Autore: Niccolò Matcovich
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Cellulare: 3283724237
Posizione SIAE: 232450
Codice SIAE: 920970A
L’imbroglietto
Spudorato omaggio a Karl Valentin e Liesl Karlstadt
Karl e Stadt: due ceffi, non per forza maschi.
Sono vestiti di tutto punto, non per forza logori.
Entrano in uno storico Teatro all’Italiana, vuoto: la Stagione si è conclusa; è possibile visitarlo, a pagamento.
KARL: Allora, hai capito?
STADT: Ho capito.
KARL: Sicuro?
STADT: Mi fido di te.
KARL: Ma che ti fidi, cretino!
STADT: Davvero, mi fido.
KARL: Non è questione di fidarsi o non fidarsi. È questione di aver chiaro il piano. Ti è chiaro il piano?
STADT: Ho capito.
KARL: Bene. Perché io non ho nessuna intenzione di pagare. Tu hai intenzione di pagare? STADT: Nessuna intenzione: non ho una moneta che sia una. Avessi una moneta, forse pagherei. Ma non ne ho una che sia una.
KARL: Bene. Vedo che il concetto ti è chiaro. Riepiloghiamo per l’ultima volta: vogliamo visitare il Teatro, ma non abbiamo soldi per visitare il Teatro. Quindi? STADT: Quindi non visitiamo il Teatro.
KARL: Lo vedi che sei un babbeo?
STADT: Perché, cosa ho detto di sbagliato?
KARL: Ma io che parlo a fare? Ti ho chiesto finora se ti era tutto chiaro.
STADT: Ho capito.
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KARL: Cosa?
STADT: Quello che mi hai chiesto finora.
KARL: E dunque?
STADT: Non ho una moneta che sia una.
KARL: Neanch’io. È qui che entra in gioco il piano.
STADT: Quale piano?
KARL: Rimbecillito che non sei altro. Quello che ti ho spiegato finora.
STADT: Scusa, non ti stavo ascoltando.
KARL: Ma a che diavolo stai pensando allora?
STADT: Ho una fame che mi buca lo stomaco. E non ho una moneta che sia una.
KARL: Mi sembra che siamo entrati qui dentro per visitare un Teatro. Sbaglio?
STADT: Ho capito.
KARL: Benissimo. Hai capito anche il piano?
STADT: Sì: entriamo e ci mangiamo una poltrona.
KARL: Non per forza. Dobbiamo prima riuscire a entrare. Poi quando entriamo decidiamo cosa fare.
STADT: Potremmo guardare uno spettacolo.
KARL: Bravo. Questa non è una cattiva idea. Dal momento che siamo in un Teatro, non sarebbe male guardarsi uno spettacolo.
STADT: C’è da dire però che io non ho voglia di guardare uno spettacolo.
KARL: Ma questo è relativo. Tu sei tu, io sono io. Ognuno ha le voglie che ha. Io ho voglia di guardare uno spettacolo.
STADT: E io di mangiare una poltrona.
KARL: Esatto. Lo vedi? Sono esigenze diverse. Mentre io mi guardo lo spettacolo tu ti mangi la poltrona. Mi sembra possibile. È un discorso coerente. STADT: Oppure potremmo fare il contrario.
KARL: Certo. Nessuno ci obbliga a fare così. Nessuno ci vieta di cambiare scopo una volta che siamo dentro. Tu hai voglia di guardare uno spettacolo? STADT: No, però ho voglia di mangiare una poltrona.
KARL: E’ vero, me l’hai già detto. Ma io credo che le nostre intenzioni potranno cambiare. Una volta che siamo dentro, tutto può cambiare. Sbaglio? STADT: Ho capito.
KARL: Mi piaci quando sei sveglio.
STADT: Anche tu. Ma di più quando dormi.
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KARL: Devo smettere di fumare.
STADT: Sì, lo penso anch’io.
KARL: Non russerò più, la notte.
STADT: Sì, lo penso anch’io.
KARL: Grazie Stadt, sei un amico.
STADT: Sì, lo penso anch’io.
KARL: Hai fame?
STADT: Non ho una moneta che sia una.
KARL: Difatti. Hai fame, ma non hai il denaro. Ti andrebbe bene una poltrona?
STADT: Benissimo. Mi aiuta a digerire.
KARL: Allora dobbiamo attuare il piano. Mi raccomando, non perdiamoci di vista.
