. Ora, sta' attento a quello che dici, perché è quasi decisa a chiamare un taxi e a portar via tutta la sua roba. Sii carino, mi raccomando...

Barney                      - (imbronciato) Be', se vuole andarsene lascia che vada.

Olive                        - Andiamo bene, porco Giuda. Ci ho lavorato duro, sai, a spiegarle le cose, a suscitare il suo inte­resse... ma che hai?

Barney                      - Roo vuol cercarsi un impiego.

Olive                        - Cosa?

Barney                      - Un impiego.

Olive                        - (meravigliata) Quando?

Barney                      - Adesso.

Olive                        - (irritata) Oh, no. No, non deve... (Di corsa su per le scale, gridando) Roo... (Rimasto solo, Bar­ney si avvicina alla porta-finestra a guardare fuori. Appare sotto l'arco Pearl, un po' frastornata. Esita un momento)

Pearl                         - Barney...

Barney                      - (voltandosi) Oh, buongiorno, Pearl. Vieni dentro.

Pearl                         - (nervosa) Ti dispiacerebbe chiudere la finestra? Vorrei parlarti.

Barney                      - Un po' timida, eh? (Chiude la finestra) Be', ti capisco. (Le sorride. È importante tener pre­sente che nella prima parte di questa scena l'istinto di Barney per il corteggiamento agisce soltanto mec­canicamente. Più tardi invece, egli mostra un inte­resse autentico)

Pearl                         - Olive mi ha chiesto...

Barney                      - (interrompendola) Aspetta un momento. Prima devo chiederti scusa. Mi ha detto Roo che stanotte ho fatto un gran baccano davanti alla tua porta.

Pearl                         - Perché? Tu non te ne ricordi?

Barney                      - Be', potrà sembrarti una scusa, ma è cosi. Molto probabilmente è stata tutta quella birra che ho bevuto, e poi il fatto che era la prima notte che passavo qui, e le altre volte Nancy occupava sem­pre quella stanza... (Lascia delicatamente una pausa)

Pearl                         - S... si. Ma perché allora continuavi a stril­lare il mio nome?

Barney                      - Come?

Pearl                         - Si. Pearl, dicevi. E Pearl sono io.

Barney                      - Interessante. Anche quando non sapevo quel che stavo facendo, mi ricordavo ancora del tuo nome. Questo dovrebbe mostrarti quale impressione mi hai fatto.

Pearl                         - (ancora sospettosa) Uhm, non credo che tu possa giudicare in base a questo. Comunque, non è di questo che sono venuta a parlarti. Olive dice che dovrei...

Barney                      - (subito) Si, lo ha detto anche a me... che dovevamo far quattro chiacchiere tranquillamente. È cosi? Be', non c'è ragione allora perché tu debba startene in piedi, vero? Mettiti comoda. (Le porge una sedia. Pearl esita un momento, poi cautamente si siede. Barney le ha soffiato il vantaggio di una vi­gorosa entrata in argomento, ed ella è ora un tantino incerta)

Pearl                         - Non sono affari miei, vedi, e tu potresti anche accusarmi di essere un po' sfacciata,, ma c'è qualcosa che Olive non mi aveva detto la prima volta che mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto diventare... (Scegliendo con attenzione le parole) una tua amica.

Barney                      - Ti ha nascosto qualcosa?

Pearl                         - Si. (Decisa) Come ho detto, non sono affari miei, ma fino a sabato scorso ignoravo che tu avessi... due mogli di fatto.

Barney                      - Ma non ne ho nemmeno una!  Ah, capisco, alludi ai miei marmocchi? (Pearl annuisce) Ci avrei scommesso. Si, ho dei figli. In tre stati.

Pearl                         - (deglutendo) Ecco, appunto. Non volevo parlartene, ma Olive ha detto che non potevo an­darmene senza prima dirtelo, e cosi... (Si muove come volesse alzarsi, ma Barney la ferma)

Barney                      - Aspetta un momento... e il resto non te lo ha detto? Che ho pagato il mantenimento di tutti loro finché non son stati grandi abbastanza da met­tersi a lavorare... e che pago ancora per la figliola più giovane?

Pearl                         - (esplodendo) Il mantenimento! E credi siano tutti qui i loro diritti nei tuoi confronti? Dav­vero, quando penso a cosa devono aver passato quelle madri. Sono Madre  anch'io, e posso... (Le mancano le parole)

Barney                      - Dunque, sei arrabbiata con me?

Pearl                         - Certo. Non ci sono scuse per chi si com­porta cosi. Sei soltanto un disperato. Ecco cosa sei.

Barney                      - (sincero) Forse. Ma non posso evitarlo. Te lo giuro. Fin da quando ero ragazzo, tutte le volte che vedevo una bella donna, mi sono sempre sentito come un'anguilla eccitata in un acquaio.

Pearl                         - Non scherzare su queste faccende.

Barney                      - Non scherzo. So benissimo che non sono cose di cui si debba essere orgogliosi... ma non in­tendo nemmeno chiedere scusa per questo!

Pearl                         - (indignata) Ah, è cosi? Credi che ti basti dire che sei debole per avere il diritto di andartene in giro e mettere al mondo dei bambini tutte le volte che hai voglia di...

Barney                      - No, non è questo. Ma i tipi normali han­no un modo di uscire da questi impicci, possono sem­pre sposarsi. Per me, invece, c'è sempre stata qual­che ragione che me lo ha impedito...

Pearl                         - (incredula) Con figli in tre stati? Mi piace­rebbe proprio conoscerla questa grave ragione!

Barney                      - E va bene, allora... ascoltami. I miei due maggiori hanno press'a poco la stessa età.

Pearl                         - E con questo?

Barney                      - Be', cerca di ragionare, non capisci cosa significa? Le loro madri si sono trovate contempora­neamente nei guai. Oh, è tutta colpa mia, lo so, non dico di no, ma quando questo è successo ero soltanto un ragazzetto sventato. Diciotto anni avevo.

Pearl                         - Eri abbastanza vecchio per affrontare le tue responsabilità.

Barney                      - Può darsi, ma certo non abbastanza da risolvere un grosso problema come quello... chi delle due avrei dovuto sposare? Pensaci un po'... due brave ragazze per bene, e uno può sistemare le cose soltanto con una. Mi sembrò di impazzire. Pensavo che se avessi sposato una delle due, sarebbe stato per l'altra una terribile offesa. E non mi sbagliavo. Su questo punto andavano perfettamente d'accordo.

Pearl                         - (ostinata) Avresti potuto far qualcosa, comunque.

Barney                      - E che cosa? (Pearl non risponde) E co­munque, non ne ebbi il tempo. Il mio vecchio se ne accorse e mi cacciò di casa in piena notte. Una sterlina, un lenzuolo, e via. Era un paesino del New South, Makarandi si chiamava. Be', questo risolse la situazione. Sapevo che avrei dovuto far soldi il più in fretta possibile, e mi precipitai a tutta velocità dove è più facile farli, nel Queensland.

Pearl                         - In altre parole, le hai piantate tutte e due, quelle ragazze!

Barney                      - Era il meglio che potessi fare. Dissi di aver ventuno anno e incominciai a lavorare come un negro. Pagai tutti i loro conti dall'inizio alla fine, tutti e per tutt'e due. Dopo di che incominciai a man­dar quattrini per il mantenimento. Ma lasciai che fossero loro a decidere chi delle due avrei dovuto sposare. Fate voi, dissi. Be'... probabilmente a quest'ora sono ancora li, in quel paesino del Nuovo Gal­les del sud a discutere su questa faccenda. E io, oggi come allora, sono tutto fuorché sposato... perché se c'è una cosa di cui sono veramente convinto è che la prima che capita è sempre la prima che deve es­sere servita.

Pearl                         - (confusa) Giusto, ma questo non basta a scusare gli altri... gli altri errori. Mentre aspettavi, avresti dovuto comportarti meglio.

Barney                      - Pearl, i due miei maggiori hanno già l'età di votare.

Pearl                         - Penso comunque che tu abbia agito da criminale. Si, da criminale. Non c'è altra parola per definirti.

Barney                      - Macché criminale. Mai nessuno - al­meno ufficialmente - ha avuto motivo di lamentarsi di me. (Si siede) Parli come se avessi seminato alle mie spalle una scia di donne rovinate. Ma non è cosi. Una a una si sono sistemate tutte, e sono anche piut­tosto felici. Persino le prime due di Makarandi. Ti garantisco che se tornassi laggiù adesso, e cercassi di risolvere la loro lite sposando una di loro... be', strin­gerebbero alleanza per tagliarmi la gola. No, ti ri­peto, se c'è qualcuno che ci ha rimesso, questo qual­cuno sono soltanto io.

Pearl                         - (dura) Hai avuto quello che meritavi. An­che se, a sentire Olive, non devi averci rimesso troppo.

Barney                      - Olive! Aaah, a sentir lei, io sarei il più gran dongiovanni del Nord. Ma non è cosi, sai? (Ri­flettendo) Anche se in quasi tutti i posti dove sono stato, ho avuto parecchia fortuna.

Pearl                         - Ah, è cosi che la chiami?

Barney                      - Si, fortuna, e sai perché? (Pearl scuote il capo) Ci vogliono donne speciali per capire un tipo come me. La maggior parte di loro mi ascoltano un momento, e poi credono di aver capito tutto, e mi trattano come se fossi un verme.

Pearl                         - Puoi fargliene una colpa?

Barney                      - No. Me ne guardo bene. Ma non mi ca­piscono, vedi. Ogni tanto però mi capita di incontra­re una donna che capisce. Una donna che sa rendersi conto che un tipo può essersi dato tanto da fare in giro non perché cercasse tutto l'amore che poteva trovare, ma perché aveva in sé un mucchio d'amore da distribuire. E questa è una differenza importante, anche se non tutte le donne sono in grado di capirla.

Pearl                         - (lentamente) No, non credo che siano in grado.

Barney                      - Per questo dico che un uomo ha fortuna quando ne incontra una dell'altro tipo...

Pearl                         - (pensierosa) Si dà da fare non perché cerca cosa?

Barney                      - Tutto l'amore che può trovare...

Pearl                         - Ma perché ha in sé un mucchio d'amore da distribuire. E cosi?

Barney                      - Si. Sembra cosi semplice, vero? Eppure saresti sorpresa se sapessi quante poche donne se ne rendono conto. Ci vogliono tante cose, vedi. (Concen­trandosi) Una donna, per esempio, deve avere espe­rienza per sapere distinguere un tipo cosi fra la massa. Poi deve saperlo prendere per quello che è, senza cercare di tenerlo troppo legato... (Appare ai piedi delle scale Olive con cappello e borsetta) E in­fine, naturalmente deve avere... (Si interrompe, ve­dendo Olive) Be', adesso non importa: è arrivata Olive. (Barney e Pearl alzano gli occhi verso Olive, immobile e palesemente di pessimo umore)

Olive                        - Faresti meglio a sbrigarti, Pearl. Siamo in ritardo.

Pearl                         - (si alza e dice lentamente a Barney) Cos'al­tro deve avere?

Barney                      - Te lo dirò un'altra volta. Adesso è me­glio che ti sbrighi.

Pearl                         - (lo guarda curiosamente delusa e si avvia verso la scala. A Olive) Solo un minuto, tesoro. (Via)

Barney                      - (si alza. A Olive, con ansietà) Be, sei riuscita a convincerlo? (Olive scuote il capo) Vuol davvero andarsi a cercare un lavoro?

Olive                        - Si. (Sempre di pessimo umore si sposta sulla veranda anteriore lasciandosi la porta aperta alle spalle. Nella stanza, Barney torna a sedersi, agi­tandosi e imprecando fra sé. Scende Roo, vestito, ma senza cravatta e con la giacca sulle spalle)

Roo                          - (rivolto verso la veranda) Olive?

Olive                        - (voltandosi. Dura) Si?

Roo                          - Vi accompagno al tram.

Olive                        - Va bene. Sono pronta.

Roo                          - (a Barney) Ciao. Forse torno più tardi, ma forse no. (Barney gli volta le spalle, offeso Roo rag­giunge Olive sulla veranda)

Emma                       - (fuori scena) Ehi, non uscirai mica? E la colazione?

Roo                          - Non la voglio.

Emma                       - (entrando dalla cucina) Ma come, dopo che mi sono ammazzata di lavoro per cucinartela? Chi altro potrebbe mangiare una bistecca a quest'ora?

Roo                          - Dalla a Barney.

Emma                       - Gettarla al cane dei vicini, ecco cosa do­vrei fare. (A Barney) E tu, ozioso ubriacone, sei sem­pre fra i piedi? Fila subito in cucina.

Barney                      - (immobile) Non accetto ordini da te.

Emma                       - Non accetti ordini? Vedrai che fra un minuto ti tiro addosso la teiera... Aspetta domattina, e vedrai allora dove andrai a finire. Ci sarà qualche cambiamento da queste parti. (Via in cucina, gestico­lando minacciosamente)

Olive                        - (grida) Peeeaaarl!

Pearl                         - (fuori scena) Arrivo. (Breve pausa duran­te la quale Olive torna sulla veranda. Poi appare ai piedi delle scale Pearl, un po' ansante, con cappello e borsetta. Si sta infilando i guanti. Sorride, esita, poi a Barney con un certo turbamento) Be', io vado.

Barney                      - (la guarda, poi si volta) Ciao.

Pearl                         - Stavo pensando... se oggi non hai molto da fare...

Barney                      - Si?

Pearl                         - Potresti portar di sopra i miei bagagli. (Barney sorride, e Pearl si affretta ad aggiungere) Ma non metterti idee in testa. Non c'è ancora nien­te di deciso.

Barney                      - (alzandosi) Oh, cara! Ascolta...

Pearl                         - (sfuggendogli innervosita) No. Ne parlere­mo stasera. Addio.

Barney                      - Pearl... (Ma ormai ella ha raggiunto Oli­ve sulla veranda anteriore, Barney la segue sino alla porta)

Pearl                         - (ansante) Be', siamo tutte pronte? Andia­mo, allora. (Si avviano) Sei ben fortunata, Olive, ad abitare cosi vicino al tram... (Barney resta a guardar­le ridendo, mentre Roo accenna a seguirle. I due uo­mini si guardano per un attimo, poi la risata del più piccolo si spegne, mentre Roo scende dalla ve­randa e scompare. Barney sbatte la porta e vi ap­poggia la schiena)

Barney                      - (amaramente) Maledetto schifosissimo orgoglio. (/ suoi occhi si posano sui bagagli di Pearl, che spiccano al centro dell'anticamera. Sogghigna. Ha ritrovato in parte la fiducia in se stesso. Con gesto volutamente forzato, li solleva, se li mette sulle spal­le, e si avvia per portarli di sopra)

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

La sera dell'ultimo dell'anno. È una calda notte d'estate. Sulla veranda e fuori l'oscurità di un'afa opprimente. Nella stanza, luce rosa dai riflessi morbi­di. La porta-finestra e la porta esterna sono aperte nella speranza di far entrare qualsiasi alito di brezza possa mai soffiare, ma regna la quiete più assoluta.

Olive e Roo stanno giocando a carte. Lei indossa una vecchia vestaglia e un paio di pantofole, lui una camicia un po' stinta e un paio di pantaloni.

 Pearl, vestita più elegantemente di Olive, indossa uno stampato vivace il cui colore dominante è il rosso: i due abiti che essa indossa in questo atto dovranno riflettere la sua conversione a una vita più allegra. Ora sta seduta sulla sedia a dondolo lavorando a ma­glia. Barney invece lavora faticosamente alla stesura di una lettera. Il contrasto fra lui e Roo deve, risul­tare evidente. Roo, per quanto poveramente vestito, ha l'aria riposata di chi ha fatto un bel bagno dopo una giornata di lavoro. Barney invece, benché porti una camicia bianca di seta col colletto aperto e pan­taloni sportivi, dà una impressione di soffocante sgra­devolezza, conseguenza immancabile di una giornata troppo densa di libagioni. Non per questo però si deve credere che egli sia ubriaco. Durante tutta la scena, nei momenti più adatti, si dovranno sentire in lontananza i diversi rumori del veglione di Capodanno. Quando si alza il sipario questi rumori consi­stono soprattutto nelle isolate grida dei bambini che prolungano nella notte i loro giochi. Udendole, Pearl volge gli occhi verso la finestra e sorride beata. Bi­sogna tener presente che Pearl è ormai fiorita: i cauti e sospettosi approcci del primo atto l'hanno man mano condotta a una fiducia in se stessa, legger­mente offensiva nella sua compiacenza.

