Lo scaldaletto

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LO SCALDALETTO

Lo scaldaletto

da La Boule, di Meilhac e Halévy

da Lo Scarfalietto, di Eduardo Scarpetta

traduzione dal napoletano e adattamenti di Alessandro Falcone

Commedia in tre atti

Personaggi

Felice

Don Gaetano

Don Anselmo

Raffaele

Antonio

Emma

Dorotea

Giacomino

Amalia

Rosella

Pasquale

Michele

Gennarino

Direttore del teatro

Nannina, ballerina

Ernestina, ballerina

Cancelliere

1° e 2° giudice

Pubblico ministero

ATTO PRIMO

Camera da pranzo in casa di Felice. Porta in fondo e 2 laterali. Una finestra seconda a destra dello spettatore. In fondo a destra una credenza con piatti, bicchieri, posate ed un libro. A sinistra in fondo una cristalliera. Nel mezzo della scena una tavola apparecchiata per due. Sedie ecc. ecc.

SCENA PRIMA

Rosella, poi Michele.

ROSELLA (dal fondo):Non c'è nessuno. Dopo la nottata di stanotte staranno dormendo ancora. Mamma mia, che gente, nemmeno la notte stanno tranquilli.

MICHELE (dalla scena): Oh, Rosella, che c'è?

ROSELLA: Sono entrata per due cose, prima per dire al signore che stamattina è venuta una persona che vuole fittarsi la casa al primo piano, e poi volevo sapere come è finito il litigio di stanotte.

MICHELE: E' finito che dopo tanti strepiti, dopo tante urla, la moglie si è addormentata sopra una poltrona, e Don Felice, il marito, s'è addormentato a terra!

ROSELLA: Ma tu guarda che gente stravagante. Ma perché fanno sempre questioni?

MICHELE: E perché... perché Don Felice non doveva sposarsi tanto presto, e prendersi una moglie capricciosa, una pazza come quella! Tutto le dà fastidio, per niente s'innervosisce. Saprei io come calmarla!

ROSELLA: Tu sei da parecchio tempo a servizio da Don Felice?

MICHELE: Uh! Ci sto da dieci anni, da quando gli è morta la mamma. E fino all'anno scorso non ero mai stato un servitore, ma un amico. Don Felice mi portava sempre con lui, mangiavamo insieme, dormivamo insieme, insomma io ero tutto. Da un anno a questa parte che s'è sposato, io non ho avuto più pace; da che facevo quello che volevo, adesso non posso nemmeno aprire la bocca. Ma se mi riesce quello che sto facendo...

ROSELLA: Perché, che stai facendo eh, Michele?

MICHELE: Niente, niente, adesso non te lo posso dire! Va via ora, ché se esce quell'arpia della moglie, senti che strilli.

ROSELLA: Hai ragione, allora torno fra poco, per sapere che risposta vogliono dare a quella persona che vuole fittarsi la casa. Stammi bene. (Via pel fondo.)

MICHELE: Adesso vediamo se riesco a combinare quello che ho in mente. Tanto devo fare, tanto fuoco devo accendere, fino a che Don Felice si separa dalla moglie. (Dalla strada si sente suonare un tamburo, una cassa e piatti, con grande fracasso.) Ah! Eccoli qua, sono arrivati. (Corre alla finestra.) Dài, ragazzi, più forte, più forte... (Viene avanti.) A questi dò mezza lira al giorno per farli suonare qua sotto. Vediamo se ci riesco. (Di nuovo cassa, piatti e tamburo.)

SCENA SECONDA

Felice, poi Amalia e detti.

FELICE (d.d. dalla prima a destra):Accidenti all'anima delle vostre madri! Questi hanno cominciato un'altra volta a prima mattina. (Fuori in veste da camera e berretto. Michele si ritira in fondo.) Accidenti a chi vi ha allattato. (Corre alla finestra, gridando.) Voi! Lazzaroni, scostumatoni! (Colpo fortissimo di tre strumenti insieme.) Toglietevi da qua sotto o vi tiro qualcosa in testa! (Colpo c.s.) Ma per chi m'avete preso? Io sono un galantuomo. (Colpo c.s.) Accidenti a voi!... Qua se non me ne vado faccio fare la folla!

AMALIA (dalla prima a s. va alla finestra):Ecco qua la solita grancassa e i piattini, ecco qua il solito stonamento.

FELICE: Questa cosa dei giocolieri a me non mi fa capace. Michele, vai a dare una lira a questi cosi curiosi qua sotto, e falli andare via.

MICHELE: Subito. (Via pel fondo.)

FELICE: E’ mai possibile che, da un mese, questi vengono sotto la mia ogni mattina, alla stessa ora.

AMALIA: Così, spontaneamente.

FELICE: Senza che nessuno gli dice niente.

AMALIA: Senza che nessuno li paga.

FELICE: Qualcuno ci deve essere che li fa venire.

AMALIA: Qualcuno ci deve stare che li rinfresca.

FELICE: Io, per me, non li rinfresco certo.

AMALIA: E io nemmeno.

FELICE: è impossibile!... Perché se quelli non fossero pagati, non verrebbero a fare tanto fracasso. Io ho indagato, quei cosi ridicoli sono pagati da te.

AMALIA: Da me? Ah! ah! ah! Adesso ti fai pure parte lesa, quelli sono pagati da te.

FELICE: Da me? Uh! Io pagavo a quelli per fargli fare: Nfrunghete, nfrunghete, nfrù?

AMALIA: Sì, da te, che stai facendo di tutto, per fare dispetto a me poverella. Da un anno che siamo sposati, io ho perduto la pace. Ora per un motivo, ora per un altro, non posso stare mai tranquilla. Stanotte ho fatto quella nottata.

FELICE: E l'hai fatta per colpa mia la nottata?

AMALIA: Si capisce, perché tu m'hai fatta morire di caldo con lo scaldaletto.

