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L I S A

L I S A

di

Lorenzo Gioielli

Alcune necessarie premesse alla lettura: il personaggio di Andrea parla con il pubblico e con Lisa. Tutto accade nel suo ricordo, e nella sua immaginazione. Spesso, quindi, i due piani saranno mescolati, come per dar voce ai pensieri di Andrea. Ho comunque fatto a meno, salvo in alcuni punti in cui mi sembrava necessario, delle didascalie “al pubblico” o “a Lisa”. 
La scena dipende dalla fantasia del regista e dello scenografo. Alcuni elementi sono necessari: in primo luogo un orologio, ben visibile dalla platea, con una sola lancetta che indichi il conto alla rovescia dei minuti. Poi una scala a libretto, un tavolo, due sedie, e, probabilmente, un letto. Forse è possibile sostituire il letto con un piano inclinato.


Prologo
ANDREA Se avessimo un sestante, una bussola, un qualunque strumento che ci indicasse la strada forse nessun viaggio sarebbe inutile. La storia che mi è accaduta è la storia di un viaggio, appunto, che io ho compiuto senza strumenti e spesso mi sono perso. Vorrei che voi non vi perdeste (vorrei che nessuno si perdesse, mai) e per far questo devo darvi alcune indicazioni.
Sono uno scrittore di libri per bambini. Mi chiamo Andrea Dangéri. Ho trentasei anni.
Sono disteso su un letto d'ospedale.
Sono in coma profondo.
Voi assisterete agli ultimi 36 minuti del mio coma.
Incontrerete le due Lisa, mia moglie e mia figlia, abbracciate nello stesso nome. Incontrerete un automobile che sbatte contro un muro, gettandomi nella penosa situazione della partenza del viaggio. Conoscerete il Volo, così impossibile da afferrare, così necessario, il distacco da terra, così feroce. Andremo avanti e indietro nel tempo, ammesso che il tempo abbia un senso. Per cominciare una fiaba che mi raccontò Lisa, una notte di tanto tempo fa. Tutto quello che vedrete e sentirete non è una storia vera. E' la mia storia.
Grazie.


(L’orologio segnala l’inizio, il 36° minuto. Da questo momento ogni scatto della lancetta sarà indicato, in scrittura, solo con il numero del minuto corrispondente. In una messa in scena verrà anche segnalato da un suono.)
LISA (LEGGE DA UN LIBRO) Nel 19... una bambina di nome Lisa si avviò da sola verso una piccola radura. La radura non era molto distante dalla sua casa, e la strada per arrivarci era dritta, assolata, semplice. La bambina desiderava vedere cosa ci fosse al di là del piccolo bosco che copriva la sua vista, guardando dalla finestra della sua camera. Uscì di nascosto, perché sua mamma non voleva che si allontanasse senza permesso, camminò per pochi minuti ed arrivò alla piccola radura. Qui un esserino alto come uno scoiattolo ma identico ad un uomo stava scavando affannosamente una buca con una pala minuscola. Si voltò verso Lisa. "Cosa fai qui?" gli chiese la piccola. L'ometto si tolse il microscopico cappello di paglia, si asciugò il sudore e sorrise. "Sto scavando una buca." Anche la bambina gli sorrise. "Ma chi sei tu, e perché scavi una buca?" Nel chiedergli questo Lisa si era piegata fino a vedere distintamente le folte sopracciglia dell'ometto, ed il suo grande naso blu. "Il mio nome è Nasazzurro e la buca la scavo per lei." Così dicendo indicò, al margine della radura, un'altra bambina, distesa e silenziosa come se prendesse il sole, con un bellissimo vestitino bianco, bionda e con la pelle ancor più bianca del vestito. Lisa si avvicinò alla bambina distesa e le chiese "Cosa fai qui?" La bambina girò lentamente gli occhi e disse "Aiutami, ti prego, Nasazzurro vuole seppellirmi viva in quella buca." "Ma perché?" "Perché mi sono allontanata dalla mia mamma senza chiederle il permesso. Nasazzurro sente subito l'odore delle bambine disobbedienti, le incanta con gli occhi e le seppellisce vive." "Perché non scappi?" "Non posso. L'incantesimo di Nasazzurro è troppo forte. Aiutami, ti prego, portami via!" La bambina si chinò a prendere l'altra. "Lisaaa" la chiamò sua madre dalla casa al di là del piccolo bosco. Nasazzurro si avvicinò: "Tu hai chiesto il permesso per uscire?" Il suo naso vibrava minacciosamente ed i suoi occhi erano diventati due cerchi di luce che giravano lentamente. Lisa avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma non ci riusciva. "Sì, l'ho... l'ho chiesto..." I cerchi di luce giravano più velocemente. "Hai uno strano odore", disse Nasazzurro tirando su col naso, "un odore di bugia." Lisa sentì le gambe cedergli e cadde in ginocchio. Nasazzurro non abbandonava i suoi occhi. "Lisaaaaa" chiamò ancora la mamma, più forte. "Dovrò scavare un'altra buca", disse Nasazzurro, "oggi è proprio una giornata piena." I suoi occhi giravano ormai velocissimi. Lisa sentiva che stava cadendo a terra vicino all'altra bambina...
E l'altra gridò. Gridò come solo le bambine che hanno paura gridano. Gridò con tutta la forza della sua giovane voce. Gridò per salvare Lisa.
Nasazzurro si distrasse un attimo, levò gli occhi da Lisa, ed in quel momento la mamma chiamò ancora "Lisaaaaa". "Vengo mamma" rispose Lisa con quanto fiato aveva in gola. Nasazzurro la guardò ancora. I suoi occhi adesso erano tornati normali. "Vai" disse "tua mamma ti chiama." "E lei?" disse Lisa indicando la bambina a terra. "A lei non l'ha chiamata nessuno." disse Nasazzurro, e riprese a scavare la buca. Sul viso della bambina a terra comparve una piccola lacrima d'argento. Lisa si chinò a baciarla. Sapeva di fiori morti. 
Corse verso casa e non tornò più nella radura.


Minuto 35
ANDREA Sono disteso su un letto d'ospedale. Sono in coma profondo. Ho trentasette anni. Non ho più paura. Quello che sento è terrore puro. Terrore della mia mem... Vorrei un telefono, per parlare con tutto il mondo e dire come è assolutamente scomodo stare qui disteso posseduto da ogni genere di luccicante plastica tubiforme, dentellato, assottigliato, con una favola a farmi compagnia. La mia memo... 
Non riesco a dirlo. (LISA SI AVVICINA E GLI ACCAREZZA IL VISO)
Oh, oh, un attacco di dolorosa nostalgia, oh, oh, Lisa, oh, oh, chissà se mi si stanno bagnando gli occhi, chissà se mi si spezzerà, finalmente, il cuore, e la fine, così, la fine oh, oh, oooooooohhhooo...
Niente, non si spezza. 


Minuto 34
LISA No, non voglio. 

ANDREA Perché? 

LISA Non ora. 

ANDREA E' tutto pronto. No, non è vero, io non sono pronto.

LISA Neanch'io. Non siamo pronti.

ANDREA L'iniziazione sessuale. Rito tribale cui un essere senziente è automaticamente sottoposto, per la tempesta di varie sostanze denominate ormoni che rombano nel suo sangue una volta raggiunta la maturità. Sessuale, s'intende. L'altra maturità s'insegue sempre ed è normale non raggiungerla mai. Dietro il piacere che desta quel delicato visetto acceso dalla paura e dal desiderio c'è l'imperativo categorico della natura: date seguito alla vostra specie. Presto. Presto. (A LISA) E' un attimo.
LISA Non è vero. 
ANDREA Davvero, è un attimo. 
LISA Ma non mi farà male?
ANDREA No, non credo. Spero di no.
LISA Sei pronto a giurarmelo? 
ANDREA Mi chiedi troppo.
LISA Ti chiedo tutto.
ANDREA Tutto, avremo.
Eravamo distesi su un bellissimo prato. Era estate. Il prato era leggermente in discesa, e noi eravamo col sole sulle facce e sulle mani. Sudavamo. 

LISA A quell'età si suda tanto di fronte all'umido mistero del sesso. Sun paqos. 

ANDREA I suoi capezzoli erano rosa e mi ricordavano i maialini dei fumetti. Il mio sesso era eretto. Io ero completamente eretto, il mio cervello l'aria il sangue l'estate urlava nelle mie orecchie. Bocca... 

LISA ...occhi... 

ANDREA ...carne... 

LISA ...anima...

ANDREA ...carne...

LISA ...cuore...

ANDREA ....carne. Lingue (rosa, ancora i porcellini), denti bianchi, il bellissimo prato in periferia... (A LISA) Toccami almeno, toccami, toccami... Mi sarebbe piaciuto che fossi stata tu.

LISA Ma non ero io.

ANDREA Quanti anni avevo? Quindici, sedici?

