La bellezza e l’apparenza, le maschere che celano paure e bisogni reali.
(Ester Annetta
Via del Casale Giuliani 46
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Posizione SIAE n. 212341 - Sez. D.O.R. Autori)
Monologo
L’INCANTESIMO
Sosta a lungo davanti allo specchio che riflette per intero la sua immagine.
E’ uno di quei giorni in cui si vede.
Capita di rado. Sempre così di fretta e rimbalzata tra gli impegni: giornate piene di gesti, di parole, di formule imparate a memoria divenute lo schema di un contegno più adatto al contesto che la circonda che non al suo vero sentire. Una disinvoltura costruita che però convince; una sicurezza robusta, ma solo in superficie, sotto cui si celano paure mai risolte.
Si accorge anche di quelle nei giorni in cui si vede.
Nuda, davanti al suo riflesso, si spoglia anche dell’involucro del suo corpo. E si guarda dentro.
E’ un’indagine lenta, che inizia da un particolare visibile per poi sfogliare strati sempre più sottili che nascondono ciò che con abile ingegno dissimula da sempre.
Oggi comincia dagli occhi.
La magia più recente le ha cancellato il risvolto delle palpebre.
L’infida potenza della gravità non trascura neppure le parti minute, accanendosi su ogni dettaglio che possa tradire il peso del tempo.
Sugli occhi inspessisce la trama del loro sipario, allungandolo sino a coprire gran parte dello sguardo, riducendone l’ampiezza.
E’ stato un intervento semplice, durato pochi minuti; una piccola incisione che non ha lasciato alcuna cicatrice.
Ma chissà se è proprio la restituita ampiezza di visuale ad indurla oggi ad un nuovo esame!
Quel corpo tante volte rimodellato, prosciugato dalle diete, levigato dalla magia chirurgica e rassodato da manipolatori di mestiere forse non racconta più i suoi anni, ma ne tradisce la fatica: nessuno strumento può cancellare quella traccia, ribelle ad ogni artifizio e pretesa di negazione.
Ci sono pesi che non lasciano solchi e macule sulla pelle, né si appendono al collasso dei tessuti; ma gravano l’anima di una vecchiaia slegata dall’avanzare del tempo.
Il suo corpo non denuncia i suoi quasi cinquant’anni; tuttavia la loro più recente metà ha inciso segni invisibili in un alfabeto che lei sola interpreta, non leggibili sull’immagine resa dallo specchio.
- Specchio delle mie brame, sono ancora per lui la più bella del reame?
E’ ora il suo dubbio più ricorrente, quello da cui dipende il riempimento della sua vita, l’appagamento delle sue ambizioni e delle sue vanità: i soli contenuti che hanno colmato la sua folle e consapevole rinuncia a quel resto ordinario e comune che i più accantonano come contributo di pensionamento per scongiurare la solitudine del dopo.
***
Aveva poco più di vent’anni quando imboccò quella strada senza ritorno.
Lui ne aveva il doppio ed era un uomo affascinante, ricco e potente: un cardine di quella complessa e prestigiosa architettura di categoria che, solo nelle aspirazioni più ardite di chi è ancora acerbo per la professione, si può ambire a scalare.
Poteva insegnarle molto, anche quegli altri ingredienti che - pur non legati alle capacità - risultano i soli davvero funzionali alla competizione ed al raggiungimento di obiettivi superiori: spregiudicatezza, ambizione, arroganza.
Cuciti indosso a lei, tuttavia, quegli abiti sarebbero stati costantemente fuori misura, inadatti a quella sua indole così radicalmente onesta e trasparente, quasi ai limiti dell’ingenuità.
Forse proprio quella diversità aveva catturato l’interesse di lui; la semplicità di quella giovane - desiderosa di sapere e tuttavia così umile da affidarsi senza riserve alla sua guida - la rendeva una nota che, più che stonata, risuonava come più acuta, selvaggia e solitaria fuori da un coro compatto e riverente.
