Libertà provvisoria

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LIBERTA’ PROVVISORIA

Un atto radiofonico

di EDOARDO ANTON

PERSONAGGI

Il professore

Anna

Franco

Cesarino

Nando

Infermiere

Suora

Portantino

Modico

Maresciallo

Ai nostri giorni a Roma

(Fischi di frenate- fragore d'incidente automobili­stico - rombo d'un'autobotte che si rovescia in un fossato).

Il Professore             - (è un imbecille: cordiale, ottimista, retore, soddisfatto di sé. Parla con cadenze vaga­mente settentrionali. Ora, nel tono del narratore) Subito dopo l'investimento, eravamo stati soc­corsi. S'incontra sempre molta brava gente sulle strade. Poi altri volonterosi ci trasportarono tutti e tre all'ospedale, qui in città, i due camionisti ed io. E' consolante constatare come la solidarietà umana non sia mera parola. Mi ritrovai - è vero - senza portafogli né orologio. Ma certamente avevo per­duto quegli oggetti nel capitombolo che la mia automobile aveva compiuto nel fossato. Durante il tragitto, i due camionisti che parevano mori­bondi, tuttavia con l'ultimo fiato m'avevano rivolto appellativi irripetibili. Gli spiriti semplici e schietti reagiscono spesso così alla cattiva sorte. Ma io dissi loro civilmente che riconoscevo il mio torto e che ero assicurato. Io sono un sociologo e pro­fessore di pedagogia. Un educatore, insomma. Co­nosco bene l'animo umano e infatti riuscii subito a tranquillizzarli. Fummo ricoverati in una camera lunga e stretta con quattro letti tutti in fila contro la stessa parete. Il quarto letto, quello vicino al mio, era ancora vuoto. Quando più tardi sarà occu­pato, comincerà la storia che vi voglio narrare. La prognosi medica per noi tre era questa: per Cesarino, il camionista più grosso, vera montagna di potenza muscolare, commozione cerebrale; per l'altro, Nando, meno erculeo e meno giovane, con­tusioni varie e sospetto distacco della retina, per cui gli bendarono anche gli occhi; per me, frattura multipla del femore con sospetta incrinatura d'un disco sacrale. Ma non parlerò più delle nostre soffe­renze se non per quel minimo necessario ad inqua­drare la storia che ha altri protagonisti. Il nostro incidente stradale fu solo l'occasione che mi per­mise d'incontrarli. Fu verso le due del mattino che portarono in barella e deposero cautamente nel letto libero un giovane sui ventotto anni. Dovevo apprendere più tardi che si chiamava Franco Ca­stelli. Era del tutto inconscio ed esalava di tanto in tanto un breve lamento. (Il breve e non dramma­tico lamento di Franco ad intervalli. Diverso tono: di partecipe della vicenda e a bassa voce, adatta alla notte in una stanza d'ospedale) E' grave?

L’Infermiere             - Sì.

Il Professore             - Un altro infortunio stradale?

L’Infermiere             - No.

Il Professore             - Che cosa gli è successo, allora?

L’Infermiere             - Stia buono. Dorma, professore. Dorma. (Agli altri) Andiamo. (Passi). Il Portantino (piano, confidenziale, voce incolta) Ha il polmone sinistro perforato da un colpo di rivoltella.

Il Professore             - Suicida? Sciagurato giovane! (Re­torico) Ah, se i giovani sapessero...

Il Portantino             - Gli hanno sparato.

Il Professore             - Dramma della malavita, allora...

Il Portantino             - No. Dicono che è stata una ragazza.

Il Professore             - Ah! meridionali di sicuro. Delitto d'onore.

Il Portantino             - Be', bonanotte.

Il Professore             - (nel tono della narrazione) Rimasi a lungo sveglio inseguendo pensieri sulla menta­lità arretrata del nostro Mezzogiorno. E m'addor­mentai soddisfatto della loro acutezza. A volte il dolore fisico ci rende particolarmente lucidi. Mi svegliai all'alba, per il sussurrare dì due voci. Il medico di guardia e un maresciallo dei carabinieri erano al capezzale del ferito.

Il Medico                 - Non credo, maresciallo. Ma possiamo provare.

Il Maresciallo           - Mi sente? Mi sente? Muova gli occhi se mi sente. Ecco. Bene. Sappiamo che fu una ragazza a spararle. Ce ne dica il nome. (Pausa) Ce ne dica il nome.

Franco                      - (rauco e in un soffio) Non... non la conosco.

Il Maresciallo           - Non è possibile. (Pausa) E' nel suo interesse. (Pausa) Su. Da bravo. (Pausa).

Il Medico                 - Deve sospendere, maresciallo. Del re­sto è fuori di nuovo, lo vede? (Passi che si allon­tanano).

Il Professore             - (tra sé) L'omertà. Naturalmente! Il classico quadro del Sud! (Ora in tono di narra­zione) Passarono più di ventiquattr'ore. Verbali per l'assicurazione, firme, eccetera, eccetera. S'arrivò così al mezzogiorno successivo. Stavamo tutti me­glio. M'avevano ingessato la gamba. Cesarino con la borsa di ghiaccio in testa già tormentava suor Angelina perché aveva fame. Nando aveva sempre gli occhi bendati. E il nostro giovanotto - anche se non era ancora stato dichiarato fuori pericolo -pareva un po' più sollevato. Al maresciallo aveva ripetuto di non conoscere la sparatrice e in un italiano senza particolare accento dialettale. Il che mi aveva stupito. Ora Suor Angelina aveva portato i vassoi con la colazione. E subito Cesarino, con quella commovente fraternità che esiste fra i sem­plici, s'era offerto d'aiutare il compagno.

Cesarino                   - (greve accento e voce romaneschi) Sora, ce penso io a imboccallo. Semo come fratelli io e Nando. Capirai! emo fatto più de quattrocento­mila chilometri su la stessa autobotte!

Il Professore             - (partecipe alla scena) Ossia dicci volte il giro del mondo!

Cesarino                   - Lo senti, Nando, che dice er profes­sore? Ch'emo fatto insieme dieci volte er giro der monno. Sei contento? Però, com'è che nun emo visto mai gnente? Se vede proprio che semo fessi. Vie qua. Apri sto forno che te dò la ciccia. Tiè.

Nando                      - E' dura.