LISA Era un tempo, era solo un tempo perduto. 
(CANTA) "Il nostro primo bacio 
di mattina 
distesi tra i papaveri
in collina."
(SI BACIANO)


Minuto 33
ANDREA Un boato. Uno schianto. Gli accessori del rumore, oggetti che rotolano, che si urtano, che si fermano. Così ho tentato di farlo finire. La mia lucida automobile contro un muro opaco. Lampi lamieranti nella notte. Si è voluto uccidere, avranno detto. Ha girato bruscamente lo sterzo ed è finito contro quel muro. 

VOCE PADRE (REGISTRATA) No, non l'avrebbe mai fatto. 

ANDREA Non lo so, papà, non lo so.
Ero uscito dall'ospedale, pensavo ai cartoni animati. Cosa ci farò con tutte quelle cassette di cartoni animati? Li rivedrò piangendo nel mio commovente moto di genitore tradito dalla sorte? 


Minuto 32
ANDREA (A LISA, CHE STA ORDINANDO DEI VESTITINI O DELLE VIDEOCASSETTE, E DEI GIOCATTOLI) Secondo te i giapponesi l'avranno mai visto Beep Beep e Vil Coyote? Hai notato che lo sbuffo di polvere che fa cadendo è sempre più sottile man mano che passano gli anni, una specie di "Pof", a dimostrare che non è grave, che Vil sarà di nuovo con noi dopo la pubblicità, che certo, il crepaccio era profondo novemilatrecentoquarantasette metri, ma lui non può deludere i bambini, tornerà e sarà più sano di prima, più arrabbiato, che grinta Vil, dai Vil, non sei solo, ammazzalo quell'uccellaccio alto.

LISA Will Coyote come metafora sostanziale dell'esistenza terrena. Dio, come sei profondo. 

ANDREA (PAUSA) Scusa. 

LISA A chi le diamo tutte queste cassette?

ANDREA Cosa ci farò con tutte quelle cassette di cartoni animati. Li rivedrò piangendo nel mio commovente moto di genitore tradito dalla sorte. E gli altri dolorosi accessori? vestitini biberon giocattoli...

LISA Questo le piaceva tanto. Ti ricordi come l'ha guardato la prima volta? 

ANDREA No, non me lo ricordo. 

LISA Ma sì, sembrava che non le importasse niente... 

ANDREA Davvero? 

LISA Sì, davvero e poi invece giocava solo con quello, ti ricordi?

ANDREA No. Non mi ricordo.

LISA Come fai a non ricordare? Come puoi non ricordare? Non ci resta che questo. 

ANDREA No, non è vero, io mi ri....

LISA Zitto. Non mentire. (PAUSA) Ricorderò io per tutti e due.

ANDREA Vorrei non ricordare, ma... 


Minuto 31
ANDREA La prima volta che la vidi ne rimasi deluso. Sono ancor più deluso adesso a pensare com'ero deluso. Come si può essere imprevidenti.
Era tutta sbagliata. Non c'è altro modo di dirlo. Lisa era sbagliata come un vento tiepido e profumato al Polo Nord. (A LISA, TENDENDO LA MANO) Andrea.

LISA Lisa.

ANDREA Gran bella festa, eh?

LISA Un pò troppa confusione.

ANDREA Fa caldo, eh?

LISA Sì, caldo.

ANDREA Non ci sono più le mezze stagioni.

LISA Già, non si sa come vestirsi.

(PAUSA)

ANDREA E se saltassimo i preliminari e andassimo a far l’amore?

LISA Prima qualche altra banalità. Comincio io?

ANDREA Ti prego.

LISA I neri hanno il ritmo nel sangue.

ANDREA Di mamma ce n’è una sola.

LISA Chi la fa l’aspetti.

ANDREA Valgono anche i proverbi?

LISA Certo.

ANDREA Mai piangere sul latte versato.

LISA Chi rompe paga.

ANDREA E i cocci sono suoi.

LISA Mogli e buoi dei paesi tuoi. Di dove sei?

ANDREA Apolide. Ho sempre l’imbarazzo della scelta. Andiamo?

LISA Magari domani. Portami al mare. Domani.


Minuto 30
ANDREA Scendere alla spiaggia non era stato né bello né piacevole. Come fosse, eravamo arrivati al finto deserto cellophanato ingombro pescemortato bagnasciuga. Asciugamano. Altra, la sua, al fianco distesa. 

LISA Crema solare? Protezione Sette. Prego. 

ANDREA Imbarazzo. Reggiseno calato. Finta scioltezza, liberal-topless esibito con pudica arroganza. Capezzoli ritti e richiedenti, intorno nessuno. Maggio. 

LISA Mi ti sei buttato addosso.

ANDREA Perché tu lo volevi.

LISA E da cosa avresti capito che io lo volevo? 

ANDREA Non è forse vero che lei ha provocato il povero vittimo con gesto e comportamento lascivo? 

LISA Obiezione, Vostro Onore! 

ANDREA Silenzio, lasci rispondere l'imputata, per dio. 

LISA Ma... Vostro Onore... Sono io l'imputata! 

ANDREA Faccia silenzio, ho detto. Ogni volta che apre la bocca mi viene voglia di riportarla su quella spiaggia e ricominciare da capo. (RIDONO)
Ci turbinammo intorno per ore. Quando fui completamente escoriato dalla sabbia non potei più protrarre l'attesa e giugulai un favoloso ti amo dal profondo testicolare della mia anima. 

LISA Davvero lo faresti?

ANDREA Cosa?

LISA Davvero ricominceresti tutto da capo?

ANDREA Mi è sempre piaciuta la zoologia, e tu sei il più bel mammifero che abbia mai visto. Che mammifero mammellato sei tu! Come ti stanno bene tutte queste emme! Sei il mio mammifero mammellato!
O eri?
o eri? (Scivolo scivolo scivolo nel... 


Minuto 29
ANDREA ...nulla che comunque mai davvero nulla è, sempre un piccolissimo pulsare della coscienza che ancora non si arrende all'evidenza del suo smarrimento, alla sola cosa che per me conti.
Finire.

LISA (CANTA)
"E il tempo sfiorirà
come le rose
ma non sfiorirà
questo mio amor
per te"

ANDREA Ancora la sua voce! Stavolta l'ho sentita, ne sono certo, allora è viva, sì, ballate e lanciate in alto le vostre ghirlande, che scorra a fiumi il vino e che il vitello grasso venga risparmiato, nessun sacrificio per il suo ritorno, solo danze canti, fuochi a mare e mare a fuoco, navi ballerine valzereggianti nella notte, che alzano onde immense e schiume merlettate, un milione di Venezie al secondo erette e svanite e mai dimenticate.


Minuto 28
ANDREA O forse no. Forse non è la sua voce.
Forse non è una voce. Neppure un suono. Sono io, amaramente solo. Sono io che non ho più nulla da ascoltare.
E' che io ricordo, io so, ma ancora non riesco a confessarmi.
Pazienza, un poco di misericordiosa pazienza.


Minuto 27
ANDREA Lisa è qualcosa difficile da definire. Distintamente ricordo che siamo stati sposati.
Cos'altro? (VA ACCANTO A LISA. HANNO APPENA FINITO DI FAR L’AMORE. LISA E’ IMMOBILE.)
Un caratteristico modo di piegare il viso col mento in avanti quando non capisce qualcosa, scolpito sulla fronte lo stupore che me la fa pensare bambina. 
L'assoluta incapacità di mentire, sconvolgimento ormonale dei vasi sanguigni del viso, affrottarsi di deliziosi globuli rossi inalberanti la strappata ed orgogliosa bandiera della femminilità.
Fianchi generosi con i suoi passati amanti, ed ora con me, fianchi che accarezzavo in dopo senza fine, inconoscibili senza un meraviglioso prima. 
Mani piccole e magiche di ansia ed esperta voluttà e matite, disegni, progetti, ed altri oggetti il cui uso era impossibile da riconoscere, chiaroscuri plastici di colonne e Venezie (da lei Venezia è stata eretta).
Venezia.
La prima notte che passammo insieme le dissi...


Minuto 26
ANDREA Potrei vedere i tuoi disegni?

LISA Magari dopo.

ANDREA Perché dopo? Adesso.

LISA No, non adesso. Adesso non è un buon momento. Non siamo ancora...

ANDREA Non trovava la parola. Le venne quella più banale. Ma era anche l'unica.

LISA ... in confidenza.

ANDREA Fino a dodici secondi fa sembravamo un solo grosso polipo agitato che si contorceva. 

LISA E’ stato brutto?

ANDREA E’ stato bellissimo. Credo che siamo abbastanza in confidenza.

LISA E se poi non ti piacciono?

