L’INDAGINE
DRAMMA
IN DODICI QUADRI
DI
ALDO
CIRRI
PERSONAGGI :
DARIO DA SIDONE (giovane) medico - anni 28
DARIO DA SIDONE (vecchio) medico - anni 85
DEMETRIO DA KNIDOS medico - anni 28
SILONE DA TIRINTO medico - anni 60
ARETEO DI CAPPADOCIA medico - anni 65
TIMOTEO DA LISTRI vescovo di Efeso - anni 50
GIULIANO DA ICONIO cronista - anni 40
GAIO DI MACEDONIA mercante - anni 50
GIOVANNI DA CAFARNAO patriarca di Efeso - anni 80
ARISTARCO DA SAMO mercante - anni 50
GANIO DA SIDONE padre di Dario - anni 55
CLEOFA DA GERUSALEMME discepolo - anni 80
YOSHUA BEN YOSEPH il Rabbi - anni 86
BENEDETTO XIV Pontefice - anni 67
ANTONIO LODOVICO MURATORI Storiografo - anni 70
MARIA DI MAGDALA ------ - anni 85
PRIMO CONTADINO ------ - anni 45
SECONDO CONTADINO ------ - anni 45
TERZO CONTADINO ------ - anni 45
IL SEGRETARIO PONTIFICIO ------ - anni 40
UN SERVO ------ - anni 20
RIDUZIONE TEATRALE DEL ROMANZO:
“I GIORNI DELL’UOMO”
DELLO STESSO AUTORE
PRIMO QUADRO
SCENA
Lo studio di Dario. Parete di fondo: una finestra, circondata da tende, che si
affaccia su di un giardino da cui si vedono le cime degli alberi. Parete di
destra: la porta di ingresso, vicino ad essa una colonnina in marmo con sopra
un busto raffigurante Esculapio il dio della medicina. Parete di sinistra:
sulla sinistra un’altra porta, sulla destra una libreria piena di libri e
rotoli di pergamena. Al centro un grande tavolo con una sedia che dà le spalle
alla finestra ed è rivolta di tre quarti verso il pubblico con sopra altri
libri e carte. Per la stanza altri arredi e mobili. Notte fonda. Sul tavolo è
accesa una lucerna Dario è molto vecchio, seduto al tavolo dello studio, sta
scrivendo su di un foglio di pergamena. Nei quadri successivi Dario potrà
proseguire la sua narrazione da fuori scena come se seguitasse a scrivere la
lettera a Demetrio. Oppure, a discrezione del regista, in una scena secondaria.
Per maggiore comodità di lettura, la parte di Dario da Vecchio è riportata in
neretto.
DARIO DA VECCHIO - (scrivendo) Diciottesimo anno dell’impero di Adriano.
Diciassettesimo giorno prima delle calende di aprile. (pausa) Demetrio fratello
mio, Proprio oggi Rufo mi ha portato tue notizie da Corinto, sono felice di
saperti in buona salute, anche se so che ti lamenti di continuo dei tuoi
acciacchi, ma la vecchiaia, amico mio, chi ce l’ha se la tiene e chi non ce
l’ha deve solo aspettarla, per cui fai tacere per un attimo i tuoi lamenti e
leggi queste righe che il tuo amico e fratello Dario ti scrive. Ho pensato
molto a lungo prima di decidermi a vergare questa lettera, perché ciò che ti
invierò con essa non rientra nelle decisioni che prendemmo di comune accordo
tanti anni fa. Ti prego di fare insieme a me un balzo indietro nel tempo, agli
anni della nostra ricerca. Ricordi? Era il nostro ultimo anno alla scuola di
medicina qui a Pergamo, tutto cominciò un giorno d’estate del primo anno di
regno dell’imperatore Tito… (emozionato) quanti anni sono passati… ricordo che
quel giorno Silone mi aveva costretto ad assisterlo in una delle sue lezioni di
anatomia, (sorride) mi mise quasi in imbarazzo di fronte ai nuovi allievi
costringendomi praticamente a svolgere io stesso la lezione, forse avevi
ragione tu: l’affetto di Silone nei miei confronti andava oltre la semplice
predilezione del Maestro per l’allievo.
SECONDO QUADRO
SCENA
Mentre Dario scrive e racconta, la scena cambia e diventa il giardino della
scuola di medicina di Pergamo. Una panchina, piante ed alberi. Dario (giovane)
e Silone entrano. Dario da vecchio sparisce dalla scena.
SILONE - (sorridendo a Dario) Bene, bene, a quanto pare l’anatomia ha trovato
un suo degno rappresentante e Silone il suo successore!
DARIO - (confuso) Perdonami, non mi permetterei mai di prendere il tuo posto.
SILONE - (mettendo una mano sulla spalla a Dario) Pensi proprio che ti avrei
affidato un giro di clessidra di oratoria medica se non fossi stato sicuro di
quello che avresti detto?
DARIO - Se avessi sbagliato ti avrei fatto fare una brutta figura!
SILONE - Mio giovane amico, ricordati che nella nostra disciplina non c’è mai
la certezza di un risultato, puoi studiare cento libri, puoi curare cento
malati e trovare il rimedio a cento malattie, puoi diventare più grande di
Ippocrate stesso, puoi diventare il saggio dei saggi, ma non scoprirai mai il
nocciolo della sapienza, non toccherai mai l’ultimo velo che copre la verità!
(resta un attimo pensieroso) Basta con la medicina e le sue miserie,
concediamoci un po’ di ristoro!
Un servo entra portando un vassoio con due bicchieri, li porge a Dario e Silone
ed esce.
SILONE - Ah, menta fresca!
DARIO - Sono passati sei anni e mi sembra di essere qui da una vita, però
ricordo come se fosse ieri il giorno che arrivai insieme a Demetrio.
SILONE - (sorridendo) Quel matto!
DARIO - ... ci accolse Areteo in persona, noi non sapevamo chi fosse, pensavamo
si trattasse del giardiniere, così Demetrio volle dargli qualche lezione di
farmacia, dopo che seppe con chi aveva parlato continuò a chiedergli scusa per
un mese e ad aiutarlo nei lavori del giardino per altri tre mesi... non ho mai
visto lavorare Demetrio come in quel periodo!
SILONE – (sorridendo) Il vecchio Areteo... sai, credo che tra tutti i medici
che ho conosciuto in vita mia, sia l’unico ad essere riuscito a vedere oltre la
scienza medica.
DARIO - In che senso?
SILONE - Areteo è come se avesse scoperto che la natura del male ha radici
molto più profonde di quello che noi riusciamo a vedere in una piaga o in una
ferita.
DARIO - E cioè?
SILONE - Non so, forse Areteo si è avvicinato a qualcosa per cui la comune
scienza medica non ha quasi più valore.
DARIO - Non riesco a seguirti.
SILONE - (sorridendo) Nemmeno io, sto farfugliando come un vecchio matto!
I due restano un po’ in silenzio.
DARIO - (improvvisamente) Silone, chi è Luca di Antiochia, il medico di cui hai
parlato nella lezione di oggi?
SILONE - (sorridendo) Conobbi Luca tanti anni fa, ero appena entrato al tempio,
quando lui stava per terminare i suoi studi. Lo ricordo bene, era un ragazzo
gentile e sorridente, di aspetto un po’ gracile, ottimo medico. Diventammo
amici e, durante il suo ultimo anno trascorso qui alla scuola, ebbi modo di
apprezzarne la sensibilità e il suo naturale talento nell’interpretare i segni
e gli effetti della malattia sul corpo dell’uomo. Era un convinto assertore del
primato della ragione e della logica sulla credenza e sulla superstizione: “Gli
idoli, la magia e i sortilegi saranno sempre le cause del rallentamento del
progresso della medicina”, diceva. Ricordo che una volta, giù al mercato,
nonostante il suo carattere mite, per poco non rovesciò il banco di uno dei
tanti ciarlatani, spacciatori di parole e di false medicine, tanto che
dovettero intervenire i soldati per impedire una rissa generale!
DARIO - Una rissa?
SILONE - Sì, perché tutti quelli che avevano comprato qualcosa, sentendo la
discussione, capirono che Luca era un medico e l’altro un imbroglione e così
pretesero i soldi indietro. Ti lascio immaginare le conseguenze!
Ridono insieme, poi Silone si fa serio
SILONE - Di Luca mi è rimasto impresso un racconto che mi fece la sera prima
della sua partenza da Pergamo. Cominciammo a parlare di noi, dei progetti, del
nostro futuro, ci confidammo le speranze, i desideri, insomma tutti quegli
argomenti destinati a far aumentare la malinconia della separazione. Luca mi
raccontò che era stato allevato in casa di Teofilo, vicegovernatore e
magistrato della Siria. Suo padre era un liberto romano, negli ultimi anni
della sua vita aveva fatto parte del personale di ufficio di Teofilo e Luca,
cresciuto insieme a Livio, figlio naturale di Teofilo, dopo la morte del padre,
fu da questi adottato: “Devo tutto a Teofilo, è grazie alla sua generosità e al
suo affetto che ho potuto studiare medicina” mi disse.
DARIO - A che cosa si riferiva il racconto?
SILONE - Ci sto arrivando... vivendo al seguito di Teofilo a Luca capitò spesso
di assistere ai processi presieduti dal magistrato. L’anno prima di entrare
alla scuola di Pergamo, fu testimone e protagonista di un fatto che lo turbò
molto e che poi cambiò tutta la sua esistenza. In quei giorni Teofilo si
trovava a Gerusalemme, in Palestina, a presiedere un processo a carico di un
certo Stefano accusato di appartenere ad una setta sovversiva, in realtà quel
processo era una farsa, in quanto il Sinedrio, il massimo tribunale ebraico,
aveva già decretato la condanna di Stefano, incaricando dell’accusa proprio
l’uomo a cui era stato affidato il compito di perseguitare la “Società del
pesce”...
DARIO - La “Società del pesce”?
SILONE - ... Sì, questo era il nome della setta.
DARIO - (sorridendo) E che cosa erano, adoratori di aringhe?
SILONE - (la serietà di Silone smorza il sorriso di Dario) Non so perché si
chiamassero in quel modo strano, ma pare che fossero i seguaci degli
insegnamenti di un giovane maestro ebreo giustiziato alcuni anni prima nella
stessa Gerusalemme.
DARIO - Chi era questo maestro?
SILONE - Il suo nome era Yoshua ben Yoseph, ma tutti lo conoscevano come Gesù,
era originario della bassa Galilea. Fu condannato a morte con l’accusa di
sobillazione politica e anche quella volta sembra che il processo fosse una
montatura da parte del Sinedrio.
DARIO - I cristiani!
SILONE - Che c’entrano i cristiani?
DARIO - Gli adepti della setta di cui parli... la “Società del pesce” non erano
altro che i primi gruppi di quelli che oggi sono noti con il nome di cristiani!
SILONE - E tu come fai a saperlo?
DARIO - Mio padre una volta mi raccontò che più di trent’anni prima sentì dire
che ad Antiochia in Siria, giunsero alcuni seguaci di questo Gesù, provenivano
da Cipro e da Cirene, erano i superstiti di una feroce persecuzione. Ad
Antiochia cominciarono a predicare e a circondarsi di un gran numero di
accoliti, riuscendo a fare di quella città uno dei loro maggiori centri e fu là
che, per la prima volta, presero il nome di “cristiani”, ne sono sicuro perché
mio padre mi spiegò che il pesce era uno dei simboli con cui ricordavano il
loro maestro, credo che c’entrasse qualcosa con il suo nome.
SILONE - Per Bacco, questa non la sapevo!
DARIO - Tuttavia non ho mai saputo perché presero proprio il nome di
“cristiani”.
SILONE - Credo che si riferisse anch’esso ad uno degli attributi con cui
chiamavano il Galileo.
DARIO - (pensieroso) È curioso come la più alta autorità della Palestina, in
quegli anni, si sia affannata tanto per reprimere un setta che in realtà non
aveva mai impugnato un’arma per una rivolta!
SILONE - Ragazzo mio, pensa a quanto sarebbe stato difficile per il Sinedrio,
spiegare al procuratore imperiale la differenza tra un movimento religioso ed
una cospirazione politica!
DARIO - Ma i cristiani non hanno mai preso una posizione politica?
SILONE - È per questo che le autorità della Giudea non potevano rischiare che
l’impero fraintendesse le loro intenzioni perciò, per non sbagliare, fecero
l’unica cosa sicura per non insospettire il potere di Roma: perseguitarono
duramente la setta sul nascere!
DARIO - Quello che non capisco è che di sette, di movimenti religiosi, di
culti, per non parlare di miti e di stregonerie, ne nascono mille ogni giorno,
perché proprio i cristiani suscitarono tutto quel timore?
SILONE - La prima delle ragioni fu perché il movimento si sviluppò con una
rapidità sorprendente, almeno in Galilea, la seconda è qualcosa di molto più
sottile, di diverso, qualcosa che trascende la ragione stessa... la stessa cosa
che turbò Luca tanti anni fa.
DARIO - Perdonami, Silone, ho interrotto il tuo racconto, ti prego di
continuare.
Silone, con gli occhi fissi nel vuoto, come per immaginare la scena, prosegue
nella sua narrazione.
SILONE - Luca assistette al processo di Stefano, ma intuì subito che la
condanna era già stata stabilita e che l’esecuzione sarebbe stata solo un
esempio per chi vedeva nella “Società del pesce” la spinta alla ribellione
verso l’impero. Stefano fu condannato alla lapidazione, ricordo che Luca
inorridiva raccontando l’esecuzione, era molto giovane ed era la prima volta
che assisteva ad uno spettacolo del genere. Dopo che la pioggia di pietre ebbe
trasformato i corpo del condannato in una massa sanguinolenta, l’accusatore, un
certo Saulo che aveva diretto anche l’esecuzione, con un gesto fermò il lancio
dei sassi. Si avvicinò al corpo, lo osservò, poi chiese se tra la folla c’era
un medico che potesse constatarne la morte, Luca si fece avanti dichiarandosi
studente di medicina, l’accusatore gli chiese allora di esaminare il corpo.
Luca si avvicinò, Stefano era ancora vivo e in quei pochi attimi in cui Luca
gli rimase vicino, con il poco fiato che ancora aveva, fece accenno ad un
rotolo di pergamena nascosto nelle proprie vesti. Luca, nell’avvicinarsi per
ascoltare il cuore del morente, si impossessò furtivamente dell’oggetto.
Stefano in quel momento morì. Ricordo ancora l’emozione di Luca quando
raccontava di come, nonostante Stefano avesse subìto una così raccapricciante
violenza sul proprio corpo, sapendo che la pergamena era in qualche modo al sicuro,
morì con un’espressione di infinita serenità sul viso. Poi Luca si alzò e
dichiarò che il condannato era morto. L’accusatore sciolse l’assembramento e
Luca poté andarsene senza che nessuno si fosse accorto del rotolo. La mattina
dopo Luca avrebbe dovuto imbarcarsi a Giaffa per Pergamo insieme ad Livio, ma
un cambiamento del programma da parte di Teofilo li trattenne diversi giorni a
Tiberiade...
DARIO - Che cosa conteneva il rotolo?
SILONE - (sorridendo) Frena la tua impazienza ragazzo mio! Il rotolo conteneva
gli insegnamenti e una piccola cronaca della vita del maestro di Galilea. Luca
ebbe modo di esaminarlo con calma, non conosco le parole esatte di quel rotolo,
ma la filosofia e la spiritualità di vita che predicava, colpirono
profondamente Luca, tanto che si chiese quale forza aveva permesso a Stefano di
affrontare una prova tanto dura.
DARIO - Che fine fece quello scritto?
SILONE - Non ne ho idea, so solo che Luca abbracciò quella dottrina e, pur
continuando a fare il medico, si mise al seguito del più famoso dei loro
predicatori, un certo Paolo, con lui girò tutta l’Asia Minore spingendosi fino
a Roma. Luca comunque utilizzò nella maniera migliore quel documento, poiché
quando lo rividi...
DARIO - Tu hai rivisto quell’uomo?
SILONE - Sì, saranno passati più di vent’anni: in uno dei viaggi al seguito del
predicatore, Luca si fermò per qualche tempo ad Asso, dove avrebbe dovuto
unirsi a Paolo che stava seguendo un’altra strada per poi proseguire insieme
per Mitilene. In quei giorni di attesa, Luca ne approfittò per spostarsi a
Pergamo per qualche giorno. Non puoi immaginare quale fu la mia gioia nel
rivederlo, i pochi giorni che trascorse presso il tempio di Esculapio furono
giorni di gioia per entrambi, mi raccontò mille cose, mi parlò di se, della sua
attività di medico, dei suoi viaggi, di come la nuova dottrina si stava
espandendo e come le comunità cristiane sorgessero numerose. Ma ciò che lo
entusiasmava di più in quei giorni, era un progetto che maturava da tempo e che
solo da poco aveva messo in atto, mi spiegò che durante tutte le sue
peregrinazioni in Palestina, si era prefissato di raccogliere il maggior numero
possibile di testimonianze, di documenti, di prove, persino di aneddoti e
leggende sulla predicazione e sulla vita del maestro di Galilea. Mi mostrò
tutto quanto: aveva appunti, atti giuridici, disegni, vecchi documenti, quando
gli chiesi cosa pensava di farne, il suo viso si illuminò e mi rispose: “Quello
per cui fui destinato il giorno in cui raccolsi la pergamena dalle vesti di Stefano:
diventare il cronista della storia della vita e degli insegnamenti di Gesù!”
DARIO - E riuscì nell’impresa?
SILONE - Sì, poiché attualmente, nelle comunità cristiane, circolano diverse
cronache della vita del Galileo scritte da cinque o sei autori diversi, ma la
più completa e la più consultata sembra essere quella di Luca.
DARIO - Aveva con se ancora quella famosa pergamena ?
SILONE - No, mi raccontò che, dopo averla copiata, la consegnò ad uno dei
predicatori affinché la conservasse come ricordo e simbolo.
DARIO - Caspita che storia! Che ne è stato di Luca?
SILONE - Non ne ho più notizie da anni, l’ultima volta mi scrisse dalla
Bitinia. Dopo la morte di Paolo a Roma, le comunità cristiane ebbero un attimo
di sbandamento, ma l’organizzazione interna, ormai ben radicata, ne permise la
sopravvivenza. Luca non era mai stato un predicatore, perciò si ritirò in
Bitinia dove iniziò a scrivere una cronaca di quei viaggi.
DARIO - Ho sentito parlare di questo Paolo, si dice che prima di divenire il
più famoso predicatore cristiano fosse un loro nemico?
SILONE - L’ho sentito dire anch’io, ma non so che cosa avesse fatto.
Dario per un attimo resta assorto.
DARIO - Silone, di dov’era originario Paolo il predicatore ?
SILONE - Di Tarso in Cilicia, Luca me ne parlò molte volte e... per
Esculapio!
Silone per poco non rovescia la bevanda.
DARIO - (stupito) Che cosa c’è ?
SILONE - (esterrefatto) Luca mi disse che Paolo era il nome che prese quando
divenne seguace della dottrina cristiana, in realtà il suo vero nome era Saulo!
V... vuoi vedere che...
DARIO - (c.s.)... il più grande predicatore dei cristiani fu, in precedenza, il
loro più grande persecutore! Com’è possibile che in un uomo si operi un così
profondo cambiamento?
SILONE - Non lo so, solo ora mi rendo conto del perché Luca riponesse tanto
entusiasmo negli insegnamenti del Galileo e, successivamente, in quelli di
Paolo.
DARIO - (pensieroso) Silone, tu hai mai letto la cronaca che Luca stava
scrivendo?
SILONE - Solo alcuni brani, la stesura della storia non era ancora completa.
DARIO - Luca si riportò via gli appunti che ti mostrò?
SILONE - Credo di sì, anche se nei giorni in cui soggiornò qui a Pergamo
continuò il suo lavoro.
DARIO - E dove scriveva un quei giorni? Voglio dire, quale luogo preferiva per
farlo?
SILONE - Perché questa domanda?
DARIO - Mi chiedo se parte di quegli appunti possono essere rimasti qui alla
scuola.
Silone ci pensa un attimo
SILONE - Non credo, comunque Luca, per scrivere, si appartava nella biblioteca,
se qualcosa ha lasciato, non può essere che là.
DARIO - Tu non hai mai provato a cercare?
SILONE - No, sinceramente non mi è mai venuto in mente... tu invece cosa stai
pensando?
DARIO - Di farlo io... con il tuo permesso, naturalmente!
SILONE - (Silone sorride) Non c’è alcun problema, tuttavia in qualsiasi
comunità cristiana sicuramente potresti trovare la storia completa.