FELICE: Io? Tu ce l’hai messo nel letto... e poi è successo quel guaio!

AMALIA: Uh! Ce l'ho messo io! Io l'ho trovato dentro al letto. Vattene, vattene, questa vita non la sopporto più, me ne voglio andare, mi voglio separare, non ti voglio vedere più (Via prima a s.)

FELICE: E io questo soltanto aspettavo. Accidenti a te. Vedi che mi stai facendo passare! Ma adesso t'aggiusto io. (Via prima a d.)

SCENA TERZA

Michele, poi Rosella, poi Felice, indi Amalia.

MICHELE (dal fondo):Ah! ah! Andiamo bene! Tutto procede secondo i piani. E Adesso… un altro imbroglio. (Va alla tavola.) Togliamo questo tovagliolo a Don Felice, e mettiamoci invece questo. (Va alla credenza e prende dal tiretto un paio di boxer da uomo, piegata come una salvietta, in modo che il pubblico non se ne accorge, e la mette nel piatto.) Adesso senti le risate!

ROSELLA (dal fondo con 2 piatti, uno con carne, e l'altro con 2 uova sode.) Michele, i padroni che fanno? (Li mette in tavola.)

MICHELE: Che fanno?... Proprio adesso hanno finito di farsi un'altra spellicciata.

ROSELLA: Mamma mia, ma questi fanno una continuazione, dalla mattina alla sera? Stanotte è successo quel subbuglio. Ma dico io poi, se devono stare così, è meglio che si separano.

MICHELE: E' quello che dico pure io.

ROSELLA: Non gli manca niente, sono due sposini soli, senza figli, e invece di star tranquilli… Ah, Signore! (Guarda verso d.) Uh! Zitto!... arriva Don Felice. (Si ritirano in fondo.)

FELICE (con lettera):Michele, dì al guardaporta di portare subito questa lettera all'indirizzo che c'è scritto. Bada che è un'affare urgente.

MICHELE: Volete che la porto io stesso?

FELICE: Tu, il guardaporta, chi deve andare vada. Basta che fate presto.

MICHELE: Va bene. (P.a.)

AMALIA (con lettera):Michele, porta subito questo biglietto all'indirizzo che c'è scritto. (Glielo dà.)

MICHELE: Scusate, signora, devo portare prima questa lettera di vostro marito.

AMALIA: La porti dopo. La mia è urgente.

FELICE: La mia è urgentissima!

AMALIA: La mia è pressantissima!

FELICE: La mia è grandissima! (Uh! Grandissima?)

ROSELLA: Va bene Michele, fai un salto, e portale tutte e due.

MICHELE: Vi servo subito subito. (Via.)

ROSELLA: Ma come, signori, perché dovete stare sempre litigati, per una cosa da niente vi dovete prendere tanta collera?

FELICE: No, adesso finisce tutto.

AMALIA: Un altro poco e si sistemerà tutto.

ROSELLA: Sedetevi, fate colazione. Qui c’è la carne, e qui le uova. E che cos'è! Siete sposati da un anno, dovreste volervi bene, invece fate sempre questioni.

FELICE: Tu intrecciati dei fatti tuoi.

AMALIA: Queste sono cose che non ti riguardano.

FELICE: Tu sei una serva, e stai al tuo posto.

AMALIA: Vattene fuori.

FELICE: Vattene in cucina.

ROSELLA: Subito, subito, me ne vado. Io lo dicevo per voi. (Ma chi me l’ha fatto fare, che me ne importa, che s'ammazzino tutti e due.) (Via pel fondo. Fel. ed Amalia: si sono seduti a tavola, l'uno di fronte a l'altra. Pausa. Si guardano. Lazzi.)

AMALIA: (Vuoi sapere la verità... io mangio, sennò mi faccio secca secca, muoio, e quello se ne piglia un'altra! No, questo mai, non gliela do questa soddisfazione). (Si volta per mangiare facendo molto rumore con i piatti e le forchette.)

FELICE ( dopo pausa, guarda 2 o 3 volte i piatti):(E allora mangio pure io!... Sennò mangia tutto lei!). (Senza avvedersene, mette i boxer alla gola, come la salvietta.) E così ce l'ho messo io lo scaldaletto nel al letto?

AMALIA: E che, ce l'ho messo io?

FELICE: Va bene, va bene, questo si vedrà. (Tutti e due padando a sogg.:prendono le forchette, ed insieme afferrano una sola fetta di carne. Pausa. Si guardano.) Ma vedi che sto infilzando, e lasciami infilzare!

AMALIA: E io pure stavo infilzando.

FELICE: Ma a me mi pare che infilza prima il marito.

AMALIA: No, no, mio caro, sei in errore, infilza prima la moglie.

FELICE: Ma niente affatto, prima il marito.

AMALIA: No, prima la moglie. Ma già, non è questo e non è quello, è che mi vuoi contrariare in tutto. Tu hai visto che io stavo mangiando, e hai detto: io a questa non la devo far mangiare, la devo torturare, la devo far soffrire!... E’ vero? Hai detto questo? Sì? E va bene!... Non mangiamo più. Ecco fatto. (Lascia la forchetta e gli volta le spalle.)

FELICE (pausa):E nemmeno io voglio mangiare! Stiamo digiuni come due cani. (Lascia la forchetta.)

AMALIA: Già, questa è l'educazione che hai ricevuto da tuo padre... un baccalaiolo!

FELICE: Mio padre non era baccalaiolo, era negoziante de baccalà. Hai capito?

AMALIA: E non è la stessa cosa?

FELICE: Ricordati invece di tua madre, ch'era bucaiola, si pigliava 5soldi al buco!

AMALIA: Mia madre era una sarta alla moda! (Alzandosi:)  E tu non parlare di mia madre che litighiamo seriamente!