STADT: Siamo sempre appiccicati, Karl.
KARL: Sì, ma è una frase fatta. È come dire “tra moglie e marito non mettere il dito”, o anche “non fare uno scherzo se non ne vuoi due indietro”. Mi spiego? STADT: Ho capito.
KARL: Bene. Sapevo che potevo fidarmi di te. Quanto costa il biglietto?
STADT: Come faccio a saperlo? Non ho una moneta che sia una.
KARL: Sbaglio o me l’hai già detto?
STADT: E’ che più lo dico e più me ne convinco.
KARL: Giusto. Mi piace come ragioni sulla vita.
STADT: C’è poco da ragionare. Ho una fame che mi buca lo stomaco.
KARL: In effetti quando si ha fame non è così facile ragionare.
STADT: Ragionando, non so se ragionerei quando non ho fame.
KARL: Mi sembra un buon ragionamento. Hai una bella testa, Stadt.
STADT: Sarebbe più bella se avesse i capelli. Ho pochi capelli.
KARL: Una cosa superflua.
STADT: Come il tuo cappello. Perché porti un cappello, Karl?
KARL: Per nascondere i capelli.
STADT: Ma non ne hai, di capelli.
KARL: Appunto.
STADT: Buona questa. Mi piace il tuo sense of humour.
KARL: E che significa?
STADT: Non lo so. L’ho letto in un libro.
KARL: Perché, tu leggi i libri?
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STADT: No, è che non avevo niente da fare.
KARL: Già, è noioso annoiarsi.
STADT: Appunto.
KARL: Sai, è da un quarto d’ora che stiamo parlando e ancora non mi sono annoiato.
STADT: Vuoi un caffè?
KARL: Volentieri.
STADT: Io ho smesso. Peccato. Altrimenti potevamo prendercelo, un caffè. Non è male questo Teatro. Potevamo parlare ancora un quarto d’ora.
KARL: Ma questo non è il Teatro. È il Preteatro, o Anfiteatro, o Antiteatro. Insomma, come si chiama questo posto?
STADT: Non ne ho idea. D’altronde, sei tu l’esperto di Teatro. Io ho una fame che mi buca lo stomaco.
KARL: Hai ragione. In effetti non si possono fare grandi discussioni con te, in questo momento.
Ti va una poltrona?
STADT: Sì, moltissimo.
KARL: Allora entriamo. Sicuro che ti è chiaro il piano?
STADT: Ho capito.
KARL: Stammi accanto. Parlo io. Tu in caso intervieni.
Si avvicinano alla bigliettaia del Teatro.
STADT: Vorremmo fare il giro del Teatro.
KARL: Avevamo detto che parlavo io.
STADT: Hai ragione. Allora parla tu.
KARL: Adesso ci tocca ricominciare. Vieni, riproviamo.
Tornano indietro. Si riavvicinano alla bigliettaia.
KARL: Buongiorno, signora.
BIGLIETTAIA: Signorina, prego.
KARL: Ecco, ho sbagliato anch’io. Che facciamo, Stadt?
STADT: Ricominciamo daccapo.
KARL: Sì, mi sembra un’ottima idea. Quando hai fame ti vengono delle grandi idee.
Tornano indietro. Si riavvicinano alla bigliettaia.
KARL: Buongiorno, signorina.
BIGLIETTAIA: Buongiorno. Come posso esservi utile?
KARL: In tanti modi. Ma diciamo che può aiutarci in un modo specifico. Sei d’accordo, Stadt?
STADT: Dipende dal modo che intendi tu. Io la mia idea ce l’ho.
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KARL: Che è uguale alla mia, credo. Qual è la tua idea, Stadt?
STADT: La poltrona.
KARL: Accidenti. Allora non è uguale alla mia.
STADT: E adesso che facciamo?
KARL: Non lo so. Con due idee diverse non è facile mettersi d’accordo.
STADT: E’ quasi impossibile, direi.
KARL: Hai ragione anche stavolta. Forse dovremmo seguire la tua idea, visto che hai sempre ragione. Hai una bella testa, Stadt. Eppure resto dell’idea che la mia idea è lo spettacolo, non la poltrona.
STADT: Sì, effettivamente abbiamo due idee molto diverse, ma entrambe molto valide. Sarà difficile mettersi d’accordo. Io mi sento in soggezione.
KARL: Perché? Un accordo lo troviamo. L’abbiamo sempre trovato.