Pearl                         - Li sentite i bambini? (Nessuno risponde, ed ella continua come per sé) Anche noi facevamo questo gioco... Carletto sull'acqua si chiama. (In qual­che posto un orologio suona la mezza. Barney e Oli­ve si scambiano una rapida occhiata, poi Pearl sol­leva gli occhi dal suo lavoro per rivolgere la parola a Barney) Le hai consigliato quello che ti ho detto io, cioè di imparare a far la sarta?

Barney                      - Lascia perdere, per piacere. Penserebbe­ro che sono ammattito.

Pearl                         - Eppure sarebbe tempo che ti interessassi un po' a lei. Cara May, io come al solito, spero che voi stiate bene... E me lo chiami avere una famiglia questo?

Barney                      - E chi l'ha mai sostenuto? Io non ho una famiglia, ho solo dei figli. (Si batte irosamente un colpo sul braccio) Maledette zanzare!

Roo                          - Sono le felci della veranda. Ne sono piene.

Olive                        - Atout.

Barney                      - (querulo) Su, piantatela di giocare. Per­ché non andiamo alla spiaggia o in qualche altro posto?

Pearl                         - Ma è troppo tardi. Sono già le undici e mezza.

Barney                      - Come, tardi? La sera dell'ultimo dell'an­no? Perfino i ragazzi sono per la strada.

Olive                        - Questo andrà bene per te che non hai la­vorato tutto il giorno. Picche.

Barney                      - Bah, in ogni caso in una notte come que­sta non si riuscirebbe certo a dormire. (Lecca e chiu­de la busta) E poi è molto meglio andare a sdraiarci là che restar qui a sudare e a farci mangiar vivi.

Pearl                         - Hai sempre voglia di andartene fuori, tu.

Barney                      - Non soltanto io, vero Olly?

Olive                        - (secca) Io sto giocando a carte.

Barney                      - Una volta eri tu che nelle notti calde ci trascinavi tutti alla spiaggia. Ricordi quella volta che abbiamo noleggiato quel vecchio con la macchina per farci portare ad Altona. Siamo tornati a casa alle sette e mezzo del mattino. Allora non ti spaven­tava dover lavorare tutto il giorno.

Pearl                         - Oh, piantala Barney. Non capisci che nes­suno ha voglia di uscire. Roo è stanco.

Roo                          - (alzando il capo) Chi? Io? Non sono affatto stanco. Non dovete restarvene a casa per causa mia...

Olive                        - Ma non è per causa tua che ci restiamo. È solo che io non ne ho voglia.

Barney                      - E va bene, ma cosa facciamo allora?

Pearl                         - Lo so io. (Barney alza gli occhi in attesa) Vieni qui che provo su di te questa manica.

Barney                      - Ma perché? Ti ho già detto che è tre pollici più alto di me e parecchio più grosso...

Pearl                         - Non ha importanza, è per farmene un'idea.

Barney                      - (alzandosi) Oh, Dio! (Si china verso di lei che gli misura la manica)

 Pearl                        - Tieni qui. (Pone un capo della manica sul­la sua spalla) No, qui. (Porta la parte inferiore della manica stessa alla sua vita) E adesso, piega il brac­cio...

Olive                        - Per chi è?

Pearl                         - (materna) Per il maggiore, Lennie.

Barney                      - (correggendola) Uno dei maggiori. (Ab­bassando il capo per guardare) È corta perfino a me.

Pearl                         - (volgendosi verso il pianoforte per consultare un libriccino e allargando un po' la maglia) Be', per lo meno, adesso so come devo fare.

Barney                      - (tirando fuori una lettera e incominciando a scrivere sul tavolino) Scommetto che ci saranno delle liti a Makarandi una volta che lo vedranno.

Pearl                         - E perché? Appena finito questo, ne comin­cerò uno per Arthur.

Barney                      - Arthur... Chippa lo chiamano. (Compare sulla veranda posteriore Bubba in un semplice abi­to bianco da sera) Be', almeno una c'è che va fuori a far festa.

Bubba                       - Olive. Sono venuta a farti vedere il mio vestito.

Olive                        - Entra pure, tesoro... (Bubba entra) Be', non è niente male, vero?

Barney                      - (da intenditore) Già. Tutti alla spiaggia, ragazzi.

Bubba                       - (gradevolmente confusa) Barney...

Pearl                         - (dipanando una matassa di lana) Dove vai, Bubba?

Bubba                       - A una festa da ballo al circolo. Mi hanno invitata delle colleghe.

Roo                          - Ma non è un po' tardi?

Bubba                       - Oh, no, ci si incomincia a divertire solo dopo le undici e mezzo. Non m'importa di arrivare tardi. (Esitando) Anzi, quasi quasi non ci vado per niente. Queste feste di Capodanno sono sempre un po' noiose, e poi quando fa cosi caldo... (La sua voce si è abbassata, ma ora torna ad alzarsi in una propo­sta) Non mi dispiacerebbe starmene a casa a giocare a carte.

Olive                        - Vestita cosi? Non fare la sciocca. E poi, quelle altre ragazze che ti aspettano?

Roo                          - Vedrai che finirai per divertirti.

Barney                      - Già. E chi sa... forse questa sarà la not­te buona. (Strizza l'occhio e schiocca la lingua)

Bubba                       - (ridendo a dispetto di se stessa) Non scher­zare, Barney. Quel posto è il più noioso che si possa immaginare. (Dopo una pausa, durante la quale si guarda attorno incerta) E voi, non uscite proprio per niente?

Barney                      - No. (Fissando Pearl che continua a dipa­nare la sua lana) Siamo impegnati in una divertentis­sima festa casalinga.

Bubba                       - (impulsiva) Avreste potuto andare dai Morris, sapete. Non credo che a loro gliene importi.

Barney                      - (speranzoso) È quello che dicevo io.

Bubba                       - Anche adesso, se vi sbrigate...

Olive                        - (definitiva) Bubba, te lo dico una volta per tutte: dai Morris non ci andiamo.

Bubba                       - Oh.

Pearl                         - (dopo una breve pausa) Chi sono i Morris?

Roo                          - (gentilmente a Bubba) Faresti meglio a sbri­garti, piccola. Se no farai tardi.

Bubba                       - Già. Immagino sia meglio augurarvi su­bito un buon anno. (Confuso scambio di auguri) Ci vediamo domani.

Barney                      - (baciandola e accompagnandola) Si, ma non smetterai di ballare fino a giorno fatto, e non tornerai qui tanto presto.

Bubba                       - (sorridendo) Speriamo. Ciao.

Barney                      - Ciao, Bub. (Bubba, via. Pausa)

Pearl                         - (tanto per dire qualcosa) Chi sono questi Morris?

Roo                          - (mescolando le carte) Gente da cui anda­vamo alle feste di Capodanno.

Pearl                         - (sospettosa) Non me ne ha mai parlato nessuno... Ma perché non ci andate anche questa vol­ta?

Olive                        - (esplodendo) Perché sono cugini di Nancy, ecco perché. (Rendendosi conto di aver fatto una gaffe, Pearl sì stringe nelle spalle e riprende a dipanare la sua matassa. Barney volge gli occhi verso Oli­ve e, comprendendo il. suo umore, prende la parola deciso a cambiare argomento)

Barney                      - (a Pearl) Su, vieni qui che ti do una ma­no con quella lana. (Si siede, prende la lana suite ma­ni distese e la porge a Pearl perché la dipani) Sa­pete, è buffo, ma con tutte le donne che ho avuto in­torno, non ne ho mai trovata una che mi abbia fatto una maglia. Perché, secondo voi?

Olive                        - Probabilmente non avevano tempo.

Barney                      - No, è che non volevano. E secondo me è un complimento. Ci sono uomini che suscitano nel­le donne il desiderio di sferruzzare e altri che non lo suscitano. Io appartengo alla seconda categoria.

Pearl                         - (con una punta di malizia) Be', in fondo, chi ha voglia di fare un pullover per un'aquila?

Barney                      - Un che?

Pearl                         - Oh, niente. È solo una cosa che ha detto una volta Olive.

Barney                      - E cioè?

Pearl                         - Posso dirglielo, Olive?

Olive                        - Non ricordo di averlo mai definito un'a­quila.

Pearl                         - Ma si. Quando quel ciccione dell’Herald ci parlava di quegli uccelli che volano di paese in paese...

Olive                        - (imbarazzata) Ah, si. Ma che bisogno c'è di tirar fuori questa storia?

Barney                      - (per amor di divertimento) Ma si, invece. Avanti, Pearl. Racconta.

Pearl                         - (continuando a dipanare la lana senza ren­dersi conto delle spiacevoli conseguenze che provoche­ranno le sue parole) Be', è successo quando ha incominciato a parlarmi di voi due. Una mattina sta­vamo chiacchierando, e lei cercava di descrivermi che impressione le faceva vedervi tornare qui ogni anno, quando all'improvviso è arrivato quel tipo. È un vero chiacchierone, sapete, sempre pronto a cica­lare su tutto e su tutti. Be', quella volta incomincia a parlare degli uccelli, a dire come alcuni volano qua e là per il mondo, gassando una stagione in un posto e una in un altro, e altre faccende del genere. A me di tutte queste cose non importava assoluta­mente niente, ma Olive ne era letteralmente affascinata. Dopo un po', si voltò verso di me e disse...

Olive                        - (interrompendola) Ma lui se n'era già an­dato, non ho detto questo in sua presenza.

Pearl                         - Insomma, quello se ne va e subito lei si volta verso di me e dice. (Fa una pausa per attrarre l'attenzione su quello che sta per dire) Cosa diavolo dice? Ah, si. Sai cosa mi ricordano, dice. Due aquile che volano via con il sole e tornano a sud ogni anno per la stagione degli amori. (Esce in una risata e ri­prende q dipanare la lana. Gli altri tre non parteci­pano della sua allegria)

Olive                        - (secca) Detto cosi, può sembrare stupido, ma si adattava benissimo al discorso di quel tale!

Pearl                         - (ridacchiando) Si... ma addirittura aquile! (Agli uomini) Prima che arrivaste parlava di voi con tanto entusiasmo che non sapevo davvero cosa aspet­tarmi...

Olive                        - Be', adesso non esagerare.

Pearl                         - (con aria di superiorità) Non esagero affat­to, Olly. Forse tu non te ne rendevi conto, ma dal modo come raccontavi tutte queste cose... sembrava proprio che al loro arrivo l'intera città sarebbe sal­tata per aria come un pallone.

Olive                        - Quando mai ho detto questo.

Pearl                         - Parlavi sempre su questo tono. Pensa a quello che dicevi delle gite in barca la domenica se­ra risalendo il fiume. Magnifiche, dicevi.

Olive                        - Be', è colpa mia se è piovuto?

Pearl                         - No, ma anche se ci fosse stato bel tempo... Quell'orribile barcaccia scassata...

Olive                        - Avevi delle prevenzioni.

Pearl                         - (con foga) E va bene, ma che mi dici del Natale in quel posto per week-end a Selby? Non dirai che anche qui avevo delle prevenzioni.

Barney                      - (stupito) Perché? Cosa c'è che non va a Selby?

Pearl                         - (magnanima) Oh, non era male, ma da come lo decantava lei mi aspettavo addirittura un pa­lazzo...

Roo                          - (truculento) Non esiste un posto migliore a sud di Sydney.

Pearl                         - Oh, piantala! Se non c'è nemmeno l'elet­tricità.

Olive                        - (gettando le carte e alzandosi irritata) Ehi, cosa stai cercando di dire? Vuoi farmi passare per bugiarda?

Pearl                         - (smette di dipanare; sorpresa) Non ho mai detto che sei una bugiarda...

Olive                        - E allora non dir più niente, perché ogni tua parola tende a dimostrare proprio questo.

Pearl                         - (sdegnosa) Stavo solo spiegandoti come mi ero figurata la cosa. Se non si può nemmeno più esprimere un'opinione...

Olive                        - Tu ne esprimi troppe di queste maledette opinioni, ed è qui il tuo guaio.

Roo                          - (gentile) Su, 01, vieni qui che finiamo la mano.

Olive                        - (allontanandosi bruscamente) Oh, sono stufa delle carte. Questa mania di aspettare la mez­zanotte è completamente idiota. Me ne vado a letto. (Si avvia verso la scala)

Barney                      - (entrando improvvisamente in azione e cer­cando di trattenerla) No, non ci andrai. Mi è ve­nuta un'idea: faremo una festa, chiamiamo qui Em­ma e ci facciamo una bella cantata.

Roo                          - Si rifiuterà di suonare. Ricordi cosa ha det­to l'ultima volta...

Barney                      - (avviandosi verso la veranda anteriore) ti dico che suonerà. (Alzando la voce) Emma, cosa stai facendo li?

Emma                       - (dal buio) Respiro un po' di brezza ma­rina attraverso la fogna. Che vuoi?

Barney                      - Ti piacerebbe guadagnare dieci scellini?

Emma                       - Come?

Barney                      - Suonando il piano mentre noi cantiamo in coro.

Emma                       - No.

Barney                      - (deciso dopo un'occhiata nella stanza) Facciamo una sterlina.

Emma                       - (sospettosa) E chi sceglie le canzoni?

Barney                      - Tu, naturalmente. Tutto quello che vuoi.

Olive                        - (interrompendolo) Non dirglielo, Barney.

Barney                      - Ssst!

Emma                       - E va bene. Mettetevi a posto senza per­der tempo.

Barney                      - (torna nella stanza di ottimo umore) Su... voi ragazze sul divano. E tu, Roo, prendi la seg­giola... (Intanto Emma abbandona la veranda per entrare in casa)

Olive                        - (mentre prendono posto) Sai come andrà a finire? Comincerà con "C'è una miniera d'oro in cielo" e finirà con "Il vecchio Joe".

Barney                      - Non importa. Se sarà troppo lenta ci penseremo noi a ravvivare un po' la cosa...

Roo                          - Con Emma? Scommetto che non ci riuscirai.

Olive                        - E io scommetto che non ce la farai nem­meno tu.

Emma                       - (è arrivata nella stanza e si è fermata sbat­tendo gli occhi alla luce) Chi caccia la sterlina?

Barney                      - Io. Ma prima devi fare il tuo lavoro. E non squagliartela a metà.

Emma                       - (accostandosi al piano) Se suono me la squaglio soltanto quando si vuol fare cagnara senza prender sul serio quel che si sta facendo... (Si toglie l'anello e lo posa ostentatamente sul pianoforte)

Barney                      - Saremo serissimi stavolta.

Emma                       - Ve lo consiglio. (Si siede, solleva il coper­chio e si massaggia le dita) Su, tutti in piedi. (Tutti si alzano eccetto Pearl)

Pearl                         - (leggermente seccata) Anch'io?

Emma                       - Be', perché no? Dovete o non dovete can­tare in coro? (Pearl si alza con aria da martire) Incominceremo con "C'è una miniera d'oro nel cielo".

Olive                        - (a Barney) Cosa ti avevo detto?

Emma                       - Che intendi dire con quel cosa ti avevo detto?

Olive                        - Niente. Solo che avevo previsto che avresti incominciato con "C'è una miniera d'oro nel cielo". Niente altro.

Emma                       - Incomincio sempre con questa canzone.

Olive                        - (subito) Nessuno lo discute, ho solo detto che avresti incominciato cosi.

Emma                       - È la mia canzone preferita!

Olive                        - E va bene, attacca questo maledetto mo­tivo! (Emma le getta uno sguardo di collera, bofon­chiando qualcosa fra sé mentre suona una breve in­troduzione. Poi inizia la canzone con una voce fessa, rozza ma sorprendentemente intonata. Gli altri le fanno coro, ma sono assai più stonati)

Emma                       - (interrompendoli) Basta, basta. È questa la nota giusta. (La suona con insistenza) Provate an­cora. (Olive si siede sconsolata sul divano, Barney si inginocchia dietro di lei accarezzandole una spalla. Di nuovo Emma intona la canzone, questa volta con risultati assai più felici. Cantano tutti eccetto Pearl che li guarda arricciando le labbra)

Tutti                         - C'è una miniera d'oro nel cielo, molto lontana, ma tu e io la troveremo in una bella, dolce giornata...