Cesarino                   - E che so' le bistecche della sora Ama­lia? Qui cucineno altre sore, Nando mio! Ecco qua. Apri. Un boccone a te e uno a Cesarino tuo.

Nando                      - N'antro nervetto m'hai dato.

Cesarino                   - E' tutta così. Te giuro.

Il Professore             - (narratore) Non potevo veder bene il piatto. E per un momento sospettai che Cesa­rino prendesse per sé i bocconi migliori. Ma subito mi vergognai d'aver dubitato del generoso animo ; popolare. Infatti, quasi a rispondermi, Cesarino disse...

Cesarino                   - Te sto a capa er mejo, Nandì. I cìcci de sellerò come se dice.

Nando                      - (quieto) Cesari... poi quanno che ce vedo  te guardo.

Il Professore             - (narratore) Più tardi con quei pas setti svelti che hanno solo le monache, Suor Ange­lina entrò e si diresse al letto di Franco mentre una giovane bruna e ben dotata da Madre Natura rima­neva fuori nel corridoio. Suor Angelina (sussurra) C'è qui fuori sua cu gina. E' venuta a trovarla. La faccio passare? Si sente? Be'... per pochi minuti soltanto. E non parli troppo.

Il Professore             - Entrò con una evidente timidezza. L'occhio spaurito e l'ombra d'un'angoscia sulla fronte. Ma era veramente una splendida giovane. (Cauto fischio ammirativo di Cesarino). Suor Angelina (piano) Badate, giovanotti. Io qui non tollero maleducazioni.

Cesarino                   - (balbetta) Io... che ne so... E' stato er cieco, sora.

Suor Angelina          - Siete avvisati.

Il Professore             - Sin dal primo momento, da come si guardarono, capii che non erano cugini e che anzi non si erano mai visti. Tra me e loro c'era solo lo spazio del comodino. Potevo seguire ogni parola, anche se sussurrata. E sin da quel momento adottai una tattica che doveva in seguito dimo­strarsi molto utile: finsi di dormire. (Franco Anna parleranno con un piccolo volume di voce, come richiede il luogo. Ciò naturalmente non vuol dire monotonia di ritmi o di toni. Per questo primo dialogo, Franco parlerà un po' a fatica).

Franco                      - (diffidente) Chi è lei? (Pausa) Perché ha detto d'essere mia cugina?

Anna                        - Altrimenti non m'avrebbero fatto pas­sare. (Pausa).

Franco                      - Allora? Chi è? (Pausa) Io non la conosco.

Anna                        - Sono... quella che le ha sparato. No! non suoni! Aspetti un momento. Potrà farmi arrestare anche fra cinque minuti.

Franco                      - D'accordo. Fra cinque minuti. (Pausa) Perché mi ha sparato? (Pausa) Mai vista né cono­sciuta... (Pausa) Eh? (Pausa) Cosa poteva avere contro di me?

Anna                        - Niente.

Franco                      - E allora? Perché?

Anna                        - E' stata una disgrazia.

Franco                      - Mi vuol far credere che s'era messa a puli­re una pistola, a mezzanotte, all'uscita d'un cinema?

Anna                        - No. Voglio dire che... l'ho colpita per errore.

Franco                      - Voleva ammazzare un altro e invece ha quasi ammazzato me? E' così?

Anna                        - Ma spero che lei...

Franco                      - Anch'io lo spero. Però non è ancora detto.

Anna                        - Non è ancora fuori pericolo?

Franco                      - No.

Anna                        - Soffre molto?

Franco                      - Più per la mano che per il petto.

Anna                        - Purtroppo è quella al petto che è grave...

Franco                      - Se crepo, sì. Ma se campo è più grave la mano.

Anna                        - Perché?

Franco                      - Perché oltre alla mira storta, ce l'ha pure disgraziata, signorina. Ha fracassato la mano sini­stra di un chitarrista. Perciò o muoio adesso di pistola o muoio dopo di fame. Ha capito che bel lavoretto ha fatto?

Anna                        - Mi dispiace.

Franco                      - Ah, le dispiace! (Pausa) Be', prima che suoni il campanello mi faccia almeno capire per­ché è venuta.

Anna                        - Mi chiamo Anna De Sanctis. Sono qui a studiare al liceo artistico...

Franco                      - (interrompe) Guardi... la sua storia non m'interessa affatto. Mi dica lo scopo della visita e facciamola finita.

Anna                        - Ecco... se lei... volesse aiutarmi... Ho già capito che non vorrà. Ma glielo dico lo stesso. Se avesse un po' di pietà per me.

Franco                      - La vittima sono io. Pietà! Qui s'invertono le posizioni.

Anna                        - Io spero. Spero con tutto il cuore che lei guarisca.

Franco                      - Lo credo. Le farebbe una bella differenza al processo.

Anna                        - Sì. Ma intanto... se lei... se lei potesse non costituirsi parte civile...

Franco                      - L'ha mandata qui il suo avvocato?

Anna                                  - Sì.

Franco                      - Mi faccia capire il punto.

Anna                        - Dato che non m'hanno arrestata entro le ventiquattr'ore... Adesso tocca alla Procura della  Repubblica spiccare mandato di cattura... Così mi ha detto l'avvocato. Ma se lei esce fuori di pericolo... e non infierisce contro di me... Io domani mi costi­tuisco e... l'avvocato pensa di potermi ottenere la libertà provvisoria.

Franco                      - Per prima cosa, dunque... dovrei cercare di non tirare le cuoia... E quanto a questo le pro­metto che farò di tutto. Ma per la seconda... non ci pensi nemmeno.

Anna                        - Vuole vendicarsi.

Franco                      - Voglio il giusto. Lei deve pagare.

Anna                        - Sono povera. Orfana di padre. A Vibo Valentia mia madre ha un banco di frutta. Non ricaverà denaro da noi.

Franco                      - Non si paga solo col denaro. Andrà in galera. Com'è giusto. Perché lei è una delinquente.

Anna                        - (piange piano e fra le lagrime mormora) Mi odia.

Franco                      - Odio la gente violenta. Quelli come lei con la pistola facile... Fosse per me non ci sarebbero mai attenuanti per chi spara. (Una pausa   - lei piange piano) Non mi ha detto perché voleva ammaz­zare quell'altro.

Anna                        - (in un soffio) Per amore.

Franco                      - Bell'amore. E' il suo fidanzato?

Anna                        - Sì.

Franco                      - E voleva lasciarla.

