Letteratura

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LETTERATURA

Commedia in un atto

di ARTHUR SCHNTTZLEK

 (Traduzione di Umberto Barbaro)

PERSONAGGI

CLEMENTE

GILBERTO

MARGHERITA

Commedia formattata da

La stanza in cui abita Margherita, ben mobiliata, ma non ricca­mente. Caminetto, un tavolo, una scrivania, una seggiola, un ar­madio. Due finestre nel fondo, una porta a destra e una a sinistra Sdraiato su di un poltrona presso al caminetto, Clemente; indossa un abito grigio scuro, elegantemente tagliato a sacco. Fuma una sigaretta e legge il giornale. Margherita sta alla finestra, poi pas­seggia in su e in giù, infine va alle spalle di Clemente e gioca col le dita tra i capelli di lui. Sembra piuttosto preoccupata.

Clemente                      - (sempre leggendo le prende la mano e la bacia) Horner è sicuro del fatto suo, o, per dir meglio, del mio. Waterloo cinque a uno, Bromentro venti a uno, Bussel sette a uno, Attila sedici a uno.

Margherita                    - Sedici a uno!

Clemente                      - Lord Byron uno e mezzo a uno... E siamo noi!...

Margherita                    - Lo so.

Clemente                      - Mancano ancora sei settimane per le corse.

Margherita                    - Lo dà assolutamente per sicuro.

Clemente                      - Ma guarda come lei conosce bene tutte queste espres­sioni. Brava!

Margherita                    - Io conoscevo queste espressioni prima ancora di conoscere te. Del resto è poi assolutamente deciso che tu monterai Loird?

Clemente                      - E come puoi domandarlo? Si tratta del Derby. Chi può sostituirmi? Se Homer non sapesse che Io monterò io, puoi star sicura che il cavallo non starebbe uno e mezzo a imo.

Margherita                    - Lo credo bene. Tu, a cavallo, sei bello da morire! Non dimenticherò mai che a Monaco, proprio di giorno in cui io ti ho conosciuto...

Clemente                      - Non mi ricordare questo. Io ho avuto una grande iettatura allora. Windisch non avrebbe mai vinto la corsa se non fosse partito con dieci lunghezze di vantaggio. Ma questa volta!.,. E il giorno dopo partiremo.

Margherita                    - La sera dopo.

Clemente                      - Sì, perché?

Margherita                    - Perché credo che nella mattinata ci sposeremo.

Clemente                      - Sì, sì, tesoro.

Margherita                    - Sono veramente felice. (Si abbracciano) E dove andremo ?

Clemente                      - Credo che siamo già d'accordo. Nella mia tenuta.

Margherita                    - Sì, più tardi; ma non andiamo prima in Riviera?

Clemente                      - Dipende dal Derby: se Io vincerò...

Margherita                    - E' assolutamente certo.

Clemente                      - Del resto la Riviera in aprile non è più elegante.

Margherita                    - Ah, perciò.

Clemente                      - Ma pupa, naturalmente per questo. Tu hai conserva­to una certa idea dell'eleganza così... Scusami, ma un po' da ri­viste illustrate.

Margherita                    - Cle, ti prego...

Clemente                      - Va bene, vedremo. (Seguita a leggere) Badegast quindici a uno.

Margherita                    - Badegast? Non partecipa alla corsa.

Clemente                      - E come lo sai tu?

Margherita                    - Szigrati me lo ha detto.

Clemente                      - E come? Dove?

Margherita                    - AFreudenhau, stamane, mentre tu stavi chiacchierando con Mikter.

Clemente                      - Szigrati non è una compagnia adatta per te.

Margherita                    - Geloso?

Clemente                      - Niente affatto!.... Da oggi in poi io ti presenterò come la mia fidanzata.

Margherita                    - (lo bacia).

Clemente                      - Insomma che cosa ti ha detto Szigrati?

Margherita                    - Che non farà partecipare Badegast al Derby.

Clemente                      - Mah! A Szigrati non si può credere. Egli sparge ora la voce che Badegast non parteciperà al Derby perché 1© vincite sia­no più grandi.

Margherita                    - Ma questa sarebbe una vera speculazione.

Clemente                      - Eh già, credi tu che tra noi non ci siano speculatori? Per molti tutto si riduce a un affare. Credi tu che un uomo come Szi­grati abbia il più piccolo interesse per lo sport in eè? Allo stesso modo egli giocherebbe in borsa. Del resto per Badegast si potrebbe pun­tare tranquillamente cento contro uno.

Margherita                    - Ah sì? Ho notato oggi che egli è veramente un tipo meraviglioso.

Clemente                      - Hai visto anche Badegast?

Margherita                    - Certo. Non lo ha montato oggi stesso Betters dopo Bussel?

Clemente                      - Ma Betters non corre per Szi­grati. E' diventato uno stallino. Dei resto Badegast può sembrare quello che vuole, ma ri­mane sempre un trucco. Margherita, del resto tu, col tuo talento, imparerai ben presto a di­stinguere il vero valore da quello falso. E' dav­vero incredibile la rapidità con cui' ti sei fa­miliarizzata con queste cose. Questo supera an­che le mie più audaci aspettative.

Margherita                    - Perché supera le tue aspetta­tive? Tu sai bene che tutte queste cose non mi riescono del tutto nuove. A casa dei miei ge­nitori veniva un mondo molto elegante, il con­te Libowski e come lui diversi altri, ed anche da mio marito...

Clemente                      - Sì, naturalmente. Per princi­pio io non ho niente contro l'industria del cotone.

Margherita                    - E che cosa ci ha a che fare colle mie vedute personali il fatto che mio marito avesse una filanda di cotone? Io mi sono sempre comportata a mio modo. E del resto non parliamo più di quel tempo che è ormai lontano, se Dio vuole.

Clemente                      - Ma ce n'è un altro che è più vicino.

Margherita                    - Certo. E perché?

Clemente                      - No, io voglio dire soltanto che, nella società che tu frequentavi a Monaco, non puoi certamente aver sentito parlare troppo di cose di sport, per quanto io posso capirne.

Margherita                    - Non potresti smettere una buona volta di farmi rimprovero dell'ambiente nel quale tu mi hai conosciuto?

Clemente                      - Rimprovero? Non ne parlia­mo nemmeno! Ma per me è incomprensibile che tu frequentassi gente simile.