(Ma Emma si è interrotta e solleva vivaci obiezioni)

Emma                       - Un momento, c'è qualcuno che stona. Sen­tite... (Canta) "...Ma tu e io la troveremo..."      - (Di nuovo parlato) Capito? Proviamo ancora.

Tutti                         - Ma tu e io la troveremo...

Emma                       - (interrompendoli) Ma no, non va bene. Sembra sia una voce di donna a stonare... (Dicendo questo, fissa Pearl che si allontana illividita dalla col­lera)

Olive                        - Be', che importanza ha? Tira avanti.

Emma                       - Stonando?

Barney                      - (deciso) Senti, Emma, non siamo a una lezione di canto: vogliamo soltanto divertirci un poco...

Emma                       - Proprio come dicevo io... Volete soltanto far cagnara, e non vi importa niente se cantate be­ne o no.

Olive                        - Come sai che non eri tu a stonare?

Emma                       - (alzandosi incollerita) Non ho mai sto­nato una volta in vita mia.

Olive                        - Chi lo dice?

Emma                       - Chiedilo a qualunque membro della co­munità... Chiedilo al signor Munro...

Barney                      - E cosa ne sa lui?

Emma                       - Come cosa ne sa? È lui che dirige il coro. Credi che se stonassi, mi lascerebbe cantare da sola tutti gli anni per il mio compleanno?

Olive                        - Lo farà per ridere, probabilmente.

Emma                       - È una sfacciata bugia, e tu lo sai bene. Lo farò venire qui un giorno...

Roo                          - Ehi, stupido vecchio coniglio; non capisci che ti stanno prendendo in giro?

Emma                       - Ah, è per questo che mi avete chiamato... per sfottermi?

Barney                      - (battendo un tasto) Ti abbiamo chiesto soltanto di suonare il piano.

Emma                       - (vivacemente) Già... per una volta sola! (Chiude rumorosamente il coperchio del piano, si ri­mette l'anello ed esce di corsa arrabbiatissima) Non vorrei ascoltare quello che voi chiamate cantare per tutto il tè della Cina! Banda di corvi dilettanti! (Gli altri tacciono mentre lei scompare nella veranda)

Pearl                         - (leggermente ironica) Be', immagino pos­siate vantarvi di aver partecipato a una delle più brevi sedute di canto corale di tutta la storia della musica.

Olive                        - (molto seccata) Uffa, continua a peggiora­re di giorno in giorno quella vecchia.

Roo                          - Non avresti dovuto dirle che la fanno can­tare solo per prenderla in giro.

Olive                        - Ma chi si crede d'essere? Nellie Melba?

Roo                          - No, ma il suo modo di cantare la inorgo­glisce.

Olive                        - (esplodendo) Senti, continua a pestarmi i piedi senza neanche chiedermi scusa. È tempo che impari a rigar diritto.

Roo                          - (irritato) E va bene. Lasciamo perdere! (Si sdraia sul divano)

Barney                      - (tentando ancora disperatamente di salvare la situazione) Be', almeno una cosa possiamo dirla... l'atmosfera si è fatta più vivace. (Getta un'oc­chiata angosciata agli altri che sono rimasti immobili, e concentra infine la sua attenzione su Olive) Senti, prima che Pearl ricominci a sferruzzare, cosa ne di­resti di aprire qualche bottiglia?

Olive                        - (alzandosi, con indifferenza) Si, diavolo, perché no? È l'ultimo dell'anno, in fondo. Vieni, Pearl, andiamo a fare qualche panino... (Attraverso la stanza)

Pearl                         - (seguendola in cucina) Per me va bene-visto che si è ben decisi a non andare alla spiaggia. (Le due donne via. Roo incomincia ad arrotolarsi una sigaretta. Fra i due uomini regna un'atmosfera di tre­gua armata, anche se Barney fa il possibile per con­vincersi che non esista fra loro alcuna barriera)

Barney                      - Questa Emma! Non avrei mai creduto che un giorno sarebbe arrivata a rifiutare una ster­lina!

Roo                          - È sempre stata una maniaca per quanto ri­guarda il canto.

Barney                      - (prende una lettera dal tavolino e si avvici­na alla mensola guardando nei vasi) Si, ma perché si è arrabbiata tanto? Poteva immaginarselo che vo­levamo soltanto divertirci un po'. Chissà se Olive avrà un francobollo?

Roo                          - Faresti meglio a chiederlo a lei.

Barney                      - (mettendosi in tasca la lettera) No... pos­so aspettare. E comunque è meglio che la spedisca raccomandata. (Affrontando un argomento scottante) Come va con le vernici?

Roo                          - (indifferente) Bene.

Barney                      - (con una risata un po' forzata) Pensavo oggi che non passerà molto tempo prima che venga a farti compagnia. Dal modo come van via i soldi...

Roo                          - Sei già senza?

Barney                      - Mi conosci. Se non c'è nessuno che mi controlla, io sono il tipo che li butta via.

Roo                          - Be', ti avevo avvertito. Comunque, sul Lyman faresti meglio a non contarci. È un posto piuttosto piccolo.

Barney                      - (cauto) Oh, posso ancora tirare avanti qualche settimana. E poi un lavoro cosi non sono sicuro che mi interessi... (Molto vivace, come se la co­sa gli tornasse alla mente all'improvviso) Ah, già, non so se te l'ho detto, voglio dire quando sono arrivato. Alcuni dei ragazzi sono in città.

Roo                          - (irrigidendosi) Quali ragazzi?

Barney                      - La ghenga: Bluey, Freddie Waye... e tut­ta quella gente li. Mai stato cosi sorpreso in vita mia: questa mattina entro da Young e Jackson, ed eccoli li, tutti a far ressa al bar. Non me l'aspettavo proprio. Stanno andando a sud per la raccolta della frutta e Bluey li ha portati qui per un paio di settimane a far baldoria...

Roo                          - Ed è solo per caso che ti sei imbattuto in loro da Young e Jackson?

Barney                      - (in tono di protesta) Ci vado spesso li a bere, da quando non ho più la tua compagnia... Ma che ti prende? Credi che gli avessi fissato un appun­tamento o qualcosa del genere?

Roo                          - Non mi stupirebbe.

Barney                      - Dio, come sei sospettoso. Ti dico che è stato solo per caso...

Roo                          - E va bene, ma non c'è bisogno di insistere tanto. Cosa avevano da dirti?

Barney                      - Be', naturalmente volevano sapere dove t'eri cacciato. E io gli ho detto che lavoravi, senza però precisare dove.

Roo                          - Figuriamoci!

Barney                      - Ti dico di no... pensavo che non ti avreb­be fatto piacere!  Ma insomma, non credi proprio mai a quello che ti dico io?

Roo                          - Quasi mai. Non dimenticare che è un bel pezzo che ascolto le tue balle... Cos'altro hanno detto?

Barney                      - (offeso) Aaah... adesso non ho voglia di raccontartelo. Solo le solite storie sul nord. Ah... vo­levano anche sapere se saremmo andati in giro con loro una sera, a fare un po' di cagnara.

Roo                          - E il giovane Dowd?

Barney                      - (cauto) Be', si, c'era anche lui, ma...

Roo                          - Niente ma.

 Barney                     - (andando fuor dai gangheri) Senti, quan­to tempo conti di tirarla avanti questa storia? Lui non ti serba rancore, avrebbe voglia di vederti, lo ha detto a me...

Roo                          - E io non voglio vedere lui.

Barney                      - Be', questo mi mette davvero in una bella situazione!

Roo                          - Che diavolo te ne importa. Se vuoi andare, va.

Barney                      - (fiero) Sai che non andrei senza di te. (Roo volge il capo e guarda Barney negli occhi. Co­stui distoglie lo sguardo, e dice poi onestamente e se­riamente) D'accordo... su al nord non sono venuto via con te. Ma era la prima volta che ti abbandonavo. Le altre volte, non ti sono stato sempre vicino?

Roo                          - (posando altrove lo sguardo) Le altre volte non avevo bisogno di te. Questa volta invece si.

Barney                      - E va bene, avevo torto. Ma non vuoi darmi la possibilità di riabilitarmi? Dopo vent'anni che andiamo in giro insieme, credo di averne il di­ritto.

Roo                          - (dopo una pausa, in tono meno aspro) Cosa intendi fare?

Barney                      - (vivamente) Aiutarti a ridiventare il ca­po della squadra.

Roo                          - E come?

Barney                      - (sedendosi accanto a lui sul divano. Con entusiasmo) Be', con te che lavori in quella fabbri­ca di vernici e io che ho quasi finito i soldi, pensavo per cominciare che potessimo andare con loro nel Murray a raccogliere l'uva.

Roo                          - (freddo) E piantare Olive e Pearl. È questo che vuoi?

Barney                      - Potremmo spiegarglielo. Del resto, non dirai che questa volta, con te che devi lavorare e Nan­cy che non c'è più, ci si diverta molto.

Roo                          - (alzandosi, torvo) Dimenticavo. È questa la tua schifosissima regola, vero? Quando non ci si di­verte più...

Barney                      - (in collera) Non incominciare su questo tono, non è affatto cosi. E per loro questa situazione non è più piacevole che per noi.

Roo                          - Chi te lo dice?

Barney                      - Oh, magari per Pearl andrà benissimo, ma lei non sa com'era una volta...

Roo                          - E Olive?

Barney                      - Tu che ne dici? Prova un po' a chieder­glielo.

Roo                          - Piccolo bastardo egoista!  Ascoltami... noi ve­niamo qui per la stagione morta, cinque mesi all'an­no, da dicembre ad aprile. E gli altri sette mesi a gi­rare il paese. Cosa credi che faccia Olive in tutto que­sto tempo? Che vada a spasso con altri tipi, che se ne vada a far baldoria tutte le settimane? No, non lo fa, aspetta soltanto il nostro ritorno, perché per lei questi cinque mesi valgono tutto il resto dell'anno messo insieme. È per questo che sono venuto qui anche stavolta, senza un soldo e... quando avrei dato qualunque cosa per restare lassù. Ma non potevo mol­larla... e se ti sento accennare davanti a lei all'uva o al Murray, ti darò tanti di quei calci che dovranno nutrirti con una sonda. (Barney si allontana, cercan­do di controllarsi. Poi...)

Barney                      - Che succederà allora quando resterò sen­za soldi?

Roo                          - Ti troverai un lavoro.

Barney                      - Magari in una fabbrica di vernici? Vuoi scherzare?

Roo                          - Be', sono affari tuoi... (Da fuori scena ru­more di vassoi, e voce di Pearl che dice: "Accidenti, a momenti mi cascava tutto.") E ora, tieni bene a mente quello che ti ho detto. (Entra Olive con un vassoio pieno di bottiglie e bicchieri, seguita da Pearl che porta piatti nei quali sono sandwich e tartine)

Olive                        - (allegra) Abbiamo giusto il tempo di riem­pire i bicchieri, prima che incomincino a suonare le sirene. (Posando il vassoio) Su, Barney, una volta tan­to puoi occupartene tu. (Barney, ancora irritato, va ad aprire le bottiglie e a riempire i bicchieri. Pearl sistema sulla tavola panini e tartine)

Pearl                         - Spero vi piaccia la senape. L'ho messa dappertutto...

Roo                          - E se chiamassimo Emma?

Olive                        - Oh, non preoccuparti, se ne avrà voglia verrà per conto suo. (Va a sedersi accanto a Roo) Mi spiace, tesoro.

Roo                          - Di che?

Olive                        - Lo sai... tutto quel piagnucolare...

Pearl                         - (contemplando la tavola) Paté, sardine, for­maggio, cetrioli... si può proprio dire che non manchi niente.

Olive                        - (a Roo) Non puoi capire cosa mi è preso.

Roo                          - Ma non me ne preoccupo affatto.

Barney                      - (burbero, tendendo loro i bicchieri) Su, prendete in mano questi bicchieri, prima di sdilin­quirvi troppo.

Pearl                         - (versandosi da bere) E questa è l'ultima birra che verso quest'anno.

Olive                        - Ci vorrebbe una bottiglia di champagne o qualcosa del genere.

Barney                      - (prendendo la bottiglia) Per me, va be­none anche questa. (Mentre si riempie il bicchiere, si vede un lampo e si sente uno scoppio)

Roo                          - (alla finestra) Ehi, qualcuno ha dato fuoco alle polveri... ma questo è un razzo... su, spegnete le luci. (Qualcuno esegue, e la stanza è ora illuminata soltanto dalle esplosioni di fuochi artificiali fuori scena)

Olive                        - Ehi, guarda. (Con improvvisa spontaneità volgendo le spalle a Roo) Sapete, sono contenta che non siamo usciti.. Lascia pure che i Morris cuociano nel loro brodo, ce la caviamo benissimo anche da soli. Noi quattro soltanto e qualche bicchiere per brindare ai giorni felici.

Barney                      - (in un tono insieme allegro e ironico) Hai ragione, Olive. Ai giorni felici e... (alzando il bic­chiere davanti alla finestra) a notti eccitanti!

Pearl                         - (smette di bere la sua birra, e scoppia a ri­dere fin quasi a soffocare) Oh... burlone di un Barney, non dire queste cose...

Olive                        - Quali cose?

Pearl                         - Nn... non lo hai sentito?

Barney                      - Ho detto soltanto...

Pearl                         - (interrompendolo) Notti eccitanti! Ma di­co io... guardaci. (Cerca di riprender fiato bevendosi un altro bicchiere di birra, ignara delle conseguenze che le sue parole hanno provocato sugli altre tre. Barney si volge lentamente a guardare, intricato e confuso, Roo e Olive; poi Olive crolla e si lascia ca­dere sullo sgabello del pianoforte, mentre Roo, acco­vacciandosi accanto a lei, cerca senza parole di con­solarla. Barney distoglie lo sguardo dalla loro pro­fonda infelicità e concentra la sua attenzione sulla birra. Fuori scena e a grande distanza, dodici rintoc­chi annuncianti l'anno nuovo si fanno sentire fra gli altri rumori di festa, fra i quali il canto di "Auld Lang Syne" in una casa vicina e lontane grida di gioia. Sipario)

SCENA SECONDA

II venerdì successivo. Sono press'a poco le sei e mezzo pomeridiane, e la veranda è inondata dalla pal­lida luce del tramonto che, a poco a poco, assume una tinta rosso cupo mentre il sole scompare. La porta-finestra è chiusa e la luce è ancora talmente for­te da illuminare anche la stanza.

Quando si alza il sipario, Roo, che indossa camicia e calzoni sporchi di vernice, sta dormendo sdraiato sul divano. Accanto a lui, sul pavimento, un giornale della sera. Deve aver l'aria di un uomo colto dalla stanchezza dopo una giornata di duro lavoro. Si sen­te un taxi che si ferma davanti alla casa e una con­fusa discussione fra voci di ubriachi.

Barney                      - E adesso, se restiamo calmi, risolverò tutta la faccenda in meno di due minuti...

Dowd                       - (interrompendolo) Nessuno ha il diritto di pagare questa corsa al mio posto. Prendi, amico, ec­co qui una sterlina...

Barney                      - Restituiscigli quella sterlina, ti dico, se non vuoi che mi arrabbi!

Olive                        - (sale rapidamente sulla veranda e si ferma per gridare) Su, piantatela di discutere. Non ha importanza chi paghi, purché vi decidiate a pagare! (Apre la porta principale, mentre sul corridoio ap­pare Emma)

Emma                       - (a Olive) Che intendono fare? Mettere a soqquadro tutto il quartiere? Digli di calmarsi che Roo sta dormendo.

Olive                        - Dormendo? (Guardando nella stanza) Non si è nemmeno fatto ,una doccia?

Emma                       - No, si è seduto un momento a leggere il giornale e si è addormentato di colpo.

Olive                        - (seccata) Non avresti dovuto permetter­glielo. (Entra nella stanza) Roo...

Emma                       - Ma lascialo in pace... (Ma Olive già lo sta scuotendo per svegliarlo. Il riaccendersi della discus­sione fuori scena induce Emma ad uscire sulla veran­da per indagare) Volete smetterla, si o no? Roo sta dormendo.

Barney                      - (fuori scena) Emma... vieni qui tu a de­cidere.