Anna                        - Sì.

Franco                      - E non ne aveva il diritto?

Anna                        - (ora in tumulto anche se con voce soffocata) No! Non ne aveva il diritto dopo tutte le sue promesse... dopo... quello che c'era stato tra noi... lo avevo avvertito...

Franco                      - Sì, sì. Una specie di ricatto della paura.

Anna                        - Ma io lo amo! Non voglio... non posso vivere senza di lui... Ci ho provato a rassegnarmi... E non dormivo più... non mangiavo più... e intanto mi prendeva una specie di pazzia...

Franco                      - Perché adesso mangia e dorme?

Anna                        - No. Ma perché non vuole capire...

Franco                      - Ho capito. E dopo aver capito, ripeto che lei è una delinquente.

Anna                        - Non può perdonare.

Franco                      - Si faccia perdonare dal suo fidanzato e dal suo confessore se ne ha uno. Io che c'entro?

Anna                        - Anche l'offeso può perdonare.

Franco                      - Senta, signorina... lei prima si mette a sparare all'uscita dei cinematografi e poi chiede dalla sua vittima virtù evangeliche. Non ne ho. Va bene? La sola cosa che posso fare per lei... è non suonare questo campanello. Facciamo come se non fosse venuta. E adesso se ne vada che non ho fiato da sprecare.

Anna                        - (in un soffio) Grazie lo stesso.

Il Professore             - Tra le ciglia socchiuse la vidi an­ darsene lentamente. Ora pareva meno bella, con l'espressione chiusa nell'angoscia, la faccia terrea e una sorta d'improvvisa vecchiaia nel corpo. Quan­ to a me ero contento d'averci azzeccato: sia pure con un errore di bersaglio, era un delitto d'onore e lei era meridionale.

Cesarino                   - Professò... noi da qua non sentiamo gnente...

Il Professore             - E con ciò?

Cesarino                   - No... volevo da dì... quella è cuggina verace o... cuggina pè parte d'Adamo? ce semo capiti...

Il Professore             - Per quello che ho udito... cugina dalla parte di Caino.

Cesarino                   - (ottuso) Ahmbè! (Sorge il mormorto cadenzato del Rosario cui la suora trascina i de­genti della vicina camerata grande. Sale e dimi­nuisce con effetto di dissolvenza).

Il Professore             - (narratore) Passarono alcuni gior­ni. Il mio giovane vicino di letto era uscito di peri­colo. Non solo, ma la sua forte costituzione e la gio­vinezza lo facevano migliorare rapidamente. Aveva ricevuto molte visite: colleghi, amici, gente della Rai. Però non ero stato presente a tutti i colloqui avendo passato due visite di controllo giù in radio­logia. Sia detto brevemente per inciso, perché non mi piace parlare di me, il sospetto sull'incrinatura di un mio disco sacrale s'era rivelato inconsistente. A Cesarino invece era stato riscontrato un versa­mento cranico che doveva lentamente riassorbirsi. Ma la cosa non pareva dargli fastidio. Mah! forse uno di noi          - un intellettuale voglio dire - ne avrebbe molto sofferto. Ebbi a questo proposito un pen­siero malizioso: che ci sia più posto nel cranio di un incolto? Io non sono certo razzista. Però sono classista. Ce l'hanno insegnato loro. Be', lasciamo andare. Mi sono proposto di sparire umilmente, in questo racconto. Mi limiterò a riferire. Cosa stavo dicendo? Ah sì... La vista di Nando era invece ancora in dubbio... « Tuch and go » come dicono gl'inglesi. E aveva ancora gli occhi bendati. (Sorge un twist da un transistors) Era venuta una parente a trovarlo e, ahimè, gli aveva portato una radiolina a transistors. Più volte perciò ero stato costretto ad ammonirlo perché facesse un uso civile di quello strumento. Ed eccoci al pomeriggio in cui Anna fece la seconda visita al giovane chitarrista. (Au­menta un poco il twist dal transistors di Nando) Entrò con un completino semplice e un po' stretto, ma che le stava molto bene: esaltava - se così posso esprimermi - le sue doti naturali... (Di colpo cessa la musica) Con gesto automatico Cesarino chiuse la radiolina. (Un silenzio).

Nando                      - (soffiato) Cesari... che è entrata 'na bona?

Cesarino                   - (soffiato) Sì. Come ce lo sai?

Nando                      - (cs.) Dar fiato tuo. Me pari 'n bufalo.

Il Professore             - (piano) Già Nando andava in certo modo acquistando la sublime sensibilità del cieco...

Franco                      - Toh! Non m'aspettavo di rivederla.

Anna                        - Davvero? Pensava che me la sarei cavata con una lettera di ringraziamento?

Franco                      - (imbarazzato) Ringraziare per cosa!...

Anna                        - Andiamo! Io piuttosto non mi aspettavo... Dopo quello che mi aveva detto...

Franco                      - Be'... se è qui, vuol dire che ha funzionato.

Anna                        - Sì. Ho ottenuto la libertà provvisoria. (Pausa) Ma com'è che s'è deciso a...

Franco                      - Non lo so.

Anna                        - Ma lo ha fatto. Perché?

Franco                      - Non lo so. Quando m'hanno detto che ero fuori pericolo... che sarei guarito... e soprattutto che anche la mano... Pare che potrò suonare come prima...

Anna                        - Questo mi fa piacere più di tutto.

Franco                      - Be'... ero contento, si capisce. E quando uno è molto felice commette facilmente una scioc­chezza.

Anna                        - Anche quando uno è molto infelice.

Franco                      - E così... ho detto di ritirare la cosa lì... Insomma che non mi costituivo parte civile.

Anna                        - Anche se la considera una sciocchezza-Grazie.

Franco                      - Per dire tutta la verità... non è stato solo un impulso...

Anna                        - ... generoso.

Franco                      - Ma che generoso! Frescacce. Io non sono generoso.

Anna                        - Ha paura delle parole buone, lei.

Franco                      - Macché! O... forse sì.

Anna                        - E perché?

Franco                      - Senta... io ho avuto poche fregature nella vita. Devo dire. Ma quelle poche mi sono sempre venute nascoste sotto parole buone.

Anna                        - (dopo una pausa, con un certo imbarazzo) Diceva che non lo ha fatto solo per impulso.

Franco                      - No. Ci ho anche ragionato.