DARIO - Sì, ma vedere gli appunti originali e le fonti da cui quella cronaca è
uscita, sarebbe immensamente più interessante!
SILONE - Ti auguro di trovare quello che cerchi, io non ho avuto la fortuna di
Luca.
DARIO - Quale fortuna?
SILONE - Quella di scoprire la più potente medicina del mondo!
DARIO - La più potente medicina? Quale medicina?
SILONE - Quella che dà la serenità dello spirito!
Silone resta un attimo pensieroso, poi sospira e si alza dalla panchina
SILONE - Vado a far riposare la mia vecchiaia, ti lascio ai tuoi pensieri.
Salute ragazzo mio.
DARIO - Buon riposo a te Silone, a domani.
Dario rimane per qualche minuto a riflettere da solo. Poi da sinistra entra
Demetrio.
DEMETRIO - (con enfasi) Salute a te o luminare della scienza medica!
Dario sobbalza.
DEMETRIO - (c.s.)... o faro indicatore della disciplina sacra ad Esculapio... o
divina reincarnazione del sommo Ippocrate!
DARIO - Smettila Demetrio, mi hai fatto venire un colpo!
Demetrio si avvicina con fare circospetto e parla in un orecchio all’amico.
Demetrio è un tipo scanzonato.
DEMETRIO - A tal proposito ti consiglio un infuso di Digitale e comunque una
visita dal grande erborista e farmacista Demetrio da Knidos, che saprà sempre
consigliarti qualche rimedio per le turbe da spavento, pruriti anali e unghie
incarnite!
DARIO - Ma quando crescerai!
DEMETRIO - Fratellino, che ti è preso?
DARIO - (seccato) Niente, niente!
DEMETRIO - Ho capito, hai avuto un’altra discussione con Silone, non c’è che
dire, quell’uomo, quando parla di te, gli brillano gli occhi, non so cosa farà
quando te ne andrai.
DARIO - Sì, ho parlato con Silone, ma non di quello che pensi tu.
DEMETRIO - Oh, l’argomento delle vostre discussioni si è elevato di rango?
DARIO - Hai mai sentito parlare di un certo Luca di Antiochia?
DEMETRIO - No, chi è?
DARIO - Un medico.
DEMETRIO - Un concorrente! È deciso, appena finiamo qui, andiamo ad esercitare
ad Antiochia...
DARIO - Finiscila!
Dario guarda intensamente Demetrio.
DEMETRIO - (fingendosi impaurito) Che cosa ho? Perché mi guardi così, Ho
qualche malattia grave?
Dario sorride e mette un braccio sulle spalle dell’amico.
DARIO - No fratellino, stai benissimo... ora vieni che ti racconto una storia.
Dario comincia a raccontare, i due escono da sinistra e inizia il cambio di
scena.
DARIO VECCHIO - (da fuori scena, sorridendo) Eri la persona più inopportuna e
scanzonata che conoscessi. Siamo sempre stati completamente diversi e non hai
idea di quante volte ti avrei tirato volentieri un pugno sul naso, ma eri e sei
colui che allora rubò il mio affetto fondando un’amicizia di cui ancora oggi
sento una grande nostalgia, di cui purtroppo oggi devo farne a meno. Comunque
della singolarità della storia del Galileo, ne ebbi conferma alcuni giorni dopo
quando andai nella biblioteca a cercare qualche traccia degli appunti di Luca.
Ricordo i pensieri che mi attraversarono la mente, per un attimo mi diedi dello
stupido: andavo a cercare delle carte che non sapevo se esistevano, se erano là
e se c’erano chissà dove erano state nascoste. Cerca di immaginare che cosa
avrebbe fatto Luca di Antiochia al mio posto, ma entrare nello spirito e nei
pensieri di un’altra persona è sempre arduo. Lì per lì pensai di lasciar
perdere tutto, ma vidi Areteo di Cappadocia, il nostro grande maestro e non
potetti fare a meno di salutarlo.
TERZO QUADRO
SCENA
La biblioteca della scuola di medicina: Una grande sala illuminata da una serie
di finestroni , una serie di tavoli, e alcuni grandi scaffali colmi di libri e
rotoli di pergamena. Nell’angolo di destra, sotto una delle grandi finestre, è
seduto Areteo è immerso nella lettura di un rotolo di pergamena. Da sinistra
entra Dario.
DARIO - (con rispetto) Salute a te Areteo!
ARETEO - Salute Dario, come mai in biblioteca? Non partecipi alla preparazione
della cerimonia di consacrazione a dottore insieme ai tuoi compagni?
DARIO - Sì certo, ma c’è ancora una settimana e non c’è fretta, sono solo
venuto per cercare di soddisfare una mia curiosità.
ARETEO - Bene! È la curiosità la spinta principale che avvicina l’uomo a grandi
cose ! Posso esserti d’aiuto?
DARIO - Oh no, non voglio disturbarti e poi la mia ricerca parte da presupposti
troppo vaghi... le mie sono solo ipotesi.
ARETEO - Ragione di più per avvalersi dell’aiuto di un amico.
Dario sorride orgoglioso della considerazione mostrata da Areteo.
DARIO - Ti ringrazio, ma non vorrei...
ARETEO - Insisto, credo di conoscere abbastanza le medicina per poterti aiutare.
DARIO - In tutta la mia vita non mi sognerei mai di mettere in dubbio la tua
sapienza e la tua conoscenza della medicina, ma la mia curiosità è di altra
natura.
Areteo appoggia il rotolo sul tavolo e osserva attentamente Dario.
ARETEO - Ora la curiosità è mia, ti prego di spiegarti.
Dario tituba ancora un attimo.
DARIO - Qualche giorno fa Silone mi ha raccontato la storia di un giovane
medico che conobbe molti anni fa qui a Pergamo, il sui nome era Luca ed era
originario di Antiochia. Prima di entrare qui alla scuola, in circostanze
drammatiche, entrò in possesso di un rotolo di pergamena che conteneva la
cronaca della vita di un giovane maestro della Galilea di nome Gesù.
Successivamente Luca scrisse lui stesso una cronaca su questo maestro. Silone mi
ha detto che alcuni anni fa Luca venne a trovarlo qui alla scuola, era proprio
il periodo in cui stava finendo il suo lavoro… mi son chiesto se magari qui in
biblioteca non abbia lasciato qualche appunto del suo lavoro
ARETEO - Perché sei così interessato a quello scritto?
Dario ci pensa un attimo
DARIO - Mi chiedo quale sorta di dottrina insegnasse il Galileo per avere così
successo con la gente.
ARETEO - Beh, penso che un predicatore cristiano potrebbe chiarire i tuoi
dubbi.
DARIO - Sì, ma...
ARETEO - Ma, che cosa?
DARIO - Io credo che sarebbe più interessante leggere la cronaca della vita di
un uomo, che non ascoltare la parola infervorata di un predicatore.
ARETEO - (sorridendo) A quanto pare le lezioni di razionalità medica di Silone
hanno dato i loro frutti!
DARIO - (improvvisamente) Areteo, chi era Gesù il Galileo?
Areteo resta per un attimo in silenzio.
ARETEO - Era un predicatore, molti lo chiamavano maestro. Si racconta che
avesse un carattere forte e volitivo tanto che in pochi anni riuscì a riunire
intorno a sé un gran numero di seguaci, quelli che lo conobbero raccontano di
prodigi compiuti in...
DARIO - Dei prodigi?
ARETEO - Sì, pare che riuscisse a ridare la vista ai ciechi e...
DARIO - Com’è possibile! Ippocrate stesso afferma che...
ARETEO - Ragazzo mio, pensi che io non conosca le parole di Ippocrate?
DARIO - Perdonami Areteo.
ARETEO - In effetti per la medicina certe guarigioni appaiono strabilianti,
tuttavia... »
DARIO - (ansioso) Tuttavia?
ARETEO - (sorride) Un giorno ti accorgerai che tutta la tua scienza non servirà
a curare le afflizioni umane e che tutta la tua sapienza sarà impotente contro
le sofferenze e la miseria. La verità ti sfuggirà proprio quando avrai la
sensazione di averla in pugno. Tutto ti sembrerà così lontano e inafferrabile e
sarai preda della disperazione e dello sconforto. Sarà proprio allora che
dovrai spogliarti della tua toga di medico e vestire gli stracci del
mendicante. Solo per avere l’umiltà di percorrere strade diverse da quelle
conosciute e di cominciare a riscoprire la verità dove non pensavi nemmeno
potesse esistere!
Areteo tace improvvisamente, come se fosse pentito di aver parlato con tanto
fervore. Dario resta profondamente turbato dalle parole del medico.
ARETEO - (brusco) Ora ti prego di perdonarmi, ma vorrei continuare il mio
studio.
Areteo si concentra di nuovo sul suo studio. Dario resta un po’ interdetto,
come se Areteo abbia voluto chiudere un argomento sgradito.
DARIO - (facendo un piccolo inchino con il capo) Sono io che ti prego di perdonare
la mia inopportuna insistenza, ti auguro una buona giornata.
Areteo si limita a fare un cenno di risposta con la mano senza sollevare lo
sguardo dalla pergamena, Dario si allontana ed esce da sinistra
DARIO VECCHIO - (da fuori scena) Ricordo che la mia curiosità non fu intaccata
dall’improvviso silenzio di Areteo, ma ebbi una strana sensazione, come se il
maestro avesse improvvisamente richiuso una porta, sprangata da molti anni e
aperta per un attimo e per errore. Avvertii come una specie di nebbia tra la
mia sete di sapere e la verità su fatti accaduti tanti anni prima. Decisi per
il momento di lasciar perdere la mia caccia a vecchie pergamene. Ero ormai
sicuro che al tempio non avrei trovato niente. Per di più nei giorni a venire
avrei avuto cose più importanti da fare. Ma mi sbagliavo e l’opportunità mi
venne data proprio da te, anzi dalla tua attività di ladro.
QUARTO QUADRO
SCENA
La scena è la stessa del primo quadro. Primo pomeriggio. Dario è intento a
preparare il bagaglio per la partenza. Improvvisamente si spalanca la porta di
ingresso ed entra Demetrio con le braccia stracolme di libri e rotoli di
pergamena. Dario sobbalza
DARIO - (protestando) Possibile che devi farmi sempre prendere dei colpi!
DEMETRIO - Invece di brontolare, vedi di darmi una mano!
Dario aiuta Demetrio a depositare tutto sul tavolo.
DARIO - Hai saccheggiato la biblioteca?
DEMETRIO - Non solo quella.
DARIO - Ma a che ti serve tutta questa roba?
DEMETRIO - Il fatto è che... essendo un po’ distratto...
DARIO - ... in sei anni hai coscienziosamente seminato le tue carte per tutto
il tempio ed ora hai fatto il giro per recuperarle... toglimi una curiosità?
Fin dove sei arrivato a raspare?
DEMETRIO - ... ricordi quegli appunti sul secondo trattato di anatomia di
Prassagora?
DARIO - Demetrio, guardami bene in faccia, due anni fa mi hai fatto riscrivere
per due volte trenta fogli di pergamena perché mi dicesti che ti avevano rubato
quegli appunti, ed ora?
DEMETRIO - ... gli ho ritrovati.
DARIO - Per Igea, dove?... no, aspetta, voglio indovinare... nel giardino sotto
una pianta?
DEMETRIO - No.
DARIO - Dentro la corona della statua del dio Esculapio?
DEMETRIO - No.
DARIO - Mi arrendo!
Demetrio sospira guardando Dario che impaziente attende la risposta.
DEMETRIO - Nell’ Abaton.
DARIO - Dove?
DEMETRIO - Hai capito bene.
DARIO - Il luogo sacro del tempio? Ma se non ci sei mai entrato?
DEMETRIO - (sarcastico) Lo so che è un posto riservato a voi medici!
DARIO - Lascia stare le scuse, mi piacerebbe sapere come e quando ce li hai
lasciati!
DEMETRIO - Non ne ho idea.
Dario guarda l’amico con commiserazione.
DARIO - Comunque non dirmi che tutta questa roba è tua?
DEMETRIO - ... No, volevo portare via solo qualche ricordo.
DARIO - Noleggiando una carovana di somari per trasportarli?
DEMETRIO - (guardandosi intorno con aria circospetta da cospiratore) No, il
fatto è...
Demetrio raggiunge la porta e la chiuse.
DEMETRIO - …pensa a quello che potremmo ricavare vendendo qualche scritto di
medicina...
DARIO - Demetrio!
DEMETRIO - ... i ciarlatani di Efeso non aspetteranno altro che due luminari
del tempio di Pergamo regalino loro qualche briciola di sapienza...
DARIO - (ironico) Ma guarda un po’!
DEMETRIO - ... del resto lavoriamo per la medicina e il suo ideale?
DARIO - ... e per riempire la tua borsa di sesterzi! Ho capito, fammi vedere
cosa ti sei rubato!
Dario comincia a controllare il bottino dell’amico.
DEMETRIO - Rubare?... Che esagerazione... ho preso in visione.
DARIO - Mhmm, guarda, guarda: Erasistrato, Erofilo, Prassagora, Dioscuride...
perfino Celso, non manca nessuno! Demetrio, questa è roba del tempio, non te la
puoi portare via.
DEMETRIO - Per Giove quanto sei moralista ! Ma a chi vuoi che serva con una
biblioteca piena zeppa!
Demetrio getta distrattamente sul tavolo il libro che ha in mano. Dario lo
raccoglie.
DEMETRIO - In una città come Pergamo, con una delle scuole di medicina più
importanti del mondo e la più antica biblioteca esistente, chi vuoi che si
accorga se manca qualche rotolo qua e là, pensa invece a quanto ci farebbero
comodo questi scritti, una volta iniziato il nostro lavoro di medici e prova ad
immaginare il prestigio che potremmo ottenere utilizzando... ma mi stai a
sentire?
Dario è immerso nella lettura del libro gettato da Demetrio sul tavolo.
DEMETRIO - (avvicinandosi all’amico) Maledizione, possibile che a te i libri
debbano fare questo effetto?… Hei, ma ci sei?
DARIO - (alzando gli occhi) Demetrio, dove hai trovato questo?
DEMETRO - Non ne ho la più pallida idea... fammi vedere.
Demetrio prende l’oggetto. Non si tratta di un libro vero e proprio, ma una
custodia di cuoio robusto contenente numerosi fogli sciolti, una specie di
portadocumenti di poco valore.
DEMETRIO - Saranno appunti dimenticati da qualche studente.
DARIO - Credi? Guarda meglio.
Demetrio sfoglia ancora.
DEMETRIO - Ma che roba è?
DARIO - Proprio non riesci ad immaginarlo?
DEMETRIO - Senti, non ho voglia di giocare agli indovinelli, questi, secondo
me, sono i documenti di qualche grande filosofo, oppure una raccolta di
storielle piccanti...
DARIO - Bravo, Demetrio, è proprio una storia!
Demetrio fa per parlare, poi qualcosa gli illumina la mente e di colpo cambia
espressione.
DEMETRIO - Vuoi dire che questi sono gli appunti di Luca di Antiochia con la
storia del Galileo?
DARIO - Bravo, questa volta ci hai azzeccato!
Velocemente i due fanno posto sul tavolo, si siedono e si mettono a studiare le
pergamene. La luce dalla finestra si abbassa lentamente ad indicare il
trascorrere delle ore e la lucerna sul tavolo si accende. Dario si alza dalla
sedia e si stiracchia
DARIO - Che cosa ne pensi?
DEMETRIO - È un guazzabuglio, per avere un’idea chiara bisognerebbe
confrontarlo con il testo definitivo.
DARIO - Sono d’accordo qui poi ci sono gli atti di un processo, la successiva
sentenza e l’esecuzione che...
DEMETRIO - Esecuzione?
DARIO - Sì, non li hai visti?
DEMETRIO - Quelli del processo sì, ma sull’esecuzione non ho letto nulla.
DARIO - Probabilmente era nel gruppo che stavo leggendo io… (Dario cerca il
foglio giusto)... ecco qui, sono poche pagine.
Demetrio legge rapidamente.
DEMETRIO - È strano.
DARIO - Cosa?
DEMETRIO - (pensandoci un attimo) Negli appunti, sia del processo che
dell’esecuzione, ci sono molte annotazioni ed aggiunte, è come se Luca, una
volta tracciata la trama della storia, abbia cominciato a farcirla di aneddoti
e personaggi... ma saranno poi di Luca di Antiochia questi appunti?
DARIO - Questo è abbastanza probabile anche se effettivamente il suo nome non è
riportato da nessuna parte.
DEMETRIO - È curioso anche il fatto che, come ti sei interessato a questa
storia, improvvisamente sono saltati fuori questi scritti, anche se nessuno al
tempio ne sapeva nulla.
DARIO - Non esagerare, sicuramente è stata solo una coincidenza. Comunque, le
mie felicitazioni Demetrio: il tuo acume è superato solo dalla tua avidità per
il denaro!
Demetrio questa volta resta serio e continua a seguire il filo del suo
ragionamento.
DEMETRIO - Qui dice che il Galileo fu sottoposto al supplizio della “crux”
mentre l’imputazione era quella di agitatore politico.
DARIO - Per Giove, la “crux” uno dei più infamanti!
DEMETRIO - ... riservato a schiavi e stranieri!
DARIO - Quindi secondo te il Galileo fu sottoposto ad un genere di esecuzione
esagerata rispetto alle accuse che gli furono rivolte?
DEMETRIO - Anche se la maggior parte degli accusati di sedizione politica
usciti dai tribunali di Roma sono morti per decapitazione, alcuni sono stati
addirittura lasciati vivi, ma ufficiosamente privati degli occhi o di qualche
arto, proprio per trasformarli in esempi viventi, ma nessuno, per quanto ne so
io, ha mai subìto l’agonia di essere inchiodato ad una croce!
DARIO - Inchiodato?
DEMETRIO - Sì.
DARIO - Ma i crocifissi non vengono legati?
DEMETRIO - Qualche pazzo criminale, oltre all’uso delle corde, ha introdotto
quello di piantare dei chiodi sulle mani e sui piedi per affrettare l’agonia.
DARIO - Per Ippocrate! Ma è terribile! Le sofferenze devono essere inaudite!
DEMETRIO - È proprio per questo che la crocifissione, secondo me, è una pena
troppo dura per un’accusa simile.
Dario è stupito dalla serietà di Demetrio.
DARIO - Mi chiedo se esiste una ragione per infliggere ad un uomo tante
sofferenze.
DEMETRIO - Sì, se per “ragioni di Stato” un personaggio scomodo deve sparire in
fretta e, contemporaneamente, costituire un esempio.
DARIO - Cosa vuoi dire?
DEMETRIO - È solo una sensazione, ma ho l’impressione che ci fu, da parte di
molti, l’interesse alla morte del Galileo.
DARIO - Chi potrebbero essere questi “molti”?
DEMETRIO - È difficile dirlo, la mia è solo una sensazione, come ti ho detto
prima, per scoprirlo bisognerebbe confrontare il testo ufficiale con questi
appunti e cercare di capire se Luca, o chi per esso, abbia voluto dare una
certa forma alla realtà dei fatti, sai a volte basta introdurre un particolare,
cambiare un dialogo, descrivere i fatti in un luogo anziché in un altro, che
tutta una storia prende una piega diversa condizionando il giudizio di chi la
legge.
Pausa
DARIO - Beh, ad Efeso c’è una delle più grandi comunità cristiane dell’Asia
Minore, sicuramente là troveremo lo scritto che cerchiamo!
A Demetrio si illumina il viso.
DEMETRIO - Bene! Gli Efesini, oltre a riempirci le bisacce di sesterzi, ci
aiuteranno anche nelle nostre indagini!
DARIO - Questa volta sono d’accordo con te.
DEMETRIO - Ad Efeso ci aspettano grandi cose!
DARIO VECCHIO - (da fuori scena) Fu allora che cominciò la nostra ricerca, ma
passò del tempo prima di riuscire ad entrare in contatto con i cristiani e,
come tutto in quella storia, accadde per caso. Eravamo già da tre anni ad
Efeso, ricordo quanto ti piaceva quella città, era il secondo anno di regno
dell’imperatore Tito. Il nostro ambulatorio lavorava a pieno ritmo e mentre tu
spillavi aurei sonanti alla classe patrizia della città io non potevo fare a
meno di curare anche chi non poteva permettersi di vedere un medico.
QUINTO QUADRO
SCENA
L’ambulatorio di Dario e Demetrio. Può essere utilizzata la struttura dello
studio modificando opportunamente l’ambiente in modo da creare un ambulatorio
medico antico, con strumenti, contenitori per medicamenti, ecc. Dario sta
medicando la mano ferita di un contadino, nella stanza sono presenti altri due
uomini che assistono all’operazione.