ANDREA Perché non dovrebbero piacermi? (A PARTE) Se non mi piacciono ricorderò i tuoi disegni come il tentativo, riuscito, di non precipitare nel nostro amore, mi vestirò in fretta con falsa disinvoltura e adieu, cancella il mio telefono, partirò, partirò, come sempre sono partito e non potrai raggiungermi. Se non mi piacciono non mi vedrai mai più. (A LISA) Se non mi piacciono te lo dirò.

LISA No, non me lo dirai. Del resto io sono quello che disegno. (SROTOLA A TERRA UN LUNGO FOGLIO DI CARTA) Questo è un progetto che ho fatto per un campo giochi a tema. 

ANDREA Vedere è sconvolgente. Vedere é tutto.

LISA Il tema era Venezia, però c'era poco spazio a disposizione...

ANDREA Vedere il foglio lungo metri due alto centimetri quarantaquattro contenente Venezia come la immaginava lei...

LISA ...e poco tempo, come al solito...

ANDREA Venezia distesa sul lunghissimo canale della sua mano rosa e azzurra, spiegata alla mia piccola vista che l'abbracciava con il timore di vederla dissolversi di fronte al mio stupore.

LISA ...così ho dovuto fare una sintesi, cioè, avrei dovuto fare una sintesi...

ANDREA I suoi occhi di bestiola che si scusa per mostrarmi solo quella carta che aspetta di essere lodata o moderatamente ammirata.

LISA Ma sono riuscita solo a disegnare quello che sentivo per Venezia. Solo quello. Allora, non ti piace, vero?

ANDREA Io che non riesco a dirle niente...

LISA Puoi dirlo...

ANDREA ...lotto contro la commozione dell'evidenza della grazia, come non mi ero accorto che tu sei leggera e presente, come ho fatto ad essere tanto distratto e tanto lontano?

LISA Se non ti piace puoi dirlo.

ANDREA Come potrai mai perdonarmi?

LISA Non fa niente, lo metto a posto. (COMINCIA RIPIEGARE IL FOGLIO)

ANDREA (LA INTERROMPE) Così, forse? Con queste mani questa bocca questa pelle mi puoi perdonare? (L’ABBRACCIA) Se le stampo sulla tua bocca sulla tua pelle sulle tue mani?
Così, amore?


Minuto 25
ANDREA Non sono ancora morto. 
Credo.
Certo, è un problema capire se io sono davvero vivo. Ma non è difficile per me capire che sto ricordando. Sempre meglio. Donate i miei organi, spegnete le rotelle i tubicini le bombole, spegnete prima che ricordi, vi supplico.
Ma nulla potrà fermarmi. In fondo alla mia nave fantasma, sottocoperta, rinchiusa, messa ai ferri, ma ancora non domata, selvaggia una parte di me vuol continuare, vuole bere altra acqua e distendersi ad altro sole. Fino a quando l'amaro calice non conterrà più neppure una goccia.
Bene. Ricordiamo, allora. E poi, finalmente, alt.


Minuto 24
LISA (LEGGE DA UN LIBRO) Dopo un istante di trepida incertezza la candela si accese. La bambina sorrise alla luce. Avvicinò la mano per toccare la fiamma, ed era vicinissima quando il padre la fermò. "Brucia", le disse sottovoce per non spaventarla, "ti farà male." La bambina si voltò verso di lui. I suoi occhiali riflettevano duplicata la luce della candela. La bambina indicò i suoi occhiali. Il padre sorrise levandoseli. "Sono come due piccoli specchi, vero Lisa?" La bambina annuì contenta che lui avesse capito. Volle gli occhiali in mano. Il padre la prese sulle ginocchia e lasciò che le sue piccole mani afferrassero le lenti. La bambina se li mise. Rise a lungo. Il padre rise con lei. "Come è buffo il mondo, vero Lisa? Come è buffo se tutto è storto e sfocato. Sì, il mondo è un posto davvero buffo. Anche senza questi." Rimasero entrambi a guardare la candela e la notte che arrivava lentamente. La bambina rimase ferma, ed era così immobile che il padre, che non poteva vederla in viso, le chiese: "Cosa c'è, Lisa?" La bambina si voltò, ed indicando la luce della candela sul vetro della finestra "Bello" disse. Il padre la strinse più forte e la baciò a lungo sulla guancia. Poi si alzò tenendola in braccio e ballò con lei.
Se qualcuno fosse stato fuori da quella finestra, a notte alta, avrebbe visto una bambina e suo padre che dormivano abbracciati sul tappeto. Ma la candela era ormai spenta e il buio proteggeva il passante dall'intollerabile meraviglia di quella visione. (CHIUDE IL LIBRO) 
Quando l’hai scritto?

ANDREA Un paio di mesi fa.

LISA E’ successo davvero?

ANDREA (ANNUISCE)

LISA A Lisa piaceva tanto ballare. 

ANDREA Ricordare, dunque. Poi, alt.


Minuto 23
LISA (LOTTA PER NON PIANGERE) Pronto?

ANDREA Me lo disse per telefono.

LISA (CS) Pronto, Andrea?

ANDREA Lisa è così con me. Era così.

LISA Amore?

ANDREA Le cose importanti me le doveva dire subito, prima che fosse troppo tardi. Per lei, non per me, mentre ancora erompevano incompresse dalla sua animuccia selvatica. Tesoro, come stai?

LISA Amore...

ANDREA Già allarme, spiegarsi di sirene ululanti, lampi di luce rossi e blu...

LISA Io devo... devo...

ANDREA Cosa c’è?

LISA Devo dirti una cosa.

ANDREA Cosa c’è? (A SE’) Non rispondere, non rispondere, rimaniamo per sempre sospesi così, come a mezzo di un passo di tango, nella perfezione dell'incompiutezza.

LISA Amore... nostra figlia sta male.

ANDREA Buio. Cinque secondi virgola due di buio assoluto, cinquantadue decimi di nulla, cinquemiladuecento millesimi di universo precedente al Big Bang, il Nulla, il tic-toc eterno che si ferma, metronomo sospeso, il cuore non batte se respiro non me ne accorgo. Perché Lisa diceva sempre una cosa diversa dalla parola che pronunciava. Io la capivo sempre. Al telefono era più difficile, ma...

LISA Lisa sta male.

ANDREA Non voglio.


Minuto 22
ANDREA Ma ormai è finita, ricordo e ricorderò sempre meglio, è finita. 
Io sapevo cosa Lisa avesse detto davvero.
Aveva...

LISA Nostra... 

ANDREA ...detto... 

LISA ...figlia...

ANDREA ...nostra...

LISA ...sta male...

ANDREA ...figlia...

LISA ...Lisa...

ANDREA ...è morta.

LISA ...sta male...

ANDREA Lisa non sapeva mentire. Il suo tentativo di proteggermi per qualche ora mi straziava.
Nostra figlia è morta.
E adesso non so dove mettere questo dolore così più grande delle mie ossa, del mio stomaco, della mia mente, esce dappertutto e non finisce mai. Ripresi dopo cinque secondi virgola due il controllo di me.
Finsi di non aver capito, glielo dovevo. Come male? 

LISA Male...

ANDREA Non importa, vengo con il primo treno...

LISA Andrea...

ANDREA E’ troppo tardi per l’aereo.

LISA Sì...

ANDREA Non preoccuparti. (PAUSA) Ti amo.

LISA Sì...

ANDREA Arrivo domattina alle sette. (PAUSA) Non venirmi a prendere. (PAUSA) E aggiunsi uno stupidissimo stai tranquilla. 

LISA Andrea?

ANDREA Sì?

LISA Anch’io ti amo.

ANDREA Stai tranquilla.


Minuto 21
ANDREA (PRENDE IL LIBRO. LEGGE) In treno. Avevamo finto di dormire tutto il tempo fianco a fianco e non ci eravamo detti una parola. Solo un buonasera frettoloso appena entrati nello scompartimento, all'inizio del viaggio. Mentre albeggiava su Roma (che luce speciale ha il cielo della Puttana Santa, ce l'avevamo tutta sulla faccia) il treno attraversava la periferia. Guardavamo entrambi fuori dal finestrino. 
L'uomo si mise a cercare qualcosa nella sua piccola borsa. Tirò fuori un panino. "Vuole?" disse. Scossi la mano. Non avevo voglia di parlare. Mi stavo raccogliendo tutto per fare il grande salto sopra il Male che mi aspettava alla fine dei binari e tutte le mie forze erano pronte a scattare per quel solo motivo. Niente distrazioni, calma e sangue freddo, niente parole inutili, se non stai calmo, un vaso vuoto. Un vaso vuoto che si riempie del dolore di Lisa.
Ma niente, l'uomo voleva accompagnarmi nella discesa all'Ade armato del suo gommoso alla mortadella e dello straordinario buon senso dei viaggiatori al capolinea. 

VOCE VIAGGIATORE
REGISTRATA Il treno è puntuale. Arriveremo alle sette e dieci esatte.