STADT: Non per te, per la signorina. Mi sento osservato.
KARL: In effetti ci sta guardando.
STADT: Secondo te perché?
KARL: Non lo so. Forse perché mi mancano i capelli.
STADT: E’ vero, sta guardando il tuo cappello. (alla bigliettaia) Ha bisogno di qualcosa, signorina?
BIGLIETTAIA: Sto aspettando di sapere come posso esservi utile.
STADT: Accidenti Karl, questa signorina aspettava proprio noi.
KARL: Come faceva a saperlo?
STADT: Non lo so. Forse fa finta. O forse qualcuno gliel’aveva detto.
KARL: Io no.
STADT: No, io. Eppure non l’ho mai vista prima.
KARL: E continua a guardarci.
STADT: Hai ragione. Guarda il tuo cappello.
KARL: Allontaniamoci un momento.
Si allontanano.
KARL: Adesso ascoltami bene, facciamo così: io faccio finta di niente, tu guardi la signorina e
cerchi di capire se sta guardando noi.
STADT: Sì, ti sta guardando.
KARL: Accidenti. Questa non ci voleva.
STADT: La conosci?
KARL: No. Tu?
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STADT: Mi sembra di averla già vista.
KARL: Dove?
STADT: Alla biglietteria di un Teatro.
KARL: Ah sì? E quando?
STADT: Poco fa.
KARL: Diavolo, allora ci sta proprio guardando. Lo sapevo che la conoscevi. L’avevo capito.
STADT: Io non la conosco.
KARL: Ma lei conosce te, che è la stessa cosa. Non essere sempre pignolo, Stadt. Ti fa male alla testa.
STADT: E adesso che facciamo?
KARL: Continua a guardarla. Ci sta guardando?
STADT: Sì, non ci toglie gli occhi di dosso.
KARL: Secondo te cosa vuole?
STADT: Sapere cosa vogliamo.
KARL: Accidenti Stadt, a volte mi stupisci: non ci avevo pensato. E se invece ha scoperto il piano?
STADT: La facciamo diventare dei nostri.
KARL: Ma sei impazzito?
STADT: Perché no?
KARL: E’ una donna.
STADT: Ah già, a te non piacciono le donne.
KARL: Non è questo il punto. È che poi potrebbe compromettere il piano.
STADT: Perché?
KARL: Perché è una donna. Lo sai che le donne ti distraggono.
STADT: In effetti non mi sono mai sposato.
KARL: Ecco, vedi? Aspetta un attimo.
STADT: Cosa?
KARL: Mi è venuto un pensiero.
STADT: Davvero? Che pensa?
KARL: Che se la coinvolgiamo nel piano va in fumo il piano.
STADT: E perché? Solo perché è una donna? Non ricominciare con le tue sparate, Karl.
KARL: Ma no, che c’entra che è una donna. Potrebbe anche essere un melone. Il fatto è che il
nostro piano è cucito su di lei.
STADT: Sulla giacca o sulla camicia?
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KARL: Non mi ricordo. Ma senza giacca e camicia non possiamo visitare il Teatro.
STADT: Non mi piace quando ti atteggi.
KARL: Hai ragione, scusami. Ci sta ancora guardando?
STADT: Adesso ha gli occhi chiusi. Sta sbadigliando.
KARL: Accidenti. L’abbiamo fatta annoiare.
STADT: Non mi piace far annoiare le donne.
KARL: Lo dicevo per te, infatti. Mi dispiace, Stadt.
STADT: Non fa niente, Karl.
KARL: Riproviamo?
STADT: Sì, ma stavolta parlo io.
KARL: Va bene. Forse sei più preparato. Hai studiato retorica?
STADT: In quinta elementare. Poi mi hanno bocciato e ho lasciato la scuola.
KARL: Ecco perché ragioni così bene. Chi molla la scuola ragiona sempre meglio.
STADT: Un ragionamento curioso. Perché non lo brevetti?
KARL: Già fatto: non ho visto un quattrino.
STADT: Ha ricominciato a guardarci. Su, muoviamoci.
Si riavvicinano alla bigliettaia.
STADT: Buongiorno di nuovo, signorina.
BIGLIETTAIA: Vi posso aiutare?
STADT: Sì, ecco, noi… vorremmo visitare il Teatro all’Italiana.
KARL: Non c’è bisogno che dici all’Italiana, Stadt. I Teatri sono tutti all’Italiana.