Emma                       - Silenzio!  (Cessa il rumore fuori scena. In­tanto, nella stanza)

Olive                        - Roo... svegliati. (Roo riacquista brusca­mente conoscenza) Su, apri gli occhi.

Roo                          - (mettendosi a sedere e sbattendo gli occhi) Che succede?

Olive                        - Siamo tornati tutti. E tu stavi dormendo.

Roo                          - Oh! (Sbadigliando) Dev'essere stato un col­po di sonno.

Olive                        - Già. Ehi, senti, Barney è sbronzo e ti ha portato qui un tale, dice che è un amico tuo...

Roo                          - Chi è?

Olive                        - Non so. Ci aspettavano davanti al pub con un taxi. Non si capiva molto quello che diceva­no, ma credo che venga dal nord...

Roo                          - (allarmato) Che tipo è?

Olive                        - Grosso, scuro. Del resto, guardalo. Sta discutendo con Barney qui davanti su chi deve pa­gare il taxi. (Roo va rapidamente alla finestra e guar­da fuori. Poi torna indietro mostrando una crescen­te irritazione)

Roo                          - Gli spaccherò il collo a quel maledetto...

Olive                        - Ma chi è?

Roo                          - Il giovane Dowd. (Breve esplosione di risate maschili fuori scena, seguite dalla voce gracchiante di Barney)

Barney                      - (fuori scena) Lo sapevo che avresti tro­vato una soluzione!

Olive                        - Me l'ero immaginato. (Rapidamente) E adesso, ascoltami, se non vuoi vederlo non hai che da dirmelo che gli impedirò di entrare...

Roo                          - No, non puoi farlo... è troppo tardi.

Olive                        - E perché? Diciamo al taxi di aspettare...

Roo                          - Vuoi fargli credere che io abbia paura di lui? (Fuori scena, il taxi si allontana salutato a gran voce da Barney) E poi credo che un giorno o l'altro dovrò ben finire per incontrarlo.

Olive                        - (ansiosa) Mi prometti di non litigare?

Roo                          - Dipende tutto da lui. (Dalla strada si av­vicina una confusione di voci) Guarda come son con­ciato.

Olive                        - Che ci vuoi fare? Non hai più tempo di cambiarti. (Compare sulla veranda anteriore Emma che cerca di liberarsi di Barney, aggrappatosi al suo grembiule. Il nodo sulla schiena è stato disfatto, e il grembiule regge soltanto per i lacci che lo tengono legato alla nuca. Dowd e Pearl cercano inutilmente di controllare Barney)

Emma                       - Stupido ubriacone! Perché non torni a casa più presto, una volta tanto?

Barney                      - (urlando) Suvvia, Emma, lo so che non dici sul serio. Dammi un bacio.

Emma                       - Non ci penso nemmeno. (Barney tenta un a fondo verso di lei. Pearl strilla ed Emma si rifugia in casa)

 Dowd                      -  (ridendo) Lasciala perdere, Barney, è an­cora troppo giovane, riservati per quelle che conosce­rai nelle sale da ballo...

Emma                       -  (dalle scale) Non so chi sia, lei, ma mi pa­re che parli proprio pulito.

Barney                      - Vieni qui, Emma, non ti farò del male...

Olive                        -  (secca, cercando di attrarre la loro attenzio­ne) Piantala, Barney.

Pearl                         -  (fingendo indignazione e afferrando un brac­cio di Barney) È terribile questo Barney, non si riesce proprio a tenerlo quieto.

Barney                      - Lasciami stare! (Si libera bruscamente dalla sua presa e riprendendo l'azione viene a tro­varsi con Dowd sotto l'arcata, esattamente di fronte a Roo. 1 due uomini si immobilizzano, e c'è un mo­mento di silenzio, mentre fissano Roo che restituisce loro il suo sguardo senza espressione. L'attesa è spez­zata da Dowd, un simpatico ragazzo sui venticinque anni, evidentemente sulla cresta dell'onda per quanto si riferisce al vanto per il proprio corpo e all'entusia­smo giovanile)

Dowd                       - Ciao, Roo.

Roo                          - Ciao.

Dowd                       - Hai l'aria di aver verniciato tutta la città.

Roo                          - Già.

Barney                      -  (venendo avanti) Roo, c'è una cosa che devi sapere... (Dowd come per caso ha allungato un braccio e ha spinto indietro Barney accanto a Peart. Ora viene avanti nella stanza, si avvicina al tavolo, e, giunto ormai a quattro o cinque passi da Roo, tende la mano)

Dowd                       - Voglio stringerti la mano, Roo. (Pausa) Tu non vuoi stringermela? (Roo resta un momento im­mobile, poi avanza lentamente guardandolo in viso. Non si capisce ancora se intenda ucciderlo o aderi­re alla sua richiesta. Finché, arrivato di fronte a Dowd, lascia cadere uno sguardo sulla mano tesa dell'altro. Con riluttanza e con evidente malavoglia, an­che Roo tende la mano per stringere quella di Dowd)

Barney                      -  (sollevato) Vedi, te l'avevo detto io! (Si volta per baciare sulla bocca Pearl, che si divincola e corre al piano di sopra, disgustata. Barney entra nella stanza, e Emma approfitta dell'occasione per rifugiarsi in cucina)

Dowd                       - Chiudi il becco un momento.

Barney                      - Dicevo solo che a vedervi cosi, faccia a faccia...

Dowd                       - (duro) Chiudi il becco, ti ho detto! (Bar­ney, offeso, tace. Dowd a Roo) Devo dirti un paio di cose. Prima di tutto che mi dispiace di aver riso quel giorno...

Roo                          - (bofonchia) Non importa.

Dowd                       - Importa, invece. Non avrei dovuto. È solo che eri tanto buffo cosi in ginocchio...

Roo                          - (stupidamente) Ero scivolato.

Dowd                       - Già. Be', non avrei dovuto ridere. (Breve pausa, piena di disagio. Poi) Questa è la prima cosa. L'altra è una specie di messaggio dei ragazzi. Vo­gliono vederti. Che ne dici? Stasera andiamo tutti allo stadio e abbiamo un paio di biglietti in più...

Barney                      - (avvicinandosi a Dowd) Poltrone di Ring!

Roo                          - (si guarda attorno, come uno che cerchi di sfuggire a una trappola che lo aspetta) Non so se...

Dowd                       - Perché?

Olive                        - (intervenendo immediatamente in aiuto di Roo) Perché ha preso altri impegni, naturalmente. Cosa credevate?

Barney                      - Quando?

Olive                        - Non sono affari tuoi.

Dowd                       - (tranquillamente, dopo un'occhiata di traver­so a Olive) E va bene, allora, ma... e domani po­meriggio? Potremmo andare alle corse...

Roo                          - Be'...

Barney                      - (incoraggiandolo) Su, lo so che ti piace andare alle corse.

Dowd                       - Un giorno in giro coi ragazzi, poi, ti fareb­be bene...

Olive                        - Credo di aver diritto anch'io a esprimere il mio parere...

Roo                          - (interrompendola) No, Olive! (Olive tace) D'accordo. Domani pomeriggio alle corse.

Dowd                       - (con entusiasmo) Benissimo! E dove ci vediamo? Dovremo prima bagnarci la gola, vero?

Roo                          - Come vuoi tu. Mettiti d'accordo con Barney. Io... io dovrei togliermi di dosso questi      - (indicando gli abiti) e fare una doccia.

Dowd                       - D'accordo. (Mentre Roo si avvia verso la scala) Sembra proprio che ti abbiamo sorpreso ap­pena tornato dal lavoro.

Roo                          - (si ferma, s'irrigidisce, e parla con tono pro­fondamente offeso) Già. (Esce)

Olive                        - (raccoglie borsetta e guanti, poi con freddez­za) Mangia con noi, signor...?

Dowd                       - Dowd, Johnnie Dowd mi chiamo. (Indican­do con un dito Barney) Dicevo a questo ubriacone che non ci ha ancora presentati. No, grazie, i ragaz­zi mi aspettano al London.

Olive                        - Va bene. Lo dicevo soltanto perché in caso contrario quell'ubriacone avrebbe dovuto anda­re a comprare altri pesci e altre patatine. (Via verso le scale, mentre Barney agita le mani unite sopra la testa come un pugile dopo la vittoria)

Barney                      - Visto? È stato facilissimo. Te l'avevo detto che avrebbe funzionato.

Dowd                       - Appena appena.

Barney                      - Ma non ti ha stretto la mano?

Dowd                       - Già. Come se fossi stato un fico d'India.

Barney                      - Non importa, lo ha fatto. Conosco Roo: una volta che ha stretto la mano a qualcuno, va tutto bene.

Dowd                       - (con un leggero cipiglio) Speriamo. Non m'importa di dirgli che mi dispiace per quello che ha fatto, ma non creda di potersi aspettare da me altre scuse.

Barney                      - Scommetto che domani si sarà calmato del tutto.

Dowd                       - (poco convinto) Già. (Ride per un momen­to, poi si siede) Forse se ci sbronziamo insieme, le cose in qualche modo si metteranno a posto.

Barney                      - Proprio questo ci vuole, o qualcosa del genere; sbronzarsi insieme.

Dowd                       - Mi piacerebbe risolvere la situazione. Te­stone com'è, Roo mi è davvero simpatico...

Barney                      - Ma è naturale... in fondo non ha man­dato via Tony Moreno per prendete te? E guarda che questo è un grosso favore. E poi devi sapere un'al­tra cosa... che sotto sotto tu e Roo avete parecchio in comune. Me ne accorgo sempre di più man mano che il tempo passa. (Come se la cosa gli venisse in mente all'improvviso) Ehi, senti, ho un'idea. Doma­ni, se vengono tutti, tu e Roo avrete si e no il tem­po di scambiarvi una parola. Che ne diresti se, inve­ce di andare in massa ci fossimo soltanto noi tre: tu, lui e io. Eh, che te ne pare?

Dowd                       - (scuotendo il capo) No, solo con noi terreb­be la bocca chiusa tutto il giorno.

Barney                      - Le pupe allora, Pearl e Olive, porteremo anche loro. Servirà a rompere il ghiaccio.

Dowd                       - E io?

Barney                      - Già, hai ragione. Ne troveremo una an­che per te.

Dowd                       - Va bene, ma non vecchie come le vostre. Ricordati che io ho ancora tutti i miei denti.

Barney                      - (schioccando le dita) So io quel che ci vuole per te. (Si avvicina alla scala e grida) Pearlie... Pearl... (Dowd si alza e guardandosi attorno si avvi­cina al caminetto)

Pearl                         - (fuori scena) Che vuoi?

Barney                      - Scendi che devo chiederti una cosa. (Rientrando) Credo proprio di aver trovato quel che ci vuole. Un robino di diciott'anni è abbastanza gio­vane per te?

Dowd                       - Com'è?

Barney                      - L'ho vista solo in fotografia, ma mi sem­bra formidabile.

Dowd                       - Credi che verrà?

Barney                      - Perché non dovrebbe?

Dowd                       - Non so. (Leggermente imbarazzato) Que­ste ragazzine del sud non si danno un po' tutte del­le arie?

 Barney                     - Dipende da come le tratti. (Entra Pearl) Ciao, Pearl. Vieni qui che ti devo parlare. Questo giovanotto si chiama Johnnie Dowd ed è un nostro amico del nord.

Pearl                         - (passandogli davanti per andarsi a sedere) Lo so, me ne ha parlato Olive.

Barney                      - Ah. Be', e ti ha raccontato tutto? Ti ha detto che Roo e io domani andiamo alle corse con i ragazzi?

Pearl                         - Si.

Barney                      - Be', adesso Johnnie ha avuto un'idea mi­gliore. (Dowd protesta) Dice che invece di uscire con tutti quei tipi, sarebbe più carino se noi tre ci por­tassimo dietro te e Olive.

Pearl                         - (sorpresa) Ma il sabato pomeriggio io e Olive lavoriamo.

Barney                      - Be', a questo si può rimediare. Olive può sempre telefonare domattina, l'ha già fatto un muc­chio di volte. Ma tu che ne dici?

Pearl                         - (incerta) È un pezzo che non ci metto piede. Una volta andavo sempre alle, corse.

Barney                      - (deciso) Allora, siamo d'accordo. Doma­ni vieni anche tu. Cosi saremo tu e io, Roo e Olive. (Pausa) E Johnny.

Pearl                         - Lui da solo?

Barney                      - (cogliendo l'occasione e sorridendo) È proprio di questo che volevo parlarti! Be', forse non dovrei dirtelo davanti a lui: sai, questo giovanotto­ne diventa subito rosso quando si parla di donne... È un po' timido, capisci...

Dowd                       - Ehi, piantala.

Barney                      - Tu sta zitto che non c'entri. (A Pearl ac­carezzandola confidenzialmente) Cosi potremmo ri­solvere il suo problema in qualunque modo e stavo pensando... Che ne diresti di portare con te quella tua figliola... come diavolo si chiama?

Pearl                         - (allarmata) Vera? Alle corse?

Barney                      - Si. Dalle un giorno di svago.

Pearl                         - Non è possibile. Ha solo diciott'anni.

Barney                      - Tu a diciott'anni non ci sei mai andata alle corse?

Pearl                         - È diverso. Io non avevo scelta. Ma a Vera voglio starci attenta... non deve crescere come sono cresciuta io.

Barney                      - Ma è viva, vero? Cammina e respira.

Pearl                         - (irrigidendosi) Non voglio che frequenti posti dove rischia di incontrare cattive compagnie.

Barney                      - (a Dowd, meravigliato) L'hai sentita? Cattive compagnie! (A Pearl) Ti ho chiesto di farla uscire con te, (puntandole contro l'indice) sua Madre !

Pearl                         - Non ci sarò soltanto io.

Barney                      - Ma ci sarai anche tu. Ma come? Credi di non essere in grado di badarle?

Dowd                       - (sentendosi a disagio) Barney, forse sa­rebbe meglio se tornassimo alla prima soluzione, so­lo noi e i ragazzi...

Barney                      - (a Pearl) Be'... s'è mai visto? La prima volta che abbiamo l'occasione di divertirci un po', tu vuoi rovinare tutto!

Pearl                         - (quasi piangendo) Ma perché dovrei la­sciare uscire Vera con lui? Non so chi sia...

Barney                      - Ti dico che è un mio amico. E poi non uscirà con lui, ma con tutti noi...

Dowd                       - (si avvicina, sempre più. preoccupato) Sen­ti, Barney, ti ripeto, andiamo con i ragazzi...

Barney                      - No, invece. No davvero, perdio. (Gli si illumina il viso) Ehi, aspetta un momento. So io chi chiamare. (Avviandosi verso la porta-finestra) Tu re­sta qui. (Esce sulla veranda posteriore)

Dowd                       - (un po' meravigliato, lo segue fino alla porta­finestra) Barney! (Rendendosi conto di non po­terlo fermare, si volge verso Pearl) Dove è andato, adesso?

Pearl                         - (andando verso la scala) Come posso sa­perlo? Per quel che mi riguarda può anche andare all'inferno.

Dowd                       - (con rozza gentilezza) Senta, signora, se non vuole che sua figlia esca con me, pazienza, ma io non sono certo un rapitore di bambini...

Pearl                         - (è ormai vicina a una crisi di lacrime) Ma chi crede d'essere quello, a tentare un simile trucco?

Dowd                       - Ma le ha soltanto chiesto...

Pearl                         - So io cosa ha chiesto, non c'è bisogno che me lo dica lei. Ha tentato il colpo, ecco.

Dowd                       - Veramente, da quello che ha detto, non credo...

Pearl                         - Oh, a sentir lei! (Avviandosi per le scale) Siete tutti della stessa pasta voi altri! (Via)

Dowd                       - (esce in un'imprecazione, poi si avvicina alla porta-finestra e grida) Barney! (Subito, ma non in risposta alla voce di Dowd, appare Barney che sta conversando con Bubba, spingendola sulla veran­da)

Barney                      - Macché sbronzo! Ho soltanto una picco­la sorpresa per te. Vieni...

Dowd                       - Ehi, quella donna che c'era qui, quella Pearl, se n'è andata via tutta sconvolta...

Barney                      - Non ci pensare. (Spingendo Bubba nella stanza) Ecco quel tale che volevo farti conoscere. Questa è Bubba Ryan.

