Carlo Goldoni L'IPOCONDRIACO
Intermezzo di due parti per musica
rappresentato per la prima volta in Venezia
l'autunno dell'anno 1735.
PERSONAGGI
RANOCCHIO MELINDA sua moglie.
PARTE PRIMA
SCENA PRIMA
Melinda sola.
Crepa, schiatta, in malora,
Prego il ciel che da vero
Ti venga tutto il mal ch'hai nel pensiero.
Si può sentir di peggio!
Sia maledetto il punto
Ch'io presi per marito un uom sì strano.
È grasso come un porco,
Ei mangia a più non posso,
E crede aver cento malanni addosso.
Ma l'ippocondria sua torna in mio danno.
Non vuol ch'esca di casa,
Non vuol conversazion: tutta la notte
Gli devo fare il contrapunto al pianto.
Giuro al cielo che voglio
Liberarmene presto, e so ben io...
SCENA SECONDA
Ranocchio e detta.
RAN. Ehi, Melinda, Melinda. (di dentro)
MEL. Un sol momento
Ei non mi lascia in
pace.
RAN. Melinda, dico. Oimè! Non mi
sentite?
Io vi chiamai sì forte,
Che
quasi in petto mi crepò una vena.
MEL. (Oh lo volesse il ciel!) Dolce marito,
Che volete da me?
RAN. Quelle finestre
Mi faranno crepar. Vel dissi ancora:
Serratele
in malora.
MEL. Aperte io le lasciai
Per esalar la puzza
Dell'olio, degli empiastri e degli unguenti,
E
del pessimo odor degli escrementi.
RAN. Oh questa si ch'è bella!
Volermi far morir per pulizia!
Appena appena intesi un po' di vento,
Mi si gonfiò la testa. Il cor mi trema
Che
mi venga nel capo un'apostema.
MEL. Possibile che a nulla
Vaglian tanti rimedi?
RAN. Oh Dio, nol so.
Dacché presi il mercurio,
Ch'oggi si è reso arcano universale,
Sento crescermi il male. Io non lo veggo
Passar per le calzette, oh me infelice!
Certo la pelle mia non avrà pori.
Che m'apran dopo morte io mi contento.
So
che mi troveran l'ossa d'argento.
MEL. Signor, non dubitate,
Quest'esperienza
farò far io stessa.
RAN. Il malan che vi colga!
Puol esser che crepiate
Prima di me.
MEL. Nol nego;
10 son sana però.
RAN. Vedrete in breve
Che sarò sano anch'io.
Già da un amico mio
Mi fu proposto un chimico eccellente
Che guarisce ogni
male, e non vuol niente.
MEL. È molto generoso!
RAN. È un uom dabbene.
Cinque doppie gli diedi
Per comprar gl'ingredienti,
Due per far il fornello, e tre per l'oro;
E il galantuom del suo vi mette i grassi,
11 carbon, la
fatica, il tempo, i passi.
MEL. (Oh quanti ne conosco
Di simil profession!)
RAN. Mi sento fiacco.
Presto,
presto da pranzo.
MEL. Son due ore di sole,
E volete pranzar?
RAN. Voi non sapete
Della mia infermità gli strani effetti; Questa mattina è tanto il mio tormento, Che mi mangio un cappone in un momento.
MEL. Io vado a preparar. (Sì, voglio darti
Un pranzo sulla giusta).
RAN. Abbiate a cuore
Questo povero infermo.
MEL. Non temete;
Del sincero amor mio certo voi siete.
V'amo (v'aborro),
Dolce marito.
Vorrei vedervi
(Morto) guarito.
Vi bramo sanato
(Vi bramo crepato)
Con tutto il mio cor. S'io dar vi potessi,
Diletto consorte,
La vita (la morte),
Avrei men dolor. (parte)
SCENA TERZA
Ranocchio solo.
Nelle miserie mie qualche conforto
Recami avere una consorte amante.
Poveraccia, talvolta
Mi fa pietà; con le sue mani istesse
Mi presenta i cristieri,
E ogni giorno pulisce i miei cauteri.
Oh quando finiran questi miei mali!