FELICE (alzandosi lascia vedere i boxer):E tu non parlare di mio padre.

AMALIA: Uh! (Ridendo.)  Ti sei messo le mutande al collo?!

FELICE: E io come mi trovo 'sto coso al collo? (Se lo toglie.) Va bene... questo è stato un altro scherzo che m'hai fatto, m'hai messo le mutande nel piatto?

AMALIA: A me? Dovevo essere pazza, facevo lo scherzo a lui.

FELICE: Intanto se adesso mi vedeva qualcuno, mi facevi ridere alle spalle.

AMALIA: E tu questo fai sempre, fai ridere.

FELICE: M'è piaciuto, invece del tovagliolo, le mutande. Ma questo, cara signora, lo porterò in tribunale, lo farò vedere alla Corte. (Lo mette sulla credenza, e da questa prende un libro.)

AMALIA: Fai vedere una bella cosa!

FELICE: Mangia pure, perché io non ho appetito.

AMALIA: Oh! Meno male, così sto tranquilla. (Si mette a mangiare.)

FELICE (apre il libro, ed appoggiandolo alla bottiglia dell'acqua, si mette a leggere).

AMALIA (prende la bottiglia e fa cadere il libro, e si versa un bicchiere d'acqua).

FELICE (prende la bottiglia del vino e fa lo stesso).

AMALIA: Quest'acqua da sola com'è disgustosa. (Prende la bottiglia del vino per metterne un poco nell'acqua, e fa cadere il libro.)

FELICE: Ma insomma, questo coso dove vuoi che lo metto?

AMALIA: Mettitelo dove vuoi tu.

FELICE: E tu mi hai levato il primo e il secondo appoggio... poi dici che sono io.

AMALIA: Non ci ho badato, non ti davo tanta importanza.

FELICE: Non devo leggere neppure? E non leggiamo! (Chiude il libro.)

SCENA QUARTA

Michele e detti, poi Rosella.

MICHELE: I biglietti sono stati portati.

FELICE: Bravissimo.

MICHELE: Don Felice, forse Rosella vi vuole parlare.

FELICE: Non è il momento.

AMALIA: E perché non è il momento?

FELICE: Per questo: perché sto facendo colazione... sto facendo, sto guardando...

AMALIA: E io voglio sentire che vuole.

FELICE: E io no!

AMALIA: E io sì!

FELICE: Ma io sono il marito, e la moglie deve stare sottoposta al marito.

AMALIA: No, no, no, t'inganni, sei tu che devi stare al disotto di me.

FELICE: Quando lo voglio io! Ma tu guarda, adesso, per qualche gentilezza che ti ho usato, ti prendi certe libertà.

AMALIA: Che gentilezze... Michele, falla entrare, vediamo che cosa vuole.

MICHELE (in fondo):Entra Rosella. (Ros. entra.)

FELICE: Che cosa volete?

ROSELLA: Signore, ci sta una persona che vuole affittare la casa al primo piano.

AMALIA: È uomo o donna?

ROSELLA: Signora, è una donna.

AMALIA: Ah! è una donna? (Guardando Felice a denti stretti:) Hai sentito? E’ una don… na.

FELICE: E che ci devo fare che è una don... na?

ROSELLA: Mi ha dato questo biglietto da visita, signore, leggete. (A Felice.)

FELICE (legge). "Emma Carcioff, ballerina".

AMALIA (c.s.):Ah!... è una ballerina?... E tu che le hai detto?

ROSELLA: Le ho detto che il padrone non voleva affittare la casa a donne sole senza uomini.

AMALIA: E lei che ha risposto?

ROSELLA: M'ha detto che oggi viene a parlare un signore con il padrone.

AMALIA: Ci perde la venuta.

FELICE: Ma perché ci perde la venuta?

AMALIA: Per questo: perché non voglio che nella casa che ti ho portato in dote, e che mi ha lasciato la felice memoria di mamma mia, ci vada ad abitare una donna di questa specie.

FELICE: Ma in questo modo la casa non la fitteremo mai.

AMALIA: E che me ne importa, resterà sfittata, ci allevo piccioni.

FELICE: Ma oggi, presentemente, il padrone sono io.

AMALIA: No, la padrona sono io, la casa è roba mia.

FELICE: Stai in errore, mia cara, prima era tua, ma adesso è la mia.

AMALIA: Questo lo vediamo tra poco. Rosella, và via.

ROSELLA: Ma vedete...

AMALIA: Vattene, ti ho detto, o ti tiro qualcosa in faccia.

ROSELLA: Come comandate. (Via.)

FELICE: (Sentila, ti tiro qualcosa in faccia, e io che cosa sono, un attaccapanni?).

AMALIA: Hai detto che la casa era roba tua?

FELICE: Si capisce, e io per la casa ti ho sposata!

AMALIA: Ah, sì? E va bene, se è roba tua o è roba mia tra poco lo vediamo. Capirai che questo lo deciderà il tribunale, certamente non tu, che sei un cretino, una bestia! No, mi piace l'idea: La casa è roba mia!... Insomma tu sei il proprietario?... Ma proprietario di che cosa sei? Di baccalà forse? Tu puzzi di baccalà che appesti!

FELICE: Ma perché mi tengo il filetto di baccalà in tasca!?

AMALIA: Vuole fare l'uomo, si mette in trono, la casa è roba sua… Aspetta. Aspetta che tra un poco vediamo di chi è. Aspetta, aspetta. (Via prima a s.)

FELICE: Insomma lei ordina, lei comanda, e io devo star zitto.

MICHELE (levando la tavola dal mezzo la mette in fondo a s.):Ah! Don Felice, che avete fatto, siete andato a sposarvi quando stavate così bene da solo.

FELICE: Ti ricordi? Ti ricordi, amico mio, che vita felice era la mia?... Ti ricordi... di questi tempi...

MICHELE (dando la voce): Eh, sì, fattela adesso un'altra mangiata.

