L’Hidalgo poeta

Stampa questo copione

Don Felipe de la Vega

La Compagnia di Prosa

La Freccia Nera

Presenta:

L’Hidalgo  POETA

Commedia scherzosa in due atti di Evandro Caiazzo

Personaggi

Don Felipe de la Vega, l’Hidalgo

Doña Luz de Vargas, sua promessa sposa

Don Gonzalo de Vargas, fratello di Doña Luz

Don Pedro de Vargas, padre di Doña Luz e Don Gonzalo

Doña Consuelo de Vargas, madre di Doña Luz e Don Gonzalo

Don Pablo de la Vega, padre di Don Felipe

Doña Paquita Sánchez, dama sivigliana

Don Carlos de Santillana, amico di Don Felipe

Don Manolo Centellas, amico di Don Felipe

Una zingarella

Don Ramiro Gómez de Avellaneda

Padre Ramón

Regia

di

Evandro  Caiazzo



La Compagnia di Prosa

La Freccia Nera

Presenta:

L’Hidalgo  POETA

Commedia scherzosa in due atti di Evandro Caiazzo

Personaggi ed interpreti

(Cast probabile)

Don Felipe de la Vega, l’Hidalgo

Doña Luz de Vargas, sua promessa sposa

Don Gonzalo de Vargas, fratello di Doña Luz

Don Pedro de Vargas, padre di Doña Luz e Don Gonzalo

Doña Consuelo de Vargas, madre di Doña Luz e Don Gonzalo

Don Pablo de la Vega, padre di Don Felipe

Doña Paquita Sánchez, dama sivigliana

Don Carlos de Santillana, amico di Don Felipe

Don Manolo Centellas, amico di Don Felipe

Una zingarella

Don Ramiro Gómez de Avellaneda

Padre Ramón

*

*

*

*

*

*

*

*

*

*

*

*


PROFILO DEI PERSONAGGI

Don Felipe de la Vega (l’Hidalgo)

Precisiamo che "Hidalgo" è la contrazione dell'espressione "Hijo de Alguien", ossia "Figlio di Qualcuno (importante)". Don Felipe è, infatti, il figlio di Don Pablo de la Vega, Luogotenente Generale del Re di Spagna. Ancora in tenera età Felipe viene allontanato da Siviglia ed inviato nelle migliori scuole del tempo, a Madrid, Valencia, Gra­nada, Parigi, Firenze, ecc., quindi all'Uni­versità di Salamanca, ove si laurea in Lettere e Filosofia.

            Il suo animo è prettamente poetico, rifugge e detesta le armi e la violenza ed è essenzialmente "innamorato dell'Amore".

            Il giorno del suo ritorno a Siviglia, passando, gli capita di notare una bellissima fanciulla affacciata ad un verone di un palazzo pa­trizio e se ne innamora perdutamente. Egli non sa chi sia quella fanciulla ed ignora che la sua famiglia lo ha già destinato alle nozze proprio con lei.

            Felipe tenta di corteggiarla, con serenate tutte le sere, ma la fan­ciulla è irraggiungibile, difesa dalla famiglia che deve tener fede agli accordi matrimoniali. D'altro canto anche i familiari di lei non sono in grado di riconoscerlo, in quanto non l'hanno mai visto adulto.

Don Pablo de la Vega         

Padre di Don Felipe, gode di un'invidiabile posizione nella società spagnola: è infatti il Luogotenente Generale del Re Filippo III. Questo titolo gli deriva dalle sue eroiche imprese, al fianco di Don Pedro de Vargas, nella storica battaglia navale di Lepanto, in cui la flotta cristiana, comandata da Don Juan de Au­stria, figlio di Carlo V, sconfisse la flotta musulmana nel 1571.

            Inoltre è Commendatore dell'Ordine Sovrano di Cala­trava, che nel '600 e fin quasi ai nostri giorni era considerato il massimo Ordine Cavalleresco di Spagna ed uno dei più prestigiosi d'Europa.

            E' un "gentiluomo" sotto tutti gli aspetti. La dignità, l'onore e il de­coro della famiglia vengono al primo posto nella sua scala dei va­lori, fatta salva l'obbedienza cieca e la fedeltà al suo Re.

            Alla nascita della piccola Luz de Vargas, i due padri concordano il matrimonio fra Don Felipe e Doña Luz, ma decidono di mante­nere il più assoluto segreto sugli accordi presi, onde evitare inge­renze e gelosie da parte di altre nobili Casate. Perfino i due giovani "promessi" vengono tenuti all'oscuro di un tale accordo e questa assoluta ignoranza degli accordi presi dai genitori porterà fatal­mente agli avvenimenti de­scritti in questa commedia.

Doña Luz de Vargas           

Leggiadra, bellissima e nobile fanciulla sivigliana, considerata la più bella donna dell'Andalusía. Vanta una cultura e una educazione di prim'ordine. Sa di essere promessa a un gentiluomo spagnolo, pur ignorandone l'identità. Anch'essa, infatti, non può sfuggire al destino di ogni fanciulla "bene" del mondo seicentesco.

            Un giorno, affacciata al verone del suo palazzo, nota un giovane vestito dimessamente, con una chitarra a tracolla, che le sorride e se ne innamora perdutamente, ma il senso di rispetto e di obbe­dienza verso i propri genitori le impediscono di esternare i suoi veri sentimenti. Soffre in silenzio e si confida unicamente con la sua nutrice e dama di compagnia, Doña Paquita. Vorrebbe ribellarsi a questo malcostume: ritiene assurda l'imposizione di un marito non scelto da lei oppure il convento coatto, ma è pur sempre ras­segnata al destino che le è stato imposto per doveri di casta.

Don Gonzalo de Vargas     

Giovane hidalgo sivigliano, fratello di Doña Luz, altero e orgo­glioso, focoso e impulsivo, passa per la miglior lama di Siviglia ed è annoverato fra i migliori schermitori di Spagna.

            Nutre un'autentica venerazione per la sorella e si sente personal­mente custode e responsabile del suo onore e degli accordi matri­moniali assunti da suo padre nei confronti della famiglia de la Vega.

Don Pedro de Vargas         

Padre di Doña Luz e di Don Gonzalo, amico e compagno d'arme di Don Pablo de la Vega. Come si è detto, ha combattuto al fianco di Don Pablo nella battaglia di Lepanto e di questo fatto va orgo­gliosissimo.

            Anche per lui l'onore, la dignità, la famiglia e la lealtà alla Corona vengono al primo posto nella scala dei valori ed in quest'ottica ha allevato ed educato i suoi due figli, pur senza far loro mancare un affetto sviscerato, quasi morboso.

Doña Consuelo de Vargas  

Sposa di Don Pedro de Vargas e madre di Doña Luz e di Don Gonzalo.

            Discendente di una nobile famiglia della Vecchia Castiglia, an­ch'essa andò sposa a Don Pedro per contratto, ma ebbe la for­tuna, non frequente, di innamorarsi pazzamente di suo marito, con il quale ha condotto una vita serena e felice.

            Si è curata molto attivamente dell'educazione dei figli, sforzandosi di sviluppare in essi l'amore per il bello e il giusto.

Doña Paquita Sánchez        

Giovane dama di ceto alto-borghese, vedova di un ufficiale caduto nella "Invencible Armada", è divenuta non sol­tanto la dama di compagnia, bensì  anche la fedele confidente di Doña Luz.

            Spirito gaio e giovanile, sempre pronta alla battuta scherzosa, non ha perso le speranze di trovare un nuovo marito.

Don Carlos de Santillana

Coetaneo e amico di Don Felipe fin dalla più tenera infanzia, nutre per quest'ultimo uno sviscerato e quasi morboso affetto fraterno.

            Appartiene a una nobilissima Casata di Siviglia e suo padre com­batté a Lepanto insieme con Vargas e de la Vega.

            E' estremamente generoso, ha un carattere focoso e impulsivo e s'infiamma ogni qualvolta è impegnato in qualcosa di buono e di giusto, gettandosi a corpo morto nell'impresa senza pensare alle eventuali conseguenze.

Don Manolo Centellas        

Tutto come per Don Carlos. Il suo carattere, però, a differenza del precedente, è più equilibrato, più posato e riflessivo. Questo fatto tuttavia non diminuisce l'af­fetto per Don Felipe che è identico a quello di Don Carlos.

La zingarella

Principessa gitana di straordinaria bellezza, dal cuore estremamente sensi­bile, ha nell'animo e nello sguardo tutto l'ardore, la fierezza e la gagliardia della nobilis­sima casta alla quale appartiene.

            S'innamora perdutamente, disperatamente del giovane Hidalgo e, pur sapendo che il suo è un amore impossibile, stenta a rassegnarsi a quest'idea, ma alla fine prevarrà in lei l'orgoglio gitano che le farà trovar la forza, sia pur fra le lacrime, di apprezzare il lato comico e di farsi una sonora risata.

Don Ramiro Gómez de Avellaneda          

Gentiluomo di Corte, gode dell'incondizionata fiducia del Re. Ha uno spiccato senso dell'umorismo, pur senza mai perdere la di­gnità, né trascurare il rispetto per il Protocollo reale.

            Anche lui ha combattuto nella battaglia di Lepanto, agli ordini di un valoroso Capitano che ammirava e stimava più di chiunque al­tro al mondo. Durante la battaglia il suo Capitano era misteriosa­mente scomparso, per cui lo considerava disperso in mare, finché non lo incontra di nuovo a Siviglia nelle vesti di Padre Ramón.

Padre Ramón           

Frate francescano di vastissima cultura. Ottimo conversatore, "porge" i suoi discorsi in modo pacato ma incisivo. Anch'egli è dotato di un non comune senso dell'umorismo.

            Prima di en­trare in Con­vento era un nobile, Cavaliere di Calatrava, e fu un eroico com­battente nella battaglia di Lepanto con il grado di Capi­tano. Fatto prigioniero dai Turchi, al termine della prigionia ritorna a Siviglia e prende i Voti monastici. Ordinato sacerdote, in breve tempo di­viene l'Abate del suo Convento, nonché il Con­fes­sore e confidente di tutta la nobiltà sivigliana. Malgrado ciò egli ri­fugge ogni forma di fasto e di privi­legio, rimanendo coerentemente fedele al suo Abito e all'umiltà che gl'impone l'Ordine francescano.


L’EPOCA

            La vita, nel '600 spagnolo, sotto il regno di Filippo II, Filippo III e Filippo IV è in massima parte caratterizzata da una religiosità quasi fanatica, dovuta al bigottismo altrettanto fanatico di Filippo II che continuerà anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1598.

            Il clero in generale ed i monaci in particolare sono tenuti nel massimo rispetto e su tutti in­combe l'ombra sinistra della cosiddetta "Santa" Inquisizione.

            Un'altra caratteristica non trascurabile di quest'epoca è il "Maggiorasco", una norma in vi­gore presso la nobiltà e l'alta aristocrazia, che tende ad evitare lo smembramento del patrimonio di famiglia. Secondo tale norma, il primogenito maschio eredita l'intero patrimonio. Gli altri figli maschi – i Cadetti – intraprendono la carriera militare, oppure la carriera ecclesiastica.

            Le figlie vengono destinate al matrimonio già in tenera età (sono generalmente i padri a combinare i matrimoni), oppure, mancando un accordo matrimoniale, le fanciulle entra­no forza­tamente in convento e sul proprio destino non hanno alcun potere decisionale. Natu­ralmente, es­sendo di estrazione nobile, divengono ben presto badesse di questo o quel Con­vento. Alessan­dro Manzoni ce ne fornisce un esempio con la Monaca di Monza, nobile fanciulla spagnola spedita in convento contro la sua volontà.