Quello che più mi spiace,
È che il medico mio di me si ride.
Dice ch'io non ho febbre, e pur mi sento
Sempre il polso alterato.
Dice che ho buona ciera, ed io mi vedo
Tutti i dì nello specchio
Che vengo secco, smunto, giallo e vecchio.
Oimè! Cos'è mai questo?
Mi batte il cor, mi palpita il polmone:
La sistole, la diastole,
Il diafragma, il pancreate e gl'intestini
Si rivoltan sossopra.
Presto, presto, acqua fresca: Melinda, dove siete?
Oimè, mi manca il fiato;
Più rimedio non v'è, già son andato.
Le gambe mi tremano, Le luci s'abbagliano, Mi manca il respiro, Non sento, non miro. Casco, casco: Saldo, saldo: Che freddo, che caldo! Vo tutto in sudor.
SCENA QUARTA Melinda da chimico, e detto.
MEL. |
Signor Ranocchio amabile, |
Perché così frenetico |
|
Sentovi esagerar per questa camera? |
|
RAN. |
Chi siete, mio bel giovine? |
MEL. |
Io son vostro umilissimo |
Servo divoto: un chimico. |
|
RAN. |
Quello forse...? |
MEL. |
Benissimo. |
Quel che vi manda il nobile |
|
Signor Pancrazio Fragola. |
|
RAN. |
Amico mio carissimo, |
Sedete, e discorriamola. |
|
MEL. |
V'obbedisco, signor; via comandatemi. |
RAN. |
Da questo viso pallido, |
Dagli occhi lagrimevoli, |
|
Da questo sputo torbido, |
|
Dal respirar difficile, |
|
Della mia infermità siete certissimo. |
|
MEL. |
(Che pazzo da legar!) |
RAN. |
Dentro lo stomaco |
Ho un acido insoffribile, |
|
Che struggeria in un dì più di sei pecore. |
|
MEL. |
Il polso? |
RAN. |
Agitatissimo. |
MEL. |
Lasciate ch'io lo senta: egli è durissimo. |
RAN. |
Alla vostra virtude io raccomandomi. |
MEL. |
(Sei ben raccomandato). Assicuratevi |
Del mio buon cor. Promettovi |
|
Guarirvi in breve termine. |
|
RAN. |
Ditemi, in quanti mesi? |
MEL. |
Adesso subito. |
Io non son di quei medici |
|
Che ad ogni lieve mal fan trenta recipe. |
RAN. |
La mia borsa lo sa quel che costumano! |
MEL. |
Nemmeno un di quei semplici |
Che un recipe medesimo |
|
Danno ai grassi ed ai magri, ai vecchi e ai giovani. |
|
RAN. |
Error troppo palpabile! |
Ma qual sistema è il vostro? |
|
MEL. |
Io degli empirici |
Sieguo l'usanza facile, |
|
Soave e sicurissima. |
|
Fondato il mio sapere ho nella pratica, |
|
Perché rerum magistra est experientia. |
|
Di chimica e spargirica, |
|
Di fisica e botanica, |
|
Ne so quanto mi basta; benché dicesi |
|
Ars longa, vita brevis, et caetera. |
|
RAN. |
Mi piace il vostro spirito, |
Già mi fido di voi. |
|
MEL. |
(Sei nella trappola). |
In questo vaso piccolo |
|
Chiuso è un licor mirabile |
|
Chiamato oro potabile, |
|
Che in italian vuol dire oro bevibile. |
|
RAN. |
Quello che cercan tutti, e mai nol trovano? |
MEL. |
Appunto quello. Io lo trovai prestissimo, |
E ve lo insegnerò con modo facile. |
|
RAN. |
(Ora son felicissimo). |
In grazia il vero ditemi. |
|
MEL. |
Prendete quel che chiamasi |
Ente primario, ovver prima materia, |
|
Unitela coll'acqua de' filosofi, |
|
Al foco distillatela, |
|
Ed avrete il mirabile |
|
