L’indispensabile Vittorio

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L'INDISPENSABILE VITTORIO GIOUSEPPINA CATTANEO

AUTRICE

GIUSEPPINA CATTANEO

http://copioni.dnsalias.org/  

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

TITOLO

L’INDISPENSABILE

VITTORIO

COMMEDIA IN TRE ATTI

Personaggi

VITTORIO

NICOLA VILLORE marito di Valeria

VALERIA moglie di Nicola

EDOARDO MARETTI fratello celibe di Bianca

BIANCA sorella nubile di Edoardo

ALFONSO BERINI marito di Caterina

CATERINA moglie di Alfonso

TOMMASO postino

BARBARELLA figlia di Vittorio

TRAMA

È in un condominio che il “simpatico” e generoso Vittorio svolge la sua attività preferita: fare scherzi. I suoi coinquilini sembrano infastiditi dal suo comportamento, fino a quando… la figlia non deciderà di occuparsi di lui. Sarà allora che si sentirà la sua mancanza. E il suo ritorno sarà acclamato a gran voce.

ATTO PRIMO

SCENA: modesto e piccolo giardino con panchine. Giardino dipinto dietro lo sfondo. A destra l’entrata del condominio Papaveri. Una panchina anche vicino l’entrata. In fondo al centro, entrata nel giardino del condominio.

SCENA I

Nicola

Scena vuota.

NICOLA. (entrando da destra, cioè uscendo  dal condominio Papaveri. È molto preoccupato) Ed ora cosa faccio? E se volesse uccidermi? Che motivo avrebbe per farlo? Siamo sempre stati così buoni amici! (e si rilassa un attimo) E poi non so perché mi preoccupo così tanto…io non ho fatto nulla! Vittorio mi ha detto che Alfonso è arrabbiato con me… e non capisco perchè… (pensando) E se fosse arrabbiato perché gli ho fatto vincere solo un ambo al gioco del lotto, mentre lui magari mirava ad un terno? Ma cosa potevo fare se ho sognato solo due numeri e non tre! (pensandoci un attimo) E no! Se così fosse sono io che sono arrabbiato con lui ora! Fare del bene!  Lo aspetterò qui! (si siede sulla panchina più a sinistra).

SCENA II

Nicola e Alfonso

ALFONSO. (entrando da destra, cioè uscendo sempre dal condominio Papaveri. È molto preoccupato) E adesso cosa faccio? E se volesse uccidermi? (si ferma subito dopo averlo visto seduto e gli gira la schiena. Fra sè) Oh eccolo! Cosa posso avergli fatto di tanto grave!? Vittorio mi ha detto che c’e l’ha con me! Non capisco cosa possa avergli fatto... e se il motivo fosse invece che… non ho preso in considerazione la sua diagnosi sul mio prurito di settimana scorsa? Mi aveva diagnosticato la scabbia ma non poteva essere perché sono almeno dieci anni che non vado al mare! (pensandoci un attimo) Se così fosse, sono io che sono arrabbiato con lui! Medico dei miei stivali! (e si gira e lo guarda minaccioso)

NICOLA. (fra sé) Come mai quello sguardo minaccioso? Ah è così! Eccoti ricambiato! (e anche Nicola lo guarda minaccioso)   

ALFONSO. (abbassando lo sguardo e girandosi ancora dall’altra parte) Ecco che mi guarda! Vittorio aveva ragione, ce l’ha con me! Ora gli faccio vedere io! Speriamo bene (si gira e gli si avvicina).

NICOLA. (fra sé) Si sta avvicinando. Io non ho paura e gli vado incontro. Speriamo bene. (l’uno va incontro all’altro).

ALFONSO. Eccoti finalmente! Ti stavo cercando…

NICOLA. E io cercavo te…

ALFONSO. Ah davvero? E per quale motivo?

NICOLA. Per il motivo che saprai molto presto… E tu perché mi cercavi?

ALFONSO. Per lo stesso motivo per cui tu cercavi me.

NICOLA. Bene allora! Eccoci qui finalmente!

ALFONSO. Si, eccoci qui. Inizia pure tu…

NICOLA. No no, inizia tu…

ALFONSO. La precedenza si da sempre a chi è più avanti con gli anni.

NICOLA. E qui ti sbagli invece… la precedenza va ai più giovani! Non si sa quanto tempo possono avere ancora a disposizione…

ALFONSO. Ai più giovani! Ma sentitelo! Un mese di differenza abbiamo!

NICOLA. Un mese c’è e un mese rimane caro Alfonso!

ALFONSO. (mette la mano in tasca come per prendere qualcosa).

NICOLA. (fa un balzo all’indietro come spaventato) Che…che…che stai facendo… (fra sé) la pistola…

ALFONSO. Mi prendo il fazzoletto … (con ironia) sai noi giovani vestiamo un po’ leggeri e a volte capita di prendersi un raffreddore. Non è come voi anziani che vi imbacuccate tanto che poi vi buscate la polmonite!

NICOLA. “Anziano” mi ha chiamato! Un mese di differenza abbiamo!

ALFONSO. Un mese c’è e un mese rimane caro Nicola!

NICOLA. (mette la mano in tasca come per prendere qualcosa).

ALFONSO. (fa un balzo all’indietro come spaventato) Che…che…che stai facendo… (fra sé) la pistola…

NICOLA. Nulla! Ho messo solo la mano in tasca. Dovrei forse chiederti il permesso?

ALFONSO. Non perdiamoci in chiacchiere inutili e veniamo al dunque…

NICOLA. Giusto veniamo al dunque…

SCENA III

Nicola, Alfonso e Edoardo

EDOARDO. (entrando da destra, cioè uscendo dallo stesso condominio). Eccoli! (si ferma subito sulla porta dopo averli visti e gira loro la schiena. Fra sè) Ecco che stanno parlando animatamente. Sicuramente staranno sparlando di me... Ma ora vado là e li sistemo io tutti e due! Come si permettono di sparlarmi alle spalle con tutti i condomini! Sparlare di me, una persona così… così… così come me. Ora metterò fine a queste male lingue una volta per tutte! Per fortuna il mio amico Vittorio mi ha avvisato di tutto ciò che succede.

NICOLA. (vede Edoardo che si sta avvicinando) Che vorrà Edoardo!

ALFONSO. (lo vede anche lui) Ha una faccia un po’ irritata, non trovi?

NICOLA. Sembra anche a me… Che… che… ce l’abbia con noi…

ALFONSO. Anche lui?

EDOARDO. Finalmente vi ho trovati…e vi ho sentiti…

NICOLA. (con un po’ di timore) Davvero? E così non sei sordo…

EDOARDO. Non sono sordo per nulla, specialmente quando si parla alle mie spalle…

ALFONSO. E sei fortunato allora caro il mio Edoardo… io da dietro le spalle non sento nulla!

EDOARDO. Io invece ci sento benissimo e sento tutto. Proprio tutto!

NICOLA. (fra sé) E che m’importa se tu ci senti bene!

ALFONSO. (fra sé) Ci voleva anche quest’impiccione arrabbiato col mondo ora… Senti Edoardo, io e Nicola stavamo discutendo di una cosa molto importante…

NICOLA. Davvero Alfonso? Non me ne ero accorto… (con tono molto serio e un po’ arrabbiato) Ma ora che ci penso ho qualche parolina che vorrei dire anch’io ad Alfonso…

EDOARDO. Ebbene, voi vi direte tutto ma con me presente questa volta…

ALFONSO. Scusa caro Edoardo ma quello che devo dire a Nicola non è proprio affar tuo. Capisco che il giardino del condominio è di tutti, ma è talmente grande che forse…

EDOARDO. Forse niente! Io sto qua e non mi muovo di un passo! (fra sé) Così continuano a sparlare di me… Vittorio mi ha detto di stare in guardia… Altro che affar loro!

NICOLA. A questo punto non mi resta che dirti, Alfonso, quello che devo… in presenza di Edoardo!

ALFONSO. A questo punto anche a me non resta che parlare…

EDOARDO. Su avanti parlate! Non sto aspettando altro. E così metterò fine a queste malelingue.

NICOLA. Malelingue! Allora hai saputo anche tu Edoardo che Alfonso…

EDOARDO. Si! Di Alfonso e di te! Anzi tutto il condominio sa…

ALFONSO. (meravigliato) Cosa? Tutto il condominio? Cioè tutti sanno quello che Nicola deve dirmi?

EDOARDO. Si! Tutto ciò che Nicola deve dirti e tutto ciò che tu devi dire a Nicola lo sanno tutti, compreso io. Ed ora lo voglio sentire anche con le mie orecchie!

NICOLA. Vuoi dire Edoardo, che tutti sanno quello che io voglio dire ad Alfonso, quando nemmeno io lo so?

EDOARDO. Esattamente. Certo che non lo sai perché tu te le inventi le cose. Ed è ora di finirla! E io sono qui per questo!

ALFONSO. Perdonami Edoardo, ma tu dici che tutto il condominio sa quello che io voglio dire a Nicola?

EDOARDO. Si! Tutto quello che hai detto e quello che vuoi dire ora. Ma ci sono io adesso e metterò fine a questo squallore! Con l’amicizia che ci lega…

NICOLA. Che cosa ha a che fare la mia amicizia con te, con ciò che succede fra me ed Adolfo?

EDOARDO. Non prendermi in giro ora! Se non ci fosse stato Vittorio ad aprirmi gli occhi!

NICOLA. Vittorio?

EDOARDO. Vittorio, lui si che è un amico! Mi ha aperto gli occhi su voi due.

NICOLA. Vittorio? Pensavo fossi ancora arrabbiato con lui dopo l’ultimo scherzo che ti ha fatto!

EDOARDO. Io arrabbiato con lui? Giammai! Per quel piccolissimo scherzo si è scusato e ha promesso che non sarebbe più successo e da ciò è nata fra noi un’amicizia profonda. Lui ora, mi dice sempre la verità come è giusto che sia. Vittorio, non parlerebbe mai male di me come qualcuno che io conosco…

NICOLA. (molto incuriosito) Ah si? C’è qualcuno che sta parlando male di te?

ALFONSO. (molto incuriosito) Davvero? Ma chi è?!

EDOARDO. (arrabbiato) Con che faccia tosta mi dite ciò? Vergognatevi! Siete voi che sparlate di me! Tutti e due e lo state facendo con tutto il condominio!!

ALFONSO. NICOLA. Noi???

EDOARDO. Si voi! E ringrazio ancora il mio amico Vittorio che è stato sincero con me!

NICOLA. Edoardo, io non ho fatto nulla del genere. Davvero!

ALFONSO. Nemmeno io!

NICOLA.! Noi siamo tuoi amici, non ricordi? Come potrei parlar male di te… però non so dire di Alfonso se…

ALFONSO. (verso Nicola) Che stai insinuando?! Non ho mai parlato male di nessuno in vita mia e non incomincerò ora sicuramente. Ingrato che non sei altro, guarda che so che sei arrabbiato con me perché non ho creduto alla tua diagnosi sul mio prurito!

NICOLA. Io arrabbiato con te? Ma non ci penso nemmeno! Tu, invece, ingrato che non sei altro, ti ho fatto vincere un ambo e tu ti sei arrabbiato con me perché volevi un terno!

ALFONSO. Io arrabbiato con te? Ma non ci penso nemmeno!

EDOARDO. (intervenendo vedendo che viene lasciato da parte) Scusate, ma anch’io sono arrabbiato con tutti voi…

NICOLA. Edoardo. Dopo. (verso Alfonso) Mi stai dicendo che non sei arrabbiato per il terno mancato?!

ALFONSO. Assolutamente no! Sono stato contentissimo dell’ambo!

EDOARDO. (intervenendo ancora) Scusate, ma sono io ad essere arrabbiato con voi due…

ALFONSO. Scusa Edoardo. Dopo. (verso Nicola) Ma chi ti ha messo in testa tutto questo?

NICOLA. Il mio amico Vittorio mi ha detto che tu eri arrabbiato con me!

ALFONSO. Anche il mio amico Vittorio mi da detto che tu eri arrabbiato con me perché non ho creduto alla tua scabbia!

NICOLA. ALFONSO. (in segno di indignazione) VITTORIO!

NICOLA. Il solito burlone Vittorio!

ALFONSO. E ci aveva promesso di smetterla con i suoi scherzi!

EDOARDO. Scusate, ma anch’io sono arrabbiato con voi!

NICOLA. Non abbiamo detto nulla di male su di te, Edoardo!

EDOARDO. Ma me lo ha detto il mio amico Vittorio!

NICOLA. E ti ha preso in giro ancora Edoardo! Nessuno parla male di te! È sempre il solito Vittorio!

SCENA IV

Nicola, Alfonso, Edoardo e Vittorio

Vittorio entra dal fondo e non si accorge dei tre.

NICOLA. Non sa vivere senza i suoi scherzi!

EDOARDO. E io che credevo fosse nata una nuova amicizia…

ALFONSO. Eccolo che sta arrivando…prendiamolo…(e fanno per prenderlo quando Vittorio si accorge e tenta di scappare, ma invano).

VITTORIO. Che sta succedendo, che volete da me! Io non ho fatto nulla!

NICOLA. E hai anche il coraggio di negare..

EDOARDO. Traditore che non sei altro…

VITTORIO. Edoardo non dare retta a loro, loro che non ti vogliono bene come me…

EDOARDO. E io che credevo di aver trovato un vero amico…

VITTORIO. Più che amici Edoardo…

ALFONSO. Bell’amico sei… raccontare frottole per farci litigare… ma non ti vergogni?!

NICOLA. Siamo stanchi dei tuoi continui scherzi…

VITTORIO. Stanchi! Stanchi è una parola che non si addice a gente di spirito come voi! Come potete pensare che io vi abbia voluto fare uno scherzo!? Io, Vittorio, illustre uomo di scienza in pensione che ha solo cercato di fare un esperimento al limite della suscettibilità…(li guarda sperando si siano calmati)

NICOLA. Ecco che comincia con le sue frasi contorte.

EDOARDO. (verso Nicola e Alfonso) Cosa ci vuoi dire Vittorio!?

ALFONSO. E chi lo capisce quando parla così… ora Vittorio, devi smetterla….

VITTORIO. Smettere! Smettere è una parola che non si addice a gente di spirito come voi! Io, Vittorio, lo studioso in pensione sempre cercando di acquisire la conoscenza del comportamento degli esseri umani nelle più svariate situazioni…

NICOLA. Vittorio, smetti di prenderci di nuovo in giro?

VITTORIO. Giro! Giro è una parola che non si addice a gente di spirito… (viene interrotto)

NICOLA. EDOARDO. ALFONSO. Vittorio!!!!

VITTORIO. (capendo che deve arrendersi) Va bene, va bene, smetto! Adesso mi è consentito nemmeno parlare come voglio…

EDOARDO. (con tristezza) Perchè Vittorio mi hai fatto questo?

VITTORIO. Non capisci Edoardo che l’ho fatto per il tuo bene? Tu sei sempre tanto, troppo buono! E qualcosa di nuovo nella tua vita!

EDOARDO. Quindi litigare con i miei coinquilini ti sembrava la cosa più corretta da fare?

NICOLA. Vale lo stesso per me e Alfonso?

ALFONSO. Sentiamo perché. Sentiamo… Avanti, di pure Vittorio.

VITTORIO. L’intenzione era di… (mentre scappa) Farvi semplicemente uno scherzo. (viene inseguito da Alfonso e da Nicola)

NICOLA. Te la facciamo passare noi la voglia…

ALFONSO. …di prenderti gioco di noi….(ed escono tutti e tre di scena dal fondo)

SCENA V

 Edoardo, Valeria e Caterina

EDOARDO. Che canaglia quel Vittorio, una ne fa e cento ne inventa… (entrano dal fondo Valeria e Caterina)

VALERIA. (arriva guardandosi indietro) Che cosa è successo? Perché mio marito rincorreva Vittorio?

CATERINA. E perché lo rincorreva anche mio marito?

EDOARDO. E’ successo quello che succede sempre con Vittorio.

VALERIA. Non dirmi che ne ha combinata un’altra delle sue?

EDOARDO. Precisamente!

CATERINA. E loro ci saranno cascati come dei babbei sicuramente!

EDOARDO. Non solo loro purtroppo, anch’io! Mi ha fatto credere che i vostri mariti stavano parlando male di me a tutto il condominio. Mentre ai vostri mariti ha fatto credere che l’uno era arrabbiato con l’altro.

VALERIA. Immagino che il mio Nicola ci avrà creduto all'istante. Da quando è in pensione, oltre ad interessarsi in modo ossessivo di medicina, ha iniziato a credere a tutto quello che gli si dice.

CATERINA. Scusa Valeria se mi permetto, però non sembra che ne sappia comunque molto di medicina… ti sembra logico abbia un dolore al polso e lui mi dice che ho il tunnel della manica?

VALERIA. Capita a tutti di sbagliare qualche volta. Succede anche a chi è laureato sai?! Ricordo ancora come fossi oggi quando il mio medico di fiducia, ora ex…

EDOARDO. …perché ora ex?

VALERIA. (orgogliosa) Perché ora il mio medico è mio marito!

CATERINA. (sbigottita e fra sè) Speriamo che possa arrivare alla fine dell’anno!

EDOARDO. Comunque Caterina, anche Alfonso ha creduto allo scherzo di Vittorio…

CATERINA. Com’era logico fosse. Anche il mio Alfonso crede sempre a tutto. Da quando gioca al lotto, è una cosa impossibile. Pensate che l’altro giorno, guardando un programma in tv è venuto a sapere che le vincete più fortunate al lotto sono sempre con numeri casuali presi qua e là. Quel giorno è venuto con me al supermercato e ha preso nota di tutti i prezzi e di tutti numeri che vedeva… che figura! Tutti mi chiedevano se mio marito… stava dando i numeri…! Che figura! L’avrei ucciso.

VALERIA. I nostri mariti sono sempre stati dei creduloni Caterina non sono come noi che siamo sempre state furbe con Vittorio e non siamo mai cascate nei suoi scherzi. Vero?

CATERINA. Beh, parlando ancora di numeri… ci siamo cascate nei suoi scherzi… almeno una ventina di volte…

VALERIA. (incredula) Così tante?