            Sotto l'aspetto culturale, il '600 spagnolo è all'apice, a differenza del '600 italiano che langue e peral­tro subisce quasi per intero la dominazione spagnola. Infatti in Spagna siamo in pieno "Siglo de Oro": siamo – anche se ancora per poco – in pieno Rinascimento[1] e tutta la cultura attinge a piene mani dall’imperante culto della tradizione classica grecolatina, nonché dalla prorompente influenza italiana, con Dante, Petrarca, Boccaccio, Castiglione, Ariosto, Tasso, Pulci e tanti altri. Tutte le arti sono al massimo dello splendore, dalla pittura (come ad esem­pio Velá­zquez), al teatro (i Prelopisti, Lope de Vega, Ruiz de Alarcón, Miguel de Cervantes, Tirso de Mo­lina, ecc.), alla letteratura in genere, sia mistica che profana (Boscán, la Picaresca, Fray Luís de León, Santa Teresa d'Avila, San Juan de la Cruz, ancora Cervantes, Garcilaso de la Vega, Gón­gora, Herrera, Ercilla, ecc.).

            Allo scopo di facilitare la comprensione di quel momento di grande trasformazione, elenchiamo qui di seguito i tratti caratteristici dell’ideologia rinascimentale spagnola:

1.La comparsa di un orgoglioso spirito d’indipendenza;

2.L’esaltazione delle facoltà umane (ragione, sentimenti, istinti);

3.La valorizzazione della vita terrena al di sopra di quella soprannaturale;

4.Il desiderio di conoscenza scientifica;

5.La valorizzazione della Natura nella vita e nell’arte;

6.L’influenza decisiva – in tutto ciò – della concezione classica del mondo.

            Come si può constatare, ci troviamo di fronte ad un quadro sociale assai complesso, non privo di evidenti contraddizioni, che fi­nisce per conferire ad ogni singolo Spagnolo una coscienza nazionale di prim'ordine che gli im­prime un particolare "orgoglio d'essere spagnolo". Quest'orgoglio si estende a tutti gli Spagnoli in generale, dal ricco al povero, dal nobile al plebeo, dal “Caballero” al “villano”[2].

            Questo stesso orgoglio porta il gentiluomo spagnolo a tenere in massimo conto un altro fattore, per lui importantissimo: “El Pundonor”, il "Punto d'Onore". Per lo Spagnolo seicentesco è inammissibile che un'onta non venga lavata col sangue. Per lui, quindi, la spada è sacra quanto la Croce.

            Un caso del tutto a sé stante è costituito dal popolo gitano: da sempre gli zingari, anche ai giorni nostri, hanno una dignità e una nobiltà del tutto proprie. Il popolo gitano vive accanto agli Spagnoli, ma con questi ultimi non ha nulla da spartire.

            Non va dimenticato che quel meravi­glioso fenomeno artistico costituito dal Fla­menco e dalle sue stupende danze lo dobbiamo pro­prio a quel popolo gitano che, pur mante­nendo viva – e soprattutto pura – la propria tradizione etnica, seppe far tesoro, nei secoli, dell'illuminato ap­porto culturale e artistico del dominio arabo che, succedendo ad un altrettanto splendido dominio visi­goto, diede alla Spagna quell'impronta che per vari secoli la rese "prima assoluta" nel mondo.        

Evandro  Caiazzo

Poiché nella commedia si cita esplicitamente una tragedia di Lope de Vega, ne diamo la trama qui di seguito:

Il cavaliere di Olmedo (El caballero de Olmedo) si ispira a una leggenda storica e a un versetto popolare, dove si accenna all'uccisione del Cavaliere di Olmedo. Nella commedia in tre atti in versi di Lope de Vega, don Alonso, il cavaliere di Olmedo, ha visto alla fiera di Medina la bellissima Inés. Cerca la vecchia Fabia perché interceda e dica a Inés il suo amore. Inés gli corrisponde, ma a chiederla in sposa è un altro cavaliere, don Rodrigo. Inés per mezzo di Fabia chiede a don Alonso di venirle a parlare attraverso una inferriata, di notte: al convegno giungono però anche don Rodrigo e il suo amico don Fernando. Una breve rissa, la fuga dei contendenti. Si preparano le nozze tra don Rodrigo e Inés, nonostante i desideri della donna. Don Alonso ha un cattivo presagio: vede un astore, un uccello rapace, uccidere un cardellino. Poco dopo salva la vita al suo rivale, che era sul punto di essere sventrato da un toro. Ma don Rodrigo non mostra alcuna riconoscenza, anzi medita l'uccisione di don Alonso. Il cavaliere di Olmedo si reca nella sua città. Cammin facendo sente cantare i versi che alludono alla sua morte. Continua a non dare fede al cattivo presagio. Don Rodrigo e don Fernando lo uccidono in una imboscata. Intanto Inés ha avuto dal padre e dal re il consenso a sposare don Alonso. Durante una udienza reale giunge Tello, servitore del cavaliere di Olmedo, e annuncia la sua morte. Il re ordina che don Rodrigo e don Fernando siano decapitati.


ATTO  PRIMO

                L'azione si svolge a Siviglia, nella primavera del 1605.

                Una piazza prospiciente il palazzo dei Vargas, che si erge maestoso sulla sinistra. Nel palazzo nessuna luce.

                A destra l'imboccatura di una strada che fa angolo con un magazzino. La porta del magazzino è aperta. Accanto alla porta vi sono un forcone per il fieno, una pala e un sacco che verosimilmente contiene farina.

                Sul fondo c'è l'entrata di un'osteria. Accanto all'ingresso dell'osteria, una panca addossata alla parete, una piccola botte vuota ed altri oggetti a piacere.

                Nel centro della piazza c'è un monumento, con la statua di un gentiluomo rivolta verso il Palazzo dei Vargas.

                E' l'ora del tramonto, in primavera inoltrata. Dalla destra entra in scena Don Felipe: malgrado il suo rango, indossa un abito modesto, farsetto senza maniche, senza guanti e senza mantello, con un vecchio cappellaccio con piuma assai sciupata. Alla bandoliera porta una spada di Toledo di gran pregio. Passeggia sotto il verone dei Vargas e canta una serenata, accompagnandosi con la chitarra.

Felipe                             Silente la luna s'affaccia nel cielo,

                                      ed io, solitario, le parlo d'amor!

                                      La notte distende il suo magico velo,

                                      più voce non s'ode: soltanto il mio cor

                                      non tace, e confessa la grande passione

                                      che l'alma sconvolse d'un vate cantor!

                                      Ascolta, o divina, la mesta canzone

                                      che nasce da un petto fremente d'ardor!

                                      Va', canto mio triste, sull'ali del vento,

                                      e porta al suo labbro un bacio febbril!

                                      Carezza il suo orecchio col magico accento

                                      che piano sussurra la brezza d'April!

                                      Corona il suo capo d'un serto di rose

                                      e sovra il suo seno deponi un monil!

                                      Perché, vaghe stelle, tacete impietose?

                                      Deh, dite qual nome ha un fior sì gentil!

                                      (Al termine della serenata, deluso perché nessuno si è affacciato al verone, si siede sconsolato ai piedi della statua e sospira, meditabondo. In lontananza si odono le voci dei contadini che cantano un coro dedicato alla primavera - oppure, ove possibile - alcune bimbe, guidate da una suora, entrano nella piazza e danzano in onore della primavera. Per tutto questo tempo Don Felipe sembra non accorgersi di nulla e a tratti scuote il capo in atteggiamento sconsolato).

Felipe                             (dopo una lunga pausa) E' inutile!... Non m'ama!... (pausa) Almeno sapessi chi è!... (batte una manata sulla chitarra) Ecco che cosa ci si guadagna ad essere un Hidalgo! (con enfasi un poco dispregiativa, con malcelata ironia) Il figlio di Sua Eccellenza il Luogotenente del Re!... Il figlio dell'eccellentissimo Don Pablo de la Vega, gentiluomo d'arme, Commendatore di Calatrava, Grande di Spagna, grandissimo despota... Beh, questo poi no, non è vero, povero papà!... Però, a farne le spese è il sottoscritto! Poiché sono il figlio dell'eccellentissimo e grandissimo e potentissimo Don Din Dan, invece di starmene a Siviglia, come tutti i buoni cristiani, mi spediscono alle migliori scuole di Madrid, Valencia, Granada, Parigi, Bologna... e poi, dulcis in fundo, all'università di Salamanca!... Risultato?... ...Che nella mia città non conosco un accidente di nessuno!... Se non fosse per l'amicizia di Carlos e Manolo, mi sentirei solo al mondo! (sospira, guardando il verone deserto) ...E il peggio è che non conosco nemmeno quella creatura di sogno che ho visto lassù, il giorno del mio ritorno!... (si rigira la chitarra fra le mani, come se la vedesse per la prima volta) E questa?... A che diavolo mi serve? E' la quarta serenata che le strimpello in quattro giorni, e lei... nemmeno una piega! (Pausa) Eppure... (resta un po' pensoso, come per riordinare le idee) Eppure… quando mi ha visto, là, da quel verone… lo sguardo che m'ha lanciato non era quello di una che se ne infischia!... (rivolto al verone, supplichevole) Ma allora, anima mia, affacciati, dimmi chi sei, quest'incertezza è una tortura, mi uccide!...

                                      (Dalla strada di destra entrano Don Carlos e Don Manolo. Sono riccamente abbigliati, secondo il loro nobile rango, e portano spade di pregio).

Carlos                            Che cosa ti dicevo, fratello? Eccolo lì, il novello Orfeo che si strugge d'amore per una bella, ignota Euridice!

Manolo                          Se lo vede suo padre in quello stato, lo spella vivo! (declamando in modo comicamente esagerato)

Ove l'alma hai tu celata, o vaghissima donzella?...

                                      Ti vo' far la serenata, ti vo' dir quanto sei bella!...

Carlos                            (con comica tragicità) No!... No!... No!!!... Così rovini tutto!... Il nostro Felipe è un poeta vero, raffinato, liiiiiirico!... (fulmineo afferra la chitarra di Don Felipe e canta, rivolto alla statua):

                                      Affacciati al verone,

                                      donzella affascinante,

                                      ascolta la canzone

                                      e butta giù il croccante!...

                                      L'amor che m'arde in petto

                                      è tutto il mio destino,

                                      per ciò da te m'aspetto...

                                      un buon bicchier di vino!

                                      Il sonno m'è nemico,

                                      il cor tu m'hai distrutto,

                                      per questo io ti dico

                                      di buttar giù il prosciutto!

                                      Se l'amor mio disprezzi,

                                      o bella del reame,

                                      col core in mille pezzi...

                                      io morirò... di fame!

                                     

(rende la chitarra a Don Felipe, ridendo).

Felipe                             (che fino a quel momento ha ascoltato pazientemente, a tratti scrollando il capo in segno di compatimento, battendo le mani stancamente) Ma bravi!... Che spettacolo edificante!... Se questi son gli amici...

Manolo                          Suvvia, allegro, che domani è un altro giorno! Ricordi che cosa diceva la santa Badessa di Ávila, madre Teresa? (declamando con sussiego) "Se un tuo problema ha soluzione, perché ti preoccupi?... E se non ha soluzione, perché ti preoccupi?"

Carlos                            Non mi fai i complimenti? T'ho appena suggerito una nuova serenata!

Manolo                          E allora?... Non ce lo vuoi proprio dire chi è la tua bella ispiratrice?

Felipe                             E perché dovrei?... Tanto... Per i begli amici che siete... E poi, non so nemmeno chi sia. Giorni fa l'ho vista per caso...