ANDREA Morso al plastimaiale e sorriso. 

VIAGGIATORE Abita a Roma?

ANDREA Cenno del capo d'assenso il più scostante possibile, cazzimiei rimasto nell'aria, ma chiaro. Per sicurezza apro il finestrino ed in piedi guardo fuori, ostentatamente con l'alba sulla faccia, bello, nella mia altera e completa indifferenza.
Il mio orecchio sinistro coglie il gas uscire dalla bottiglia. Addizionata con anidride carbonica. Dopo l'offerta solida arriva l'offerta liquida.
Infatti, puntuale. 

VIAGGIATORE Vuole?

ANDREA Devo prendere la storia di petto, deve capire il mio stai zitto freddo, controllato e pericoloso. Lo devo fare per tutti e due, prima che non lo sopporti più e che scarichi su di lui tutta la mia rabbia. Imbecille. Mi volto di scatto. (SMETTE DI LEGGERE)
E rimango con l'aria contratta nei polmoni incapace di uscire dalla bocca, le corde vocali immobili e rigide. Capisco.
Vedo per la prima volta quell'essere che rumina la gomma panina lentamente, vedo la sua mano tesa con il bicchiere pieghevole dei bambini pieno di bollicine che sfuggono, vedo i suoi baffi grigi, la camicia di lana a quadri, i pantaloni di fustagno ,gli occhi gonfi di sonno, le orecchie enormi e rosse, il segno del bracciolo sulla sua guancia dall'occhio al mento, una cicatrice che nessuno può curare ma che scomparirà, e capisco quanto siamo stanchi e come ho bisogno di bere. (RICOMINCIA A LEGGERE)
Afferro il bicchiere, ingoio l'acqua.

VIAGGIATORE Ancora? 

ANDREA Sì. Ingoio. 

VIAGGIATORE Aveva sete, eh? Il treno fa venire sete.

ANDREA Richiude la bottiglia ed il bicchiere, si pulisce i baffi con la carta un poco unta. Stringe gli occhi per il sole. Il treno si ferma con un sobbalzo. Mi sorride. 

VIAGGIATORE Eccoci arrivati. 

ANDREA Non ho più sete. Sono pronto. (CHIUDE IL LIBRO) Per quanto si può esserlo. 


Minuto 20
ANDREA Lisa era mia figlia. E Lisa si chiamava anche mia moglie. Lo stesso nome l'avevo voluto io quando avevo visto quella strizzata urlante selvaggia neonata. Appena la vidi la chiamai "Lisa?" e lei smise di piangere. Dall'altra parte della barriera vetrosa, in mezzo ad altri cinque urlanti dormienti pensosi neonati, tutti col bigliettino di provenienza (il mio cognome Dangéri scritto da mano annoiata appuntato sulla gabbietta d'acciaio che la conteneva) io la chiamai piano, senza accorgermene. Vedevo solo il suo profilo digrignato ed i pugnetti chiusi, "Lisa?", e si girò verso di me, il Padre. Smise di gridare.
La scienza dice che non poteva vedermi, che mi avrebbe visto solo alcuni giorni più tardi, ed è vero, Lisa non mi vide.
Mi riconobbe.

LISA Ah, sei tornato finalmente... 

ANDREA No, tesoro, sei tu che sei venuta.

LISA Ma se sono sempre stata qui, ad aspettarti, che dici, come sei bugiardo, ma hai anche un gran bel sorriso, sei tu, no?

ANDREA Si, sono io, sono tuo padre. 

LISA Sei buffo.

ANDREA Anche tu sei buffa.

LISA Non sei cambiato per niente. 

ANDREA Da quando?

LISA Da quando ci siamo visti l'ultima volta.

ANDREA E quando è stato? 

LISA Non lo so, ma credo sia stato comunque troppo tempo. 

ANDREA Hai ragione, è stato troppo tempo. Ma ora siamo insieme, no? 

LISA Sì, siamo insieme. Ora, se permetti, vorrei riposarmi. E' stato un viaggio lungo, capirai.

ANDREA Certo, tesoro, certo. 

LISA La mamma, come sta? 

ANDREA Bene. Non vede l'ora di rivederti. 

LISA Anch'io. Bé, buonanotte.

ANDREA Buonanotte.

LISA Papà?

ANDREA Sì?

LISA Grazie.

ANDREA Si addormentò.


Minuto 19
VOCE MADRE (REGISTRATA) Un incidente. 

ANDREA La morte di mia figlia Lisa è stato un incidente. Come tutte le morti. 

LISA (TRA SE’) E’ volata. 

ANDREA Volò.

VOCE MADRE (REGISTRATA) Ha avvicinato la sedia alla finestra, ci è salita sopra... 

ANDREA Finestra, sedia avvicinata, arrampicata. Giù.

LISA (CS) Di chi è stata colpa? 

ANDREA Dei fabbricanti di sedie, della gente che stava passando di sotto, dei fabbricanti di ringhiere...

LISA (CS) E’ stata colpa mia.

ANDREA ...colpa mia, dei nonni, del portiere, degli antenati di tutti questi fino come minimo alla settima generazione, degli aeroplani e relativi piloti...

LISA (CS) Mia, mia, colpa mia.

ANDREA ...degli uccelli, delle farfalle colorate, delle formiche sul davanzale, dei sassi che perdiamo...
Impatto. 
Pof.

LISA (CS) Colpa mia.


Minuto 18
ANDREA A casa.
Le chiavi erano già nella serratura. 
Ora dovevo entrare. 
La porta dell'inferno si apre. Lisa. Mia moglie. Era seduta. Era raggomitolata su di una sedia. Non poteva vedermi, era di spalle. Le scarpe erano posate davanti a lei. Era scalza. Era sola.
Cercai un modo per risparmiarle la fatica di dirmelo. Vedevo solo le spalle e la testa reclinata. Sono a sei metri da lei. Sto arrivando, Lisa. Sono qui.
Cinque metri.
Quattro.
Ma inciampo in una bambola, e mia figlia mi corre incontro con i suoi maledetti giocattoli 

LISA il suo odore 

ANDREA mi spezzerò lo so 

LISA le sue bambole 

ANDREA il suo cavallo 

LISA l'odore della sua pipì la pasta di fissan e il latte e i formaggini 

ANDREA il fasciatoio 

LISA il suo lettino disfatto. Non si può chiedere questo ad un essere umano. Non ci si spezza, ci si frantuma e le schegge non si trovano più, finite sotto il letto, in cielo fra le stelle, nel profondo della terra.

ANDREA Si sopravvive.

LISA Quanto? E come? Perché? Perché si deve sopravvivere? Io dovevo chiamarla forte, forte, forte, dovevo gridare, Lisa sarebbe corsa veloce fino a casa e sarebbe rimasta con me. Dovevo gridare, dovevo alzarmi e gridare e chiamare ancora, senza fermarmi. Ora andrà nel nessun posto che non doveva conoscere prima di me nel nessun luogo buio, lei non aveva paura del buio, ma di questo? Cosa sentirà in questo? Cosa sentirà, lei che non voleva mai dormire, lei che non si fermava, lei che guardava la televisione con una mano sulla testa, lei che si accarezzava i capelli...

ANDREA ...come la madre, guardavano i cartoni animati ed erano sorelle con le bocche aperte e tornavo e mi salutavano a malapena perché i centouno cuccioli dalmata stavano per essere tolti dalle grinfie di Crudelia ma ora Crudelia ha preso il mio e nulla la farà tornare.
Annego nell'oceano del dolore. Mi lascio andare sul fondo, un galeone senza più nessun tesoro a bordo. 
Poi, Lisa si voltò.


Minuto 17
ANDREA Io sono ancora immobile, credo, in questo che, credo, sia un letto di comatoso moribondo. Commiserato, immagino, per le numerose disgrazie che mi sono capitate (due, in fondo, solo due). Al mio capezzale si staranno affollando sospiri, canzoncine, mani che mi scaldano e mi carezzano, nel vano ed orgoglioso tentativo di risvegliarmi, mia madre mi leggerà qualcosa...

VOCE MADRE (REGISTRATA) Nei libri c’è tutto, e la vita stessa senza i libri è una faccenda in fondo bella ma, come dire, menomata. E comunque i libri sono capaci di fare quello che nessuno può. Ti consolano. 

ANDREA Mi starà leggendo "Madame Bovary" e si starà commuovendo. Con un senso di colpa si riscuoterà, toccherà la mia mano temendo di non aver visto qualche impercettibile movimento che possa dimostrare il mio desiderio di... di vivere. Mi guarderà, e forse sarà tardi. 

VOCE PADRE (REGISTRATA) Nina?

ANDREA Mio padre avrà aspettato sulla sedia accanto, senza dir nulla. Ma quando c'è lui una luce chiara copre e riscalda tutto quello che c'è attorno. Perfino io devo sembrare vivo. 