Licor che rende l'uom robusto e vegeto, |
|
E può formar la traduzion metallica. |
|
RAN. |
Non intendo il principio: egli è oscurissimo. |
MEL. |
Così parliamo noi. Basta, prendetevi |
Per or la sanità. Tutto bevetelo, |
|
Se volete guarire. (È pien d'arsenico). |
|
RAN. |
Alla vostra presenzia |
Dunque lo beverò. |
|
MEL. |
Su via, finiamola. |
RAN. |
(Io so che questi chimici |
Soglion far dei spropositi). |
|
MEL. |
Perdete il tempo invan. |
RAN. |
Signor, io dubito... |
MEL. |
Di che? di che? |
RAN. |
Di qualche anteparistasi. |
MEL. |
Oh che sproposito |
Da ignorantissimo! |
Mi fate ridere: |
|
Ah ah ah ah! |
|
RAN. |
(Questo riso m'annoia). Orsù, sentitemi, |
Il licor beverò, ma compiacetevi |
|
Di berne prima voi. |
|
MEL. |
(Non bevo tossico). |
Signore, perdonatemi, |
|
Bever non dee la medicina il medico. |
|
RAN. |
Vi parlo schietto e libero, |
S'accresce il mio timore; io vuo' vedervi |
|
A berne prima voi. |
|
MEL. |
Quest'è impossibile. |
RAN. |
Perché? |
MEL. |
Perché egli è arsenico. |
RAN. |
Oimè, son sassinato. |
Melinda, moglie mia, correte presto, |
|
Melinda, mi lasciate in abbandono? |
|
MEL. |
Se cercate Melinda, io quella sono. |
RAN. |
Come? |
MEL. |
Sì; nauseata |
Dalla vostra pazzia, vi preparai |
|
Medicina opportuna ai vostri guai. |
|
RAN. |
Traditrice così?... |
MEL. |
Non siete buono |
Né per voi, né per me. |
|
Credei ben fatto |
|
Il mondo liberar da un lazzaretto. |
|
RAN. |
Oh donne infide! Oh simulato affetto! |
Fuggi dagli occhi miei, |
|
Mostro crudel tu sei, |
|
Perfida, ingrata. |
|
MEL. |
Sì sì, mi partirò, |
Di te che far non so. |
|
RAN. |
Moglie spietata! |
MEL. |
Più viver non voglio |
Con un lazzaretto. |
|
RAN. |
Cospetto cospetto! |
Raffrena l'orgoglio. |
|
MEL. |
Che puzza! |
RAN. |
Che caldo! |
Non posso star saldo. |
|
MEL. |
Va, prendi il mercurio. |
RAN. |
Tradir il consorte? |
MEL. |
Va, sposa la morte. |
RAN. |
Tu crepa. |
MEL. |
Tu schiatta. |
Sei pazzo. |
|
RAN. |
Sei matta. |
MEL. Tu degno non sei
Di viver con me.
RAN. Divorzio, divorzio,
MEL. } adue Iovoglioconte.
9
PARTE SECONDA
SCENA PRIMA
Melinda sola, da sensale da matrimoni.
Eccomi alfin ridotta,
Infelice Melinda, a mal partito.
Or sì che tornerei,
Benché pien di difetti, a mio marito.
Non avea finalmente
Il vitto a mendicar. Casa civile,
Abiti da par mio non mi mancavano,
La mia fatica alfin non era molta.
Infelice Melinda! Oh fui pur stolta!
Sotto mentite spoglie
Forzata sono a guadagnarmi il pane
Con il mestier scabroso
D'onorato sensal da matrimoni.
Il frutto ch'io ne cavo
Son le maledizion de' maritati.
Quando incontrano male,
Tutte le imprecazion vanno al sensale.
Ma veggo, s'io non fallo,
Il mio pover Ranocchio. Oh se potessi
Con lui pacificarmi!
Se non sapessi amarlo,
Vorrei fingerlo almen. Non è difficile
Il finger a noi donne. Eccolo; intanto
Mi ritiro: chi sa? Due lacrimette
Formano al cuor dell'uomo un grand'incanto.
SCENA SECONDA
Ranocchio e detta.