Carlos                            Del mal d'amor non ti crucciar, fratello! Prima o poi l'incontrerai di nuovo. Siviglia non è poi tanto grande!... (battendogli una mano sulla spalla) Un saggio mi disse, una volta: "Se t'ange un'angustia, guardati attorno! Ci sarà pure un'osteria d'intorno!"

Manolo                          (indicando l'osteria sul fondo) ...E infatti!... Ecco là lo speziale che dispensa il rimedio per il mal d'amore! Andiamo, vate sublime!

                                      (Don Carlos e Don Manolo si avviano allegramente. Don Felipe si alza stancamente e fa per seguirli, ma viene fermato da una zingarella che in quel momento entra nella piazza dalla strada di destra).

Zingarella                       Salute a te, bell'innamorato!

Felipe                             (sorpreso) Come sai...?

Zingarella                       Quando gli occhi di un uomo brillano tanto da rispecchiare la luna... quando sul suo viso gli astri sorridono e Venere splende con fulgore di fiamma... Più amore di così!...

Felipe                             Vedono ben lontano i tuoi occhi!

Zingarella                       Vedono molto più lontano di quanto pensi! Lascia ch'io legga la tua mano. (Felipe gli porge la mano sinistra. La zingara guarda la mano, poi indietreggia e gli si rivolge sorpresa e alquanto intimidita) Vi credevo un menestrello! Vi chiedo perdono, mio signore!

Felipe                             (fingendo) No, ti prego, non burlarti di me! Io sono un menestrello!

Zingarella                       La vostra mano non mente, mio signore! Voi siete un Grande di Spagna!

Felipe                             (ammettendolo, sorridendo divertito) E va bene! Non sono un menestrello! Però ti sbagli ugualmente, perché il Grande di Spagna è mio padre. (ridendo) Grande di Spagna io? Dio me ne liberi! Non ci tengo affatto! ...E poi... sono maledettamente negato per l'uso della spada... e in questo, posso ben dirlo, sono la vergogna del mio augusto genitore! M'hanno buttato fuori a calci da tutte le Sale d'Armi di Spagna, di Francia e d'Italia...

Zingarella                       Lo so... La vostra arma è la poesia...

Felipe                             C'è scritto anche questo nella mano?

Zingarella                       Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, la mano è lo specchio della vita! ...E la vostra mano è tutta una poesia! (lo guarda languidamente negli occhi) Ci vedo... ci vedo...

Felipe                             (sorridendo) Ma come puoi leggere la mia mano, se mi guardi in faccia?

Zingarella                       (si riprende, un po' vergognosa) Oh! Sì, perdonate!... (poi, leggendo la mano) Che lo crediate o no, mio signore, voi sarete presto accanto al Re! Vedo onori, vedo gloria, vedo... Ah!, ci vedo anche una donna!... E' bellissima, nobile, ricca... Vi sposa!... Oh, com'è bella!... E... oh, che buffo!... (scoppia in una fragorosa risata) Vedo un paggetto... che cammina dietro a voi... reggendosi i pantaloni con le mani!...

Felipe                             (che si diverte un mondo) E che significa?

Zingarella                       (sempre ridendo) Non lo so, ma è la scena più buffa che abbia mai viii... Ah! Ah! Ah!... Oh! Oh! Oh!... (fugge via dalla destra, sbellicandosi dalle risa. Don Felipe, ridendo, raggiunge gli amici nell'osteria. La piazza rimane deserta).

                                      (Dalla destra entra Padre Ramón. Cammina lentamente su e giù, leggendo il breviario. Poco dopo, con passo affrettato, quasi correndo, entra Don Ramiro: si guarda attorno, scorge l'Abate, lo raggiunge e gli si rivolge in tono molto rispettoso):

Don Ramiro                   Perdonate l'intrusione! Siete voi il reverendissimo Padre Ramón, Abate del Convento...

P. Ramón                       Sì, figliolo, sono io. Che cosa desiderate?

Don Ramiro                   Perdonate se vi molesto durante la preghiera, Vostra Paternità. Sono... (lo guarda attentamente, poi, all'improvviso, un'espressione di sorpresa si dipinge sul suo volto) Voi, mio Capitano?... Vi credevo scomparso in mare, a Lepanto! Ma come...

P. Ramón                       (con un gesto umile ma deciso, che non ammette repliche) Tacete, vi prego, chiunque voi siate! Il Capitano non esiste più. L'eco delle battaglie, il cozzar delle lame, il fragore dei cannoni, l'espressione di dolore, di atroce sofferenza sui volti contratti dei feriti e dei caduti... Tutto è ormai un ricordo lontano! No!... Il soldato che conosceste un giorno è scomparso per sempre, quando cadde prigioniero dei Turchi. Dinanzi a voi c'è soltanto un umile frate, l'ultimo dei servi di Dio! (pausa) Ma voi chi siete?

Don Ramiro                   Sono Don Ramiro Gómez de Avellaneda, inviato speciale di Sua Maestà il Re Filippo III. (pausa, con un certo imbarazzo) Se questa è stata la vostra decisione, non posso che inchinarmi dinanzi al vostro coraggio! Ma ancora per un istante, vi prego, concedetemi di dirvi che mi sento onorato e fiero di aver combattuto ai vostri ordini. La Patria, con voi, ha perso un valente difensore!

P. Ramón                       Io mi sento ancora un difensore della mia Patria. Le mie armi sono assai mutate, ma ugualmente potenti e letali contro il Male. Ora il mio scudo è la preghiera, la mia spada è la lingua, che non teme di scagliare la verità in faccia ai malvagi!... (gli appoggia affettuosamente una mano sulla spalla) Ma adesso basta parlare dei tempi dolorosi e veniamo a voi. Che cosa desiderate da me?

Don Ramiro                   Vi cercavo, Vostra Paternità, e al Convento mi dissero che vi avrei trovato qui...

P. Ramón                       Sì, in effetti... Ed intuisco il motivo della vostra meraviglia nel vedermi qui: questa è l'ora della preghiera vespertina e un umile frate come me dovrebbe pregare fra le mura del suo Convento. (Don Ramiro annuisce) Il fatto è, figliolo, che secondo me la preghiera deve scaturire dal cuore e se amiamo davvero i nostri simili, non dovremmo temere la folla... Voglio dire che la preghiera è più efficace, più diretta quando vien recitata fra la gente!... Il raccoglimento e la solitudine più s'addicono alle riflessioni ascetiche, mistiche. La preghiera, per me, è un atto d'amore e non può esservi amore dove c'è solitudine. Ecco dunque perché io scendo qui, in città, in mezzo alla gente, quando è l'ora della preghiera. (Pausa. Poi, riscuotendosi) Oh, perdonatemi!... Sono un incorreggibile chiacchierone e sto facendo perder tempo all'inviato del Re!... (inchinandosi leggermente) In che cosa può esservi utile questa mia nullità?

Don Ramiro                   Mi manda a voi Sua Eminenza il Vescovo di Siviglia, affinché mi aiutiate a svolgere una missione segretissima. Dovete sapere che Sua Maestà vorrebbe al suo fianco due nobili gentiluomini di Siviglia, Don Felipe de la Vega e Don Gonzalo de Vargas...

P. Ramón                       (Sorpreso) Felipe de la Vega è tornato da Salamanca? E da quanto è in Siviglia? E' tornato... e non s'è nemmeno degnato di venirmi a salutare?!... Manigoldo!... Ma faremo i conti!...

Don Ramiro                   E' qui da quasi una settimana, ma non potrà fermarsi a lungo. ...E neppure Don Gonzalo de Vargas! Non lo sanno ancora, ma il Re li vuole a corte. Tuttavia,  prima di decidere, Sua Maestà vuole che io li osservi da vicino e ne valuti il valore. Dovrò restare a Siviglia per un certo tempo, ma nessuno dovrà sospettare chi io sia in realtà e quale sia la mia missione. Il Vescovo vi autorizza con questo (gli consegna una pergamena) a farmi indossare il saio del vostro Ordine, così da poter circolare per la città senza destar sospetti.

P. Ramón                       Se questa è la volontà di Sua Eminenza, così sia! Vi confesso che anch'io son curioso di conoscere il vostro responso su quei due scavezzacolli!

Don Ramiro                   Perché? Sono forse malvagi, indegni, felloni o che cos'altro?

P. Ramón                       No, no!... Per l'amor del Cielo, non fraintendetemi!... Sono entrambi degni gentiluomini, onore e vanto delle loro famiglie e di questa città, ma... così diversi, l'uno dall'altro...

Don Ramiro                   (ridendo) Quand'è così, la cosa si fa interessante! Ma vi prego, mio Capit... Oh, scusate!... Vi prego, buon Padre, affrettiamoci!... Qualcuno potrebbe passare, vedermi con questi abiti e riconoscermi in seguito!...

P. Ramón                       (risoluto) Avete ragione! Presto, seguitemi al Convento! (esita un istante) Vi procurerò anche una barba finta. Quel pizzetto da cavaliere vi tradirebbe. Andiamo… “Vostra Paternità”! (Escono sorridendo).

                                      (Entra dalla destra la Famiglia Vargas al gran completo: Doña Luz, Doña Paquita, Don Gonzalo, Don Pedro e Doña Consuelo. Vestono elegantemente e sono reduci da uno spettacolo teatrale).

Consuelo                        Ah, Lope de Vega è sempre meraviglioso! Che genio! Questa sua nuova commedia, poi... oh, non ho parole!

Pedro                             (ridendo) Detto da voi, mia diletta sposa, è quasi incredibile! Voi senza parole?...

Luz                                 Signor Padre, via! La signora Madre si riferiva alla bellezza dell'opera...

Pedro                             (rabbuiandosi, ma accarezzandola) Bambina mia, mi prendete per un babbeo? Avevo inteso benissimo!

Gonzalo                         (ridendo) Via, padre, non v'adirate! Sapete bene che la mia adorabile sorellina ha la vocazione dell'avvocato difensore! (si avvicina a Doña Luz e le bacia affettuosamente la mano. Di rimando lei gli fa una boccaccia).

Consuelo                        (in tono lamentoso e petulante) ...E intanto nessuno vuol dirmi le sue impressioni sul "Caballero de Olmedo".

Pedro                             Geniale! Semplicemente geniale!... Come sempre, del resto! Ho inteso dire che Lope de Vega riesce a scrivere un'intera commedia in una notte.

Paquita                          E c'è di più, signoria! Pensate che trovata, prendere una cantata popolare e costruirvi sopra un dramma!... (declamando) "L'uccisero di notte, il Cavaliere... l'orgoglio di Medina, il fior d'Olmedo..."

Consuelo                        Si può ben dire che Lope de Vega sia il vero padre del teatro spagnolo. Finora avevamo visto cose gustose, di Cervantes, di Tirso de Molina, di Lope de Rueda e di altri, ma ora, finalmente, non abbiamo nulla da invidiare agli Inglesi!

Luz                                 Ho sentito parlare di quel tale Shakespeare. Dicono che la regina Elisabetta d'Inghilterra andasse pazza per le sue tragedie. Sembra che trent’anni fa abbia messo in scena la leggenda di due amanti contrastati che vivevano in Italia, a Venezia o a Verona, non ricordo...

Paquita                          E' vero! S'intitola "Romeo e Giulietta". Ha scritto anche un'altra tragedia, che parla di un re di Danimarca... o di un principe... una cosa terribile! Muoiono tutti!

Consuelo                        Sono un vero guaio questi continui contrasti con l'Inghilterra! Se potessimo leggerle, quelle tragedie...

