L’iniezione

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ULTIMA SCENA

L’INIEZIONE

PERSONAGGI:

MASTRO GIACOMO (Calzolaio)

VIOLA (Sua moglie)

MARIO (Loro figlio)

DOTTORE

SCENOGRAFIA

Arredamento a soggeto. Ambiente povero ma, ove siano essenzialmente presenti, un divano posto a centro della parete di fondo ed un tavolinetto davanti ad esso. Un deschetto da calzolaio a sinistra. Scarpe in disordine per terra e chiodi sparsi quà e là. Un ingresso a destra ed una porta interna a sinistra.

PREFAZIONE

Nella prima parte della farsa, che, in seguito, sarà curata nei dettagli e le cui battute e movenze dovranno essere scrupolosamente rispettate, lo scrivente autore, si limiterà a suggerire le indicazioni di massima sul tema conduttore dei dialoghi da interpretare, volendo dare sfogo alla libera interpretazione e fantasia del regista e degli attori stessi.

ATTO UNICO

Direttive sul tema iniziale:

 - Al levarsi della tela, Mastro Giacomo, mentre sta lavorando al suo deschetto, fischietta e canticchia un motivetto spiritoso.

 - La moglie, dall’interno, si lamenta per la baldoria che fa il marito.

 - Entra in scena ed incominciano a litigare per il disordine, per la mancanza delle cose di prima necessità, a causa del lavoro saltuario di Mastro Giacomo.

 - Si accusano reciprocamente di tutti i guai che ciascuno ha procurato all’altro nella loro fallita unione matrimoniale. Mastro Giacomo è accusato di ubriachezza, di essere manesco e svogliato nel lavoro. La moglie viene incolpata di non saper cucinare, di essere poco pulita, spendacciona e ciarliera. Vengono alle mani, le prende Mastro Giacomo, ma la moglie si lamenta di tutte le botte che ha ricevute.

 - Entra il figlio, con un lungo filone di pane in mano, mangiando. E’ un tipo che non si regge all’impiedi per il sonno e per la stanchezza, senza aver mai alzato un dito per lavorare.

 - I genitori si accusano reciprocamente di non avergli saputa impartire la giusta educazione. Litigano ancòra per la sua disoccupazione, mentre il figlio resta imperterrito a lamentarsi che non può mangiare in santa pace e lagnandosi esce verso l’interno dicendo:

MARIO:                            Me ne vado di là a finire di mangiare in santa pace e poi mi riposo un poco perchè sono troppo stanco.

GIACOMO:                      (Gridandogli dietro) Prima, però, asciugati bene il sudore. Avremmo fatto meglio ad allevare un porco.

VIOLA:                             Senti chi parla!.

GIACOMO:                      Stiamocene muti, lasciamo parlare solamente la madre del porco.

VIOLA:                             Attento, che ti tiro una scarpa in testa!.

GIACOMO:                      (Toccandosi le spalle, ancòra indolenzite per le botte ricevute prima) Vuoi prendere il resto?

VIOLA:                             Asino di un calzolaio!, a me dici "la madre del porco"?. Il porco sei tu, ancòra più porco di tuo figlio.

GIACOMO:                      Meglio, così salsiccia non te ne viene a mancare.

VIOLA:                             Altro che salsiccia!!! Non abbiamo nemmeno i soldi per comprare il pane. Siamo rimasti con le ultime trenta mila lire e vista la voglia di lavorare che avete padre e figlio, sarà meglio che da domani iniziate a fare lo sciopero della fame.

GIACOMO:                      Incomincia a lavorare tu. Vedi di rassettare un pò. Ci fai vivere in un porcile.

VIOLA:                             Giusto il posto che vi miritate. (Così dicendo si sta precipitando contro il marito per picchiarlo, quando incominciando a saltellare su un piede, grida per il dolore per essersi conficcata un chiodo in un piede). Ahhhiiiiii! Ahhhiiiiii! Morta sono, un chiodo nel piede mi si è infilzato!. Tutta colpa di questo disgraziato che va seminando i chiodi in tutta la stanza.