CATERINA. Eh si! Allora, quella volta del gelato, quell’altra del cappello, quell’altra ancora che ci ha fatto credere che avevamo vinto un’auto, quella volta che ci ha fatto andare in giro vestite da maghe, quella volta che…

VALERIA. Ho capito ho capito! Comunque… sempre meno dei nostri mariti. Vero Caterina?

EDOARDO. Pensandoci bene, ne ha combinate tante anche a voi.

VALERIA. Ho chiesto a Caterina, non a te! Vero Caterina?

CATERINA. Certo Valeria, uno scherzo in meno rispetto a loro di sicuro…

VALERIA. (al pubblico) E’ proprio quello che stavo dicendo io…

EDOARDO. Nicola e Alfonso non sono ancora tornati, vado a vedere che fine hanno fatto…

CATERINA. Vai pure Edoardo e se vedi il mio Alfonso, digli di tornare presto che ho bisogno di parlagli. (Edoardo esce dal fondo).

VALERIA. Quel Vittorio è proprio bestiale. Come farà, io non lo so.

CATERINA. È una dote che ha.

VALERIA. E chiamala dote! (arriva Bianca da destra, cioè dal condominio)

SCENA VI

Valeria,  Caterina e Bianca

BIANCA. Avete per caso visto Edoardo? Sono un po’ preoccupata perché è uscito di casa arrabbiato come non l’avevo mai visto. Non vorrei facesse delle sciocchezze!

CATERINA. Macchè sciocchezze, l’unica cosa che può fare è… uccidere Vittorio!

BIANCA. Co… co… come, uccidere Vi…Vi… Vi… Vittorio?! Mi stai dicendo che mio fratello ha ucciso Vittorio?!

VALERIA. No, stai tranquilla! Forse col pensiero quello si! Vittorio ne ha combinata un’altra delle sue e ha preso in giro i nostri uomini.

BIANCA. Siamo alle solite allora! L’importante però è che Edoardo non abbia ucciso nessuno!

CATERINA. Non è ancora detto. I nostri due mariti lo stanno ancora rincorrendo per la malefatta.

BIANCA. Davvero? Che è successo! Spero almeno che si tratti di qualcosa di nuovo!

VALERIA. Non c’è tanto da fare la spiritosa! Ai nostri uomini ha fatto credere che l’uno era arrabbiato con l’altro, mentre a tuo fratello ha fatto credere che i nostri mariti gli parlavano alle spalle.

BIANCA. Immagino che Edoardo gli avrà creduto sicuramente. Da quando legge libri molto più del solito, crede a tutto purtroppo. Per fortuna ogni tanto c’è Vittorio che lo distrae con i suoi scherzi.

VALERIA. Come che fortuna?! Vittorio sta esagerando ultimamente.

CATERINA. È vero, non ci lascia vivere in pace.

BIANCA. Ah si! Vittorio non vi lascia vivere? Allora vi siete già dimenticate tutte le volte che Vittorio vi ha aiutato?

CATERINA. Tutte le volte… per un paio di volte che mi ha aggiustato la serratura….

BIANCA. Un paio di volte? A me sembra di ricordare per un mese intero lo chiamavate non meno di cinque volte al giorno, cioè tutte le volte che dovevate rientrare in casa.

CATERINA. Cosa vuoi che sia… Poi l’abbiamo sostituita la serratura!

BIANCA. Certo che l’avete sostituita! Ma chi ve l’ha sostituita? Vittorio!

CATERINA. (si guarda in giro perché sa che ha torto e non sa che dire)

VALERIA. Ciò non toglie che sia pesante da sopportare!

BIANCA. Proprio tu Valeria parli di sopportazione? Tu che l’hai pregato persino in cinese purché ti venisse a sistemare l’armadio!

VALERIA. Non è vero Bianca, in cinese non l’ho mai pregato perché non so parlare il cinese.

BIANCA. È un modo di dire…

CATERINA. E ti sbagli, io l’ho pregato solo in Giapponese, vero Valeria?

VALERIA. Certo. So che hai una lontana parente che ha sposato un giapponese…

BIANCA. E tu Valeria? Se non ricordo male per due mesi consecutivi lo hai chiamato perché sistemasse il bastone dell’armadio che continuava a cadere.

VALERIA. Due mesi…

CATERINA. Due mesi e sei giorni, me lo ricordo perfettamente perché mi avevi fatto impazzire dicendomi che eri stanca che i tuoi vestiti si stropicciassero sempre.

VALERIA. Caterina almeno tu!

BIANCA. Prendete in considerazione ciò che conviene a voi e basta! Vittorio potrebbe essere una vittima… come voi!

VALERIA. (con ironia) Se non sbaglio, quella volta che ti ha infilato nel congelatore una bambola e tu ti sei spaventata perché credevi fosse un bambino vero, non sembravi tanto tranquilla con Vittorio.

BIANCA. (colta sul vivere) A volte succede che… una volta nella vita non ci si riesca a controllarsi…

CATERINA. È vero, come quella volta che ti ha sgonfiato tutte e due le ruote della bici.

BIANCA. Eh… Saranno state due volte…

VALERIA. Eppure mi ricordo che quando ti ha fatto credere che il vin Santo che ti aveva regalato facesse davvero i miracoli….

BIANCA. (arrendendosi) E va bene! A volte può essere un po’ snervante. Però con tutti i favori che ci fa, potremmo portare un po’ di pazienza in più!

CATERINA. Ecco che sta arrivando!

 

SCENA VII

Valeria,  Caterina, e Vittorio 

BIANCA. (a bassa voce) Si è fermato vicino al cancello, chissà come mai!

VALERIA. (sempre a bassa voce) Non guardiamolo tutte, altrimenti sembrerà che stiamo parlando di lui. Lo farò soltanto io, nel frattempo fingiamo di parlare. (Bianca e Caterina fingono di chiacchierare)

CATERINA. (ad alta voce) E così oggi hai mangiato… (a voce bassa) Che sta facendo Valeria?

VALERIA. (ad alta voce) Certo che oggi ho mangiato, e tu Bianca… (a voce bassa) Ha infilato le mani in tasca e poi le ha tolte….

BIANCA. (ad alta voce) Si, anch’io oggi ho mangiato e tu Valeria? (a voce bassa) Ora che sta facendo?

VALERIA. (a voce bassa) Sta arrivando…. (ad alta voce e girandosi verso le due donne) Si, ogni tanto mangio anch’io…

VITTORIO. (va a posizionarsi a sinistra delle tre donne e senza farsi accorgere da loro lascia cadere una banconota da 500 euro, che è attaccata ad un filo trasparente) Buongiorno ragazze! Posso chiamarvi ragazze vero?

BIANCA. E perché no? Non siamo forse delle ragazze noi?

VITTORIO. E che ragazze!

CATERINA. (lusingata) Vittorio non esagerare adesso con i complimenti… Io poi che sono la più giovane…

VALERIA. (un po’ risentita) Certo la più giovane, ma anche l’unica che si tinge i capelli però.

CATERINA. È solo… è solo… è solo per valorizzare la mia età.

BIANCA. Volevi forse dire per nascondere la tua età…

VALERIA. (si accorge dei soldi per terra e richiama l’attenzione dell’amica Bianca che guarda pure lei).

CATERINA. Io non nascondo nulla, anzi… (viene interrotta da Valeria)

VALERIA. Caterina, non annoiamo Vittorio con i nostri discorsi da donne, chissà quanto tempo gli stiamo rubando…

BIANCA. Hai ragione Valeria! Scusa Vittorio. Ciao

VITTORIO. Beh, effettivamente… ciao ragazze (le tre lo salutano e lui si allontana solo un pò)

VALERIA. Ma perché l’avete mandato via?

Le amiche non le rispondono ma le fanno cenno dei soldi. Si abbassano per prenderli ma appena le donne si accingono a raccogliere la banconota, Vittorio si sposta in avanti tirando il filo e la banconota si muove con lui. E così per quattro volte, quando Caterina si accorge di Vittorio.

CATERINA. Che fai ancora qua Vittorio?

VITTORIO. Io? Nulla! Camminavo…

CATERINA. (capendo che c’è qualcosa che non va nei soldi che si spostano con la presenza di Vittorio) E allora cammina... (Vittorio cammina in giro tondo e i soldi si spostano a loro volta. Le tre donne idem).

VITTORIO. Avete forse bisogno di aiuto?

VALERIA. (si ferma e lo guarda minacciosa) Vittorio non dirmi che tu hai a che fare con questo …

VITTORIO. Io? Assolutamente… (viene interrotto)

CATERINA. Vittorio, non dirmi che sei tu…

VITTORIO. Io? Assolutamente…

BIANCA. Vittorio…(e tutte e tre lo ricorrono arrabbiate urlando frasi: SEMPRE IL SOLITO, MA QUANDO LA SMETTERAI, SE TI PRENDO QUESTA VOLTA, ECC… e lui scappa per qualche giro sul palcoscenico e poi escono dal cancello)

FINE PRIMO ATT0

ATTO SECONDO

SCENA: Come il primo atto. Modesto e piccolo giardino con panchine. Giardino dipinto dietro lo sfondo. A destra l’entrata del condominio Papaveri. Una panchina vicino l’entrata. In fondo entrata al giardino del condominio. Vittorio è in scena seduto su una panchina che sta leggendo.

SCENA I

Vittorio, Valeria e Nicola

VALERIA. (uscendo dal condomino Papaveri e fermandosi subito, guarda di nuovo verso l’entrata del condominio) Nicola, dove sei? Che stai facendo?

NICOLA. (dopo un attimo esce anche lui) Mi sono fermato per un dolore ad un piede e mi sono ricordato che ieri ho passeggiato sotto ad un abete.

VALERIA. E quale sarebbe il nesso fra “passeggiare sotto un abete” e il tuo “dolore al piede”?

NICOLA. Tu e la medicina non avete proprio nulla in comune. La scienza non è di tutti purtroppo. Ieri ho camminato sotto un abete e oggi mi fa male un piede, ciò vuol dire che ho un piede diabetico! Semplice! Dovrò fare delle cure purtroppo.

VALERIA. Come sono fortunata ad avere un marito istruito come te!

NICOLA. Lo so cara. (vede Vittorio seduto) Oh, ecco Vittorio. Valeria, credi sia il caso di ringraziarlo ancora per avermi aiutato a sistemare il rubinetto?

VALERIA. Mi auguro proprio di no! Vittorio è sempre il solito Vittorio che si burla di noi, nonostante la sua gentilezza.

NICOLA. Hai ragione Valeria, lo salutiamo e basta.

VALERIA. (pensandoci un attimo) Non sarebbe corretto però. Ci ha aiutato e tutto sommato non è una cattiva persona … (e così si avvicinano)

VITTORIO. (sta leggendo) Ciao Nicola. Ciao Valeria. State uscendo?

NICOLA. Si, andiamo a fare due passi. Vittorio, grazie ancora per l’aiuto che mi hai dato ieri.

VITTORIO. Ma figurati! Lo sai che per gli amici è un piacere essere d’aiuto. Almeno mi sento utile. Mia figlia Barbarella è sempre più preoccupata pensandomi qui solo. Ma non sa che invece con voi io non sono solo.

VALERIA. Infatti è così Vittorio. Anche se a volte ci fai perdere la pazienza.

VITTORIO. Ho promesso Valeria, non ricordi? Basta scherzi! (verso il pubblico) Fino al prossimo!

NICOLA. (mentre si incammina al cancello) Speriamo… ciao Vittorio.

VALERIA. Buona lettura. (ed esce dal fondo con Nicola)

VITTORIO. Grazie. (rimasto solo, chiude il libro,  prende tre fogli e li guarda. Poi prende tre buste) Ora ho finito e non mi resta che imbustarle… (quando viene interrotto dall’entrata di Caterina e Alfonso)

SCENA II

Vittorio, Caterina e Alfonso

CATERINA. (entra in scena dalla porta del condominio a destra) Non è possibile che tutte le volte che io devo andare da qualche parte, tu mi voglia sempre accompagnare? Ma dove sei? (vedendo che ritarda ad uscire dalla porta).

VITTORIO. (nasconde subito le lettere e le buste e finge di nuovo di leggere) Di nuovo qualcuno!

ALFONSO. Arrivo! Ho trovato un biglietto del tram e controllavo i numeri scritti e… (viene interrotto)

CATERINA. Sempre con questi numeri! A proposito di numeri, pensi sia il caso di ringraziare Vittorio per l’aiuto che ci ha dato nel compilare il 7e 50?

ALFONSO. 7e 30 Caterina, non il7e 50. Come li dai tu i numeri non li da nessuno!

CATERINA. Allora Alfonso, lo ringraziamo si o no?

ALFONSO. Non esageriamo ora. L’ho ringraziato ieri e penso che basti. Quando lo vedo non posso non pensare allo scherzo di settimana scorsa!

CATERINA. Anche per me è lo stesso. Cosa credi che la storia della banconota mi sia passata? L’ho ancora qui! (e indica la gola)

ALFONSO. (avvicinandosi e guardando la sua gola) Davvero? Fammi controllare. Ma sei sicura? Io non vedo nessuna banconota! Deve esserti scesa secondo me.

CATERINA. Non prendermi in giro anche tu adesso. (e si incammina spazientita. Alfonso la segue)

VITTORIO. Come siamo di corsa! (vedendo Caterina che passa con passo affrettato).

ALFONSO. (rincorrendola) Caterina, aspettami! Stavo solo scherzando!

VITTORIO. Caro Alfonso, attento agli scherzi! (i due sono usciti dal fondo) Finalmente di nuovo solo! (chiude il libro e riprende ad imbustare i tre fogli). Bene. Ho finito. Ora consegnerò queste lettere al mio amico postino e lui farà il resto. (s’incammina ad uscire dal fondo) Vittorio, sei grande!

SCENA III

Bianca, Caterina, Alfonso, Valeria e Nicola

BIANCA. (esce dal condominio a destra) Ecco, non c’è nessuno! Caterina e Valeria sono puntuali come al solito! Mi dicono: “Alle quattro ci troviamo in giardino così spettegoliamo un po’”. Sono già le quattro e nessuna si è ancora vista a quanto pare. Sarà senz’altro colpa dei mariti. La mia si che è una fortuna non essermi sposata.

 VALERIA. (entra dal fondo agitata. Dietro lei Nicola) La prossima volta che vorrò uscire, non lo chiederò più a te. Non è possibile uscire e sentire te che trovi ogni passante anemìco ?

NICOLA. Anèmico Valeria. Anèmico.

CATERINA. (rientrando anche loro dal fondo. È agitata) E che questa sia l’ultima volta che mi accompagni! Non sopporto più di sentir parlare in continuazione di numeri e di… bambi!

ALFONSO. Ambi Caterina, ambi, non bambi.

BIANCA. Finalmente siete arrivate! E per nulla puntuali!

CATERINA. VALERIA. Scusa Bianca, ma mio marito…

BIANCA. Ho già capito tutto!

ALFONSO. Nicola, vieni a fare una partita a carte da me? Tengo io il conto dei punti!

ALFONSO. Volentieri!

CATERINA. E ti pareva… (Nicola e Alfonso escono di scena)

VALERIA. Non sai come sei fortunata Bianca a non esserti sposata... (e si siede)

CATERINA. Ultimamente non ne posso più nemmeno io… (e si siede)

BIANCA. Per certi versi avrete anche ragione ma per altri…

SCENA IV

Bianca, Caterina, Valeria e Tommaso

Nel frattempo entra Tommaso il postino.

TOMMASO. (con allegria) Buongiorno signore mie. Cercavo proprio voi tutte. Sono stato fortunato. Ho una lettera per ciascuna di voi. E pare sia anche profumata.

BIANCA. Per tutte noi?

TOMMASO. Si, ho tre lettere indirizzate a voi: una per Valeria Villore, una per Bianca Maretti e l’ultima per Caterina Berini. (e le consegna).

VALERIA. Siamo noi.

TOMMASO. (mentre se ne sta andando dal fondo) Buona giornata signore mie. (esce dal fondo mentre si vede VITTORIO che è vicino al cancello e che sta spiando le tre amiche).

CATERINA. Una lettera per me?

VALERIA. E chi me la scriverà mai?!

BIANCA. (odora la lettera) E’ proprio profumata…

Tute e tre aprono ognuna la propria lettera e cominciano a leggere. Tutte, si muovono in modo compiaciuto durante tutta la lettura. Al termine si vede che sono emozionate, stupite e nello stesso tempo contente. Nessuna di loro ha intenzione di dire nulla del contenuto alle altre due e lo si vede perché cercano persino di nascondersi dietro la lettera. Rimettono la lettera nella busta e intanto si guardano sorridendo sforzatamente. Sono diventate un po’ nervose.

CATERINA. È proprio una bella giornata oggi.

VALERIA. E si, hai ragione Caterina. C’è proprio un bel sole.

BIANCA. Lo stavo giusto pensando anch’io.

CATERINA. Scusate, mi sono ricordata ora che… devo andare in bagno! (ed esce di  scena camminando velocemente verso l’entrata del condominio a destra).

VALERIA. (subito) Scusa Bianca, mi sono appena ricordata che… anch’io devo andare in bagno! (e va verso l’entrata del condominio velocemente)

BIANCA. (perplessa) Da quando in qua, adesso ci si deve ricordare di andare in bagno? Meglio così dopotutto, non vedevo l’ora di rimanere sola per rileggere la mia lettera. (E la apre di nuovo) Che splendida lettera, che parole dolci e tutto questo per me. Ma chi sarà questo Enrico… (si ferma perché ha sentito un rumore,si guarda in giro e poi nasconde la lettera) Forse, forse è meglio che anch’io vada… in bagno! (ed esce di scena andando nel condominio a destra).

VITTORIO. (entra al centro del palco e parla al pubblico) Avete visto come sono arrossite dopo aver letto la lettera? E sapete perché? Perché hanno ricevuto tutte una lettera d’amore da parte di uno sconosciuto che si è firmato Enrico. Le tre lettere sono uguali, ma ovviamente loro non lo sanno e come avete visto, si sono guardate bene dal dirselo. Sono proprio fiero di me! Signori e signore, io sono Enrico! (ed esce di scenda dal fondo).

LE LUCI SI ABBASSANO PER QUALCHE SECONDO.