RAN. Qui giace il prestantissimo
Ranocchio infelicissimo Che ucciso fu per suo destin maledico, Non so ben se dal male, ovver dal medico. Ecco il bell'epitafio
Che imprimer destinai sul mio sepolcro; Serva ad altri d'esempio il caso mio: Intendami chi può, che m'intend'io. Oh destino fatale!
Dovrò morir senza consorte a lato?
Se l'ingrata Melinda
Non m'avesse tradito, avrei con lei
Finiti i giorni miei. Ma la crudele,
Che morto mi volea, no, più non voglio;
Fatt'è il divorzio, e d'ogn'amor mi spoglio.
MEL. |
V'è nessun che abbia desio |
(Di provar tormenti e doglie?) |
|
V'è nessun che brami moglie? |
|
(Che mestier meschino è il mio!) |
|
RAN. |
Amico, in fede mia |
Voi spacciate una buona mercanzia! |
|
MEL. |
Vi piacela, signor? |
RAN. |
Non so che dirvi! |
Mi piace, e non mi piace, |
|
Vorrei, e non vorrei, |
|
Ma temo di far male i fatti miei. |
|
MEL. |
(Vuò scoprir la sua mente). Io per le mani |
Ho partiti eccellenti |
|
Di donne ricche e belle, |
|
Di giovani, di saggie e di prudenti. |
|
RAN. |
Piano, piano, di grazia. |
Di prudenti? ah ah, siete pur tondo! |
|
MEL. |
Perché, perché? |
RAN. |
Ve ne son poche al mondo. |
MEL. |
E pur ne' di passati |
Una ne maritai così prudente, |
|
Che per non dar incomodo al marito |
|
Si fa servir da un cavalier compito. |
|
RAN. |
Che prudenza gentil! Ma voi al certo |
Farete gran denari. |
|
MEL. |
Oh v'ingannate; |
Appena appena vivo. |
|
RAN. |
E pur si fanno |
Cotanti matrimoni! |
|
MEL. |
È vero, è vero, |
Ma non sono i sensali oggi in concetto. |
|
Da certe donnicciuole |
|
S'usurpa il nostro lucro; il modo facile |
|
Delle conversazion, dei balli e giuochi, |
|
Oggi con pulizia |
|
Fa i matrimoni senza sensaria. |
|
RAN. |
Oh cosa mi narrate! Io che non pratico, |
A una tal novità rimango estatico. |
|
MEL. |
Siete voi ammogliato? |
RAN. |
Il fui pur troppo. |
MEL. |
Ed or? |
RAN. |
Fatt'ho divorzio. |
MEL. |
Perché? |
RAN. |
Perché la mia cara consorte |
Volea per carità darmi la morte. |
|
MEL. |
Dunque libero siete? |
RAN. |
Signor sì. |
Ma sono stanco ormai di star così. |
|
MEL. |
Volete maritarvi? |
RAN. |
Oh se trovassi |
Qualche buona occasion! |
|
MEL. |
(Fortuna, aiuto!) |
La volete voi bella? |
|
RAN. |
Oibò, pensate! |
Avrei poco giudizio |
|
A ricever in casa un precipizio. |
|
MEL. |
Dunque brutta? |
RAN. |
Nemmeno. |
Saria troppo schifosa. |
|
MEL. |
Giovine? |
RAN. |
Saria vana. |
MEL. |
Ricca? |
RAN. |
No, che saria troppo orgogliosa. |
La voglio di volto |
|
Né brutto, né bello, |
|
Ma che abbia cervello. |
|
Né troppo vecchia, |
|
Né troppo giovine, |
|
Né troppo ricca, |
|
Né troppo povera. |
|
Già m'intendete: |
|
Così e così. |
|
MEL. |
Ditemi in cortesia, |
Vostra moglie chi fu? |
|
RAN. |
Certa Melinda... |
MEL. |
Melinda? |
RAN. |
Sì signor. |
MEL. |
Io la conosco. |
RAN. |
Per verità l'amai quanto me stesso. |
Mi chiamavo felice |
|
Nella sua compagnia; già destinava |
|
Lasciarla erede universal del mio. |
|
MEL. |
(Erede universale? ahi, che ho fatt'io?) |
RAN. |
Mi piaceva il suo volto, |
Le sue maniere, il suo parlare... |
|
MEL. |
E poi |
Così l'abbandonaste? |
|
RAN. |
Mi volea avvelenar. |
MEL. |
Forte ragione |
Violentata l'avrà. |
|
RAN. |
No, v'ingannate. |
MEL. Vostro è l'inganno.