GIACOMO:                      Ma è un chido da dieci o un chiodo da dodici?

VIOLA:                             Si, la misura e la marca ti devo dire! Disgraziato, aiutami!

GIACOMO:                      (Chiamando) Mario, Mario, corri, vieni quà. (Ed intanto provvede a soccorrere la moglie).

MARIO:                            (Spuntando, lentamente in scena, sbadigliando) Che stanchezza oh! Stavo sognando di portare in spalla delle pietre enormi.

GIACOMO:                      Corri, vai di fronte a chiamare il dottore. Tua madre si è infilzata il piede in un chiodo.

MARIO:                            Proprio ora che stavo spostando tutti quei massi!. (E si avvia lentamente).

GIACOMO:                      In sogno. Non correre troppo velocemente, potresti inciampare!. (Mentre la moglie continua a lamentarsi, va a prendere il martello) Alza il piede, ti tiro fuori il chiodo.

VIOLA:                             Col martello? Vuoi piantarlo più in dentro?

GIACOMO:                      Ci sono i denti. Vedi? Alza il piede, ferma!, ferma!, non dare calci.

VIOLA:                             Ferma!, ferma!, ma che stai ferrando un cavallo?.

GIACOMO:                      Sei più pericolosa tu che un cavallo.

VIOLA:                             No, col martello no!. (Senza che il marito la tocchi minimamente) Ahhiiiii!, mi stai ammazzando! Vai a prendere le tenaglie.

                                            (Mastro Giacomo va a prendere le tenaglie e farsescamente, fra le grida della moglie, le estrae il chiodo). (Poco dopo, seguito da Mario, che si asciuga la fronte con un fazzoletto, entra il dottore).

DOTTORE:                       Buongiorno, che è successo?

GIACOMO:                      Dottore, mia moglie è sempre distratta e si è infilzata il piede in un chiodo.

VIOLA:                             Si dottore, da come dice mio marito, sembra che sia stato il chiodo a farsi male.

DOTTORE:                       Dov'è il chiodo?

GIACOMO:                      Deve visitare il chiodo?

DOTTORE:                       Mastro Giacomo, desidero vederlo per controllare se era arrugginito o no. (Mastro Giacomo gli fa vedere il chiodo) Meglio così, non era arruginito.

GIACOMO:                      Ora controlli se lo ha avvelenato.

DOTTORE:                       Signora Viola, alzi il piede. Ferma! Ferma!

VIOLA:                             Un'altro che ferra i cavalli c'è.

DOTTORE:                       Stia zitta, la sto visitando. (Esegue) Niente, signora Viola, stia tranquilla. E' una ferita molto superficiale, appena appena una scalfitura, non c'è bisogno di praticare l'antitetanica. Caso mai, per precauzione, le farò una iniezione di penicillina, intramuscolare, per prevenire una eventuale infezione.

GIACOMO:                      Dove? Nel piede? E' più facile che sia rimasto avvelenato il chiodo.

VIOLA:                             Sei tu il serpente velenoso. Dottore, perchè ha detto che vede "dentro le mosche volare".

DOTTORE:                       Signora, ho detto "Intramuscolare", all'anca cioè.

GIACOMO:                      Non è meglio se questa iniezione gliela fa sulla lingua. Almeno se nè starà muta per un pò.

VIOLA:                             (Piagnucolosa) Una iniezione? Mai!, mai!, mi spavento. Manco a parlarne, chi se ne è mai fatte iniezioni!

DOTTORE:                       E che è una bomba! E' una cosa da nulla, non abbia paura, non le faccio male.

VIOLA:                             Dottore, non si offenda, ma io non me la faccio fare da lei, questa iniezione.

DOTTORE:                       Allora gliela farà suo marito, oppure suo figlio.

MARIO:                            E chi sa farla?!!

GIACOMO:                      Dottore, io non sono capace: Mio figlio sa solo masticare e siamo a cavallo. Ringraziando Dio, in casa mia non abbiamo mai avuto bisogno di cure mediche, nè da piccoli nè da grandi. Neanche sappiamo cosa sia una iniezione. (Al figlio) Mario, vai a chiamare la signora Maria, può darsi che lei sappia farle.