Dowd                       - Come sta?

Barney                      - (alle spalle della ragazza) Oh, benone sta... vero bambina? Lo vedi questo tipo? Sai da dove viene? (Bubba scuote il capo) Dal nord, dove cresce lo zucchero. E vuoi sapere un'altra cosa? È uno dei tagliatori più in gamba che... (Bubba ha l'aria inte­ressata)

Dowd                       - Va bene, Barney, ma piantala. (Tendendo la mano) Mi chiamo Dowd, signorina, Johnnie Dowd.

Barney                      - Vedi... lo dice come se fosse il nome di uno qualsiasi.

Bubba                       - (stringendogli timidamente la mano) Co­me sta?

Barney                      - Ma come sono carini! (All'orecchio di Bubba, sussurrando) È proprio il tipo che qualunque ragazza sogna perché l'accompagni alle corse...

Bubba                       - Alle corse?

Barney                      - (subito) Si, domani pomeriggio. Roo e Olive, Pearl e io e tu e Johnnie! Che ne dici?

Bubba                       - (confusa) Be'... non so...

Barney                      - Via, Bubba, non avrai un appuntamento? Dove altro potresti andare sabato pomeriggio?

Bubba                       - Da nessuna parte.

Barney                      - E allora? Una migliore occasione per sta­re allegra, dove la trovi?... Su, deciditi. (Aspetta con ansia la sua risposta)

Bubba                       - (volge timidamente gli occhi verso Dowd, e poi annuisce) Va bene. Se proprio volete che venga...

Barney                      - (trionfante) Evviva. È tutto a posto.

Dowd                       - (secco) Non per me.

Barney                      - Perché? Che altro c'è?

Dowd                       - Non mi piacciono le cose troppo facili. (Barney fa per protestare, ma Dowd lo interrompe con decisione) Tu, aspettami fuori un momento.

Barney                      - Ma Johnnie...

Dowd                       - Aspettami fuori, ti dico. (Barney lo guar­da indeciso per un momento, poi si stringe nelle spal­le ed esce andando a sedersi sulla veranda anteriore. Intando, Dowd, non più molto sicuro di se stesso, si rivolge a Bubba) Be', quello che voglio dire è che conosco Barney, e so come riesce a frastornare la gente e... a convincerla a fare determinate cose. Ma io voglio darle una possibilità... se non le piace l'idea di andare alle corse con me, me lo dica subito. (S'in­terrompe, ma Bubba non dice nulla ed egli si trova costretto a continuare) Non si preoccupi per quello che dirà lui. Sistemerò tutto io.

Bubba                       - Ma a me piacerebbe andare alle corse.

Dowd                       - Eppure non ha l'aria di esserne troppo convinta.

Bubba                       - È solo per la sorpresa. Roo e Barney, ve­de, non avevano mai portato qui nessuno dal nord.

Dowd                       - (guardandosi attorno) Lo so. Ci tenevano parecchio a questo posto, vero? Abita qui anche lei?

Bubba                       - No, alla porta accanto.

Dowd                       - Ah, allora Barney questa volta si è pro­prio spremuto il cervello.

Bubba                       - Perché?

Dowd                       - Per chiederle di uscire con me.

 Bubba                      - Ma no. No davvero. È un pezzo che fre­quento questa casa.

Dowd                       - Ah, si? (Si guarda attorno) Strano. Ci ave­vo pensato tante volte a questa casa. (Rispondendo a un'occhiata interrogativa della ragazza) Oh, natural­mente non c'ero mai stato, è solo che lassù i ragazzi ne parlavano continuamente. Devo dirle che nel nord questa casa è quasi famosa.

Bubba                       - Per quello che ha detto Barney?

Dowd                       - Già. E per quello che i ragazzi hanno rac­colto. O fabbricato, si direbbe, a veder questi ogget­ti. (Volge lo sguardo verso i souvenir)

Bubba                       - (nervosa) Non è... una casa grande.

Dowd                       - La grandezza non conta. È tutto il resto... per esempio, si diceva che qui ci si divertisse molto. Ma a vedere questa stanza non si direbbe.

Bubba                       - (sulla difensiva) Lei non può saperlo.

Dowd                       - No? Allora me lo dica lei.

Bubba                       - (staccandosi) Come posso? Tutto quello che succede in una casa crea un sentimento... non si può spiegarlo a un estraneo. È una questione di rap­porti umani.

Dowd                       - Oh!  (Additando la mensola) E quelle bam­bole che ci fanno?

Bubba                       - Roo ne regala una a Olive ogni anno al suo arrivo. È come un portafortuna.

Dowd                       - (ridacchiando) Bambole? Ma non sa trova­re di meglio. (Bubba indietreggia) Non le fa piacere che io dica questo, vero?

Bubba                       - No.

Dowd                       - Ma lei cos'è? Una parente? (Bubba scuote il capo) Che gliene importa, allora?

Bubba                       - (guardandolo in faccia) Non avrebbe do­vuto dire quelle cose delle bambole. Sono importanti per Olive e Roo, é... é difficile spiegarlo. Lei non ca­pirebbe.

Dowd                       - (in seguito alla sua reazione, le rivolge una delle domande più importanti della sua vita) Vuol dirmi una cosa? Perché tutte le volte che m'imbatto in qualcosa che ha a che vedere con Roo, ho sempre l'aria di comportarmi come se fossi troppo giovane.

Bubba                       - (improvvisamente colpita dalla coincidenza della loro incertezza giovanile) Non so. Forse è un po' come la faccenda dei bastoncini...

Dowd                       - Di che?

Bubba                       - Dei bastoncini di zucchero. Sono una spe­cie di regalo... uno scherzo che gli facciamo tutti gli anni quando arrivano.

Dowd                       - Non capisco. (Rinunciando a risolvere lo enigma) In ogni modo quello che importa è la gior­nata di domani. Ammesso che lei voglia ancora veni­re con me dopo tutte le mie gaffe. Vuole?

Bubba                       - Si... mi piacerebbe.

Dowd                       - Come ha detto che si chiama?

Bubba                       - Bubba Ryan.

Dowd                       - Bubba? È cosi che la chiamano? (Lei an­nuisce) La trattano come se fosse ancora nella culla. (Per un attimo restano a guardarsi negli occhi com­prendendosi perfettamente) Qual è il tuo vero nome?

Bubba                       - (in un sussurro) Kathie.

Dowd                       - Kathie? Bene, d'ora in avanti ti chiame­rò sempre cosi. D'accordo? (Le sorride e Bubba gli risponde. Poi con artificiosa allegria per evitare com­plicazioni troppo repentine...) Ehi, ma come s'è fat­to tardi. Devo proprio scappare. (Si avvicina all'ar­cata) Barney!... (A Bubba, con calore) Lasceremo prendere a lui gli accordi, va bene?

Bubba                       - Va bene. (Barney torna in casa dalla ve­randa anteriore)

Dowd                       - Senti, io me ne vado. Avevo detto ai ra­gazzi che sarei stato al London per le sette. E sono passate già da un pezzo.

Barney                      - D'accordo. Ma prima faresti meglio a sa­lutarlo. (Dowd si avvia verso la porta anteriore men­tre Barney, ai piedi della scala, grida) Roo... Johnnie se ne va. (Si volta) Tutto a posto?

Dowd                       - Si. Contiamo su di te per i particolari.

Barney                      - (deciso) Contateci pure. Ci vediamo da Young e Jackson domattina alle dieci e mezza; per quell'ora sarà tutto sistemato. D'accordo?

 Dowd                      - D'accordo. (Sorridendo a Bubba) E lo di­rai anche a Kathie?

Barney                      - Kath...? (Segue la direzione dello sguardo di Dowd e capisce) Si, si. Naturalmente. (Scende Roo con un asciugamano sulle spalle e il volto mezzo insaponato) Ehi, Roo, Johnnie adesso se ne va.

Roo                          - Ho sentito.

Dowd                       - Be', arrivederci, Roo, a domani.

Roo                          - Si.

Dowd                       - Vuoi che dica qualcosa ai ragazzi da par­te tua?

Roo                          - Be'... vedi... fagli tanti auguri, ecco.

Dowd                       - E gli dico anche di star lontani dai guai? (Tutti ridono educatamente, e Barney dà una mana­ta sulla schiena di Dowd)

Barney                      - Vieni, ti accompagno al cancello. (Avvian­dosi) Sai come tornare? La cosa migliore è arrivare all'angolo. Poi, se non riesci a trovare un taxi, c'è sempre il tram: saltaci sopra e sarai in città in meno di cinque minuti... (Esce con Dowd)

Roo                          - (a Bubba che dalla finestra assiste alla parten­za di Dowd) Che ci fai qui, Bub?

Bubba                       - Mi ci ha portato Barney.

Roo                          - Per farti conoscere lui?

Bubba                       - Si.

Olive                        - (entrando) È andato?

Roo                          - Già. Hanno fatto una specie di picnic qui. Hanno chiamato anche Bubba per presentarglielo.

Olive                        - Ciao, cara. (Cauta) Non mi sembra davve­ro un cattivo ragazzo.

Roo                          - Dowd? Non è con lui che ce l'ho. È tutta colpa di Barney: è stato lui a combinare questo im­broglio.

Olive                        - Be', che male c'è in fondo?

Roo                          - (volgendosi verso di lei e controllando a stento la sua collera) Tu non sai, Olive, che cosa ha fatto. Mi ha costretto... portando Dowd proprio in questa casa e durante il periodo di licenza... mi ha costretto a inginocchiarmi davanti a lui. (Si interrompe, inca­pace di esprimere tutta la sua frustrazione)

Olive                        - E va bene. Come tu vuoi. Solo non peg­giorare ulteriormente le cose. C'è già Emma che bron­tola in cucina e Pearl che strilla di sopra. E mi pare che basti...

Roo                          - Cosa è successo a Pearl?

Olive                        - (stendendo la tovaglia con l'aiuto di Bubba) Oh, fa dei discorsi senza capo né coda. Sembra che Barney le abbia chiesto di far venire sua figlia alle corse di domani...

Bubba                       - (interrompendola) Non l'ha chiesto a lei, l'ha chiesto a me.

Olive                        - Di andare alle corse? (Bubba annuisce. Olive ride) Aah! Aah! Sono tutti uomini, e Barney non porterebbe mai alle corse una ragazza con tutti quei maschi. Ti ha voluto prendere in giro.

Bubba                       - Ma no. E poi non sono tutti uomini, sia­mo solo noi. Noi e... e Johnnie.

Roo                          - Noi e Johnnie? Te lo ha detto lui?

Bubba                         Si.

Roo                          - Si erano già messi d'accordo prima che tu arrivassi?

Bubba                       - Be', prima me l'ha chiesto Barney, e poi Johnnie...

Roo                          - (esplodendo) Tutt'e due d'accordo come dei ladri. (A Olive) Che t'avevo detto? Han combinato tut­to fra loro... dei maledetti, ecco cosa sono. Ma adesso basta! (Scaraventa l'asciugamano a Olive e si avvia verso la porta esterna strillando) Barney! Vieni su­bito qui!

Olive                        - (seguendolo, per temporeggiare) Forse han­no fatto un po' di confusione...

Roo                          - Niente affatto. So io adesso qual è il suo gioco. Voi due levatevi di qui, andate in qualche al­tra stanza... (Rientrando in scena, Barney si ferma un momento sulla veranda bloccato dall'iroso tem­pestare di quelle voci)

Bubba                       - (spaventata) Roo...

Olive                        - Non voglio risse, capito? Discutete fin che volete ma niente risse...

Roo                          - Tu non c'entri.

Olive                        - Roo...

Roo                          - (ruggendo) Levati di mezzo! (Olive e Bubba via. Barney si ferma sulla porta. Roo lo afferra per il bavero della giacca e lo trascina dentro, imprecan­do selvaggiamente)

Barney                      - Ehi, Roo, calmati, sono un po' sbronzo...

Roo                          - (scuotendolo, con voce bassa ma infuriata) Non mi incanti con questa faccenda dello sbronzo. Lo so che dovevi riempirti di birra per poter fare quello che hai fatto, ma so anche cosa hai fatto. Lo sol      - (Con una formidabile spinta, manda Barney al lato opposto della stanza, verso la mensola. Barney barcolla, poi ritrova l'equilibrio e volge lo sguardo verso Roo. La sbronza gli è completamente passata)

Barney                      - (pallido) E va bene. Ho portato qui Dowd...

Roo                          - (venendo avanti) Si, hai portato qui Dowd. Ma non credere che io non sappia perché.

Barney                      - A tuo vantaggio l'ho fatto.

Roo                          - Bugiardo! Sporco, svergognato e schifoso bugiardo!

Barney                      - (irritato) Lascia dire una parola anche a me...

Roo                          - Qualcuno dovrebbe tagliarti la lingua. (Bar­ney si allontana disgustato) E il modo come l'hai fatto... volevi proprio farglielo vedere come sono sce­so in basso, mostrarmi tutto imbrattato di quella puz­zolente vernice.

Barney                      - Ma chi credi di essere, un fiore? Ti ha vi­sto cento volte nei campi mezzo nudo e nero come la pece...

Roo                          - (fiero) Si, ma era cosi anche lui. Tutti e due a faticare sotto il sole! Vorresti forse sostenere che lavorare in una fabbrica di vernici è lo stesso? Davvero? E poi, comunque, non è solo questo...

Barney                      - Oh, è inutile parlare con te...

Roo                          - E invece devi parlare. Ma non le solite bu­gie e le solite scuse e... e le tue solite frottole, no, oggi una volta tanto dovremo essere sinceri.

Barney                      - (voltandosi verso di lui) E va bene, d'ac­cordo. Sei cosi ciecamente geloso del giovane Dowd che a mio parere dovresti starci attento prima che sia troppo tardi.

Roo                          - (irrigidendosi) Va avanti.

Barney                      - (rendendosi conto di essersi spinto troppo in là, ma incapace di tornare indietro) Tutto qui. E non sono io solo a dirlo.

Roo                          - Chi altro?

Barney                      - I ragazzi. Non gli ha mica fatto pia­cere quando li hai piantati lassù, sai? Proprio per niente. E ti avverto che se non ti sbrighi a darti da fare, rischi di scoprire che per la prossima stagione la squadra si è trovata un altro capo.

Roo                          - Dowd?

Barney                      - Già, Dowd!

Roo                          - (terribilmente calmo) Ed è per questo che l'hai portato qui, vero? In modo che io potessi met­termi d'accordo con lui e riacquistare la fiducia dei ragazzi?

Barney                      - Certo che è per questo.

Roo                          - E forse pensavi che ci sarei riuscito doma­ni alle corse, in una bella festicciola organizzata da te e Dowd, con Bubba come esca!

Barney                      - Oh, questo... era solo un suggerimento.

Roo                          - (esplodendo) Già, un suggerimento! Ti trovi senza soldi, sai che da me non puoi cavare nemmeno un penny, ed ecco il nuovo campione, carico di quat­trini e pronto a tirarli fuori. Non ti è bastato sco­dinzolargli dietro lassù al nord quando io ho lascia­to la squadra, no, dovevi anche portarlo qui durante la licenza.

Barney                      - (in collera) Credi che io abbia architet­tato un piano del genere?

Roo                          - Hai fatto anche di peggio. Perché sei una piccola mignatta che non si stacca nemmeno quando si è riempita la pancia. (Barney gli viene addosso ur­lando, e Roo lo afferra e con tutte le sue forze lo sca­raventa sulla veranda posteriore. Segue una confusa mischia, solo parzialmente visibile, punteggiata da va­si rotti, da pugni e da felci rovinate. Entra di corsa Olive, seguita da Emma, Bubba, Pearl)

Olive                        - Roo... smettila; smettila... Roo...

Emma                       - Non ti immischiare, Olive...

Olive                        - (alla porta-finestra) Vuoi ammazzarlo?

Emma                       - Due vagabondi, ecco cosa siete!

Olive                        - (scomparendo sulla veranda) Lascialo, Roo.

Emma                       - Se avete voglia di fare a pugni, perché non andate in strada?