VOCE PADRE (REGISTRATA) Andiamo, Nina? 

ANDREA La farà alzare e la porterà a casa. 
Mio padre e mia madre hanno pazienza. Torneranno domani. E il giorno dopo. Tornerebbero per sempre. Ma non sarà necessario. 


Minuto 16
ANDREA Poi Lisa si voltò. (APRE LE BRACCIA) Rimase a guardarmi stupita come se mi chiedesse cosa ci fosse più da abbracciarsi. Qual’era la cosa giusta da dire? "Vieni"? "Amore"? "Passerà"? Un'immensa stanchezza mi costringeva a lasciare andare le braccia lungo il corpo perché niente serviva più a niente.
Lei mi guardava.
Scalza.
Sola.


Minuto 15
ANDREA Sono qui, Lisa.

LISA Lisa è...

ANDREA Lo so. (SI GUARDANO. LUNGA PAUSA) Sentivo ad ogni istante crescere il silenzio ed allontanarsi da me per sempre la possibilità di fermare quella donna che aveva già posato la punta del suo piede nudo sulla strada di sua, di nostra figlia.
Non avevo niente da dire, ma DOVEVO dire.

LISA Il rapporto di causa-effetto non basta a descrivere la realtà. Troppi misteri tra noi e le cose. L'animale sa questo. Perciò il pesce abbocca ad un amo scambiandolo per qualcosa di commestibile. E dopo aver abboccato una volta, anche se si è salvato, riabbocca. Altrimenti morirebbe di fame. 

ANDREA Non ero preparato ai suoi occhi.

LISA L'animale non impara.
Se ne fotte dei Quanti di luce, delle Tre Leggi e della loro unificazione, e più in basso del teorema di Pitagora e di Euclide, e se ne fotte del quadrato costruito sull'ipotenusa. 

ANDREA Non ero preparato a questa piccola donna non più mia.

LISA Non collega, non sa nulla del buco dell'ozono, il futuro è esattamente come il presente ed il passato, domani è inimmaginabile oltre che estremamente improbabile. 

ANDREA Dovevo rispondere? Cosa? Cosa.

LISA Io ora vorrei essere un animale, senza nessun'altra voglia o speranza che Ora e Qui, la meravigliosa sensazione di essere acquattato in una tana soltanto con il desiderio di qualcosa da mangiare e molto sonno e l'inverno non finirà e quando arriva l'estate oh che sorpresa e poi da capo e sempre oh che sorpresa ed al massimo toh non si muove più cosa gli sarà accaduto? ma niente e poi non mi muovo più io cosa mi è accaduto? ma niente. 
Dormirò.

ANDREA (SI SIEDE ACCANTO A LEI) A volte contemplo quello che avrei dovuto dire a Lisa come fosse un messaggio che avrebbe potuto farci vincere la guerra contro la tentazione della fine che ci soffocava. 

LISA Ma neanche gli animali sono così. Su questa terra tutti si affezionano alle creature più improbabili, delicate, spaventose e misteriose. Perfino alle cose ci si affeziona, ai sassi levigati dal mare, agli alberi, alle automobili, alle città. Costruiamo il nostro rimpianto amando esseri e oggetti che, un giorno, non ci saranno più, che siamo sicuri scompariranno. Ma a volte ci affezioniamo a chi siamo certi ci sopravviverà, trasmettiamo il calore della nostra mano al sasso, collaboriamo alla sua lucentezza, e chiamiamo questo eternità. Un giorno perdiamo il sasso, e allora? La nostra eternità 
pof 
svanita, l'ultima puntata di Vil Coyote. 
Se perdiamo un sasso.
Siamo tanto bravi.
E così tragicamente imprevidenti.

ANDREA Qual'era la cosa giusta da dire? Per vincere la guerra tutto sembrava poco. Poco. 
Così il messaggero non partiva. Rimaneva con la polverosa divisa in attesa, le membra tese e il pezzo di carta con su scritta la frase magica attentamente ripiegato in quattro parti, chiuso nella sua mano sudata, vada, soldato, presto, no, un momento, lo fermo sulla porta della volontà, si volta verso di me con uno sguardo spazientito, stia calmo soldato, mi ridia il messaggio, manca forse la dichiarazione d'amore, la faticosa ammissione d'impotenza, oppure manca l'appoggiati-a-me, a me, a me... Così non riuscivo a dire nulla.

LISA Io avrei potuto salvarla, se fossi arrivata in tempo, avremmo potuto, se fossimo state insieme, volare. 
Voliamo sopra un aliante immenso e silenzioso, Lisa, voliamo senza termine e senza spazio, voliamo sull'estremo limite dell'orizzonte e contempliamo le case, le strade, i campi. Voliamo con le ali spiegate e quindi richiudiamole per tuffarci in basso, e risaliamo dondolandoci sulle correnti. 
Se ci fosse stato tempo, ti avrei condotta in alto, amore, e queste mani ti avrebbero sollevata, ti avrebbero fermata, salvata. Ti avrei tenuta sospesa con il mio amore per te, che avresti trasmesso sul telegrafo del mio, tuo, nostro sangue a tutti i naviganti della nostra specie.
Se ti avessi salvato ti avrei portato per tutta la terra a mostrare il miracolo della tua esistenza, dei tuoi capelli e della meravigliosa piega delle tue mani semichiuse e degli occhi, i tuoi occhi cosi aperti. Sulle mie spalle ti avrei condotto per anni crescendo con te ed insegnandoti che io non avevo nulla da insegnare a te che tutto già sapevi. 
Ti avrei sorretta, se tu avessi avuto Futuro, solo Futuro, quella cosa semplice che anche le mosche hanno e che a te è stata negata.
Come sarebbe stato il tuo nessuno lo sa.
Mia adorata figlia, io resterò per sempre con te sulle spalle e per sempre ti porterò, qualunque sia il tuo peso, qualunque fatica la memoria di te mi costringerà a sopportare.
Perché tu sei stata, sei e sarai più della mia vita stessa.


Minuto 14
ANDREA Dormimmo.
Non è vero. Ci agitammo nel letto senza pace, senza più posti dove andare. Non si dormirà mai più, pensavo. Invece alla fine chiusi gli occhi. All'alba non la trovai accanto a me. 
(LISA E’ IN PIEDI. SEGUE LENTAMENTE QUALCOSA SUL PAVIMENTO.) Che cosa c’è, Lisa?

LISA Niente.

ANDREA Come, niente? Che fai?

LISA C’è una formica.

ANDREA La seguiva con attenzione, in piedi col busto reclinato in avanti, i capelli le coprivano la faccia. La ricordai nell'altra notte quando parlammo di una bambina, della notte che Lisa fu concepita. (ANDREA SI AVVICINA A LISA, LE TOCCA LA SCHIENA, LA GIRA VERSO DI SE’, L’ABBRACCIA, S’INGINOCCHIA DAVANTI A LEI, LE BACIA IL CORPO, IL VENTRE, SEMPRE PIU’ APPASSIONATAMENTE. LISA GLI ACCAREZZA LA TESTA, GIOCA CON I SUOI CAPELLI, LONTANA. ANDREA SE NE ACCORGE, SI FERMA, SI ALZA IN PIEDI. RIMANGONO FERMI, A GUARDARSI.)

LISA Quanto vivono le formiche?

ANDREA Non lo so. Due, tre mesi.

LISA Così tanto?

ANDREA Credo di sì. Domani cerco di scoprire da dove vengono e le...

LISA No. (PAUSA) No.

ANDREA Come vuoi. (LISA RICOMINCIA A SEGUIRE LA FORMICA) Io andai in bagno per pensare, solo per pensare.
Quando tornai Lisa era a letto. Sul suo comodino un pezzo di pane secco, venuto da chissà dove. La formica si allontanava per la via da dove era venuta, fra le piccole mandibole una briciola enorme. Piano, piano ricominceremo. Mi distesi accanto a Lisa. Aveva gli occhi chiusi.
Ma non dormiva.


Minuto 13
LISA Io vorrei che fosse una bambina.

ANDREA Ma così il nome dei Dangéri si estinguerebbe.

LISA Magari faranno una legge nuova. Già pensi ai nipoti?

ANDREA Dovrebbe venire bella come la mamma. Se qualche medico mi dà questa certezza, la femmina va bene.

LISA Il maschio potrebbe essere il secondo. Preferirei allenarmi con una femmina, prima.

ANDREA Perché?

LISA Saprei cosa dirle, come trattarla. I maschi sono diversi. Sono così... così....

ANDREA Maschi.

LISA Bravo, sì, maschi.

ANDREA Ho una notizia sconvolgente per te: anche le femmine sono femmine.

LISA Speriamo sia straordinariamente spiritosa, come il padre.

ANDREA O altissima, come la madre.

LISA Nelle botti piccole c’è il vino buono.

ANDREA Non è stato mai provato scientificamente. Magari nelle botti piccole c’è il vino peggiore.