DOTTORE:                       Ma scusi, mastro Giacomo, ci sono io e mandate a chiamare la signora Maria. Che figura ci faccio io nella qualità di dottore!? Mastro Giacomo, gliela fate voi. Farete tutto quello che vi dirò io. E' sempre bene che impariate. Chissà, in futuro, un bisogno urgente! (Mastro Giacomo fa le corna di scongiuro). (Il dottore estrae dalla borsa siringa ed ago, poi, rivolto a Mario): Mario, fammi un favore. Sterilizza in acqua bollente questa siringa e quest'ago, sbrigati.

MARIO:                            (Mentre si avvia scrollando la testa) E' disgrazia che mi porto dietro!. Devo fare, per forza, tutto io, in questa casa.!

DOTTORE:                       (Standosene un pò in disparte con Mastro Giacomo) E Mario che fa? Lavora?, lavora? (Intanto Viola è stata girata, distratta, a lamentarsi per il dolore).

GIACOMO:                      Non me ne parli, Dottore. (Alzando il tono della voce ed indicandosi il petto) Ho un chiodo conficcato quà.

VIOLA:                             Bene, mi fa piacere. Pure a te si è conficcato un chiodo nel piede!. Così ti toglierai il viziaccio di lasciarli dovunque.

GIACOMO:                      Dottore, questa iniezione, anzicchè di penicillina, non possiamo fargliela di stricnina? (Il dottore ride di  una risata particolare, trascinante, tanto che Mastro Giacomo, rifacendogli il verso scoppia a ridere dietro di lui).

VIOLA:                             (Al marito) Ringrazia Dio che mi trovo in questo stato.....

GIACOMO:                      Se fossi stata in un'altro Stato ti avrebbero fucilata.

VIOLA:                             (Poi al dottore) E pure lei la smetta, dottore!. Insegni a questo calzolaio di mio marito come mi dovrà fare l'iniezione, ma mi facccia il favore di restare girato dall'altra parte altrimenti mi metto a gridare come una pazza.

DOTTORE:                       (Piuttosto arrabbiato) Signora Viola, i pazzi stanno al manicomio. Non dobbiamo fare arrivare quì tutto il vicinato per una semplice iniezione! Piuttosto se ne stia muta e non parli per nessuna ragione, o sarà peggio per lei.

VIOLA:                             (Intimidita) Mi deve scusare, dottore. Non parlo, non parlo. Ahi! Madonna mia, che dolore! Mi sento strana, sto svenendo!. (E' un pò intontita ma non sviene e mentre Mastro Giacomo si premura ad aiutarla rientra Mario, portando in mano l'antica casseruola adatta a bollire ago e siringa).

MARIO:                            Presto, dottore, mi aiuti, si prenda questa casseruola.

DOTTORE:                       Ch'è troppo pesante?

MARIO:                            Ma che dite, dottore, ci sono abituato. Sapesse i macigni che mi sono caricato sulle spalle, poco fà! Mi stavo bruciando le mani.

                                            (Il dottore estrae dalla borsa una scatola di penicillina, tira fuori una fiala ed un flaconcino, inserisce l'ago nella siringa, poi):

DOTTORE:                       Allora, se volete imparare bene, seguitemi attentamente, e fate scrupolosamente tutto quello che vi dirò.

MARIO:                            Pazienza! Non avrò mai un attimo di riposo!

GIACOMO:                      La seguo, dottore, alla lettera.

DOTTORE:                       Lei prepari sua moglie.

VIOLA:                             E' già ora, dottore? (Preoccupata) Non si giri!

DOTTORE:                       Signora Viola, stia zitta, e non parli più per nessun motivo.

VIOLA:                             Zitta, zitta, mamma mia!

GIACOMO:                      E quanto sei fifona! Ora facciamo tutto quello che dirà il dottore e vedrai che in un minuto avremo finito.