Gonzalo                         Oh, beh, non è il caso di crucciarsi troppo, in fin dei conti! Finché avremo autori come Lope de Vega, Tirso e Cervantes, chi potrà superarci?

Luz                                 Ciò che più apprezzo in Lope è quella sua capacità di mettere insieme i fatti della vita con gli eventi soprannaturali. Anche questa sera, nel "Caballero de Olmedo"...

Pedro                             Ecco!... Questo pensavo, mentre mi gustavo la commedia! E' proprio l'intervento dell'elemento soprannaturale che dà luogo a scene d'incomparabile bellezza. Delitto per amore e gelosia!... E con premonizione! Una misteriosa premonizione! Una voce misteriosa che canta nella notte! Semplicemente geniale! Opere come questa sono una carezza per gli occhi!

Paquita                          Una carezza per gli occhi, ma... una pugnalata al cuore!

Gonzalo                         (ridendo) Ebbene, Doña Paquita, non piangete più, ora? A teatro sembravate una fontana...

Pedro                             Veramente tutte e tre le nostre dame erano in pianto! Un vero spettacolo nello spettacolo!

Luz                                 Oh, padre, volete dire che non vi ha commosso la sorte del Cavaliere d'Olmedo? Via, non posso crederci!...

Consuelo                        (a Doña Luz, lapidaria) Bambina mia, è notorio che gli uomini non sanno capire l'animo femminile! Per loro il pianto è debolezza, è stupidità muliebre!... Mentre lo sbudellarsi in duello per le ragioni più futili... Oh, quello me lo chiamano "valore", "mascolinità", "ardimento"!... Anche quando, pur avendo ragione, si buscano delle belle ferite… che poi siamo noi a dover medicare! Bah, contenti loro... Venite, rientriamo!... Sta rinfrescando. (lieve riverenza, poi le tre donne entrano nel palazzo, dalla sinistra. Nella piazza rimangono Don Gonzalo e Don Pedro).

Gonzalo                         Signor padre, non vi spiacerà se mi attardo un poco nella via? Ho ragione di credere che si aggiri nei paraggi un bellimbusto che vorrebbe far la corte a mia sorella... Se lo ripesco, gli faccio assaggiare la mia spada!

Pedro                             Sì, figlio mio, l'avevo notato anch'io! Non dev'essere di qui... non l'avevo mai visto prima d'ora. Sì, rimanete! Con voi l'onore della famiglia è in buone mani! Ricordate che abbiamo dei doveri verso Don Pablo de la Vega. Vostra sorella è promessa a suo figlio Felipe. (breve pausa) In questi giorni dovrebbe tornare da Salamanca. Chissà com'è, adesso? Ha la vostra stessa età, ma l'ultima volta che l'ho visto aveva sette anni. Comunque spero che sarete buoni amici, oltre che parenti. A proposito!... Dovremo organizzare una festa sontuosa per dare il bentornato al vostro futuro cognato. Pregherò la vostra signora madre di provvedere immediatamente. (entra anche lui nel palazzo).

                                      (Dalla destra entra Don Ramiro, irriconoscibile. Indossa un saio francescano, porta un'enorme barba bianca e tiene il cappuccio alzato. In mano ha un breviario aperto. Dietro di lui, in identico atteggiamento, viene l'Abate che però non raggiunge il primo. Ciascuno si colloca in un punto d'osservazione diverso, ma a portata di voce).

Gonzalo                         Eccolo lì, il santo abate! Ma stasera è in ritardo!... Di una buona mezz'ora! (osserva l'altro frate) E quell'altro chi sarà? Se tutti i frati del convento decidono di venir qui a pregare, dovremo allargare la piazza!... (pausa, mentre si guarda attorno) Quel gaglioffo non si vede ancora... Ma mi verrà a tiro!... E allora... (pausa) Chissà chi è?... Veste come un lacchè, canta e suona come un menestrello... eppure... c'è qualcosa in lui che denota un alto lignaggio!... Sivigliano non è di certo!... Lo conoscerei! (pausa) Però... sarà un gaglioffo... ma la spada che gli ho visto al fianco è da nobili!... L'avrà rubata! Non c'è altra spiegazione! Beh, non mi resta che aspettare: presto o tardi si farà vivo e gli farò mangiare la chitarra! Togliamoci di qui: non vorrei che, vedendomi... (si nasconde nell'ombra, sotto il verone. I due frati si ritirano anch'essi in zone d'ombra, per osservare meglio gli eventi. La zona illuminata della piazza resta deserta).

                                      Dalla destra rientra la zingarella, che va a sedersi tristemente nello stesso punto in cui sedeva poc'anzi Don Felipe). In lontananza riecheggiano i canti e i suoni  dei gitani. Nell’udire quella musica, la zingarella si lancia in una danza gitana. Al termine della danza torna a sedersi, sempre malinconica.

Zingarella                       La mia solita sfortuna!... (pausa) Trovo un giovine con gli occhi d'Apollo, le labbra di Paride e il corpo d'Adone... e salta fuori che è un nobile!... E adesso... che cosa faccio? Sono innamorata pazza di lui, accidenti a me!... Chi l'avrebbe detto, stamattina, che stasera mi sarei rincretinita nientemeno che per un Grande di Spagna? Lo so che è un amore impossibile!... Ma che cosa posso farci? (pausa, poi un appassionato sospiro) Com'è bello!... E com'è giovane!... Proprio l'amore che sognavo! (pausa, poi si riprende) Ma la sua mano parla chiaro! Si sposa con quella! E io non posso farci nulla! Non si va contro il destino!... (resta un po' pensosa e sospira. Poi, all'improvviso, rompe in una fragorosa risata) Comunque… mi piacerebbe tanto sapere chi è quel paggetto che si regge i pant... Ah, ah, ah!... Che spasso!... È scritto nella sua mano, perciò accadrà!... Ma che significato può avere quella visione? Un nemico vinto e umiliato? Un creditore beffato?... O forse un marito tradito?... Comunque è una scena degna di Cervantes!... (ode dei rumori e si mette in allarme) Arriva qualcuno! Se sono le guardie, sono fritta! Meglio filare! (esita un attimo) ...E se fosse il paggetto? Ah, ah, ah! Oh, oh, oh! Uh, uh, uh!... Questa la devo proprio raccontare! E' troppo bella! (fugge via dalla destra).

                                      (Felipe esce dall'osteria. E' solo. Imbraccia la chitarra e si prepara a cantare un'ennesima serenata alla bella sconosciuta. Ogni tanto si volge a guardare la porta dell'osteria che resta chiusa. Nessuna traccia degli amici).

Felipe                             Sta' allegro, dicono loro! Facile a dirsi! Ma al cuore d'un poeta non si può comandar l'allegria! È come se il pescatore dicesse al pesce appena pescato: "Ecco, adesso sei fuori da quell'acquaccia! Respira a pieni polmoni!" Così è per me: lei è il mio elemento vitale! Senza lei per me è la mort... (guarda il verone e si blocca all'improvviso: la finestra, illuminata, si apre, e si affacciano Doña Luz e Doña Paquita) Mio Dio!... E' lei... E' Lei!... Ma... non è sola! Meglio non farmi vedere. Nascondiamoci! (va a nascondersi dietro la statua. Nel frattempo l'Abate si avvicina a Don Ramiro e, a gesti, gli fa capire che i due giovani sono promessi fin dalla nascita, benché ancora non lo sappiano. Don Gonzalo sta per lanciarsi all'assalto dello sconosciuto, ma si avvede che la sorella è sul verone e torna a nascondersi nell'ombra).

Luz                                 Oh, Paquita, sono tanto infelice!

Paquita                          Su, su, animo, signoria! Uno sconosciuto vi lancia uno sguardo... e già ardete d'amore!... Una dama del vostro rango!… Suvvia, dimenticatelo!… E poi, lo sapete, siete già promessa a...

Luz                                 A chi? A un damerino da strapazzo che si pavoneggerà da mattina a sera vantando le sue imprese di spada o di caccia!... Li vedo, sai, i nobili amici di famiglia che vengono in visita! Pavoni, ecco quello che sono! Stupidi pavoni vanagloriosi!... E io avrei passato tutti questi anni a studiare, ad imparare danza, canto, musica, ricamo, pittura e mille altre diavolerie... per poi sposare uno di quei cretini?... Solo perché è figlio di un nobile? (pausa. Le viene un'idea) E se mi appellassi al Re?

Paquita                          Credete voi che Sua Maestà favorirebbe quel giovane villano, a scapito di un nobile? Al contrario, forse vi rimprovererebbe per esservi opposta al volere di vostro padre. La società è quella che è, mia signora! Come cambiarla? E' così da secoli!... La vostra è una famiglia nobile e la vostra nascita vi impone dei doveri. (pausa) Vedete, signoria, per quanto possa dispiacerci, dobbiamo riconoscere che questo mondo è degli uomini! Che cosa potremmo mai fare noi donne per cambiare questo stato di cose?

Luz                                 Ecco una cosa su cui non sono d'accordo con te, Paquita! E dire che sei donna anche tu! Non provi un senso di ripulsa per questo modo di vivere? Perché dobbiamo essere sempre e soltanto dei soprammobili, dei giocattoli nelle mani degli uomini? Come puoi affermare che le donne non potrebbero cambiare questa società? Siamo forse noi donne incapaci di ragionare?... di amare?... di volere?... Non avremmo anche noi il diritto di dire la nostra, quando si decide il matrimonio dei figli? Già di per sé questo fatto è mostruoso! I figli dovrebbero scegliere da sé con chi sposarsi, con chi vivere la propria vita! E per noi donne è ancor peggio: "O sposi chi dico io, o finisci in un convento!" Barbarie, ecco cos'è la nostra cosiddetta "società"!... E se osi ribellarti, ci pensa l'Inquisizione. Bella civiltà!

Paquita                          (ridendo furbescamente) Signoria!... Mi sorprendete!… Ciò che dite è meravigliosamente scandaloso!

Luz                                 E c'è di più! Chi ti ha messo in testa che questo mondo è degli uomini? Non è vero e te lo dimostro: l'uomo spadroneggia e comanda, ma poi, non appena s'innamora, si fa di gelatina, completamente in nostro potere e guai se cade tra le grinfie di una donna senza scrupoli! Lei ne fa quel che vuole e lui non riesce più a reagire!… Si scioglie come burro al sole!… (pausa) E poi, che diamine, come si può affermare che il mondo è degli uomini, se li facciamo noi donne? (Doña Paquita fa un gesto scandalizzato, ma Doña Luz continua imperterrita) Noi li facciamo, noi li nutriamo, noi insegnamo loro a camminare, a parlare... Ma quando mai insegnamo loro a comandarci a bacchetta? No, non abbiamo mai insegnato loro ad essere dei barbari! Però dovremmo insegnar loro qualcos'altro, fin da piccoli: dovremmo insegnar loro che il mondo, in realtà, non dovrebbe essere né degli uomini, né delle donne, bensì del Genere Umano! Pensaci! C'è una bella differenza!… Tu, per esempio, andasti sposa per forza o potesti scegliere? Ed oggi tu sei una donna libera, prendi decisioni, eserciti la tua volontà...

Paquita                          (Tristemente) Comprendo dove volete arrivare. Sì, anche il mio matrimonio fu stipulato dalla mia famiglia. Ma io amavo il mio Luís!... Non era un segreto il mio contratto di nozze, come per voi. (resta un istante pensosa, poi, tristemente) Voi oggi mi credete libera, soltanto perché sono vedova! Ma non sono libera, credetemi! Dio, quanto rimpiango le mie catene coniugali! Invece sono prigioniera di un passato che ogni giorno mi assale, che ogni notte mi angoscia, e che, anziché tenermi compagnia, rende ancor più dolorosa la mia solitudine!