Anna                        - Le ho fatto pena.

Franco                      - No. Ho pensato che lei, forse, non è una delinquente. E' solo una cretina.

Anna                        - (umile) Ha ragione. Anch'io sono giunta alla stessa conclusione. Una che... fa quello che ho fatto io... o è una criminale o è una cretina. Non se ne esce. Dunque... è ancora l'interpretazione più ottimistica.

Franco                      - Ma non ce l'ha, lei, una famiglia?

Anna                        - Mia madre e un fratello più piccolo, a Vibo.

Franco                      - E la lasciano andare in giro così, senza guinzaglio?

Anna                        - Ho vinto una borsa...

Franco                      - E subito ci ha messo dentro una pistola.

Anna                        - (umiliata) Prima domanda e poi non mi lascia parlare.

Franco                      - (pausa; poi un po' più gentile) Diceva che ha vinto una borsa.

Anna                        - Per il liceo artistico. Così sono venuta a Roma. E' già due anni.

Franco                      - Quanti ne ha?

Anna                        - Diciannove.

Franco                      - Dipinge?

Anna                        - Sì.

Franco                      - Bene?

Anna                        - Non credo.

Franco                      - Ma crede d'avere talento?

Anna                        - Alle volte mi pare. Poi mi avvilisco di nuovo. E allora i miei compagni cercano di ridarmi coraggio... Faccio molta vita di gruppo... Mangiamo poco e parliamo molto. Viviamo di cappuccini e discussioni.

Franco                      - Bello, in un certo senso.

Anna                        - Sì. (Pausa) E l'anno scorso ho conosciuto Rai.

Franco                      - Che sarebbe lui.

Anna                        - Sì.

Franco                      - Rai. Che nome. Pare la sigla del mio datore di lavoro.

Anna                        - Rai per Raimondo. E' il figlio di un indu­striale.

Franco                      - Ah! ecco perché ci tiene tanto.

Anna                        - (umilissima) Lei può insultarmi come vuo­le. Ha tutti i diritti. Però io... interessata non sono mai stata. Che lui sia ricco... è una circostanza casuale. Gli voglio bene con tutta l'anima e basta.

Franco                      - (delicato) Solo... con l'anima?

Anna                        - (dopo una leggerissima pausa, semplice) No. (Altra breve pausa) Ma perché lo domanda?

Franco                      - Per tentare di capire... Mi scuso. Non son cose che mi riguardino... Ma forse lei fu spinta al suo gesto inconsulto da... come dire? da uno stato di emergenza... Insomma, non può più aspettare molto questo matrimonio...

Anna                        -  No. Non è così.

Franco                      - E allora? Ha sparato soltanto per quella storia lì dell'onore! Ma è possibile che ancora oggi esista una mentalità simile? Lavare l'onta col san­gue! Lei deve essere una pessima pittrice.

Anna                        - Non per questo lo volevo uccidere.

Franco                      - E per che cosa allora?

Anna                        - Per amore.

Franco                      - Impossibile. Per amore non s'ammazza. Lei gli ha sparato per gelosia, per orgoglio e altre storie così... Dia retta.

Anna                        - Forse a mia insaputa. Chi può mai dire...? (Dolce) Ma gli voglio tanto bene... E il solo pen­siero che domani lo rivedrò...

Franco                      - Per la prima volta da quando?...

Anna                        - Sì. Rai mi ha scritto una lettera... Dice che ha capito... E domani...

Franco                      - ... grande riconciliazione!

Anna                        - Credo che fisseremo la data per sposarci.

Franco                      - Magnifico! Dal piombo allo zucchero! Dalle pallottole ai confetti! Che canzone di suc­cesso per Sanremo! (Ride) La gente è proprio assurda.

Anna                        - Be'... certo... lei c'è andato di mezzo senza colpa né peccato... voglio dire, ne ha avuto solo il danno. E' giusto che le sembri...

Franco                      - (la interrompe) No, no. Anche se mi met­to nei panni del suo Rai... Io non sposerei mai una come lei.

Anna                        - Che c'entra! ognuno ha una sua diversa sensibilità... E anche il concetto della bellezza varia dall'uno all'altro...

Franco                      - Non è per questo. Lei sembra molto bella anche a me. L'ostacolo insormontabile sarebbe nella differenza d'età.

Anna                        - Non capisco... Io ho vent'anni e lei... quanti ne ha? Ventiquattro... Venticinque?

Franco                      - Ventisei. Ma lei è troppo vecchia per me. Lei ha almeno un secolo più di me. E' decre­pita. E' la mia bisnonna. Direi che non è neppure una mia contemporanea.

Anna                        - Per... per la mia mentalità?

Franco                      - Non certo per la sua pelle.

Anna                        - Che cosa ho di... di tanto antico?

Franco                      - Tutto. I gusti, le aspirazioni, le certezze, le azioni...

 

Anna                        - Purtroppo... mi pare di essermi comportata come una ragazza piuttosto moderna...

Franco                      - Non s'illuda. Provi a collocare la cosa nell'800. E guardi come funziona meglio. Senza uno scricchiolìo. (Canterella a bassavoce):

Per una coppa di Champagne!

persi l'onor!

Ma la farò pagare

al vile seduttori

Anna                        - (ride piano) Non so come riesca a farmi ridere in una situazione tanto seria.

Franco                      - E' stato Champagne?

Anna                        - No. Frascati.

Franco                      - Pazienza. Adesso invece dell'automatica si metta in mano un pistolone a due canne con i cani... Ed è fatta.

Anna                        - Le piace giocare con tutto, eh?

Franco                      - Tranne che con le armi da fuoco.

Anna                        - Non è mai stato innamorato, lei, vero?

Franco                      - Non lo so. Forse molte volte. Ma mai come pensa lei. Con tutte le maiuscole che ci mette. Ormai s'è capito che l'amore in quel modo non esiste. O se esiste non è cosa importante. E' un soprammobile che non s'usa più. Non è più nel costume.

Anna                        - Ma come può dire una cosa simile! Apra un giornale... guardi un cartellone pubblicitario... entri in un cinema...

Franco                      - Sensualità. Non amore.

Anna                        - Proprio lei dice così che chissà quante canzoni d'amore suona e canta!

Franco                      - Ah, questo sì! Roba buona per le can­zoni. Quanto a valore commerciale, l'amore è un fatto importante. Grosse industrie ci prosperano sopra. Ma tolto il valore di mercato... in tutti i sensi, da quello artistico a quelli... meno artistici... Niente. Noi lo consideriamo una baggianata.