LISA Questa botticella com’è?

ANDREA C’è del vino meraviglioso, qui dentro, nettare direi, nettare degli dei. Ma potrebbe essere un caso.

LISA Speriamo di no. (PAUSA. LO GUARDA) Ti ho mai detto che ti amo?

ANDREA Qualche volta. Mai abbastanza.

LISA Ti amo.

ANDREA Quanto?

LISA Eh?

ANDREA Quanto mi ami?

LISA Fra i due e i tre chili.

ANDREA Più precisamente?

LISA Due chili e novecentonovanta grammi.

ANDREA Non è molto.

LISA La mia capacità di amare è di tre chili.

ANDREA Hai mai amato qualcuno tre chili?

LISA No.

ANDREA Potrebbe capitare?

LISA Sì. Nostra figlia.

ANDREA (PAUSA) E’ già deciso che sarà una bambina, allora?

LISA Secondo me ci vengono meglio.

ANDREA (PAUSA) Anch’io ti amo. Ma non riesco a trovare una bilancia tanto grande da pesare il mio amore.

LISA (APRE LE BRACCIA) Fammi provare, mettimelo tutto addosso.


Minuto 12
ANDREA Allora Lisa fu concepita.
I suoi capelli le coprivano il viso, invasi il corpo di una sconosciuta, le sue reni crollarono nel sospiro ooooohhhhh liberatorio, alto e potente nella notte, tremante cessazione degli spasmi. Ma il viso non lo vedevo, solo la bocca emergeva a tratti dalla lucentezza dei capelli, e la lingua, che mi piegavo a dissetare. 
Non lo vedevo, non vedevo il suo viso. Allora, finito, finito tutto, le scostai i capelli, oh, con quanta infinita tenerezza, portai alla luce il tesoro del suo sorriso felice, ad occhi chiusi. Sembrava ascoltare una musica lontana, dentro di lei. Il suono di nostra figlia che, per la prima volta, nasceva.


Minuto 11
(LISA E ANDREA FANNO COLAZIONE: UN TAVOLINO, CAFFE’, PANE, LATTE...)

ANDREA Ascoltami, ti prego.
Ascoltami, mio bene, mia colomba, Lisa mia. La tragedia è qui, seduta con noi.
Prendo il pane, lo rompo, me ne cibo, tu ti alzi a prendere l'acqua, non mi guardi, ascoltami, per favore, sei chiusa nella lontananza del tuo dolore, è impossibile richiamarti,
ascoltami, io non posso richiamarti, ascoltami, io che solo più di tutti, no, certo, non di te, scusami, io secondo nella solitudine, come tutti al tuo confronto, non riesco a rispondere al tuo sguardo, ascolta, io che urlo senza voce e senza... Mi capisci? Non saprei da dove cominciare per testimoniare l'assoluta mancanza del necessario, che si è per-du-to, guardami, quando ti parlo, e che non torna, anche se lo aspettiamo alzandoci tutte le mattine e ripiegando i vestiti la sera. Non torna. Ci guardiamo stupiti e sconvolti senza riconoscere quello che eravamo. 
Parlami.
Almeno guardami per un istante come mi guardavi prima, guardami,
io vivo per quello sguardo, non in questo assillante silenzio che non esplode mai. 
Parlami.
Ma non abbiamo niente da aspettare, è accaduto.
Guardami.
Ma è accaduto. E' morta.
Non c'è nulla da aspettare o da fare. Tornami vicina e piano, te l'ho detto, piano, ricominceremo, riprenderemo da dove abbiamo lasciato.
Dove eravamo?
Tu non mi guardi, amore. Tu non mi senti, amore.
Come ti devi sentire sola. Come sei sola.

LISA Ti ricordi quando siamo stati a Venezia?

ANDREA Certo che me lo ricordo.

LISA No, non è vero. Ma non fa niente. 

ANDREA Ma no, davvero, me lo ricordo. “Dove va tutta l’acqua che avanza?” Ha detto così.

LISA Sì, così. Andrea?

ANDREA Sì?

LISA Non ho fatto in tempo. (PAUSA) a dirle quanto e come l'amavo, e perché. 


Minuto 10
ANDREA Anch’io non avevo fatto in tempo. Dovevo prendere una fotografia che avevo nascosto, un piccolo pezzetto di carta con su stampate le mie amate, la madre in ginocchio, la bambina con le braccia aperte, dietro i piccioni e la sfolgorante piazza San Marco, le scarpine bianche, il vestitino a fiori blu con cui andava anche a dormire. Ma quasi non la riconoscevo. Finché l'avrei dimenticata. 
La madre e la bambina attendono che io faccia i biglietti. La madre riavvia i capelli della figlia con un gesto esperto e preciso, come prima di un grande evento. Siedono poi, prendendo posto sul traghetto, serie e compunte. Io solo so quanto sono emozionate. La mamma aspettava che lei fosse appena un poco più grande per portarla a Venezia. Ora erano pronte. La bambina era diventata attenta non appena scesi dal treno. Guardava intorno, stupita e sconcertata della grandezza del mare e della piccolezza dei canali, dove va tutta l'acqua che avanza? 
La madre e la bambina siedono silenziose, insultate dal vento ed ugualmente indifferenti, tenendosi per mano, guardando il tramonto davanti ad esse, insopportabile nella sua bellezza veneziana.
Da dietro, sedute, i loro busti diseguali e simili, sembrano vicine al cielo.
O forse, è il cielo che si è avvicinato per guardarle meglio.


Minuto 9
ANDREA Era un deserto di silenzio. Di atti, di cose e di silenzio. Tutto senza significato. Credevo. Oggetti. Pane, bicchieri, vestiti. (A LISA) Avremo altri bambini. Siamo ancora giovani. Tu, sei giovane. Vedrai, non ci saranno difficoltà. Potremmo...

LISA Lo so.

ANDREA Poteva capitare a tutti, ed è capitato a noi. L'importante è... è ricominciare, sì, rialzarsi e ricominciare. Siamo ancora vivi. Siamo ancora...

LISA Sei sicuro?

ANDREA Cosa?

LISA Sei sicuro che siamo ancora vivi?

ANDREA Sì, ne sono sicuro. E siamo ancora insieme.

LISA Sei sicuro?

ANDREA Lo spero. (L'ABBRACCIA) Non siamo più insieme?

LISA Certo. Certo. (SI SCIOGLIE DALL'ABBRACCIO. PAUSA)

ANDREA Avremo altri figli.

LISA L'hai già detto.

ANDREA Ma è vero. Se stiamo ancora insieme e siamo vivi avremo altri figli. E' una semplice cazzo di realtà che non puoi eludere. Semplice, chiara, netta: due persone hanno vissuto una tragedia, ma insieme, capito? INSIEME, vanno avanti, vivono la loro vita, hanno altri figli, continuano, avanti, avanti, non possono fermarsi, perché sono vivi e si amano. Mi ami ancora? (LISA RIMANE IMMOBILE) Hai sentito? (LISA ANNUISCE) Mi ami ancora? (PAUSA) Guardami. (LISA SOLLEVA IL CAPO) Avremo altri bambini. Avremo altri figli, Lisa. 

(RIMANGONO A FRONTEGGIARSI IN SILENZIO. ALL’IMPROVVISO LISA SI SCAGLIA CONTRO ANDREA, PICCHIANDOLO, GRAFFIANDOLO. ANDREA CERCA DI FRENARLA. LISA CONTINUA A COLPIRLO. ANDREA SMETTE DI DIFENDERSI. ALLA FINE LISA SI FERMA. POI GLI TENDE LE MANI, COME PER ABBRACCIARLO. ANDREA RIMANE IMMOBILE.)

ANDREA Non sono pronto a venire con voi (LA COLPISCE), lasciatemi qui. (LA COLPISCE, PIU’ E PIU’ VOLTE. POI LE PRENDE LE MANI, LE PRENDE IL VISO, L’ABBRACCIA STRETTA STRETTA) Lisa non si difendeva, Lisa sanguinava.
Come ho fatto a non accorgermi della tua fine, amore?


Minuto 8
VOCI REGISTRATE 
DI LISA MAMMA E 
FIGLIA "Un, due, tre, quattro, cinque, sei,"

ANDREA La canzoncina che Lisa-donna cantava a Lisa-bambina, la pulce che le camminava in grembo, la pulcedito che saltava irrefrenabile.

V.R. "un saltino e sono
sulla gamba di costei"

ANDREA Un saltino e il suo indice si posava sulla pelle bianca della mia bambina.

V.R. "mi permette un morsettino" (RIDONO)

ANDREA Ride Lisa e ride la madre per il piccolo fragile tenerissimo pizzico e braccia e braccine che si aprono come in uno specchio.

V.R. "scusi non ce l'ho con lei"

ANDREA Dita che si alzano insieme a contare ma sono soltanto cinque.