                                            (Da questo momento in poi il dottore si rivolgerà a Mario che gli sta accanto, entrambi di spalle rispetto a Mastro Giacomo e alla Za Viola. Gli descriverà tutte le fasi della preparazione del liguido da iniettare mentre, Mastro Giacomo eseguirà fedelmente sulla moglie tutto ciò che il dottore starà dicendo. Il dottore prende la fiala in mano e comincia):

DOTTORE:                       Allora,.... cominciamo.... Si prende (Prende la fiala).

                                            (Mastro Giacomo prende la moglie, che stava seduta, tenendola con entrambe le mani lateralmente alle spalle).

                                            Si solleva....

                                            (Mastro Giacomo esegue).

                                            E si agita fortemente. (agita la fiala).

                                            (Mastro Giacomo scuote la moglie).

                                            Sempre più forte.....

                                            (Come sopra).

                                            Poi....

                                            (Mastro giacomo si ferma, in attesa di istruzioni, mentre la moglie, frastornata non sa reagire).

                                            Si danno due colpetti.... (Colpisce con l'indice il collo della fiala).

                                            (Mastro Giacomo dà due schiaffi alla moglie).

                                            e tac... si rompe. (Spezza il collo della fiala).

GIACOMO:                      (Controllando la moglie) Dottore! Ma non si è rotta!

DOTTORE:                       Si è rotta, si è rotta.

GIACOMO:                      Se lo dice lei!

                                            (Il dottore introduce l'ago della siringa nella fiala, mentre Mario sta attento a quello che fa lui, e tirando il liquido prosegue):

DOTTORE:                       Poi si tira...

                                            (Mastro Giacomo tira per le braccia la moglie, che gli oppone resistenza e tenta, a vuoto, di mollargli dei calcioni. Tuttavia, riesce a trascinarla verso la porta che da all'interno).

VIOLA:                             (Lamentandosi) Dottore, ma così si fa una iniezione?

DOTTORE:                       Stia zitta che è giusto. Vuole insegnarmi il mestiere? Le ho detto poi, mille volte, di non parlare od è peggio per lei. Perciò dicevamo... si tira e....(Introducendo l'ago nel flaconcino) poi si infila quà dentro, (riferito al pistoncino della fiala) .....spingendo.

                                            (Giacomo spinge la moglie attraverso la porta ad infilarla nell'altra stanza e poi si volta a sfregarsi le mani, ma, intanto, il dottore incalza, tirando fuori l'ago..):

                                            Poi si tira, di nuovo, fuori.

                                            (Mastro Giacomo va a tirare fuori, sgarbatamente, la moglie che gli  molla un bel calcione. Mastro Giacomo si lamenta in silenzio, mentre la moglie si ferma accanto alla stessa porta e davanti ad una sedia):

                                            Quindi, questa (riferito alla siringa) si posa sulla sedia o dove si può.

                                            (Mastro Giacomo afferra per le spalle la moglie e la fa sedere, violentemente, sulla sedia).

                                            E si agita fortemente..... (Agita il flaconcino).

                                            (Mastro Giacomo, scuote la moglie, così come aveva fatto prima).

                                            Poi si prende da sotto...(Riferito al flaconcino).

                                            (Mastro Giacomo afferra con entrambe le braccia la moglie, cingendola al di sopra delle ginocchia)

                                            e si capovolge. (Gira sottosopra il flaconcino).

                                            (Mastro Giacomo gira sottosopra la moglie, la quale finisce con las faccia rivolta verso i piedi del marito e poggia le mani per terra).

                                            (Intanto, il dottore infila l'ago nel flaconcino e prosegue):

                                            Poi si tira nuovamente.

                                            (Mastro Giacomo trascina, camminando all'indietro, la moglie, la quale appoggia a terra ora l'una ora l'altra mano, quindi, la conduce a distenderla sul divano).

                                            Ed ora che la signora è pronta sul divano, passiamo alla seconda operazione. (E si mette ad inzuppare la bambagia di alcool).

VIOLA:                             Oddiooo!!!! E meno male che era una cosa da niente! A due operazioni è finita?!

GIACOMO:                      Dottore, mi pareva fosse più semplice fare un'iniezione.

DOTTORE:                       Anzi io le ho facilitato il compito. L'ho fatta tutta io la prima operazione.