SCENA V

Alfonso e Caterina

Le tre donne cominciano a mostrarsi vanitose dopo aver letto la lettera.

ALFONSO. (entrando in scena a destra, dal condominio) Caterina, non sei un po’ troppo vistosa con quel vestito?

CATERINA. (entra in scena da destra con un vestito seducente) Ma che dici caro? Sono solo alla moda!

ALFONSO. Guardami? Che ci fai oggi con tutto quel trucco? Non vorrai uscire così spero?

CATERINA. Uscirò così oggi e tutti gli altri giorni che verranno. Tu sei lontano anni luce dal notare le cose belle: il trucco, valorizza di più il colore dei miei occhi!

ALFONSO. A me sembra solo di vedere una… una…

CATERINA. Una bellissima donna, immagino.

ALFONSO. (guardandola e pensandoci un attimo) … insomma.

CATERINA. Che voglio pretendere da uno come te che non fa altro che vedere solo numeri! Ah, ma stai attento Alfonso, ci potrebbe essere ancora qualcuno che mi potrebbe trovare attraente e giovanile.

ALFONSO. Giovanile? Alla tua età!

CATERINA. Come ti permetti! Io sono giovane dentro e anche fuori!

ALFONSO. Senti, miss “Bellezza Senior”, o forse dovrei chiamarti miss “Bellezza Junior” a questo punto, sbrigati altrimenti perderemo il bus (e si allontana fino ad uscire di scena al centro).

CATERINA. Che maleducato! (ricordandosi della lettera) Per fortuna che in giro ci sono ancora dei gentiluomini. Come ad esempio Enrico. Enrico, una persona dolcissima che sa notare le mie qualità. Come dice nella lettera? (e prende la lettera dalla borsetta) “Cara Caterina, da quando i tuoi occhi meravigliosi hanno incrociato i miei, non fanno che cercarti ovunque vada. Il mio cuore palpita ad ogni pensiero per te ed io non vedo l’ora che arrivi…

ALFONSO. (dal fondo) … Il bus! Sbrigati Caterina altrimenti ci toccherà prendere il 22!

CATERINA. (mettendo via la lettera. Scocciata) Arrivo, arrivo! Sempre il solito! (ed esce di scenda dal fondo).   

SCENA VI

Nicola e Valeria

NICOLA. (entrando dal condominio da destra) Valeria, come mai tanta eleganza oggi? Per il luogo dove dobbiamo andare, non mi sembra il caso.

VALERIA. (entra in scena vestita molto elegante e molto scollata e con il cappello) Caro, potrebbe sembrare non adatto per andare in farmacia ma non si sa mai chi si può incontrare.

NICOLA. Chi vuoi incontrare se non le solite persone!

VALERIA. Magari ci potrebbe essere qualcuno di nuovo, per esempio… Enrico.

NICOLA. Enrico? E chi è Enrico?

VALERIA. Nessuno. Ho detto il primo nome di persona che mi è venuto in mente.

NICOLA. Volevo ben dire! Ma devi proprio uscire conciata così? Io fossi in te mi metterei, non so, un dolcevita per esempio.

VALERIA. Un dolcevita sopra questo splendido abito!? Non farmi ridere!

NICOLA. Potresti buscarti un terribile torcicollo!

VALERIA. Il torcicollo alla mia età? Credo tu stia sbagliando diagnosi questa volta caro.

NICOLA. Difficilissimo cara! Alla tua età, se non ci si copre bene la cervicale, sono dolori.

VALERIA. Forse ti stai dimenticando che io, non ho la tua età. Io sono una signora ancora… piacente.

NICOLA. (guardandola) Piacente…

VALERIA. Nicola, ora stai esagerando.

NICOLA. Stavo solo scherzando Valeria. Da qualche giorno non fai altro che guardarti allo specchio e vestirti e svestirti prima di uscire.

VALERIA. E che c’è di male?

NICOLA. Nulla, se non fosse che a causa tua arriviamo in ritardo dappertutto.

VALERIA. Se non ti va bene come mi vesto, è un problema tuo, non mio caro. Io sono una donna e devo valorizzarmi.

NICOLA. (sbuffando) Quando sua altezza reale pensa di esser degna di accompagnarmi in farmacia, me lo faccia sapere. Io, l’aspetto al cancello (ed esce dal fondo)

VALERIA. Che zoticone! Come si fa a non capire quanto è importante la bellezza in una donna! (ricordandosi della lettera) Ma Enrico si. Lui si che apprezza le cose belle… come me. Come diceva a metà nella lettera… (prende la lettera dalla borsetta) “La tua bellezza mi ha incantato ed io ora vivo soltanto col pensiero di incontrarti e poter ammirare di nuovo il tuo modo di essere perché…” (viene interrotta dal marito che urla dal cancello)  

NICOLA. …Ha incominciato a farmi male il piede. Ti sbrighi Valeria!

VALERIA. (arrabbiata) Vengo, vengo. Che poeta ho sposato! (ed esce di scena dal fondo).

SCENA VII

Eldorado e Bianca

EDORADO. Sai che non ho ancora capito questo tuo cambiamento? E pure di libri ne leggo molti …

BIANCA. (entra vestita di azzurro o giallo) Caro fratello, la  vita di ognuno di noi è più di un libro.

EDORADO. La tua vita, scusa Bianca, ci starebbe anche su un opuscoletto.

BIANCA. Come ti permetti di offendermi in questo modo? Non sono forse io che mi prendo cura di te?

EDORADO. Dicevo solo così per dire…

BIANCA. Stai attento allora a quello che dici, perché d’ora in avanti si potrebbe aprire una nuova pagina su di me. O meglio, inizierà un nuovo libro sulla mia vita. Potrei anche non rimanere nubile ancora a lungo.

EDORADO. Ancora con questa storia! È mai possibile che qualsiasi discorso che si faccia da alcuni giorni a questa parte, tu vada sempre a finire lì? Se nessuno ti ha voluta da giovane, chi ti vorrà ora?

BIANCA. Carissimo Edoardo, la nuova Bianca, ti lascerà presto purtroppo. La nuova Bianca d’ora in avanti indosserà solo abiti che possano accompagnare la luna, il sole, il cielo. (e gira su se stessa)  

EDORADO. Non ricomincerai ancora con questa storia! Io ti aspetto fuori. Quando hai finito, io sono la che ti aspetto per accompagnarti in biblioteca. (ed esce dal fondo).

BIANCA. Fratelli! Pensano sempre che l’età conti sempre e dappertutto! (ricordandosi della lettera) Il mio Enrico si che mi vede sotto un’altra luce. Come diceva alla fine della lettera: “Stella del cielo che tu sei, i miei sogni sono sempre concentrati su di te, te sola o mia splendida creatura del cielo”. Che parole celestiali ha usato, sembrano uscite dalla… (viene interrotta da Edoardo che la chiama dal cancello)  

EDORADO. “Biblioteca”, ti ricorda qualcosa? Ti sbrighi!?

BIANCA. Arrivo, arrivo! Che Angelo di fratello ho! (ed esce di scena dal fondo).

SCENA VIII

Vittorio, Caterina, Valeria e Bianca

VITTORIO. (rientrando dal fondo. Verso il pubblico) Avete visto l’effetto che hanno fatto le mie lettere? Sono tutte e tre letteralmente cambiate. E non è finita! Farò in modo che incontrino il loro amato Enrico e … (si sentono le voci delle tre donne dal di fuori del cancello)

CATERINA. (fuori scena) Anche voi eravate uscite?

VITTORIO. Ma che fanno già qui?! Fra poco, ho un appuntamento qui con Tommaso… Speriamo vadano via presto! (ed va a nascondendosi dietro un albero a sinistra)

VALERIA. Si, con mio marito. Ma questa è proprio l’ultima volta. Che figuracce mi fa fare!

BIANCA. Mio fratello non lo sopporto più!

CATERINA. Ti regalo il mio Alfonso allora! (guardandole bene) Bianca, Valeria, come siete vestite! Che… eleganza!

BIANCA. Ma anche tu Caterina che cambiamento!

VALERIA. Bianca come mai così… così… solare!

BIANCA. (non sa che dire) Ma, sai, ogni tanto… bisogna cambiare… (fra se) E se dicessi loro della lettera? No, non posso, sarebbero solo gelose!

VALERIA. Caterina, non ti avevo mai vista così elegante! A cosa si deve a questo cambiamento?

CATERINA. (non sa che dire) A nulla…

VITTORIO. (da dietro l’albero a sinistra) Che aspettano ad andarsene accidenti! Fra poco arriva Tommaso e se mi vedono con lui, saranno guai seri per me!

CATERINA. Anche tu Valeria sei così diversa… (fra sé) E se dicessi loro della lettera? No, meglio di no, mi invidierebbero e basta!

VALERIA. (non sa che dire) L’ho fatto è solo per far prendere un po’ d’aria ai miei abiti. (fra sé) Figurati che ti dico della lettera!

VITTORIO. (sempre più in ansia) E andatevene che fra poco arriva Tommaso…

BIANCA. Fa un caldo oggi, che dite se saliamo da me a bere qualcosa?

VITTORIO. Ecco brave, andate, andate a bere qualcosa…

CATERINA. Volentieri… (e si incamminano tutte e tre verso l’entrata del condominio)

VITTORIO. (uscendo un poco alla volta) Meno male… (poi girandosi dietro verso l’entrata vede che entra Tommaso) Oh, ecco Tommaso che arriva. (non si accorge che però le tre donne non entrano subito nel condominio ma si fermano ancora un attimo fuori).

TOMMASO. Ciao Vittorio. Che mi dici allora? È andato tutto bene?

BIANCA. Fermatevi. Ho qualcosa nella scarpa che mi da fastidio… (e si mette a sedere sulla panchina al di fuori del condominio)

VALERIA. Non parlarmi di scarpe perché non so dove butterei le mie… (e si siede)

CATERINA. (sedendosi anche lei) E’ dura cambiar vita… oh, guardate, c’è Vittorio con Tommaso.

VITTORIO. Tutto ha funzionato alla perfezione! Quelle tre si sono tutte innamorate di Enrico.

Intanto le tre ascoltano il tutto attentamente e ad ogni frase si meravigliano di ciò che sentono.

TOMMASO. Enrico? E chi è questo Enrico?

VITTORIO. Ma sono io, no? Io sono Enrico! (intanto le donne ascoltano e iniziano ad infuriarsi) Devi sapere Tommaso che le tre lettere che hai consegnato loro erano tutte uguali e scritte da me!

TOMMASO. Ho capito! Le hai voluto prendere in giro?

VITTORIO. Altro che prendere in giro, questa volta ho superato me stesso! Ho fatto credere a tutte e tre che avevano uno spasimante e che aveva scritto a ciascuna una lettera d’amore!

A questo punto, si vede che le donne si alzano più che furiose e inveiscono contro Vittorio.

CATERINA. Che cosa hai fatto?

BIANCA. Tu, tu, sei Enrico? E io che credevo di potermi finalmente sposare… ora ti faccio vedere io (e si rincorrono tutti sul palco)

VITTORIO. Non è così, c’è stato un equivoco… (e scappa con Tommaso)  

VALERIA. Vigliacco che non sei altro! Questa volta me la paghi…

CATERINA. Canaglia e mascalzone, prendere in giro tre donne alla nostra età!

VITTORIO. Ma non eravate giovani fino a poco tempo fa?

VALERIA. Disgraziato taci, che mi hai fatto litigare col mio Nicola… (sempre rincorrendosi)

TOMMASO. E io che centro?

FINE SECONDO ATTO

ATTO TERZO

SCENA: Come le altre.

SCENA I

Barbarella, Vittorio, Nicola, Alfonso e Edoardo

Scena vuota.

BARBARELLA. (esce dal condominio a destra. Si ferma e aspetta ) Allora, arrivi papà?

VITTORIO. (esce dopo un attimo dal condominio a destra. È molto triste) sto arrivando Barbarella… (dopo un attimo, arrivano dietro lui i suoi amici: Nicola, Alfonso e Edoardo che gli portano le valigie)

EDOARDO. Come pesano queste valigie Vittorio!

NICOLA. Di che le hai riempite?

ALFONSO. Ci avrà messo dentro tutti i suoi scherzi voglio sperare, vero Vittorio?!

VITTORIO. No, gli scherzi li ho lasciati tutti sparpagliati in giro, così non sentirete la mia mancanza.

EDOARDO. (impaurendosi) Non starai dicendo sul serio vero?

VITTORIO. Esatto.

BARBARELLA. Papà, la vuoi smettere di prenderli in giro? A quanto pare è ancora il tuo passatempo preferito.

NICOLA. Non importa Barbarella. Ormai non lo potrà più fare con noi.

VITTORIO. (triste) Barbarella io non capisco come puoi portarmi via da qui, un posto così comodo e bello.

NICOLA. Comodo e bello, adesso non esageriamo Vittorio! (con ironia) Cosa darei io per andarmene…

VITTORIO. Silenzio voi. Traditori!

EDOARDO. (con ironia) Noi? Ma questo è un condominio di vecchi. Invece tu andrai dove c’è tanta gioventù.

BARBARELLA. Hai visto papà, te lo dicono anche i tuoi amici che con me starai meglio che qui.

VITTORIO. Begli amici ho. Non vedono l’ora di liberarsi di me!

ALFONSO. Che dici Vittorio! Noi ti vogliamo bene e lo sai. (con ironia) Ma se tua figlia preferisce averti con te, noi come possiamo opporci?!

NICOLA. (con ironia) Giusto. Chi siamo noi per opporci?

EDOARDO. Una figlia è più importante degli amici?

VITTORIO. Siete tre…

BARBARELLA. (interrompendolo subito) Papà smetti di insultare queste persone per bene che vogliono solo il meglio per te.

VITTORIO. (con ironia) Si vede!

NICOLA. E per dimostrarle quanto vogliamo bene a Vittorio, siamo disposti anche a portar le valigie in auto. Sempre che lei sia d’accordo ovviamente.

BARBARELLA. Grazie. Siete molto gentili. Come puoi dire che non ti vogliono bene!

VITTORIO. Altro che bene! Se potessero mi accompagnerebbero addirittura dentro casa tua! (mentre i tre stanno uscendo dal fondo con le valigie) Begli amici!

BARBARELLA. Dai papà, stai esagerando ora!

VITTORIO. Barbarella, io non voglio venire a casa tua. Io mi trovo bene qui.

BARBARELLA. Te l’ho spiegato tante volte papà! Ormai tu non sei più tanto giovane e non puoi vivere da solo. Ho paura che ti possa succedere qualcosa. Se ne vedono tante alla tv.

VITTORIO. E perché tu guardi la tv?! Non la guardare!

BARBARELLA. Dai papà, sii serio per una volta!

VITTORIO. (facendosi serio) Sono serio Barbarella. I miei ultimi giorni li vorrei vivere come voglio io. Vorrei poter avere ancora un pò di libertà finché me la posso permettere. Capisci?

BARBARELLA. Benissimo papà. Ma io non ti voglio più lasciare solo. E se ti sentissi male e non ci fosse nessuno vicino a te? Non me lo perdonerei mai. (rientrano i tre amici)

VITTORIO. (con ironia) Oh, ecco che arrivano i miei amici fraterni.

NICOLA. Tutto a posto Barbarella. L’auto è pronta per partire.

VITTORIO. Mi dispiace amici, ma non si parte più!

NICOLA. ALFONSO. EDOARDO. Come?

BARBARELLA. Si che si parte. Mio papà ha voluto di nuovo scherzare.

EDOARDO. (con ironia) Per l’ultima volta vero Vittorio?

VITTORIO. (Guarda tutti e tre i suoi amici) Andiamo Barbarella, sono pronto.

BARBARELLA. Non li saluti i tuoi amici?

VITTORIO. (molto triste) Certo. Ciao ragazzi, a presto!

ALFONSO. Si si a presto. (felice) Ciao Vittorio.

EDOARDO. (felice) Buon viaggio Vittorio.

NICOLA. (felice) Ciao… e pensaci qualche volta!

BARBARELLA. Grazie a tutti. Vi verremo a trovare presto! (mentre stanno uscendo dal fondo)

ALFONSO. Si, ma fate pure con comodo… (sono usciti)

EDOARDO. Se ne è andato! Evviva!

NICOLA. Evviva, ci siamo liberati una volta per tutte di Vittorio!

ALFONSO. Ora si che vivremo in pace! Potremo fare ciò che ci piace senza dover stare attenti ai suoi stupidi scherzi.

NICOLA. (ridendo) Si, stupidi scherzi e per nulla originali.

EDOARDO. Avete proprio ragione, anche se ricordo che qualche scherzo simpatico a te Nicola lo aveva fatto.

NICOLA. A me? Tutta roba da poco.

ALFONSO. Ha detto giusto Edoardo invece. Anch’io ricordo uno scherzo simpatico che Vittorio ti aveva fatto.

NICOLA. A me? Vi state sbagliando sicuramente.

ALFONSO. E no caro Nicola, ricordo perfettamente: quando ti sei lamentato per uno dei tuoi innumerevoli e infiniti mali e lui ti aveva preso in giro alla grande. E tu gli avevi creduto!

EDOARDO. (ridendo) Hai ragione Alfonso, è la storia del dolore  al nervo vero?

ALFONSO. Esatto. Ti ricordi quando ti faceva la gamba e dicevi che non riuscivi più a camminare a causa di un dolore al nervo sciatico? Invece Vittorio ti ha convinto che nella gamba c’era il nervo ottico?!

NICOLA. E quello sarebbe stato uno scherzo interessante?!

EDOARDO. (con ironia) Peccato però che tu abbia voluto farti visitare da un oculista per il nervo sciatico!

NICOLA. (volendo cambiare discorso) Quello che è stato è stato. Vittorio ora non c’è più e noi potremo tornare alle nostre attività di quando Vittorio non c’era.

EDOARDO. Giusto! Io, ritornerò a fare quello che facevo l’anno scorso! E cioè… e cioè…

ALFONSO. Anch’io tornerò ad essere l’Alfonso di una volta. Tutto tornerà come prima dell’arrivo di Vittorio.

NICOLA. La mia salute ora ne gioverà sicuramente. Niente più paure e timori per nulla.