DARIO - Voi chi siete?
PRIMO CONTADINO - Siamo i fratelli.
DARIO - Com’è successo?
SECONDO CONTADINO - Si è ferito mentre piantavamo dei pali nella vigna.
Dario si alza e prende da uno scaffale un vasetto di terracotta.
DARIO - Domani togliete la fasciatura, lavate la ferita con acqua e olio e,
prima di fasciarla di nuovo, spalmate questo unguento sulla mano.
I due contadini si guardano fra loro, poi timidamente guardano Dario e il
vasetto senza decidersi a prenderlo.
DARIO - Beh, che c’è?
SECONDO CONTADINO - Noi non...
DARIO - Voi cosa?
PRIMO CONTADINO - Maestro, noi siamo gente povera, non possiamo pagarti ora,
dobbiamo ancora vendere il raccolto ma appena...
DARIO - Primo: non sono un maestro. Secondo: nessuno vi ha chiesto denaro.
Terzo: riportatelo da me tra sette giorni, così potrò vedere se la mano
guarisce bene!
I due uomini sgranano gli occhi e subito si precipitano a baciare le mani a
Dario.
DARIO - (ritirandole) Hei! Non sono il dio Esculapio!
PRIMO CONTADINO - (guardandolo intensamente) No, non potresti esserlo, perché
gli dèi sono capricciosi e non conoscono la generosità e la pietà umana!
I due fanno un inchino e si apprestano ad aiutare il fratello zoppicante e
ferito ad alzarsi. Nello stesso momento entra Demetrio
SECONDO CONTADINO - (rivolto a Dario) Pregheremo l’Eterno affinché guidi sempre
le tue mani!
Dario e Demetrio si guardano.
DARIO - Fermatevi un istante… ditemi… questo... Eterno... è forse un dio?
I due contadini si guardano sorridendo, a quello ferito si illumina lo sguardo.
Dario e Demetrio notano la trasformazione.
PRIMO CONTADINO - Egli è l’unico Dio, colui che ha resuscitato il suo unico
figlio per la nostra salvezza!
DEMETRIO - Un momento... resuscitare? Come?
PRIMO CONTADINO - Fu messo a morte, rimase così per tre giorni, poi risorse!
DARIO - Com’è possibile resuscitare dalla morte?
DEMETRIO - Dov’è ora quest’uomo?
SECONDO CONTADINO - L’Eterno lo ha chiamato a sé!
DEMETRIO - (lanciando un’occhiata a Demetrio) Come si chiamava quest’uomo?
SECONDO CONTADINO - Gesù, ed era originario della Galilea.
Dario e Demetrio si guardano di nuovo
DARIO - Voi siete cristiani?
PRIMO CONTADINO - Sì.
DARIO - Conosciamo la storia del Galileo, e... vorremmo conoscerla meglio, sai
se qualcuno che può aiutarci?
Ai due uomini brillarono gli occhi.
SECONDO CONTADINO - Questa è certmente la volontà dell’Eterno, vi porteremo
dalla persona più adatta a soddisfare la vostra sete di sapere.
DEMETRIO - E sarebbe?
SECONDO CONTADINO - Timoteo da Listri, vescovo di Efeso!
DEMETRIO - Che cos’è un vescovo?
PRIMO CONTADINO - Il capo spirituale della nostra comunità.
DARIO - Bene, credo proprio che si la persona giusta.
PRIMO CONTADINO - Avrete nostre notizie prima di quanto immaginiate, il nostro
debito con voi è immenso.
I due contadini aiutano il fratello ad alzarsi, chinano la testa in segno di
saluto.
SECONDO CONTADINO - Che l’Eterno vi protegga! A presto!
DARIO - Mi raccomando la fasciatura.
PRIMO CONTADINO - Non temere.
I tre contadini escono da destra.
DARIO - Che ne pensi?
DEMETRIO - Non lo so, ma sono curioso.
DARIO DA VECCHIO - (da fuori scena) Fu a casa di Timoteo che iniziò la nostra
ricerca ma, come ricorderai, non fu il capo spirituale della Chiesa di Efeso ad
aiutarci o almeno, ha indirizzare la nostra curiosità lungo la strada che nel
tempo abbiamo seguito, ma Giuliano da Iconio, quell’oscuro cronista e storico tanto
detestato dal patriarca Giovanni che, con il suo acume e la sua scaltrezza,
riuscì a scavare così a fondo nelle pieghe di una strana storia vecchia di
cinquant’anni.
SESTO QUADRO
SCENA
La casa di Timoteo. Lo studio di Giuliano. La struttura è la stessa dello
studio di Dario, ma con più eleganza e ricchezza di arredi. La quantità di
libri e pergamene riempie quasi totalmente il tavolo. Timoteo Dario e Demetrio
entrano da destra. Giuliano, che era seduto al tavolo, si alza e va loro
incontro.
TIMOTEO - Amici, questo è Giuliano, l’uomo che ha avuto l’incarico dalla nostra
comunità di redigere la cronaca della vita del nostro maestro. Giuliano, questi
sono i medici di cui ti ho parlato. Vi lascio tranquilli così potrete parlare
con più calma.
Timoteo esce da destra.
GIULIANO - Come posso aiutarvi?
DEMETRIO - Ci tenevamo a conoscere la storia dal maestro di Galilea.
GIULIANO - Niente di più facile, posso fornirvi una copia delle cronache della
sua vita.
DARIO - Con tutto il rispetto per il suo insegnamento, ci sono cose, in quelle
cronache, che non riusciamo a comprendere.
GIULIANO - (in maniera quasi annoiata) Uno qualsiasi dei nostri predicatori
potrebbe, meglio di me, chiarirti molte idee, compresi i prodigi compiuti dal
Rabbi...
DARIO - Rabbi?
GIULIANO - Sì... in ebraico significa “mio maestro” è uno degli appellativi con
cui veniva chiamato Gesù...
DEMETRIO - No, aspetta, non sono i prodigi che ci incuriosiscono, ma certe cose
che non combaciano.
GIULIANO - (tristemente) Oh, ci sono un’infinità di cose che non combaciano in
quelle cronache, ed è proprio questo il mio lavoro: cercare un filo logico in
esse.
DARIO - Ma non rischi di falsare la verità?
GIULIANO - È proprio questa la parte più difficile, devo fare capo ad una
infinità di storie, storielle e qualche volta leggende, comparare il tutto e
trascrivere una cronaca la più logica possibile.
DARIO - E su cosa ti basi?
GIULIANO - Le principali fonti sono tre cronache scritte da tre autori diversi.
La prima, in ordine di tempo, è di un certo Matteo da Cafarnao, detto Levi, uno
dei primi seguaci del Rabbi scritto undici anni dopo la sua morte. Il secondo
fu scritto diciassette anni dopo da Marco Giovanni di Gerusalemme e il terzo da
Luca, un medico di Antiochia seguace di Paolo di Tarso, poi ci sono altre
cronache, appunti e tradizioni orali, ma secondo me sono incomplete e poco
affidabili.
DEMETRIO - (stuzzicandolo) E queste tre lo sono?
GIULIANO - (sospirando) È difficile dirlo, ci sono molti punti oscuri che hanno
bisogno di essere chiariti ed è difficile farlo senza altre fonti più complete.
DARIO - Dei tre autori, chi fu più vicino a Gesù?
GIULIANO - Soltanto Marco e Matteo, Luca, il medico, scrisse la sua storia
condensando testimonianze, documenti e racconti raccolti durante i suoi viaggi.
DEMETRIO - Quindi, per assurdo, la cronaca di Luca di Antiochia potrebbe essere
quella meno influenzata dall’entusiasmo provocato dalla vicinanza del
Galileo?
GIULIANO - (incuriosito) Cosa vuoi dire?
DEMETRIO - Che l’attendibilità potrebbe essere maggiore degli altri due.
GIULIANO - A questo non avevo mai pensato, in effetti la cronaca di Luca è la
più lunga e la più completa... comunque al momento le ipotesi sono la miglior
cosa che possiamo fare.
Dario e Demetrio si guardano. Demetrio fa un cenno con la testa e Dario, da
sotto il mantello tira fuori la piccola cartella di cuoio e la porge a Giuliano
che guarda perplesso l’oggetto e poi i due amici.
GIULIANO - Che cosa è?
DARIO - Questi sono gli appunti originali di Luca di Antiochia da noi ritrovati
a Pergamo!
Giuliano prima spalanca gli occhi, poi la bocca, infine si avvicina a Dario gli
strappa di mano la cartella, velocemente l’aprì e, con grande eccitazione,
comincia a sfogliare gli appunti.
GIULIANO - (fermandosi un attimo) Volete dire che questi sono i documenti
originali da cui Luca ha tratto le notizie per la sua cronaca?
DEMETRIO - Sì, ecco perché ti abbiamo parlato di cose che non riuscivamo a
comprendere. Le storie ufficiali che abbiamo letto tacciono o riportano
parzialmente cose contenute in questi appunti, per questo abbiamo avuto la
netta sensazione che Luca abbia voluto far apparire le cose sotto una certa
luce.
DARIO - O lui, o chi ha scritto e divulgato queste cronache!
DEMETRIO - Senza contare le contraddizioni.
GIULIANO - (eccitandosi) Quali contraddizioni?
DARIO - (avvicinandosi) Hai una cronaca della storia della prima comunità
cristiana?
GIULIANO - Certo, noi la chiamiamo “Storia degli atti dei primi
discepoli”
Giuliano prende delle pergamene rilegate a libro e le porge a Dario che le
sfoglia alla ricerca di un passo.
DARIO - Infatti non c’è!
GIULIANO - Non c’è cosa?
DARIO - Aspetta... dammi la cartella degli appunti.
Giuliano gliela porge e Dario comincia a sfogliarla finché non trova quello che
cerca.
DARIO - Ecco qui, leggi, riporta il discorso di un certo Pietro...
GIULIANO - Sì, fu colui che prese la guida della comunità dopo la morte del
Rabbi.
DARIO - ... di fronte ad un centinaio di fedeli riuniti!
GIULIANO - (leggendo) “Quest’uomo acquistò un campo col prezzo del suo delitto,
poi si impiccò e, cadendo a capofitto, i suo corpo si squarciò nel mezzo e si
sparsero tutte le viscere”.
Giuliano resta qualche attimo pensieroso.
DARIO - Chi era quell’uomo e perché s’impiccò?
GIULIANO - Era un certo Giuda da Keriot, detto l’Iscariota, si dice che tradì
il Rabbi consegnandolo al Sinedrio.
DEMETRIO - Tradì il Galileo?
GIULIANO - Sì, per un pugno di sicli!
DEMETRIO - Forse Gesù si nascondeva alle autorità e agiva di nascosto?
GIULIANO - No, predicava nelle sinagoghe nelle strade e nelle piazze.
DEMETRIO - Non capisco... quindi chiunque sapeva dove trovarlo?
GIULIANO - Sì.
DEMETRIO - Ma allora che bisogno c’era di tradirlo? Il procuratore imperiale o
il Sinedrio potevano accusarlo e arrestarlo quando volevano!
GIULIANO - Questo è uno dei punti oscuri,... ma vi prego continuate!
DARIO - Quello che a noi è sembrato strano è il fatto che a un impiccato si
spezzi la corda dopo morto e il corpo cadendo si squarci e si apra consentendo
alle viscere di uscire e spandersi per terra.
GIULIANO - Perché, non potrebbe succedere?
DEMETRIO - Perché accada una cosa del genere, un suicida dovrebbe impiccarsi ad
un albero alto almeno cento piedi e io sono sicuro che né in Giudea né in
nessun altra regione crescono sicomori tanto alti!
GIULIANO - Come fate a sapere che era un sicomoro?
DARIO - È riportato in un’altra parte degli appunti.
GIULIANO - Potrebbe essere cresciuto in cima ad un dirupo e il corpo potrebbe
essere rotolato giù sfracellandosi?
DARIO - (scuotendo la testa) Un uomo che si vuole impiccare è disperato e non
ha la lucidità di scegliersi il luogo e l’albero o di andare in cima ad un
dirupo a cercarne uno.
DEMETRIO - In secondo luogo, se fosse caduto da un dirupo avrebbe avuto ferite
profonde in tutto il corpo e parecchie ossa fratturate. Luca parla di un ventre
squarciato nel mezzo con viscere sparse sul terreno, si tratta chiaramente di
una ferita netta fatta, molto probabilmente, con una lama. Luca era un medico,
difficilmente avrebbe usato altre parole per descrivere il fatto.
Giuliano divora con gli occhi i due medici.
DARIO - Secondo gli appunti di Luca, questo Giuda sarebbe sparito per due
giorni interi prima di essere ritrovato ai piedi del sicomoro, da nessuna parte
è scritto cosa fece in quei due giorni!
GIULIANO - (riflettendo) È incredibile! Voi cosa ne pensate?
DEMETRIO - È semplice, Giuda fu ucciso e chi lo fece doveva far apparire che si
trattava di un traditore e che si era suicidato, ma doveva anche compiere sul
corpo violenze tali da scoraggiare qualsiasi testimone che si fosse presentato
per una denuncia!
DARIO- Ed evidentemente se il mandante fece questo, aveva due ottime ragioni:
la prima è che si trattava di una persona molto conosciuta, almeno
nell’ambiente dei seguaci del Galileo. La seconda è che i testimoni c’erano, altrimenti
non si sarebbe preoccupato di farli tacere terrorizzandoli!
Giuliano crolla seduto su di una sedia esterrefatto
GIULIANO - Ma allora perché fu ucciso?
DARIO - È difficile dirlo, il tradimento non sembra una causa sufficiente.
GIULIANO - Già, Gesù sarebbe stato comunque arrestato.
DARIO - Forse Giuda era in complotto con qualcuno e questo qualcuno voleva
evitare che parlasse?
GIULIANO - Sì, ma con chi e per cosa?
DEMETRIO - Per l’unica cosa che avrebbe fatto gola a chiunque dei seguaci: la
guida della comunità.
C’è un attimo di silenzio, poi Giuliano si alza dalla sedia, si avvicina al
tavolo e comincia a rovistare finché non trova un fascio di pergamene
GIULIANO - (sfogliandole) ... Ecco qui.
DEMETRIO - Che cosa è?
GIULIANO - (scorrendo velocemente le righe) È le cronaca scritta da Matteo di
Cafarnao... è strano qui parla del suicidio di Giuda, ma non fa nessun accenno
alla stranezza della morte e delle ferite sul suo corpo... è curioso, perché
sia Pietro che Matteo erano stati vicini al Rabbi e conoscevano tutte le
vicende accadute in quei giorni, tacere un fatto del genere è una cosa strana!
DARIO - Può darsi che Pietro conoscesse questa storia e Matteo no.
GIULIANO - È poco probabile, dopo il processo e la morte di Gesù tutti, nel
gruppo, sapevano che cosa era successo.
DEMETRIO - (pensieroso) Ci sarebbe un’altra ipotesi.
GIULIANO - Parla!
DEMETRIO - Che tutti i seguaci, per paura o per qualche altra ragione, fossero
d’accordo nel tacere certi fatti, e a Pietro, quelle parole dette davanti a
qual gruppo di fedeli, sfuggirono di bocca e furono raccolte da qualcuno che le
testimoniò a Luca che a sua volta le trascrisse.
DARIO - Ma se i discepoli erano d’accordo nel tacere, perché Pietro avrebbe
commesso un’imprudenza simile sapendo che Matteo, nella sua cronaca aveva
taciuto il fatto?
Per un attimo nella stanza si fa silenzio, poi Giuliano sobbalza.
GIULIANO - Ma certo! La cronaca di Matteo cominciò a circolare una ventina di
anni dopo la morte di Gesù all’insaputa di Pietro e Pietro stesso non poteva
sapere che esisteva già una testimonianza scritta, per questo non si preoccupò
di esporsi davanti a tutti quei fedeli. Era sicuro che nessuno avrebbe dato
gran peso alle sue parole e a fatti accaduti quando i seguaci del Rabbi erano
molto pochi!
DARIO - In poche parole molti sapevano o sospettavano, ma nessuno
parlava!
GIULIANO - Non può essere che così. Dovete permettermi di esaminare gli appunti
di Luca
DEMETRIO- Non abbiamo nessuna difficoltà a farlo.
GIULIANO - Fra qualche giorno riuscirò ad avere un quadro più completo della
storia.
DARIO - Ci farai conoscere l’esito delle tua ricerca?
GIULIANO - (sorridendo) È il minimo che possa fare per ringraziarvi
dell’immenso aiuto!
DEMETRIO - Vorrei farti una domanda.
GIULIANO - Dimmi pure.
DEMETRIO - Tu sei cristiano?
GIULIANO - Certo.
DEMETRIO - Se sei cristiano, perché accetti tutto quello che può mettere in
dubbio la parola del vostro maestro e ciò che la testimonia?
GIULIANO - Perché oltre che cristiano sono anche uno storico e oltre che uno
storico, sono anche curioso!
DARIO - Secondo te, perché queste cronache si contraddicono, mentre invece, per
sostenere una fede, dovrebbero riportare tutte gli stessi fatti nella stessa
maniera?
GIULIANO - Primo, perché chi le scrisse furono persone diverse, con esperienze
diverse. Secondo, perché chi raccontò quei fatti fu condizionato
dall’entusiasmo di far apparire la vita del Rabbi circondata dalla stessa aura
di mistero che lo aveva affascinato. Terzo...
Giuliano tace per un attimo.
DEMETRIO - (incalzandolo) - Terzo?
GIULIANO - (esitando) Terzo... terzo ci sono molte cose e avvenimenti nella
vita del Rabbi che “dovevano” apparire così.
DEMETRIO - Perché?
GIULIANO - Perché la vita stessa di Gesù doveva rappresentare la realizzazione
di molte delle profezie contenute nelle antiche scritture del popolo ebreo.
DARIO - Quindi questo significa... ?
GIULIANO - ... significa che i fatti riportati su quelle cronache possono non
essere realmente andati così.
DEMETRIO - Sarà mai possibile conoscere l’esatta verità?
GIULIANO - Sarà molto difficile, ma adesso, almeno, abbiamo uno strumento in
più!
Pausa.
DARIO - Bene, ti lasciamo gli appunti, siamo ansiosi di conoscere il risultato
delle tue nuove ricerche.
GIULIANO - (sorridendo) Sarete in cima alla lista delle persone che ne vedranno
i risultati!
DARIO - Abbiamo abusato troppo del tuo tempo, ora vorremmo salutarti.
GIULIANO - Voi mi avete fatto guadagnare dei mesi nelle mie ricerche!
DEMETRIO - A presto.
GIULIANO - A presto amici!
Dario e Demetrio escono da destra.
DARIO DA VECCHIO - (da fuori scena) La nostra ricerca cominciò quel giorno,
ancora oggi non so se l’avremmo fatto conoscendo in anticipo la sua
conclusione, ma il destino degli uomini è nelle mani dell’Eterno e noi ancora
non lo sapevamo, ma chi conobbe subito il suo destino fu Giuliano il giorno in
cui ci convocò per illustrarci i risultati e le conclusioni a cui era giunto
con l’aiuto degli appunti di Luca di Antiochia. Ricordo che era presente tutto
lo stato maggiore della comunità cristiana di Efeso: Timoteo, Gaio, Aristarco,
ma oltre a Giuliano quel giorno un’altra persona avrebbe conosciuto il proprio
destino: Giovanni di Cafarnao, l’ultimo degli uomini del Galileo.
SETTIMO QUADRO
SCENA
La stessa del sesto quadro, solo che il tavolo dello studio è sgombro di carte
e libri ed è cirondato da una serie di sedie. In scena è presente solo Giovanni
seduto a capotavola. Da destra entra Gaio e di seguito Dario e Demetrio.
Giovanni è come assorto in meditazione.
GAIO - Venite amici, entrate! (poi a parte sottovoce) Quello è Giovanni, uno
dei dodici ancora vivo, colui che seguì tutta la predicazione, la vita e la
morte del maestro, l’unica testimonianza vivente che vanta la comunità di
Efeso!
DARIO - Uno dei dodici?
GAIO - Sì, il Rabbi, quando iniziò la predicazione si circondò di dodici fedeli
compagni, scelti quasi a caso, e gli chiamò apostoli.
DARIO - Che cosa significa?
GAIO - Vuol dire “messaggero” o anche “ambasciatore”, dovevano essere coloro
scelti come testimoni diretti della sua vita, della sua parola e della sua
resurrezione!
Dario e Demetrio si guardano senza parlare.