Olive                        - Roo! (Tutte queste battute sono infram­mezzate dagli echi della rissa, dominati dall'ultimo grido di Olive. Roo torna in scena respirando affan­nosamente, ma senza scalfitture. Pearl e Bubba lo guardano pallide e terrorizzate)

Emma                       - Fortuna che non ho chiamato gli sbirri. (Entra Olive con Barney, che evidentemente ha avu­to la peggio. Olive lo aiuta a sedersi sulla poltrona)

Olive                        - (con voce tremante, a Roo) Provateci an­cora e questa notte dormirete tutti e due nella fogna. Alla vostra età, dovreste avere un po' più di giudizio. E poi, cosa credete di fare?

Roo                          - Non sono affari tuoi, Olive...

Olive                        - (sempre più irritata) Ah, no? Io dovrei starmene tranquilla di là, mentre voi due vi fate a pezzi, vero? (A Roo) E perché poi? Solo perché que­st'anno al nord hai avuto una stagione schifosa.

Roo                          - Non è questo...

Barney                      - E invece si. (Alzandosi) Perché non vuoi essere un uomo e ammetterlo?

Olive                        - (secca) E chi vuol farglielo ammettere? Non ha importanza.

Barney                      - (acceso) Oh si che ne ha. Avrebbe pianta­to in asso la sua squadra se non avesse avuto impor­tanza? Avanti, Roo, hai voluto che fossi sincero per quanto riguarda Dowd, ma adesso tocca a te. (Roo non risponde) Non ne hai il fegato!

Olive                        - (irritata e confusa) Cosa vuoi fargli dirc­ene Dowd ha lavorato meglio di lui?

Barney                      - (secco) Si.

Olive                        - E con questo? Roo avveva la schiena che gli faceva male, ma la stagione prossima si sarà ri­messo e batterà Dowd.

Barney                      - Ah, ah, ah!

Olive                        - Cosa c'è di tanto buffo?

Barney                      - (ironico) Chiediglielo. Te lo dirà.

Roo                          - No, sei tu che devi dirglielo. (Allontana Olive e torce vigorosamente il braccio a Barney dietro la schiena, costringendolo a inginocchiarsi di fronte alle donne) È una tua bugia... e ora parla!

Barney                      - (il viso contorto dal dolore) Aah... basta...

Roo                          - (intensificando lo sforzo) Parla...

Barney                      - (ansante) Lui... non s'è mai slogato la schiena.

Roo                          - (continuando a tenerlo, si rivolge digrignando i denti alle donne) Lo avete sentito? Nessuna sloga­tura, niente. Dowd ha lavorato meglio di me perché è più bravo di me. Era questo che voleva farvi sapere. (Allontana Barney con una spinta, e l'ometto resta carponi a terra massaggiandosi il braccio e piangendo sperduto e pentito)

Barney                      - Stupido idiota... credi che glielo avrei detto?

Roo                          - Be', era quasi ora che sapessero con chi ave­vano a che fare, con due disperati pidocchiosi! (Bar­ney volge la testa altrove, e gli occhi di Roo brillano: ha trovato il modo di vendicarsi) Già... e tu, il gran seduttore che non ha mai subito sconfitte! Racconta­gli un po' come sei stato fortunato in questi ultimi tempi...

Barney                      - (supplichevole) No, Roo.

Roo                          - (abbassandosi e afferrandolo per il bavero) Sarà divertente, vedrai. Raccontaci un po' delle due cameriere del caffè greco!

Barney                      - (cercando di divincolarsi e di interromperlo) Non le ho mai avvicinate...

Roo                          - (tenendolo saldo) Si invece, me lo hanno rac­contato loro. E ridevano fin quasi a crepare. Deve es­sere stato proprio un bel numero, il tuo!

Barney                      - Ti hanno mentito...

Roo                          - (sollevandolo e scuotendolo) Si? E mentiva anche la signora Kelly quando ti ha cacciato fuori dal Royal? E la cuoca di Adam? E quella donnetta della Nuova Australia? E la moglie di Skinny Linton? Men­tivano tutte, eh, e tu sei ancora il migliore del maz­zo... un accidente lo sei!

Barney                      - (è riuscito a divincolarsi; fuori di sé) Ba­sta, Roo.

Roo                          - E Nancy... dopo diciassette anni, non sei sta­to nemmeno capace di tenerti Nancy!

Barney                      - Lurido, schifoso maiale!  (Fuori di sé dal­la collera, afferra l'oggetto più vicino alla sua mano. È il vaso che contiene, fra le altre, la diciassettesima bambola. Fa per gettarlo sulla testa di Roo, ma costui glielo strappa di mano e lo scaraventa al centro della stanza, mandando in frantumi il vaso e rovinando le bambole. Urlo soffocato di Olive. Bubba corre verso di lei. Un improvviso silenzio. Olive s'inginocchia, prende la diciassettesima bambola e la stringe a sé. Bubba di corsa alla porta-finestra e via attraverso la veranda posteriore. Gli altri restano immobili)

ATTO TERZO

La mattina dopo.

Sono scomparsi dalla scena tutti i souvenirs tropicali e le bambole, e questa pulizia conferisce alla stan­za un aspetto stranamente deserto. Nel corridoio ol­tre l'arcata, un grosso baule indica la ferma decisione di una partenza imminente.

Pearl, vestita di nero, se ne sta davanti alla finestra, apparentemente aspettando un taxi, ma in realtà guar­dandosi attorno e meditando con tristezza. Entra dall'arcata Olive in vestaglia: ha in mano una tazza di tè con un biscotto sul piattino. Pearl si volta.

Olive                        - Pensavo che ti avrebbe fatto piacere una tazza di tè.

Pearl                         - No grazie. Il taxi dovrebbe arrivare da un momento all'altro...

Olive                        - Sono le otto e mezza. Su, bevi, non ti farà male. (Cerca di mascherare l'immensa melanconia con una calma amara e disincantata) Quando manderai a prendere il resto?

Pearl                         - Lunedi, con un camioncino.

Olive                        - Lo dirò a Emma, ci sarà lei a casa. (Indi­cando la stanza con un cenno del capo) Non noti nien­te di diverso?

Pearl                         - Hai fatto pulizia. Ma lo sapevo. Ti ho sen­tita quando ero già a letto.

Olive                        - Non volevo, sai. Avevo cominciato cercando di riparare tutto quello che si era rotto. E poi non sono più riuscita a fermarmi. (Ride senza allegria) Emma dice sempre che quando uno cerca di traspor­tare da solo dei mobili pesanti, è segno che ce l'ha su con tutto il mondo. Ma sai cosa significa far le pulizie alle due del mattino? (Pearl non esprime opinioni) Solo che non si ha voglia di andare a letto, immagino.

Pearl                         - Quando credi che torni Barney?

Olive                        - Non si sa. Dal modo come è andato via ieri sera, può benissimo esser partito direttamente per Cairns. Ma da come lo conosco sarà certo di ritorno prima di sera.

Pearl                         - Da come lo conosci... Non so perché, Olive, ma non credo che tu lo conosca.

Olive                        - Dopo diciassette anni?

Pearl                         - Parli sempre di anni, tu... quanti anni sono che fai una cosa, quanti anni sono che ne fai un'altra... e questo cosa prova? Niente. Non ha visto nulla qui dentro che assomigliasse alle tue descrizioni.

Olive                        -  (stanca) Oh, Pearl.

Pearl                         - Macché oh Pearl. Ieri sera, non riuscendo a prender sonno, mi son messa a pensare a te. E ho capito che tu sei cieca per tutto quello che non riguar­da questa casa e la stagione di licenza.

Olive                        - Sono cieca quando mi fa piacere esserlo.

Pearl                         - E va bene. Ma il meno che tu possa fare è di vedere quello che hai avuto nella sua realtà. Prova un po' a guardare questa stanza adesso che ci Hai tol­to tutte le decorazioni... cosa c'è di tanto meraviglio­so? Niente. È soltanto una stanzetta come ce ne sono tante e maledettamente conciata per di più. E se tu ti decidessi a uscire dalle tue fantasie tanto da vedere con occhi adulti anche il periodo di licenza, ti accor­geresti che pure per esso potresti fare Io stesso di­scorso.

Olive                        -  (dura) Senti, te lo dico una volta per tutte. Tutto quello che ti avevo raccontato su Roo e Barney e sulla vita con loro era verità di Vangelo- lo giuro - e tutti gli anni fino adesso. E se quest'anno non è più stato vero, forse sei l'ultima che abbia il diritto di lamentarsene.

Pearl                         -  (spalancando gli occhi) Sicché, dai la colpa a me? Perché c'ero io al posto di Nancy.

Olive                        - Si. (Barney arriva da fuori scena e attra­versa la veranda anteriore)

Pearl                         - Allora sto buttando via il fiato. Se non rie­sci a vedere più in là, è proprio segno che sto but­tando via il fiato. (Barney bussa alla porta)

Olive                        -  (dura) Deve essere il tuo taxi... (Guarda dalla finestra) No, è Barney. (Si avvia verso l'arcata, ma Pearl la ferma)

Pearl                         - Non vorrai lasciarlo entrare?

Olive                        - E perché no?

Pearl                         - Vorrà soltanto prendermi in giro.

Olive                        - Vedremo allora chi lo conosce meglio, se tu o io. (Pearl si mette a sedere, irrigidendosi. Olive apre la porta e Barney entra) Be', dovunque sei stato, non c'è dubbio che t'han cacciato via presto.

Barney                      - Già. (Entra in corridoio e si ferma davan­ti al baule)

Olive                        -  (chiudendo la porta) Sei arrivato giusto in tempo per dire addio a Pearl.

Barney                      -  (senza espressione) M'ero immaginato che se ne sarebbe andata. (Getta la giacca sul tavolino, e proprio in quel momento vede Pearl) Oh... ciao, Pearlie.

Pearl                         -  (secca) Ciao.

Olive                        - Be', io non voglio entrarci, e poi non ho ancora fatto colazione. Se mi volete sono in cucina. (Esce. Pausa, tesa da parte di Pearl, calma da parte di Barney)

Barney                      -  (contempla per un po' il baule, poi lo tocca con un piede) Conti di portarlo in qualche posto?

Pearl                         - Sta arrivando un taxi...

Barney                      - Ah. Volevo dire che sarebbe meglio se ti dessi una mano io. Un peso simile non è adatto a una donna. (Si allontana)

Pearl                         -  (lo guarda un momento, poi esplode) Dove sei stato?

Barney                      - Eh? (Si stacca dalle sue riflessioni per guardarla, e ride scuotendo il capo) No, no, franca­mente, questa è una domanda da moglie. E tu stai per andartene, ricordi? (Pearl volge il capo imbaraz­zata, e Barney esamina il suo abito) Scommetto che è il capo più rispettabile di tutto il tuo guardaroba. Non mi importa che tu mi pianti, tesoro, ma perché vestirti da funerale?

Pearl                         - (infilandosi i guanti) Me l'ero immaginato che tu non avresti sopportato il mio ritorno alla ri­spettabilità.

Barney                      - Ti confiderò un segreto, Pearlie. Rispetta­bile lo sei sempre stata.

Pearl                         - (arrossendo) Forse non sono stata una se­conda Nancy, ma non ci ho neanche mai provato.

Barney                      - (sconcertato) Che diavolo c'entra adesso la povera vecchia Nancy? (Pearl non risponde) E poi, in fin dei conti, tu mi molli proprio per la stessa ra­gione che mi ha mollato lei.

Pearl                         - Nancy ti ha lasciato per sposarsi.

Barney                      - Ma solo perché non ha potuto trovare qui ciò che voleva.

Pearl                         - (triste ed esasperata) Ti consideri ancora il migliore del mazzo, eh? Be', quando mi sono cac­ciata in questa storia, potevo anche pensare di rica­varne... un po' di tranquillità e un po' di sicurezza per me. Si, volevo sposarti. Ed ero talmente, stupida da credere che ce l'avrei fatta. E solo ieri sera che ho cambiato idea. E non tanto perché ho scoperto che sei soltanto un vecchio rudere, ma per quello che vo­levi far fare a Vera.

Barney                      - Ti ho solo chiesto di portarla alle corse. Un pomeriggio.

Pearl                         - Già, ma io so come vanno a finire le corse!  Mi ci sono lasciata prendere anch'io press'a poco alla sua età, e sono finita qui con te. Be', questo non deve succedere a mia figlia. Deve avere quel genere di rispettabilità che non ha bisogno di un vestito nero per risultare evidente.

Barney                      - E va bene, Pearl, va bene. Continua cosi e diventerai la barista più materna di tutti i pub austra­liani. Non sarò certo io a fermarti.

Pearl                         - (dopo una breve pausa, chiede con riluttante curiosità) C'è soltanto una cosa che mi piacerebbe sapere...

Barney                      - Cosa? (Fuori scena, si sente arrivare una auto e si ode un suono di clacson) Ecco il tuo taxi. (Si avvicina alla finestra e grida) Amico, aspetta un momento. (Di nuovo a Pearl) Cosa volevi sapere?

Pearl                         - La prima mattina tu... tu mi hai detto che una donna deve avere tre cose. Ma non mi hai mai spiegato qual era la terza.

Barney                      - E non ti pare che sia un po' troppo tar­di, adesso? Comunque è una qualità che tu non hai... Oh, non te la prendere. Ho conosciuto soltanto una donna che l'aveva.

Pearl                         - (tranquilla) Nancy.

Barney                      - Appunto. E nemmeno lei la possedeva a sufficienza per tenerci insieme. Be', ti porto il baga­glio. (Lo afferra, mentre entra Olive)

Olive                        - C'è già il taxi?

Barney                      - Si. (Si allontana col bagaglio e attraversa la veranda per uscire. Pearl si è alzata ed è ora nel corridoio)

Olive                        - (fredda) Be'... ci vediamo lunedi, allora?

Pearl                         - Già. E di' a Clintie...

Olive                        - Che oggi non vieni perché hai mal di te­sta. Lo so.

Pearl                         - (esita un poco, poi goffamente) Mi spiace Olive. Non ero il tipo, vedi. (Pearl via. Olive la vede partire dalla finestra)

Roo                          - (entrando dall'arcata. Arcigno) È Pearl che se ne va?

Olive                        - Si. Barney l'ha accompagnata al taxi.

Roo                          - Ah, è tornato?

Olive                        - Non te l'ho detto? (Fuori scena, il taxi si mette in moto e si allontana. Olive chiude la porta)

Roo                          - (guardandosi attorno) Hai fatto sparire le bambole e tutto il resto.

Olive                        - Ieri sera. (Irritata, cogliendo il suo sguar­do di rimprovero) Oh, non è soltanto perché me li hai regalati tu. Li avevo staccati per spolverarli, e mi so­no accorta che uccelli e farfalle finivano a pezzi. Non si poteva nemmeno toccarli. E il resto, poi... be', qual­che bambola si era rotta e le conchiglie mi sono sem­brate cosi ridicole che non ho avuto il coraggio di rimetterle a posto.

Roo                          - Te ne porterò delle altre.

Olive                        - No, non devi. Hai già tante cose da fare senza bisogno di perdere il tuo tempo a cercare que­ste cose.

Roo                          - Mi avevi sempre detto che ti piacevano.

Olive                        - Tante cose che una volta mi piacevano so­no un po' sparite in questi ultimi tempi. Ridere e divertirsi, per esempio. Ora se posso fare a meno di queste cose, cosa vuoi che me ne importi di qualche benedetta... decorazione?

Roo                          - Olive, questa lite era da un pezzo che matu­rava. E poi hai visto anche tu cosa mi ha fatto Barney.

Olive                        - (in tono di sfida) Che ti ha fatto? Si è pre­so una sbronza ed è tornato a casa con un tipo che non ti è simpatico. Tutto qui quello che ho visto io.

Roo                          - (lottando ancora una volta inutilmente per e-sprimere. esattamente quello che pensa) Nessuno... nessun altro della squadra avrebbe avuto... ah... ma perché devo raccontarti queste cose? (Dopo una bre­ve pausa, continua in tono staccato) So solo che ieri sera stringere la mano a Dowd è stata una delle fati­che più sgradevoli della mia vita. E quando ho la­sciato questa stanza, le mie dita erano diventate in­sensibili... (le spiega) ...come se fossero state schiac­ciate o qualcosa del genere. (Guardandosi le mani) Proprio cosi. Come se fossero state schiacciate.

Olive                        - Capisco, queste cose sono importanti per voi altri su al nord. Ma perché diavolo non potevi la­sciarle lassù? Cos'hanno a che vedere con la nostra vita qui? Dovevi proprio rovinare anche questa?