STADT: Qui in Italia, forse. Ma se fossimo stati a Berlino?
KARL: Avresti dovuto dirlo in tedesco.
STADT: Accidenti, hai ragione. Allora ricomincio. (alla bigliettaia) Buongiorno, signorina.
KARL: E questo l’abbiamo già detto.
STADT: Non dimenticare mai l’educazione, Karl. Mai. (alla bigliettaia) Ecco, noi vorremmo visitare il Teatro.
BIGLIETTAIA: Sono due euro ciascuno e la visita è libera.
KARL: Hai sentito, Stadt? Due euro ciascuno. Tu li hai due euro ciascuno?
STADT: Non ho una moneta che sia una, Karl.
KARL: E adesso che facciamo?
STADT: Beh, mettiamo in gioco il piano.
KARL: Ma la signorina non mi sembra molto disponibile.
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STADT: Non preoccuparti, Karl. Sai come sono abile con le donne. Piuttosto, prestami il tuo cappello.
KARL: E tu cosa mi presti in cambio?
STADT: I miei capelli.
KARL: Affare fatto.
I due si scambiano il cappello e i capelli.
STADT: Come sto? Ho un’aria credibile?
KARL: Mai stato meglio. Pensavo di regalartelo.
STADT: Tu però mi ridai i capelli. Ricordati che sono solo un prestito.
KARL: Accidenti. Credevo che uno valesse gli altri. L’ho detto apposta perché mi regalassi i capelli.
STADT: No Karl, i capelli non posso proprio regalarteli.
KARL: Allora prestameli finché sono morto.
STADT: Ma io potrei morire prima di te.
KARL: No Stadt, noi due moriremo insieme. È scritto negli astri.
STADT: A volte rimpiango di non saper leggere.
KARL: L’altro giorno hai letto un libro.
STADT: Sì, ma solo perché ce l’avevo accanto. È stato un caso eccezionale.
KARL: Infatti mi sembrava strano. Non ti si addice.
STADT: Senza capelli non mi si addice niente. Non so come fai a viverci.
KARL: Ho pianto molto quando li ho persi. Poi ci ho fatto l’abitudine. Accidenti Stadt, la signorina ci sta di nuovo guardando.
STADT: Si sente esclusa dal discorso. E ha ragione, Karl. Non possiamo sempre escludere tutti dal discorso. (alla bigliettaia) Dicevo, signorina, che vorremmo visitare il Teatro perché ci piace molto il Teatro.
BIGLIETTAIA: Non c’è problema, signori. Sono due euro ciascuno.
STADT: Ecco dov’era il cavillo. Dammi due euro ciascuno, Karl.
KARL: Non li ho, davvero. Non mi sarei spremuto tanto per cercare un’alternativa.
STADT: Senta, signorina, non abbiamo due euro ciascuno, né uno per due, né tutti per niente. Come la vogliamo mettere?
BIGLIETTAIA: Mi dispiace, ma non posso farvi entrare.
STADT: Diavolo, hai sentito, Karl? La signorina non ci può far entrare.
KARL: (alla bigliettaia) Ma noi amiamo il Teatro.
BIGLIETTAIA: Anch’io, ed è per questo che lavoro qui e non posso far entrare gratis nessuno.
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KARL: Neanche due amici che amano il Teatro?
BIGLIETTAIA: No, neanche loro.
KARL: Che vita infelice.
STADT: La cultura ha un prezzo, caro Karl. Chi è che lo diceva? Pronunciava quel “caro Karl” con tanto pathos…
KARL: Su, signorina, faccia la brava, due euro ciascuno a lei non cambiano la vita, mentre per noi questa visita al Teatro è indispensabile! Il Teatro è il nostro nutrimento, capisce? STADT: Sapevo che anche tu finivi a mangiarti la poltrona.
KARL: Stai zitto, Stadt.
BIGLIETTAIA: Sono spiacente, ma non posso proprio farvi entrare. Purtroppo non dipende da me.
KARL: Ah no? E da chi dipende?
STADT: Ehi Karl, stai buono un attimo. Non ti scaldare. Non dimenticarti che puoi mandare all’aria il piano…
KARL: Va bene, hai ragione, è meglio mantenerci caldi.
STADT: Calmi.
KARL: L’importante è mantenerci. (alla bigliettaia) Signorina, le dispiace se mi allontano un attimo con il mio amico e ci mettiamo d’accordo? BIGLIETTAIA: Non c’è problema. Io non mi muovo.