GAIO - Venite.
I tre si avvicinano a Giovanni che, sentendoli, solleva la testa per guardarli.
Dario e Demetrio rimangono molto impressionati dall’uomo. Giovanni appare molto
più vecchio della sua età. È la rappresentazione classica di un antico
patriarca con capelli e barba candidi, la pelle del viso è rugosa e scura,
sembra cotta dal sole, due occhi piccoli e vividi fissano i due medici.
GAIO - Giovanni, questi sono quei due giovani medici di cui ti ho parlato.
DARIO - Ci fa piacere vederti in salute.
Giovanni li guarda ancora per qualche istante, poi fa cenno ai tre di
avvicinarsi.
GAIO - Sono quelli che hanno ritrovato alcuni rotoli appartenenti a Luca con
parte della cronaca della vita del Rabbi.
Giovanni fa cenno di aver capito.
DEMETRIO - Puoi raccontarci come era il... Rabbi?
Giovanni chiude un attimo gli occhi, muove le labbra velocemente senza emettere
suoni, come se invocasse i ricordi, poi parla con voce roca e lenta.
GIOVANNI - Egli era un uomo come me e come voi, ma bastava guardarlo ed
ascoltarlo per capire che in lui tutto era diverso, era la luce vera che
illumina ogni uomo che viene al mondo!
Dario e Demetrio si guardarono
DEMETRIO - Dicci Giovanni, tutto quello che è stato scritto su Gesù, è
effettivamente tutto quello che ha detto e fatto?
GIOVANNI - (scuote la testa) Le cose che ha detto e fatto possono essere
comprese in un libro, ma è lo spirito di quelle cose che riempirà tutti i libri
che saranno scritti da qui alla fine dei secoli!
DARIO - (sospirando) Quindi ci sono ancora cose che gli uomini debbono sapere
della vita del Rabbi per conoscere maggiormente il suo insegnamento?
GIOVANNI - Altre parole possono essere scritte per esaltare la gloria del Messia,
ma chi lo ascoltò lo seguì senza indugio e chi cerca la verità per vie
traverse, trova solo la perdizione. Lui un giorno disse “Chi non entra
nell’ovile per la porta, ma vi sale dall’altra parte è assassino, chi invece
entra per la porta è pastore delle pecore, perché il gregge ascolta la sua
voce, non quella di uno sconosciuto!”
DEMETRIO - (alzandosi improvvisamente) Venerabile Giovanni, siamo lieti di aver
ascoltato la parola di chi conobbe il Rabbi, ti saremo grati se ci permetterai
ancora di farlo in futuro
Demetrio fa un inchino. Anche Gaio e Dario si alzano. Giovanni fa un cenno di
saluto e i tre si alzano e si allontanano di qualche passo. Nel gruppetto c’è
imbarazzo.
GAIO - Dovete perdonare Giovanni, è un uomo che ha sofferto molto per il maestro
e per aver divulgato i suoi insegnamenti, tutto questo lo ha un po’, ... come
dire... isolato dalla realtà.
DEMETRIO - Capisco, ma dimmi due cose Gaio.
GAIO - Sì?
DEMETRIO - Che cosa vuol dire “Messia”?
GAIO - Significa “Prescelto da Dio”, in greco si dice “Cristo”, è un altro
degli appellativi del Rabbi.
DARIO - (sottovoce) E... che cosa sono quei segni sul viso di Giovanni?
Gaio guarda Giovanni come se temesse di essere sentito, ma il vecchio è
assorto.
GAIO - Si dice che durante un suo dei suoi viaggi a Roma fu arrestato e
condannato ad essere immerso nell’olio bollente per fargli rinnegare la fede!
DARIO - Per Esculapio, come fa ad essere sopravvissuto?
GAIO - Non si sa se sia vero, di sicuro è che subì delle atroci torture e la
sua mente, da allora... non è più tanto lucida...
DARIO - Capisco.
Pausa.
GAIO - Spero che questi incontri vi siano utili.
DEMETRIO - Utilissimi, grazie soprattutto a te.
Da destra entrano Giuliano, Timoteo e Aristarco. Tutti si salutano, poi Timoteo
invita tutti a prendere posto intorno al tavolo. Giovanni viene trattato con
deferenza e rispetto.
DARIO - Perdonateci, non siamo in diritto di sedere a questo tavolo...
GIULIANO - Non è vero, Poiché quello che io oggi avrò da dire è una verità che
soprattutto grazie a voi è venuta fuori ed è giusto che gli anziani della
chiesa di Efeso... (Giuliano fa un inchino alla piccola assemblea) sappiano
questo!
TIMOTEO - Venite, sedetevi amici! Voi conoscete tutti eccetto Aristarco nostro
caro fratello e compagno di viaggio del compianto Paolo.
Dario e Demetrio si sedettero. Oltre a Giuliano, Timoteo, Gaio e alle due nuove
conoscenze, al tavolo sedeva anche Giovanni e, istintivamente a Demetrio venne
da pensare “Oggi c’è anche il matto !” Dario si guardò intorno, sembrava uno
stato maggiore e forse, per la comunità cristiana di Efeso, lo era. Era curioso
di sapere che cosa aveva scoperto Giuliano.
TIMOTEO - Amici, da tempo il nostro fratello Giuliano si sta dibattendo per
cercare di riunire, in un’unica cronaca, tutte le storie e le leggende scritte
su Gesù, il nostro maestro. Il compito che si è imposto è arduo, finora egli è
riuscito in parte nella sua impresa utilizzando gli scritti che potevano essere
degni di fede ed eliminando quelli che contenevano notizie incomplete o inattendibili.
Da pochi giorni due nostri nuovi amici, Dario e Demetrio, nonché valenti medici
della scuola di Pergamo, ci hanno consegnato gli appunti originali di Luca di
Antiochia da loro ritrovati nella stessa scuola di medicina frequentata molti
anni prima da Luca. Giuliano, in questi giorni, li ha studiati e confrontati
con i documenti precedenti, ed oggi noi tutti siamo qui riuniti per ascoltare i
risultati dei suoi studi!
Timoteo si siede. Giuliano si alza e riunisce alcune carte che ha davanti sul
tavolo.
GIULIANO - Prima che i nostri due giovani amici si unissero a noi vi ho già
raccontato di Giuda e del sospetto che forse sia stato ucciso e quali fossero
le ipotesi che mi hanno portato ad una simile conclusione.
GIOVANNI - (improvvisamente) È una menzogna!
Tutti sobbalzano.
TIMOTEO - Calmati Giovanni!
GIOVANNI - È una menzogna! Giuda tradì, io lo seppi fin dalla sera durante la
cena in cui, per l’ultima volta ci riunimmo tutti assieme, fu lui che consegnò
il povero Rabbi in mano ai suoi carnefici!
Timoteo e Gaio cercano di calmare Giovanni.
GIULIANO - Venerabile Giovanni, lasciami chiarire alcune cose, poi potrai darci
la tua testimonianza.
Pausa, poi Giuliano comincia la sua esposizione.
GIULIANO - Come vi ho appena detto, tutto lascia presupporre che Giuda, detto
l’Iscariota, colui a cui viene attribuito il tradimento di Gesù, sia stato
ucciso e l’assassino abbia operato in modo da far credere che si fosse trattato
di un suicidio. La prima domanda che mi sono posto è sicuramente la stessa che
in questo momento vorrebbe uscire dalle vostre labbra: “Chi fu o chi fece
ammazzare Giuda e perché?”
Pausa ad effetto.
GIULIANO - Ritenendo valida l’ipotesi dei nostri due amici, ho cercato di
ricostruire gli ultimi avvenimenti della vita del Rabbi, quello che ne è venuto
fuori è un quadro sconcertante che rischia di cambiare molte cose delle
cronache e dei fatti che noi conosciamo!
Pausa ad effetto.
GIULIANO - Giuda, come sappiamo, era il tesoriere della comunità ed era molto
avaro. Qualcuno ha sostenuto che tradì il Messia per soldi, ma trenta sicli
d’argento, anche se sicuramente si trattava di un anticipo, non sembra una
somma tanto elevata per denunciare un uomo come Gesù. Anzi, il tradimento
sembrerebbe completamente inutile, tutti lo conoscevano e tutti sapevano dove
trovarlo, predicava sulle piazze e in mezzo alla gente e poteva essere
arrestato in qualunque momento. Ma allora perché Giuda lo tradì? Ebbe forse
paura? Quando si accorse che il pericolo dell’arresto incombeva su tutto il
gruppo, incosciente della gravità del suo gesto decise di liberarsi e liberare
la piccola comunità da quella paura, anche se, in qualche modo, la figura del
Rabbi continuava ad esercitare su di lui il suo fascino. Oppure il suo ideale
fu più alto ? Forse con l’arresto di Gesù sperava di sollevare la rivolta verso
l’oppressione romana e con essa il riscatto di Israele. Oppure...
Pausa ad effetto.
GIULIANO - ... ci fu qualcuno, al di sopra di lui che lo manovrò e gli fece
fare quell’inconcepibile gesto che probabilmente mai avrebbe macchinato da solo
(prende altre pergamene). Per spiegarvi la mia ipotesi, vi racconterò la
cronaca di quei fatti come l’ho ricostruita io e come credo che sia andata.
La piccola assemblea si fa attentissima.
GIULIANO - (proseguendo) In quegli anni a Gerusalemme c’era un’istituzione che
aveva tutto l’interesse che Gesù, almeno in un primo momento, insistesse nella
sua predicazione per le strade e per le piazze: questa istituzione era il
Tempio. L’allora gran sacerdote in carica, Caifa, sperava che il Rabbi, con il
suo successo, riuscisse a stuzzicare la suscettibilità dal procuratore romano e
che questi ordinasse l’arresto del maestro. Solo così potevano crearsi le
condizioni per la nascita di un movimento di ribellione in Palestina, per altro
desiderato da molti. Tuttavia Caifa, per sorvegliare i movimenti di Gesù doveva
fare affidamento su qualcuno all’interno del gruppo dei seguaci. Uno di questi
fu Giuda che, colto dalla paura che il Rabbi potesse eccedere nella
predicazione rischiando così di mettere in pericolo il gruppo, si affidò a
Caifa, sperando che almeno il gran sacerdote potesse tenere sotto controllo le
azioni di Gesù. L’altro fu un personaggio di cui ancora non siamo in grado di
stabilirne l’identità, il quale si propose a Caifa come guida del gruppo nel
dopo Gesù, prevedendo già che il Rabbi avrebbe commesso qualche fatale
imprudenza.
TIMOTEO - Come fai ad affermare questo?
GIULIANO - Ti prego di lasciarmi continuare, capirete dopo il perché.
Pausa.
GIULIANO - Ma c’era un altro personaggio a cui faceva comodo controllare Gesù
per motivi differenti: si trattava di Erode Antipa, tetrarca della Galilea.
Erode voleva fare in modo che Gesù fosse arrestato e tutta la colpa della
ribellione popolare, provocata dalla predicazione del Rabbi, ricadesse sul
tempio e Gesù stesso fosse riconosciuto come emissario del gran sacerdote. In
questa maniera i romani, dopo aver accusato il Tempio di tentata ribellione,
non avrebbero esitato a cancellarlo dalla faccia della terra e Erode non
avrebbe più diviso con esso il quarto delle tasse imposte alla popolazione!
ARISTARCO - Non capisco.
GIULIANO - In quel tempo, metà delle tasse andavano all’autorità romana.
L’altra metà era suddivisa tra il tempio ed Erode, se il tempio fosse stato
accusato di sobillazione alla rivolta nella persona di Gesù, i romani non
avrebbero perso tempo a sopprimerlo ed Erode si sarebbe messo in tasca la fetta
delle tasse destinata al tempio, per questo anche lui si preoccupò di
introdurre i suoi informatori nel gruppo del Rabbi.
TIMOTEO - (seccato) I loro nomi!
GIULIANO - Si trattava di Chuza, intendete di palazzo del tetrarca, un
cristiano che, per mezzo della moglie Giovanna, una delle donne al seguito di
Gesù, poteva sempre conoscere ogni suo movimento.
Giuliano fa una pausa per vedere le facce dei suoi ascoltatori sempre più
stupite.
GIULIANO - Caifa diede ordine che nessuno ostacolasse la predicazione di Gesù,
questo avrebbe sicuramente provocato l’irritazione dell’autorità imperiale, ma
gli avvenimenti presero un’altra piega. Il Rabbi, com’era nella previsione del
secondo personaggio, andò oltre i propri propositi e riuscì a farsi notare dai
romani grazie ad una predicazione più pungente del solito. Caifa si rese conto
che con Gesù in piazza il pericolo si faceva grande in quanto il procuratore,
in caso di rivolta, non avrebbe esitato a far intervenire, per reprimerla, le
legioni stanziate in Siria, questo pur di rendersi importante agli occhi di
Tiberio ed ottenere un grado più alto nella gerarchia imperiale, con il risultato
finale di trasformare la rivolta in un bagno di sangue.
DEMETRIO - Chi era il procuratore romano?
GIULIANO - Un certo Ponzio Pilato che, con precedenti iniziative, si era già
procurato molte antipatie tra i giudei. Contemporaneamente Giuda, istigato dal
nostro misterioso personaggio, deluso dai continui fallimenti della speranza di
riscatto e convinto che Gesù non fosse il messia, andò da Caifa a proporgli la
cattura, pensando così di salvare il gruppo dei seguaci e, in qualche maniera,
l’antico ideale. L’Iscariota non si rese conto che in questo modo avrebbe
attirato su di se tutte le colpe e che avrebbe permesso all’altro di prendere,
in un secondo tempo, la guida del gruppo e di uscirne pulito. Caifa, dopo aver
ascoltato Giuda, decise di bloccare in qualche modo Gesù. Giuda fece in modo di
far arrestare il Rabbi senza tanto clamore e cioè la sera della vigilia di
Pasqua, quando tutta Gerusalemme si riuniva a cena per commemorare la
festività. Caifa fece arrestare Gesù e si affrettò a costruire delle accuse con
dei falsi testimoni. Tutto ciò avrebbe fermato la predicazione ed ogni
possibilità di rivolta.
DARIO - Processare Gesù avrebbe comunque portato via tempo e i seguaci si
sarebbero mossi prima per dimostrare la sua innocenza!
GIULIANO - È per questo che Caifa fece tutto con una fretta maledetta e non
poté costruire prove valide. I testimoni che accusavano il Rabbi potevano solo
riportare quello che aveva fatto e detto in pubblico, ciò che tutti
conoscevano, cose come aver capeggiato un corteo, rovesciato delle bancarelle,
sì, si era proclamato messia, ma era una cosa criticabile, non condannabile. In
quel tempo c’erano stati altri che l’avevano fatto, comunque non aveva
bestemmiato e non si era proclamato figlio di Dio, in poche parole Gesù non
poteva essere condannato!
Pausa ad effetto
GIULIANO - Ma a Caifa venne un’idea. Rinviò Gesù al giudizio del procuratore
romano, in questo caso avrebbe dimostrato la sua sollecitudine a individuare i
ribelli politici e si sarebbe scaricato della responsabilità di condannare
Gesù. Quando Pilato si trovò davanti il Rabbi, si accorse che quell’uomo stava
diventando un simbolo o, perlomeno, il concentrato dei desideri di buona parte
della popolazione di Gerusalemme e che avrebbe avuto la possibilità di gettare
i semi di una rivolta, perciò fece di tutto per non convalidare qualsiasi
condanna, né renderla esecutiva. Pilato pensò così di rimandare Gesù per le
piazze assolto e riabilitato a sollevare la gente, inoltre, in nome del sacro
principio della libertà di coscienza, tanto decantata nell’impero, non avrebbe
mai avallato una condanna a morte per lesa religione ebraica. Perciò, con una
mossa astuta, fece torturare e frustare Gesù, tanto per dare un esempio, e lo
rimandò da Caifa dicendo che non era una questione che riguardava l’autorità di
Roma. In questa maniera la responsabilità della condanna o dell’assoluzione di
Gesù sarebbe ricaduta tutta sul gran sacerdote e questo avrebbe causato
confusione tra i cristiani, se non addirittura una rivolta verso il tempio stesso.
Pilato era stato furbo. Quando Gesù fu riportato da Caifa, questi si rese conto
dell’errore di aver sottoposto il Rabbi al giudizio di Pilato, così tirò fuori
altri testimoni, probabilmente si appellò anche alla “Lex Julia maiestatis” per
costringere Pilato a riconsiderare la condanna, ma non vi riuscì, allora si
inventò la faccenda di Barabbas...
DARIO - Barabbas, E chi era?
GIULIANO - Non lo sappiamo con certezza, forse un brigante, ma più
probabilmente era un patriota ebreo che, accusato di sedizione politica, si
ritrovò a subire il giudizio negli stessi giorni in cui si accusava Gesù.
DEMETRIO - E allora?
GIULIANO - E allora la faccenda di Barabbas fu la trovata di Caifa! Il gran
sacerdote inventò al procuratore romano l’usanza che, in occasione della festa
della Pasqua, si concedesse ai Giudei la scarcerazione di un loro connazionale,
a qualsiasi titolo fosse stato imprigionato.
GAIO - Non era vero?
GIULIANO - (sorride) Questa usanza non è mai esistita né da parte dei romani,
né in Palestina. L’ “Abolitio”, cioè la sospensione di un processo era
possibile solo dopo il ritiro delle accuse da parte degli accusatori. Quelli di
Gesù e Barabbas erano considerati delitti pubblici. Inoltre “l’indulgentia”
verso un condannato, era unicamente di spettanza dell’imperatore e i
procuratori non ne erano autorizzati.
DARIO - Che cosa successe?
GIULIANO - Come dicevo, Caifa disse a Pilato che poteva concedere una grazia ai
giudei, salvando uno solo dei due condannati, in questo modo la rivolta non
sarebbe mai scoppiata in quanto la popolazione stessa avrebbe fatto da giudice,
era una soluzione formidabile, in questo modo né il procuratore, né il gran
sacerdote avrebbero avuto su di loro la responsabilità della condanna, e così
fu!
DEMETRIO - (esterrefatto) Come! I Giudei condannarono Gesù?
GIULIANO - Proprio così, la natura e l’anima di un popolo sono più misteriosi
delle vie dell’Eterno! Forse non sapremo mai perché il Rabbi, così amato da
moltitudini di uomini, in quel momento si ritrovò completamente solo!
Pausa
DARIO - Perdonami, ma non riesco a capire come sia possibile per un procuratore
imperiale, praticamente il rappresentante della grandezza e del potere di Roma,
abbassarsi a concedere il giudizio per un accusato, nientemeno che al popolo di
Gerusalemme che in quel momento era l’oggetto della conquista e della
repressione da parte dell’impero!
GIULIANO - In effetti il comportamento di Pilato, come magistrato, è
inconcepibile, ma la faccenda di Gesù si era spinta troppo avanti e, per non
creare altre complicazioni, Pilato non ne volle più sapere e prese quella
strana decisione di rimettere i due condannati al giudizio popolare.
DARIO - Certo che in questo modo Pilato non avrebbe certo fatto una bella
figura presso l’imperatore Tiberio!
GIULIANO - È per questo che negli archivi imperiali c’è l’assenza totale di
qualsiasi sua relazione sull’accaduto come sarebbe stato doveroso fare da parte
di un procuratore, soprattutto per un processo politico condotto in maniera
così anomala!
TIMOTEO - Tu come fai a saperlo?
GIULIANO - Ho degli amici alla corte imperiale.
Il gruppo resta attonito per l’esposizione di Giuliano.
GIULANO - Ma andiamo avanti, giuda riscosse i suoi trenta sicli d’argento, come
ho già detto sicuramente erano un anticipo, il resto sarebbe sicuramente
arrivato con i nomi dei seguaci del Rabbi e Giuda probabilmente esitò parecchio
prima di decidersi a farlo. In ogni caso Giuda era diventato pericoloso,
conosceva i contatti tra il gruppo dei seguaci e le autorità (Erode e il
Tempio). Sapeva il nome di chi, con lui, aveva deciso di fare in modo che Gesù
fosse condannato ed infine, poteva lui stesso accusare di sobillazione politica
molti giudei implicati in quella storia. Fu a questo punto che il personaggio
misterioso intervenne. Sicuramente pagò dei sicari che uccisero Giuda, lo
impiccarono ed infierirono sul suo corpo in maniera da creare un avvertimento a
chiunque fosse venuto in mente di parlare e di fare nomi. Quando Pietro, alcuni
anni dopo, mentre parlava ad un centinaio di fedeli, sfuggirono le parole sulla
strana morte di Giuda, nessuno vi fece caso, ma oggi a noi si rivela un fatto
essenziale, cioè che Pietro, come molti, sapeva dell’esistenza di un secondo
uomo che aveva agito nell’ombra e che egli, o non ne conosceva il nome, o per
paura si era sempre rifiutato di conoscerlo.