Margherita                    - Tu ne parli come se si trat­tasse di una associazione a delinquere.

Clemente                      - Pupa, io ti dò la mia parola d'onore che qualcuno di loro pareva proprio un bandito. Per me è una cosa del tutto in­comprensibile che tu col tuo carattere forte... bali, io non voglio dire altro; come mai hai potuto frequentare questa gente, nonostante la loro dubbia purezza e i loro profumi e come hai potuto sedere con loro ad uno stesso ta­volo?

Margherita                    - (ridendo) E non hai fatto tu altrettanto?

Clemente                      - Accanto a loro e non con loro. Sì, e poi per te, unicamente per te, come tu sai bene. Del resto io non voglio negare che ad una miglior conoscenza qualcuno di loro ve­niva a guadagnare; c'era tra loro gente molto interessante. Tu vorrai ben credermi, tesoro mio, se ti dico che io non mi sento superiore assolutamente a tutti gli uomini mal vestiti. Non si tratta di questo. Ma, in complesso, in tutto di loro modo di vivere c'è qualche cosa che rende nervosi.

Margherita                    - Questo non è troppo diffici­le a comprendersi.

Clemente                      - Non ti offendere, tesoro, te l'ho già detto; ci sono tra loro persone molto in­teressanti. E tuttavia io non capirò mai come tuia signora possa averli frequentati a lungo.

Margherita                    - Tu dimentichi una cosa, ca­ro Clemente, che io, in un certo senso, appar­tengo, o per lo meno ho appartenuto, al loro mondo.

Clemente                      - Cosa intendi dire?

Margherita                    - Erano tutti artisti.

Clemente                      - Oh, finalmente siamo tornati al solito tema.

Margherita                    - Sì, e mio eterno dolore è che tu non mi segua.

Clemente                      - Non ti segua?

Margherita                    - Ci sono donne che, nella sua situazione di allora, hanno fatto qualche cosa di peggio che non scrivere poesie.

Clemente                      - Ma quali poesie! (Prende dal piano del camino un volumetto) Si tratta di queste. Io ti posso assicurare, che quanto più io le leggo, tanto più io ci penso, e tanto più mi vergogno che sia tu ad averle scritte.

Margherita                    - Perché tu non te ne inten­di... Su, sii buono, se tu te ne intendessi sa­resti proprio un essere perfetto e questo non è evidentemente possibile. Ma che cos'è che ti dispiace nel mio libro? Sai bene che niente di quello che vi si racconta io l'ho mai vissuto.

Clemente                      - Lo spero.

Margherita                    - Che è tutto frutto di fantasia.

Clemente                      - E allora io mi domando: co­me può una signora avere fantasie di questo genere? (Legge) «Ebbra io m'appendo al tuo collo suggellandomi alle tue labbra ». (Scuote la testa) Come può una signora, scrivere di queste cose? Come può farle pubblicare? Ogni uomo che legge può immaginarsi l'autrice e il relativo collo e la relativa ebbrezza.

Margherita                    - Ma se io ti assicuro che quel collo non è mai esistito.

Clemente                      - A questo io non ci penso nep­pure. Questa è la mia felicità, e la tua, Mar­gherita. Ma come mai tu hai potuto fantasti­care in questo modo? Al tuo primo marito tut­ti questi inni d'amore non possono esser indi­rizzati, poiché egli non ti ha mai capito, co­me tu dici sempre.

Margherita                    - Certo che non mi ha mai ca­pita, ed è per questo che ho voluto divorzia­re. Sai bene la storia. Accanto a un uomo che non capiva altro che mangiare bene e tessituratura io non avrei potuto vivere.

Clemente                      - Naturalmente. Ma questo è successo tre anni fa e tu hai scritto molto do­po le poesie.

Margherita                    - E già! Ma pensa un po' alla situazione nella quale mi trovavo!...

Clemente                      - Come? Tu non hai avuto a la­mentarti di troppe privazioni. Sotto questo punto di vista, tuo marito, possiamo conceder­glielo, si è comportato come un gentiluomo. Tu non avevi bisogno di guadagnare. E se an­che per una poesia ti avessero pagato cento gulden - di più non è certo possibile - non per questo tu dovevi scrivere un libro simile.

Margherita                    - Carissimo Cle, io intendevo dire « condizioni » non solo in senso materiale; intendevo dire le. mie condizioni- psichiche. Se tu potessi sentire... Quando tu imi hai co­nosciuta, le cose andavano già molto meglio, in qualche modo io mi ero già adattata, ma in principio! Io ero cosi priva di consigli, fuo­ri di posto... Tutto il possibile io l'ho tentato, ho dipinto, ho dato perfino lezioni d'inglese alla pensione in cui abitavo. Pensa un po', tro­varsi a ventidue anni divorziata, non avere nessuno...

Clemente                      - Perché non sei rimasta tran­quillamente a Vienna?

Margherita                    - Perché ero in urto con mia famiglia. Nessuno mi ha mai capita! Mala, quella gente! Credi tu che qualcuno della mia famiglia fosse in grado di capire che dalla vi­ta si può esigere qualche cosa dì più che un uomo, bei vestiti ed una buona posizione so­ciale? O Dio! Se io avessi avuto ira bambino, forse tutto sarebbe andato diversamente... e forse anche noi. Io sono, del resto, molto com­plicata. E tu ti puoi lamentare? Non era in fondo la cosa migliore che io potessi fare quella di andarmene a Monaco? Altrimenti ti avrei forse conosciuto?

Clemente                      - Già, ma tu non sei andata mica con questa intenzione.

Margherita                    - Io volevo essere libera; in­teramente libera. Ho voluto vedere se ero ca­pace di tirare innanzi da sola. E tu vorrai ri­conoscere che pareva dovesse andare proprio cosi: ero sulla via di diventar celebre.

Clemente                      - ...?

Margherita                    - Ma tu mi sei infatti più ca­ro della celebrità.

Clemente                      - E più sicuro.

Margherita                    - A questo io non ho mai pensa­to. Ti ho amato subito fin dal primo momen­to. Ho sempre sognato un uomo come te. Io ho sempre saputo che solo un uomo come te può farmi felice. Guarda che questa non è un'idea vuota. Che è tutto il resto di fronte a ciò? Vedi, perciò io penso sempre...

Clemente                      - Che cosa?...