Anna                        - « Noi » chi?

Franco                      - Noi contemporanei. Noi suoi nipotini.

Anna                        - Mi considera proprio una cretina. (Pausa silenzio) Be'... ora devo andarmene. Ho un appun­tamento.

Franco                      - Scommetto che è col parrucchiere.

Anna                        - (esitante) Sì... Ma è perché domani lo ri­vedo e vorrei...

Franco                      - Ma certo! Tra un colpo di pistola e l'al­tro che deve fare una donna se non andare dal parrucchiere?

Anna                        - (rumore di sedia) Comunque... la ringra­zio ancora per quel che ha fatto e... sono tanto contenta di vederla fuori pericolo. Mi risparmia molte ansie.

Franco                      - E molti anni di galera.

Anna                        - Non ha la minima simpatia per me.

Franco                      - Ha ragione. Sarò strano... ma in gene­rale non ne ho troppa per chi mi spara addosso. Sono fatto così.

Anna                        - Addio.

Franco                      - Addio, nonna! E porti a Rai i saluti della sua devota controfigura. (/ passi leggeri di Anna che se ne va).

Cesarino                   - (piano) Professò! (Pausa) Professò.

Il Professore             - (fingendo di svegliarsi) Eh? Eh?

Cesarino                   - (imitandolo) Eh! Eh! (Ridacchia) Ma guarda come ce marcia er professore!

Il Professore             - Io marciare? Ho la gamba inges­sata, giovanotto.

Cesarino                   - Pè dì che fa finta de dormì.

Il Professore             - Io dormivo.

Cesarino                   - Sull'autostrada, mentre che guidava. No adesso. Be', qua ce sta er povero cecato che vo' quarche notizia.

Il Professore             - Circa che cosa?

Cesarino                   - Circa quer pomicio che c'è stato tra er sonatore e la cuggina nostra. Da qua nun se capi­sce 'na parola!

Il Professore             - Vagamente intuisco a che cosa lei alluda con l'espressione « pomicio ». Ma le posso assicurare che quei due giovani non possono aver niente in comune. Sono lontanissimi l'uno dal­l'altra.

Cesarino                   - Io li ho visti a ciangotta vicini vicini...

Il Professore             - Il tempo separa assai più dello spazio.

Cesarino                   - (ottuso) Ah, ecco.

Il Professore             - Tra le due categorie kantiane, è la più difficilmente superabile per un accordo.

Cesarino                   - (c.s.) Appunto.

Nando                      - Mbè? che dice?

Cesarino                   - Che ce devono ave fra loro 'na vertenza sindacale. Mò dormi puro tu, Nandì. Eh?

Il Professore             - Mi resi conto in quel momento che nel rispondere così, senza quasi pensarci, all'incolto camionista, avevo intuito felicemente una posi­zione umana molto importante. Quel seme, oppor­tunamente sviluppato, avrebbe potuto divenire l'ar­gomento di una mia prossima conferenza. (Sorge dalla radiolina una musichetta stupida) E fui con­tento di me, ripensandoci, anche nei prossimi giorni. A volte, forzati all'inazione da circostanze esterne, diveniamo più pronti a cogliere il granellino d'eter­no nascosto nella contingenza della vita cotidiana. Non tutto il male viene per nuocere, dunque. An­che una gamba ingessata può servire a uno spirito sveglio. Purché sia sveglio, s'intende. Nel frattempo, sul fronte ospedaliero s'erano verificati alcuni mu­tamenti: inaspettatamente Nando era stato sben­dato e stava per essere dimesso, mentre Cesarino che apparentemente stava benissimo era ancora trattenuto a letto in osservazione. Quanto a me, già mi alzavo e con l'aiuto delle stampelle circo­lavo per le terrazze che davano sul giardino. Ma il recupero più clamoroso fu quello del chitarrista. Si poteva ormai considerare in convalescenza e se ne stava molte ore al giorno su di una panchina nel viale assolato, proprio sotto la nostra finestra al piano terreno. Passava il suo tempo a rieducare la sua mano sinistra sulle corde della chitarra. (La musichetta lascia il posto ad accordi di chi­tarra) Di lei - di Anna - non s'era avuto più notizia. A meno che non fossero suoi i fiori che per due volte erano giunti al giovane. Ma una domenica, dalla finestra, la vidi risalire il viale con un vestitino a fiori fresco come un'aiuola. Il suo passo tuttavia era stanco e il bel volto era segnato dalle incon­fondibili tracce dell'insonnia. Scoprì subito Franco seduto sulla panchina e venne verso di lui lenta­mente, come per un appuntamento consueto e già frusto. Io che mi trovavo in ottima posizione per seguire la scena, mi ritirai un poco per non dare nell'occhio. (Cessano gli accordi di chitarra). (Nota: questo dialogo che avviene in giardino non sarà costretto al piccolo volume di voce dei due precedenti).

Franco                      - Come va?

Anna                        - Lei, piuttosto.

Franco                      - Lo vede. Già con la chitarra in mano.

Anna                        - Mi fa tanto piacere.

Franco                      - Si segga. (Pausa).

Anna                        - Ma sapevo già dei suoi progressi. Ho tele­fonato qualche volta alla suora.

Franco                      - Lo so. E grazie dei fiori.

Anna                        - M'ha fatto dire che mi voleva parlare...

Franco                      - Sì... dopodomani dovrò testimoniare... volevo concertare con lei... Ma cos'ha? La vedo un po' giù.

Anna                        - Sì? Passerà.

Franco                      - Ma come mai?

Anna                        - Niente. Mi dica.

Franco                      - Tutto le si sta aggiustando, no?

Anna                        - Certo.

Franco                      - E' poi venuto Rai?

Anna                        - Sì.

Franco                      - E le ha proposto di sposarla subito?

Anna                        - Sì.

Franco                      - E allora! Pensi un po' a come stava com­binata un paio di settimane fa.

Anna                        - (fredda) Sì, sì.

Franco                      - Come « sì, sì »! Le mancava un filo per diventare un'assassina... e adesso il suo assassinato (accordo di chitarra) è qui che pizzica la chitarra. S'era persa il fidanzato... e adesso lo sposa. Ma che vuole di più nella vita?

Anna                        - Niente.