V.R. "Un, due, tre, quattro, cinque, sei"

ANDREA Il sesto dito dimenticato in un'alzata di spalle.

V.R. "la pancina adesso è piena"

ANDREA La pancina delle mie Lise.

V.R. "ciao... goodbye..."

ANDREA La mano materna corre lungo la piccola gamba per raggiungere...

V.R. "aufviedersehen" (RIDONO)


ANDREA ...l'ombelico, palpiti di solletico, risa sfrenate, abbracci, mani, bambina, madre, mogli, figlie, l'universo per un totale di settantaquattro chili racchiuso nella felicità di quell'istante. 


Minuto 7
ANDREA Sono ancora disteso nel letto del mio coma, ancora incosciente, ancora morente. Quasi ascolto il sussurrare che nei corridoi più lontani pietosamente nasconde l'ultima verità a malati terminali, la gioia trattenuta del successo di un'operazione chirurgica, la lenta attesa della visita parenti, l'echeggiare dei giochi a premi dai piccoli televisori portatili. Ascolto con pazienza il fluire della speranza. Bellissimo perché supera il dolore fisico, anzi se ne serve. Comunque sono ancora vivo, perché mi fa male. Temo ci sia una piccolissima gratitudine celata nei corpi ammalati per questa fatica che conferma la vita. Piccolissima, non bestemmio, comunque avvertibile.
A me non fa male niente. Questa è la mia pena.
Ma devo raccontarmi ancora come ci sono arrivato su questo letto.
E devo raccontarmi un’altra cosa. 
Poi, credo sarà finita.


Minuto 6
ANDREA Il volo è contagioso. Si ammira all'inizio nelle sue forme più semplici, animali, preferibilmente, e solo a una certa età ci si domanda come faccia la farfalla ad alzarsi, per poi giungere alla domanda veicolo del virus.
Perché?
Perché la farfalla e i suoi complici volatili si lasciano trasportare dalle correnti, o lottano, ognuno con le proprie smisurate o minuscole forze, contro di esse?
E’ il perché che trasporta nel sangue il bacillo del volo.
Ma è l'esempio che fa esplodere il desiderio.
Qualcuno si tuffa davanti a noi, e non possiamo che seguirlo.


Minuto 5
ANDREA (COMPARE LISA SU UNA SCALA, VESTITA SOLO DI UNA CAMICIA DA NOTTE BIANCA)
Volò.
Mia moglie Lisa volò. 

LISA Mi avvicinai alla finestra e la spalancai, respirai l'aria del mattino... 

ANDREA Il sole la disegnava bambina.

LISA Misi il piede sul davanzale.

ANDREA Dal letto capii cosa stava...

LISA Faceva freddo, avevo paura.

ANDREA ...succedendo ma non credevo...

LISA Allargai le braccia e il vento gonfiò la camicia da notte.

ANDREA ...non credevo, NON CREDEVO...

LISA Mi voltai per sorridergli. 

ANDREA Piangeva. Finalmente piangeva.

LISA Corse verso di me ma io ero già...

ANDREA Volò...

LISA Il mio grido e il suo furono per l'ultima volta una cosa sola.

ANDREA (LE AFFERRA UN POLSO) Lei mi diceva addio e io tentavo di trattenerla qui con me, che non se ne vada, che rimanga a soffrire con me per sempre, niente più che questo.

LISA Guardai per l’ultima volta il suo viso. Non lo amavo?

ANDREA Resta, ti prego, resta.

LISA Oh sì, lo amavo, tanto. Ma dovevo andare.

ANDREA Farò tutto quello che vuoi.

LISA Mi dispiace.

ANDREA E’ per ieri sera? Perdonami, ti prego, perdonami.

LISA Non devo perdonarti nulla. Lisa ha bisogno di me.

ANDREA Io ho bisogno di te, non nostra figlia.

LISA Io non riesco più a vivere.

ANDREA Neanch’io, ma insieme...

LISA Addio.

ANDREA Resta qui, ti prego, non andare...

LISA Addio.

ANDREA Ancora un attimo...

LISA Addio.

ANDREA Ti prego.

LISA Ho paura...

ANDREA Rimani.

LISA (SI SCIOGLIE LENTAMENTE DELLA SUA PRESA. GLI SFIORA LA MANO) Ora sono libera.


Minuto 4
ANDREA Nel dormiveglia vedo le sue piccole mani. Domenica mattina. In piedi sul letto, vicino alla mia testa, Lisa splende d’eccitazione.
Fingo di dormire. Mi accarezza e non può fare a meno di tirarmi un poco i capelli, mentre la voce della madre le dice piano, fai piano, che papà si deve svegliare piano, così sarà più contento quando ci vedrà.
La bambina si ferma per un istante, poi ricomincia traversando le linee della mia fronte, e chiudendomi le orecchie e stampando lievemente le sue labbra sulle mie palpebre. La destra. La sinistra.
Apro gli occhi.
La miniatura di donna sorride, il suo viso grandissimo così vicino al mio, l'odore di bambina e di languidi sogni ancora sulla pelle. Mi soffoca con il pigiama sulla faccia e lascio fare, ché vuol dirmi che mi ama e che ovunque verrà con me, specialmente oggi che andremo insieme a giocare, specialmente oggi che è lei, non sua madre, ad avermi svegliato, oggi che c’è il sole e potrà correre e inaugurare le scarpette da ginnastica numero ventidue che ha scelto lei stessa e che ora ammira piegando il piede, con quel gesto immutabile che le donne compiono da millenni.
E' pronta a uscire, adesso, dritta sulle gambe piccole e forti, mentre io e sua madre proseguiamo la danza preparatoria attraverso la casa, il balletto necessario degli oggetti da portare, sospinti dalla sua impazienza.
Alla fine, Lisa cappottino-cappellino-sciarpa si volta verso la porta ormai chiusa, saluta la sua casa appoggiando una mano sulla maniglia. Promette di tornare. Promette a tutti i giocattoli che fra tre ore sarà di nuovo con loro.
Si avvia per la mano con la madre per le scale. Con le gambe larghe per non cadere, un gradino per volta.
Rimango indietro a guardarle. Sul pianerottolo si voltano, in attesa.
Vengo, dico, e un'inspiegabile commozione mi spezza la voce. Non se ne accorgono, e riprendono la discesa. Anch'io scendo, stando sempre dietro di loro.
Attento a non perdere neppure un istante dei loro passi.


Minuto 3
ANDREA Aspettavo davanti alla sala rianimazione.
Un cubo vetroso cinque per cinque per cinque dove si aspetta di parlare con qualche trafelato medico, i come sta inseguendoli, gli stazionaria colti al volo, lei è il marito? sì, la situazione di sua moglie è stazionaria, nel senso? 

VOCE MEDICO 
REGISTRATA Nel senso che non ha ripreso conoscenza, è sempre in coma.

ANDREA Il medico si ferma a guardarmi, interrompe la corsa che lo portava verso altre urgenze. Si ferma a capire. 

VOCE MEDICO Siete sposati da molto?

ANDREA Quattro anni. 

VOCE MEDICO Avete figli?

ANDREA Sì, una bambina di due anni. (AL PUBBLICO) Tre mesi, ventuno giorni. Per sempre. Una piccola bugia.

VOCE MEDICO Le stia molto vicino. 

ANDREA (AL PUBBLICO) Come no, vicinissimo. (AL MEDICO) Perché dottore? Non ci sono speranze per mia moglie? (AL PUBBLICO) Cerca una sedia libera. Non ce ne sono. Molti moribondi, oggi. Mi prende per un braccio, mi conduce in un angolo del cubo, il confessionale, il luogo dove tutto si può dire. 

VOCE MEDICO Il coma di sua moglie é irreversibile, signor Dangéri.

ANDREA (AL PUBBLICO) Irreversibile. Vuol dire finito? Vuol dire alt, stop, basta? Vuol dire che è morta? Non si può tornare indietro, questo significa. Ha ragione il dottore. Non si può tornare indietro.

VOCE MEDICO Non crediamo che arriverà a superare la notte, comunque.

ANDREA (AL PUBBLICO) La notte, comunque.

VOCE MEDICO Mi creda, è un bene. Le lesioni che sua moglie ha subito le avrebbero impedito di essere poco più che un vegetale.

ANDREA (AL PUBBLICO) Che c'è di male nell'essere un vegetale? Perché nessuno vuol essere una pianta? Sole, acqua, un poco di terra e nient'altro. Che c'è di male?

VOCE MEDICO Deve essere forte, se non altro per sua figlia.

ANDREA (AL PUBBLICO) Per mia figlia. Forte. Lo sono. Lo sarei. 

VOCE MEDICO La vita senza la madre è molto difficile, non sono certo io che lo scopro. Deve essere forte per entrambi.

ANDREA Chi sarà forte per me, dottore? (AL PUBBLICO) Sospira.