Margherita                    - Io penso a volte che anche in me scorra sangue nobile.

Clemente                      - E come?

Margherita                    - Ma. sì, sarebbe anche possi­bile...

Clemente                      - Io non lo capisco.

Margherita                    - Ti ho già detto che in casa dei miei genitori bazzicavano degli aristocratici...

Clemente                      - E allora se...

Margherita                    - Chi lo sa?...

Clemente                      - Via, Margherita, come si può parlare così?

Margherita                    - Innanzi a te non si può dire quello che si pensa. Questo è la sola cosa che ti manchi, altrimenti saresti perfetto. (Lo vezzeggia) Io ti amo in modo così incredibil­mente grande. Fin dalla prima sera che tu sei venuto al Caffè, io l'ho immediatamente ca­pito: è lui! Veramente tu sei comparso tra quella gente come se appartenessi a un mondo completamente diverso.

Clemente                      - Lo spero bene! Ed anche tu, grazie a Dio, non sembravi troppo appartenere a quei mondo. No, se io ripenso a quella società... a quella russa, per esempio, che sem­brava uno studente con i. capelli tagliati e sen­za cappello.

Margherita                    - La Branzevitseh è una pittri­ce molto dotata.

Clemente                      - Lo so. Tu me l'hai fatta vede­re nella Pinacoteca; ella stava dinanzi alla guida e copiava. E poi quel giovanotto dal nome polacco...

Margherita                    - (comincia) Zrkd...

Clemente                      - Non t'incomodare che non è necessario. Una volta ha recitato qualche co­sa di suo al caffè senza il più piccolo ritegno.

Margherita                    - E' un grande talento, puoi credermi.

Clemente                      - Ma naturalmente! Pieni di ta­lento sono tutta in quel caffè. Sì, e poi quel cafone, quell'insopportabile tipo...

Margherita                    - Chi?

Clemente                      - Tu sai bene a chi penso io. Quello che faceva sempre quelle osservazioni prive di tatto sull'aristocrazia.

Margherita                    - Gilberto, certamente tu pen­si a Gilberto.

Clemente                      - Sì. Io non voglio certamente difendere tutti quelli della mia condizione, farabutti se ne trovano dappertutto e perciò an­che tra i poeti, mi sono detto io, ma è scon­veniente che uno di noi...

Margherita                    - Quelli sono i suoi modi.

Clemente                      - Io dovevo fare uno sforzo conti­nuo per contenermi e per non diventar grosso­lano anch'io.

Margherita                    - Era un uomo interessante sotto ogni punto di viste. E il suo contegno derivava anche dal fatto che egli era molto ge­loso di te.

Clemente                      - Anche questo io ho creduto di notarlo.

Margherita                    - Dio mio, erano tutti gelosidi te. Naturalmente... Tu eri completamente diverso. E poi tutti mi facevano la corte, pro­prio perché io ero verso tutti sempre la stessa. Tu devi essertene accorto... no? Perché ridi?

Clemente                      - E' buffo! Chi me lo avesse mai detto che io avrei sposato una frequentatrice del «Café Maximilian»! Quelli che mi pia­cevano di più erano quei due giovani pittori che sembravano proprio due personaggi da commedia. Dovevano essere ebrei, non è vero?

Margherita                    - Perché?

Clemente                      - Mah, facevano sempre dello spirito; e poi la pronuncia...

Margherita                    - E tu ti puoi permettere delle osservazioni antisemite?

Clemente                      - Ma, pupa mia, non essere così suscettibile. Io so bene che tu sei di sangue misto. Ed io non ho veramente niente contro gli ebrei. Io ho avuto rara volta un maestro che mi ha preparato in greco benissimo e che era un ebreo, anima mia. Ed era una bravis­sima persona... Si può frequentare qualsiasi tipo di gente. A me non dispiace nemmeno di aver conosciuto la tua compagnia - monachete; tutto appartiene alla esperienza della vita. Ma io debbo esserti apparso come un salvatore.

Margherita                    - Questo è proprio vero. Cle! Cle! (Lo abbraccia).

Clemente                      - Perché ridi?

Margherita                    - Mi viene in mente una cosa.

Clemente                      - Che cosa?

Margherita                    - « Io mi aggrappo ebbra al tuo collo... ».

Clemente                      - (di malumore) Ti prego, tu devi sempre strapparmi all'illusione.

Margherita                    - Dimmi, Cle: veramente tu non saresti orgoglioso se la tua amata, se tua moglie fosse una poetessa grande ed illustre?

Clemente                      - Te l'ho già detto; per conto mio considerami pure un essere di vedute li­mitate, ma io ti assicuro che se tu oggi rico­minci a scrivere e a pubblicare poesie nelle quali tu mi magnificili raccontando a tutti la felicità del nostro amore, io non ti sposerò più e anzi ti lascerò.

Margherita                    - E questo lo dice un uomo che ha avuto una dozzina di relazioni note a tutta la città.

Clemente                      - Tesoro mio, conosciute in tut­ta la città, conosciute in tutta la città! Ma io non ho mai raccontato niente a nessuno, io non ho mai fatto stampare se ci si è appesi inebriati al mio collo, cobi che il primo venuto potesse comperarsi il gusto di raffigurarselo aun gulden. Questo è importante. Io so bene che c'è della gente che vive di questo. Ma io lo trovo assolutamente poco fine. Mi sembra per una donna peggio che mostrarsi da Ronacher in maglietta, nuda come una statua greca. Uxia tale statua greca per lo meno non apre la bocca. Ma quello che racconta un poeta supera ogni limate.

Margherita                    - (preoccupata) Amore, ma tu dimentichi che un poeta non dice sempre la verità.

Clemente                      - E tu credi che sia meglio se egli esagera e millanta?

Margherita                    - Non si dice millantare in questo caso, ma stilizzare.

Clemente                      - Questione di parole.

Margherita                    - Oppure noi raccontiamo co­se che non abbiamo affatto vissuto e che abbiamo solo sognato, e che sono semplicemente nostre creazioni.

Clemente                      - Ti prego, Margherita, non di­re sempre « noi ». Tu, grazie a noi non appartieni più a quel mondo.

Margherita                    - Chi lo sa?

Clemente                      - Che vuol dir ciò?

Margherita                    - (teneramente) Clemente, io non posso nascondertelo.

Clemente                      - Su, che cosa c'è?