Luz                                 (rimane muta e pensosa per qualche istante, poi) Sì, dev'essere triste perdere qualcuno che si ama, almeno quanto il dovervi rinunciare. (pausa) Io parlo... parlo... ma credo che non avrei mai la forza di oppormi al volere di mio padre! Gli spezzerei il cuore!

Gonzalo                         (fra sé) Accidenti, è duro da ingoiare questo rospo, ma non ha mica tutti i torti la mia dolce sorellina! ...E che caratterino!... Chi se lo sarebbe aspettato?... Se la sentisse nostro padre... gli piglierebbe un colpo!

Paquita                          (ritorna sorridente, per rincuorarla) Ad ogni modo, signoria, sono certa che la scelta di vostro padre sarà di vostro gradimento.

Luz                                 Come fai ad esserne così certa? (puntandole un dito accusatore) Tu sai chi è e non me lo vuoi dire!

Paquita                          No, mia signora, ve lo giuro! Mai una volta hanno fatto il nome di quell'uomo in mia presenza, credetemi! Il mio è solo un presentimento: qualche giorno fa vostro padre ne intesseva le lodi e diceva che è giovane e bello...

Luz                                 Ma che cosa me ne importa? Chiunque sia, io non lo amo! Io amo quel giovane, trasandato nel vestire, sì, forse povero, sì, probabilmente affamato... sì, sì, sì... (con un sospiro) ma poeta, con una voce d'angelo, dolce e appassionato come solo può esserlo un poeta!... (pausa) Sai, Paquita, ieri sera... mi ha dedicato una serenata...

Paquita                          (Allarmata) Santi del Paradiso! Non vi sarete affacciata...

Luz                                 No... Non osavo... Ma era così bella quella canzone!... Una canzone d'amore, bella e appassionata... come... (china il capo, arrossendo, poi termina, a mezza voce) come lui!...

Paquita                          Ho capito, mia signora! Qui ne va del mio collo! Siete affidata a me! Rientriamo, vi prego! Se qualcuno vi sente e riferisce a vostro padre... Per voi sono guai, ma per me è la fine! Vi prego, rientriamo! (la trascina dentro quasi di peso e chiude il verone).

Felipe                             (esultante, uscendo dal suo nascondiglio) Oh, gioia! Oh, gaudio! Ella m'ama! Ella m'ama! (rivolto al verone) Oh, bella sconosciuta, chi è più felice di me? Qual freno opporsi potrà a una tal passione? Neppure il soffio di Eolo, neppure l'ira d'Achille, neppure il fuoco d'Averno potrà fermarmi!... Amor mio, chi avrà tanta pietà del mio cuore affranto da dirmi chi sei?...

Gonzalo                         (furibondo, uscendo dal suo nascondiglio) Te lo dirò io chi è quella fanciulla, gaglioffo! E' mia sorella e non può far la vedova di un bifolco del tuo stampo, perché è già promessa...

Felipe                             Vedova?... Come sarebbe a dire? E voi chi siete, di grazia, e come osate parlarmi in tal guisa?

Gonzalo                         (ironico) Per usare lo stesso ordine, vedova, sarebbe a dire che, se anche vi sposasse, domattina scorterebbe il vostro funerale, ed infine, (si fa minaccioso) se volete saper chi sono, fate come me... (sguaina la spada. L'Abate, allarmato, tenta d'intervenire, ma Don Ramiro lo ferma).

Felipe                             Se davvero voi siete il fratello di quell'angelo, non affonderò la mia spada nel vostro sangue!... Un sangue che amo al disopra di ogni cosa!...

Gonzalo                         Un ottimo pretesto per celare la viltà!

Felipe                             Signore, chiunque voi siate, non vi permetto...

                                      (Dall'osteria escono Don Carlos e Don Manolo: riconoscono Don Gonzalo de Vargas e  restano impietriti).

Gonzalo                         Una donnicciola non mi permette... Ah, ah. ah!... Dove avete lasciato il ricamo, donzella?

Felipe                             (sguainando la spada) Questo è troppo! Ne va del mio onore! In guardia! In guardia!

Gonzalo                         Finalmente! (fa guizzare la lama nell'aria) Defungerete senza neppure un gemito!

Felipe                             (imitando Don Gonzalo con la spada, ma più goffamente) Oh, certo! Fra molti anni!... Ricorderò sempre come muore un tacchino che si crede un pavone!...

ISTRUZIONI PER IL DUELLO

Incominciano a duellare. La superiorità di Don Gonzalo si rivela subito incontestabile.Felipe è in una buffa posizione di guardia, col bacino alquanto arretrato e il braccio disteso con l’arma in linea. Gonzalo, spavaldo e sicuro di sé, non si preoccupa neppure di scendere in guardia. Avanzando e indietreggiando a piacere e giocando al “gatto col topo” lega il ferro avversario come segue, mentre Felipe resiste con il ferro in linea:

1.Legamento di quarta,

2.Trasporto in seconda,

3.Riporto in seconda,

4.Trasporto in quarta,                (Gonzalo:        Che ne dici di questo tacchino, gaglioffo?)

5.Cambiamento di legamento in terza,

6.Riporto in terza,                      (Felipe:                        Taci e difenditi, pagliaccio!)

7.Trasporto in mezzo cerchio,

8.Riporto in mezzo cerchio,      (Gonzalo:        Cielo, che paura mi fai!)

9.Trasporto in terza,

10.cambiamento di legamento in quarta,

11.velocissimo cambiamento di legamento in terza,     

12.velocissimo cambiamento di legamento in quarta, ove rimane fermo qualche istante.

(Felipe:                        Adesso tocca a me!)

Felipe approfitta di questa esitazione di Gonzalo: esegue una perfetta cavazione, ma al momento di vibrare il colpo dritto al bersaglio esterno, inciampa e, per non cadere, inizia una corsa (flèche) che lo fa rovinare disastrosamente all'interno del magazzino. Si sente un frastuono spaventoso e uno starnazzare di galline, mentre dalla porta del magazzino esce un'enorme nuvola di farina mista a penne di gallina. I due frati si abbracciano, come per non sentire il trambusto, mentre Don Carlos e Don Manolo si mettono le mani nei capelli, quindi si precipitano nel magazzino).

Gonzalo                         Mai visto un tanghero simile! Non vale nemmeno la pena di sporcare la spada con lui! (Rinfodera l'arma. Poi, rivolto al magazzino) Dite a quel mentecatto di non farsi più vedere, o guai a lui! (rientra nel palazzo, tutto impettito).

Felipe                             (esce barcollante dal magazzino, coperto di farina dalla testa ai piedi, il cappello tutto storto) Dov'è? Dove s'è nascosto? Non mi sfuggirà! Voglio mangiargli il fegato!...

Manolo                          (esce dal magazzino, inzaccherato di farina come Don Felipe) Sei ancora vivo, non ti basta, animale?

Carlos                            (esce a sua volta dal magazzino, più conciato di Don Manolo e con una gallina sulla spalla) Ma non sai chi è quello? Incosciente! (ributta la gallina nel magazzino) Ti sei battuto con la prima lama di Siviglia... e sei ancora vivo! Incredibile! Quello è Don Gonzalo de Vargas, la miglior lama di Siviglia e forse di Spagna!

Felipe                             (rinfoderando) Foss'anche Marte in persona, non m'impedirà di amare la più... (si blocca all'improvviso, folgorato da un pensiero. Poi, rivolto a Don Carlos e gridando a squarciagola) Che cos'hai detto? Chi è quello?...

Manolo                          Hai capito, adesso, in che guaio stavi per cacciarti?

Felipe                             (esultante) Macché guaio!... E' sua sorella!... Finalmente so chi è! E' Doña Luz de Vargas! Oh, stelle, ora potete scomparire! Ella vi oscura tutte!...

Carlos                            (battendo ripetutamente la fronte contro la statua) Oh, no!... È completamente impazzito, povero amico mio!

Manolo                          Ehi, aspetta un momento!... Non mi dirai che la pulzella per la quale spasimi è Doña Luz?!... Tu devi aver preso troppo sole, amico mio! Quella è intoccabile! Ti stai sedendo su un vulcano! Chi la tocca è un uomo morto! E' già promessa!

Felipe                             (poggiando minaccioso la mano sulla spada) A chi?

Manolo                          E chi lo sa? Le due famiglie hanno mantenuto il massimo segreto, ma si tratta certamente di una nobile Casata, forse di Granada o di Madrid...

Carlos                            ...E poi, dannazione, non fare pazzie! Anche la tua famiglia ti ha già combinato il matrimonio! E' fatale, nelle famiglie nobili. Del resto, anche noi due...

Felipe                             Ma bene! Dei fatti miei ne sapete più di me! E chi sarebbe questa dama che dovrei impalmare? Un'attempata vedova col mento adorno di peluria, o una svaporata educanda?

Carlos                            Non lo sappiamo. Anche la tua famiglia mantiene il segreto. Ma pensavamo che tu lo sapessi!...

Felipe                             (Esasperato) E come diavolo faccio a sapere qualcosa di me, se m'hanno tenuto vent'anni lontano da Siviglia, in giro per il mondo? Ad ogni modo, hanno fatto i conti senza di me! O avrò Doña Luz, o andrò a morire nelle Fiandre!

Don Ramiro                   (ridendo, fra sé) Dio scampi quei poveretti!

Manolo                          Ora basta con le sciocchezze! Andiamo a ripulirci, ch'è meglio! Sembriamo tre mugnai ubriachi! (escono da destra)

Don Ramiro                   (uscendo dall'ombra) Don Felipe de la Vega e Doña Luz de Vargas! Che splendida coppia! Colti, raffinati, entrambi amanti dell'arte e della poesia! Ce ne vorrebbero tante di coppie così!

P. Ramón                       (uscendo dall'ombra insieme con Don Ramiro) Eccellenza, non sarebbe il caso di rivelare a Don Felipe che la sua promessa sposa è proprio Doña Luz de Vargas? Un altro scontro col fratello e ci scappa il morto!

Don Ramiro                   No, non ancora, caro Abate! Mi sto divertendo troppo! ...E non temete: Don Gonzalo è troppo pieno di sé e Don Felipe... con la fortuna sfacciata che si ritrova, non vorrei esser nei panni di Don Gonzalo! (scoppia in una fragorosa risata) Come sono grato al Re! Non poteva darmi un incarico più divertente! Ad ogni modo, benché abbia visto assai poco, credo che entrambi siano più che degni della Corte.

P. Ramón                       (ridendo) Attento! Giudicate bene Don Felipe, Eccellenza! Se in un magazzino così piccolo è riuscito a creare un simile pandemonio, che cosa combinerà all'Escorial?

                                      (Escono entrambi dalla destra, ridendo).


ATTO  SECONDO

                La stessa scena dell'atto precedente. Tre giorni dopo. E' di nuovo sera.

                Sullo sfondo, il cielo del tramonto è un tripudio di colori che vanno dal rosso intenso al nero, passando da vari toni di magenta, violetto, azzurro cupo e blu oltremare. Durante l'azione i colori cambieranno, finché il cielo rimarrà tutto nero, trapunto di stelle, mentre apparirà la luna piena.

                Attutiti dalla distanza e dalla porta chiusa, giungono le voci allegre e i canti degli avventori dell'osteria.

                Ad un tratto, nell'osteria, le voci tacciono e si sente la musica e il "pateado" di una danza flamenca. Al termine della danza, silenzio.

                Don Ramiro, sempre camuffato da frate, e Padre Ramón passeggiano fingendosi assorti nella preghiera, ma attenti a tutto quanto accade.