L’aveva scelta, educata ed investita di compiti sempre maggiori, aumentandone le gratifiche di pari passo al crescere della devozione che gli tributava. L’avrebbe infine plasmata a suo piacimento, resa il braccio esecutivo della sua regia, l’avanscoperta delle sue strategie, la sembianza della sua ombra.
Per lei, invece, l’originaria ammirazione ben presto si trasformò morbosamente.
Al compiacimento per i suoi progressi si erano sommati un attaccamento ed un’accondiscendenza sempre più simili alla dipendenza.
Quell’uomo non era più soltanto il suo maestro, ma il suo modello, la sua guida e confidente, il padre che aveva perso ancora bambina.
Mancanze negate, bisogni rimossi, timori inconfessati confluivano in quell’unico punto di riferimento stabile e sicuro, da solo sufficiente a indicare le traiettorie di un cammino cui affidare l’intera sua crescita.
Se ne innamorò perdutamente, prima ancora di aver provato altrove le diverse espressioni dell’amore.
Gli aveva immolato tutta la sua giovinezza.
Come un fiore raro e prezioso, si era lasciata coltivare tra le sue radici, protetta dal suo tronco possente ma prigioniera dell’ombra della sua chioma.
L’amava talmente da sopprimere anche quei desideri che fisiologicamente connotano l’età di una donna: non avrebbe mai avuto una famiglia con lui, che una famiglia l’aveva già; né avrebbe mai avuto da lui un figlio che sublimasse quell’amore assoluto, tale però soltanto per lei.
Mai le sarebbero mancati, in cambio, tutti quei simboli di potenza e di ricchezza che lui avrebbe continuato a fornirle, almeno finché non si fosse stancato di lei, o un’altra giovane preda non avesse stuzzicato il suo istinto di cacciatore, o non fosse stato ormai troppo vecchio e stanco da abdicare il suo potere.
Invidiata da quanti scorgevano solo la brillante confezione della sua fortuna e l’aura di intoccabile privilegio che l’avvolgeva agevolandola in ogni impresa, lei stessa si era infine nascosta dietro quello schermo, ostentandone lo splendore.
Ma mille notti ancora, avvolta dai vapori e dalle essenze di un bagno aromatico in una lussuosa suite d’albergo, avrebbe ripulito il suo corpo dall’odore del sesso appena fatto ed affidato di nuovo i suoi pensieri alla paura, mentre lo stanco respiro di lui al di là della parete si sarebbe trasformato in un russare profondo:
- Quanto durerà la sua gratitudine per avergli donato la mia gioventù?Per quanto continuerà a desiderarmi?
Dimmi, specchio delle mie brame, sono ancora per lui la più bella del reame?
Conserva ancora nel cuore l’illusione di quell’antica fiaba, confusa all’incipiente insicurezza del suo presente e all’angosciosa paura della suo domani.
Sa di esistere perché è sua, di essere quel che è perché lui l’ha plasmata, di avere ciò che ha perché raccoglie quanto lui ha seminato nel suo campo.
E se scivolasse via, trascinerebbe con sé ogni cosa, come una slavina che precipita a valle.
***
Oggi è un giorno in cui si vede.
Un giorno cupo come le nubi che da stanotte rovesciano pioggia e fango; un giorno senza sole, intonato al buio ed alla solitudine che pare si profilino in fondo alla sua strada.
Gli anni non si ingannano con la magia dei ritocchi, e l’incantesimo dell’amore e della bellezza prima o poi svanisce.
Spaventa il buio all’inizio del giorno, ma è un timore che passa con l’immediato schiarirsi del mattino.
E’ invece lunga la tenebra che segue al tramonto; confluisce nella notte, in una totale assenza di colore in cui la paura stagna, priva di prospettive e di appigli che saldino a certezze visibili, nell’attesa dubbia del ritorno del sole, che pure potrebbe indugiare a splendere altrove.
In un tempo privo di luce, quando le forze difetteranno e la mente rimbalzerà nello spazio lasciato vuoto dal tanto che riempiva la vita, i pensieri non annegheranno; piuttosto, occuperanno spazi sempre più imponenti, si faranno più solidi e pesanti, fino a schiacciare...
- Specchio delle mie brame, fammi scomparire prima che accada.