Margherita                    - Io appartengo ancora a quel mondo. Io non ho smesso di scrivere.

Clemente                      - Come?

Margherita                    - E' molto semplice: continuo a scrivere o, per lo meno, ho scritto ancora qualche cosa. Sì, questo è molto più forte di quanto altri possa credere, lo credo che mi sarei del tutto rovinata se avessi smesso di scrivere.

Clemente                      - Dunque che cosa hai scritto?

Margherita                    - Un romanzo... Avevo tante cose che mi pesavano sul cuore: soffocavo. Fino ad oggi te l'ho nascosto ; ma finalmente ora posso dirtelo. Kùnigel ne è entusiasta.

Clemente                      - Chi è Kùnigel?

Margherita                    - Il mio editore.

Clemente                      - Dunque qualcuno lo ha già letto?

Margherita                    - Sì. E molti altri lo leggeranno. Clemente, tu avrai di che essere orgoglioso... credimi.

Clemente                      - Ti sbagli, pupa. E di che si tratta in questo romanzo?

Margherita                    - Non è tanto facile a dirsi... Il romanzo contiene la maggior parte di quello che si può dire sulla maggior parte.

 

Clemente                      - Complimenti.

Margherita                    - E perciò io ti posso promet­tere che non toccherò più la penna. Non è più necessario.

Clemente                      - Margherita, tu mi ami o no?

Margherita                    - Come puoi chiederlo? Io amo te, solo te! Per quanto abbia osservato, per quanto abbia visto, io non ho vissuto nien­te. Ti aspettavo.

Clemente                      - E allora, portalo qui, il tuo romanzo.

Margherita                    - Sì... come? Che cosa inten­di dire?

Clemente                      - Che tu abbia potuto scriverlo, sta bene; ma almeno che nessuno lo legga. Portalo qui e noi lo getteremo nel fuoco.

Margherita                    - Cle!

Clemente                      - E' questo quello che io esigo da te, questo che debbo esigere.

Margherita                    - Ma non è possibile! Si tratta...

Clemente                      - Perché? Se io lo desidero, se io ti spiego che da questo faccio dipendere tut­to il resto... Tu mi comprendi... sarebbe mai possibile!

Margherita                    - Ma Clemente, il romanzo è già stampato.

Clemente                      - Come, stampato?

Margherita                    - Sì, tra pochi giorni si trove­rà ovunque.

Clemente                      - Margherita, e tutto questo sen­za che tu me ne abbia detto prima nemmeno una parola...

Margherita                    - Clemente, non potevo fare diversamente. Quando il libro sarà qui, tu mi perdonerai. Meglio: tu ne sarai orgoglioso.

Clemente                      - Pupa mia, questo passa i li­miti.

Margherita                    - Clemente!

Clemente                      - Addio, Margherita.

Margherita                    - Clemente, che vuol dire tutto ciò:

Clemente                      - Come vedi.

Margherita                    - E tornerai?

Clemente                      - In questo momento non posso dirtelo. Addio.

Margherita                    - Clemente! (Cerca di tratte­nerlo).

Clemente                      - Ti prego. (Via),

Margherita                    - (sola) Clemente! Che cosa significa ciò? Egli mi lascia? Che cosa bisogna dunque fare? Clemente. Tutto è dunque fini­to? No, questo non è possibile! Clemente! Io debbo seguirlo! (Cerca il cappello. Campanello) Oh, ritorna! Ha voluto spaventarmi. Oh, Clemente mio! (Alla porta).

Gilberto                        - (entra. Alla donna di servizio che gli ha aperto la porta) Vi ho già detto che la signora è in casa. (A Margherita) Buon gior­no, Margherita.

Margherita                    - (sconvolta) E' lei?

Gilberto                        - Sono io, Amandus Gilberto.

Margherita                    - Io sono così meravigliata...

Gilberto                        - Lo vedo, ma non c'è nessun motivo. Mi trovo qui di passaggio, vado in Ita­lia. E vengo da te solo per portarti, in ricordo del nostro antico cameratismo, la mia nuova opera. (Le tende il libro. Poiché ella non lo prende subito, lo posa sul tavolo).

Margherita                    - Molto gentile, la ringrazio.

Gilberto                        - Prego. Tu hai un certo diritto su questo libro. Dunque, abiti qui?

Margherita                    - Sì. Ma...

Gilberto                        - Provvisoriamente, lo so. Come stanza mobiliata non c'è male. Però questi ri­tratti di famiglia alle pareti mi farebbero di­ventar pazzo.

Margherita                    - La mia padrona di casa è la vedova di un generale.

Gilberto                        - Non c'è bisogno che ti giusti­fichi.

Margherita                    - Che io mi giustifichi? Non mi passa nemmeno per la testa.

Gilberto                        - E' strano pensare ora...

Margherita                    - A che pensa lei?...

Gilberto                        - Perché non dirlo? Alla stanzet­ta in via Steindorf col balcone sull’Isar. Ti ri­cordi, Margherita?

Margherita                    - Non è preferibile che noi continuiamo a darci del lei?

Gilberto                        - Come vuoi... come lei vuole, Margherita. (Pausa. Improvvisamente) Ti sei comportata deplorevolmente, Margherita.

Margherita                    - Come?

Gilberto                        - Oppure lei preferisce che io parli per parabole? Non trovo, purtroppo, al­tre parole. Ed è stata una cosa così superflua, Margherita. Con maggior lealtà sarebbe anda­ta lo stesso. Non era affatto necessario lasciare Monaco nella notte e con la nebbia.

Margherita                    - Non c'era nebbia e non era notte. Sono partita alle otto e trenta di matti­na in piena luce del sole e coll'espresso.

Gilberto                        - Però si sarebbe potuto prima dire almeno addio, non è vero? (Si siede).

Margherita                    - Il barone può venire da un momento all'altro.

Gilberto                        - E che ci fa? Lei certamente nongli ha detto che una volta è stata tra le mie braccia e mi ha adorato. Io sono un buon ami­co di Monaco, ed un buon amico potrà ben venire a farle una visita.

Margherita                    - Chiunque altro sì, ma non lei.

Gilberto                        - Perché? Lei mi fraintende sem­pre. Io vengo veramente solo come un buon amico. Tutto il resto è finito e finito da mol­to... Vedrà. (Indica il libro).

Margherita                    - Che cos'è questo?