P. Ramón                       (cantilenando un poco, a mo' di litania) Ci siamo eccellenzam! Domani a palazzo Vargas sarà annunciatum il fidanzamentum!

Don Ramiro                   (nello stesso tono e con lo stesso ritmo) Et ego rivelerò il motivum della mia missionem!

P. Ramón                       Avete fatto prestum at giudicarem! Qual est giudizium vostrum?

Don Ramiro                   Eccellentem! Proprium quel che serve at nostrum Regem! Felipe grandem litteratum et Gonzalo valente soldatum!

P. Ramón                       Mi chiedo se i due ragazzi saranno informati stasera o domani. Il segretum s'è troppo lungamente protrattum!

Don Ramiro                   Per entrambi la rivelazionem sarà più bellam! I matrimoni combinati spesso finiscono malem, ma quei due si adorano già adessum... figuriamoci quando saprannum!...

P. Ramón                       Eccellenzam, mi par d'udire qualcunum che s'avvicinat! Melius squagliare nobis!

Don Ramiro                   Amen!

                                      Si ritirano in fretta in una zona d'ombra, presso la porta dell'osteria e si siedono su una pancaccia addossata alla parete.

                                                                Dal palazzo dei Vargas escono Don Pedro de Vargas e Don Pablo de la Vega. Sono di ottimo umore.

Pedro                             Caro amico, non immaginate neppure il piacere che mi arreca il sapere del ritorno di Felipe. Domani, al ricevimento, annunceremo il fidanzamento e la data delle nozze. E poi... che il Cielo li aiuti ad essere felici!

Pablo                             Sarà una fatica ben lieve per il Cielo, caro Don Pedro. La bellezza di  Doña Luz è tale che Felipe se ne innamorerà a prima vista.

Pedro                             Sapete? Più ci penso, più ritengo che sia stata un buona idea quella di mantenere il segreto sul matrimonio dei nostri ragazzi. Quante seccature risparmiate!...

Pablo                             Avete ragione! Non potete neppure immaginare quante Casate abbiano cercato di blandirmi per sposare le loro figlie con Felipe, naturalmente al solo scopo di ingraziarsi il Re attraverso me. Sono cose davvero disgustose! E poi... perbacco, per Felipe non potrebbe esserci una sposa più degna di vostra figlia! Un incanto di fanciulla, bella, colta...

Pedro                             Non avete idea di quante precauzioni abbiamo dovuto prendere per proteggerla! Anche qualche giorno fa Gonzalo dovette mettere in fuga un bellimbusto che strimpellava serenate sotto quel verone!

Pablo                             Chi è? Lo conosciamo?

Pedro                             No. Certamente di tratta di qualche studentello che si crede irresistibile. Ma alla vista della spada di Gonzalo, se l'è data a gambe! Così mi ha riferito.

Pablo                             Questi giovincelli hanno perso ogni ritegno! Per questo ci ho tenuto ad allontanare Felipe da Siviglia: i viaggi, gli studi e l'università di Salamanca ne hanno fatto un autentico gentiluomo. (ridendo) Far serenate sotto i veroni!... Che frivolezza!…Ecco una cosa che i de la Vega non farebbero mai!...

Pedro                             Non ne dubito. Ma... a proposito di gentiluomini, avete saputo dello strano arrivo?

Pablo                             Strano arrivo? Che strano arrivo?

Pedro                             Ma... non so con precisione. Si dice che tre giorni fa siano giunti a Siviglia alcuni cavalieri al seguito di un gentiluomo che portava le insegne reali. Ma quello stesso pomeriggio erano scomparsi, come dissolti nel nulla. Eppure le guardie, alle porte della città, giurano di non averli visti uscire. Se è così, essi devono essere ancora qui... ma perché celarsi?

Pablo                             Uhm!... Qui sotto gatta ci cova! Io sono il Luogotenente del Re!... Perché non si è presentato a me, com'era suo dovere? Ma presto o tardi dovrà presentarsi e allora faremo i conti!

Pedro                             A meno che l'incognito non gli fosse stato espressamente ordinato da Sua Maestà!...

Pablo                             Non capisco a che pro! Comunque, chi vivrà vedrà!... (cambiando tono) Credo che prima di rincasare farò una bella passeggiata!

Pedro                             Se permettete, vi accompagno. La serata è deliziosa, l'aria è mite e dopo essere stati tanto tempo seduti una buona passeggiata è proprio quel che ci vuole. (escono dalla destra. Padre Ramón e Don Ramiro restano al loro posto, nell'ombra).

P. Ramón                       (sottovoce) Siete statum notatum, eccellenzam!

Don Ramiro                   Inevitabilis erat, at porte civitatis. Ma una volta raggiuntum il Palagium Vescovilis, attesi il calar della sera per venire at cercare vobis!

P. Ramón                       Ssst!... Arriva qualcunum!

                                      Entra Don Felipe dalla destra. E' vestito in modo lussuosissimo. Soltanto la splendida spada di Toledo è la stessa, ma è appesa ad una bandoliera che porta le insegne dell'Ordine di Calatrava. Tutto in lui è eleganza e raffinatezza. La gran piuma bianca sul cappello e l'ampio e sontuoso mantello ondeggiano ad ogni passo, conferendogli un'aria maestosa. Anche questa volta ha con sé la sua inseparabile chitarra.

Felipe                             Che strani scherzi giocano a volte le prime ombre della sera! Venendo mi è parso d'udire la voce di mio padre. Ma mi sarò sbagliato!... Che cosa ci verrebbe a fare mio padre da questa parte della città? (pausa) A meno che... vuoi vedere che è amico dei Vargas? Perché... se così fosse...

                                      (Entrano dalla destra Don Carlos e Don Manolo, allegri come sempre. Vestono anch'essi elegantemente).

Manolo                          (a Don Carlos) Avevo ragione! Hai visto? Eccolo qui, ancora in cerca di guai!

Carlos                            Felipe, amico mio, dimentica questa pazzia! Un nuovo scontro con Gonzalo e...

Felipe                             (tristemente) ...e... che cosa? Morire per lei sarebbe una vittoria...

Carlos                            ...di Pirro!

Felipe                             Che?...

Manolo                          Che cosa ne ricaveresti? Tu sotto terra e lei comunque sposa del suo legittimo promesso! Bella vittoria!

Felipe                             Voi non potete capire!... Vivere senza lei è già una morte!

Carlos                            Ho capito benissimo, invece! Qui occorre un'altra dose di pozione contro il mal d'amore! ...E lo speziale è sempre là che ci attende. (indica l'osteria. I due amici prendono Felipe a braccetto e ve lo trascinano quasi di peso).

                                      (Dal portone di palazzo Vargas, sulla sinistra, escono Doña Consuelo e Doña Paquita).

Paquita                          Oh, mia signora, sono così eccitata! Sarà una festa splendidissima!

Consuelo                        (ridendo) Calmate i bollenti spiriti, Paquita! Risparmiateli per domani sera! Siete ancora giovane e bella e potreste trovare un baldo pretendente!

Paquita                          Lo volesse il Cielo, mia signora! Se sapeste quanto è orribile la solitudine!... Quand'era vivo mio marito... il mio povero Luís... (un sospiro) Ah! quella sì che era vita!... Viaggi, feste, cavalcate... (pausa, con un sospiro) Doveva proprio andare a farsi ammazzare in quella dannata Invincibile Armada!...

Consuelo                        Forse quello era il suo destino! Ma non perdetevi d'animo... Siete così graziosa che non resterete sola ancora per molto, ne sono certa! (Pausa. Poi, con voce stentorea, come se volesse intenzionalmente essere udita) Beh, come va la mia bambina? Sempre triste per quel suo spasimante straccione? Son cose dell'altro mondo! Facciamo tanto per farne una gran dama, e lei... arde d'amore per un morto di fame arrivato da chissà dove!... Ma da domani sera, grazie al Cielo, ci penserà il suo sposo a guarirla dal mal d'amore! A quanto dicono, è bello come un Apollo! (pausa e sospiro) Ah, beata gioventù!...

Paquita                          Beh, mia signora, forse non dovrei dirlo, ma... anche il poeta... morto di fame... come dite voi... è giovane e bello come un arcangelo!...

Consuelo                        (con voce esageratamente alta) Proprio così, Paquita!... Non dovreste dirlo! Mi meraviglio di voi!... Vergognatevi! (poi, sottovoce, prendendola a braccetto) E, ditemi... Sono davvero così belle, le sue serenate?

Paquita                          (fingendosi scandalizzata) Oh, signoria!... In fatto di bei giovani galanti, siete peggio di me!

Consuelo                        Sarà la primavera... sarà quest'aria limpida e serena... sarà la luna riflessa nel magico specchio del Guadalquivir... ma io... (con un sospiro esagerato) Ah, se avessi vent'anni di meno!

Paquita                          (sorpresa e scandalizzata) Signoria!...

Consuelo                        (sbottando, ma sempre a mezza voce) Eh... signoria... signoria!... Signoria un corno! Le nostre sono usanze barbariche! Potevano andar bene ai tempi dei Romani!... E poi ci diciamo moderni,  evoluti e civili!... Non siamo più in tempi di barbarie! Siamo nel 1605, perbacco! (breve pausa, poi, cambiando tono) Ma è mai possibile, dico io, che la mia bambina, bella come una rosa di maggio, debba andare sposa a non so che razza di scorfano, solo perché è nobile, mentre il suo cuore geme e lacrima per un altro, magari molto migliore? Ma che cosa credete? Anche per me è stata la stessa storia! Fortuna che Pedro mi è piaciuto subito e me ne sono pazzamente innamorata! Altrimenti... Non avete idea di quante spose infelici vi siano a Siviglia!... (sottovoce) ...Circolano più corna in città che nella plaza de toros!

P. Ramón                       (piano, a Don Ramiro) Sancta veritas!...

Paquita                          Almeno potessimo far qualcosa per Doña Luz!

Consuelo                        Scordatevelo! In queste cose le donne contano meno di zero! Le figlie succhiano ancora al seno materno e già i padri le hanno "sposate" per la Ragion di Stato, per il lustro delle Casate e per mille altri accidenti che con l'amore non c'entrano un fico secco! (tace, rimanendo pensosa).

P. Ramón                       (piano, a Don Ramiro) Sancta veritas!

Don Ramiro                   (piano, all'Abate) In facto de amoris, mala tempora currunt!

Consuelo                        Ci sarebbe veramente da ridere, se non fosse tutto così grottesco! Ho provato a far ragionare mio marito! Macché!... (Declamando) "La Casata innanzi tutto! Nostra figlia non potrebbe ambire a miglior sorte, sposando il figlio dell'eroe di Lepanto che durante la battaglia mi salvò la vita! ...Il figlio del Luogotenente Generale del Re!" ...E questo è tutto! (pausa. Poi, riprendendosi) ...Ma smettiamola di spettegolare e corriamo a controllare quei pelandroni di pasticcieri!... Voglio controllarli io stessa! Tutto dev'esser pronto e perfetto per domani! (si avvia per uscire dalla destra). Su, svelta!

Paquita                          (cercando di tenerle dietro) Corro, signoria, corro!... (escono entrambe dalla destra).

                                      (Dall'osteria escono Don Carlos e Don Manolo, abbacchiati).

Manolo                          Niente da fare! Non ci riusciremo mai! Ce l'ha nel sangue!

Carlos                            Proprio così, amico mio! E chi gliela toglie più dal cuore la sua Doña Luz? Tutto questo tempo a fare i buffoni per distrarlo e lui... niente! In confronto a lui un funerale sembra una festa danzante!