GIACOMO:                      Così va a finire: "Aprile fa i fiori e Maggio ne ha gli onori". Tutta lui l'ha fatta!!! Ed io sono tutto sudato!

VIOLA:                             (Alzandosi) Ch'è bravo, però, il dottore! Già mi ha fatta la prima operazione ed io anche senza "nastasìa" non ho sentito niente!.

GIACOMO:                      (Spinge la moglie per farla sedere sul divano. Viola, nel sedersi urta con i piedi il tavolinetto che si trova davanti al divano stesso). Siediti, (atteggiandosi) che ora ti facciamo la seconda operazione. (Rimproverandola) Ecco! la solita sbadata!  Attenta a dove metti i piedi. VIsto, che hai scorticato il tavolinetto?

DOTTORE:                       (Porgendogli, senza girarsi, la bambagia imbevuta di alcool). Ci strofini l'alcool.

GIACOMO:                      Ma lei dice che va bene?

DOTTORE:                       Ottimo, strofini. Signora Viola giri il viso dall'altra parte sennò le si abbassa la pressione per la paura.

                                            (Viola si gira e Mastro Giacomo si premura a strofinare, con la bambagia intrisa d'alcool, la parte graffiata del tavolino. Mario, intanto, rimane girato come lo stesso dottore).

GIACOMO:                      Dottore, sta divenendo così lucido che sembra uscito dalla fabbrica.

DOTTORE:                       Strofini, strofini.

VIOLA:                             Non vi girate sennò grido.

DOTTORE:                       Basta!. L'ha strofinato bene?

GIACOMO:                      E si giri a guardarlo, sembra uno specchio.

VIOLA:                             No, sennò grido.

GIACOMO:                      E ch'è!! glielo scorticano!!

DOTTORE:                       Mastro Giacomo, s'avvicini accanto a me. (Porgendogli la siringa) Tenga quà, e faccia esattamente come le dico io. Signora Viola vedrà che non sentirà niente.

VIOLA:                             Mi fa diventare sorda questa puntura?

DOTTORE:                       (Mostrando a Mastro Giacomo come tenere la siringa) La tenga in questo modo...così....ecco...Poi, dopo che avrà fatto penetrare l'ago spingerà piano piano col pollice questo pistoncino. Ha capito?

GIACOMO:                      Dottore, lasci fare a me. Ha visto che ho fatto tutto esattamente per come ha detto lei?

DOTTORE:                       Ora vada ad appoggiare la punta dell'ago giusto all'altezza dell'anca dal lato dove prima ha strofinato l'alcool.

GIACOMO:                      Dal lato del tavolinetto, allora?

DOTTORE:                       E bravo Mastro Giacomo, si ci è messo anche il segnale. Da quel lato, da quel lato. Vada. Quando sarà pronto stia fermo così e me lo dica.

                                            (Intanto che il dottore estrae il fazzoletto e si mette a pulire gli occhiali, Mastro Giacomo esegue quanto gli è stato detto e poi):

GIACOMO:                      Sono pronto dottore, ho preso la mira.

MARIO:                            Le deve sparare?!

DOTTORE:                       Benissimo, ora sollevi un poco il braccio...

                                            (Mastro Giacomo solleva il braccio, lateralmente, fino all'altezza della propria spalla).

VIOLA:                             Adagioooooo!!!

DOTTORE:                       Stia zitta e.......accidenti! Mi sono caduti gli occhiali. (Riprende gli occhiali, mentre, Mastro Giacomo rimane immobile nella sua posizione). Allora, Mastro Giacomo le stavo dicendo...sollevi un poco il braccio e....(Mentre, questi, solleva il braccio al di sopra della propria testa)...

VIOLA:                             Ahi!, ahi!, adagioooo!

DOTTORE:                       (Nervoso mentre gli ricadono gli occhiali) Ma insomma, per la miseria, stia zitta, mi ha fatto ricadere gli occhiali. (Mastro Giacomo resta fermo nella posizione poco fà descritta). Allora, riprendiamo.... Sollevi un poco il braccio e, delicatamente, con un colpetto secco...ZAC.....(Mastro Giacomo esegue all'istante, partendosi da cotanta altezza).