Gilberto                        - Il mio nuovo romanzo.

Margherita                    - Sa è messo a scrivere ro­manzi?

Gilberto                        - Certo.

Margherita                    - Da quando in qua?

Gilberto                        - Che intende dire?

Margherita                    - Ah, io mi ricordo che il suo vero campo era quello di piccoli schizai, di osservazioni sugli avvenimenti quotidiani...

Gilberto                        - (irritato) Il mio campo? Il mio campo è il mondo. Io scrivo quello che mi pa­re. Non mi voglio circoscrivere in limiti. Non so davvero che cosa dovrebbe impedirmi di scrivere un romanzo...

Margherita                    - Il parere della critica quali­ficata era...

Gilberto                        - Quale critica qualificata?

Margherita                    - Io mi ricordo, per esempio, l'articolo di Neuniann sull’Allgemeine...

Gilberto                        - (infuriato) Neumann è un cre­tino. Io l'ho schiaffeggialo.

Margherita                    - Lei lo ha...

Gilberto                        - In ispirito, io l'ho schiaffeggia­to, in ispirito. In quel tempo anche tu eri fu­ribonda altrettanto quanto me. Eravamo per­fettamente d'accordo che Neumann è un cre­tino. « Come può questa nullità permetter­si... ». Erano queste le tue parole, « metterti dei limiti? Come si permette costui di strozzare il tuo prossimo libro ancora, per così di­re, nell'alveolo materno? ». Questo lo hai det­to tu. Ed ora ti richiami a questo merdaiolo della letteratura?

Margherita                    - La prego di non gridare su questo modo... La mia padrona di casa...

Gilberto                        - Non è mia abitudine di occu­parmi delle vedove dei generali quando i miei nervi vibrano.

Margherita                    - Ma insomma, che cosa ho poi detto? lo non riesco a capire la sua suscettibilità.

Gilberto                        - Suscettibilità? Tu mi chiami su­scettibile? Tu? Una donna che aveva i brividi più atroci quando l'ultimo scrittore!! e pub­blicava in un qualsiasi gazzettino una parola «li critica per lei?

Margherita                    - Io non ricordo che si sia mai scritta contro di me una sola parola cattiva.

Gilberto                        - i Ah sì? Del resto puoi aver ra­gione; verso le belle donne si è sempre galanti.

Margherita                    - Galanti? Dunque le mie poe­sie sono state lodate per galanteria? E' il tuo giudizio?...

Gilberto                        - lì mio? Io non ho alcun biso­gno di ritrattarlo; mi permetto però di ricor­darti che quel paio di poesie buone che tu puoi aver scritto le hai scritte quando stavi con me...

Margherita                    - E quindi tu le attribuisci a tuo merito?

Gilberto                        - Le avresti l'orse scritte se non fossi esistito io? Non sono forse rivolte a me?

Margherita                    - No.

Gilberto                        - No? Non a me? E' inaudito!

Margherita                    - No, non a te.

Gilberto                        - Io resto pietrificato. Debbo for­se ricordarti le situazioni nelle quali sono naie le tue poesie migliori?

Margherita                    - Erano rivolte ad un ideale...

Gilberto                        - (indica se stesso).

Margherita                    - II cui rappresentante occa­sionale in terra eri tu.

Gilberto                        - Ah, prezioso! Da dove ti ven­gono queste idee? Sai come dicono i francesi in staili casi? « Ca c'est de la litterature ».

Margherita                    - (scimmiottandolo) Ca n'est pas de la litterature. E' vero, verissimo. Op­pure tu credi seriamente che io ti identificassi «oll'esile giovinetto o che cantassi i tuoi ric­cioli? Tu eri allora già grasso e questi non so­no mai stati ricci. (Gli ficca una mano nei ca­pelli).

Gilberto                        - (afferra in quest'occasione la ma­no di lei e la. bacia').

Margherita                    - (più dolcemente) Che ti prende?

Gilberto                        - Una volta tu M hai presi per ricci, o per lo meno li hai chiamati così. Che cosa non si fa per una rima, per un bel suono! Io stesso non ti ho chiamata una volta in mi mio sonetto la mia saggia vergine? E tu non eri né... Ma no, Io non voglio essere ingiuste, saggia, nel senso di furba, tu lo eri; furba fi­no a farmi vergognare, odiosamente furba. Questo ti è riuscito. Del resto non c'è da mera­vigliarsi t tu sei sempre stata snob, oh Dio!  Adesso hai una tua volontà! L'hai acchiappato il giovane nobile dalle mani curate e dal cer­vello trascurato, perfetto cavallerizzo, scher­mitore, giocatore di tennis, rubacuori... La stessa Marlitt non avrebbe potuto farlo più nauseabondo. Che cosa" vuoi dà più? Se ti po­trà bastare durevolmente, a te che in altri tem­pi hai conosciuto qualche cosa di più elevato, questo è un altro paio di maniche. Io posso dirti questo: per me tu sei una decaduta nell'amore.

Margherita                    - Questo ti è venuto in mente in treno.

Gilberto                        - Adesso mi è venuto in mente, in questo momento.

Margherita                    - Allora scrivitelo: è una buona espressione.

Gilberto                        - Per te ne ho un'altra: prima eri una donna, ora sei una femmina. Sì, que­sto sei tu. Che cosa ti ha attratto verso un uomo dì questo genere? Niente altro che la lus­suria, la più volgare lussuria.

Margherita                    - Te ne prego, tu hai ra­gione...

Gilberto                        - Pupa mia,io avevo in ogni mo­mento un'anima viva...

Margherita                    - E qualche volta soltanto quella...

Gilberto                        - Non tentare ora di svalutare la nostra relazione perché non ti riuscirà. E' l'e­pisodio più bello della tua vita.

Margherita                    - Oh Dio, ed io ho potuto sop­portare per un anno intero queste chiacchiere.

Gilberto                        - Sopportare? Tu te ne sei inebriata. Non essere ingrata. Non lo sono nean­che Io. Nonostante che tu ti sia comportata alla fine così deplorevolmente, in me il ricordo non è stato guasto. Io dirò anche di più; an­che questo era tipico del nostro amore.

Margherita                    - Ma che dici!

Gilberto                        - Veramente: io ti debbo ancora una spiegazione. Senti: proprio nel tempo in cui tu hai incominciato ad allontanarti da me e a sentire la nostalgia della stalla; la nostal­gie de l'écurie, proprio allora io internamente l'avevo finita con te.