Nella stanza il silenzio si fa glaciale.
ARISTARCO - (parlando lentamente) Tu ora conosci il nome di quell’uomo?
Giuliano tira un profondo sospiro.
GIULIANO - Il secondo uomo doveva essere molto vicino al Rabbi, poiché sapeva
cosa stava tramando Giuda e lo manovrò fino a fargli compiere il tradimento...
Da questo momento la scena è un crescendo continuo.
TIMOTEO - (alzandosi) Chi era quell’uomo?
GIULIANO - ... colui alla cui spregiudicatezza ed efficienza Gesù affidò
l’organizzazione del gruppo lasciando Pietro solo come capo formale...
TIMOTEO - (urlando) - Il nome!
GIULIANO - ... l’unico a sapere che Giuda stava per tradire Gesù e che Gesù
stesso scoprì e individuò durante la cena di Pasqua...
TIMOTEO - Giuliano!
GIULIANO - ... l’unico, quella sera, che si ritrovò così vicino al Rabbi da
udire le sue parole di accusa verso Giuda e che non fece nulla per impedire il
suo tradimento!
TIMOTEO - Giuliano chi…?
Giuliano punta il dito verso Giovanni.
GIULIANO - Giovanni di Cafarnao! Il prediletto del Rabbi! Colui che posò il
capo sul petto del maestro durante quella cena e che udì l’accusa di Gesù a
Giuda!
Giovanni balza in piedi con gli occhi che gettano fiamme, tutti si voltano
verso di lui.
GIOVANNI - (con voce cavernosa) Come osi!
GIULIANO - (incalzando) Tu sapevi, perché non fermasti Giuda?
GIOVANNI - (urlando e pestando un pugno sul tavolo) Perché fu il Rabbi stesso
ad impedirmelo!
GIULIANO - Già e tu lo lasciasti fare perché si adempissero le antiche profezie
o perché ti faceva comodo diventare il capo del gruppo?
TIMOTEO - Giuliano!
GIOVANNI - Tu non sai quel che noi soffrimmo per il Rabbi. Pietro stesso fu
quasi sul punto di uccidersi in seguito al fatto di aver rinnegato di
conoscerlo! Come puoi pensare che qualcuno potesse gioire per la perdita del
maestro?
GIULIANO - Non sono io che parlo, ma i fatti! E la logica di questi fatti porta
solo a questo: Gesù non fu tradito da un solo uomo, ma da tutti i suoi seguaci
e dall’intero popolo di Gerusalemme! Oggi fate a gara per proclamarvi cristiani
e vi vantate del fatto di aver conosciuto Gesù e di essergli stati vicini, ma
cinquant’anni fa nessuno, nemmeno i suoi fratelli, alzarono un dito per
salvarlo! In quei giorni di Pasqua non esistevano né discepoli né apostoli del
Rabbi, erano tutti spariti! L’unico disponibile giaceva ai piedi di un sicomoro
con il ventre aperto!
GIOVANNI - Tu non sei degno di chiamarti cristiano!
GIULIANO - Fate bene ad aver adottato come simbolo la crux dove morì il
maestro, così ricorderete sempre le vostre colpe!
TIMOTEO - (urlando) Giuliano, fuori di qui!
GIULIANO - (sorridendo ironico) Certo, è facile liberarsi della verità quando
essa brucia! Non preoccupatevi, me ne vado, continuerò a seguire l’insegnamento
del maestro, ma lontano da quelli che l’hanno tradito!
GIOVANNI - Tu rappresenti la feccia peggiore di quelli che misero il Rabbi
sulla croce. Sei andato a maneggiare del fango per gettarlo su coloro che,
rinnegando la propria esistenza, seguirono il maestro sopportando con lui tutte
le privazioni e le sofferenze, e solo l’Eterno sa quali furono. E tu ora osi
anche solo guardarmi ogni volta che parli ? Giuliano, che tu sia maledetto per
tutta l’eternità!
GIULIANO - (sarcastico) Io osare guardarti? Povero Giovanni, il tuo orgoglio non
ti ha abbandonato, pensi ancora di essere l’erede del tuo maestro? Pensi di
farti passare per un nuovo “Rabbi”? Non ci pensasti già cinquant’anni fa? Ti
piaceva l’idea di diventare un patriarca, ma alla fine, nonostante le tue
manovre, ci sei riuscito solo in parte. Non hai fatto niente di grande, Paolo,
con un decimo del tuo orgoglio, ha saputo spargere per il mondo, da solo, la
parola del maestro!
TIMOTEO - (urlando) Fuori!
Giuliano raccoglie rapidamente le sue carte e fa per uscire, ma si ferma sulla
porta.
GIULIANO - Giovanni, ti do un consiglio, oltre che portare con te il simbolo
del Rabbi, cioè la croce, ogni volta che parli di lui tracciala davanti a te...
(Giuliano, con la mano destra traccia nell’aria il segno della croce)... così
ti ricorderai sempre quello che hai fatto!
Giovanni si accascia sulla sedia, tutti accorrono.
DARIO VECCHIO - (da fuori scena) Quella fu l’ultima volta che vedemmo Giuliano.
Giovanni si riprese, ma ormai troppe cose erano cambiate nell’animo dei
patriarchi della comunità di Efeso e una soluzione a tutti i dubbi creati dalle
ricerche di Giuliano doveva essere trovata al più presto e fu trovata proprio
quel giorno e dalla persona meno indicata: tu! Fosti tu infatti a suggerire a
Giovanni di scrivere egli stesso una cronaca della vita del Galileo, proprio
per far fugare tutti i dubbi che si sarebbero potuti insinuare nell’animo dei
cristiani Giovanni stesso si entusiasmò del suggerimento. Ancora oggi lo
scritto di Giovanni circola per le comunità cristiane, non so se è riuscito
nell’intento, ma di una cosa sono sicuro: le parole e le conclusioni di
Giuliano non uscirono mai da quella stanza e di lui sparì qualsiasi traccia. Ci
separammo, tu ritornasti a Knidos, con la promessa di incontrarci di nuovo a
Gerusalemme. Due anni dopo raggiunsi la mia famiglia a Sidone, aprii un
ambulatorio, ma continuai ad indagare sulla vicenda del Galileo, anche quella
volta fu una delle persone meno probabili che mi fece capire la strada da
seguire: mio padre. Era il quarto anno di regno dell’imperatore Domiziano.
OTTAVO QUADRO
SCENA
Lo studio di Dario a Sidone. Fuori piove, il cielo è cupo, si sentono dei
tuoni, dalla finestra ogni tanto si vedono dei lampi,
DARIO - (leggendo) “Dall’ora sesta fino all’ora nona si stesero le tenebre su
tutta la terra. E verso l’ora nona Gesù gridò ad alta voce - Elì, Elì, lemà
sabactani? Cioè: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei
circostanti, udito questo dicevano: Costui chiama Elia”.
Solleva gli occhi dalla pergamena pensieroso.
DARIO - (pensando ad alta voce) Com’è possibile che il Galileo in quelle
condizioni potesse parlare? Se i luoghi di esecuzione erano vietati al
pubblico, chi aveva raccolto quella testimonianza? La frase di Gesù era stata
pronunciata in Ebraico e non era possibile, se c’era qualcuno dei seguaci o
altra gente là vicino alla croce, che non avesse capito la propria lingua! A
meno che il Galileo non avesse emesso un grido inarticolato e fosse stato male
interpretato. (torna a leggere qualche passo indietro) Fu crocifisso all’ora
terza, all’ora sesta cominciò l’agonia e all’ora nona morì, il tutto fu
relativamente breve. L’agonia dei condannati alla crocifissione poteva durare
anche una settimana, perché quella del Galileo fu così breve?
Fruga tra gli appunti di Luca e trova alcuni disegni che rappresentano vari
tipi di crocifissioni.
DARIO - (c.s.) Ma perché tutte queste varianti? Possibile che Luca non riuscì a
conoscere il modo preciso in cui fu giustiziato il Galileo? Le tappe della
morte vanno di tre ore in tre ore: terza, sesta e nona, anche la storia della
presunta resurrezione sarebbe avvenuta dopo tre giorni, il numero tre era
evidentemente qualcosa di simbolico, quindi i tempi potevano essere stati molto
diversi. L’agonia per i condannati alla crocifissione, di solito, non dura mai
meno di un giorno intero. Sì, il Galileo poteva aver subìto una repentina
occlusione del passaggio del sangue con gravi danni al cuore e la morte
improvvisa, forse un movimento brusco, ma difficilmente avrebbe potuto muoversi,
stremato com’era.
Dario si concentra
DARIO - (c.s.) I chiodi provocarono certamente un’infezione grave, una di
quelle che si manifestano con crampi e che si estendono dalle zone infette e
via via colpiscono gli arti e il tronco. In questi casi la posizione del corpo
rende difficile sia la circolazione del sangue che la respirazione, il cuore è
affaticato, il condannato si sente soffocare. Il Galileo, praticamente si
spense lentamente e morì privo di ogni forza e ragione. Maledizione! Ma come
avrebbe potuto parlare! Un uomo che, quasi incurante delle orribili ferite e
dello strazio sovrumano, si mette a citare le parole degli antichi profeti,
parla con i soldati romani, con i suoi discepoli e, nientemeno, che con un uomo
crocifisso al suo fianco! Com’è stata possibile un’ingenuità così grande da
parte di Luca? Non poteva ignorare l’estrema precarietà della condizione fisica
di un uomo nella situazione del Galileo?
Dario va avanti nella lettura.
DARIO - “Ed ecco un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, persona dabbene
e giusta, egli non aveva approvato la loro decisione né i loro atti, egli era
di Arimatea, città della Giudea e aspettava il regno di Dio, andò da Pilato e
chiese il corpo di Gesù. Dopo averlo deposto, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise
in un sepolcro scavato nella pietra dove nessuno ancora era stato posto”.
Dario controlla altri fogli
DARIO - Mmmm, Marco Giovanni addirittura lo chiama “Membro distinto del
consiglio” (ci pensa su) È assurdo come, nel momento in cui tutti i più scalmanati
seguaci del Galileo per paura spariscono dalla circolazione, salta fuori un
membro del Sinedrio che si dichiara praticamente cristiano e, senza incontrare
la minima difficoltà, ottiene da Pilato il cadavere di un condannato per
ribellione e si preoccupa di dargli una dignitosa sepoltura.
Pausa.
DARIO - Questo Giuseppe chiese che gli fosse consegnato il cadavere per
seppellirlo prima di notte, poiché la religione ebraica non permetteva di
rimandare la sepoltura al giorno seguente, i soldati romani infatti lo
avrebbero tolto dalla croce solo l’indomani e lo avrebbero gettato in una fossa
comune. Perché tutta questa fretta di impossessarsi del corpo del Galileo? Il
cadavere non poteva restare in circolazione, i seguaci avrebbero fatto di tutto
per impossessarsene al fine di venerarlo come simbolo, per questo Pilato non
negò le sentinelle romane per vigilare il sepolcro, voleva sicuramente evitare
altri disordini da qualche gruppo di fanatici. Il Sinedrio, da parte sua,
servendosi forse di Giuseppe, si assicurò la custodia del corpo del Rabbi per
la stessa ragione di Pilato, il corpo in mano a qualche scalmanato avrebbe
fatto scoppiare la tanto temuta rivolta, solo questa poteva essere la ragione
della fretta di seppellire il Galileo, a meno che...
Dario scorre velocemente dei passi.
DARIO - Il Galileo, secondo Luca, tre giorni dopo risorse, ribaltando l’enorme
pietra della tomba, ma nessuno fu testimone oculare di questo prodigio. Pietro,
Giovanni e alcune donne parlarono con un personaggio misterioso incontrato
presso la tomba, dalle vesti candide, il quale disse loro che Gesù non era più
là. In seguito il Galileo fu visto in altre parti e da altre persone.
Dario è confuso prende un calamus e dell’inchiostro e prova allora a
schematizzare gli avvenimenti su di un foglio di pergamena.
DARIO - Uno: Il Galileo viene crocifisso e muore in sei ore - troppo
rapidamente -. Due: viene constatata la morte dal soldato romano incaricato di
spezzare le gambe ai crocifissi ancora vivi. Il soldato ne constatò la morte,
ma da quale distanza lo fece? Tre: Giuseppe di Arimatea richiede il corpo - gli
viene concesso subito -. Quattro: Giuseppe si affretta a seppellirlo - senza la
dovuta preparazione -. Cinque: le donne accompagnarono Giuseppe e videro il
sepolcro e in quale modo il corpo del Galileo vi era stato deposto, poi
ritornarono indietro, prepararono gli aromi e i profumi. Il sabato osservarono
il riposo secondo il precetto - il sepolcro fu chiuso o rimase aperto? -. Sei:
il primo giorno della settimana le donne tornarono e non trovarono il cadavere,
ma un tizio biancovestito che annunciò loro che Gesù non era più là - che
cos’era successo in quei giorni? Chi era costui? E dov’era il corpo del
Galileo? -. Sette: dopo un intervallo di tempo il Galileo viene visto in più
posti e da più persone, compresi i discepoli riuniti in assemblea -
allucinazione o cosa ? -.
Dario alza gli occhi dalla pergamena e resta per qualche istante con le
palpebre socchiuse, poi balza di colpo in piedi tremando.
DARIO - Per l’eterno! Quando il Galileo fu tirato giù dalla croce, era ancora
vivo!
Dario balza in piedi esterrefatto rovesciando la sedia. Da destra entra Ganio
il padre di Dario, spaventato dal trambusto.
GANIO - Che succede?
DARIO - (riprendendosi) Oh… scusami padre, stavo leggendo degli appunti e
improvvisamente ho scoperto alcune cose.
GANIO - Ancora quella vecchia storia eh?
DARIO - S… sì.
GANIO - Perché vuoi andare a scavare ancora in cose accadute ormai da
cinquant’anni?
DARIO - Vedi, ci sono un sacco di storie, storielle e leggende sul Galileo ed è
incredibile la quantità di prodigi di cui sono farcite.
GANIO - Che c’è di strano? Ce ne sono tanti di profeti e di leggende sul loro
conto!
DARIO - Il fatto è che la setta cristiana, in questi ultimi anni, ha avuto
un’enorme diffusione nonostante Roma ne abbia fatto oggetto di una durissima
repressione. Gesù era un maestro come ce ne sono stati tanti e sicuramente la
sua vicenda e la sua fine si sarebbero perse nelle pieghe della storia, se non
fosse che due o tre cronisti si presero la briga di raccontare gli avvenimenti
riempiendoli di fatti mirabolanti e straordinari...
GANIO - I prodigi di cui mi hai parlato?
DARIO - Sì.
GANIO - E allora?
DARIO - E allora io mi sono chiesto: se il Galileo insegnava qualcosa di buono,
predicando un modo giusto e corretto di vita, perché ci fu bisogno di
inventarsi cose straordinarie su di lui? Di attribuirgli miracoli e prodigi,
compresa la resurrezione finale?
Dario ci pensa un attimo.
DARIO - Perché fu necessario inventarsi un personaggio? E perché proprio lui e
non un altro?
GANIO - A meno che...?
DARIO - Cosa?
GANIO - ... agli ebrei servisse un simbolo, una ragione, un simulacro dietro
cui far muovere il riscatto di Israele!
DARIO - Sì, questo l’ho pensato anch’io, ma gli insegnamenti del Galileo non
portavano a questo...
GANIO - ... per questo nacque una setta religiosa e non una ribellione!
DARIO - (ragionando) Gli ebrei tentarono in ogni modo di esaltare il
personaggio Gesù per farne il condottiero della rivolta verso Roma e, quando si
accorsero che non era l’uomo adatto, si ritirarono dai loro propositi, ma ormai
il processo di esaltazione della figura era innescato, non poteva più tornare
indietro, così si diffuse come un’epidemia di peste e sorsero i cristiani.! E
questo che intendi dire?
GANIO - Più o meno... ma perché proprio il Galileo?
DARIO - (meditando) Già, perché proprio Gesù e non un altro?
GANIO - Perché c’erano altri a quel tempo?
DARIO - Sicuro, a parte Barabbas, che forse era proprio uno dei capi del
tentativo di rivolta, si racconta che poco dopo la morte del Galileo ci sia
stato un certo Dositeo che si spacciò per profeta. Poi ancora un certo Simon
Mago. Ci fu anche un certo Teuda che riuscì a raccogliere attorno a se un gran
numero di discepoli.
GANIO - E tu come fai a saperlo?
DARIO - (sorridendo) A forza di raccogliere notizie sul Galileo, fra le mani mi
sono capitate altre storie simili!
GANIO - Evidentemente questo Gesù era la persona giusta per la parte di
protagonista di questa rappresentazione.
DARIO - (sobbalzando) Per l’Eterno! Una rappresentazione! Un dramma degno di
Sofocle! Ma allora... a questo punto non è tanto importante cosa successe e
come, ma chi lo stabilì e perché! Chi ne è stato l’artefice, anzi, l’autore
della tragedia del Galileo !
GANIO - Da dove pensi di cominciare, una volta in Palestina?
DARIO - Ma da Gerusalemme, naturalmente!
GANIO - Da quello che ne è rimasto, vorrai dire?
DARIO - Come?
GANIO - Gerusalemme fu rasa al suolo quattordici anni fa dalle legioni di Tito.
I ribelli superstiti resistettero altri tre anni su di una fortezza ai confini
del deserto della Giudea, poi capitolarono anche loro.
DARIO - Che cosa era successo?
GANIO - La tanto sperata ribellione contro l’impero sorse e sfumò in pochi
anni!
DARIO - Ne avevo sentito parlare, ma non sapevo che fosse finita in questo
modo.
GANIO - Un bagno di sangue... chissà se è stato il risultato della predicazione
del Galileo...?
DARIO - ... o della cattiva interpretazione delle sue parole!
Pausa.
GANIO - Bene ! Dopo aver contribuito alla tua ostinata ricerca, reclamo il
diritto di tornare di là dai nostri ospiti e di trascinare dentro anche te!
DARIO - Sì, tra un attimo, voglio annotare alcune idee che mi sono venute in
mente.
GANIO- (alzando gli occhi al cielo) Grande Giove ! Quando finirai di fargli
venire le idee!
Ganio esce.
DARIO DA VECCHIO - (da fuori scena) Tutta la storia stava prendendo, sempre di
più, una strana piega, cercare di ricostruire gli avvenimenti reali utilizzando
le cronache ufficiali, stava diventando arduo se, come sospettavo, le vicende
erano state modificate ad arte, l’unica cosa era seguire il metodo con il quale
avevamo iniziato e cioè: eliminati tutti i fatti impossibili, ciò che restava
doveva essere per forza la verità. Ma un pensiero si impossessò della mia mente
e non mi lasciò più: se fossimo riusciti a ritrovare il corpo del Galileo e a
dimostrare che si tratta veramente del suo cadavere, tutto il castello
costruito da Luca e dagli altri cronisti sarebbe caduto e i cristiani si
sarebbero resi conto essere stati presi in giro e avrebbero potuto impostare la
loro fede su gli insegnamenti del Galileo e non sulle storie fantastiche che
gli erano state costruite intorno. Ma solo quando, dopo un lungo viaggio,
inaspettatamente ti ritrovai a Gerusalemme, o almeno di quello che restava,
solo allora una parte degli interrogativi che avvolgevano la vicenda del
Galileo si dissiparono. Era il quinto anno di regno dell’imperatore Domiziano.
NONO QUADRO
SCENA PRIMA
Un vecchio giardino incolto circondato da un muro, come se si trattasse di un
avvallamento del terreno. Sulla parte di fondo del muro si apre l’ingresso di
una grotta, una porta a forma di ruota ne ostruisce per un terzo il passaggio.
All’inizio della scena Dario e Demetrio escono dall’apertura. Entrambi, una
volta usciti, si spolverano le tuniche e i mantelli.
DEMETRIO - È la tomba del Galileo.
DARIO - Come fai a sapere che è questa?
DEMETRIO - Ho fatto un po’ di conti ne ho ricostruito i movimenti da quando fu
arrestato, al momento della deposizione. Questo è ciò che rimane dei giardini
della casa d’Arimatea e poi guarda qui!
Demetrio mostra a Dario un pesce scolpito sull’architrave dell’ingresso della
tomba.
DARIO - Sì, ma non ci serve a niente.