VIOLA:                             Ahhhhhiiiiiiiiii! Mammazzòòòò! Calzolaio, calzolaio, ahi! ahi!, calzolaio sei nato e calzolaio muori.

GIACOMO:                      Lo so, lo so. Sol perchè ti ho fatta una iniezione, credevi che mi fossi laureato in medicina?

MARIO:                            Abbiamo finito, finalmente!!! Ma dico io, questa è maniera di far lavorare le persone come le bestie!!! Sono stanco morto!!. (Rivolto al padre) Papà, chieda al dottore quant'è il suo onorario.

GIACOMO:                      Giusto! Dottore, che orario segna il suo orologio?

DOTTORE:                       Suo figlio intendeva dire il mio onorario, la mia parcella.

GIACOMO:                      Ah! M' immagino. Lei doveva avere una pagella con tutti dieci loti.

MARIO:                            Fior di loti!

DOTTORE:                       Lei vuole scherzare, mastro Giacomo, ma, purtroppo, per me si è fatto tardi, non ho tempo. Sol perchè è lei, mi deve trentamilalire.

GIACOMO:                      Trentamilalire? Viola, la prossima volta, per estrarti il chiodo vado a chamare il fabbro-ferraio. Mario, prendi i soldi. Non ti sbagliare con i pezzi da centomila!!!......... (Rivolto al dottore) Certo che l'orario, come ha detto vossignoria, le spetta. Quel che è di Dio è di Dio e quel che è Cesareo è Cesareo, non è vero dottore?

DOTTORE:                       Giusto, c'è parto e parto.

GIACOMO:                      Se ha premura che deve partire, non lo intrattengo. Arrivederci dottore.

MARIO:                            Papà tieni quà, c'eranu tutti pezzi da cinquanta e centomila, mi stavo sbagliando.

GIACOMO:                      (Facendo la mossa di consegnare i soldi al dottore, ma ritirando, prima che questi possa prenderli, il braccio per conservarli nella propria tasca) Allora, dottore, e sono diecimila (porge mille lire, come descritto sopra) e mi spettano per l'affitto dei ferri delle due operazioni......Altre diecimila....e mi spettano per l'operazione.....e le altre dieci mila....per la mancia dell'altro infermiere ....e fanno trenta mila quanto avete detto. I conti tornano, dottore?

DOTTORE:                       (Capendo l'antifona, sorridendo) E va bene, tornano, e come tornano!. Per partire partono ma poi tornano nella vostra tasca.

GIACOMO:                      Dottore, un bel bicchierino di liquore è quello che ci vuole!. (La moglie, alle spalle del dottore, fa cenno che non ce n'è). Anzi vai a fare il caffè per il dottore che se lo merita. (Viola si morde l'indice della mano destra, mentre il dottore sta asciugandosi la fronte).

MARIO:                            (Di nascosto) Pa', ma che dice? Non ne abbiamo!.

GIACOMO:                      Aspetta, figlio mio, non partire a razzo al solito tuo. Lascia perdere il caffè che al dottore potrebbe fare male e dopo gli viene la lucciola. Prendigli invece un bel bicchiere di acqua fresca che si disseta.

MARIO:                            Pa' è calda come il brodo.

GIACOMO:                      Ma come!!! Dottore ha tutta questa premura da non potere aspettare nemmeno per un bicchiere d'acqua fresca?!

DOTTORE:                       Veramente....

GIACOMO:                      (Spingendolo verso fuori) Non insisto, dottore, non insisto. Senti Mario, lascia perdere perchè il dottore ha da fare molte visite. Grazie di tutto, dottore.

DOTTORE:                       Buongiorno, buongiorno a tutti. (Esce).

GIACOMO:                      Esequie, dottore, esequie. (Mentre Mario conforta la madre, si rivolge al pubblico e):

                                            Ladro di un dottore, per un chiodo trentamilalire!!! Ma voi, voi che ridete ancòra, toglietemi una difficoltà: Questi chiodi, a quanto costano, al chilo?!!!

CALA IL SIPARIO