Margherita                    - Non è possibile.

Gilberto                        - E' caratteristico che tu non ti sia accorta della più piccola cosa. Io l'avevo finita con te. Sì. Semplicemente io non avevo più bisogno di te. Quello che tu mi potevi dare me lo avevi dato. Il tuo compito era esau­rito. Tu lo sapevi nel profondo della tua ani­ma, inconsciamente lo sapevi.

Margherita                    - Non sputacchiare in questo modo...

Gilberto                        - (imperterrito) li tuo tempo era finito. La nostra relazione ha raggiunto il suo scopo. Io non rimpiango diaverti amato.

Margherita                    - E io sì!

Gilberto                        - Veramente. Da questa pic­cola osservazione al conoscitore non può sfuggire la profonda differenza che c'è tra l'ar­tista e il dilettante. Per te, Margherita, la no­stra relazione oggi non è altro che il ricordo di qualche folle notte e di qualche elevata discussione fatta per i viali del giardino in­glese; io ho fatto di esso un capolavoro.

Margherita                    - Anch'io.

Gilberto                        - Come? Che cosa intendi dire?

Margherita                    - Quello che tu fai lo faccio anch'io. Anch'io ho scritto un romanzo, in cui viene in ballo la nostra relazione di un tempo. Anch'io ho consacrato all'eternità il nostro amore, o quello che allora chiamavo così!

Gilberto                        - Dell'eternità io al tuo posto non parlerei almeno finché non fosse uscita la se­conda edizione.

Margherita                    - E poi è una cosa che ha un ben altro significato se un romanzo lo scrivo io o se lo scrivi tu.

Gilberto                        - Questo può essere vero.

Margherita                    - Perché tu sei un uomo libero. Tu non hai bisogno di rubare le ore nelle quali vuoi essere artista e tu non metti in gioco tutto il tuo avvenire.

Gilberto                        - E tu?

Margherita                    - Io l'ho fatto. Mezz'ora fa Clemente mi ha lasciato, perché io gli ho con­fessato di aver scritto un romanzo.

Gilberto                        - Lasciato? Per sempre?

Margherita                    - Non so. Ma è possibile. E' uscito furibondo. Io non ho idea di quello che intende fare.

Gilberto                        - Ah così! Dunque lui ti proibisce di scrivere! Egli non tollera che la sua amata faccia uso della sua intelligenza. Ah, be­nissimo! E questo è il fiore della razza! Così! E tu, tu non ti vergogni di provare tra le brac­cia di quest'idiota quelle stesse sensazioni che una volta

Margherita                    - Io ti proibisco di parlare di lui in questo modo! Tu non lo puoi com­prendere.

Gilberto                        - Ah!

Margherita                    - Tu non sai perché lui sia contrario al fatto che io scriva. Solo per amore.Egli sente che io vivo in un mondo che per lui è chiuso e si vergogna per me che io espan­da l'intimo dell'anima mia dinanzi all'ignoto; egli mi vuole per se, assolutamente, tutta per sé solo. Perciò egli è andato via così impetuosa­ mente, no, non impetuosamente, perché Cle­ mente non appartiene a quella categoria di per­sone che vanno via impetuosamente...

Gilberto                        - Osservazione giusta. Ma egli se n'è andato. Sul ritmo dì questa fuga è inutile stare a discutere. E se n'è andato perché non tollera che tu metta in opera il tuo genio crea­tivo.

Margherita                    - Sì, se egli almeno compren­desse! Ma evidentemente questo non è possi­bile. Io potrei essere la migliore, la più fedele e la più nobile moglie del mondo se si tro­vasse l'uomo che fa per me.

Gilberto                        - Per lo meno riconosci che nean­che lui va bene.

Margherita                    - Io non ho detto questo.

Gilberto                        - Ma cerca di capire che egli spa­droneggia con te, ti porta alla rovina, cerea di devastare, per egoismo, il tuo io profondo. Pensa alla Margherita che tu eri una volta. Pensa alla libertà nella quale tu potevi svilup­pare le tue facoltà quando amavi me. Pensa ai liberi uomini che frequentavi in quel tempo, ai giovani che si raggruppavano attorno a me e che erano anche tuoi. Non hai mai nostalgia per quel tempo? Non pensi tu mai alla tua piccola stanza col balcone che dava sulla ve­loce Isar? (Ha preso le mani di lei e le stringe).

Margherita                    - Oh, Dio!

Gilberto                        - Tutto può tornare come prima. Non è necessario che ci sia Isar. Voglio farti una proposta, Margherita. Quando lui torna digli che hai da sbrigare a Monaco qualche cosa di urgente, e passiamo questo tempo in­sieme, Margherita. Tu sei così bella! Saremo felici di nuovo come ima volta, Margherita. Ti ricordi ? (Si avvicina a lei) « Io m'aggrap­po ebbra al tuo collo... ».

Margherita                    - (si allontana, rapidamente dà lui)Via, via! No, no! Va via ti dico. Non ti amo più.

Gilberto                        - Oh... così. Prego di scusarmi. (Pausa}. Addio, Margherita, addio.

Margherita                    - Addio.

Gilberto                        - Addio. (Si volta di- nuovo) Non vuoi almeno, prima che io me ne vada darmi il tuo romanzo come io ti ho dato il mio?

Margherita                    - Non è stato ancora pubbli­cato. Uscirà solo nella prossima settimana.

Gilberto                        - Posso chiedere che genere di romanzo è?

Margherita                    - Il romanzo della mia vita. Naturalmente così modificato che è impossi­bile riconoscermi.

Gilberto                        - Ah, così! E come hai fatto?

Margherita                    - Molto semplice. L'eroina non è una scrittrice ma una pittrice.

Gilberto                        - Molto abile.

Margherita                    - Il suo primo marito non è un fabbricante di tessuti ma giocatore di borsa ed ella non lo tradisce con un tenore...

Gilberto                        - Ah! ah!

Margherita                    - Che c'è da ridere!

Gilberto                        - Tu lo hai dunque tradito con untenore? Io non lo sapevo.

Margherita                    - Chi lo dice?

Gilberto                        - Tu stessa me lo hai detto in questo momento.

Margherita                    - Ma come? Io ho detto che l'eroina del mio romanzo tradisce il marito con un baritono.