VOCE MEDICO Con chi è sua figlia ora?

ANDREA E' a casa.

VOCE MEDICO Sì, ma con chi?

ANDREA Da sola. (AL PUBBLICO) Il saldo medico di mezz'età mi guarda stranito.

VOCE MEDICO Ma quanti anni mi ha detto che ha?

ANDREA Due anni, tre mesi e ventuno giorni. (AL PUBBLICO) Mi guarda. (AL MEDICO) Per un totale di centoduemilionisessantacinquemila battiti cardiaci. Li ho contati e ricontati. (AL PUBBLICO) Come è stato l'ultimo battito di Lisa? Cosa c'era nell'ultimo? Il primo?

VOCE MEDICO Non sta bene, signor Dangéri?

ANDREA Sto benissimo, dall'alto dei miei miliardi di battiti, io sto benissimo. (AL PUBBLICO) Stavolta il medico impone la liberazione di una sedia, fermo e autoritario fa alzare un ragazzo con la testa penzolante dal sonno. 

VOCE MEDICO Prego, fai sedere il signore, non sta bene. 

ANDREA (AL PUBBLICO)La sedia luccica la sua asettica comodità.

VOCE MEDICO Si segga, signor Dangéri. 

ANDREA (AL PUBBLICO) Perché no? Mi siedo. (AL MEDICO) Io sto bene. (AL PUBBLICO) Passa un'infermiera. Colgo un lampo nell'occhio taumaturgico. (AL MEDICO) Non mi serve nessun calmante. Già sono calmo. Sono talmente calmo che questa sedia è tutto quello che mi occorre per sopravvivere. (AL PUBBLICO) Adesso il medico mi guarda quasi affascinato. Aspetta da me la rivelazione di una Grande Verità. Lo accontento. (AL MEDICO) Il volo, dottore, non è per l'Uomo. (PAUSA. AL PUBBLICO) Si riscuote. La necessità lo rende quasi brusco.

VOCE MEDICO Sua figlia, con chi è?

ANDREA Da sola, dottore, mia figlia è da sola.

VOCE MEDICO Ma dove? A casa? (PAUSA. ANDREA SORRIDE) Dove abita, signor Dangéri?

ANDREA Via Francesco De Rosa, letterato e filologo settecentesco, numero sette, quarto piano. Una casa non grande ma piena di luce. Sicuramente con troppe finestre. 

VOCE MEDICO Resti qui. Mi aspetti, torno subito.

ANDREA Troppo tardi. Dalle profondità ospedaliere riappare angelica l'infermiera, si avvicina al medico, gli dice qualcosa all'orecchio.

VOCE MEDICO Signor Dangéri...

ANDREA (AL PUBBLICO) Concludo la frase con ammirevole semplicità. (AL MEDICO) ...mia moglie è morta.

VOCE MEDICO Coraggio.

ANDREA Coraggio. (AL PUBBLICO) Mi avvio verso l'uscita inseguito dai richiami medici e da trotterellanti infermieri biancovestiti. Si aspettavano che mi accasciassi, ma io avevo altro da fare.


Minuto 2
ANDREA La chiave nell'accensione. Mi trema la mano. Vorrei urlare e non ci riesco. Ho paura. La macchina si accende. 
Mano, cambio, piede sinistro, frizione, piede destro, acceleratore, mani su sterzo, dolore, dolore, la piccolissima storia delle mie amate. Prima marcia. L'auto si avvia. I fari illuminano la strada con scientifica indifferenza, il motore urla la sua protesta. Seconda. Dopo un'improvvisa liberazione di nuovo il rumore s'arrampica in aria, continua e continua. Terza. La leva del cambio fragilissima fra le mie mani, potrei spezzarla con un solo gesto, ma mi occorre, ancora. Quarta. Il rettilineo sembra infinito, poi curva a destra, stridore di gomma, che fatica tenere l'auto, avverto l’asfalto sotto i miei piedi, di nuovo un rettilineo. Quinta. Liberata finalmente l'auto alza il muso e volo anch'io. L’ebbrezza si mescola col dolore, e il dolore è il mio piede che preme sull'acceleratore, e il male è una cosa viva. Ormai volo, mentre il muro si avvicina con scoraggiante velocità. Grido, lascio il volante, apro le braccia Sono pronto a raggiungere le mie Lisa. Alla fine, finalmente, l’urto. Strappato dalla macchina, frantumo il parabrezza, il tempo, lo spazio, vengo schiacciato contro il muro e rimango sull’asfalto. La grazia della morte si distende su di me con un boato. Oggetti che rotolano, che si urtano, che si fermano. 
Stop.
Ascolto solo un'impercettibile pulsazione, il mio cuore che non vuole fermarsi. Quasi immobile. Quasi.


Minuto 1
ANDREA Così siamo arrivati alla fine. E siamo tornati al principio. Eccomi di nuovo, in coma, disteso sul letto, attaccato alle macchine. Per respirare, per far battere il cuore. Per sopravvivere.
Ora ascoltami, Lisa, figlia mia. Papà ti racconta una storia.
C’era una volta un padre, una madre e una bambina. Tutti e tre, per quanto possibile, erano felici e si amavano. Un bel giorno la bambina decise che avrebbe imparato a volare. E lo fece, alta contro il sole, batteva le braccia nel vento, ed era davvero veloce. E bellissima. L’uomo e la donna non fecero in tempo a chiamarla, che già era sparita. Loro non sapevano volare, quindi si sedettero ad aspettarla. 
Ma la bambina non tornava, e l’uomo e la donna erano sempre più tristi. Volevano molto bene alla bambina e non potevano rassegnarsi all’idea di non rivederla.
Ed ecco che un giorno, ci crederesti? anche la mamma della bambina imparò a volare. Si mise sul davanzale della finestra e fece un gran salto. All’inizio era tanto buffa, sembrava una gallinella che cerchi di salire le scale. Il padre pensò che sarebbe caduta e che si sarebbe fatta male, ma la mamma riuscì a farsi trasportare dalla corrente, e l’aria calda la portò in alto, tanto in alto che il padre, con lo sguardo, non riuscì a seguirla.
Allora l’uomo si mise ad aspettarle da solo. Ogni giorno che passava era più triste. Mi volevano bene, pensava, torneranno. Ma il tempo passava, e la mamma e la bambina non si vedevano. Mi avranno dimenticato? si chiedeva. O mi aspettano?
E un giorno, finalmente, il papà le vide sospese davanti alla sua finestra. Erano esattamente come lui le ricordava, belle e sorridenti. Lo chiamavano.
Allora anche il papà salì sul davanzale della finestra, e allungò un piede nel vuoto. Ma lui era troppo pesante e aveva paura. Cadde, e si fece molto male. Non sarebbe mai riuscito a volare.
Loro lo salutarono così: si baciarono le palme delle mani e soffiarono. Così vennero a volare davanti alla sua finestra, ogni due o tre giorni, e ogni volta gli mandavano dei baci e lui davvero sentiva il calore delle loro labbra sulle guance. Finché tanto, tanto tempo dopo, la mamma e la bambina, che ormai volavano benissimo, gli presero le mani e lo sorressero, così che lui potesse stare con loro anche se non era capace di volare da solo. E vissero insieme felici e contenti. 
Capisci, tesoro? Papà è troppo pesante per volare. E tu e la mamma non siete ancora abbastanza brave per portarmi via con voi. 
Perdonatemi, vi prego.


Epilogo
Tutte le voci che seguono sono registrate, meno quella di Andrea.
MADRE Mi è sembrato abbia mosso una mano.

PADRE Sei sicura, Nina?

MADRE No, sicura no. Ma mi è sembrato davvero... Ecco, di nuovo, hai visto?

PADRE Sì, mi è sembrato...

MADRE Infermiera? Può venire per favore? Presto, la prego. Apre gli occhi. Andrea? Mi senti?

PADRE Infermiera! Per favore! Andrea? Mi senti?

INFERMIERA Che succede?

MADRE Mio figlio. Si è svegliato.

PADRE Non si può chiamare il dottore?

MADRE Si lamenta, figlio, figlio mio...

PADRE Forse dice qualcosa. Non riesco a capire...

MADRE Ah, finalmente. dottore, ha mosso una mano e ha aperto gli occhi.

MEDICO Si calmi, signora, un attimo.

PADRE Ha gli occhi aperti. Andrea, muovi una mano se ci senti.

MEDICO Signor Dangéri, può sentirmi?

MAMMA Una mano, Andrea, muovi solo una mano, ti prego.

MEDICO Infermiera, vada a chiamare il professore.

INFERMIERA Non so dove...

MEDICO Lo chiami al cellulare.

INFERMIERA Certo, dottore.

PADRE Andrea?

MADRE Andrea...

ANDREA Sì. 
Muovo la mano.
Sì.
Vi sento.

FINE