Manolo                          ...E c'è di peggio!... Se l'è cavata una volta con Gonzalo, ma se gli ricapita a tiro...

Carlos                            In tal caso dovremo piangere il nostro fu caro amico!... (scattando) Ma che accidenti ci possiamo fare? Gliel'abbiamo cantata anche in musica, ma è peggio d'un mulo!… E poi... questa sua maledetta idea di andare a combattere nelle Fiandre!... Credevo che scherzasse, invece... Dannazione, se l'è scelto proprio bene il suo futuro: o infilzato da Gonzalo o accoppato nelle Fiandre!

Manolo                          Me lo vedo, nelle Fiandre, a combattere! Proprio lui che detesta le armi! Con che cosa risponderà al fuoco nemico? Sparando strambotti e sonetti? O cantando serenate al generale nemico?... Che razza di idee!... Va bene, è innamorato!... E chi non lo è, alla nostra età? Ma questa non mi sembra una ragione sufficiente per farsi ammazzare! E poi, che diamine!... Magari la sposa che gli hanno destinata è molto più bella di Doña Luz...

Carlos                            Ah, no! Con tutto il rispetto, non sono d'accordo! Non credo che in tutta l'Andalusía esista una donna più bella di Doña Luz de Vargas!

Manolo                          Per tutte le spade... Non mi dirai che anche tu...

Carlos                            Zitto! Non una parola di più!... Felipe è più che un fratello per noi e questo deve bastare!

Manolo                          (commosso) Accidenti, questa sì che si chiama Cavalleria!

Carlos                            (dandosi un tono) Andiamo a spasso, ch'è meglio! (via dalla destra)

Don Ramiro                   Splendidi gentiluomini! Chi sono?

P. Ramón                       Sono Don Carlos de Santillana e Don Manolo Centellas, rampolli di nobili famiglie sivigliane, gli unici amici d'infanzia di Don Felipe. I loro padri combatterono nella battaglia di Lepanto, al fianco di Vargas e de la Vega. Erano imbarcati anche loro sull'ammiraglia, con Don Juan de Austria.

Don Ramiro                   Dovrete dirmi di più su di loro! Voglio segnalarli al Re!

P. Ramón                       Sarete servito, eccellenza! Inoltre... Ssst! Arriva gente!

Don Ramiro                   (sottovoce) Ma questa piazza è più popolata d'un mercato!

                                      (Entra la zingarella. Si guarda attorno, vede i due frati, ma non si allarma. Si siede ai piedi della statua e scruta intensamente il cielo).

P. Ramón                       (ad alta voce) Oremus!...

Don Ramiro                   (in tono di litania) Che spassum, questa missionem!

Zingarella                       La sua mano diceva "la notte del plenilunio". Ci siamo! Oggi è il ventuno di aprile: luna piena! Questa sera qualcosa accadrà... e non voglio perdermi lo spettacolo! (pausa, sempre guardando il cielo) Però... "questo" plenilunio è un po' strano! Non mi è molto favorevole!... Con Venere nel Toro, Marte nello Scorpione, Saturno in Sagittario e Giove a farsi il pediluvio in Acquario... Uhm!... Non vorrei che mi portassero jella! (pausa) Ma son sicura che qualcosa accadrà stasera. Speriamo almeno che ci sia da divertirsi. Ne ho proprio bisogno! Non ho mai avuto il morale tanto in basso! Ci mancava soltanto che m'innamorassi!... E di uno così, poi!... (ridendo) Scommettiamo che compare anche il paggetto dei pantaloni?... (trasalendo) Oh! Oh! Chi c'è lì? (Felipe esce dell'osteria e lentamente si dirige verso il palazzo dei Vargas, fermandosi sotto il verone. La zingarella lo riconosce e si nasconde dietro la statua) Eccolo lì! E voleva farmi credere d'essere un menestrello! Guarda che elegan... Ehi, è addirittura un Cavaliere di Calatrava! (sospirando) Dio, com'è bello! Più bello di Paride!… E' un amore! Che cosa non darei per... E guarda di "chi" è innamorato, quel pazzo incosciente!... (accennando al pianto) E crudele... e... e... (si copre gli occhi col fazzoletto).

                                      (Felipe, sotto il verone dei Vargas, imbraccia la chitarra e canta una serenata. Mentre canta, senza che lui se ne accorga, il verone s'illumina e Doña Luz si affaccia silenziosa e ascolta, asciugandosi gli occhi. In mano tiene una rosa bianca).

Felipe                             Placido il fiume rispecchia il Creato,

                                      taccion le rondini all'imbrunir,

                                      piano singhiozza il mio cor disperato

                                      che tu, crudele, volesti ferir!

                                      Oh, qual ti veggo, mirabil visione,

                                      quasi un arcangelo consolator,

                                      e nel delirio di questa passione

                                      sogno un fuggevole istante d'amor!

                                      Destati! Destati! Più non tardare!

                                      Questo tuo schiavo t'implora pietà!

                                      Il mio tormento, deh, non prolungare!

                                      Parlami!... Un motto, divina beltà!

                                      Fra gente ostile, per terre straniere,

                                      cercherò pace che non troverò,

                                      cercherò oblio sotto mille bandiere,

                                      ma il tuo bel volto giammai scorderò!

Zingarella                       (fra sé, piangendo) Forse una bella bastonata in testa te la farebbe scordare, babbeo! (cade a terra bocconi e piange, nascondendo il viso nella piega del gomito).

                                      (Terminata la serenata, Don Felipe, più mesto che mai, si appresta ad allontanarsi. Doña Luz gli lancia la rosa che va a cadere davanti ai suoi piedi. Trasalendo, Don Felipe guarda il verone e la scorge).

Felipe                             No!... Non può esser vero!... Ditemi che non è una visione! (depone la chitarra sotto il verone, poi s'inginocchia, raccoglie la rosa e la bacia. Doña Luz, commossa, s'asciuga nuovamente le lacrime). Vi prego, parlate!... Dite qualcosa!... Per tutta la mia triste e breve esistenza ricorderò questo magico istante e la melodia della vostra voce!

Luz                                 Perché dite questo? Perché pensate che la vostra vita sia breve?

Felipe                             Perché, se non posso amarvi, a nulla mi serve quest'inutile vita!

Luz                                 (sempre più commossa) Dunque sapete?! Neppur io posso amarvi! Ma anche il mio cuore ormai non sa spinger lo sguardo oltre il vostro bel viso! Oh, sì, lo so, non dovrei dirvi queste cose, ma... (la commozione le impedisce di proseguire).

Felipe                             (con voce vibrante d'amore) Parlate! Oh, parlate ancora, affinché seguendo la vostra voce la mia anima travagliata possa raggiungere il coro degli Angeli! Oggi dal firmamento s'è staccata una stella, la più fulgente, la più bella, ed ora splende su quel verone che è per me un altare!

Zingarella                       (fra sé, piangendo disperata) Non è per me!... Ama lei!... Ama lei!... (fugge via dalla destra).

Luz                                 (tristissima) Mi si prepara una squallida esistenza, maritata a un uomo che non amo e adorando un uomo che mi è precluso! (pausa) Oh, se sapeste, quante illusioni coloravano di rosa i miei sogni, quando, fanciulla, mi sorprendevo ad immaginare come sarebbe stata la mia vita di sposa! ...E solo ora comprendo che quei sogni, quelle illusioni avevano il vostro bel volto. Sognavo d'essere io a scegliere il mio sposo, sognavo d'essere io a mettere il mio sposo sulla vetta dell'alto monte dei miei pensieri. Non avrei mai supposto, allora, che anche il mio buon padre non si sarebbe sottratto alla barbara usanza d'impormi uno sposo di sua scelta, causando un così immenso dolore alla sua figlia che dice di adorare! Ma come posso oppormi al volere di mio padre? Come coronare il nostro sogno, amor mio, senza macchiare il nostro onore, senza spezzare il cuore di mio padre... di mia madre... dei vostri genitori, che certamente v'amano...

Felipe                             Ormai è troppo tardi! Nessuno più ci può separare! Io sono parte di voi e voi siete tutto il mio essere! Chi potrà mai opporsi ad un amore puro, che al cospetto della vergine Luna ha legato i nostri cuori in un vincolo imperituro? (breve pausa, durante la quale infila la rosa nella fibbia della bandoliera) Calmatevi, dunque, anima mia! Celate gelosamente le vostre lacrime, perché sono preziosissime perle da custodirsi nel più prezioso degli scrigni, il vostro cuore! Io stesso mi prostrerò ai piedi di vostro padre, gli chiederò la vostra mano e vi contenderò al mio rivale, anche a costo della vita!

Luz                                 Davvero farete questo? Ma mio fratello vi ucciderà! Oh, temo per voi!

Felipe                             No, non dovete temere! Dal momento che mi amate, lo stesso Marte m'infonderà ardimento e la divina Minerva mi donerà saggezza. Dimenticate ogni timore, vi prego, ed assaporate con me la dolce magia di questi sublimi istanti! (riprende la chitarra e accompagna le parole con bellissimi arpeggi) Udite, anima mia? Tutto, intorno a noi, è un sussurro d'amore! Il lieto canto dei contadini, dal volto bruciato dal sole... Il lento e monotono cigolio delle ruote dei carri... il festoso garrire delle rondini in volo!... Ascoltate con me l'armonia che ci inebria nell'incanto del crepuscolo!... Questa brezza gentile, che fa stormir le fronde e che ci avvolge nel profumo dei gelsomini, non è forse un sussurro d'amore? Il discreto sciacquio delle sponde del Guadalquivir, testimone silenzioso e galeotto di tanti sospiri, non è forse un sussurro d'amore? Il lontano canto dell'usignolo, che nella sconfinata campagna andalusa affida alla luna le sue pene più dolci, non è forse un sussurro d'amore? E il vostro divino sguardo, che accende in me il sacro fuoco dell'adorazione, non è forse anch'esso un sussurro d'amore?

Luz                                 (con slancio appassionato) La tua voce, anima mia, è il solo sussurro d'amore capace di raggiungere il mio cuore, tanto ardita da poter lei sola espugnare la fortezza che lo rinserra! (pausa con un lungo sospiro. Felipe depone di nuovo la chitarra) Per quanto abbia sognato questo momento, non immaginavo che fosse tanto dolce amare!

Felipe                             Amare! Oh, verbo celeste che muovi il mondo, che fai sorgere il sole e vesti la primavera con il manto di Iride divina! Amare! Quale immensa gioia pervade lo spirito al solo udir questa parola proferita dalle tue labbra! (pausa) Mi sentivo perduto ed ora tu mi dài resurrezione e vita! Ero risoluto a partire per terre lontane, in cerca di una morte gloriosa, ed ora sento più forti che mai le radici che mi legano a questa dolcissima terra, santificata dal tuo passo gentile!

Luz                                 Oh, dolce amore mio! Mio unico bene!... (spaventata) Ah!...

                                      (Sulla soglia di palazzo Vargas è apparso Don Gonzalo, furibondo e minaccioso. E' in maniche di camicia e impugna la spada. S'avanza silenzioso e, passando alle spalle di Don Felipe, si porta sulla destra. Don Felipe non s'accorge di nulla, rapito com'è nell'estasi d'amore. E' come in trance. Ancora una volta Padre Ramón, allarmato, tenta d'intervenire, ma è fermato da Don Ramiro).

Gonzalo                         (fra sé, sibilando fra i denti) Te la do io la morte gloriosa, grattachitarre del malanno! (assume la posizione di guardia, pronto a colpire di botta dritta. Felipe non si accorge della sua presenza).

Luz                                 (allarmata) Attento!... Attento, amor mio!... Alle spalle!...