Roo                          - (volgendosi verso di lei e sentendo che sta per esplodere in un accesso di pianto) Non volevo, 01. Davvero, è una cosa che è successa cosi, senza che nessuno ci avesse colpa.

Olive                        - Ma è successa, ecco. (Si scosta rapidamen­te verso l'arcata, imbattendosi in Emma che sta en­trando nella stanza) E tu cosa vuoi? Non senti abba­stanza dalla cucina?

Emma                       - (indignata) Non stavo ascoltando. Sono venuta qui solo per prendere la tazza e il piattino.

Olive                        - Già. Figurati se ci credo. (Via sulle scale)

Emma                       - (offesa) Oh! (Entra nella stanza e pren­de la tazza dalla tavola) Ha un ben cattivo carattere questa Olive. Tanto che bisogna continuamente dar­si da fare per raccogliere quello che lei abbandona, ma quando non se ne ricavano che insulti... (A Roo che corrucciato se ne sta a guardare il pavimento) Be', non finirai mica per piantarla, eh?

Roo                          - Stavi origliando, allora?

Emma                       - Ma certo. Ti ho già detto che se no non potrei mai sapere come vanno le cose. E a una mat­tina come questa non rinuncerei per tutto il té della Cina... Sono queste le cose che definisco interessanti. Voi tutti che finalmente vi decidete a litigare invece di scherzare come fate sempre. La sola cosa che mi dispiace è che non ci sia anche Nancy. Quella lo sa­peva da che parte stava soffiando il vento, credimi.

Roo                          - (lentamente) Nancy si è sposata.

Emma                       - Nancy se n'è andata finché era ancora comodo andarsene, ecco che cosa ha fatto.

Roo                          - Tu sei convìnta di sapere tutto di questa fac­cenda, vero?

Emma                       - È un bel pezzo che vi sto tra i piedi, eh? E scommetto che posso raccontarti delle cose che tu nemmeno ricordi. Per esempio quella prima dome­nica che loro vi hanno incontrato all'acquario e Nan­cy ha detto quella battuta su voi e sui pesci. Te la ricordi?

Roo                          - Diceva che venivamo anche noi dal fondo dell'acqua, vero?

Emma                       - No. Migliaia di pesci, diceva, nuotavano nelle loro vasche, ma voi due eravate i soli che fos­sero usciti dall'acqua. Proprio una spiritosa, era. Mi era simpatica Nancy.

Roo                          - Credo fosse simpatica a tutti noi.

Emma                       - E furba, poi. Una come Olive se la fa­ceva su come voleva.

Roo                          - Non mi son mai accorto che fosse tanto furba.

Emma                       - Oh, lo era, lo era.

Roo                          - (decidendosi improvvisamente) Senti, Em­ma, tu che ci conosci bene, di chi credi sia stata la colpa; mia o di Barney?

Emma                       - Quale colpa?

Roo                          - Oh, non parlo tanto della lite di ieri sera... ma chi è responsabile del fatto che tutto sia andato tanto male?

Emma                       - Stai scherzando?

Roo                          - Ma no, ti assicuro, voglio solo sapere.

Emma                       - Be', che mi venga un colpo! (Lo guarda sbalordita) Quanto pensavi che sarebbero durate que­ste stagioni di licenza... per sempre? Ma non posso­no durare in eterno, vedi: sono soltanto... stagioni.

Roo                          - Lo so, ma di chi è la colpa se siamo arrivati a questo disastro?

Emma                       - Ma di nessuno, testone!

Roo                          - Non dire sciocchezze, deve essere per forza di qualcuno!

Emma                       - (esasperata) Ma perché? La sola cosa che è successa è che più in là di cosi non potevate andare. Tu, Barney e Olive siete ormai troppo vecchi per queste cose.

Roo                          - Vecchi?

Emma                       - Si... vecchi! Guardati nello specchio!

Roo                          - Nessuno può dirmi che sono vecchio. Non sono mai stato cosi in gamba.

Emma                       - Ah, davvero? E allora, cosa diavolo era quel tipo che Barney ha portato qui ieri sera? Un miraggio?

Roo                          - (ostinato) Non sono vecchio. Vecchio è... sei tu vecchia, e... e... (Cerca disperatamente un nome e quello che finisce per trovare è per lui una specie di choc) e... Tony Moreno. (Subito dopo si volta per guardarsi con occhi indagatori allo specchio sopra la mensola. Sorgono in lui gravi dubbi. Da questo mo­mento in avanti, Roo si lascia guidare da un concet­to interamente diverso di se stesso)

Emma                       - Non intendenvo dire che hai l'età di an­dare in pensione. Ma non hai neanche più diciassette anni. Su, siediti un momento... (Roo rifiuta, scuoten­do silenziosamente il capo) Mi stupisce che tu non sappia quel che vi è successo.

Roo                          - So solo che qualcosa è andata male, e credo sia stato Barney.

Emma                       - Be', forse Barney ci ha contribuito un po' più di te, ma lui è da più tempo che sta invecchian­do, non dimenticare che...

Roo                          - (deciso) Io non sto invecchiando. Non devi dire queste cose. Ho solo avuto una brutta stagione.

Emma                       - Finora. Ma è solo la prima.

Roo                          - Credi che ne avrò un'altra altrettanto brutta?

Emma                       - A mucchi ne avrai. Perché tu non lo credi?

Roo                          - (su un tono più alto) Credi anche che non sia più in grado di guadagnarmi da vivere?

Emma                       - Ma si, puoi ancora guadagnarti da vivere, ma non è di questo che stiamo parlando, e lo sai be­ne. (Pausa, durante la quale Roo volge altrove lo sguardo) Perché credi che Barney abbia raccontato quella storia sulla tua schiena?

Roo                          - Perché per lui mentire è naturale quanto fa­re il buffone.

Emma                       - No, non è cosi. Senti... prima che Barney incominciasse a trovare donne che gli dicevano di no, si limitava a fare il buffone. Adesso invece men­te. Ragionaci un po' su. Quando ha cominciato a men­tire sul tuo conto, eh? (Roo non risponde. Emma si alza, leggermente inorgoglita) Si, io sarò una vecchia matta, ma a queste cose sono ancora capace di arri­varci. Tu e Barney siete uguali. Solo che il tempo che lui ha passato a cercarsi delle donne, tu l'hai impie­gato a diventare un capoccia. Be', questo finché du­ra è bello, ed è anche parecchio divertente, ma non può durare sempre. C'è il tempo della semina e c'è il tempo della mietitura... e questo per voi è il tem­po della mietitura. (Va a raccogliere tazza e piattino con l'evidente intenzione di lasciare la stanza, ma Roo la ferma con un gesto stanco, come di uno che per la prima volta si rende conto della propria scon­fitta)

Roo                          - Continua, Emma. (Respira profondamente) Non so. Forse quello che dici è giusto.

Emma                       - Ma certo che lo è. E se fra tutti e due aveste un minimo di buon senso, vi sareste accorti da un pezzo dove stavate per arrivare.

Roo                          - Probabilmente. Ma nessuno si è fermato per riflettere, vedi.

Emma                       - Lo ha fatto Nancy. E adesso tocca a voi altri.

Roo                          - E Olive?

Emma                       - Olive? Olive è matta. Voglio mostrarti una cosa. (Posa tazza e piattino sulla tavola, e si mette a frugare nella credenza, estraendone infine la dicias­settesima bambola. Con amarezza) La vedi? In pie­na notte, Olive se ne stava seduta qui sul pavimento, tenendola abbracciata e piangendo. Una donna della sua età che piange per una stupida vecchia bambola!  Ecco che cos'è Olive. (Getta la bambola sulla tavola, prende tazza e piattino e si ritira in cucina. Ma a metà del corridoio si ferma, posa tazza e piattino su una tavola e sale di sopra da Olive. Roo resta un momento immobile a crogiolare il proprio dolore; poi prende la bambola e ne accarezza la gonna. Si sente fuori scena la voce di Barney che strilla con tono imperativo "Bubbaì"... e la risposta di lei: "Lascia­mi in pace." Bubba appare alla finestra della veranda posteriore, seguita da Barney. Egli la prende per un braccio come se volesse scusarsi, ma lei si divincola subito. Roo posa la bambola sul pianoforte)

Bubba                       - Lasciami andare!

Barney                      - Non essere stupida! Che differenza fa se ne parli a Olive?

Bubba                       - Lei me lo dirà se è vero.

Barney                      - E perché non dovrebbe esserlo? (Entran­do nella stanza)

Roo                          - Che c'è?

Bubba                       - Barney è venuto a dirmi che... alle corse non ci si va più.

Barney                      - Non ho detto questo. Ho detto che io ci vado e che ci vengono anche i ragazzi, ma che non ci vieni tu... e non ci viene nessun altro.

Roo                          - È vero, Bubba.

Barney                      - Ci siamo messi d'accordo ieri sera allo stadio. Ho detto a Dowd che tu non potevi venire.

Bubba                       - Questo gli hai detto? Be', adesso vado io da lui, e gli dico che invece posso venire. Dove abita?

Barney                      - Bubba, c'è un gran mucchio di ragazzi che abitano con lui...

Bubba                       - Non importa. Dimmi dove sta, perché se no vado ad aspettarlo davanti a Young e Jackson alle dieci e mezza quando ci vai anche tu per incontrarti con lui.

Barney                      - Ma io non lo vedo da Young e Jackson...

Bubba                       - Si, invece. Ti ho sentito ieri sera quando ti mettevi d'accordo. (Barney è disorientato davanti alla veemenza delle sue parole)

Roo                          - Permetti un momento, Bubba.

Bubba                       - È inutile, Roo, che cerchi di convincermi.

Roo                          - Per quel che mi importa tu puoi andare da lui quando ti pare. Ma prima voglio che tu sappia perché sei stata invitata a venire alle corse.

Barney                      - Sono stato io! Ero ubriaco...

Bubba                       - No che non sei stato tu. Mi ha invitata lui!

Barney                      - Non sono forse venuto a chiamarti a ca­sa tua?

Bubba                       - Si, ma mi ha invitata lui. Ti ha detto di uscire da questa stanza e mi ha chiesto di... di non badare a quello che dicevi tu. E poi mi ha invitata...

Roo                          - Bubba, anche Dowd aveva bevuto parecchio. E probabilmente stamattina non ricorderà nemmeno più di averti conosciuta...

Barney                      - Vuoi correre il rischio di andare là e di farti prendere in giro davanti a tutti quegli altri energumeni?

Roo                          - È questo che vuoi, Bubba? (Bubba tace, ma la domanda di Roo la costringe a rispondere)

Bubba                       - Si.

Barney                      - (sbalordito) Be', ma perché diavolo t'im­porta tanto di andare alle corse?

Bubba                       - Lui mi ha invitata.

Barney                      - Ho capito, ma anche in questo caso...

Bubba                       - Mi ha invitata! E non mi ha chiamato Bubba o bambina, ha voluto sapere qual era il mio vero nome, e quando gliel'ho detto ha incominciato a chiamarmi cosi, Kate. (A Roo) Può darsi che aves­se bevuto, e può darsi che stamattina, come tu dice­vi, non si ricordi più niente, ma questa è la sola oc­casione che io abbia mai avuto di avvicinarmi a... non so... a quello che stavo aspettando in tutti que­sti anni. E credi che sia disposta a rinunciarvi?

Barney                      - Ma Bubba, tu non lo conosci Johnnie Dowd. Non è come me o Roo...

Bubba                       - Si che lo è.

Barney                      - Non lo conosci.

Bubba                       - Vi assomiglia più... più di tutti gli altri.

Barney                      - Quali altri?

Bubba                       - (eccitata) Gli altri! Tutti i tipi che ho conosciuto in questa città.

Barney                      - (subdolo, deciso a toglierle ogni illusione) Chi credi che abbia provocato la rissa d,i ieri sera?

Roo                          - (interrompendolo) No, taci. La rissa non aveva niente a che fare con questa storia. (Pausa) Vieni qui, Bubba. (Si siede sullo sgabello del pianoforte. Bubba gli si avvicina e lui le tende la mano) Sei si­cura di sapere quello che vuoi?

Bubba                       - Si. (Impulsivamente si inginocchia)

Roo                          - Noi ti abbiamo montato la testa, vero? In tutto questo tempo...

Bubba                       - No, non mi avete montato la testa. È... è solo che non c'è nient'altro che mi piaccia, ecco.

Roo                          - Anche dopo quello che hai visto ieri sera?

Bubba                       - Questo a me non accadrà mai.

Roo                          - Come puoi esserne tanto sicura?

Bubba                       - Perché non permetterò che accada! Le bambole e rompere le cose e... e le discussioni su chi è più bravo... che importanza hanno tutte queste co­se? Non è questa la licenza.

Roo                          - Ma è a questo che finisce per ridursi.

Bubba                       - (alzandosi e staccando la mano da quella di lui) Può darsi, ma non per me. Io avrò quello che avete avuto voi             - la parte che conta, almeno   - ma l'avrò in modo diverso. Farò in modo di poterci si­curamente contare e di sapere che durerà.

Roo                          - (gentile) Piccola Bubba... Sai che sei molto più adulta di tutti noi?

Bubba                       - (meno sicura di sé) Io... io non ci avevo pensato, ma è probabile che sia cosi.

Roo                          - (si alza. A Barney) Dille dove alloggia.

Barney                      - (dopo una pausa, di malavoglia) Al Cof­fee Palace. E parte lunedi.

Roo                          - Non importa. (A Bubba) Adesso, non anda­re là davanti a tutta quella gente. Telefonagli e com­bina di incontrarlo in qualche posto. Capito?

Bubba                       - Capito.

Roo                          - E non scoprirti troppo. Digli che telefoni solo perché da quello che ti ha detto Barney non hai capito niente.

Bubba                       - Si. (Si avvicina a Barney, irritato per l'ultima battuta di Roo e gli chiede, un po' intimidi­ta) Ti dispiace se ti rovino la giornata?

Barney                      - (si stringe nelle spalle) Quale giornata? Posso sempre trovarmi con tutti gli altri. Va pure, Bub. (La Bacia sulla guancia) E tanti auguri.

Bubba                       - (5/ avvicina alla porta-finestra e si volta in­dietro a guardarli con gli occhi che le brillano) Qualunque cosa succeda, mi ricorderò sempre di voi, e di questa casa, e della licenza.

Roo                          - Si, lo sappiamo. (Bubba si volta e esce sulla veranda posteriore)

Barney                      - (la segue con lo sguardo) Se non si com­porta bene con lei gli dò tanti di quei calci da rovi­narlo per sempre.

Roo                          - Già.

Barney                      - (breve pausa, poi si decide) Senti, è me­glio che te lo dica subito, già che siamo soli. La squadra parte lunedi... vanno nel Murray per la rac­colta dell'uva. E io vado con loro.

Roo                          - (annuendo) Con Dowd.

Barney                      - Ma saremo in un mucchio.

Roo                          - (tranquillò) Tu vai con Dowd.

Barney                      - (spazientito) E va bene, vado con Dowd. Perché? Hai qualcosa da dire

Roo                          - No, perché dovrei? Non me ne frega assolu­tamente niente.

Barney                      - (scosso) Allora, siamo a posto. (Cercan­do di ritrovare un tono di sfida) E poi non è solo che sto finendo ì miei soldi. Ieri sera, per quanto mi riguarda, fra noi due è stata la fine. E adesso non possiamo che farci del male. Credo che la sola via d'uscita sia di separarci per un poco.

Roo                          - Può darsi.

Barney                      - Andrò nel Murray con loro, e tu rimar­rai qui? Restare un po' separati ci farà bene. Poi, quando ricomincia la stagione, potremo rivederci su al nord... e, chissà, forse potremo fare un altro ten­tativo, che te ne pare?

Roo                          - (lentamente, ma in tono deciso) C'è solo uno sbaglio in quello che dici.

Barney                      - Quale?

Roo                          - Non verrò al nord per la stagione.

Barney                      - (sbalordito) Non verrai? E dove andrai?

 Roo                         - Da nessuna parte. Resterò qui.

Barney                      - D'inverno? Sei diventato matto?

Roo                          - Non sarà poi un gran male...

Barney                      - Non sarà un gran male? Stai parlando dell'inverno, ricordati.