RAN. Oibò.
MEL. Dunque ascoltate:
Alla riva del fiume, ove più schiette
Corron l'acque tranquille,
Vezzeggiando coi luzzi e con l'anguille,
Oggi appunto s'udì
L'infelice Melinda a dir così:
«Dolce Ranocchio mio qual pan di zucchero,
Cor mio, fegato mio, mie care viscere,
Morirò senza te! Già il cor mi palpita,
Sento che dal dolor mi viene il vomito.
Almen queste mie lagrime
La colpa scancellassero
Che
ti rese ver me qual can tricerbero ».
RAN. Ahi mi viene il mio mal! non
più, tacete.
Che sudor! che tremor!
MEL. (Vien nella rete).
Indi così dicea: « Se Giove, o Venere,
Mi facesse rimettere
Nella grazia del mio Ranocchio amabile,
Sarei obbedientissima,
E fedel gli sarei più di Proserpina ».
RAN. |
Morirò, creperò, se seguitate. |
MEL. |
Or quest'ultime sue voci ascoltate. |
Ranocchio mio bellissimo, |
|
Io non ti vedrò più. |
|
Uh uh uh uh uh uh! (mostra di piangere) |
|
Consorte mio carissimo, |
|
L'idolo mio sei tu. |
|
Se ti vedessi |
|
Meco placato, |
|
Idolo amato, |
|
Giubilerei. |
|
E non vorrei |
|
Pianger mai più. |
|
RAN. |
Dove si può trovar quest'infelice? |
Amico, per pietà, se lo sapete, |
|
Additatela a me. |
|
MEL. |
Poscia trovata, |
Che farete di lei? |
|
RAN. |
Vuò ripigliarla. |
MEL. |
Non vi credo. |
RAN. |
Lo giuro. |
MEL. |
Qual giuramento? |
RAN. |
Udite che scongiuro! |
Se non sono a Melinda un buon marito, |
|
Prego il cielo di perder l'appetito. |
MEL. |
La volete veder? |
RAN. |
Sarò contento |
Se il ciel me la concede. |
|
MEL. |
Ecco dunque Melinda al vostro piede. |
RAN. |
Come?... |
MEL. |
Di già pentita |
Del mio commesso error, vi chieggo in dono |
|
Dalla vostra pietà grato perdono. |
|
RAN. |
Voi dunque in riva al fiume... |
MEL. |
Io piansi tanto |
Che la luce perdei quasi degli occhi. |
|
Mi volevo annegar; poscia pensai |
|
Ch'era brutta la morte, e tralasciai. |
|
RAN. |
Che pensate di far? |
MEL. |
Sarò obbediente. |
RAN. |
Qualche trama novella io già prevedo. |
MEL. |
Vi giuro fedeltà. |
RAN. |
No, non ti credo. |
MEL. |
Non mi credi? oh Dio, perché? |
Volta, o caro, gli occhi a me: |
|
Son quell'io che tanto amasti. |
|
RAN. |
No; sei donna, e tanto basti. |
MEL. |
Dunque, crudele, |
Vuoi la mia morte? |
|
RAN. |
Fosti infedele |
Col tuo consorte. |
|
MEL. |
Per quei soavi amplessi, |
Per quel sì dolce amore... |
|
RAN. |
(Oimè, oimè il mio core!) |
MEL. |
Che nostra gioia fu... |
RAN. |
(Oimè, non posso più!) |
MEL. |
Mio bel sol, non dir di no. |
RAN. |
(Più non resisto, no). |
MEL. |
Guardami almeno. |
RAN. |
Ti stringo al seno. |
MEL. |
È fatta la pace? |
RAN. |
E fatta, sì sì. |
MEL. RAN. } |
Risplenda la face |
a due Più lieta così. |
Fine dell'Intermezzo.