SCENA II

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina e Bianca

VALERIA. (entrando dal condominio da destra lentamente) Se ne è andato?

NICOLA. Certo che se ne è andato! Siamo liberi come l’aria!

CATERINA. (entrando dal condominio da destra) Davvero se ne è andato?

BIANCA. (entrando dal condominio da destra) Ne siete sicuri sicuri?

EDOARDO. Sicurissimi Bianca, abbiamo messo noi le sue valigie in auto!

CATERINA. VALERIA. BIANCA. Evviva! (le tre donne urlano e ballano di gioia)

CATERINA.Su, venite a casa mia a festeggiare!

ALFONSO. Si si, venite da noi che festeggiamo la fine degli scherzi di Vittorio! (e tutti e sei cantando e ballando rientrano nel condominio a destra)

SI ABBASSANO LE LUCI E SI LASCIA LA SCENA LA SCENA VUOTA PER CIRCA 10 SECONDI. POI SI RIACCENDONO TUTTE LE LUCI.

SCENA III

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina e Bianca

Le tre donne rientrano in scena e vanno a sedersi su una panchina. Quando iniziano a parlare entrano i loro tre uomini che vanno a sedersi su un’altra panchina un po’ distante da loro. Sembrano tutti un po’ tristi.

 

CATERINA. (Non molto convinta) Così è passato un mese senza Vittorio. Ci credete amiche, un mese senza i suoi scherzi. Che pace!

BIANCA. (Non molto convinta) Un mese di tranquillità, un mese senza paura di quello che ci poteva succedere…

VALERIA. (Non molto convinta) Un mese senza Vittorio… Che serenità ha regnato.

EDOARDO. (Non molto convinto) Che vita, senza Vittorio nemmeno una mosca si sente volare.

ALFONSO. (Non molto convinto) Trenta giorni di quiete. Sono trenta o sbaglio?

NICOLA. (Non molto convinto) Per la precisione trenta giorni e due ore. Tanto tempo senza che nulla succeda.

VALERIA. Devo dire che… c’è troppa pace!

BIANCA. Si, è vero Valeria, troppo tanta tranquillità! Vittorio, pensandoci bene, non era poi così malvagio. Tutto sommato non si stava così male quando c’era lui.

CATERINA. Certo, al di là di qualche scherzo innocente, non faceva nulla di pericoloso. Anzi.

VALERIA. È vero, non era poi così mascalzone. A lui piaceva divertirsi come a noi dopotutto, vero?

BIANCA. CATERINA. Certo!

NICOLA. Devo ammettere che questi giorni senza di lui, non sembrano non passare più.

EDOARDO. Dopotutto si stava abbastanza bene anche quando c’era Vittorio se ci pensiamo bene. In realtà era un brav’uomo…

ALFONSO. Infatti. Lui era solo un tipo divertente e non faceva nulla di male. Anzi!

VALERIA. (si lascia andare alla tristezza) Diciamolo chiaro amiche, quando c’era Vittorio avevamo qualcosa da fare, qualcosa a cui pensare. Ripenso spesso a tutte le volte che avrei voluto mandarlo all’inferno dopo l’ennesimo scherzo. Che gioia in quei momenti.

BIANCA. (si lascia andare alla tristezza) È vero Valeria. La sua simpatia, i suoi scherzi ci facevano vivere. Ricordo ancora quando mi faceva arrabbiare e mi veniva voglia di ucciderlo. Che felicità solo al pensiero.

CATERINA. (si lascia andare alla tristezza) Lui ci teneva vive con i suoi scherzi. Ora non sappiamo più come passare le giornate. Come potremo andare avanti così…

ALFONSO. (si lascia andare alla tristezza) Ora i giorni senza di lui non sembrano passare più. Mi sembra di non aver più nulla da fare. Ricordo ancora quella volta che mi aveva fatto credere che avevo vinto alla lotteria e io sono andato subito in ricevitoria a riscuotere. Avevo già pagato da bere a tutti quando invece era uno dei suoi soliti scherzi! Che gioia solo al pensiero di quel momento!

EDOARDO. (si lascia andare alla tristezza) Passo il tempo solo a leggere da quando non c’è più Vittorio! Non ce la faccio più! La vita è vuota senza di lui. Ricordo ancora quando mi strappava le pagine finali dei libri che leggevo. Allora si che ero felice!

NICOLA. (si lascia andare alla tristezza) Vittorio era tutto per noi. Ci faceva trascorrere le giornate in allegria, scacciando i pensieri della vecchiaia. Ci riempiva le giornate. Ricordo bene quando mi disse che in tv avevano detto che il premio Nobel per la medicina l’avevo vinto io. Feci mille telefonate in Svezia per la conferma, invece alla fine si rivelò un suo scherzo. Quella volta pagai il triplo della bolletta telefonica che ero solito pagare. Che bei tempi!

SCENA IV

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina, Bianca e Barbarella

BARBARELLA. (entra dal fondo. Si vede che è preoccupata) Buongiorno.

ALFONSO. Buongiorno Barbarella. C’è Vittorio?

NICOLA. È venuto anche Vittorio?

BARBARELLA. No, non c’è Vittorio, state tranquilli. Non vi disturberà più con i suoi scherzi.

BIANCA. Veramente non ci disturbava affatto…

BARBARELLA. Siete troppo buoni con mio padre. Io sono qui appunto per parlarvi di lui.

CATERINA. (molto preoccupata) Di Vittorio?! Non gli sarà successo qualcosa!?

EDOARDO. Non dirmi che Vittorio è…. (e si fa il segno della croce) è…

VALERIA. Non dirmi che Vittorio ci ha lasciati…

BARBARELLA. Non è morto e non sta male. È solo che da quando è venuto a stare da me, non è più lui. Non ha più voglia di far nulla e non gli interessa più nulla. Sembra depresso.

Tutti e sei sono allettati dall’idea che Vittorio posso ritornare e perciò dimostrano felicità in varie occasioni verso il pubblico e lo mostrano con vari gesti. Così fino alla fine della chiacchierata con Barbarella.

EDOARDO. Vittorio depresso? Mi sembra assurdo. Vittorio è l’allegria in persona.

ALFONSO. Tu sei sicura che stiamo parlando dello stesso Vittorio?

BARBARELLA. Purtroppo si. Sono venuta qui da voi nella speranza che mi possiate aiutare dato che voi lo conoscevate molto bene. Cosa può essergli successo?

VALERIA. Cara Barbarella, lo so io il motivo! Lo hai strappato dal luogo in cui lui voleva vivere, dai suoi affetti più cari, dalla sua libertà.

NICOLA. È vero, la medicina oggi dice che… per guarire e ritornare la persona che si era prima, si deve tornare nel luogo in cui stava bene.

EDOARDO. Verissimo Nicola. Ho letto vari libri in merito e tutti concordavano che non si può sradicare un albero dal terreno in cui è cresciuto.

BIANCA. Anch’io ho letto quei libri… e non si poteva sradicare il terreno dall’albero… perché il terreno poi si sradicava… come ha detto mio fratello insomma.

BARBARELLA. Ne siete sicuri?

ALFONSO. Altro che sicuri! Questa notte ho sognato il numero 88 e sai che significa?

BARBARELLA. No, non lo so.

CATERINA. Io lo so, è facile. Gli occhiali del Papa!

ALFONSO. (la guarda un po’ male) Il significato del numero 88 è: un ritorno! È Vittorio che torna qui. I numeri non mentono mai.

BARBARELLA. Non potrei mai farvi una cosa del genere proprio ora che vi siete liberati di lui e dei suoi scherzi.

EDOARDO. Cara Barbarella, ma non erano così malvagi i suoi scherzi…

BARBARELLA. Non posso chiedervi tanto. Ricordo molto bene la felicità sui vostri visi il giorno che ho portato a casa mia mio padre.

BIANCA. (Verso Edoardo sottovoce) Che ti è saltato in mente allora… (verso Barbarella) Non devi preoccuparti Barbarella, noi… noi… ci sacrificheremo per aiutarti. Vero amici? (verso tutti gli altri)

VALERIA. Ma certo!

NICOLA. Sarà il più bel sacrificio che farò!

EDOARDO. Aiutare gli altri è il mio secondo nome!

ALFONSO. Adoro fare del bene alle persone amiche!

CATERINA. Sarà un onore poterti aiutare invece!

BARBARELLA. Non credo di poter approfittare della vostra gentilezza.

NICOLA. (alzando la voce perché a paura che Vittorio non ritorni) Ma certo che deve approfittare di noi!

EDOARDO. Siamo noi che te lo chiediamo in nome dei vecchi tempi.

ALFONSO. Portaci Vittorio e stai tranquilla che tutto si risolverà al meglio.

BIANCA. Si, portaci Vittorio e guarirà subito Barbarella…

BARBARELLA. (guardandoli perché pensa che tutti si stiano aspettando un si) Sbaglio o mi state pregando di portarvi Vittorio.

TUTTI. Noi?

VALERIA. Non lasciarti trarre in inganno dalle apparenze. Noi vogliamo solo… (e chiede aiuto agli altri)

NEL FRATTEMPO DAL FONDO SI VEDE VITTORIO CHE ENTRA E APPENA SCORGE SUA FIGLIA E GLI ALTRI TORNA INDIETRO, MA VIENE VISTO DA BARBARELLA.

SCENA V

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina, Bianca, Barbarella e Vittorio

BARBARELLA. Papà, che ci fai qui! (Vittorio finge di non sentire e non entra. Anche gli altri si voltano) Dai papà che ti ho visto. Vieni qui subito. (Vittorio entra piano, sembra stanco. Appena gli amici lo vedono entrare lo salutano e sono felici che sia tornato).

ALFONSO. Ciao Vittorio, bentornato (e si abbracciano) VITTORIO. Come bentornato?

NICOLA. Si insomma, bentornato. È una frase di circostanza.

EDOARDO. Barbarella ci raccontava che non sei in forma ma qui so che ritornerai come prima.

VITTORIO. (stupito) Qui?

BARBARELLA. Avrei voluto farti una sorpresa a casa, dicendoti che avevo deciso di farti ritornare a vivere con i tuoi amici. Ma la sorpresa l’hai fatta tu a me, a quanto pare.

CATERINA. Cosa vuoi che sia Barbarella…

VITTORIO. (Non sa come spiegare il suo arrivo) Stavo camminando e camminando… e… mi sono trovato da queste parti… (sbalordito e non più stanco) Cosa? Vengo ad abitare di nuovo qui?

BARBARELLA. Papà, ero molto preoccupata per la tua salute e ho chiesto aiuto ai tuoi amici che ti conoscono meglio di me. E loro mi hanno consigliato che la cura migliore per te sarebbe tornare a vivere dove sei sempre stato. Cioè qui.

VITTORIO. Ma voi, (verso i suoi amici) non siete arrabbiati con me?!

VALERIA. Non devi più preoccuparti per i malintesi che ci sono stati.

BIANCA. Noi ce ne siamo già dimenticati.

VITTORIO. Davvero non mi portate rancore?

ALFONSO. Macchè rancore, è tutto passato. Che dici Barbarella se vengo io a prendere i bagagli di Vittorio?

VITTORIO. Voi volete che io venga ad abitare ancora qui vicino a voi?

EDOARDO. Certo, è solo per la tua salute, capisci?

VITTORIO. (Vittorio li guarda e capisce che c’è sotto qualcosa) Capisco…

NICOLA. Per non veder soffrire la tua Barbarella! Allora che fai?!

VITTORIO. (guarda i sei in silenzio. Si vede che sono tutti sulle spine per la sua risposta) Se accadesse che io non stessi tanto bene?

NICOLA. Non ci sono forse io che ho studiato medicina?

VALERIA. Il mio Nicola ti curerebbe e io ti farei da infermiera….

VITTORIO. (Guarda di nuovo i sei in silenzio) Se avessi bisogno di assistenza anche di notte?

BIANCA. Veglierei io su di te con mio fratello. Vero Edoardo?

EDOARDO. Certamente Bianca! Così magari se mentre dormi ti scappasse qualche numerino…

VITTORIO. (Guarda di nuovo i sei in silenzio) Se io finissi seduto su una sedia a rotelle?

ALFONSO. Oh ma, proprio tutte a te dovranno capitare? (Caterina sgomita Alfonso che prosegue) … E se sarai su una sedia a rotelle ti porterò con me in biblioteca a leggere.

CATERINA. E io vi accompagnerò. Vedi Barbarella che sarebbe in ottime mani!?

BARBARELLA. Lo so, non avevo nessun dubbio che voi siete della persone per bene.

TUTTI E SEI. Che dici?

VITTORIO. (Guarda di nuovo i sei in silenzio. Dopo un attimo si vede che è ritornato stanco. Ovviamente sta fingendo) Grazie amici miei, ma io ormai mi sento tanto stanco e tanto vecchio. La mia vita io l’ho vissuta intensamente con voi ma ora è giunto il momento di riposare per me. E lo farò a casa di mia figlia Barbarella come è giusto che sia.

NICOLA. (Molto preoccupato) Vittorio non dire così. Noi ti aiuteremo a metterti in sesto…

ALFONSO. (Molto preoccupato) Certo! Poi tornerai come prima…

EDOARDO. (Molto preoccupato) Meglio di prima con il nostro aiuto!

BARBARELLA. Papà…

VITTORIO. Grazie, grazie a tutti, ma queste sono le mie ultime volontà. Lasciatevi abbracciare un ultima volta (e abbraccia i suoi sei amici che stanno quasi per piangere. Vittorio senza farsi accorgere, sulla schiena di ognuno mette un biglietto con scritto: VE L’HO FATTA DI NUOVO). Andiamo Barbarella. (Ed escono dal fondo salutando i sei) Ciao atutti. Siate felici.

EDOARDO. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Ci mancherai!

CATERINA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Ti penseremo!

ALFONSO. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Abbi cura di te!

BIANCA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Vieni a trovarci!

VALERIA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Sarai sempre nei nostri cuori!

NICOLA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Ti aspetteremo sempre!

CATERINA. (Quasi piangendo). E adesso che faremo?

ALFONSO. (Quasi piangendo). Un altro mese così e io impazzirò…

EDOARDO. La nostra vita senza gli scherzi di Vittorio non ha più senso… (e si gira in modo che Bianca veda il biglietto dietro la schiena).

BIANCA. (Smettendo di piangere) Edoardo, fammi vedere?! Che hai dietro la schiena!?

EDOARDO. Io ?

BIANCA. Che cos’è questo biglietto? (le si avvicina anche Caterina. Bianca glielo toglie)

VALERIA. ( si accorge che ce l’ha anche Nicola) Ma anche tu Nicola hai qualcosa dietro la schiena! (E lo toglie)

NICOLA. (Si accorge che ce l’ha anche Alfonso) Anche tu Nicola! (e va a controllare anche Valeria, Bianca e Caterina. Ognuno alla fine ha in mano il proprio biglietto)

TUTTI E SEI. (Leggono assieme) VE L’HO FATTA DI NUOVO. (Alzano lo sguardo dal biglietto e si guardano. Sorridono perché capiscono che è uno scherzo di Vittorio. Sono felici ora). Vittorio! È tornato il nostro Vittorio! Grazie Vittorio! Evviva Vittorio!

VITTORIO ENTRA IN SCENA DAL FONDO CON BARBARELLA E ABBRACCIA GLI AMICI

SIPARIO

 

  

AUTRICE

GIUSEPPINA CATTANEO

http://copioni.dnsalias.org/  

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

TITOLO

L’INDISPENSABéL

VITORIO

COMMEDIA DIALETTALE

 IN TRE ATTI

TRAMA

È in un condominio che il “simpatico” e generoso Vittorio svolge la sua attività preferita: fare scherzi. I suoi coinquilini sembrano infastiditi dal suo comportamento, fino a quando… la figlia non deciderà di occuparsi di lui. Sarà allora che si sentirà la sua mancanza. E il suo ritorno sarà acclamato a gran voce.

Personaggi

VIToRIO

NICOLA VILLORE marito di Valeria

VALERIA moglie di Nicola

EDOARDO MARETTI fratello celibe di Bianca

BIANCA sorella nubile di Edoardo

ALFONSO BERINI marito di Caterina

CATERINA moglie di Alfonso

TOMASO postino

BARBARELLA figlia di Vittorio

ATTO PRIMO

SCENA: modesto e piccolo giardino con panchine. Giardino dipinto dietro lo sfondo. A destra l’entrata del condominio Papaveri. Una panchina anche vicino l’entrata. In fondo al centro, entrata nel giardino del condominio.

SCENA I

Nicola

Scena vuota.

NICOLA. (entrando da destra, cioè uscendo  dal condominio Papaveri. È molto preoccupato) Ed adèss còsa foi? E se al völès copam? E perché al gavrès de fal? An sè sèmpèr istacc isse di brai amis! (e si rilassa un attimo) E po’ dòpo al so mìa perché a ma sa preòcupe isse tat… me a o facc negot! Ol Vitorio al ma dicc che l’Alfonso alè gnèc con me… e capese mìa ol perchè… (pensando) E se al födèss gnèc perché a go facc vèns adoma ün’ ambo al zöc dèl lòt, e magare lü al völia èns ü tèrno sèc? Ma còsa pödie fa se a ma son sognat adoma du nömèr e mìa trì! (pensandoci un attimo) E no è! Se al födèss pròpe isse, a so me che a so gnèc con lü adèss! A faga dèl be!  A l’ispetero che! (si siede sulla panchina più a sinistra).

SCENA II

Nicola e Alfonso

ALFONSO. (entrando da destra, cioè uscendo sempre dal condominio Papaveri. È molto preoccupato) E ades còsa foi ? E se al völès copam? (si ferma subito dopo averlo visto seduto e gli gira la schiena. Fra sè) A dallà! Ma còsa pöde iga facc dèsse trèmèndo!? Ol Vitorio al ma dicc che agglà sö con me! A capese mìa còsa pöde iga facc... e se al födèss che… o mìa ciapàt inconsiderasciù la sò diagnosi söl me fioresèm de setimana pasada? Al mera diagnosticat la scabbia ma al pödìa mia èss perché al sarà almeno des agn che ando mìa al mar! (pensandoci un attimo) Se al födèss isse, a so me che a so gnèc con lü! Dutur di me stiail! (e si gira e lo guarda minaccioso)

NICOLA. (fra sé) Che manera al ma arda isse mal? Ah alè’sse! Éco che al fo poamé alura! (e anche Nicola lo guarda minaccioso)  

ALFONSO. (abbassando lo sguardo e girandosi ancora dall’altra parte) èco che al ma arda! Ol Vitorio al ghera resù, agglà sö con me! Adèss a ga fo èt me a chèlle! Sperem be. (si gira e gli si avvicina).