DEMETRIO - Secondo le cronache e la tradizione, quando il Galileo risorse,
questa pietra si ribaltò.
DARIO - Sappiamo che questa è una leggenda!
DEMETRIO - Sì, certo, ma la questione è un’altra: quando fu deposto qui dentro,
il corpo non fu preparato perché il giorno successivo era sabato, quando i
seguaci ritornarono la domenica, il corpo non c’era più, qualcuno lo aveva
trafugato, ma quel qualcuno non poteva aprire la tomba!
DARIO - La tomba era già aperta?
DEMETRIO - Non è esatto!
DARIO - Cosa vuoi dire?
DEMETRIO - Che la tomba non si poteva neanche chiudere! Guarda la sede di
scorrimento della ruota.
Dario si riaffaccia all’interno della tomba.
DARIO - C’è un dente di roccia che impedisce alla ruota di muoversi. Per Giove,
questa tomba è fasulla!
DEMETRIO - No, è una tomba commemorativa. Quando Giuseppe d’Arimatea vi depose
Gesù, rifiutò la sorveglianza armata offerta dal Sinedrio, la scusa fu quella
di evitare di indicare ai seguaci l’ubicazione della tomba, in realtà i seguaci
sapevano benissimo dov’era sepolto il Galileo e, sicuramente quello che il Sinedrio
temeva dai discepoli, lo fece fare a Giuseppe, cioè: far sparire il cadavere!
DARIO - Demetrio, c’è probabilmente un’altra ragione per cui il Galileo fu
fatto sparire.
DEMETRIO - E sarebbe?
DARIO - Il fatto che quando fu tirato giù dalla croce era ancora vivo!
DEMETRIO - (esterrefatto) Come?
DARIO - Torniamo a casa che te lo spiego.
SCENA SECONDA
Lo studio della casa di Demetrio a Gerusalemme. La scena, con qualche modifica,
è simile alle precedenti. I due entrano in scena proprio nel momento in cui Dario
termina il suo racconto a Demetrio.
DEMETRIO - Per tutti i catarri! Questo conferma altre cose!
DARIO - Quali cose?
DEMETRIO - Dunque... il Galileo, la domenica precedente alla morte, predicava
nel tempio in maniera più energica del solito.
DARIO - Quattro giorni dopo... venne arrestato dagli ufficiali di giustizia del
sommo sacerdote, interrogato e processato di notte a casa di Caifa.
DEMETRIO - Come?
DARIO - Già, Luca dice che il processo poi fu ripetuto la mattina seguente.
Sicuramente l’episodio notturno o non è mai avvenuto e il Galileo passò quelle
ore sotto stretta sorveglianza delle guardie, oppure Caifa, durante
quell’interrogatorio, tentò di convincerlo a rinunciare alla predicazione e
quando si rese conto che non sarebbe mai riuscito nell’impresa, decise di
rimetterlo nelle mani del Sinedrio, come infatti fece la mattina successiva. E
comunque, anche in questo modo, il processo descritto da Luca sarebbe
totalmente illecito.
DEMETRIO - Perché?
DARIO - Gesù fu giudicato e condannato subito, mentre, secondo la legge
giuridica ebraica, tra il processo e la sentenza dovevano passare almeno
ventiquattro ore. Inoltre il giudizio non poteva essere emesso se non c’erano
almeno due testimoni concordi!
DEMETRIO - Bene, un altro mistero, prosegui!
DARIO - Il Galileo cominciò l’altalena tra Caifa e Pilato, al sommo sacerdote
mancò un testimone chiave per condannare Gesù e Pilato rifiutò di convalidare
la sentenza con l’intenzione di rimetterlo in libertà a sollevare la gente...
il perché lo sappiamo!
DEMETRIO - Inoltre, dopo che Caifa aveva proposto a Pilato l’alternativa di
Barabbas, il procuratore fece una controproposta al sommo sacerdote: una
flagellazione al posto della condanna a morte, mentre la “Lex Porcia” vietava
la flagellazione dei condannati a morte.
DARIO - E siamo arrivati alla condanna, ma non siamo riusciti a capire perché
tutto questo accanimento contro il Galileo?
DEMETRIO - Non riesci proprio ad immaginarlo?
DARIO - Tu sai qualcosa e non me lo vuoi dire!
DEMETRIO - Prova ad immaginare: sei un procuratore romano, ti trovi
improvvisamente fra i piedi una setta che predica con maggior successo delle
altre. Hai un popolo di straccioni, sempre dal punto di vista del procuratore,
che ti piacerebbe schiacciare senza dar retta a tutte le belle parole sulla
libertà di coscienza. Hai un sommo sacerdote che cerca di grattarti la terra
sotto i piedi per farti cadere, personaggio scomodo che magari potresti far
saltare accusandolo di sobillazione anti romana. Che fai?
DARIO - Cerco di controllare la setta e il suo capo affinché aizzi il popolo a
ribellarsi... ma questo l’abbiamo detto.
DEMETRIO - Aspetta... come fai a controllare la setta?
DARIO - Cerco di introdurvi dei miei uomini.
DEMETRIO - ... O di accattivarti quelli ben disposti che fanno già parte del
gruppo.
DARIO - Certo!
DEMETRIO - E come?
DARIO - Beh... con promesse, potere, denaro... per Giove!
Dario sussulta.
DEMETRIO - Vediamo se hai indovinato?
DARIO - Non è possibile! Pilato finanziava la setta del Galileo?
DEMETRIO - Esatto!
Dario è esterrefatto, Demetrio tira fuori alcune pergamene per chiarire la
storia.
DEMETRIO - Se, come sappiamo, Gesù fosse stato assolto, sarebbe scoppiata la
rivolta. Pilato fece in modo di stimolare tutto questo dando gli strumenti alla
setta per provocare una ribellione e, attraverso Zaccheo...
DARIO - Chi era?
DEMETRIO - Un pubblicano tramite il quale il denaro, passando per Giuda
arrivava al gruppo.
DARIO - Ecco perché Giuda tradì!
DEMETRIO - Certo! Essere alla guida del gruppo comportava vantaggi economici enormi.
Non solo, ma anche Erode, tramite Chuza, fece la stessa cosa. La faccenda fu
studiata bene, solo che Giuda si comportò da stupido fidandosi di Giovanni e
finì per essere manovrato da lui e ucciso da assassini di mestiere perché non
spifferasse tutta la storia.
DARIO - Allora aveva ragione Giuliano, fu Giovanni a far uccidere Giuda?
DEMETRIO - È probabile, fatto sta che la cassa della setta sparì e Giovanni, in
seguito, divenne uno dei maggiori capi spirituali di tutte le comunità
cristiane, riuscendo perfino a oscurare la figura di Pietro, e fu uno dei pochi
che riuscì a salvarsi dalle persecuzioni.
DARIO - Continua.
DEMETRIO - Pilato, per mezzo della setta, voleva provocare non solo una rivolta
popolare, ma anche un agguato al tempio! Caifa, non si sa come, venne a
conoscenza di tutto e minacciò Pilato di inviare le prove al tribunale di
Alessandria. Pilato poteva venire incriminato per illeciti amministrativi e
finanziari per aver pagato, con i soldi di Roma, la setta del Galileo!
DARIO - Per Giove!
DEMETRIO - Quando Caifa propose a Pilato l’alternativa di Barabbas, il
procuratore era già con l’acqua alla gola e la fece ancora più grossa, in
quanto, dando la libertà ad un ribelle già condannato, commise un’assurdità
politica.
DARIO - Certo! La liberazione di Barabbas era come una vittoria della
ribellione verso Roma e andava, in ogni caso, a discapito di Pilato!
DEMETRIO - Bravo!
DARIO - Ecco perché Giuliano affermò che negli archivi giuridici di Roma, non
c’era niente che riguardasse il processo del Galileo, se Pilato avesse scritto
solo mezza parola, si sarebbe tagliato la gola da solo!
DEMETRIO - In realtà, qualche anno dopo, fu fatta effettivamente un’inchiesta
su Pilato, ma l’accusa fu solo di abuso di potere e non di corruzione.
DARIO - Chi fece l’inchiesta?
DEMETRIO - Vitellio, il legato di Siria, dietro ricorso della comunità
Samaritana.
DARIO - Che fine fece Pilato?
DEMETRIO- Fu inviato al confino nelle Gallie.
DARIO - Ma da dove hai tirato fuori tutta questa storia?
DEMETRIO - (sorridendo) Dopo che ci salutammo a Knidos, pensai molto a tutta la
faccenda e mi venne a mente un particolare: se tutti i cronisti della vita del
Galileo furono d’accordo a scrivere certe cose, ci fu probabilmente qualcuno
che, dall’alto dette le direttive affinché i risultati finali combaciassero, in
ogni caso non fu un gran che come risultato, lo dimostra il fatto che io e te
ci siamo accorti di un sacco di incongruenze contenute in quelle cronache.
DARIO - Ebbene?
DEMETRIO - Mi sono chiesto: se qualcuno ha dato le direttive, dovrà pur aver
tracciato una linea che fosse comune per tutti? E se ciò è avvenuto? Con quali
elementi è stata tracciata l’ossatura originale della storia? E quali sono e
dove sono gli elementi scartati?
DARIO - Forse sono stati distrutti?
Demetrio sorride.
DARIO - Quando sghignazzi così mi preoccupi!
DEMETRIO - Infatti qualcosa si è salvato.
DARIO - Spiegati.
DEMETRIO - Dopo Knidos sono andato dritto in Bitinia a rintracciare la famiglia
di Luca di Antiochia.
DARIO - E l’hai trovata?
DEMETRIO - Sì, Luca sono ormai dieci anni che è morto, ma i figli e la moglie
ci sono ancora tutti. Sono stati molto gentili con me e mi hanno permesso di
leggere il resto degli appunti.
DARIO - Luca aveva altri appunti?
DEMETRIO - Sì, ma non c’era niente di nuovo in quelle carte, solo una cosa mi
sembrò interessante.
DARIO - Che cosa?
DEMETRIO - Ricordi cosa successe dopo la sparizione del corpo?
DARIO - Certo, i discepoli sparsero la voce che miracolosamente Gesù era
risorto e che era apparso in molti luoghi della Giudea!
DEMETRIO - Ora, prova a ricollegare a questo fatto la tua teoria secondo la
quale il Galileo, quando fu deposto era ancora vivo?
DARIO - Vuoi dire che le apparizioni in realtà furono incontri con il Galileo
stesso sopravvissuto alla crocifissione?
DEMETRIO - Perché no ?
DARIO - Perché le apparizioni, secondo i cronisti, avvennero pochi giorni dopo
la presunta morte e Gesù non avrebbe avuto il tempo di riprendersi!
DEMETRIO - Chi ti dice che quelli descritti dai cronisti erano i tempi giusti?
E che solo una o due apparizioni siano stati dei veri incontri e le altre solo
leggende?
DARIO - Vuoi dire che da un incontro casuale, magari avvenuto qualche mese dopo
la crocifissione, sono state costruite tutte le altre storie?
DEMETRIO - Si.
DARIO - Ma il Galileo a quel punto poteva essere già morto, le infezioni che
aveva subìto erano molto gravi!
DEMETRIO - Non è detto.
Da una custodia di cuoio Demetrio tira fuori un frammento di pergamena
spiegazzata e mezza cancellata e la porge a Dario.
DEMETRIO - Questa era tra gli appunti di Luca trovati in Bitinia.
Dario prende il foglio e lo legge.
DARIO - (leggendo con difficoltà) “Venerabile Giuseppe… da tuo consiglio...
diretti verso Emmaus... strada due uomini... riconosciuto... è pericoloso...
dirigiamo a meridione...” chi ha scritto queste righe?
DEMETRIO - Sicuramente chi curò e portò via il Galileo da Gerusalemme!
DARIO - Quindi Giuseppe d’Arimatea sapeva che era ancora vivo?
DEMETRIO - Sì, e ci sono solo due altre persone che potevano saperlo, le stesse
che provvidero alla deposizione del Galileo nella tomba: Nicodemo e il
giardiniere di Giuseppe.
DARIO - Sì, ma anche Nicodemo era un membro del Sinedrio e dopo quei fatti non
avrebbe mai potuto allontanarsi da Gerusalemme!
DEMETRIO - Bravo, per cui ci resta solo il giardiniere e forse qualcun altro
che noi non conosciamo.
DARIO - Quindi, se tutto questo è vero, la vera tomba del Galileo deve essere
da qualche parte a occidente di Gerusalemme nella valle del Sorek o del
Chesalon?
Da destra entra un vecchio, si muove lentamente e con fatica è quasi vestito di
stracci.
CLEOFA - Perdonatemi, vengo da Betania, un vostro servitore è venuto ad
avvisarmi che mi cercavate.
DEMETRIO - (sospettoso) E tu chi sei?
CLEOFA - Il mio nome è Cleofa, detto anche “Giacomo il piccolo”.
DARIO - (avvicinandosi) Tu sei Cleofa? Sono io che ti ho mandato a chiamare è
stato Timoteo da Listri ad indirizzarmi da te.
CLEOFA - Il caro Timoteo… come sta?
DARIO - Molto bene e ti saluta!
CLEOFA - È dai tempi della predicazione di Paolo che non lo vedo, che
nostalgia!
DARIO - Ti prego siediti, sarai stanco.
CLEOFA - Grazie amici.
Cleofa si avvicina lentamente ad una sedia.
DEMETRIO - (a parte) Mi vuoi spiegare?
DARIO - (a parte) Cleofa è l’unico testimone vivente di una delle presunte
apparizioni del Galileo.
DEMETRIO - (a parte) Cosa! (poi ridacchiando) Questa sorpresa l’avevi tenuta
per ultimo!
DARIO - (a parte) Shhhh! (poi a Cleofa) Questa lettera te la manda lui.
Il vecchio prende la lettera e la mette da parte.
DARIO - Non la leggi?
CLEOFA - Oh, non ce n’è bisogno, so chi siete, perché siete qui e perché mi
avete fatto chiamare.
DARIO - (esita) Cleofa... vorremmo farti alcune domande su Gesù.
CLEOFA - (malinconicamente) In nostro Rabbi... che anni furono quelli e come
passarono in fretta... ma ditemi pure.
DEMETRIO - Ci puoi raccontare cosa successe dopo la crocifissione del Rabbi?
Cleofa rimane un momento in silenzio, poi parla con voce emozionata.
CLEOFA - Quando fu condannato, ci prese a tutti una gran paura, il gruppo si
disperse, solo i compagni più fedeli, quelli che lui chiamava “apostoli” si
nascosero in casa di Marco Giovanni insieme a pochi altri seguaci, fra cui io e
un certo Giuseppe...
DARIO - Quindi voi non vedeste la crocifissione?
CLEOFA - Nessuno la vide, non ci si poteva avvicinare ai luoghi di supplizio…
(Dario e Demetrio si guardano)... uscire era pericoloso e aspettavamo solo che
la situazione a Gerusalemme si calmasse un po’. La mattina di domenica Tommaso
uscì presto per cercare Giuda di cui non avevamo notizie da alcuni giorni.
DEMETRIO - Perché cercaste Giuda se avevate timore di uscire?
CLEOFA - Perché lui teneva la cassa e in quei momenti, non potendo chiedere
aiuto ad altri fratelli, avevamo bisogno di quei soldi per sfamarci! Girava
voce che il corpo del Maestro era sparito e che qualcuno voleva accusarci di
averlo rubato. Verso la terza ora, ritornò Tommaso tutto spaventato dicendo di
aver visto Giuda impiccato ad un albero!
DARIO - Tu sai perché?
CLEOFA - Sentii dire che si era suicidato e anche che aveva tradito e
consegnato il Rabbi al Sinedrio, ma non ho mai saputo che cosa accadde in
realtà!
Dario e Demetrio si guardano di nuovo.
CLEOFA - Rimanemmo in casa di Marco fino a sera, eravamo impauriti, non
sapevamo quello che dovevamo fare, verso sera io e Giuseppe decidemmo di
andarcene da Gerusalemme...
DEMETRIO - Ad Emmaus?
CLEOFA - No, qui a Betania. Andare ad Emmaus era troppo pericoloso, avremmo
dovuto uscire dalla porta di Efraim, c’era da attraversare tutta la città,
mentre scendendo da Sion, nella città bassa e uscendo dalla porta dei cocci,
era più facile e più sicuro raggiungere Betania.
DEMETRIO - Quindi non siete mai andati ad Emmaus?
CLEOFA - Sì, un mese dopo, quando la situazione si era ormai calmata.
DARIO - E perché?
CLEOFA - Perché ad Emmaus c’era un gruppo di seguaci sbandato. Pietro ci
incaricò di andare a radunarli e rassicurarli. Partimmo all’alba di un mattino
nebbioso, aggirammo Gerusalemme a meridione e imboccammo la strada per Emmaus.
Lungo il tragitto ci nascondevamo ad ogni rumore, vedemmo transitare alcune
coorti di soldati romani, avevamo paura che ci cercassero, poi... lo vedemmo...
(Cleofa si ferma emozionato dal ricordo). La strada in quel punto si biforca,
un tratto prosegue a settentrione fino ad Emmaus, l’altra segue il corso del
Chesalon e arriva nella Sefela. La nebbia non si era ancora diradata del tutto,
per questo credemmo di vedere un fantasma! Era lì, seduto su di un masso, era
magro, pallido, ricordo che respirava a fatica, ma era lui!
DARIO - Com’era possibile?
CLEOFA - Non lo so, non l’ho mai saputo, ho sempre pensato ad un’allucinazione
e ancora oggi non so darmi spiegazioni. Io e Giuseppe restammo pietrificati,
poi ci facemmo coraggio e ci avvicinammo a cinque o sei passi per vedere
meglio, io dissi : “Maestro, sei proprio tu ?”
DEMETRIO - E lui?
CLEOFA - (abbassando il capo) Lui non disse niente, quando Giuseppe fece per
avvicinarsi ancora di più, il Rabbi alzò una mano, lo fermò e indicò la
direzione di Gerusalemme.
DARIO - Fece qualche altro gesto?
CLEOFA - No, abbassò il braccio e quando anch’io tentai di avvicinarmi ripeté
il movimento. Avevamo timore di lui quando ancora predicava, figuriamoci in
quel momento! Per questo ci prese un gran terrore, fuggimmo di lì e ritornammo
a Gerusalemme!
DEMETRIO - Notaste qualcosa di particolare in lui?
CLEOFA - Aveva il viso stanco e quasi impaurito, ma gli occhi erano vivi come
quando...
DEMETRIO - Come?
CLEOFA - (sottovoce) ... come quando era ancora tra noi.
DARIO - (guardando Demetrio) Era ferito?
CLEOFA - Sembrava di no, ma le mani erano fasciate.
DARIO - Cosa faceste dopo?
CLEOFA - Ritornammo a Gerusalemme e raccontammo tutto a Pietro che convocò
subito il consiglio dei dodici. Rimasero chiusi in assemblea per un pomeriggio
intero, dopo di che Pietro dichiarò che Gesù era apparso anche a loro e che era
necessario annunciarlo a tutti i discepoli.
DEMETRIO - Rimaneste a Gerusalemme?
CLEOFA - No, ritornammo a Tiberiade dove Pietro diede istruzioni per dare
inizio alla predicazione, fu allora che si sparse la notizia della resurrezione
del maestro!... Questa è la storia di quei giorni, ancora oggi mi chiedo se
feci bene a raccontare a Pietro di aver assistito all’apparizione del Rabbi!
DARIO - (lentamente) Cleofa, pensi veramente che il Rabbi sia resuscitato?
CLEOFA - (li guarda entrambi) Non… lo so…, secondo voi, Gesù non potrebbe
essere risorto dalla tomba?
DEMETRIO - Cleofa, nel corpo dell’uomo ci sono meccanismi che, una volta
interrotti non si possono più ripristinare. La medicina è in grado di aiutare i
meccanismi che funzionano male e forse un giorno sarà possibile richiamare in
vita persone che sono ad un passo dalla morte, ma niente e nessuno avrà mai
dentro di se il potere di sfuggire alla morte!
CLEOFA - Ma ho sentito dire che ci sono state delle persone che sembravano morte
e poi si sono risvegliate?
DEMETRIO - Certo, a me è capitato di parlare una volta con una di queste
persone. In situazioni molto particolari si addormentano e le funzioni vitali
non cessano, ma abbassano talmente il loro ritmo che neanche un medico è in
grado di avvertirle. Poi, queste persone, non sappiamo come, si riprendono ed
ecco che si parla di prodigio. Sì, è un prodigio perché non ne conosciamo il
meccanismo, ma credetemi, gli dèi non c’entrano niente!
CLEOFA - E non potrebbe essere stato anche il Rabbi uno di questi?