Roo                          - Olive sta qui anche d'inverno. E milioni di persone come lei.

Barney                      - (allibito) Ma loro sono nati qui! Non hanno passato la vita sotto il sole come hai fatto tu.

Roo                          - Ragione di più per cambiare. (Si accende una sigaretta)

Barney                      - Ma perché? Che fastidio ti dà il sole?

Roo                          - Nessun fastidio. (Fissando la tenue -fiammel­la del fiammifero) Il sole è una meraviglia. È solo che io... che io ne ho abbastanza di questa meravi­glia, ecco. (Spegne con un soffio il fiammifero)

Barney                      - (esterrefatto) Be', sei formidabile. Davve­ro non ti capisco. È, come... come se ti tagliassi il naso per fare un dispetto alla tua faccia. Solo che non hai l'aria di uno che sia impazzito... Di' un po', non sarà mica per quel che è successo a Bubba?

Roo                          - (passivamente) No, Bubba non c'entra. (Pau­sa. Barney continua a fissare Roo cercando di com­prendere il suo atteggiamento. Dal piano superiore giunge la voce di Emma minacciosa e dura)

Emma                       - (fuori scena) Perché non gli telefoni?

Olive                        - (scendendo) Non ne ho voglia.

Emma                       - (seguendola) Già, non ne hai voglia. (Pren­de la tazza dalla tavola e si rifugia in cucina. Olive appare sotto l'arcata vestita per uscire. Roo e Barney la cui attenzione è stata attratta dal precedente scam­bio di battute, accolgono il suo arrivo con la mag­gior imperturbabilità che gli è possibile. Olive appa­re nervosa e sconvolta)

Olive                        - (entrando nella stanza) Eccoli qui i due grandi lottatori. Sopportate ancora di stare insieme nella stessa stanza?

Barney                      - Stavamo discutendo sui danni.

Olive                        - Be', allora ve la sbrigate in fretta. Un vec­chio vaso e qualche decorazione. Non ne vai proprio la pena.

Barney                      - Secondo noi, i danni sono parecchio più gravi...

Olive                        - E come è possibile? La sola cosa che re­stava da rompere erano queste decorazioni. Il resto era già andato in malora da mesi.

Roo                          - Olive!

Olive                        - Macché Olive!

Barney                      - Il malumore del sabato mattina, eh?

Olive                        - Già, ti sorprende?

Barney                      - Non tanto. Ma non credere di essere sta­ta la sola a perderci in questo disastro. Ci siamo an­che io e Roo, sai.

Olive                        - (ironica) Cosa hai perso tu? Pearl?

Roo                          - Dobbiamo smetterla con questi discorsi...

Barney                      - (interrompendolo) Non parlavo di Pearl... Se non dovessi partire lunedi...

Roo                          - (con tono imperioso) Barney. (Barney tace. Olive guarda Roo) Non devi fare i bagagli? (Barney offeso, annuisce e scompare)

Olive                        - Lunedi! Oh, non mi stupisce che vogliate rendervi conto dei danni.

Roo                          - Devo parlarti, Olive...

Olive                        - Ci avrei scommesso. È venuto il momen­to di sistemare le cose, vero? Be', fammi un'offerta: il vaso, le decorazioni e tutto quello che avete fra­cassato... quanto lo valuti?

Roo                          - Calmati un momento, Olive...

Olive                        - Come? Non è venuto per me il momento di raccogliere? In contanti, Roo, diciassette estati, quanto valgono?

Roo                          - (irritato) Vuoi smetterla di comportarti co­me una sgualdrina e lasciarmi il tempo di dirti una cosa? Soltanto Barney va via lunedi, non io. Io riman­go. (Questo la mette calma, ed egli aggiunge disgu­stato) Parlare cosi di soldi. Che schifo!

Olive                        - Già, dimenticavo. Tu sei di quelli che li lasciano sulla mensola, sotto l'orologio.

Roo                          - (cercando di controllarsi) Adesso basta, Oli­ve. So che hai avuto un brutto momento e che sei molto sconvolta, ma noi non siamo mai stati cosi bassi e cosi volgari.

Olive                        - Be', adesso lo siamo. Bassi e volgari come io mi sento.

Roo                          - Per causa mia?

Olive                        - Tua, di Barney e di tutta questa maledetta stagione. Anche di Pearl, per come mi guardava sta­mattina quando mi ha detto che io... che io non so cosa significa vivere.

Roo                          - Ah, vai proprio la pena preoccuparsi per come ti guarda Pearl...

Olive                        - Tu non l'hai vista. E poi, è qualcosa di più che uno sguardo... (è una cosa difficile da esprimere per lei) è il fatto che un'altra donna ti conosce inti­mamente e le dispiace per te perché pensa che tu non ti sei mai resa conto della realtà. Ed è questo che ti fa veramente male. (Incapace di controllarsi oltre, scoppia in lacrime. Cerca dapprima di soffocar­le in un rauco piagnucolio, ma quando Roo, con infi­nita pietà e infinito amore le si avvicina dicendo "Oh, tesoro," le cateratte si spalancano) Era tutto vero, tutto quello che le ho detto e... e lei non ha saputo vederlo.

Roo                          - Su, non piangere, tesoro, non è colpa tua.

Olive                        - Ma... ma se avesse potuto vedere almeno un poco, in modo da rendersi conto che...

Roo                          - Ma forse se n'è resa conto.

Olive                        -  (staccandosi da lui e crollando a sedere sulla poltrona) No, no. Era tutto diverso. (Singhiozza di­sperata)

Roo                          -  (sedendosi sul bracciolo) Be', e in ogni modo la vecchia Pearl non poteva dirti niente di serio, non sono cose che lei possa capire, queste. Ma adesso smetti di piangere. (L'abbraccia) Sai cosa dobbiamo fare? Dimenticare completamente che è venuta qui.

Olive                        - Si. (Si appoggia a lui per un momento e Roo le bacia i capelli. Poi Olive alza la testa tirando su col naso) Dovrei avere un fazzoletto in qualche po­sto... (Lo cerca e finisce per trovarlo in una manica. Si soffia il naso e si asciuga gli occhi)

Roo                          -  (con calore) Non ho mai conosciuto una don­na che piangendo avesse un'aria più sbattuta della tua.

Olive                        - È perché io piango tanto... tanto difficil­mente. (Deglutisce e ancora si asciuga gli occhi. Poi, pentita) Roo...

Roo                          - Che c'è?

Olive                        - Quelle farfalle sono... sono andate in bri­ciole appena le ho toccate.

Roo                          - Si?

Olive                        - Ma le bambole avrei anche potuto rimetter­le al loro posto. Solo che ero arrabbiata con te e non volevo...

Roo                          - Non importa.

Olive                        - Si che importa. E più tardi lo farò. E... e forse potrò anche risistemare gli uccelli.

Roo                          -  (tenero) Sai una cosa? È sciocco trattarti come se fossi una donna. Tu sei soltanto una ragazzi­na di dodici anni.

Olive                        - Prova a dirlo ai clienti del sabato sera.

Roo                          - Eppure è cosi. (Si baciano teneramente) Og­gi devi proprio andarci al pub?

Olive                        - Si, dovrei proprio.

Roo                          -  (alzandosi) Chiedi un giorno di permesso e andiamo a fare un pic-nic, io e te soltanto...

Olive                        - Mi piacerebbe, ma c'è già Pearl che non viene e le ho promesso di trovarle una scusa con Clientie... Be', chissà che faccia ho adesso. (Si avvici­na alla mensola e prende la borsetta. E, mentre traf­fica per aprirla, dice più gaiamente) Perché tu e Barney non venite al pub oggi pomeriggio?

Roo                          - Lui va alle corse coi ragazzi.

Olive                        - Ah. (Si esamina il volto nello specchietto) Sembro VHesprus dopo il naufragio. (Cerca di che truccarsi) È con i ragazzi che intende partire lunedi?

Roo                          - Si, vanno nel Murray per la raccolta dell'uva.

Olive                        - (abbandonando per un attimo la ricerca) Non sarà tanto divertente senza Barney. Non potre­sti convincerlo a rimanere?

Roo                          - (scuotendo il capo) Non vuol cercarsi un lavoro in città.

Olive                        - Be', non posso fargliene una colpa. (Roo si irrigidisce. Olive, avvicinandosi, gli chiede con un cer­to nervosismo) Ti piacerebbe andare nel Murray con lui?

Roo                          - No.

Olive                        - (senza guardarlo) Perché se vuoi... voglio dire, non avrebbe importanza per questa volta.

Roo                          - Cerchi di liberarti di me?

Olive                        - No, ma le altre volte siete sempre andati via insieme, e non mi sembra giusto...

Roo                          - Olive, io resterò qui con te.

Olive                        - (guardandolo) Capisco... e come farete a ritrovarvi per la stagione?

Roo                          - E che bisogno ce n'è? Barney se la caverà, non ha bisogno di me, conosce un mucchio di gente. E col giovane Dowd si troverà benissimo, immagino.

Olive                        - Ma tu, Roo... cosa farai?

Roo                          - Niente. Non tornerò lassù, Olive. Né in que­sta stagione... né in quelle successive. (Viene avanti e prende fra le sue braccia il corpo irrigidito e sbalor­dito di lei) Liberiamoci un momento di questa roba... (Le sottrae senza fatica la borsetta dalle dita e la posa sulla tavola)

Olive                        - (quasi in un sussurro) Non tornerai lassù?

Roo                          - (teneramente) Senti. Lo so che sono in ritar­do di diciasette anni e che quanto ti offro non è molto, ma io... voglio sposarti, 01.

Olive                        - (resta un momento immobile, poi si allontana bruscamente da lui e quasi in un urlo tremante straor­dinariamente intenso) No!

Roo                          - Olive...

Olive                        - Non puoi cavartela cosi. Non te lo permet­terò...

Roo                          - (sbalordito) Ma cosa diavolo hai, Olive?

Olive                        - Devi tornare lassù. È la sola speranza che ci resti...

Roo                          - Vuoi smetterla di strillare?

Olive                        - Pensi che io accetti di concludere tutto con un matrimonio... un giorno dopo l'altro... una fabbrica di vernici... pensi che io ti voglia sposare?

Roo                          - (afferrandola e urlando anche lui) Che altro possiamo fare? Sei diventata matta? Prima mi dici che ti ho avvilita, e ora, vedi, ora non sai quello che vuoi!

Olive                        - (staccandosi, invasata) Io... io voglio quello che avevo una volta. (Gli si precipita addosso tempe­standogli il petto di pugni) Restituiscimelo... restitui­scimi quello che mi hai preso...

Roo                          - (afferrandole i polsi e tenendoli stretti) È finito, Olive... non capisci? Finito... fino all'ultima goc­cia!  (La spinge via da sé. Olive cade a terra, abbattuta dal suo dolore disperato quanto quello di un animale)

Olive                        - No, non voglio... Ti ucciderò prima.

Roo                          - (la colpisce, ma nello stesso tempo fa del male anche a se stesso) Uccidimi, allora. Ma sono finiti i voli alla ricerca del sole... sono morte le aquile... (Le si inginocchia accanto e batte le mani sul pavimento) Questa è la polvere in cui siamo e come tutti gli altri dovremo percorrerla per tutto il resto della nostra vi­ta! (Olive lancia un urlo rauco e si piega su se stessa al suolo come se stesse cullando una qualche segreta orribile sofferenza. Roo sempre in ginocchio la guar­da, e il suo respiro si trasforma in un ansito. Emma entra rapidamente dalla cucina, mentre dal piano su­periore si sente la voce allarmata di Barney)

Barney                      - (fuori scena) Che sta succedendo li? (Scen­de di corsa ed entra nella stanza. Intanto Emma si è accovacciata vicino a Olive)

Emma                       - Olive...

Roo                          - (arretrando) Restituiscimelo, ha detto. Co­me se fossi stato io a portarglielo via... proprio io.

Emma                       - Che ti succede, Olly? Raccontalo a me. (Ma Olive scuote la testa senza parlare, gli occhi ri­volti in basso. Si stacca dalla Madre  e si alza barcol­lando. Posa lo sguardo su Roo, ma dal suo atteggia­mento è chiaro che lo respinge definitivamente. Un momento di pausa, poi viene avanti vacillante, racco­glie la borsetta e lascia la casa. Cammina come una ubriaca, la testa penzoloni, i capelli scompigliati sul volto, il passo incerto. Il solo suono è un ritmico ran­tolo gutturale, troppo elementare per poter essere de­finito un singhiozzo. Sulla veranda, si appoggia per un attimo al palo per riacquistare il controllo di se stessa e un certo equilibrio, prima di lasciare la ve­randa stessa e di uscire definitivamente di scena. Do­po una pausa, Emma si alza e si avvicina all'arcata. A voce bassa, ma aspra e decisa) Non potete più far niente per lei... se non andarvene per non tornare mai più. Le stagioni di licenza in questa casa sono finite... per tutti voi. (Si volta e si rifugia in cucina: improvvisamente acquista il portamento di una vec­chia sciupata e barcollante. Barney la segue con gli occhi per un secondo, poi si rivolge a Roo, che è ri­masto immobile accanto alla tavola)

Barney                      - (con tono quieto, ma terribilmente deciso) Al diavolo Dowd! Al diavolo tutti i ragazzi! Va­dano pure a raccogliere l'uva o a fare quello che vo­gliono. Non contino su di me. Noi partiamo soli, Roo, ricominceremo tutto da capo. Ci sono tanti po­sti dove possiamo andare... ricordi quel tipo di War-wick: ha sempre detto che ci avrebbe dato lavoro ap­pena l'avessimo voluto. (Roo si avvicina alla finestra per seguire Olive con lo sguardo) Oppure... senti, non abbiamo nemmeno bisogno di tornare in posti dove siamo già stati prima. Che ne dici, Roo? A forza di andar sempre dalle stesse parti e di far sempre le stesse cose abbiamo finito per incartapecorirci. È stato questo il nostro sbaglio. (Mettendosi alle spalle di Roo) E qui fuori c'è tutto un maledetto paese... spalancato davanti a noi. (Gli occhi di Roo si sposta­no sul pianoforte dove è posata la diciassettesima bambola) C'è tutto l'Ovest... potremmo andare a Perth e di li risalire fino a Broome. O anche... (Roo respi­rando affannosamente, afferra la bambola. Barney, rendendosi conto del suo insuccesso, continua alzando disperatamente il tono, ma cercando di non ab­bandonarsi alla crisi di collera che sente prossima) Senti, Roo, questa è ancor meglio. Ci sarebbe anche la giungla del Rum, se n'è parlato tanto!  C'è tanto da fare li, dicono. Scommetto che tipi come noi fa­rebbero faville in un posto del genere... e senza trop­pa fatica... (Si interrompe perché Roo in un accesso di rabbia assurda e impotente, incomincia a battere la bambola sul piano, continuando fino a ridurla a un confuso ammasso di legno, di celluloide e di lamé. Solo allora la getta via, ma gli resta fra le dita un frammento stropicciato di^ seta. Incomincia a va­cillare come se tutta l'energia che lo ha sostenuto in quest'ultimo sforzo stesse per venirgli meno. Bar­collando un poco come un toro ferito, si lascia len­tamente cadere sullo sgabello del pianoforte e na­sconde il volto fra le mani. Qualcosa in lui si è spez­zato, ma nulla nei suoi movimenti lo dimostra: non può neppure piangere. Dopo una pausa, Barney, con una saggezza che per un momento trascende il suo abituale egoismo, avanza lentamente, posando le ma­ni sulle spalle dell'amico) Andiamo, Roo. Andiamo, ragazzo. (Gli accarezza la spalla in un gesto di pro­tezione, poi si stacca per raccogliere la giacca, po­sarsela sulla schiena e fermarsi in attesa. Roo si ri­prende e il filo di seta che gli è rimasto fra le dita attira la sua attenzione. Si alza, lo guarda con una tristezza senza speranza, poi apre la mano e lo la­scia cadere al suolo insieme al resto. Volge lo sguar­do verso Barney, ma non c'è in questo breve con­tatto né sfida né fiducia nell'avvenire: è solo un aperto riconoscimento di ciò che entrambi hanno perduto. Barney muove la testa indicando la porta rimasta aperta, e, mentre Roo si avvia per seguirlo, cala il sipario).

FINE