Franco                      - (ride) La cosa che mi diverte di più è la storia del fidanzato che si precipita a sposare la sparatrice!

Anna                        - Davvero?

Franco                      - Sì. Tanto che... ieri m'è venuta in mente una canzoncina buffa. Se non s'arrabbia gliela fac­cio sentire.

Anna                        - Può già suonare?

Franco                      - M'arrangio. Ma devo esercitare la mano il più possibile. Questa è la canzone di Rai. (Accordi di chitarra e poi, accompagnandosi abbastanza bene Franco canticchia a bassa voce):

Tu m'hai sparato cinque colpi di pistola,

amore mio!

E ognuno ha fatto centro sul mio cuore!

Come sai farti amare!

che fascino violento!

Solo chi è stato a scuola

da Buffalo Bill

può dichiarare

con tanta precisione un sentimento!

Infallibile e bella ti condurrò all'altare con tutto: velo, fiori e rivoltella! La vita non è un gioco. L'amore non è cieco: preciso sul mirino non commette uno sbaglio. Ti bacio sulla tua bocca da fuoco e mi firmo per sempre il tuo bersaglio! (Accordo finale. Pausa) Be'? Non l'ha divertita? Uh! è proprio vero che le donne non hanno il senso dell'umorismo! (Pausa) Ma cos'ha? Piange? Be', un notevole successo per una canzone buffa... Insom­ma, Anna, che cosa le è accaduto di nuovo?

Anna                        - Niente. Sono una cretina.

Franco                      - Questo non è nuovo. L'avevamo già sta­bilito l'altra volta. (Pausa) Senta un po': mica m'ha detto qualche bugia, lei? Rai è venuto davvero al­l'appuntamento?

Anna                        - Sì, sì.

Franco                      - E le ha davvero proposto di sposarla subito?

Anna                        - Ma sì! Tutto regolare dalla sua parte.

Franco                      - Allora non ci capisco più niente.

Anna                        - Il guaio è che nemmeno io ci capisco più niente... Mi ero preparata a quell'incontro con tanta trepidazione... E poi... quando l'ho rivisto... Niente. Non ho sentito niente.

Franco                      - (ride) Eh, ma voialtri passionali siete incontentabili! E che cosa doveva sentire? Una scossa tellurica? O un concerto di violini?

Anna                        - Non scherzi. Sa cosa voglio dire.

Franco                      - Be', qualche cosa deve pure aver sen­tito, rivedendolo. No?

Anna                        - (triste) Sì. La cosa peggiore: indifferenza.

Franco                      - (scoppia a ridere irrefrenabilmente) Che meraviglia! (Ride) Ma come? il grande amore? (Ride) Ma è mai possibile? (S'acquieta la sua ila­rità) Una spara... E' disposta a giocarsi la vita per un uomo e poi... Ah, è troppo divertente!

Anna                        - Per me un po' meno.

Franco                      - Ma lo vede che grande autore è la vita? Si poteva immaginare per lei una punizione più raffinata, elegante, perfetta?

Anna                        - M'accorgo che ho fatto male a confidarmi con lei...

Franco                      - Ma dove va! Torni qui a sedere. Per ri­metterla in pari le confido anch'io una cosa... Ecco, brava. Senta questa: non è vero che avevo biso­gno di parlarle per la testimonianza. So benissi­mo quello che devo dire.

Anna                        - (stupita) E allora perché m'ha fatto chia­mare?

Franco                      - La verità è che mi annoio qui da solo.

Anna                        - Non vengono molti amici a trovarla?

Franco                      - Sì, sì... Ma... chi sa... forse tra la vitti­ma e il suo carnefice si stabilisce un legame sot­tile...

Anna                        - Un legame odioso, rancoroso, mi pare.

Franco                      - Ma no!

Anna                        - E allora perché è tanto contento quando tutto mi va male?

 

Franco                      - Anna, non prenda sempre le cose tanto di petto. Dovrebbe...

Anna                        - (interrompe) Non è colpa mia se... non sono una superficiale.

Franco                      - (con semplice dolcezza) Neanche io lo sono. Purtroppo non m'è stato permesso. (Pausa) Vede... nel '45... avevo otto anni... Siamo di Pon-tedera. Be', a distanza di cinque giorni, m'hanno ucciso il padre e il fratello maggiore... Carlo, ave­va vent'anni: uno ucciso dai partigiani e l'altro dai fascisti. Erano della stessa idea. E uno dei due è stato ammazzato per sbaglio. Non importa adesso stabilire quale. Importano le reazioni di quel bambino di otto anni a quella tragedia e a quell'errore.

Anna                        - (buona figliola) Che cosa fece?

Franco                      - In apparenza... niente di speciale. Cre­do che piansi un poco e poi incendiai un gran mucchio di paglia... Non ricordo bene. Ma so che ho imparato presto a diffidare.

Anna                        - Di chi?

Franco                      - Di... di tutto... (Pausa, poi con un certo impeto) Ma del resto siamo un po' tutti così, noi giovani, oggi! Anche quelli che non hanno avuto scosse dirette! Lei non lo sa perché... eh? Abbia­mo stabilito che sta sull'omnibus a cavalli...

Anna                        - Diffidate dei sentimenti?

Franco                      - Anche. Ma è un particolare. Diffidiamo dei valori assoluti. Dei « mai ». Dei « sempre ». Delle certezze. Di noi stessi. Siamo sicuri di una cosa sola: che comunque ci si sbaglia. E quando non ci si sbaglia... siamo contenti come per un regalo.

Anna                        - Siete senza ideali, vuol dire?

Franco                      - Meglio: siamo « contro » gl'ideali e so­pra tutto la loro veste rettorica.

Anna                        - E non sentite che vi manca qualche cosa?

Franco                      - Sì. Ma anche sappiamo che siamo al riparo dalle delusioni.

Anna                        - Vi basta questo?

Franco                      - Mah! C'è chi la prende con angoscia. Chi la prende con allegria.

Anna                        - E lei?

Franco                      - Faccio di tutto per prenderla con al­legria.

Anna                        - Ci riesce?

Franco                      - Quasi sempre.

Anna                        - E come fate a scegliere tra una cosa e un'altra?

Franco                      - Come si sceglie tra il minore di due mali.

Anna                        - Vi rassegnate, allora.

Franco                      - No. Accettiamo.

Anna                        - Ma non volete anche « capire »?