Gilberto                        - Un basso sarebbe stato troppo, un mezzo soprano più piccante...

Margherita                    - Poi questa protagonista non va a Monaco ma a Dresda dove ha ima relazione con uno scultore.

Gilberto                        - Questo son dunque io... trasfor­mato ?

Margherita                    - Molto trasformato. Lo scul­tore è giovane, bello ed è mi vero genio. Nonostante ciò ella io lascia.

Gilberto                        - Per...

Margherita                    - Indovina.

Gilberto                        - Probabilmente per un fantino.

Margherita                    - Asino!

Gilberto                        - Per un conte? Per un principe?

Margherita                    - No, per un arciduca.

Gilberto                        - (inchinandosi) Davvero non hai badato a spese.

Margherita                    - Sì, unarciduca che per lei lascia la corte, la sposa, ed emigra con lei nel­le isole Canarie.

Gilberto                        - Le isole Canarie! E' molto bel­lo. E poi?

Margherita                    - Coli'atterraggio alle...

Gilberto                        - Canarie?

Margherita                    - ... finisce il romanzo.

Gilberto                        - Ne sono molto curioso. Soprat­tutto della mia trasformazione.

Margherita                    - Tu stesso non mi riconosce­resti; se...

Gilberto                        - Se...

Margherita                    - Se nel terzultimo capitolonon fosse riprodotto tutto il nostro epistolario.

Gilberto                        - Come?

Margherita                    - Sì, tutte le lettere che io ti ho scritto e che tu hai scritto a me sono riprodotte nel romanzo.

Gilberto                        - Sì, ma scusami, da dove hai pre­se quelle che tu hai indirizzato a me, se le pos­seggo io?

Margherita                    - Sì, ne avevo una minuta.

Gilberto                        - Minuta?

Margherita                    - Sì.

Gilberto                        - Una minuta di quelle lettere che hai indirizzato a me e che parevano but­tate giù eccitatamente e in fretta. « Ancora una parola, amore, prima di andare a dormire, mi si chiudono giù occhi ». E quando gli occhi ti si chiudevano tu le copiavi in bella?

Margherita                    - Te ne lamenti?

Gilberto                        - Io avrei dovuto immaginarlo. Miracolo che tu non le copiassi dal «Segreta­rio Galante ». Ah, come tutto crolla! Tutto il nostro gassato in frantumi. Lei conservava una copia delle sue lettere!

Margherita                    - Siine piuttosto contento! Chi sa se le lettere che tu mi hai indirizzato non sono l'unica cosa che rimarrà di te nella storia della letteratura.

Gilberto                        - E oltre tutto si tratta di mia stoma fatale.

Margherita                    - Perché?

Gilberto                        - (indicando il suo libro) Anch'io le ho riportate.

Margherita                    - Come? Dove?

Gilberto                        - Nel mio romanzo.

Margherita                    - Che cosa?

Gilberto                        - Le nostre lettere, le tue e le mie.

Margherita                    - Da dove hai preso le tue? Se le ho io? Ah, vedi, anche tu le hai copiate!

Gilberto                        - Oh, no. Io le ho solo copiate prima di mandartele. Esse non dovevano andare perdute. Ce ne sono di quelle che tu non hai mai ricevute; che erano troppo belle per te, che tu non avresti compreso.

Margherita                    - Sì, in nome di Dio, e stando così le cose... (Sfogliando nel libro di Gilberto) Sì, proprio così. E come se noi raccontas­simo a tutto il mondo che noi due... In nome di Dio!... (Sfogliando il libro nervosamente) Alla fine è anche riportato la lettera che tu mi hai mandato dopo la prima notte.

Gilberto                        - Naturalmente, era meravigliosa.

Margherita                    - Ma questo è già assurdo. Saràuno scandalo in tutta Europa. E Clemente? Innome di Dio!... Io comincio a desiderare che eglinon torni più. Io sono perduta. E tu insieme a me. Dovunque tu possa essere egli ti ritroverà egli ti ammazzerà come mi cane idrofobo.

Gilberto                        - (riprende il suo libro) Paragone disgustoso.

Margherita                    - Come puoi esser venuto a que­sta pazza idea! Di pubblicare le lettere che una volta avevi spedito ad una donna elle sembrava tu amassi. Si vede bene che non sei un genti­luomo.

Gilberto                        - Ma io lo trovo molto divertente! Non hai fatto tu altrettanto?

Margherita                    - Io sono una donna.

Gilberto                        - Ora esce fuori anche questo!

Margherita                    - E' vero che io non ho niente da rimproverarti. Noi siamo degni uno dell'al­tro. Sì, Clemente ha ragione. Noi siamo peggio di quelle femmine che da Ronacher si esibiscono in maglietta. Tutto quello di più intimo, i no­stri dolori, tutto, assolutamente tutto noi mettia­mo in piazza. Pf!  Pf!  Ilo ribrezzo di me stessa. Noi due ci apparteniamo. Clemente avrebbe ra­gione se mi cacciasse via. (Improvvisamente) Vieni, Amandus!

Gilberto                        - Che cosa vuoi dunque?

Margherita                    - Io accetto la tua proposta...

Gilberto                        - Quale proposta?

Margherita                    - Fuggo con te. (Cerca il cappot­to e il cappello).

Gilberto                        - Ma che ti prende? Che fai?

Margherita                    - (molto eccitata si mette il cap­itello) Tutto può tornare come prima, lo hai detto tu stesso; non è necessario che ci sia lTsar.. ebbene, io sono pronta.

Gilberto                        - Ma è una vera pazzia! Fug­gire?... Che coaa vuol dire scappare? Non mi hai detto tu stessa che egli mi ritroverebbe ovunque? Se tu sarai con me egli ritroverà an­che te. Sarebbe molto meglio se ognuno per conto suo...

Margherita                    - Vigliacco, ora tu vuoi la­sciarmi in asso?! E pochi minuti fa eri inginocchiato ai miei piedi. Non ti vergogni?

Gilberto                        - E perché? Io sono un uomo am­malato e nervoso. Io dipendo dai miei umori...

Margherita                    - (alla finestra, grida).

Gilberto                        - Che ti prende? Che cosa pen­serà di me la vedova del generale?

Margherita                    - E' lui, viene.

Gilberto                        - Ebbene?

Margherita                    - Che, vuoi andartene?