Felipe                             Sì, vita mia, alle spalle! Alle spalle getto il mio triste passato di pene e di sospiri! (sguaina la spada proprio nel momento in cui Don Gonzalo sferra l'attacco, parando involontariamente il colpo di terza. E' talmente rapito che, malgrado il cozzo delle lame, non s'accorge di nulla). Da oggi la mia spada è consacrata a voi, mia musa ispiratrice!

                                      (Don Gonzalo rimane un attimo disorientato. Seccatissimo per quest'inattesa reazione, si dispone a vibrare un nuovo colpo dritto alla gamba).

Luz                                 (disperata) Vi prego! Vi supplico, voltatevi, per l'amor del Cielo!

Felipe                             (ispirato) Ah, no, giammai!... (sposta indietro il braccio armato, parando di seconda) Giammai potrei volger lo sguardo a rimirare il mio triste passato... (Don Gonzalo è fuori di sé: inferocito oltre ogni dire, tira un colpo dritto alla gola) ...se non per mirare la Luna, (sposta il braccio verso l'alto, parando di terza) per gridarle tutta la gioia ch'è in me! (Don Gonzalo porta l'arma in linea. Don Felipe, nel pronunciare le parole "ch'è in me" allarga le braccia ed involontariamente appoggia il "forte" della sua lama sul "debole" di quella di Don Gonzalo e, pronunciando il successivo "No!" disarma quest'ultimo) No!... No, anima mia! Non mi volgerò!... Il passato è ormai sepolto: dinanzi a noi v'è solo un futuro d'amore e di felicità!

Luz                                 (disperata) Vi prego!... Vi scongiuro... La vostra vita...

Felipe                             La mia vita ormai v'appartiene! (Don Gonzalo, recuperata l'arma, si porta alle spalle di Don Felipe e si dispone a vibrargli un colpo di taglio alla testa) Ed io vi giuro su questa nobile spada... (solleva l'arma, tenendola con le due mani in posizione orizzontale al disopra della propria testa. In tal modo para il colpo di quinta) ...che non permetterò a nessuno di separarci, né mai più guarderò negli occhi un'altra donna. (Don Gonzalo, imbestialito oltremisura, si riporta sulla destra, impugna la spada con due mani e si prepara a vibrare un colpo di taglio alla nuca di Don Felipe, per decapitarlo. In quel momento appare la zingarella sulla destra. A questo punto si allarma anche Don Ramiro, che scatta in piedi, si sfila rapidamente il saio, sguaina a sua volta la spada e fa per lanciarsi verso i due. Dalla destra entrano anche Don Carlos e Don Manolo, che a loro volta sguainano la spada e fanno per gettarsi in soccorso di Don Felipe).

Luz                                 (atterrita, tende le mani verso Don Felipe, come per difenderlo) Ah!... No, Gonzalo, Nooo!!!

Felipe                             (che non s'accorge del trambusto, continuando imperterrito, portando avanti ambo le braccia) Per me nel mondo non esistete che voi! (Doña Luz sviene fra le braccia di Doña Paquita che sopraggiunge in quel momento sul verone. La zingarella si copre il viso con le mani per non guardare. Don Felipe, sulla parola "voi", allarga le braccia e, prima che Don Gonzalo possa vibrare il colpo mortale, la lama della spada di Don Felipe colpisce il cinturone di Don Gonzalo, recidendolo. I pantaloni di quest'ultimo, non più trattenuti in vita, cadono, scoprendo i mutandoni bianchi a pallini rossi. La zingarella, resasi conto dell'accaduto, si rotola per terra, sbellicandosi dalle risa. Don Felipe non s'è ancora accorto di nulla).

Gonzalo                         (Urlando di rabbia) Ah!... Maledetto tangh...!!! (lascia cadere la spada e si affretta a ritirarsi su i calzoni.).

Felipe                             (si volta e finalmente si accorge di Don Gonzalo) Ah, siete voi? Che cosa ci fate qui? Stavate forse spiandomi, signore?

Gonzalo                         (completamente fuori dai gangheri, reggendosi i pantaloni) Voi!... Noi!... Io... Lei... Io spiare... Ma che cos...? Acc...! Malediz...! (sempre reggendosi i pantaloni con le mani, si avvia di corsa per rifugiarsi sotto il portone del palazzo, ma viene fermato da Don Pedro e da Don Pablo che ritornano da destra, mentre dal portone esce allarmatissima Doña Consuelo).

Pedro                             Che cosa succede qui? (indicando i pantaloni) Gonzalo, figlio mio, che scandalo è questo? Mi spiegherete!

Pablo                             E che cosa significano queste spade sguainate? (mentre tutti rinfoderano, si accorge di Don Felipe) Voi qui, figlio mio?

Gonzalo                         Che?... Quel... coso... sarebbe vostro figlio? Quel... quel... dannato strimpellatore di serenate... sarebbe mio cognato?

Felipe                             Cognato? Come sarebbe a dire? Vi prendete gioco di me, signore?

Gonzalo                         Dannazione! Questo è troppo! Io vi... (per un attimo, nell'ira, abbandona la presa e i pantaloni ricadono. Don Gonzalo li ferma al volo).

                                      (Dal palazzo escono Doña Luz e Doña Paquita. Doña Luz, pallida e barcollante dopo lo svenimento, si appoggia a Doña Paquita).

Don Ramiro                   (mentre s'avanza rinfodera la spada) No, Don Felipe, nessuno vuol dileggiarvi! (rivolto a Don Pedro e a Don Pablo) Miei signori, date le circostanze, ritengo opportuno non prolungare l'agonia di questi due meravigliosi giovani (indica Don Felipe e Doña Luz). Suggerirei di rivelar loro la verità adesso, senza attendere la festa di domani.

Pablo                             (stupefatto) E chi siete voi, di grazia? Come osate...

P. Ramón                       Vi dirò io chi è questo gentiluomo, signori!

Pedro                             (incredulo) Anche voi della partita, padre?...

P. Ramón                       Sì, a Dio piacendo. Miei signori, ho l'onore di presentarvi Sua Eccellenza Don Ramiro Gómez de Avellaneda, inviato speciale di Sua Maestà Filippo III, per la Grazia di Dio Re di Spagna! (Don Ramiro fa un lieve inchino).

Pablo                             Ah, finalmente si svela il mistero! Signore, perché non vi siete presentato immediatamente a me, al Luogotenente Generale del Re?

Don Ramiro                   Perdonate, Don Pablo, ma eseguivo precisi ordini di Sua Maestà! Mi era proibito rivelare la mia identità e la mia presenza in Siviglia.

Pablo                             Esigo una spiegazione.

Don Ramiro                   L'avrete, Eccellenza! Ma ora permettetemi di portare a termine la mia missione. Sono lieto di informare voi, Don Gonzalo de Vargas, e voi, Don Felipe de la Vega, che Sua Maestà il Re ha espresso il desiderio che facciate parte della Corte. Subito dopo le nozze di Doña Luz con Don Felipe de la Vega, dovrete partire per Madrid, dove Doña Luz de la Vega (s'inchina a Doña Luz) sarà accolta come una regina!

Felipe                             (appressandosi a Doña Luz) Ma... Ma... Io trasecolo... Io sogno! Che cosa...

Pedro                             No, non sognate! Qua sul mio petto, dilettissimo figlio! (lo abbraccia, mentre Don Pablo fa altrettanto con Doña Luz) Ora finalmente possiamo svelarvi quello che fino ad oggi era il nostro più geloso segreto. Fin da quando eravate un bambino, alla nascita di mia figlia Luz, vostro padre ed io avevamo deciso il vostro matrimonio. Le nostre famiglie si uniscono e il nostro cuore trabocca di gioia, ma non avremmo mai supposto che sarebbe comunque nato fra voi un così ardente amore!

Luz                                 (raggiante) Oh, siate mille volte benedetto, padre mio!... E voi, Don Pablo, che padre meraviglioso sarete per me!

Pedro                             (commosso) Che diamine, figlia mia! Lasciate perdere due vecchi barbogi come noi! (a Don Felipe) Ma di che cosa siete fatto, ragazzo mio? Che cosa aspettate ad abbracciare la vostra futura sposa? (Don Felipe si precipita ad abbracciarla).

Gonzalo                         (a Don Ramiro) Perdonate, eccellenza, ma ancora non riesco a capacitarmi! Posso capire che Sua Maestà voglia un uomo d'armi al suo fianco, ma Don Felipe de la Vega non lo è... è squisitamente un uomo di lettere... Come mai a Corte?

Don Ramiro                   Caro Don Gonzalo, non sempre la spada è la miglior consigliera di un re. Le armi servono a difendere un regno, non a consolidarlo. Ma una volta che il regno è al sicuro, ben custodito da uomini di valore come voi, tocca ai letterati, agli artisti e agli uomini di cultura e di pensiero il compito di farlo crescere in saggezza e in bellezza. Uno Stato, per prosperare, ha bisogno di tutti gli uomini di valore di cui dispone, degli autentici gentiluomini, e soprattutto dei veri galantuomini, siano essi soldati o filosofi. In questo risiede l'autentica civiltà! (sorridendo furbescamente, gli appoggia una mano sulla spalla e fa un cenno col capo in direzione di Doña Luz). Inoltre, caro Don Gonzalo, sia voi che io, non più tardi di stasera, abbiamo appreso una lezione da non dimenticare: che presso la Corona sovente una donna è più utile di un guerriero, perché la saggezza di una donna giunge spesso là dove non giungeranno mai né la spada né la logica maschile. (pausa. Poi, rivolgendosi anche a Don Felipe) Così, dunque, come collaborerete a Corte da buoni fratelli, abbracciatevi anche adesso che lo diventate per davvero!

Felipe                             (fa per avvicinarsi a Don Gonzalo) Ma certamente! Qui, sul mio cuore, caro cognato!

Gonzalo                         (sempre reggendosi i pantaloni con le mani) Ehm... Caro cognato... Non vi dispiacerebbe rimandare l'abbraccio... a un momento più... (guardandosi i pantaloni) favorevole? (tutti ridono).

Pablo                             Orsù, domani festeggeremo a Palazzo Vargas, ma questa sera chiedo a voi tutti di onorare la mia casa. (a Padre Ramón) Anche voi, reverendissimo Padre! (a Don Carlos e a Don Manolo) Ed anche voi, naturalmente, che siete i migliori amici di mio figlio. (poi, rivolgendosi a Don Felipe) Felipe, a te l'onore di guidarci fino a casa!

Don Ramiro                   (a Don Carlos e a Don Manolo) Giusto voi! Non allontanatevi dal mio fianco! Voglio parlarvi.

Manolo                          Siamo ai vostri ordini!

Carlos                            Comandate, eccellenza!

                                      (Si va formando un corteo aperto da Don Felipe che offre il braccio a Doña Luz).

Gonzalo                         Un momento! Aspettatemi! Dovrò pur rivestirmi!...

Luz                                 Perché, fratellino mio? In quella postura siete bello come un cherubino! Che ne direste di farci da paggetto alle nozze? (tutti ridono). (A queste parole la zingarella, seminascosta a piangere presso la statua, scoppia in una fragorosa risata. Il corteo esce da destra, mentre scende il sipario).

F I N E


[1]     Va sottolineato che l’influenza italiana nella cultura e nella letteratura spagnola giunge in Spagna con un secolo di ritardo. Ecco il motivo per cui in pieno ‘600 troviamo ancora imperante il Rinascimento.

[2] Il termine “villano” nel ‘600 era offensivo: così certi aristocratici definivano il plebeo definendolo “zotico, malcreato, tanghero”.