NICOLA. (fra sé) A lèndre a ègnim visì. E me a go mìa pura e a ga o incuntra. Sperem be. (l’uno va incontro all’altro).

ALFONSO. A l’era ura! A sere indre a sircat…

NICOLA. E me sircae te…

ALFONSO. Ah dèlbù? E che manera a ta ma sircaèt?

NICOLA. Per ol motivo che a ta savre prèst… E te perché a ta ma sircaèt?

ALFONSO. Per o stes motivo dèl tò.

NICOLA. Bene! An sé alura!

ALFONSO. Se, an sé che. Cominsa pör te…

NICOLA. Nò nò, cominsa te…

ALFONSO. La precedensa a la sa da sèmpèr a chi a lè piö innac coi agn.

NICOLA. E che a ta sbaglièt caro mio… la precedensa a la sa da ai piö zuègn! Al sa sa mìa quat tep i ga amò a disposisciù…

ALFONSO. Ai piö zuègn! Ma al’ìsentìt! Ü mis de diferènsa an ga!

NICOLA. Ü mis alè e ü mis al rèsta caro Alfonso!

ALFONSO. (mette la mano in tasca come per prendere qualcosa).

NICOLA. (fa un balzo all’indietro come spaventato) Co…co…cosa set indre a fa… (fra sé) la pistola…

ALFONSO. A töe fò ol fasöl … (con ironia) a ta ghe de saì che notèr zuègn an sè caaissö leger e a olte al capita de ciapà sö ol fregiur. Mìa come otèr ansiani che a si caaissö infena sura dèl co chesse dòpo a ciapì sö la polmonite!

NICOLA. “Ansiano” al ma ciamat! Ü mis de diferènsa an ga!

ALFONSO. Ü mis al ghè e ü mis al rèsta caro Nicola!

NICOLA. (mette la mano in tasca come per prendere qualcosa).

ALFONSO. (fa un balzo all’indietro come spaventato) Co…co…cosa set indre a fa… (fra sé) la pistola…

NICOLA. Negot! O metìt adoma i ma in carsèla. Gavrès forse de domandat ol pèrmès?

ALFONSO. Pèrdem mìa in ciciarade e veniamo al dunquelo…

NICOLA. Giösto, veniamo al dunquelo…

SCENA III

Nicola, Alfonso e Edoardo

EDOARDO. (entrando da destra, cioè uscendo dallo stesso condominio). Adai là! (si ferma subito sulla porta dopo averli visti e gira loro la schiena. Fra sè) ada che a gliè’ndre a parlà de onda. Dèl sigür i sarà’ndre a parlà mal de me... Ma adès an do là e i mète apòst me töi’dù. Ma come i sa pèrmèt de parlam ai spale infena con töcc i condòmini! Parlà mal de me, öna persona isse… isse…isse compagn de me. A ma adès a mètero fine a töte chèste malelingue öna olta pèr töte! Pèr fürtüna ol me amis Vitorio al ma metìt in guardia de töt chèl che al söcet.

NICOLA. (vede Edoardo che si sta avvicinando) Cosa a öleral o l’Edorado!

ALFONSO. (lo vede anche lui) Al ga öna facia ün po’ gnèca, a ta sömèèl anche a te?!

NICOLA. Al ma sömèa anche a me… che… che… agglabe con notèr…

ALFONSO. Anche lù?

EDOARDO. Meno mal che a vo troat… e anche sentit…

NICOLA. (con un po’ di timore) Delbù? E esse a ta se mìa surt alura…

EDOARDO. Me, a so mìa surt pèr negot, specialmènt quando al sa parla ai me spale…

ALFONSO. E alura a ta se fürtünat caro ol me Edoardo… me dendre ai spale a ga sènte pròpe negot!

EDOARDO. Me invece a ga sènte be e a ga sènte pròpe töt. Pròpe töt!

NICOLA. (fra sé) E cosa a manterèsa a me se te a ta ga sèntèt be!

ALFONSO. (fra sé) Al ga ölia a chèsto che gnèc col mont adèss… Scolta Edoardo, me e ol Nicola an sera indre a discüt de ü laur üm po.. gròs …

NICOLA. Delbù Alfonso? A ma sere mìa nincorsìt… (con tono molto serio e un po’ arrabbiato) Ma adès che a ga pènse a go possé èrgot de dì  anche me al’Alfonso …

EDOARDO. Alura, otèr a va parlerì ma con me presènt istaolta…

ALFONSO. Scüsèm caro Edoardo ma chèl che a go de dì al Nicola a te al ta interèsa mìa. Cèrto, capese che ol giardì dèl condominio alè de töcc, ma alè talmente grant che forse…

EDOARDO. Forse ü bèl negot! Me a so che e a ma sa möe mìa de ü pas! (fra sé) Isse i sigheta a parlà mal de me… Ol Vitorio al ma dicc de stà in guardia… Otèr che al ma’nterèsa mìa!

NICOLA. A chèsto punto al ma rèsta mìa che dit, Alfonso, chèl che a go de dit, in presenza del’ Edoardo!

ALFONSO. A chèsto punto anche a me al am rèsta mìa che parlà…

EDOARDO. Dom, smöiffò a parlà! A spète mìa che chèsto. Esse a metero fine a chèste dicerie.

NICOLA. Dicerie! Alura a te saìt anche te Edoardo che o l’Alfonso…

EDOARDO. Certo! De l’Alfonso e de te! E se lè pèr chèsto anche töt ol condominio al sa…

ALFONSO. (meravigliato) Cosè? Töt ol condominio? Cioè töcc i sa chèl che ol Nicola al ga de dim?

EDOARDO. Se! Töt chèl che ol Nicola al ga de dìt e töt chèl che te a ta ghe de dì al Nicola, aglialsà töcc, compreso me. Ma adès al völe pròpe sentì coi me orègie!

NICOLA. Olèrèsèt dì Edoardo, che töcc i sa chèl che me a öle dì al’ Alfonso, quando gniamé al so mìa?

EDOARDO. Esattamente. Per forsa che a talse mìa pèrchè te, i laur de dì a t’inventèt. E adès alè ura dè finila! E me a so che pèr chèsto!

ALFONSO. Scusèm Edoardo, ma alura te a ta dighèt che töt ol condominio al sa chèl che me a go de diga al Nicola?

EDOARDO. Pròpe isse! Töt chèl che a te dicc e chèl che a ta öleret dì adès. Ma adès a ga so che me e metero fine a sto squallore! Con l’amiciscia che an ghera…

NICOLA. Còsa centrala l’amiciscia con te adès, con chèl che al söcet fra me e l’Adolfo?!

EDOARDO. Töm mìa in giro adès né! Se al ga födès mìa stacc ol Vitorio a devrim i öcc…

NICOLA. Ol Vitorio?

EDOARDO. Ol Vitorio, lü se che alè ü amis! Al ma dervìt i öcc sö otèr dù.

NICOLA. Ol Vitorio? Ma me pensae che a ta födèsèt amò gnèc con lü dòpo l’öltèm ischèrs che al ta facc!

EDOARDO. Me gnèc con lü? Giammai! Pèr chèl ischèrsetì de negot, al sé scüsat e al ma prometit che al sarès piö söcedit negot dèl gènèr e dè alura, fra de notèr a ghe nasìt ön’amiciscia prefonda. Lù adès, al ma dìs sèmpèr la erità come alè giöst che al siès. Vitorio, al parlèrès mai mal de me come èrgù che conòse…

NICOLA. (molto incuriosito) A se? Ghè ergù che al parla mal de te?

ALFONSO. (molto incuriosito) Ma delbù? E chi el?!

EDOARDO. (arrabbiato) A che aggli pròpe sö ol müs de tola né! Laur de iga ergogna! A si otèr che a parlì mal de me! Töcc du e a sidre a fal con töt ol condominio!!

ALFONSO. NICOLA. Notèr???

EDOARDO. Se pròpe otèr! E a go de ringrascià ol me amis Vitorio che alè stacc sincer con me!

NICOLA. Ma Edoardo, ada che me a so mìa’ndre a parlà mal de te. Giuro!

ALFONSO. Ma gniamé è!

NICOLA. Notèr an sé tò amis, ah regordèt piö? Come pöderès parlà mal de te… so l’ Alfonso a mètè mìa la ma söl föc pèrò…

ALFONSO. (verso Nicola) Cosa a ölerèsèt dì?! Me a o parlat mal mai de nigù in dè me eta e a comincero mìa adès dèl sigür. Ingrato de ün ingrato, arda che al so che a ta se gnèc con me pèrchè a to mìa dacc iscolt ala tò diagnosi söl me fiöresèm!

NICOLA. Me gnèc con te? Ma se a ga pènse gnac! Te invece, ingrato de ün ingrato, a to facc vèns ön ambo e te a ta se dientat gnèc con me pèrchè a ta ölièt ü terno!

ALFONSO. Me gnèc con te? Ma se a ga pènse gnac!

EDOARDO. (intervenendo vedendo che viene lasciato da parte) Scüsim né, ma anche me a so gnèc con votèr dù…

NICOLA. Edoardo. Dòpo. (verso Alfonso) Ölerèsèt forse dì che a ta se mìa gnèc con me per ol tèrno?

ALFONSO. Ma cèrto! Me, a so stacc contentissimo del’ambo!

EDOARDO. (intervenendo ancora) Scüsim nè, ma so me a ès gnèc con votèr du…

ALFONSO. Scüsa Edoardo. Dòpo. (verso Nicola) Ma chi al ta metìt in dèl co töt chèsto?!

NICOLA. Ol me amis ol Vitorio al ma dicc che te a ta serèt gnèc con me!

ALFONSO. Anche ol me amis ol Vitorio al ma dicc che te a ta serèt gnèc con me pèrchè a go mìa dacc iscolt ala tò scabbia!

NICOLA. ALFONSO. (in segno di indignazione) VITORIO!

NICOLA. Ol solèt Vitorio!

ALFONSO. E pèr fürtüna al ghera prometìt che a l’avrès dèsmetìt coi sò schèrz!

EDOARDO. Scüsim, ma me, a so sèmpèr gnèc con votèr!

NICOLA. A ma dicc negot de mal sö de te, Edoardo!

EDOARDO. Ma se ammla dicc ol Vitorio!

NICOLA. E al ta tölt in giro amò Edoardo! Nigù al parla mal de te! Alè sèmpèr ol solèt Vitorio!

SCENA IV

Nicola, Alfonso, Edoardo e Vitorio

Vittorio entra dal fondo e non si accorge dei tre.

NICOLA. Chèlle al ga rìa mìa a campà sènsa i sò schèrs!

EDOARDO. E me che a credie la födès nasida öna… nöa amiciscia…

ALFONSO. Ada, ada che al rià… dai che a mal ciapa… (e fanno per prenderlo quando Vittorio si accorge e tenta di scappare, ma invano).

VITORIO. Ma cosa al söcet, cosa ölì de me! Me a o facc gna negot! 

NICOLA. E a ta ghe anche ol coragio de cöntasö i bale…

EDOARDO. Traditür de ü …

VITORIO. Edoardo daga mìa rèta a chilé, lur, i ta öl mìa be compagn de me…

EDOARDO. E me che a credìe de i troat ü vero amis…

VITORIO. Ma piö che amis Edoardo…

ALFONSO. Bel’amis che a ta se… cöntasö bale pèr faga tecabega… ma a san vergnognèt mìa?!

NICOLA. An sé stöf di tò schers…

VITORIO. Stöf, sinonimo di stanchi! Stanchi è una parola che non si addice a gente di spirito come voi! Come potete pensare che io vi abbia voluto fare uno scherzo!? Io, Vittorio, illustre uomo di scienza in pensione che ha solo cercato di fare un esperimento al limite della suscettibilità…(li guarda sperando si siano calmati)

NICOLA. Èco che al cominsa coi sò frasi contòrte.

EDOARDO. (verso Nicola e Alfonso) Cosa ölèl dì ol Vitorio!?

ALFONSO. E chi a glià capes quando al parla isse… Vitorio, a ta ghe de mocala….

VITORIO. Mocala, sinonimo di smettere! Smettere è una parola che non si addice a gente di spirito come voi! Io, Vittorio, lo studioso in pensione sempre cercando di acquisire la conoscenza del comportamento degli esseri umani nelle più svariate situazioni…

NICOLA. Vitorio, mochela de töga amò in giro.

VITORIO. Giro! Giro è una parola che non si addice a gente di spirito… (viene interrotto)

NICOLA. EDOARDO. ALFONSO. Vitorio!!!!

VITORIO. (capendo che deve arrendersi) O capìt, o capìt, va be, a desmète! Adesso a pode piö gniac a parlà come a öle …

EDOARDO. (con tristezza) Perchè Vitorio a me facc chèsto?

VITORIO. Ma a capesèt mìa Edoardo che lo facc pèr ol tò be? Te, a ta se sèmpèr istacc tat, tròp bù! E ergot de nöf in de tò eta!

EDOARDO. Quindi tegabega coi me coinquilì al ta sömeaa ol laur piö giöst de fa?

NICOLA. Al val anche per me e l’Alfonso? 

ALFONSO. A so po’ curiüs de sènt ol perché. Sentem… dai, di pör Vitorio.

VITORIO. L’intensciù a l’era de… (mentre scappa) fav ün’otèr ischers. (viene inseguito da Alfonso e da Nicola)

NICOLA. An tla fa pasà notèr la òia …

ALFONSO. …de töga in gir….(ed escono tutti e tre di scena dal fondo)

SCENA V

 Edoardo, Valeria e Caterina

EDOARDO. Che canaglia chèl Vitorio, öna na fa e sento nan’venta… (entrano dal fondo Valeria e Caterina)

VALERIA. (arriva guardandosi indietro) Ma cosa a ghè söcedìt? Perché ol me òm al ga corìa indre al Vitorio?

CATERINA. E perché al ga corìa indre anche ol me de òm?

EDOARDO. Alè söcedìt chèl che al söcet sèmpèr col Vitorio.

VALERIA. Dim mìa che’na combinada ön’otra di sò?!

EDOARDO. Precisamènt!

CATERINA. E lur i ga sarà cascacc compagn di sterlöc dèl sigür!

EDOARDO. Mìa adoma lur, poamé! Al ma facc crèt che i òscc òmègn aiera indre a parlà mal de me a töt ol condominio. Mentre ai vòsc òmègn al ga facc crèt che ol prim alera gnèc col secont.

VALERIA. Immagine che ol me Nicola al gavrà credit söbèt al'ato. Da quando alè in pensciù, oltre ad interesas in manera esagerada de medicina, a la cominsat a crèt a töt chèl che al sènt.

CATERINA. Scusa Valeria se ma sa permute nè, ma a me al ma söèa mìa  che anna sabe po’ mìa tat de medicina né… al ta sömèa normal che me a gabe ü dulur al pols e lü al ma dis che a go ol tunnel dèlla manica?

VALERIA. Al capita a töcc de sbaglià öna quac volte. Al söcet anche a chi alè laureat né?! Ma sa regorde amò come al födèss in cö quando ol me dutur de fidücia, , ora ex…

EDOARDO. …perché ora ex?

VALERIA. (orgogliosa) Perché adès ol me dutur alè ol me òm o nò!

CATERINA. (sbigottita e fra sè) Sperem che a ta rièt almeno ala fì del’an!

EDOARDO. Comunque Caterina, anche ol l’Alfonso a lè burladet alì schèrz del Vitorio…

CATERINA. Alera normal. Anche ol me Alfonso al crèt sèmpèr a töt. Da quando al gi1gaa al lòt, alè ü laur imposebol. Pensis che l’oter de, in tat che a l’era indré a ardà öna trasmissciù ala televisciù alè egnit a saì che coi nömèr troacc isse a caso a ta ènsèt de piö di otèr. Chèl de le alè mìa egnìt con me in bütiga e ala tözzo nòta de töcc i prese e de töcc i nömèr che al vedìa… che figüra! Töcc i ma domandaa se ol me òm… alera indré a dà i nömèr …! Che figüra! L’avrès sopat.

VALERIA. I nòscc òmègn aiè sèmpèr istacc di bocalù. Caterina aiè mìa compagn de notèr che ansè sèmpèr istace balose col Vitòrio e an sé quase maì cascade in di sò schèrs. El mìa ira?

CATERINA. Beh, a parlà amò de nömèr… an ga sé cascade in di so schèrs … almeno öna entina de olte…

VALERIA. (incredula) Isse tate?

CATERINA. Se pròpe! Alura, chèla olta dèl gelato, chèl’otra dèl capel, chèl’otra amò quando al ga facc crèt che amera enzìt öna machina, chèla olta che al ga facc indà in giro estide de maghe, chèla olta …

VALERIA. O capit o capit! Comunque… sèmpèr de meno di nòsc òmègn. El vira Caterina?

EDOARDO. A pensaga be, al vanà cömbinat tate anche a otèr.

VALERIA. O domandat a Caterina, mìa a te! Vira Caterina?

CATERINA. Cèrto Valeria, ü schers in meno rispet a lur dèl sigür…

VALERIA. (al pubblico) Alè pròpe chèl che sere dre a dì me...

EDOARDO. Ol Nicola e l’Alfonso aiè gnamò de türnà, ando a èt che fì aià facc…

CATERINA. Va puör Edoardo e se a ta èdèt ol me Alfonso, diga de egnì a cà ala svèlta pèrchè a go de diga di laur. (Edoardo esce dal fondo).

VALERIA. Chèl Vitorio alè pròpe bestial. Come al farà, me al so mìa.

CATERINA. Alè ü dono che al ga.