DARIO - Sì, visto che tu lo vedesti, e probabilmente è andata così, ma le
cronache parlano di un altro fenomeno, una salita, un elevarsi al cielo!
CLEOFA - E allora?
DARIO - Mettiamo che il Rabbi sia sopravvissuto una prima volta alla morte, i
seguaci ci costruiscono intorno la storia della resurrezione, lo fanno
circolare ancora per un po’ vivo e vegeto, lo fanno predicare ancora per
qualche tempo, come faceva prima e poi lo fanno salire in cielo verso l’Eterno,
Cosa tu suggerisce tutto questo?
CLEOFA - Che l’Eterno ha rivoluto accanto a se il suo strumento più grande!
Dario e Demetrio si guardano.
DEMETRIO - Non pensi che dopo la crocifissione sia stata inventata tutta la
storia delle apparizioni perché qualcuno ormai l’aveva visto vivo e,
successivamente, quella della salita al cielo perché dopo poco morì
definitivamente?
CLEOFA - Ma se era risorto, perché avrebbe dovuto morire di nuovo?
DEMETRIO - E se l’Eterno lo aveva fatto risorgere, perché lo richiamò a se
invece di lasciarlo tra i mortali come esempio vivente della sua potenza,
affinché continuasse la predicazione? Cleofa, il genere di ferite sopportate
dal Rabbi fu terribile, le sofferenze furono inaudite, se mai sopravvisse
sicuramente non fu più lui e non sarebbe stato in grado di continuare la sua
missione, in ogni caso, quel tipo di ferite porta infezioni che non lasciano
scampo, il Galileo sicuramente morì poco dopo che tu e Giuseppe lo incontraste
sulla strada di Emmaus!
Un silenzio glaciale incombe sulla stanza. Cleofa è confuso. Demetrio cerca di
cambiare discorso per distrarlo.
DEMETRIO - Cleofa, perché sei ritornato a Betania?
CLEOFA - Sono venuto qui nove anni fa con il compito di cercare di riunire i
fratelli dispersi dalla distruzione di Gerusalemme.
DARIO - E ci sei riuscito?
CLEOFA - I romani fecero scempio della nostra città, dei nostri amici e della
nostra memoria!
Pausa.
DEMETRIO – Cleofa, mettiamo che il Rabbi si trovasse sulla strada per Emmaus
diretto da qualche parte, dove potrebbe essere andato se ad Emmaus non arrivò
mai? Forse in qualche vostra comunità?
CLEOFA - (pensando a lungo prima di parlare) Non lo so, in quei giorni tutti
avevano paura, se c’era una comunità di nostri fratelli se ne stette nascosta…
ma ricordo di aver sentito parlare di un piccolo gruppo che viveva a meridione
di Emmaus…
DEMETRIO - Ma in quella zona non ci sono villaggi?
CLEOFA - Non sulla strada, ma se dopo il bivio per Emmaus, seguite la strada
che costeggia il Chesalon, dopo un miglio trovate un sentiero che si inoltra nei
boschi fino a Rabba.
DARIO - Rabba?
CLEOFA - Sì, è un piccolo villaggio fuori della strada carovaniera, è lì che
abitavano alcuni fratelli, (poi tristemente) forse laggiù qualcuno si ricorda
ancora di quei giorni. Chissà, forse lo videro anche loro.
Pausa commossa.
DEMETRIO - (si alza e aiuta Cleofa a fare altrettanto) Cleofa, ti ringraziamo,
ci sei stato di grande aiuto. (tira fuori borsa piena di monete e gliela
porge)... compra qualcosa da mangiare per te e per la tua famiglia.
CLEOFA - (con le lacrime agli occhi) Che siate benedetti figlioli!
Un servo entra da sinistra per accompagnare Cleofa. I due escono da sinistra.
DARIO - Tutto torna.
DEMETRIO - Già.
DARIO - Un mese dopo la crocifissione il Galileo era ancora vivo!
Demetrio non risponde.
DARIO - Che ti prende?
DEMETRIO - Ripensavo a Cleofa. Roma, con tutto il suo orgoglio e tutta la sua
smania di conquista, invece della civiltà, ha portato solo miseria e rovina in
questa parte dell’impero.
DARIO - Forse Roma non è la sola causa della miseria di questa gente.
DEMETRIO - Forse no, ma poteva esserne il riscatto!
Per un attimo i due rimangono assorti, poi Demetrio si riscuote.
DEMETRIO- Domani andremo a Rabba!
DARIO DA VECCHIO - (da fuori scena) Il giorno dopo, nascosta nei boschi ad
ovest di Gerusalemme, scovammo Rabba, il luogo era stupendo: querce, trebinti e
lecci secolari facevano da colonne a quel silenzioso tempio della natura.
Ricordo il misero villaggio e la vecchia che, con nostro grande stupore, ci
avvicinò chiedendoci i nomi. Ricordo la modesta casa in cui ci fece entrare.
Ricordo ancora tutto di quel giorno ma, soprattutto, ricordo che in quel
momento ebbe fine la nostra ricerca. Non potevamo immaginare ciò che ci
attendeva e ancora oggi non riesco a rendermi conto di come la realtà superò
ogni immaginazione ed ogni fantasia. In quell’unico incredibile momento si
condensarono, tutti i nostri sforzi, tutte le nostre speranze e tutti i nostri
dubbi e la nostra vita cambiò per sempre. Quei momenti torneranno ogni attimo
nei miei pensieri fino alla fine dei miei giorni.
DECIMO QUADRO
SCENA
L’interno di una casa contadina. L’ambiente è molto modesto. Parete di fondo:
sul lato sinistro della parete si apre un piccolo ambiente che, all’inizio
dell’azione, è nascosto da una tenda, sulla destra una porta che dà in un altro
ambiente. Parete di sinistra: una panca addossata al muro, uno scaffale alla
parete con libri e pergamene, sulla destra una rozza libreria anch’essa piena
di libri e pergamene. Parete di destra: sulla sinistra la porta di ingresso,
sulla destra un mobile basso con sopra alcune suppellettili, sopra di esso una
finestrella che dà sull’esterno. Al centro, spostato sulla destra della scena,
un tavolo rustico con due sedie. È il crepuscolo, ma la casa è molto buia,
illuminata solo da una lucerna appoggiata sul tavolo. Dalla porta d’ingresso
entra Maria di Magdala con un’altra lucerna in mano. Maria è molto vecchia e si
muove lentamente.
MARIA DI MAGDALA - Entrate.
Dario e Demetrio entrano circospetti guardandosi intorno. Maria si avvicina
alla tenda, ne scosta un lembo e guarda dentro. Dario e Demetrio non fanno caso
alla manovra della donna. Maria richiude il lembo della tenda, apre la porta
sul fondo della scena e si rivolge ai due amici.
MARIA DI MAGDALA - Aspettate qui.
Maria esce portandosi via la lucerna. Dario e Demetrio si guardano intorno, la
stanza ritorna buia come prima.
DARIO - Ma che sta succedendo? Chi è questa gente?
DEMETRIO - Non ne ho la più pallida idea, nessuno poteva sapere del nostro
arrivo.
DARIO - … e nessuno poteva sapere chi siamo (poi ridacchiando) anche se
guardandoti puzzi di funzionario imperiale lontano un miglio.
DEMETRIO - (restando serio) Evidentemente qualcuno lo sa e sa anche cosa siamo
venuti a cercare.
DARIO - (guardandosi intorno) In questo villaggio ci sono solo contadini e
pastori e…
Demetrio afferra la lucerna sul tavolo e si avvicina agli scaffali della parete
di sinistra.
DEMETRIO - Questa non è la casa di un contadino, guarda qui!
DARIO - (avvicinandosi esterrefatto) Per la barba di Nettuno! Ma questo è il
“Simposio” di Platone! Demetrio, guarda questo!... è uno dei cinque libri del
trattato sulla scienza medica di Dioscuride Pedanio di Cilicia!
DEMETRIO - Guarda: Erodoto!
DARIO - Qui ci sono Euripide, Prassagora, Sofocle, Teofrasto...
DEMETRIO - Il “De re medica” di Celso? Per Giove, ma questa è la biblioteca di
Pergamo rimpicciolita!
Nel frattempo si apre la porta di fondo, ed entra un uomo, nell’ombra non si
distingue ancora chi sia. Il personaggio entra nella stanza e, nel momento in
cui, dietro di lui rientra anche Maria di Magdala con la lucerna, la stanza si
schiarisce e solo in quel momento il pubblico vedrà che si tratta di
Areteo.
ARETEO - No, è solo il mio rifugio!
Dario e Demetrio si voltano di scatto e restano esterrefatti. Dario cade a
sedere sulla panca e a Demetrio cade il libro che in quel momento ha fra le
mani.
DARIO - A… Areteo? Ma come è possibile?
DEMETRIO - Che ci fai qui? Cos’è questo posto?
ARETEO - Una cosa per volta e risponderò a tutte le vostre domande. Come state?
DARIO - Be… bene.
ARETEO - So che vi siete fatti onore come medici ad Efeso, a Sidone e in
Bitinia, sono fiero di voi!
DEMETRIO - Ma come fai a sapere dove siamo stati?
ARETEO - (sorridendo) - So molte cose di voi, so che avete raccolto molte
testimonianze intorno al Galileo, so che ad Efeso avete incontrato Giovanni,
Timoteo e Gaio, so che tu Demetrio sei andato alla ricerca dei documenti di
Luca mancanti da quelli di Pergamo. Sono felice di aver riposto la mia fiducia
in voi, ero sicuro che la vostra intelligenza e la vostra curiosità vi
avrebbero fatto trovare la strada giusta!
DARIO - Che cosa vuoi dire?
Pausa.
ARETEO - Quando iniziò il vostro interesse per la storia del Galileo?
DEMETRIO - Beh, quando trovammo gli appunti di Luca a Pergamo.
ARETEO - (sorridendo) Quella fu la mia fiducia!
DARIO - (trasecolando) Tu... facesti in modo che noi trovassimo quegli appunti?
ARETEO - Quelle pergamene erano in mio possesso.
DEMETRIO - (compiacendosi) Lo dissi io che era troppo strano il fatto di sentir
parlare del Galileo e immediatamente dopo veder saltar fuori gli scritti che lo
riguardavano, ma perché?
ARETEO - (sospirando) Perché era necessario che qualcuno percorresse la verità
e ricostruisse la storia come in realtà avvenne, poiché solo così quel
“qualcuno” ne avrebbe capito la portata!
DARIO - Non capisco.
ARETEO - Miei giovani amici, voi avete percorso questa storia con i vostri
mezzi, avete seguito le tracce di un uomo servendovi solo del vostro acume
siete arrivati alla fine della vostra ricerca e la verità finale sarà l’eredità
che io rimetterò nelle vostre mani!
Pausa. Areteo si siede su una delle sedie vicino al tavolo. Dario e Demetrio si
avvicinano al loro vecchio maestro con reverenza. Maria di Magdala posa la
lucerna. Poi va a sistemare i libri caduti, rassetta la stanza, riprende la
lucerna e sparisce dietro la tenda. Né Dario né Demetrio prestano attenzione
alla donna. Dopo che Maria entra nel piccolo ambiente dietro la tenda, si vedrà
il profilo della donna proiettato sulla tenda e illuminata dal controluce
tremolante della lucerna. Maria sarà seduta e farà dei movimenti, ma sarà
impossibile capire che cosa accade dietro la tenda.
ARETEO - Gli appunti che io vi feci trovare a Pergamo, erano quelli originali
da cui Luca attinse per redigere la sua cronaca. Voi vi accorgeste che le
cronache originali, rispetto agli appunti avevano molte incongruenze e anche in
quelle cronache gli avvenimenti, secondo un normale e razionale ragionamento,
non stavano in piedi. Sì, in realtà il Galileo era uno dei tanti profeti che in
quel tempo predicarono in Galilea e la vostra domanda: “Perché solo lui ebbe
quel successo?” è perfettamente lecita. L’intrico di interessi politici,
economici e militari in cui si trovò invischiata la vicenda del Rabbi, furono i
motivi di quel successo! Gesù era un uomo semplice, dalle intenzioni leali e
sincere, aveva un enorme ascendente sugli altri uomini e forse questa qualità
sarebbe bastata da sola a dare vita al movimento cristiano che oggi, anche se
contrastato dal potere di Roma, si sta espandendo per tutto l’impero. Ma la
storia non volle così e l’intreccio avvolse l’uomo, lo fece sparire e nacque il
mito: Gesù, centro di tutte le paure di Pilato, di Caifa, di Erode e dei
discepoli. Divenne il “Cristo” e quando si crearono le condizioni affinché
l’uomo si trasformasse nel dio, tutte le idee, i racconti, le storie, i fatti
si coagularono e nacque la leggenda!
DARIO - Ma ci fu qualcuno che decise tutto questo? Da qualche parte dovette pur
partire l’idea?
ARETEO - No, la sequenza dei fatti fu un processo talmente naturale e spontaneo
che io stesso ebbi la sensazione del miracolo. Nessuno decise nulla, tutto
avvenne con una incredibile naturalezza. La vicenda assunse un carattere
talmente ben definito che non ci fu neanche bisogno che i cronisti si
mettessero d’accordo. La storia del Rabbi doveva avvenire in quella maniera e
in quella maniera avvenne!
DEMETRIO - Ma noi che c’entriamo?
ARETEO - (fissandoli) Perché ritengo necessario che qualcuno conosca la verità
di questa storia, ne faccia tesoro e ne conservi il ricordo. Ormai i cristiani
seguiranno le parole del Gesù profeta, con tutte le leggende che lo
accompagnano, ma qualcuno deve pur conoscere la storia del Gesù uomo!
DEMETRIO - Areteo, noi abbiamo seguito il nostro naso, abbiamo ricostruito la
storia del Galileo, o almeno pensiamo di averlo fatto e questa storia ci ha
condotto qui, ma non conosciamo tutta la verità.
ARETEO - Questo è compito mio.
DARUIO - Ti ascolteremo.
Dario e Demetrio si siedono.
ARETEO - Quando il Rabbi fu crocifisso, il Sinedrio si riunì in seduta segreta.
La situazione era pericolosa, le premesse perché scoppiasse la rivolta c’erano
tutte, l’unica cosa che il Sinedrio poteva fare, era distogliere l’attenzione
della popolazione e dei romani dal problema creando un diversivo. Incaricò
Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo di tenere sotto stretta sorveglianza il cadavere
e di farlo sparire al momento opportuno. La colpa del furto del corpo sarebbe
ricaduta sui discepoli e l’attenzione di Pilato e di Gerusalemme si sarebbe
rivolta verso questo mistero, ma non fu così. A Pilato il problema non lo toccò
neanche, le preoccupazioni che il tribunale di Alessandria scoprisse i suoi
illeciti, lo assorbivano completamente. Il popolo di Gerusalemme era esaltato
per aver trovato in Barabbas il possibile capo di una rivolta, già sfuggito
miracolosamente alla condanna romana, non aveva occhi che per lui e non vedeva
l’ora di impugnare le armi. I discepoli sarebbero scomparsi dalla circolazione
terrorizzati da questo fatto misterioso, anche se poi da esso nacquero tutte le
storie che conoscete.
DEMETRIO - Che cosa successe allora?
ARETEO - Gli uomini di Giuseppe e di Nicodemo prelevarono il corpo dal luogo
dove fu crocifisso, lo avvolsero in un lenzuolo e lo trasportarono in una tomba
commemorativa nei giardini di Giuseppe.
DARIO - Abbiamo visto quella tomba.
DEMETRIO - Ed è fatta in modo che è impossibile chiuderla.
ARETEO - E così doveva essere! Giuseppe incaricò il suo giardiniere di
sistemare alla meglio il corpo. Sul tardi arrivarono alcune donne con oli e
unguenti per prepararlo per la sepoltura, Giuseppe disse loro che era meglio
aspettare perché i romani sapevano dove si trovava la tomba e non aspettavano
altro che i seguaci la raggiungessero per sorprenderli. Era una menzogna, ma
Giuseppe doveva avere il tempo di far sparire il corpo. Insieme a Nicodemo
decisero di attendere l’indomani, che era sabato, nessuno si sarebbe mosso
dalle case e loro avrebbero avuto tutto il tempo di agire. Il giovane
giardiniere quella notte fu lasciato a guardia del corpo, Giuseppe non poteva
rischiare. Durante la notte il giardiniere si accorse che il Rabbi respirava
ancora, si precipitò a chiamare Giuseppe e lo trascinò al sepolcro. Quello fu
veramente un miracolo, era impossibile da credere, ma il Rabbi era
sopravvissuto al supplizio della croce. Giuseppe voleva trasportarlo e
nasconderlo in casa, ma il giardiniere disse che Gesù era troppo grave e
qualsiasi movimento gli sarebbe stato fatale. I due cominciarono a curarlo sul
posto, continuarono per tutta la notte e per tutto il sabato, le ferite erano
molto gravi e il Rabbi respirava con grande fatica. La notte tra il sabato e la
domenica riprese i sensi, ma non riuscì né a muoversi né a parlare. La mattina
il giardiniere riuscì lentamente a farlo sedere, Giuseppe andò in casa a
prendere delle vesti, dovevano nasconderlo in casa prima che arrivassero le
donne. Il Rabbi, a gesti, chiese dell’acqua, il giardiniere, assicuratosi che
l’uomo poteva rimanere solo per un attimo, si precipitò fuori a riempire una
brocca. Nel ritornare, quando si trovò a pochi passi dall’ingresso della tomba,
vide uscire una donna, urlava e correva spaventata. Il giardiniere corse dentro
il sepolcro diede da bere al Rabbi, se lo caricò in braccio e lo portò in casa
di Giuseppe nascondendolo. Per una settimana e in segreto curarono il Rabbi che
riuscì, non si sa come, a superare le infezioni e a riprendersi leggermente.
DARIO - In che condizioni era?
ARETEO - Le infezioni provocate dai chiodi gli avevano provocato dagli spasmi
muscolari, per cui sulla croce la difficoltà maggiore per lui, fu quella di
riuscire a respirare, ciò che lo salvò fu la presunta breve agonia. Il soldato
che stabilì la morte, non si accorse che un barlume di vita c’era ancora,
quello che fu un rallentamento delle funzioni vitali, fu preso per morte
autentica.
DARIO - Come avevo sospettato!
ARETEO - Dopo due giorni si presentò alla porta una delle donne che avrebbero
dovuto preparare la sepolture, ci disse che aveva visto tutto, che conosceva la
verità e che voleva aiutare il Rabbi. Giuseppe aveva paura di far conoscere la
verità alla donna, ma non aveva scelta e la accolse.
DEMETRIO - Chi era?
ARETEO - Si chiamava Maria di Magdala ed era stata una al seguito del Rabbi,
anni prima era stata una prostituta che Gesù aveva salvato dalla lapidazione
(poi più sommessamente)... la dedizione di Maria verso il Maestro fu grande e
fu sostenuta anche dall’amore della donna per l’uomo!
DARIO - Questa Maria è la donna che ci ha accompagnato qui?
ARETEO - Sì.
Pausa.
ARETEO - Dopo una settimana Giuseppe decise che era venuto il momento di
allontanare il Rabbi da Gerusalemme. Fu organizzato tutto. Fu preparato un
carro carico di fieno con un nascondiglio in attesa del momento propizio.
Giuseppe dichiarò al Sinedrio che aveva sepolto il Rabbi in una località
segreta e il Sinedrio si affrettò ad accusare i seguaci di aver rubato il
corpo. Arrivò perfino a pagare alcuni soldati, che in un primo momento
avrebbero dovuto fare da guardia al sepolcro, per confermare il furto.
Passarono ancora diversi giorni, dovevano essere sicuri che il Rabbi potesse
affrontare il viaggio, non era in buone condizioni, si muoveva con molta fatica
e non vedeva quasi più nulla, da solo riusciva a fare pochissimi movimenti e
non parlava. Dopo circa un mese dalla crocifissione, una notte allestirono il
carro e all’alba il giardiniere e la donna partirono da Gerusalemme con il
Rabbi nascosto. Si diressero verso Emmaus, pensavano di portare il Rabbi in
qualche rifugio nei boschi sulle colline, in seguito avrebbero cercato di
raggiungere il territorio di Efraim per arrivare ad Arimatea e nascondersi
nella casa di Giuseppe. I tre non arrivarono mai ad Emmaus. Dove la strada si
biforca, si fermarono per un breve pasto, il giardiniere tirò fuori il Rabbi
dal carro per fargli prendere un po’ d’aria, Maria andò a prendere dell’acqua e
il giardiniere andò a nascondere il carro. Il caso volle che in quel momento
due discepoli del Rabbi, che venivano da Gerusalemme, lo videro e lo
riconobbero. Quando il giardiniere ritornò, vide solo il finale della scena: il
Rabbi, in un momento di lucidità, aveva alzato un braccio e i due, spaventati a
morte, erano fuggiti verso Gerusalemme a gambe levate. Era troppo pericoloso
arrivare ad Emmaus, così i tre presero la strada che andava a meridione, poi
Maria si ricordò di un piccolo villaggio nei boschi lontano dalla strada
carovaniera, quel villaggio si chiamava Rabba. Solo dopo diversi giorni il
giardiniere riuscì ad inviare un messaggio a Giuseppe, ma il membro del
Sinedrio non lo ricevette mai (pausa commossa) La memoria di tutto ciò che fu
Gesù il Galileo è sepolta in questi boschi.