FELICE: Che mangiata?

MICHELE: Di fichi maturi!

FELICE: Non scherzare, questo non è tempo di scherzare. Ti ricordi quei divertimenti, teatri, cene, feste, e adesso quando li provi un'altra volta?

MICHELE: È vero, erano quelli del giardino di vostro padre!

FELICE: E dagli, io dico quando li provi un'altra volta quei divertimenti.

MICHELE: E che vuoi provare più.

FELICE: Sì, ma adesso è finito tutto. Ho mandato a chiamare l'avvocato, e mi voglio separare assolutamente, assolutamente. (Via prima a d.)

SCENA QUINTA

Rosella, Anselmo e detto, poi Antonio, indi Felice.

ROSELLA (dal fondo):Favorite, favorite, da questa parte, ditemi chi siete. (Ans. si ferma sotto l'uscio.)

MICHELE: (E questo chi è? Lo scarabeo stercorario!).

ANSELMO: Dite alla signora, che io sono Anselmo Raganelli, l'avvocato. Poco fa m'ha mandato questo biglietto. (Lo mostra.)

ROSELLA: Va bene, vi servo subito, aspettate qua un momento. (Via prima a s.)

MICHELE: Scusate voi siete avvocato?

ANSELMO: Civile e Penale.

MICHELE: E voi con questa faccia, con questa figura v'azzardate a fare l'avvocato?

ANSELMO: Stai a vedere, che per fare l'avvocato, ci vuole la faccia e la figura. La lingua dev'essere buona.

MICHELE: E io me ne sono accortosubito. Si vede.

ROSELLA: La signora ha detto che entrate dentro. (Via pel fondo.)

ANSELMO: Prontissimo. (Sogg. col servo poi via prima a s.)

MICHELE: E quello dev'essere uno spettacolo quando difende qualche causa. (Ridendo.)

ANTONIO (dal fondo):E permesso?

MICHELE: Chi è?

ANTONIO: è in casa il Signor Felice Sciosciammocca?

MICHELE: Sissignore, ditemi chi siete.

ANTONIO: L'avvocato Antonio Saponetto.

MICHELE: Saponetto? (Guardandolo.) (A me mi pare un cerotto). Vado subito ad annunciarvi. (P. a d.) Ah! ecco qua il padrone.

ANTONIO: Caro Don Felice.

FELICE: Pregiatissimo Signor Avvocato, con quant'ansia v'aspettavo. Senza cerimonie, posso offrirvi qualche cosa? (Pigliandosi il cappello e mettendolo sulla credenza.)

ANTONIO: Oh! grazie. (Michele dà le sedie.)

FELICE: Una piccola cosa. (Michele, vai al caffè di fronte, e fa portare una caraffa d'orzata con 3 paste, ma subito subito).

MICHELE: (Vi servo immediatamente). (Via fondo.)

FELICE: Mi dovete scusare se vi ricevo in questa stanza, ma per andare in salone bisogna passare davanti a mia moglie, e io non voglio.

ANTONIO: Non importa, grazie. Piuttosto ditemi, di che si tratta?

FELICE: Signor avvocato, voi mi dovete aiutare, voi dovete essere il mio salvatore, Signor Avvocato io sto nelle vostre braccia.

ANTONIO: Ma se non mi dite?

FELICE: Io mi voglio separare da mia moglie.

ANTONIO: Una separazione.

FELICE (lazzi):Ma senza perdere tempo. Spendo qualunque somma, dopo che se ne devono andare 40, 50 lire, non me n'importa.

ANTONIO: Ma 40, 50 lire non bastano. (Ridendo.)

FELICE: Quelle che sono... 55, 56, 57... io sono ricco e non bado al denaro. Signor avvocato da un anno che mi sono ammogliato, ho perduto la pace, non passo una giornata tranquillo, insomma, domando la separazione.. e ho mille ragioni per averla.

ANTONIO: Benissimo. Ditemi quali sono queste ragioni.

FELICE: Ecco qua, ora vi dico io la vita che passo. La mattina verso le 7, mentre sto dormendo saporitamente, sono svegliato da una grancassa e una batteria di piatti. Tre morti di fame vengono a fare chiasso sotto la mia finestra.

ANTONIO: Ma scusate, qui non c'entra vostra moglie.

FELICE: C'entra, c'entra, perché lei li paga per farli venire.

ANTONIO: Possibile!?

FELICE: Possibilissimo. Seh, e questo è niente! Io porto i le mutande... ora vi faccio vedere.

ANTONIO (ridendo):Le mutande?

FELICE: E certo... un'altra cosa che mi fatto. Ma questo è niente. Verso le 11, voglio fare colazione e lei dice che non ha appetito. Vuole fare colazione a mezzogiorno, e quindi a mezzogiorno si deve cucinare un'altra volta. Quando io voglio mangiare ragù, lei vuole mangiare minestra, quando io voglio mangiare minestra, lei vuole ragù. Ma questo non lo fa perché vuol mangiare ragù, ma lo fa per... come si dice... per...

ANTONIO: Per ostacolarvi.

FELICE: Bravo. Per olastocarmi.

ANTONIO: Ostacolarvi.

FELICE: Ostalocarmi.

ANTONIO (ridendo):No, no, no...

FELICE: Avvocà, non importa, sto nervoso e non mi viene. Per esempio, Signor avvocato, io vado pazzo per i fagioli, e in un anno non me li ha mai voluti preparare. Perché dice che sono cibi cattivi, cibi che fanno male.

ANTONIO: Eh!... Un po’ ha ragione.