VALERIA. E ciamèl dono! (arriva Bianca da destra, cioè dal condominio)

SCENA VI

Valeria,  Caterina e Bianca

BIANCA. Isse pèr caso, ivvest ol me Edoardo? A so ün po preocupada pèrchè alè’ndacc fò de cà gnèc pasaffò come a lere mai vest. Ölerès mìa al fès di sbambosade!

CATERINA. Machè sbanbosade, l’önèc laur che al pöl fa… alè copà ol Vitorio!

BIANCA. Co… co… come, copà ol Vi…Vi… Vi… Vitorio?! A set’indre a dìm che ol me fradèl a la copàt ol Vitorio?!

VALERIA. Nò, sta tranquila! Forse col penser chèl se! Vitorio annà cömbinat önotra di sò e ala tölt in giro i nòscc òmègn.

BIANCA. An sé ai sòlite alura! L’important alè che o l’Edoardo all’abe copàt nigù!

CATERINA. Alè gniamò dicc. I nòscc du òmègn agliè’ndre amò a corega’ndre pèr chèl ischèrs.

BIANCA. Dèlbù? E cosel söcedìt pò! Spere almeno che al sa trate de ergot de nöf!

VALERIA. A ghè mìa tat de fa la spiritüsa nè! Ai nòscc òmègn al ga facc crèt che ol prim alera gnèc col second, mentre al tò fradèl ala facc crèt che i nòscc òmègn i ga parlaa indre.

BIANCA. Dèl sigür ol me Edoardo al gavrà credìt söbèt. Da quando al lès piö tace libèr del solèt, al ga crèt a töt. Pèr fürtüna ogni tat a ghè ol Vitorio che aià distrae ün po coi so schèrs.

VALERIA. Come che fürtüna?! Vitorio alè’ndre a esagerà adès.

CATERINA. Alè ira, al ga lasa piö in pace.

BIANCA. A se! Ol Vitorio al va lasa mìa in pace? Alura a sis zamò dementegade de töte i olte che ol Vitorio al va ötat?

CATERINA. Töte i olte… pèr ü per de olte che al ma giöstat la seradüra….

BIANCA. Ü per de olte? A me a ma sömèa de regorde che pèr ü mis intrec alì ciamat mìa de meno de sic volte al de, cioè töte i olte che a ghires de andà det in cà.

CATERINA. Cosa ölèt che al siès… Ma dòpo ammlà cambiada la seradura pèrò!

BIANCA. Cèrto che alì cambiada! Ma chi al vlà cambiada? Ol Vitorio!

CATERINA. (si guarda in giro perché sa che ha torto e non sa che dire)

VALERIA. Chèsto pèrò al völ mìa dì che al siès mìa pesante de soportà!

BIANCA. Pròpe te Valeria a ta parlèt de soportasciù? Te che a tle infena pregat in cines bastaa che al vegnìès a mètèt a pòst l’armade!

VALERIA. Alè mìa ira Bianca, in cines alo mai pregat pèrchè me a so mìa buna de parlal.

BIANCA. Al sa fa pèr dì o nò…

CATERINA. E a ta sbaglièt alura, me alo pregat adoma in Giapones, el vira Valeria?

VALERIA. Cèrto. Te a ta ghe öna pareta che alà spusat ü giapponese…

BIANCA. E te Valeria? Se a ma sa regorde mìa mal pèr du mis de fila attle ciamàt pèrchè al vegniès a mètèt a pòst ol bastù del’armade che al sighetaa a borlazo.

VALERIA. Dü mis…

CATERINA. Dü mis e ses de, a ma sa regorde amò be perché a ta ma faèt dientà mata a dim che a ta serèt istöfa che i tò esticc i sa strafognaa sèmpèr.

VALERIA. Caterina almeno te!

BIANCA. A ciapì adoma inconsiderasciù chèl che va fa piö còmòt a otre e basta! Vitorio alura al pöderès ès öna  vittima… come otre!

VALERIA. (con ironia) Ma se nòn sbaglie, chèla olta che al ta casadet in dèl frizer öna bambola e te a ta se spaentada mìa mal pèrchè a terèt credìt che al födès ü scetì vero, a ta ma sömeaèt mìa tat tranquila col Vitorio.

BIANCA. (colta sul vivere) A olte al söcet che… öna olta in de eta al ta ga rièt mìa a controlas …

CATERINA. Alè ira, come chèla olta che al ta lasacc indà a tèra töte e dò i röde dè la  bici.

BIANCA. Eh… I sarà stace dò olte…

VALERIA. Epör a ma sa regorde che quando al ta facc crèt che ol vin Santo che al tera regalat al fès i miracoli ….

BIANCA. (arrendendosi) E va be! A olte al pöl vès ün po snervante. Però con töcc i favur che al ga fa, an pöderès portà pasenscia ün po de piö  !

CATERINA. Adà che al rìa !

SCENA VII

Valeria,  Caterina, e Vitorio 

BIANCA. (a bassa voce) Al sé fermat in banda al cancèl, andasaì che manera!

VALERIA. (sempre a bassa voce) Lè mèi che an ga arde mìa töte, sedenò al pöderès sömeà che an sé indre a parlà de lu. A ga ardero adoma me, intat an fa finta de parlà. (Bianca e Caterina fingono di chiacchierare)

CATERINA. (ad alta voce) Esse incö a te mangìat … (a voce bassa) Cosa el’indre a fa Valeria?

VALERIA. (ad alta voce) Cèrto che incö a o mangìat, e te Bianca… (a voce bassa) a la metit det i mà in carsèla e po’ dòpo aglià tirade fò ….

BIANCA. (ad alta voce) Se, anche me a o mangiàt in co e te Valeria? (a voce bassa) Adès cosìelindre a fa?

VALERIA. (a voce bassa) A lenire che al rìa…. (ad alta voce e girandosi verso le due donne) Se, ogni tat a mange poamé…

VITORIO. (va a posizionarsi a sinistra delle tre donne e senza farsi accorgere da loro lascia cadere una banconota da 500 euro, che è attaccata ad un filo trasparente) Buongiorno ragazze! Pöde ciamàf’iscète vero?

BIANCA. E pèrché no? An sé mìa di scète forse?

VITORIO. E che scète!

CATERINA. (lusingata) Vitorio esagera mìa coi complimènc adès … Me po’ che a so la piò zuena …

VALERIA. (un po’ risentita) Cèrto che a ta se la piö zuena, ma anche l’önica che ala sa tèns i chièi però.

CATERINA. Alè adoma… alè adoma… alèa doma pèr valorizà la me età.

BIANCA. A ta ölièt forse di pèr nascont la tò eta forse …

VALERIA. (si accorge dei soldi per terra e richiama l’attenzione dell’amica Bianca che guarda pure lei).

CATERINA. Me a öle nascont negot, anse… (viene interrotta da Valeria)

VALERIA. Caterina, stöfa mìa ol Vitorio con i nòscc discors de fommle, andasaì quat tep che an sèndre a robaga …

BIANCA. A ta ghe resù Valeria! Scüsega Vitorio. Ciao

VITORIO. Beh, daltronde… ciao ragazze (le tre lo salutano e lui si allontana solo un pò)

VALERIA. Ma perché alìs mandat ivià?

Le amiche non le rispondono ma le fanno cenno dei soldi. Si abbassano per prenderli ma appena le donne si accingono a raccogliere la banconota, Vittorio si sposta in avanti tirando il filo e la banconota si muove con lui. E così per quattro volte, quando Caterina si accorge di Vittorio.

CATERINA. Cosa fet amò che Vitorio?

VITORIO. Me? Negot! Caminae…

CATERINA. (capendo che c’è qualcosa che non va nei soldi che si spostano con la presenza di Vittorio) E alura camina... (Vittorio cammina in giro tondo e i soldi si spostano a loro volta. Le tre donne idem).

VITORIO. A ghìf forse bisògn de ön aiuto?

VALERIA. (si ferma e lo guarda minacciosa) Vitorio dim mìa che te a ta ghe a che fa con chèsto …

VITORIO. Me? Assolutamente… (viene interrotto)

CATERINA. Vitorio, dim mìa che a ta se te …

VITORIO. Me? Assolutamente…

BIANCA. Vitorio…(e tutte e tre lo ricorrono arrabbiate urlando frasi: SèMPER OL SOLèT, MA QUANDO A TLA SMETERE, SE A TA CIAPE CHèSTA OLTA, ECC… e lui scappa per qualche giro sul palcoscenico e poi escono dal cancello)

FINE PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

SCENA: Come il primo atto. Modesto e piccolo giardino con panchine. Giardino dipinto dietro lo sfondo. A destra l’entrata del condominio Papaveri. Una panchina vicino l’entrata. In fondo entrata al giardino del condominio. Vittorio è in scena seduto su una panchina che sta leggendo.

SCENA I

Vitorio, Valeria e Nicola

VALERIA. (uscendo dal condomino Papaveri e fermandosi subito, guarda di nuovo verso l’entrata del condominio) Nicola, in do set? Cosa set indre a fa?

NICOLA. (dopo un attimo esce anche lui) A ma so fermat pèr ü dulur al pe e a mè egnit immènt che ier a o caminat sota a ü abete.

VALERIA. E cosa ölèl dì “caminà sota a ün abete” e ol tò “dulur al pe”?

NICOLA. Te e la medicina a ghi pròpe negota in cümü. La scienza alè mìa de töcc purtròppo. Ier a o caminat sota a ün abete e incö a ma fa, mal ü pe, ciò al völ dì che a go ü pe… diabetico! Semplice nò! A gaavro de fa di cüre pèr forsa.

VALERIA. Come a so fürtünada a iga ün òm istrüit compagn de te!

NICOLA. Al so cara. (vede Vittorio seduto) Oh, èco ol Vitorio. Valeria, a crèdèt al siès ol caso de ringrasial amò pèrchè al ma ötat a mèta pòst ol rübinèt?

VALERIA. Spere pròpe de nò! Vitorio alè sèmpèr ol solèt Vitorio che al ga tö sèmpèr in gir, nonostante la sò gentilessa.

NICOLA. A ta ghe resù Valeria, a mal saluda e basta.

VALERIA. (pensandoci un attimo) Alè mìa giöst pèrò. Al ga ötat e in fì di cöncc alè mìa öna persuna catìa … (e così si avvicinano)

VITORIO. (sta leggendo) Ciao Nicola. Ciao Valeria. Siddre an da de fò?

NICOLA. Se, an va a fa du pas. Vitorio, grazie amò che a ta me ötat ier.

VITTORIO. Ma figürèt! A tal se che alè ü piaser ès de aiuto pèr gli amis. Almeno a ma sa sènte utile. La me scèta Barbarella alè sèmpèr preocupada pèrchè a so che depèrmecönt. Ma aglialsa mìa che invece con votèr me a so mìa che deperme.

VALERIA. Alè pròpe isse Vitorio. Anche se a olte a ta ga fe pèrt la pasiènsa.

VITORIO. A o prometit Valeria, a sa regordèt piö? Basta schers! (verso il pubblico) Fino al prossimo!

NICOLA. (mentre si incammina al cancello) Sperem… ciao Vitorio.

VALERIA. Büna letüra. (ed esce dal fondo con Nicola)

VITORIO. Grasie. (rimasto solo, chiude il libro,  prende tre fogli e li guarda. Poi prende tre buste) Ora a o finit e al rèsta adoma che mètèlè in di böste … (quando viene interrotto dall’entrata di Caterina e Alfonso)

SCENA II

Vitorio, Caterina e Alfonso

CATERINA. (entra in scena dalla porta del condominio a destra) Ma el posebol che töte i olte che me a go de andà in döna öna quac bande, te a ta ölèt sèmpèr ègnì insèma? Ma’ndoset pò? (vedendo che ritarda ad uscire dalla porta).

VITORIO. (nasconde subito le lettere e le buste e finge di nuovo di leggere) Amò ergù!

ALFONSO. Arìe! A o troat ü biglièt del tram e controlae i nömèr iscricc e… (viene interrotto)

CATERINA. Sèmpèr co stì nömèr! A proposèt de nömèr. A pènsèt sièl ol caso de ringrascià ol Vitorio pèrchè al ga ötat a fazò ol 7e 50?

ALFONSO. 7 e 30 Caterina, mìa 7e 50. Come a ta de te i nömèr a glià da nigü!

CATERINA. Alura Alfonso, a mal ringrascià se o no?

ALFONSO. Adès esagerem mìa. Lo ringraziat ier e pènse che al baste. Quando al vède a pöde mìa lasastà de pensà al’ischers de setimana pasada!

CATERINA. Anche pèr me alè’sse. Cosa crèdèt che la stòria di solcc ala ma siès pasada zo? Agglo amò chè! (e indica la gola)

ALFONSO. (avvicinandosi e guardando la sua gola) Dèlbù? Fam vèt. Ma set sigüra? Me de solcc annà ède mìa! Segon me a la tè pasada zo.

CATERINA. Tömmìa in giro anche te adès né. (e si incammina spazientita. Alfonso la segue)

VITORIO. Come an sè de corsa! (vedendo Caterina che passa con passo affrettato).

ALFONSO. (rincorrendola) Caterina, aspetèm! A sere indre adoma a schersà!

VITORIO. Caro Alfonso, sta atènt ai schèrs! (i due sono usciti dal fondo) Meno mal che a so che amò depèrme! (chiude il libro e riprende ad imbustare i tre fogli). Bene. O finìt. Adès a ga darò ste lètère al me amis pustì esse lü al farà ol rèst. (s’incammina ad uscire dal fondo) Vitorio, a ta se grant!

SCENA III

Bianca, Caterina, Alfonso, Valeria e Nicola

BIANCA. (esce dal condominio a destra) écco, a ghè nigù! Caterina e Valeria agliè puntuail come al solèt! I ma dicc: “Ai quatèr an sa troa in dèl giardì esse an ciciarà üm po”. Aiè zamò i quatèr e nigöna di dò ala sé gniamò de fa èt al ma sömèa. Al sarà colpa dèl sigür di so òmègn. Me a so tat fürtünada ad èsèm mìa spusada

 VALERIA. (entra dal fondo agitata. Dietro lei Nicola) La pròsima olta che andaro fò, a tal domandero piö a te. Ma comel posebol ‘ndà fò e sentì te diga ad ògni passante che alè anèmìco ?

NICOLA. Anèmico Valeria. Anèmico.

CATERINA. (rientrando anche loro dal fondo. È agitata) E che chèsta ala siès l’öltima olta che a ta ma acompagnèt nè! A soport piò de sentìt parla sèmpèr de nomèr e de… bambi!

ALFONSO. Ambi Caterina, ambi, mìa bambi.

BIANCA. Alera a ura ! El chèsto l’urare!

CATERINA. VALERIA. Scüsa Bianca, ma ol me òm…

BIANCA. O zamò capìt töt!

ALFONSO. Nicòla, ègnèt a fa öna partidina de carte? Arda che a tègne me ol cönt di poncc però!

ALFONSO. Ma piö che olentera!

CATERINA. E al ta parìa… (Nicola e Alfonso escono di scena)

VALERIA. Ma al set mìa coma a ta se fürtünada Bianca a ès mìa spusada... (e si siede)

CATERINA. Alè üm po de tep che anna pöde piö gniamé… (e si siede)

BIANCA. Diolte al pènse poà me, ma diolte…

SCENA IV

Bianca, Caterina, Valeria, Tomaso e poi Vitorio

Nel frattempo entra Tommaso il postino.

TOMASO. (con allegria) Buongiorno signore mie. A sircae pròpe töte otre. A so stacc pròpe fürtünat. A go de daf öna lètera pèr töte tre. E anche pröfömada a quanto al sömèa .

BIANCA. Pèr töte notre?

TOMASO. Se, a go trè lètere indirisade a otre: öna pèr Valeria Villore, öna pèr Bianca Maretti e l’öltima pèr Caterina Berini. (e le consegna).

VALERIA. An sé notre.

TOMASO. (mentre se ne sta andando dal fondo) Buona giornata signore mie. (esce dal fondo mentre si vede VITTORIO che è vicino al cancello e che sta spiando le tre amiche).

CATERINA. Öna letera pèr me?

VALERIA. E chi saral che al ma scrif?!

BIANCA. (odora la lettera) Alè pròpe profümada…

Tutte e tre aprono ognuna la propria lettera e cominciano a leggere. Tutte, si muovono in modo compiaciuto durante tutta la lettura. Al termine si vede che sono emozionate, stupite e nello stesso tempo contente. Nessuna di loro ha intenzione di dire nulla del contenuto alle altre due e lo si vede perché cercano persino di nascondersi dietro la lettera. Rimettono la lettera nella busta e intanto si guardano sorridendo sforzatamente. Sono diventate un po’ nervose.

CATERINA. Alè pròpe öna bèla giornada incö.

VALERIA. E se, a ta ghe resù Caterina. a ghè pròpe ü bèl sul.

BIANCA. Adà, a sere indré pròpe a pensal a me.

CATERINA. Scusim, ma a ma so regordada adès che… a go de andà in dèl bagn! (ed esce di  scena camminando velocemente verso l’entrata del condominio a destra).

VALERIA. (subito) Scüsa Bianca, a ma so regordada che… anche me a go de andà in dèl bagn! (e va verso l’entrata del condominio velocemente)

BIANCA. (perplessa) Da quando, adès a ghè de regordas de andà in dèl bagn? Mèisse dai, a edìe mìa lìura de restà che depèrme pèr lès amò la me lètera. (E la apre di nuovo) Che splèndida lètera, che paròle dolse e töt chèsto pèr me. Ma chi saral chèsto Enrico… (si ferma perché ha sentito un rumore,si guarda in giro e poi nasconde la lettera) Forse, forse alè mèi che anche me an daghe… in dèl bagn! (ed esce di scena andando nel condominio a destra).

VITORIO. (entra al centro del palco e parla al pubblico) Ivvest coma aiè dientade rose dòpo che aglià lesìt la lètera? E al si ol pèrchè? Pèrché töte do aglià riceìt öna lètera d’amur de ü sconosciuto che al sé firmàt Enrico. I trè lètere agliè töte e trè stèse, ma lure aglialsà mìa e come ippödìt vèt, i sé ardade be de disèl fra de lure. A so pròpe fiero de me! Signori e signore, io sono Enrico! (ed esce di scenda dal fondo).

LE LUCI SI ABBASSANO PER QUALCHE SECONDO.