Gilberto                        - Io non avevo nessuna intenzione di fare una visita al signor barone.

Margherita                    - Egli è per le scale. Sarebbeancora peggio. Rimani. Non voglio essere io la sola vittima.

Gilberto                        - Non essere irragionevole. Perché tremi così? Non può ancora aver letto tut­ti e due i romanzi. Torna in te. Togliti il cap­pello e il cappotto. (La aiuta) Se egli ti vede in questa tenuta può sospettare...

Margherita                    - Per me è lo stesso... meglio subito che più tardi. Io non posso resistere in attesa di qualche cosa di orribile. Gli dirò tutto.

Gilberto                        - Tutto?

Margherita                    - Sì e tu starai qui. Se gli confesserò tutto sinceramente forse mi perdo­nerà.

Gilberto                        - Ed io? ed io? Io ho qualche cosa di meglio da fare nel mondo per lasciarmi uccidere come un cane idrofobo da un ba­rone geloso. (Campanello).

Margherita                    - E' lui! E' lui!

Gilberto                        - Tu non dirai niente.

Margherita                    - Dirò tutto.

Gilberto                        - Ah sì? Allora io cercherò di vender cara la pelle.

Margherita                    - Che cosa vuoi fare?

Gilberto                        - Gli getterò in faccia verità tali che un barone non ne ha ancora sentite di si­mili.

Clemente                      - (entra, un po' irritato, molto fred­do e gentile) Oh, il signor Gilberto, se non sbaglio.

Gilberto                        - Sì, signor barone. In viaggio peril Sud non ho potuto mancare dal presentare i miei omaggi alla signora.

Clemente                      - Ah! (Pausa) Mi pare di aver interrotto un discorso, cosa che mi dispiacerebbe moltissimo. Vi prego di proseguire.

Gilberto                        - Di che cosa parlavamo in que­sto momento, signora?

Clemente                      - Forse io posso venire in aiuto alla sua memoria? A Monaco per lo meno par­lavate sempre dei vostri libri...

Gilberto                        - Ah, molto bene. Effettivamente io ho parlato del mio nuovo romanzo...

Clemente                      - Prego prosegua. Ora si può parlare anche con me di letteratura, non è vero, Margherita? E' un romanzo naturalistico, simbolistico? Autobiografico? Stilizzato?

Gilberto                        - Oh, Dio mio,-in un certo senso scriviamo tutti delle autobiografie sempre...

Clemente                      - Ah, ma questo è molto inte­ressante.

Gilberto                        - Se uno descrive Nerone, è assolutamente necessario che, almeno internamente abbia dato fuoco a Roma...

Clemente                      - Naturalmente.

Gilberto                        - Da dove si possono trarre ispi­razioni se non da se stessi? Da dove prendere j modelli se non dalla vita che ci circonda?

Margherita                    - (sempre meno tranquilla).

Clemente                      - E' solo peccato che solo di ra­do si domanda il permesso ai modelli. Dirò che se io fossi una donna sarei assai poco grata a chi raccontasse... (Acutamente) Nella buona «società questo si chiama compromettere una signora.

Gilberto                        - Io non so se posso considerarmi come facente parte della buona società, per conto mio, io questo lo chiamo nobilitare una donna.

Clemente                      - Oh!  -

Gilberto                        - L'essenziale è di riuscire! Perché in un senso superiore che importanza ha il fatto che si sappia di una donna se è stata felice in questo piuttosto che in un altro letto?

Clemente                      - Gilberto, le faccio osservare che lei parla dinanzi ad una signora.

Gilberto                        - Io parlo dinanzi ad una collega, signor barone, che dorrebbe parteggiare per la mia opinione.

Clemente                      - Oh!

Margherita                    - (improvvisamente) Clemen­te! (Ai suoi piedi) Clemente!

Clemente                      - (impacciato) Ma Margherita...

Margherita                    - Perdono, Clemente!

Clemente                      - Ma Margherita! (A Gilberto)E' per me penoso. Signor Gilberto. Ma insom­ma, alzati, Margherita. Alzati. Va bene!

Margherita                    - (lo guarda).

Clemente                      - Sì, alzati.

Margherita                    - (si alza).

Clemente                      - Va tutto bene. Tutto in regola. Ma sì, se te lo dico io! Non hai da far altro che dire telefonicamente una parola all'editore. Io ho già combinato tutto con lui. Lasciamo perdere. Va bene?

Gilberto                        - Che cosa lasciate perdere se è lecito? Forse il romanzo della signora?

Clemente                      - Ah, lei lo sa già?

Gilberto                        - Sì. Non mi resta altro che fare le 'mie scuse.

Clemente                      - Mi dispiace molto signor Gil­berto che lei abbia dovuto assistere ad una scena che io direi già quasi familiare.

Gilberto                        - Tolgo il disturbo. Signor, signor barone... Posso permettermi, signor barone, in segno e prova che ogni malintéso tra noi è scomparso e come debole segno della mia sim­patia, di offrirle il mio romanzo?

Clemente                      - Lei è molto gentile, signor Gil­berto, ma debbo confessarle che i romanzi te­deschi non sono il mio debole. Va bene, que­sto sarà l'ultimo che io leggerò, no, per me­glio dire, il penultimo.

Margherita e Gilberto   - (insieme) Il pe­nultimo ?

Clemente                      - Sì.

Margherita                    - E quale sarà l'ultimo?

Margherita                    - II tuo, amore. (Ne prende un esemplare dalla tasca). Mi son fatto dare un esemplare dall'editore per portarlo a te, o per meglio dire a noi due.

Margherita e Gilberto   - (scambiando sguardi)

Margherita                    - Come sei buono!... (Col ro­manzo in mano) Sì.

Clemente                      - Lo leggeremo insieme.

Margherita                    - No, Clemente... Io non ac­cetto tanta bontà... (Getta il libro nel cami­netto) Di tutto ciò non voglio più saperne.

Gilberto                        - (molto rallegrato) Ma signora!

Clemente                      - (versa il caminetto) Margherita che cosa hai fatto?...

Margherita                    - (dinanzi al caminetto abbraccia Clemente) Ci credi ora che io ti amo?

Gilberto                        - (molto ilare) Sembra che qui io sia di troppo... Signora, signor barone... (Fra se) Peccato perder il finale di questo spetta­colo! (Via).

FINE