FELICE: Sì, va bene, forse c'è un poco di ragione, perché i fagioli sono saporosi... ma sono un poco... scostumati, diciamo così. Ma una volta ogni tanto?! Oh! Quando usciamo: se io voglio andare in carrozza, lei vuole andare a piedi, se io voglio andare a piedi, lei vuole andare in carrozza. Quando io sto allegro, lei sta di cattivo umore, quando io sto di cattivo umore, lei sta allegra. Facciamo sempre come cane e gatto, è una vita che non posso sopportare, Signor avvocato, voi mi dovete aiutare. (Pausa.)

ANTONIO: Sentite, io non so cosa rispondere, tutto quello che mi avete detto, è niente, proprio niente.

FELICE (pausa guardandolo):Avvocato, è niente?

ANTONIO: Caro Don Felice, non sono ragioni per avere una separazione. Vi pare che il giudice si può occupare delle mutande e dei fagioli?

FELICE: Perché no? Posso trovare un giudice che gli piacciono i fagioli, e mi dà ragione.

ANTONIO (ridendo):Ah! Don Felice, siete simpatico!... Una cosa potremmo provare... invocare la incompatibilità di carattere.

FELICE: Bravo, questa è lei, la incolatibilibà.

ANTONIO Incompatibilità.

FELICE: Incompatibilibà... Incomatitilibà.

ANTONIO: Incompatibilità. (Ridendo.)

FELICE: (Ma che è una parola con 7 B?).

ANTONIO: Ma difficilmente ne potremo ricavare qualcosa. Queste cose di fronte alla legge sapete cosa sono? Futilità. (Poca pausa.)

FELICE: E già... il giudice dice mio caro queste non sono ragioni... queste in faccia alla legge sono fuit...

ANTONIO: Futilità.

FELICE: Ho capito, ho capito. (Questa malaparola neanche ci provo a dirla.)

ANTONIO: Non avete qualche altra ragione?

FELICE: Un’altra ragione?... Ah! Aspettate, vi voglio raccontare il fatto di stanotte.

ANTONIO: Ah! C’è un fatto?

FELICE: Un fatto? Io muoio dal sonno! Sentite. Sul principio che me la sposai, lei mi fece capire che la notte dormiva con la luce accesa, al contrario di me, che se la stanza non è al buio io non posso prendere sonno.

ANTONIO: Guardate un po', due abitudini diverse.

FELICE: E già, che questo è stato: ma pure per contentarla le accesi una lampada. Due o 3 giorni dopo, la notte vado per svegliarmi, e la trovo seduta in mezzo al letto. Amalia, e tu che fai, perché non dormi? Per questo. Non posso prendere sonno, quella lampada è troppo debole, voglio un'altra lampada. Allora io con una bella pazienza, le misi un'altra lampada, e così sono stato tranquillo un paio di mesi. Dopo questi due mesi, una notte mi sveglio, e non la trovo nel letto! Vado a cercarla per casa e non la trovo. La trovo fuori alla terrazza. Tu che fai là fuori? Entra dentro, ti puoi prendere un accidente... No, io voglio stare qua, perché io non ho tutte le comodità di casa mia, io non posso dormire perché c'è troppo buio! Io voglio un'altra lampada!

ANTONIO: Una terza lampada?

FELICE: Avvocato mio, quella camera da letto pare una galleria d’arte! Basta. Per evitare questioni, le accesi un'altra lampada. Ma però sapete io che facevo? Verso l'una dopo mezzanotte, che lei s'era addormentata, scendevo dal letto zitto zitto, e spegnevo le lampade. (Ridendo.)

ANTONIO (ridendo):Bravo, un bel ritrovato.

FELICE: Eh, per dormire io, se no dormiva solo lei. E ho fatto questo per un bel pò di tempo. Stanotte, dopo un poco che io avevo spento le lampade, ho sentito lei che gridava come una pazza. Ah! Chi ha spento le lampade, chi è stato... Chi lo sa, moglie mia, si saranno spente da sole. No, sei stato tu, che hai deciso di farmi morire, mi vuoi far venire un attacco, a me poverella... Un fracasso, avvocato mio! è corsa la serva, il servitore, il guardaporta, la folla sotto al palazzo così... credevano che era un incendio! Basta. Dopo tanto sconquasso, dopo tante urla, ho acceso le lampade un'altra volta, lei s'è addormentata a un lato del letto... io all'altro, perché comprenderete bene caro avvocato con tutti questi contrasti che succedono ogni sera... lei sta a un lato del letto... io all'altro, quando all'improvviso nello stendere la gamba mi sono sentito bruciare sul polpone. (Mostra il polpaccio.)

ANTONIO: No, no, polpaccio, volete dire...

FELICE: Nonsignore... avvocato... qua vedete, sul polpone (c.s.).

ANTONIO: Ho capito, ma si dice polpaccio.

FELICE (pausa):Io sempre polpone ho detto.

ANTONIO: E dite male. Si dice polpaccio.

FELICE (c.s.):Forse in legge?

ANTONIO: Uh! In legge. (Ridendo.) E che la legge cambia le parole?

FELICE: Basta, chiamatelo come volete voi... (Si dovesse disgustare per via del polpone?) Dunque, vado a vedere, e che cos'era? Una bottiglia piena d'acqua bollente.

ANTONIO: Oh! Ma questa poi non è una cosa strana. Tutti l'usano all'inverno. Specie in alta Italia. A Torino, a Milano, a Genova.. tutte le famiglie. E l'ho usato anche io... sicuro; sapete come si chiama? Il monaco.

FELICE: Ah! Già, avete ragione, l'ho sentito dire anche io... sicuro... il monaco... Insomma, sono andato per girarmi, e ho visto che vicino a mia moglie, ci stava...

ANTONIO: Il monaco!

FELICE (pausa):Avvocà diciamo la bottiglia, mi suona così brutto all'orecchio quest'affare del monaco vicino a mia moglie.

ANTONIO: Allora dite scaldaletto.

FELICE: Bravo, diciamo scaldaletto.

ANTONIO: E chi l'aveva messo nel letto?