SCENA V

Alfonso e Caterina

Le tre donne cominciano a mostrarsi vanitose dopo aver letto la lettera.

ALFONSO. (entrando in scena a destra, dal condominio) Caterina, ma a ta sömèa mìa de ès ün po tròp vistüsa con chèl vestit?

CATERINA. (entra in scena da destra con un vestito seducente) Ma cosa cöntèssö pò? A so adoma ala moda!

ALFONSO. Ardèm? E cosa fèt con töta chèla pitüra in dèl müs? A ta öleré mìa andà fò isse?

CATERINA. Andaro fò isse incö e töcc i otèr de che i vegnerà. Te, a ta sendre sentagn dal vèt i laur bèi: ol me tröc, al fa èt piö bel ol culur di me öcc!

ALFONSO. A me al ma sömèa de èt öna… öna…

CATERINA. Öna bèllissima fommla, el vira?

ALFONSO. (guardandola e pensandoci un attimo) … insoma.

CATERINA. Ma cosa öle pretènd de ü compagn de te che ta èdèt adoma nömèr! Ah, ma sta atènt Alfonso, arda che magare a ghè ergü che al ma pöl troà atraènta e giovanile.

ALFONSO. Giovanile? Ala tò età!

CATERINA. Ma come a ta sa pèrmètèt! Me a so zuenà det e anche fò!

ALFONSO. Scolta, miss “Bellezza Senior”, o a gavrès de ciamàt forse miss “Bellezza Junior” a chèsto punto, smöeffò doca se de nò am pèrt ol pulman (e si allontana fino ad uscire di scena al centro).

CATERINA. Che maledücat! (ricordandosi della lettera) Pèr fürtüna che a ghè in gir amò di galantòm. Come pèr esèmpe ol’Enrico. Enrico, öna persuna tat dolsa che lü se che al sa conòs i me qualità. Come al dis in dè lètera? (e prende la lettera dalla borsetta) “Cara Caterina, da quando i tuoi occhi meravigliosi hanno incrociato i miei, non fanno che cercarti ovunque vada. Il mio cuore palpita ad ogni pensiero per te ed io non vedo l’ora che arrivi…

ALFONSO. (dal fondo) … ol pulman! Smoèffò Caterina se de nò a ga tocherà ciapà ol 22!

CATERINA. (mettendo via la lettera. Scocciata) Arìe, arìe! Sèmpèr ol solèt! (ed esce di scenda dal fondo).  

SCENA VI

Nicola e Valeria

NICOLA. (entrando dal condominio da destra) Valeria, ma che manera isse tata eleganza incö? Ma pèr in doca angà de andà, al ma sömèa mìa ol caso.

VALERIA. (entra in scena vestita molto elegante e molto scollata e con il cappello) Caro, al pöl sömeà ün po tròp bèl pèr indà adoma in farmacia ma al sa sa mai chi al sa pöl incuntrà.

NICOLA. Ma chi olèt incuntrà se mìa i solèt persune!

VALERIA. Magare invece al pöl vèsga èrgù de nöf, pèr esèmpe… l’ Enrico.

NICOLA. Enrico? E chi el ol’ Enrico?

VALERIA. Ma nigù. O dicc ol prim nòm che al mè egnìt in mènt.

NICOLA. Ah, ölìe ben dì! Ma ghet pròpe de egnì fò consada isse? Me se födès in te a ma sa mèterès, al so mìa, ü dolcevita pèr esèmpe.

VALERIA. Ü dolcevita sura chèl vestit che isse bèl!? Ma fam mìa ègn de gregnà!

NICOLA. Arda che a ta pöderèsèt ciapà ü stortacòl fort!

VALERIA. Ol stortacòl ala me età? Staolta a ta sbaglièt diagnosi caro.

NICOLA. Imposebol cara! Ala tò età, se a ta sa quarcèt mìa zo be ol còl, alura se che agliè dulur.

VALERIA. Forse a ta sa regordèt piò che me, a go mìa la tò età. Me a so öna sciura amò… piacente.

NICOLA. (guardandola) Piacente…

VALERIA. Nicola, arda che adès a ta se’ndre a esagerà.

NICOLA. Ma a sere indre a schersà Valeria. Ma alè zamò öna quac de che a ta fe mìa che ispecias e caassö e caaffò prima de andà in vèrghilöc.

VALERIA. E cosa a ghè de mal?

NICOLA. Negot, se al födès mìa che pèr chèsto an ria in ritardo dèpertöt.

VALERIA. Ascoltèm, se al taa mìa be come a ma sa caesö, alè ü problemolo tò e mìa ol me, caro. Me a so ona fommla e a go de valorizam.

NICOLA. (sbuffando) Quando sua altezza reale a la pènsa de ès degna de acompagnam in farmacia, a la mal faghe saì. Intat me, al’aspète al cancèl (ed esce dal fondo)

VALERIA. Che ignorant! Ma come al sa fa a capì mìa quat al cònta la belèsa in döna fommla! (ricordandosi della lettera) Ma Enrico se invece. Lü se che annà capes de laur bèi… come me. Come al disìa a metà in de sò lètera… (prende la lettera dalla borsetta) “La tua bellezza mi ha incantato ed io ora vivo soltanto col pensiero di incontrarti e poter ammirare di nuovo il tuo modo di essere perché…” (viene interrotta dal marito che urla dal cancello) 

NICOLA. …al ma incominsàt a fam mal ol pe. Ma a smöeffò Valeria!

VALERIA. (arrabbiata) ègne, ègne. Che poeta che ao spusat! (ed esce di scena dal fondo).

SCENA VII

Eldorado e Bianca

EDORADO. Al set che ao gniamò capìt chèsto tò cambiamèt? E se che de libèr anno po’ lesìt’ance…

BIANCA. (entra vestita di azzurro o giallo) Caro fradèl, la  eta de ogniü de notèr alè piö de ü libèr.

EDORADO. La tò dè eta, scusa né Bianca, a la ga starès anche in dü libricì, chi lé tascabili.

BIANCA. Ma come a ta sa pèrmètèt de ofèndèm in chèla manera che? A soi mìa me forse che a ma sa ciape cüra de te?

EDORADO. Ma a disie isse pèr dì…

BIANCA. Sta atènt alura a chèl che a ta dighèt, pèrchè da adès indannacc al sa pöderà dèrf öna pagina nöa sö de me. O precisamènt, al sa comincerà ü nöf libèr söla me eta. A pöderès anche restà pötaègia amò pèr mìa tat.

EDORADO. Amò con stà stòria! El mai posebol che töcc i discors che a ta fe in chi de che te a t’andaghèt a finì sèmpèr le? Ma se nigü al ta ölìt de zuena, ma chi ölèt che al ta öle adès?

BIANCA. Carissimo ol me Edoardo, la nuova Bianca, ti lascerà presto purtroppo. La nuova Bianca d’ora in avanti indosserà solo abiti che possano accompagnare la luna, il sole, il cielo. (e gira su se stessa) 

EDORADO. A ta cominsere mia amò con chèsta stòria né! Me a ta spète de fò. Quando a te finìt, me a saro la de fò che a ta spète pèr indà in biblioteca. (ed esce dal fondo).

BIANCA. Fradèi! I pènsa sèmpèr che l’età a la cönte sèmpèr e depèrtöt! (ricordandosi della lettera) Ol me Enrico se, che al ma èt sota ön’otra luce. Come al disìa ala fì dèla lètera: “Stella del cielo che tu sei, i miei sogni sono sempre concentrati su di te, te sola o mia splendida creatura del cielo”. Che parole celestiail alà dovrat, i sömèa egnide fò dèla… (viene interrotta da Edoardo che la chiama dal cancello) 

EDORADO. “Biblioteca”, a ta regordèla vergot? Smoèffò docà!?

BIANCA. Arié, arié! Che Angel di fradèl che go! (ed esce di scena dal fondo).

SCENA VIII

Vitorio, Caterina, Valeria e Bianca

VITORIO. (rientrando dal fondo. Verso il pubblico) Ivvest o l’efèt che aià facc i me lètere? Aiè töte e trè leteralmènt cambiade. E alè mìa finida! A farò in manera che adès incuntre ol sò amato Enrico e … (si sentono le voci delle tre donne dal di fuori del cancello)

CATERINA. (fuori scena) Anche otre a sirès indace fò?

VITORIO. Ma cosa fale zamò che?! De che mìa tat a go ün apuntamento che col Tomaso… Sperem indaghe vià ala svèlta! (ed va a nascondendosi dietro un albero a sinistra)

VALERIA. Cèrto, col me òm. Ma chèsta però alè pròpe l’öltima olta che al ma fa fa!

BIANCA. Me ol me fradèl al soporte piö!

CATERINA. A ta regale ol me Alfonso alura! (guardandole bene) Bianca, Valeria, ma come a sis vestide! Che… elegansa!

BIANCA. Ma anche te Caterina che cambiamènt!

VALERIA. Bianca ma che manera isse… isse… solare!

BIANCA. (non sa che dire) Ma, tal se, ogni tat… bisògna cambià… (fra se) E se a gal disès dèla lètera? Nò, alè mèi de nò, i dienterès geluse!

VALERIA. Caterina, a tere mai vest isse elegante! Ma che manera töt i sto cambiamènt?

CATERINA. (non sa che dire) Ma negot a te…

VITORIO. (da dietro l’albero a sinistra) Ma cosa ispètele aad andà vià a lure! De che mìa tat al ria ol Tomaso e se i ma èt con lü, alura se che a sarès in di guai!

CATERINA. Anche te Valeria a ta sömèèt isse divèrsa… (fra sé) E se a gal disès dèla lètera? Nò, mèi de nò, i gavrès adoma rabbia e basta!

VALERIA. (non sa che dire) Madonname, a lo facc adoma pèr fa ciapà ün po de aria ai me esticc. (fra sé) Figurèt che a ta dighe dèla lètera!

VITORIO. (sempre più in ansia) E andì doca che de che mìa tat al ria ol Tomaso…

BIANCA. Al fa pròpe colt in cö, cosa dighèt se an ve sö de te a bif vèrgot?

VITORIO. Éco brae, andì, andì a bif vergot…

CATERINA. Olentera… (e si incamminano tutte e tre verso l’entrata del condominio)

VITORIO. (uscendo un poco alla volta) Meno mal… (poi girandosi dietro verso l’entrata vede che entra Tommaso) Oh, èco ol Tomaso che al ria. (non si accorge che però le tre donne non entrano subito nel condominio ma si fermano ancora un attimo fuori).

TOMASO. Ciao Vitorio. Alura cosa a ma dighèt? Alè’ndacc töt be?

BIANCA. Fermif ü momènt. A go ergot in de scarpa che al ma da fastöde … (e si mette a sedere sulla panchina al di fuori del condominio)

VALERIA. Parla mia de scarpe pèrchè al so mìa in doca a böterès i me … (e si siede)

CATERINA. (sedendosi anche lei) Alè dura cambià eta … oh, ardì, aghè ol Vittorio col Tomaso.

VITORIO. Alà funsciünat töt ala perfesciù! Töte e trè i sé innamurade de chèl Enrico.

Intanto le tre ascoltano il tutto attentamente e ad ogni frase si meravigliano di ciò che sentono.

TOMASO. Enrico? E chi el ol’ Enrico?

VITORIO. Ma so me o nò? Me, a so l’Enrico! (intanto le donne ascoltano e iniziano ad infuriarsi) A ta ghe de saì Tomaso che i trè lètere che a ta ghe consegnat aiera töte stèse e scrice de me!

TOMASO. O capit! A tié tölde in  gir alura?

VITORIO. Otèr che tölde in gir, sta olta alo facìa det bèla gròsa! A go facc crèt a töte e trè che ai ghera ü spasimante segreto e che al ghera scricc öna lètera d’amur!

A questo punto, si vede che le donne si alzano più che furiose e inveiscono contro Vittorio.

CATERINA. Cosa e facc?

BIANCA. Te, te, a ta se ol’ Enrico? E me che credìe de spusam delbù öna olta pèt töte … adès a ta fo èt me (e si rincorrono tutti sul palco)

VITORIO. Alè mìa isse, a ghè ön equivoco… (e scappa con Tommaso) 

VALERIA. Vigliac dü vigliac che a ta se mìa dotèr! A ma staolta a tammlà paghèt…

CATERINA. Canaglia e mascalsù, tön gir trè dòne dèla nòsta età!

VITORIO. Ma come, a sirès mìa zuene infena a poc tep fa?

VALERIA. Fa sito disgrasiat, che a te me facc tegabega col me Nicola… (sempre rincorrendosi)

TOMASO. E me che cèntre?

FINE SECONDO ATTO

ATTO TERZO

SCENA: Come le altre.

SCENA I

Barbarella, Vitorio, Nicola, Alfonso e Edoardo

Scena vuota.

BARBARELLA. (esce dal condominio a destra. Si ferma e aspetta ) Alura, a rièt papà?

VITORIO. (esce dopo un attimo dal condominio a destra. È molto triste) A sondre che rìe Barbarella… (dopo un attimo, arrivano dietro lui i suoi amici: Nicola, Alfonso e Edoardo che gli portano le valigie)

EDOARDO. Ma come i pisà iste alis Vitorio!

NICOLA. Ma cosa a ghet casaddet?

ALFONSO. Agliavrà impienide de töcc i sò schèrs a öle sperà, nè Vitorio?!

VITORIO. Nò, i schers aio lasacc töcc in giro, isse a sènterì mìa la me mancansa.

EDOARDO. (impaurendosi) Ma a ta sare mìa indre a dì del bù né?

VITORIO. Cèrto.

BARBARELLA. Papà, ma ala ölèt desmètìla de töi in giro? Insoma alè amò ol tò pasatep preferit.

NICOLA. Al fa negot Barbarella. Ormai aglià pöl piö fa con notèr.

VITORIO. (triste) Barbarella me a ga rie mìa a capì come a ta pödèt portam i vià de che, ü pòst isse còmot e bèl.

NICOLA. Còmot e bèl, adès esagera mìa Vitorio! (con ironia) Cosa darès me pèr indavià …

VITORIO. Fi sito otèr. Traditur!

EDOARDO. (con ironia) Notèr? Ma chèsto alè ü condominio de ècc. Invece in doca a tandare te a ghè tata zöentü.

BARBARELLA. Evvest papà, i tal dis anche i tò amìs che con me a ta stare mèì che che.

VITORIO. Pròpe di bèi amis a go. I vèt mìa l’ura de desfasèn de me!

ALFONSO. Ma cosa cöntèssö Vitorio! Notèr an taö ölbe e te a tal se. (con ironia) Ma se la tò scèta ala preferes che te a ta staghèt con le, notèr cosa an pöl faga?!

NICOLA. (con ironia) Esatto. Chi’nsèi notèr pèr opporci?

EDOARDO. Öna scèta alè piö importante di amìs?

VITORIO. A si tri…

BARBARELLA. (interrompendolo subito) Papà mochela de parlà mal de chèste persune pèr be e che adès i völ adoma ol mèi pèr te.

VITORIO. (con ironia) Al sa èt pròpe!

NICOLA. E per dimostraga quat an ga öl be al Vitorio, ansè disposti a portaga gli’alis infena in de machina. Sempèr che le la siès decorde.

BARBARELLA. Grasie. Si pròpe tat gentili. Ma come pödèt dì che i ta öl mìa be!

VITORIO. Otèr che be! Se i pödès i ma acompagnerès infena det la tò cà! (mentre i tre stanno uscendo dal fondo con le valigie) Pròpe di bèi amìs!

BARBARELLA. Dai papà, esagera mìa adès!

VITORIO. Barbarella, me öle mìa ègn ala tò cà. Me a ma sa troe be che.

BARBARELLA. A tlo spiegat mela olte papà! Oramai a ta se piö isse zuèn e perciò a ta pödèt piö abità depèrtòcont. A go pura che al ta pöde söcet vèrgot. An san vèt tate ala televisciù.

VITORIO. E te pèrchè a ta ga ardèt? Ardalà mìa o nò!

BARBARELLA. Dai papà, sta serio pèr öna olta!

VITORIO. (facendosi serio) A so serio Barbarella. I öltèm de de la me eta i völerès pasà come a öle me. Ölerès iga amò ün po de libertà finchè a ga rie amò. Capesèt?

BARBARELLA. Capese papà. Ma me a öle piö lasat depèrtòcönt. E se a ta sasentèsèt mal e a ga födès nigù con te? Negot de fa papà. (rientrano i tre amici)

VITORIO. (con ironia) Oh, èco che ai rìa i me amis quase fradèi.

NICOLA. Töt a pòst Barbarella. La machina alè pronta pèr part.

VITORIO. Al ma dispias amìs, ma nigù al part piö!

NICOLA. ALFONSO. EDOARDO. Cosè?

BARBARELLA. Se che an part. Ol me padèr al ga òia sèmpèr de schersà.

EDOARDO. (con ironia) Ma chèsta alè l’öltima olta né Vitorio?

VITORIO. (Guarda tutti e tre i suoi amici) Indom Barbarella, a so pront.

BARBARELLA. Ma i saludèt mìa i tò amìs?

VITORIO. (molto triste) Cèrto. Ciao a töcc, sperem de edìs prèst!

ALFONSO. Se se a prèst. (felice) Ciao Vitorio.

EDOARDO. (felice) Buon viagio Vitorio.

NICOLA. (felice) Ciao… e pènsega qualche olta!

BARBARELLA. Grasie a töcc. An vegnerà a troaf prèst! (mentre stanno uscendo dal fondo)

ALFONSO. Se, ma fi pör con còmòt… (sono usciti)

EDOARDO. Alè’ndacc! Evviva!

NICOLA. Evviva, an sé liberacc öna olta pèr töte dèl Vitorio!

ALFONSO. Adès se che’nviverà in pace! An pòderà fa töt chèl che al ga piàs sènsa stà atèncc ai sò stüpècc ischèrs.

NICOLA. (ridendo) Se, stüpècc ischèrs e pèr negot originail.

EDOARDO. A ghi pròpe resù, anche se regorde che quac ischèrs simpatèc a te Nicola aglià facc.

NICOLA. A me? Töta ròba de poc.

ALFONSO. Ala dicc giöst invece ol’ Edoardo. Anche me regorde ü schèrs simpatèc che ol Vitorio al ta facc.