Franco                      - Non c'è niente da capire tranne que­sto intrecciarsi inestricabile di buono e di cattivo, di giusto e d'ingiusto. E il nostro solo compito è quello di viverlo, di godercelo e... di patirlo, se vuole.

Anna                        - (sognante) E pensare che ho lì a metà un quadro di Don Chisciotte!...

Franco                      - Lo lasci a metà. E' più vero.

Anna                        - Ma vi piace il mondo com'è?

Franco                      - No.

Anna                        - E non pensate a fare qualcosa per mo­dificarlo?

Franco                      - (ride) Eccola lì! Per modificarlo basta mettersi dalla parte della Storia.

Anna                        - Che sarebbe quella giusta! Vede che l'ho presa in castagna?

Franco                      - Ho detto della Storia. Non del giusto.

Anna                        - Insomma... a darle retta io dovrei vive­re... così, alla giornata...

Franco                      - (serio) Se mi desse retta, Anna, non si dispererebbe troppo perché ieri era sicura d'ama­re Rai e oggi ne dubita. Non è colpa sua. Lei ave­va ancorato una certezza a una cosa incerta come l'amore. Pensi a un marinaio che ancorasse la sua nave a un delfino... (Accordo di chitarra e Franco improvvisamente canticchia su di un ritmo celere e melodia stupida).

Ciccio!

Sei matto!

In testa porti un gatto

in mano reggi un riccio!

Ciccio! Ciccio! (Poi di colpo s'interrompe e ride, allegro) Ah! Ah! Ah! Negli ultimi cinquantanni non m'era mai capitato d'essere tanto noioso! (Pausa, cambia tono) Cosa gli dirà a Raimondo?

Anna                        - Non lo so.

Il Professore             - (narratore) Poco dopo la giovane se ne andò. Discese il viale con passo ancora più incerto di quando era venuta. Nando, che da un po' mi s'era affiancato al davanzale, mi disse...

Nando                      - lo nun ci ho capito gnente di come se mette sta vertenza sindacale. Me pareno sonati.

Il Professore             - (nella scena) Ecco, Nando. Lei che è un terreno vergine...

Nando                      - (sospettoso) Io?

Il Professore             - Sì. Con una mente scevra d'in­gombri culturali. M'interessa un suo giudizio su questi due giovani che ha sentito parlare.

Nando                      - (ridacchia) Be'... lui avrà' 'na bella chi­tarra, ma lei ci ha un mandolino che fa faville...

Il Professore             - Possibilmente vorrei un giudizio serio.

Nando                      - Io nun ci ho capito, professò. Ma li mannerei a guida 'n'autobotte d'inverno sulla Ge-nova-Spezia. Co quel bel vetratino sulla strada, sa? Che j'assicuro che uno non ci ha er tempo de dì tante frescacce.

Il Professore             - (narratore) Ecco. Nella sua me­ravigliosa semplicità, Nando aveva colpito il pun­to essenziale. La scontentezza dei giovani d'oggi è più acuta là ove esistono migliori condizioni economiche. E' dunque il benessere che crea lo sbandamento sempre più acuto delle nuove gene­razioni? Sarebbe un altro argomento da appro­fondire. Passarono solo due giorni ed Anna era già tornata. Intanto Nando se n'era andato e Ce-sarino aveva avuto il permesso d'alzarsi. (Pezzo di chitarra) A un metro sotto di me, Franco suo­nava la chitarra e parve non accorgersi di lei. Ma l'intensità del suono era aumentata denunciando una segreta contentezza di rivederla.

 

Anna                        - Salve.

Franco                      - Lo sapevo che sarebbe venuta.

Anna                        - Perché? (Cessa di colpo la chitarra).

Franco                      - Perché è una buona samaritana.

Anna                        - Vedo che la mano va benissimo.

Franco                      - Ancora manca d'agilità... Ma è questio­ne di giorni. (Pausa) Be', come va?

Anna                        - Così...

Franco                      - Finito Don Chisciotte?

Anna                        - No.

Franco                      - E' andata a scuola?

Anna                        - No.

Franco                      - E' bella la vita, eh!

Anna                        - Ho parlato a Rai. Gliel'ho dovuto dire. Ho rotto con lui. (Un accordo lento di chitarra) Non ci vedremo più.

Franco                      - E lui? Ci soffre?

Anna                        - Mah... Non credo troppo.

Franco                      - Almeno nell'orgoglio.

Anna                        - Il suo orgoglio è stato così esaltato in questi ultimi tempi!

Franco                      - Da che cosa?

Anna                        - Dal colpo di pistola, no? E' andato inj giro a dirlo a tutti! Capirai! una ragazza gli aveva sparato per amore! Per giorni è stato l'eroe dei quartieri alti. (Accordo breve) Ma lui... In fondo rimane sempre quello che un mese fa mi aveva lasciata.

Franco                      - Però poi la voleva sposare.

Anna -                      - Già. Chi sa perché.

Franco                      - Se lo è domandato?

Anna                        - Mah... Forse per senso del dovere... Po­veraccia - avrà detto - per fare una pazzia simile deve proprio essere cotta di me. (Accordo di chi­tarra più. complesso) No, lui se la cava.

Franco                      - E lei?

Anna                        - Io no.

Franco                      - (piano) Perché?

Anna                        - (in tumulto) Perché non mi capisco più! Perché ho perso fiducia!

Franco                      - In se stessa?

Anna                        - Nella mia consistenza! Nella logica! In quello che sono... Se dopo tutto sono qualche cosa. (Accordo dolce) Se uno mi domandasse: che cosa sei, Anna? Io non saprei rispondere.

Franco                      - (dolce) Brava. Brava.

Anna                        - (ignorando) In coscienza dovrei dire: so-no un essere imprevedibile, improbabile, assurdo!

Franco                      - (e. s.) Benissimo.

Anna                        - (continuando) Incapace di lasciarsi dise­gnare in una forma conoscibile, apprezzabile.

Franco                      - Perfetto! La pittura moderna, infatti, che altro vuol dire? Cosa altro ci mostra?

Anna                        - (alza la voce) Ma una che si comporta come me non... non sta neppure dentro la legge di causa e d'effetto. E' una dissociata che non sa più cosa vuole né perché non lo sa!

Franco                      - Finalmente! (Accordo breve).

Anna                        - Eh, sì! Scherziamo pure su tutto!