FELICE: Lei, lei, e chi sennò? Insomma, io mi sono sentito bruciare, e con il piede l'ho spostato dalla parte sua, lei l'ha spostato dalla parte mia. Spingo io, spingi tu... avvocato, s'è rotta la bottiglia! Noi però non ce ne siamo accorti, poi dopo un poco che mi ero addormentato sento una cosa calda... le gambe bagnate... vado a vedere, e vedo il letto tutto bagnato, ma di un'acqua tiepida... vedete, signor avvocato (ridendo) io mi ero fatto l'idea che fosse stata una mia mancanza involontaria!

ANTONIO: Ah! ah! ah!... Questa è veramente da ridere. (Ride in modo da impedire a Fel. di parlare.)

FELICE: Avvocato, non ridete che divento nervoso. Io gli sto raccontando questi guai, e quello ride. Insomma avvocato, io lo scaldaletto non lo voglio vedere più.

ANTONIO: Ditemi una cosa, lei v'ha portato dote?

FELICE: Sissignore, questo palazzo dove abitiamo.

ANTONIO: Non l'avete mica mangiato?

FELICE (pausa):Per dote m'ha portato questo palazzo dove abitiamo.

ANTONIO: L'ho capito, non l'avete mica mangiato?

FELICE: Il palazzo dove abitiamo?

ANTONIO: Uh! Il palazzo. (Ridendo.)

FELICE: E che era un pasticcino?

ANTONIO: Ma no, volevo dire è intatto com'era?

FELICE: Ah! Sì, solo il cornicione si deve rifare.

ANTONIO: Ma no, voglio dire, è pulito?

FELICE: Sicuro, da poco ho fatto rifare la facciata.

ANTONIO: Che facciata? Io dico ci sono ipoteche?

FELICE: Sissignore, quattro botteghe qua sotto.

ANTONIO: Ma no, se ci sono iscrizioni?

FELICE: Sì, sopra alle botteghe c'è la scrizione.

ANTONIO: No (ridendo), io voglio sapere, se è intatto, se ci sono ipoteche, se ci sono debiti insomma.

FELICE: Ah! Ho capito. Niente signor avvocato, intatto. Voi sapete che papà m'ha lasciato benestante. E pure per causa di questo palazzo, ci stanno sempre questioni. E ogni momento, il palazzo mio, il palazzo mio. Signor avvocato, credetemi, io certi giorni quando mi ritiro, non vorrei trovare più il palazzo.

ANTONIO: Ma non lo dite neppure. Ditemi un'altra cosa, in tutti i contrasti che avete avuto, c’erano persone presenti?

FELICE: Persone presenti... Sì, Michele il servitore, Rosella la serva.

ANTONIO: E no, queste sono persone vostre salariate, voi dovreste avere dei testimoni estranei. Prima di tutto, dovete mostrarvi dolcissimo con vostra moglie, non contraddirla in niente e quando vi è un estraneo presente, un amico, uno qualunque, fate in modo che il contrasto cominci da lei, che vi dica delle parole insolenti, che vi minacci, e se tocca, che vi desse uno schiaffo. Se noi abbiamo uno schiaffo, siamo a cavallo.

FELICE (pausa):Lo dovete avere pure voi lo schiaffo?

ANTONIO: No, no, voi solamente!

FELICE: No, perché voi avete detto se noi abbiamo uno schiaffo.

ANTONIO: Ah! Ma noi avvocati parliamo sempre in persona plurale.., facciamo, diciamo ma sempre voi...

FELICE: Io devo avere uno schiaffo. Ho capito, ho capito! E avendo uno schiaffo, posso avere la separazione?

ANTONIO: Oh! Senza dubbio, ma sempre con un paio di testimoni presenti. Uno pure basta.

FELICE (s'alza):Va bene.

ANTONIO: Quando sarà successo questo, me lo farete sapere, mi farete conoscere il nome, o i nomi dei testimoni, l'abitazione, così noi li citeremo, e non dubitate che riusciremo nell'intento.

FELICE: Va bene, signor avvocato, vi ringrazio tanto tanto. (Dandogli il cappello.)

ANTONIO: Oh! Niente. Siate docile, siate buono, acconsentite a tutto quello che dice lei.

FELICE: Va bene, non ci pensate... arrivederci. (Strette di mano.)

ANTONIO: Arrivederci… prego, non v'incomodate. (Via pel fondo.)

FELICE (seguitando ad inchinarsi sotto la porta poi parlando verso l'interno):Accompagnate l'avvocato. (Viene avanti.) Devo avere uno schiaffo. Per il contrasto, non c’è problema, ma i testimoni? Ora m'affaccio al balcone, chissà, passa qualche amico, il tempo di chiamarlo, sale, prendo lo schiaffo e se ne va.

SCENA SESTA

Amalia e Anselmo, poi Felice indi Rosella.

ANSELMO: Dunque, signora, arrivederci.

AMALIA: Arrivederci signor avvocato e vi raccomando.

ANSELMO: Eh! Io ve l'ho detto, dipende da voi. Siate docile, ubbidiente, e fate che il litigio venga da lui, sempre con la testimone presente.

AMALIA: Va bene, non dubitate, ci penso io.

ANSELMO: E di nuovo. (Via pel fondo.)

AMALIA: Adesso vediamo se ci riesco. (Prende un libro e si siede leggendo.)

FELICE: (Non è passato nessuno, ci stava il castagnaro all'angolo, potevo chiamare il castagnaro? Ah! Quanto pagherei ora un amico, una persona qualunque. Che vedo, lei sta qua... ti sistemo io, ti sistemo). (Siede, caccia una sigaretta, l'accende e incomincia a fumare.) (No... aspetta... prima spengo la sigaretta, può essere che in tribunale dice che il fumo le fa male.) (Getta la sigaretta.)

AMALIA (con modi gentilissimi):Felice, perché hai spento la sigaretta?