NICOLA. A me? A si sindre a sbaglià dèl sigur.

ALFONSO. E no caro ol me Nicola, a regorde be: quando a ta se lamentat pèr ü di tò solècc e esageracc dulur e lü al tera tölt in giro tat. E te a ta gherèt credìt. Ma a sa regordèt piö?

EDOARDO. (ridendo) A ta ghe resù Alfonso, ela mìa pèr caso la storia dèl dulur al nerf?

ALFONSO. Ma cèrto. A ta sa regordèt quando al ta faa mal la gamba e a ta disièt che a ta gariaèt mìa a caminà a causa dèl dulur al nèrvo sciattico? E ol Vitorio al tera dicc che in de gamba al ghera ol nèrvo òttico?!

NICOLA. E chèl al sarès istacc ü schèrs interessante?!

EDOARDO. (con ironia) Pecat però che a ta sabèt indacc a fat visità dal’oculista ol nèrvo sciattico!

NICOLA. (volendo cambiare discorso) Chèl che lè stacc a lè stacc. Vitorio adès al ghè piö e notèr an pöl finalmènt turnà ai nòscc solèt laur de quando ol Vitorio al ghera mìa.

EDOARDO. Giösto! Me, a turnero a fa chèl a fae l’an pasat! E cioè… cioè…

ALFONSO. Anche me a turnero a ès l’Alfonso de öna olta. Töt al turnerà compagn de prima che al riès ol Vittorio.

NICOLA. La me salüte a la pöderà mìa che troà di benefici. Piö gnià öna pura de negot.

SCENA II

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina e Bianca

VALERIA. (entrando dal condominio da destra lentamente) El’indacc?

NICOLA. Certo che alè’ndacc! An sé libèr come l’aria!

CATERINA. (entrando dal condominio da destra) Ma delbù alè’ndacc?

BIANCA. (entrando dal condominio da destra) Ma a sìs pròpe sigür?

EDOARDO. Sicurissimi Bianca, a ma metìt notèr i sò alis in de machina!

CATERINA. VALERIA. BIANCA. Evviva! (le tre donne urlano e ballano di gioia)

CATERINA.Sö, egnì in de me cà che an fèstègia!

ALFONSO. Se se, egnì de notèr che an festègia la fì di schèrs dèl Vitorio! (e tutti e sei cantando e ballando rientrano nel condominio a destra)

SI ABBASSANO LE LUCI E SI LASCIA LA SCENA LA SCENA VUOTA PER CIRCA 10 SECONDI. POI SI RIACCENDONO TUTTE LE LUCI.

SCENA III

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina e Bianca

Le tre donne rientrano in scena e vanno a sedersi su una panchina. Quando iniziano a parlare entrano i loro tre uomini che vanno a sedersi su un’altra panchina un po’ distante da loro. Sembrano tutti un po’ tristi.

 

CATERINA. (Non molto convinta) Esse alè pasat ü mìs sènsa ol Vitorio. A ga credì amise, ü mis sènsa i so schèrs. Che pace!

BIANCA. (Non molto convinta) Ü mìs de tranquillità, ü mìs sènsa la pura de chèl che al pöl söcediga… 

VALERIA. (Non molto convinta) Ü mìs senza ol Vitorio… Che serenità ha regnato.

EDOARDO. (Non molto convinto) Che eta, sènsa ol Vitorio a ta sèntèt gniac öna mosca a gulà.

ALFONSO. (Non molto convinto) Trènta dé de quiete. Ei trènta o sbaglie?

NICOLA. (Non molto convinto) Pèr la precissciù trènta de e dò ure. Tat tep sènsa che al söcede mai negot.

VALERIA. A go de dì che… a ghè tròp tanta pace!

BIANCA. Se, alè ira Valeria, tròp tata tranquilità! Ol Vitorio, a pensaga be, alera po’ mìa isse malvagio dom. Dòpo töt a mi staa pròpe mia isse mal quando al ghera lü.

CATERINA. Cèrto, lasando pèrt ògni tat öna quac’ischèrs innocenti, al faa negot de periculus. Anse.

VALERIA. Alè pròpe ira, alera mìa isse… mascalzù dai. A lü al ga piasia diertìs come a notèr d'altronde, né?

BIANCA. CATERINA. Ma cèrto!

NICOLA. A go de dì che in chèsce de sènsa de lü, i sömèa pasà piö.

EDOARDO. Dòpotöt al sa staa be anche quando al ghera ol Vitorio se an ga pènsa be. In realtà alera ü brao òm…

ALFONSO. Ma cèrto. Lü alera adoma ü tipo che al faa divertì e al faa negot de mal. Anse!

VALERIA. (si lascia andare alla tristezza) Scète disimèl ciar, quando al ghera ol Vitorio an ghera ergot de fa, èrgot almeno de pensà. Quate olte a pènse a töte i olte che avrès ölit mandal al’infèrno dòpo töcc chi schèrs. Che botèp in chi momèncc.

BIANCA. (si lascia andare alla tristezza) Alè ira Valeria. La sò simpatia, i so schèrs i ga faa almeno vivere. A ma sa regorde amò quando al ma faa dientà gnèc e al ma egnìa òia de copal. Che felicità adoma al penser.

CATERINA. (si lascia andare alla tristezza) Lü se che al ga tegnìa ie coi sò schèrs. Adès an sa piö come fa a pasà i giornade. Come an farai andannace isse …

ALFONSO. (si lascia andare alla tristezza) Adès i de sensa de lü i sömèa i pase piö. Al ma sömèa de iga negot de fa. A ma sa regorde amò chèla olta che al mera facc crèt che ere enzìt ala loteria e me a so indacc söbèt in ricevitoria a scöt. A ghere zamò pagat de bif a töcc quando invece alera amò ü di sò solecc ischèrs! Che botep adoma al penser de chèl momènt!

EDOARDO. (si lascia andare alla tristezza) A pase ol tep adoma a lès ere da quando al ghè piö ol Vitorio! Aglà fo piö! La eta alè öda sènsa de lü. Ama sa regorde amò quando al ma strapaa i öltime pagine di libèr che lesìe. Alura se che a sere contet!

NICOLA. (si lascia andare alla tristezza) Vitorio alera töt pèr notèr. Al ga faa pasà i giornade in allegria, sènsa mai faga pensà ala vecchiaia. Al ga tegnìa sèmpèr impegnacc. A ma sa regorde be amò quando al ma dicc che ala televisciù aier dicc che ol premio Nòbel pèr la medicina alere enzit me. Avro facc almeno mela telefunade in Svezia pèr la conferma, invece ala fì alera amò ü so schèrs. Chèla olta a ere pagat ol treple dèla bolèta telefònica che de solèt pagae. Che bei tep aiura!

SCENA IV

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina, Bianca e Barbarella

BARBARELLA. (entra dal fondo. Si vede che è preoccupata) Buongiorno.

ALFONSO. Buongiorno Barbarella. Ghè ol Vitorio?

NICOLA. El vegnìt anche ol Vitorio?

BARBARELLA. Nò, al ghè mìa ol me papà, sti pör tranquili. Al va distürberà piö coi sò schèrs.

BIANCA. Adì la erità alera mìa che al ga distürbaa piö de tat…

BARBARELLA. A si tròp bù col me padèr. A so che pròpe a parlà de lü.

CATERINA. (molto preoccupata) Dèl Vitorio?! Al ga sarà mìa söcedìt vergota né!?

EDOARDO. Dim mìa che ol Vitorio alè…. (e si fa il segno della croce) …

VALERIA. Dim mìa che ol Vitorio al ga lasacc…

BARBARELLA. Alè mìa mort e lì sta mìa gnià mal. Alè adoma che da quando alè egnìt a stà dè me, alè piö lü. Al ga piö òia de fa negot e al ga interèsa piö negot. Al ma sömèa infena deprèsso.

Tutti e sei sono allettati dall’idea che Vittorio posso ritornare e perciò dimostrano felicità in varie occasioni verso il pubblico e lo mostrano con vari gesti. Così fino alla fine della chiacchierata con Barbarella.

EDOARDO. Ol Vitorio deprèsso? Al ma sömèa istrano. Ol Vitorio alè l’alegria in persuna.

ALFONSO. Ma a ta se sigüra che an sé’ndre a parlà dè stès Vitorio?

BARBARELLA. Purtròpo se. A so egnìda che de otèr apòsta con la speransa che magare a ma pöderèsèt ötam dato che al conosì be. Cosa al pöl vèsga söcèdìt?

VALERIA. Cara Barbarella, al so me ol perché! Atlé tirat ivià in doca al vivia, dai sò affetti piö car, dala sò libertà.

NICOLA. Alè ira, la medicina incö ala dis che… pèr guarì e turnà la persona che a ta serèt prima, bisogna turnà in doca a ta staèt quando a ta staèt be.

EDOARDO. Alè pròpe ira Nicola. O lesìt tace libèr in mèrèt e töcc aierà decorde che non si può sradicare un albero dal terreno in cui è cresciuto. Testuali paròle.

BIANCA. Anche me a o lesìt chel libèr … e al sa pödìa mìa sradicà ol teré de l’albèr … perché ol teré dòpo al sa sradicaa… come a la diccù öl me fradèl insoma.

BARBARELLA. Ma sis sigür?

ALFONSO. Otèr che sigür! Stanòcc ao sognato öl nòmèr otantòt e al set cosa al völ dì?

BARBARELLA. Nò, al so mìa.

CATERINA. Me al so, alè facile. Gli ögiai dèl Papa!

ALFONSO. (la guarda un po’ male) Ol significato dèl nömèr otantot alè: un ritorno! Alè ol Vitorio che al turna che. I nömèr i sa smentes mai.

BARBARELLA. Ma come pöde fav ü laur dèl gènèr pròpe adès che a va si liberacc de lü e di sò schèrs.

EDOARDO. Cara Barbarella, ma i sò schèrs aglierà mìa pròpe isse malvagi …

BARBARELLA. A pöde mìa domandaf isse tat. A ma sa regorde amò be la felicità che ghirèf ol de che ao portat a cà me ol me padèr.

BIANCA. (Verso Edoardo sottovoce) Ma cosa a tè saltat in mènt alura … (verso Barbarella) A ta ghe mìa de preocupat Barbarella, notèr… notèr… an sa sacriferà pèr vötat. El vira ? (verso tutti gli altri)

VALERIA. Ma cèrto!

NICOLA. Al sarà ol piö bèl sacrificio che avro maì facc!

EDOARDO. Öta i otèr alè ol me segont nòm!

ALFONSO. Adore fa dèl be ai persune amise!

CATERINA. Al sarà ün unur a pödìt ötà!

BARBARELLA. A pöde mìa aprofitam dèla òsta gentilèsa.

NICOLA. (alzando la voce perché a paura che Vittorio non ritorni) Ma cèrto che a ta ghe de aprofitas de notèr!

EDOARDO. An sé notèr che a tal domanda in nòm di bèi tep.

ALFONSO. Portega ol Vitorio e sta tranquila che töt al sa risolverà al mèi.

BIANCA. Se, portega ol Vitorio e al guareserà söbèt al’istante Barbarella…

BARBARELLA. (guardandoli perché pensa che tutti si stiano aspettando un si) Sbaglie o s’indre a pregam de portaf che ol Vitorio.

TUTTI. Notèr?

VALERIA. Lasèt mìa inganà di aparènse. Notèr an völa doma che … (e chiede aiuto agli altri)

NEL FRATTEMPO DAL FONDO SI VEDE VITTORIO CHE ENTRA E APPENA SCORGE SUA FIGLIA E GLI ALTRI TORNA INDIETRO, MA VIENE VISTO DA BARBARELLA.

SCENA V

Nicola, Alfonso, Edoardo, Valeria, Caterina, Bianca, Barbarella e Vitorio

BARBARELLA. Papà, cosa fet che! (Vittorio finge di non sentire e non entra. Anche gli altri si voltano) Dai papà che a to est. Ve che söbèt. (Vittorio entra piano, sembra stanco. Appena gli amici lo vedono entrare lo salutano e sono felici che sia tornato).

ALFONSO. Ciao Vitorio, benturnat (e si abbracciano) VITORIO. Come benturnat?

NICOLA. Se insoma, benturnat. Alè öna frase de circostansa.

EDOARDO. Barbarella a la ga cöntaasö che a ta se piö in furma ma che al so che a ta turnere compagn de prima.

VITORIO. (stupito) Che?

BARBARELLA. Avrès völìt fat öna sorpresa a cà, a tavrès dicc che a ere decidìt de fat riturnà ad abità che con i tò amìs. Ma la sorpresa a tamlé facia te a me invece.

CATERINA. Ma cosa ölèt che al siès Barbarella…

VITORIO. (Non sa come spiegare il suo arrivo) A sere indré a caminà e caminà… e… a ma so troat pèr caso dè ste bande … (sbalordito e non più stanco) Còsè? Ègne ad abità che?

BARBARELLA. Papà, a sere tat preocüpada pèr la tò salute che ao domandat ai tò amìs de ötam dato che lur i ta conòs ormai mèi de me . E lur i ma consigliat che la cüra migliur pèr te al sarès de turnà ad abità in doe a ta se sèmpèr istacc. Cioè che.

VITORIO. Ma otèr, (verso i suoi amici) ma sis mìa gnèc con me otèr?!

VALERIA. A ta ghe mìa de preocupas pèr chi poc malintesi che a ghè stacc.

BIANCA. Notèr an sa regorda zamò piö.

VITORIO. Dèlbù a si mìa gnèc con me?

ALFONSO. Macchè gnèc, alè töt pasat. Cosa dighèt Barbarella se egne me a töi alis dèl Vitorio?

VITORIO. Ma otèr a ölì che me a ègne ad abità che insèma amò a otèr?

EDOARDO. Ma cèrto, alè adoma pèr la tò salute, capesèt?

VITORIO. (Vittorio li guarda e capisce che c’è sotto qualcosa) Capese…

NICOLA. Ma pèr mìa ofènt la tò Barbarella nè! Alura cosa fet?!

VITORIO. (guarda i sei in silenzio. Si vede che sono tutti sulle spine per la sua risposta) E se al söcederès che me a stès mìa tat be ?

NICOLA. A ga so mìa forse me che ao stödiat medicina?

VALERIA. Ol me Nicola al ta cürerès e me a ta farès dè infermiera….

VITORIO. (Guarda di nuovo i sei in silenzio) E se aghès’imbisògn de asistensa anche de nòcc?

BIANCA. Ma a ga so me che veglierès sö de te come a ü fradèl. Vira Edoardo?

EDOARDO. Ma certo Bianca! Isse magare quando a ta dormèt se a ta scapès qualche nömerì…

VITORIO. (Guarda di nuovo i sei in silenzio) E se andès a finì sö öna sedia a rotèlle?

ALFONSO. Oh ma, pròpe töte a te i gavrès de capitat? (Caterina sgomita Alfonso che prosegue) … E se a ta saré sön döna sedia a rotèlle a ta portero in giro con me in biblioteca a lès.

CATERINA. E me a v’accompagnerò. Èdèt Barbarella che al sarès in bune mà!?

BARBARELLA. Al so, a ghere mìa di döbe che otèr a sirès di persune pèr be.

TUTTI E SEI. Còsa dighèt?

VITORIO. (Guarda di nuovo i sei in silenzio. Dopo un attimo si vede che è ritornato stanco. Ovviamente sta fingendo) Grazie amìs, ma me oramai a ma sènte tat istöf e tat vècc. La me eta alo zamò facia e adès alè ol momènt de posà pèr me. E al farò a cà de la me scèta Barbarella come alè giöst che al siès.

NICOLA. (Molto preoccupato) Vitorio di mìa isse. Notèr an ta öterès a metìt in sèsto…

ALFONSO. (Molto preoccupato) Cèrto! E dòpo a ta turneré compagn de prima …

EDOARDO. (Molto preoccupato) Mèi de prima col nòst aiuto!

BARBARELLA. Papà…

VITORIO. Grasie, grasie a töcc, ma chèste aiè i me öltime olontà. Lasìm che a va brase fò pèr l’öoltima olta (e abbraccia i suoi sei amici che stanno quasi per piangere. Vittorio senza farsi accorgere, sulla schiena di ognuno mette un biglietto con scritto: AVVLO FACIA’ Amò). Indom Barbarella. (Ed escono dal fondo salutando i sei) Ciao atöcc. Siate felici.

EDOARDO. (Mentre Vittorio se ne sta andando). A ta ga mancheré!

CATERINA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). An ta penserà!

ALFONSO. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Tègnèt de cönt!

BIANCA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). Ve a troagà!

VALERIA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). A ta sarè sèmpèr in di nòscc cör!

NICOLA. (Mentre Vittorio se ne sta andando). An ta speterà sèmpèr!

CATERINA. (Quasi piangendo). E ades cosa an farai?

ALFONSO. (Quasi piangendo). Ün otèr mìs isse e a dièntero mat …

EDOARDO. La nòsta eta sènsa i schèrs dèl Vitorio ala ga piö ü sènso … (e si gira in modo che Bianca veda il biglietto dietro la schiena).

BIANCA. (Smettendo di piangere) Edoardo, fam vèt?! Cosa a ghèt sö indre ala schena!?

EDOARDO. Me?

BIANCA. Cosel i’sto biglièt? (le si avvicina anche Caterina. Bianca glielo toglie)

VALERIA. ( si accorge che ce l’ha anche Nicola) Ma anche te Nicola a ta ghe ergot indre ala schena! (E lo toglie)

NICOLA. (Si accorge che ce l’ha anche Alfonso) Poa te Nicola! (e va a controllare anche Valeria, Bianca e Caterina. Ognuno alla fine ha in mano il proprio biglietto)

TUTTI E SEI. (Leggono assieme) AVVLO FACIA’ Amò. (Alzano lo sguardo dal biglietto e si guardano. Sorridono perché capiscono che è uno scherzo di Vittorio. Sono felici ora). Vitorio! Alè turnat ol nòst Vitorio! Grasie Vitorio! Eviva ol Vitorio!

VITTORIO ENTRA IN SCENA DAL FONDO CON BARBARELLA E ABBRACCIA GLI AMICI

SIPARIO