Un lungo silenzio accoglie la fine del racconto.
DEMETRIO - (fissando intensamente Areteo) Le ferite del Galileo erano gravi,
per curarle era necessario conoscere molto bene l’arte medica... -
DARIO - (c.s.)... Un semplice giardiniere non poteva salvare un uomo nelle
condizioni di Gesù, soltanto un medico del calibro di Areteo di Cappadocia
poteva riuscire in una simile impresa!
ARETEO - (alzandosi e sorridendo tristemente) Avevo ventun’anni ed ero da poco
entrato al servizio della casa di Arimatea come erborista, avevo già studiato
medicina, in breve sarei andato alla scuola di Alessandria e poi a quella di
Pergamo, come feci in seguito.
DARIO - Lo facesti dopo che il Galileo morì?
Areteo non risponde.
DEMETRIO - Perché con gli anni sei tornato qui?
ARETEO - Ci sono certe cose, certi avvenimenti che lasciano nella mente e nel
corpo degli uomini delle impronte molto profonde, se il Rabbi dovette la sua
fama al fatto di essere tramutato in Messia da un groviglio di avvenimenti, ciò
non toglie che quello che insegnò ancora riecheggia per le strade dell’impero.
Io non so se fra qualche anno non se ne sentirà più parlare o se è destino che
duri ancora a lungo, ma in ogni caso la memoria e il poco che resta di quei
giorni, deve essere difeso dal tempo!
Areteo, senza dire altro, prende la lucerna dal tavolo e si avvicina alla
tenda.
ARETEO - Venite.
Dario e Demetrio si avvicinano, Areteo apre completamente la tenda, scoprendo
il piccolo ambiente, praticamente una rientranza della stanza. In fondo al
piccolo ambiente c’è un letto sopra di esso c’è disteso un uomo immobile, una
coperta gli arriva al petto e gli nasconde le braccia. È molto vecchio, i
capelli sono una rada stoppa grigia come pure la barba, gli occhi sono fissi e
inespressivi, la bocca è semiaperta e i respiri sono lunghi e lenti. Seduta su
uno sgabello accanto al letto Maria sorveglia il vecchio. La lucerna che Maria
ha portato precedentemente nella stanzetta deve essere posizionata in modo che,
quando Areteo apre la tenda, il volto del vecchio non si veda. Sopra il letto,
fissata alla parete, una mensola con alcuni vasi. Areteo si avvicina. Maria lo
guarda con apprensione, Areteo fa un cenno con la testa, Maria guarda i due
medici, si alza e si sposta sulla sinistra della stanzetta. Areteo si avvicina,
appoggia la lucerna sulla mensola, finalmente la luce illumina il viso
dell’uomo. Areteo accarezza la fronte del vecchio, poi delicatamente tira fuori
un braccio dell’uomo e gli tiene una mano fra le sue. Dario e Demetrio
strabuzzarono gli occhi: un’orrenda e profonda cicatrice deturpa la mano
dell’uomo. Dario e Demetrio si avvicinano.
DEMETRIO - (balbettando) Non può essere!
Areteo ripone il braccio del vecchio sotto le coperte.
ARETEO - Ci sono tante cose nel mondo e fuori di esso che hanno poche
probabilità di avvenire, ma alcune accadono e quando ciò avviene superano ogni
immaginazione, ogni speranza, ogni dolore... la storia del Rabbi è una di
queste!
Dario e Demetrio si chinano sul vecchio. Dario gli posa una mano sulla spalla e
Demetrio gli accarezza la testa.
ARETEO - Venite, usciamo!
Areteo prende la lucerna ed esce dal piccolo ambiente Dario e Demetrio lo seguono
riluttanti. Maria si siede di nuovo sullo sgabello accanto al vecchio. Areteo
chiude la tenda e l’immagine in controluce sulla tenda, torna quella di prima.
Dario si siede, Demetrio spalanca la porta che dà sull’esterno respira a pieni
polmoni per cercare di calmare la forte emozione che l’ha assalito.
ARETEO - Ragazzi miei, la vostra ricerca è finita.
DARIO - Areteo! I cristiani hanno il diritto di sapere! Non è giusto che siano
stati presi in giro! Il Galileo è ancora vivo dopo tanti anni, i seguaci
avrebbero...
ARETEO - (con calma) Perché? Più di cinquant’anni fa le parole di un giovane
maestro scossero gli animi di tanta gente, oggi la sua parola è ascoltata in
tutti gli angoli dell’impero, un giorno forse riuscirà a scuoterne le
fondamenta stesse. I giorni di quel giovane profeta sono trascorsi. Se dessimo
retta al tuo entusiasmo, restituiremmo al mondo un fantasma che non ha neanche
il ricordo di quegli anni straordinari. Avrebbe un senso tutto questo?
Dario e Demetrio abbassano lo sguardo.
ARETEO - (sommessamente) I giorni del “Cristo” sono finiti, lasciate che siano
giorni di pace gli ultimi che quel povero vecchio trascorrerà su questa terra
come uomo!
UNDICESIMO QUADRO
SCENA
La stessa scena del primo quadro
DARIO DA VECCHIO - (scrivendo) …Quando quel giorno lasciammo Rabba, nei nostri
cuori era già maturata la decisione di seppellire per sempre la storia di Gesù
il Galileo. I cristiani avevano già preso la loro strada, avevano già avuto il
loro Messia, lo avevano fatto resuscitare e sparire di nuovo. Inventarsi
un’altra resurrezione sarebbe stato assurdo. Areteo aveva ragione. Poi sono
passati gli anni. Tanti. Nella mia attività ho continuato a vedere il dolore e
la sofferenza piegare uomini che sembravano querce e dare forza ad altri che
parevano steli. Il tempo mi ha portato via affetti a cui non avrei mai pensato
di poter rinunciare e il dolore ne ha preso il posto. Fu allora che lasciai
Sidone e ritornai alla nostra vecchia scuola qui a Pergamo. Sai, sono cambiate
tante cose, ci sono molti giovani medici promettenti, è cambiata la medicina e
anche il modo di vedere la vita. In tutto questo tempo, fatto di spazi vuoti e
di fantasmi, mi sono chiesto tante volte, se per ognuno di noi la memoria degli
affetti è così importante, che diritto abbiamo di far tacere la vera memoria di
un uomo che ha cambiato la vita di migliaia di altri uomini tanto da far temere
la predizione di Areteo che un giorno la parola del Galileo possa scuotere le
fondamenta dell’impero di Roma? I nostri giorni stanno volgendo alla fine e
anche noi diventeremo fantasmi ed io non me la sono sentita di far disperdere
nella polvere la storia del Rabbi dei cristiani. Già alcuni anni fa,
contravvenendo alla promessa fatta ad Areteo, riscrissi la storia come la
ricostruimmo noi e come avvenne nella realtà. Un mio allievo partirà tra
qualche giorno per Roma, passerà da Corinto. Gli affiderò una copia della vera
cronaca del Galileo, è per te, custodiscila o affidala a chi credi possa essere
degno di conservarne il ricordo, non la disperdere, non lasciare che la verità
diventi come spuma di mare al vento. Nel nome della nostra lunga amicizia ti
abbraccio forte, stai in salute e che l’Eterno ci conceda la serenità per
questo poco tempo che ci resta da vivere.
DODICESIMO QUADRO
Inverno 1742
Vaticano
SCENA
Lo studio del pontefice. Parete di destra: la porta di ingresso: Parete di
sinistra: un grande caminetto acceso. Parete di fondo: una grande finestra da
cui si vede la sommità della cupola di San Pietro con la grande croce. Parallela
alla parete di fondo un grande tavolo, che fa da scrivania al Pontefice e,
dietro di esso, una sedia a schienale alto, davanti due sedie a schienale
basso. Altri mobili e arredi completano la stanza che deve dare un’impressione
di austerità. Il Pontefice passeggia pensieroso per la stanza, per un attimo si
ferma ad osservare il panorama fuori della finestra con le braccia dietro la
schiena. Per un attimo avverte un brivido di freddo. Muratori è seduto sulla
sedia di destra di fronte alla scrivania. Muratori è vestito con una tonaca
nera, si vede chiaramente che è di salute malferma.
BENEDETTO XIV - (con una leggera apprensione) Ditemi Muratori, quanto credito
possiamo concedere al... frutto delle vostre ricerche?
MURATORI - (abbassando gli occhi per un attimo come per raccogliere le idee)
Santità (pausa)... quando il canone fu da me ritrovato, era compreso in un
codice bobbiese ed era incompleto nel suo inizio. L’elenco, come già sapete,
riporta molte parti del nuovo testamento tra cui i primi tre evangeli ed alcune
lettere e conferma la natura apocrifa del “Pastore” di Erma e degli scritti
eretici di Valentino, Basilide, Milziade e Marcione. Il manoscritto è vergato
in un latino sgrammaticato, risale all’ottavo secolo e riproduce una probabile
traduzione latina fatta nel quinto o sesto secolo di un originale certamente
greco della fine del secondo secolo o dell’inizio del terzo (ancora una pausa
poi più sommessamente) L’altro documento è scritto direttamente in greco antico
in maniera corretta e molto chiara.
BENEDETTO XIV - Non potrebbe essere il frutto della mente di un visionario?
MURATORI - Santità, il documento è completo e, per ironia della sorta, si è
conservato molto meglio del canone, è scritto sotto forma epistolare e l’autore
era certamente una persona colta. Da alcuni riferimenti e valutazioni, direi
che si tratta sicuramente di un medico.
BENEDETTO XIV - Potrebbe riferirsi ad un periodo diverso o a persone diverse?
MURATORI - Santità, il documento riporta alcune date.
BENEDETTO XIV - Delle date?
MURATORI - Sì, o meglio un riferimento molto chiaro circa il periodo in cui fu
scritto e a quello a cui si riferisce.
BENEDETTO XIV - Che tipo di riferimento?
MURATORI - Durante l’impero romano uno dei metodi più comuni per datare gli
avvenimenti, era quello di collocarli nell’anno di regno degli imperatori in
carica. Nel periodo trattato, ad esempio, il documento fu vergato nel
diciottesimo anno dell’impero di Adriano, in questo modo è abbastanza agevole
risalire all’anno esatto e cioè il centotrentacinque dopo Cristo.
BENEDETTO XIV - E gli avvenimenti che descrive, in quale periodo si sarebbero
svolti?
MURATORI - Più o meno dal settantaquattro all’ottantacinque... ottantasei dopo
Cristo.
BENEDETTO XIV - Quindi, ammettendo che il racconto sia veritiero, le date
sarebbero plausibili?
MURATORI - Sì, santità.
Il pontefice fa una pausa continuando ad aggirarsi per la stanza
BENEDETTO XIV - È possibile che l’intera storia, per qualche insondabile
ragione, sia stata interamente costruita?
MURATORI - Santità, questa è stata la prima direzione da me seguita per
l’analisi del testo e per scoprirne i punti deboli e Dio sa con quale timore mi
ci sono avvicinato. Sì, la storia potrebbe essere completamente inventata,
purtroppo ci sono troppi riferimenti al testo originale del Vangelo secondo San
Luca ma, soprattutto, sono raccontati avvenimenti di cui sono protagonisti
alcuni personaggi del Nuovo Testamento, a volte anche secondari. Queste
cronache, santità, riescono da sole a chiarire molti punti oscuri lasciati dai
vangeli stessi, è difficile pensare che qualcuno si sia preso la briga di
inventare tutta una storia così completa di tanti riferimenti.
BENEDETTO XIV - Ma un’infinità di vangeli apocrifi fanno la stessa cosa!
MURATORI - (asciugandosi il sudore) Gli altri scritti apocrifi di solito hanno
qualche punto in comune con quelli canonici o si limitano a raccontare delle
varianti o a ripetere racconti biblici, questo no... questo...
Muratori esita. Il Pontefice lo sollecita.
BENEDETTO XIV - Ebbene?
MURATORI- Questo... santità, senza una sbavatura riesce a collegare avvenimenti
tra loro estranei e... a chiarire molti punti oscuri della vita di alcuni
personaggi senza entrare mai in contraddizione con la parte storica del Nuovo
Testamento, come ad esempio...
BENEDETTO XIV - Sì, sì capisco.
Il pontefice fissa le fiamme del caminetto senza vederle.
BENEDETTO XIV - Visto lo stato di conservazione del documento, non potrebbe
essere stato scritto in epoca più recente?
MURATORI - Ho formulato anch’io questa ipotesi, se ciò fosse vero sicuramente
l’autore sarebbe stato influenzato da avvenimenti e idee successive al periodo
in cui fu scritto, ma non c’è niente che induca a formulare una giudizio
simile, inoltre il sistema di lavorazione della pergamena è quello caratteristico
dell’epoca... santità... vorrei poter tacere, ma per amore della verità non
posso far altro che ammetterlo... il documento è autentico!
BENEDETTO XIV - Il personaggio chiave descritto nella cronaca, potrebbe essere
un’altra persona?
MURATORI - È molto difficile dirlo, anche se esso viene chiamato con... il nome
che conosciamo, ogni interpretazione potrebbe essere valida, ma non esiste
niente nel documento che possa dare adito ad ipotesi contrarie.
Il pontefice fa lentamente il giro del tavolo e si mette a sedere sulla sua
grande poltrona trovandosi faccia a faccia con lo studioso. Lo fissa e parla
con voce più bassa.
BENEDETTO XIV - Sapete cosa potrebbe significare se la storia contenuta in
quelle pergamene fosse autentica?
MURATORI - Sì... santità... il Nuovo Testamento dovrebbe essere riscritto e...
BENEDETTO XIV - ... e diciotto secoli di storia del cristianesimo svanirebbero
in una nuvola di fumo!
Un’atmosfera di gelo cade sulla stanza l’intensità della luce del caminetto e
quella proveniente dalla finestra si offuscano.
BENEDETTO XIV - (secco) Fatemi vedere il documento!
MURATORI - Subito... ecco…
Muratori tira fuori da sotto il mantello una cartella di cuoio, la porge al
Pontefice che l’apre e lo legge sfogliandolo alla fine parla lentamente come se
traducesse.
BENEDETTO XIV - ... Dario da... Sidone...
MURATORI - Sì, santità, è l’autore del racconto.
BENEDETTO XIV - A quanto pare non ci viene concesso neanche il beneficio del
dubbio.
Dopo una lunga pausa il Pontefice sbatte una mano sul fascio di
pergamene.
BENEDETTO XIV - (con rabbia) Maledizione! Chi diavolo è questo fantasma che ci
ribalta in faccia tutta la storia!
Muratori impietrisce.
BENEDETTO XIV - ... non bastavano le peripezie in cui ha navigato la chiesa per
secoli! No, mancava il tocco, la trovata finale di qualche sollecito e perfino
maledettamente preciso cronista!
il Pontefice si ferma, fa un respiro profondo, guarda Muratori, cercando di far
sbollire l’ira.
BENEDETTO XIV - Perdonatemi, lo so di essere il più indegno dei papi, ma questa
croce è troppo pesante e se qualcuno, tanto tempo fa, non l’ha potuta portare,
noi non possiamo portarla ora, appesantita da secoli di storia della
cristianità!
Il Pontefice medita per un momento, poi si avvicina a Muratori, prende una Bibbia,
la guarda tristemente e infine parla con solennità.
BENEDETTO XIV - Voi dovete giurare su questa Bibbia, perché questa è la nostra
fede e non altre storie scritte da chissà chi, questo è il nostro credo, su
questo abbiamo fondato la nostra vita e il nostro futuro ed è in nome di questo
che abbiamo una responsabilità verso il nostro sterminato gregge. Voi dovete
giurare che le parole dette dentro questa stanza non sono mai state
pronunciate, che queste pergamene non sono mai esistite e che nelle vostre
ricerche avete trovato solo conferme della verità dei Vangeli!
Muratori appoggia la mano sulla Bibbia e il Pontefice appoggia la sua sopra.
BENEDETTO XIV - Mai e poi mai dovrete proferire parola di quanto è accaduto
oggi!
MURATORI - Santità, io sono vecchio, i miei occhi non vedono quasi più, la
malattia al ginocchio e i reumi non mi danno tregua, a settembre declinai il
vostro invito e oggi ho obbedito al vostro ordine di venirvi a riferire ciò che
vi avevo anticipato nella mia lettera. Gli anni che mi restano da vivere sono
pochi, se il mio cuore oggi trabocca di tristezza per questa mia scoperta,
nulla uscirà dalla mia bocca e la lapide che chiuderà la mia tomba, seppellirà
per sempre le pretese di un antico medico. Santità, neanche di questo nostro convegno
resterà traccia!
I due restano per un lungo momento a guardarsi intensamente, poi il Pontefice
ripone la Bibbia e suona un campanello. Dalla porta entra il segretario
pontificio.
SEGRETARIO - Mi avete chiamato santità?
BENEDETTO XIV - Sì, accompagnate padre Lodovico.
Il segretario prende delicatamente il vecchio studioso per un braccio e lo
aiuta ad alzarsi. Muratori si alza barcollando e fa l’atto di chinarsi a
baciare l’anello del Pontefice, ma il Pontefice glielo impedisce mettendogli le
mani sulle spalle. Poi lo abbraccia
BENEDETTO XIV - (sussurrando) Perdonatemi! (pausa, poi guarda Muratori con
affetto) Ora andate, cercate di riposare e datemi vostre notizie.
MURATORI - Arrivederci, santità... (poi più sommessamente)... che Dio ci
protegga!
BENEDETTO XIV - Lo ha sempre fatto, mio caro Muratori... lo ha sempre fatto.
Accompagnato dal segretario del Pontefice, Muratori esce lentamente dalla
stanza. Il Pontefice ritorna al tavolo e guarda a lungo le pergamene.
BENEDETTO XIV - Chi sei tu che dal pozzo del tempo vieni a togliere il sonno ad
un povero pastore, chi ti ha dato il diritto di rendere vano il sangue dei
martiri e le lacrime dei santi? La fede degli uomini esiste per non essere
calpestata e tu l’hai fatto, ma la colpa non fu tua, tu fosti solo il cronista
della vita di un profeta... forse il più convincente di tutti, facesti tutto
solo per amore della verità, siamo noi che abbiamo costruito qualcosa sulla
menzogna, ma questo è ormai il nostro credo... la nostra vita...
Il Pontefice afferra il manoscritto e si avvicina al caminetto esita per un
attimo poi, con un gesto brusco, scaraventa le pergamene dentro il fuoco che,
alimentato di nuovo, divampa vivamente.
BENEDETTO XIV - Non possiamo né aggiungere né togliere niente a ciò che è stato
detto e scritto!
Il Pontefice rimane ad osservare i fogli bruciare. Dopo un secondo un raggio di
sole irrompe nella stanza e va a colpirgli la schiena, il Pontefice solleva lo
sguardo, sente il calore del sole, sorride e si volta verso la finestra. Si avvicina
e la apre. Fa un lungo respiro gustando l’aria fresca poi, sempre sorridendo,
guarda la grande croce sulla cupola di San Pietro.
BENEDETTO XIV - Sapevo che avresti approvato!
Il Pontefice resta per un po’ a respirare a pieni polmoni l’aria che entra
dalla grande finestra. Finché qualcuno bussa alla porta.
BENEDETTO XIV - Avanti!
Il segretario si affaccia.
SEGRETARIO - Santità, perdonate, ma la delegazione sta aspettando.
BENEDETTO XIV - Dite che vengo immediatamente
Il segretario richiude la porta. Il Pontefice chiude la finestra e avvia per
uscire dalla stanza, passando davanti al caminetto si ferma, guarda il fuoco,
alza la mano destra e traccia nell’aria il segno della croce.
BENEDETTO XIV – “Che tu sia benedetto frate foco”
Poi sospira ed esce dalla stanza.
SIPARIO
FINE