FELICE (c.s.):Perché mi sono ricordato che il fumo ti fa male.

AMALIA: No, anzi, mi fa piacere, fuma, fuma marito mio.

FELICE (pausa):(E quando mai? E chi s'arrischia!).

ROSELLA (dal fondo):Signore, fuori c'è un signore che vuole parlare con voi.

FELICE: Chi è?

ROSELLA: Il nome non l'ha voluto dire. Dice che vi deve parlare della casa al primo piano.

FELICE Fatelo entrare. (Ros. via.)

AMALIA: Felice, io me ne vado dentro.

FELICE: E perché, puoi restare liberamente.

AMALIA: No, sarebbe un'imprudenza quando un signore viene per parlare d'affari che la moglie fosse presente. Parlaci tu con questo signore, e poi, se vuoi, mi fai sapere qualche cosa. Se ho voluto sapere qualche cosa in passato, è stato così... sai per semplice curiosità, non per altro. Del resto tu sei padrone di fare tutto ciò che ti pare e piace. (Azione di Fel.) Perché tu, sei la perla dei mariti... sei il modello dei mariti. Io dubitare dite? Oh, no, non ci ho mai pensato, né ci penserò mai. Hai capito? Maritino mio bello bello bello! (Azione di Fel.) Parlaci tu con questo signore, vedi che cosa vuole, cosa desidera, e poi, se credi, se vuoi... mi fai sapere di che si tratta... marito mio caro, caro, caro! (Via prima a s.)

FELICE (pausa):Io adesso esco pazzo!... E così lo schiaffo non lo prendo mai!

SCENA SETTIMA

Gaetano e detto.

GAETANO (d.d. dal fondo):èpermesso?

FELICE: Favorite. (Gaetano tipo di vecchio elegante. Comparisce sotto la porta e si ferma.) (Uah! questo è scappato da qualche scatoletta di cerini!)

GAETANO: Don Felice Sciosciammocca? (Entra e gira su se stesso comicamente per guardarsi in giro.)

FELICE: Sono io, a servirvi.

GAETANO: Favorirmi sempre. (Mette il cappello sulla credenza.)

FELICE: Accomodatevi. (Gli dà la sedia.)

GAETANO: Grazie. (Siede, restando fermo in una posizione comica.)

FELICE (lo guarda, pausa):(Quel cretino del guardaporta me lo combina sempre). Signore, avete sbagliato, non è qua, è all'ultimo piano.

GAETANO (senza muoversi):Che cosa?

FELICE: La fotografia.

GAETANO: E che devo fare con la fotografia?

FELICE: Voi vi volete fare il ritratto?

GAETANO: Niente affatto, io voglio parlare con voi.

FELICE: E voi ve siete posto in posizione. (Imitandolo.)

GAETANO: Ah! Ho capito... Quella è graziosità che tengo io. Io sono tutto grazioso, tutto grazioso, tutto grazioso!

FELICE: (Bello bè). (Siede.)

GAETANO: Voi ora volete sapere io come mi chiamo, ma quando vi dico quello che so' venuto a fare, che ve n'importa, che ve n'importa, che ve n'importa?

FELICE: Voi se me volete dire bene, e se no che me n'importa, che me n'importa, che me n'importa.

GAETANO: Stamattina, è venuta una persona per affittarsi la vostra casa al primo piano?

FELICE: Sissignore, una certa Emma Carcioff, ballerina.

GAETANO: Per l'appunto, e l'è stato detto che il proprietario, non voleva fittarla a donne. (Marcato.)

FELICE: Sissignore, perché così vuole mia moglie... capite...

GAETANO (approva muovendo la testa comicamente).

FELICE: (Ma che tiene la testa con le molle?!).

GAETANO: Me lo sono immaginato, perché forse, ha inteso ballerina, e và a capire che se crede. Ma sapete che ci sono l'eccezioni, ci sono le buone, e le cattive. Emma... è buona! Emma è un angelo! Emma... è un fiore di virtù!

FELICE (pausa guardandolo):(Ma che tiene il baffo alla rovescia?). Ma scusate, a questa Emma voi le siete padre?

GAETANO: Padre? (Ridendo comicamente.) Uh! Padre?

FELICE: E non fate sta brutta faccia!

GAETANO: Sono uno che la voglio bene come una figlia, anzi adesso vi dico come la conobbi: Un giorno, mentre camminavo per via Caracciolo...

FELICE: Ah! Voi là andate a passeggiare?

GAETANO: Sicuro, spesso, al giorno.

FELICE: E là ci tira tanto vento?

GAETANO: Anzi, quando fa vento io là vado a passeggiare, mi fa tanto bene il vento.

FELICE: Dovete sembrare una trottola!

GAETANO: Perché?

FELICE: Perché quando siete entrato qua, avete girato in tondo.

GAETANO: Ah! E quella è graziosità che tengo. Ve l'ho detto, io sono tutto grazioso, tutto grazioso, tutto grazioso!

FELICE: (Brutto, brù!).

GAETANO: Vi dico la verità, la sua bellezza mi colpì... lei andava avanti, e io appresso, quando improvvisamente, viene un forte temporale: tuoni, lampi, e un'acqua tremenda. La poveretta stava senza ombrello, allora io colpii l'occasione, mi ci accostai e le dissi: (Con voce bassa.) signorina, riparatevi qui sotto.

FELICE: Lei si spaventò?

GAETANO: Anzi! Accettò l'invito e l'accompagnai fino a casa.

FELICE: A casa vostra?

GAETANO: A casa mia? Non voglia mai il Cielo!... Io sono ammogliato... Se la vedeva mia moglie la buttava dalla finestra!

FELICE: Ah! Voi siete ammogliato?

GAETANO: Sissignore. L'accompagnai fino a casa sua, e per strada mi raccontò tutta la sua storia. Vi assicuro che mi fece tanta pena... e tanta pena...