KARL: (allontandandosi di qualche passo dalla bigliettaia) Hai sentito, Stadt? Forse era una battuta. Io le ho detto che ci allontaniamo, e lei ha detto che non si muove. È logico, ma nella sua logica può sembrare assurdo. Non ti sembra assurdo, Stadt? STADT: E’ simpatica, la signorina.
KARL: Non ricominciare con le tue furbate.
STADT: Possono servirci per il piano.
KARL: Forse hai ragione. Allora sta a te, Stadt.
STADT: Va bene, ci penso io: con le donne ci so fare.
KARL: Però ci avviciniamo insieme.
STADT: Certo. Ma parlo io.
KARL: Io penserò ai tuoi capelli.
STADT: Bravo, devi distrarti, altrimenti ti viene voglia di intervenire.
KARL: Perché non me li lasci, Stadt?
STADT: Oh, non se ne parla.
KARL: Perché?
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STADT: Ho un diavolo per capello, e in tutto almeno millemila. Finiresti all’inferno.
KARL: “l’importante è tornare indietro”: chi è che lo diceva?
STADT: Un pensatore, ma poi è morto.
KARL: E non è più tornato indietro?
STADT: No, ha smesso di pensare.
KARL: Pensandoci, conviene che ci sbrighiamo. La signorina rischia di perdere la pazienza. STADT: L’importante è ritrovarla. Si può sempre tornare indietro. Non è mica morta la signorina.
Riavvicinandosi alla bigliettaia.
KARL: Buongiorno ancora signorina, la prima regola è non dimenticarsi mai l’educazione.
La bigliettaia ridacchia.
STADT: Bravo, Karl. Mi piace quando ti entrano le cose in testa.
KARL: In effetti i tuoi capelli mi entrano a perfezione.
STADT: Dicevamo, signorina, che vorremmo visitare il Teatro all’Italiana.
BIGLIETTAIA: Sì, signori, ho capito. Sono due euro ciascuno.
STADT: Beh, ecco, come avrà capito, noi due euro ciascuno non li abbiamo… Sì, ecco, siamo un po’ a corto, però io ho un cappello, e il mio amico ha dei capelli che gli entrano a perfezione. Insomma, siamo due bei tipi, non è così?
BIGLIETTAIA: Mi spiace, non posso proprio farvi entrare.
STADT: Non corra, signorina, non ho ancora finito.
KARL: La signorina non si è mossa di un passo, Stadt.
STADT: Zitto, rimbecillito. È come dire “tra moglie e marito…”.
KARL: Hai ragione. È che continuo a sottovalutare la tua prontezza d’animo.
STADT: Insomma, considerando che non abbiamo due euro ciascuno, ma che abbiamo un cappello e dei capelli, e che lei è molto simpatica e disponibile…
Tira fuori lentamente una banconota da 50 euro.
KARL: E quella dove l’hai presa, Stadt?
STADT: Ma sei impazzito? Fa parte del piano, no?
KARL: Infatti ti sto assecondando. Lo so benissimo com’è il piano: l’ho inventato io!
STADT: (alzando la voce per farsi sentire) Beh… Diciamo che all’evenienza so usare bene i miei strumenti. Non faccia quella faccia, signorina. D’altronde, sono assolutamente convinto che nella società degli uomini c’è sempre un modo per mettersi d’accordo.
KARL: Sei ammirevole, Stadt. Continua così. Potresti abbindolare perfino un ufficiale giudiziario.
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STADT: (posando i 50 euro sul bancone della signorina) Su, sappiamo che lei è una persona per bene. Adesso tutti e tre chiudiamo un occhio… (Karl e Stadt chiudono un occhio) Su, signorina, lo chiuda anche lei! (la signorina chiude un occhio) Benissimo. Adesso ci stampi due biglietti per visitare il Teatro all’Italiana e la chiudiamo qua.
La signorina stampa i biglietti e si mette la banconota nel portafoglio, versando quattro euro nella cassa del Teatro.
STADT: (togliendosi il cappello, con reverenza) Grazie.
KARL: (togliendosi i capelli, con reverenza) Davvero grazie!
BIGLIETTAIA: L’ingresso è in fondo: accomodatevi.
STADT: Hai visto, Karl? Le abbiamo fatto le scarpe! Ti avevo detto di lasciar parlare me.
Buio.
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