Franco                      - Ma lo sa che lei sta facendo dei pro­gressi formidabili? Guardi... in pochi salti è arri­vata a dopo la prima guerra mondiale.

Anna                        - (brontola) Da quindici giorni nuoto nel­l'assurdo.

Franco                      - Anch'io, nel mio piccolo, non mi sono comportato assurdamente come vittima?

Anna                        - Lei è stato solo generoso.

Franco                      - (la rimbecca) Uh! non creda a queste storie! Sono schemi di cattiva letteratura che fan­no dipingere brutti quadri e ingrossano il fianco delle donne.

Anna                        - Ma voi altri andate sempre così, a vela?

Franco                      - E non è più onesto andare a vela? E poi non è neanche vero questo perché all'improv­viso andiamo anche contro vento.

Anna                        - Che significa, allora?

Franco                      - Forse niente significa. (Si arrabbia) E poi finiamola di voler sempre spiegare le nostre azioni! Questa vecchia mania ottocentesca! Oggi abbiamo cose più interessanti da fare. Oggi si cerca di spiegare scientificamente com'è fatto il mondo! Cosa vuole che stiamo lì a perdere tempo a spiegarci com'è fatto Peppino, com'è fatto Fran­co e com'è fatta Anna! Ma chi se ne frega!

Anna                        - (con una certa timidezza) Ma... prima, la gente era diversa?

Franco                      - Nooo! La stessa. Uguale. Incoerente co­me noi. Ma invece di accettare questo dato fon­damentale della natura umana... s'affannava a co­struire ponti psicologici tra un'incoerenza e l'al­tra. (Accordo strappato) Ponti bellissimi, in sé, devo dire, vere opere d'arte. La letteratura del­l'Ottocento è tutta fatta di questi ponti.

Anna                        - E... non rimangono belli?

Franco                      - Sì, sì. Ma non ce ne importa più niente. E da un pezzo. Ma nessuno osava dirlo. Poi un giorno ci siamo guardati negli occhi e... ci siamo confessati che non c'interessano più. Se non come cimeli voglio dire. (Senza trapassi) Le piace il passo doppio spagnolo? (Attacca brevemente un pezzetto di un « passo doppio ». Cessa di colpo) Bello, vero?

Anna                        - Perché suona la chitarra, lei?

Franco                      - E perché non dovrei? La suono bene, sa. Non badi adesso. Ma di solito, quando lei non mi spara nelle mani, la suono bene.

Anna                        - Voglio dire che mi sembra più intelli­gente di quello che fa.

Franco                      - (aggressivo) E che per suonare la chi­tarra ci vuole la patente di cretino? (Accordo di chitarra a strappo) O facciamo una gerarchia fra le arti?

Anna                        - No, ma...

Franco                      - (continuando) E allora, lei che studia pittura? Utrillo era rimbambito dall'alcool, Van Gogh era pazzo... (Altro accordo. Poi riprende più calmo) Questo non vuol dire che per dipingere bene bisogna per forza essere pazzi o rimbambiti. (Due o tre accordi lunghi, dolci. Poi, in tono stac­cato) Facciamo quello che ci viene e come ci viene, vuole?

Anna                        - (dopo breve pausa dice con un filo di voce) Perché lo ha detto... così? (Altri accordi dol­cissimi di chitarra. Poi lei riprende con estremo pudore) Vuol dire che ci stiamo innamorando l'uno dell'altra? (Un ultimo accordo, conclusivo. Poi).

Franco                      - (quietamente, semplicemente) Noi sia­mo già innamorati l'uno dell'altra. No? (Accordo leggerissimo) Il problema adesso è uno solo: se t'importa o no che quel rinoceronte, che ci spia dalla finestra qui dietro, veda quando fra un istan­te ti bacio.

Anna                        - No.

Franco                      - Brava. (Il risonare della chitarra che urta contro la panchina).

Il Professore             - (narratore) Con la locuzione « ri­noceronte »            - ne ebbi il sospetto    - s'alludeva a me. Ma io ero già furioso per ben altro motivo. Que­sti due sganciati, nel loro gioco stupido, m'ave­vano mandato a monte la mia bellissima confe­renza. Lui, un presuntuoso ai limiti della schizo­frenia, incapace di coordinamento culturale e mo­rale, fa dell'assurdo la sua bandiera. Lei, invece di risolvere i suoi problemi, sta trovando comodo l'invito di lui a rifiutare qualsiasi problematica. In sostanza, detto fra noi, anche se in pubblico li blandisco, io detesto i giovani d'oggi: li trovo veramente odiosi. Nota di cronaca: durante tutto questo tempo si sono scandalosamente baciati sulla panchina. Solo adesso riprendono una posizio­ne composta.

Anna                        - (pausa) Non mi dici niente?

Franco                      - Che cosa ti devo dire?

Anna                        - Non lo so... Qualche cosa...

Franco                      - (pausa) Senti, Anna... Da me non ti aspettare niente. Né giuramenti, né promesse-Forse, con cautela, qualche progetto. A breve sca­denza, però. Se adesso, in questo momento, mi do­mandi se ti voglio bene...

Anna                        - (pronta) Mi vuoi bene?

Franco                      - ...ecco, ti rispondo: sì, ti voglio bene.

Anna                        - (contenta) Anch'io.

Franco                      - (continuando) Ma se mi domandi come sarò fra un mese o fra un anno... Non te lo so dire. Come posso saperlo? Lo capisci, vero?

Anna                        - Dopo quello che è successo a me... Lo capisco benissimo.

Franco                      - Brava.

Anna                        - E anche tu... non t'aspettare niente.

Franco                      - Mi pare il solo atteggiamento onesto.

Anna                        - Sì. Poi magari ci vorremo bene per tutta la vita...

Franco                      - Può essere! E allora, vecchietti, diremo « da sempre ». Ma « per sempre »... come fai a dirlo?

Anna                        - Sì. Però... Franco, una cosa la devi pro­mettere... Una assoluta, crudele sincerità.

Franco                      - Certo. Ci sentiamo così provvisori che senza sincerità il vivere sarebbe un incubo.

Anna                        - Hai promesso, allora.

Franco                      - Ho promesso. E ti autorizzo, il giorno in cui ti mentissi, a tirarmi un colpo di pistola. Tanto cogli un altro! (Ridono. Sale la musica di chitarra della canzoncina composta da Franco).

FINE