FELICE: (Sì, corta e piena...).

GAETANO Mi fece tanta compassione, che da otto mesi non ho potuto lasciarla.

FELICE: Ma lei non lo sa che siete ammogliato?

GAETANO: Ah! Oh! Ah! (Lazzi.) Lei non sa niente. Pensate che appunto l'altro giorno, mi disse: Mio caro, perché non mi sposi? (Imitando la voce di donna.)

FELICE: E voi che le rispondeste?

GAETANO: Eh! Trovai subito la scusa. Le dissi che papà non vuole ch'io m'ammogli!

FELICE: Papà vostro?

GAETANO: Già!

FELICE: Scusate, papà vostro chi è Giacobbe? (E il padre di questo, o è Giacobbe o è Noè!)

GAETANO: Ah! Ho capito... volete dire ch'è un poco vecchierello?

FELICE: Un poco?!... Col conto che me posso fare io... povero vecchio... deve tenere... 124, 125 anni!

GAETANO: Eh! che dite? Papà tiene 42 anni.

FELICE: (Per gamba!). Sentite, io avrei trovato un'altra scusa, le avrei detto: Mia cara, non ti posso sposare perché, sto per partire per la leva.

GAETANO: E non glielo potevo dire questo, perché lei sa che io mi trovo già arruolato.

FELICE: Ah! Sì? E dove vi hanno messo, nei i veterani?

GAETANO: Eh! Veterani. A me mi hanno assicurato che avrò posto in uno dei più bei reggimenti.

FELICE: Quale reggimento?

GAETANO: Nella cavalleria di mare!

FELICE: (Dev'essere bello questo, a cavallo di un totano!). Ma signore, voi volete scherzare.

GAETANO: No, io non scherzo.

FELICE: Oh! Ma scusate se entro nei fatti vostri… lei perché se ne vuole andare da dove sta di casa?

GAETANO: Per la lontananza dal teatro. Lei abita sopra la Cesarìa, è stata scritturata al Teatro del Fondo, capite, come può la poverella andare e venire quattro volte al giorno? La vostra casa è proprio adatta... è vicina, è a mezzogiorno, m'hanno detto che si pagano 70 lire al mese, io, se me la date, vi do un'annata anticipata, l'ho portata con me, 840 lire.

FELICE: (Sangue di Bacco... questo sarebbe un ottimo testimone, e poi per questo fatto, il litigio viene di sicuro). Sentite signore, io voglio interrogare prima mia moglie, perché capite, io non faccio niente senza il suo consenso.

GAETANO: è giusto. Si vede che siete un marito proprio affezionato.

FELICE: Marito affezionato?

GAETANO: Sicuro.

FELICE: Ricordatevi questa parola.

GAETANO: E perché?

FELICE: Può essere che la dovete dire in un posto. (Chiamando s'alza:) Rosella.

SCENA OTTAVA

Rosella e detti, poi Amalia, indi Michele e Gennarino.

ROSELLA: Comandate?

FELICE: Andate a dire a mia moglie, che se sta comoda, se le fa piacere, venga un momento qua, che le debbo dire una cosa.

ROSELLA: Va bene. (A Gaet.:) Permettete. (Via prima a s., lazzi di Gaet. poi torna.)

GAETANO: Speriamo che sia d’accordo.

FELICE: Mio caro signore, io per me, ho tutta la buona intenzione, speriamo che lei dica di sì.

GAETANO: Ora vediamo, una parola voi, una parola io...

ROSELLA: Ecco qua la signora. (Via pel fondo.)

AMALIA (sempre con modi gentilissimi):Eccomi qua marito mio.

FELICE: Cara Amalia.

GAETANO: Rispettabilissima signora. (Lazzi nel salutare.)

AMALIA: Signore. (Salutando.)

FELICE: Moglie mia, il Signore qua, è venuto per fittarsi la casa al primo piano.

AMALIA: Con piacere, e avete fatto l'affitto?

FELICE: No, non ancora, sai che io non faccio niente senza il tuo consenso.

AMALIA: Il mio consenso!? E a che serve? Il padrone sei tu marito mio.

FELICE: No, moglie mia, la casa è roba tua, e tu ne devi disporre.

AMALIA: Ma che dici... il padrone sei tu, e quello che fai tu, sta tutto bene.

FELICE: Ma no, sei tu la padrona.

AMALIA: No, sei tu marito mio.

FELICE: No, sei tu...

AMALIA: Ma no, sei tu...

GAETANO: (Ma che bella coppia!).

FELICE: Dunque, gliela vogliamo dare?

AMALIA: Se tu gliela vuoi dare, dagliela.

FELICE: No, se gliela vuoi dare tu, gliela diamo.

AMALIA: Se vuoi tu, per me io non gliela do.

FELICE: E io nemmeno.

GAETANO: Sapete, voi non me la date per niente, io vi do 840 lire, un'annata anticipata.

FELICE: Ma non si parla di questo... mia moglie non sa ancora la casa per chi serve, capite?

AMALIA (con ingenuità caricata):Ah! Non serve per lui?

FELICE: E no, perciò ti ho chiamata. Il signore è ammogliato, abita con la moglie.

GAETANO: (State zitto, non fate sapere i fatti miei!).

FELICE (seguitando):La casa serve per quella tale ballerina, Emma Carcioff. (Ora senti le botte!)

AMALIA (c.s.):Ah! E va bene... che male ci sta?

FELICE: Come!... Vuoi fittarla alla ballerina?

AMALIA: Voglio?... Ma io non voglio niente. Se tu credi, io so' contenta, la tua volontà è pure la mia.

GAETANO: Brava. Vera moglie obbediente.

AMALIA: Moglie obbediente? (A Gaet. sotto voce:) (Ricordatevi questa parola!).

GAETANO: (E perché me la devo ricordare?). Don Felice ora dipende da voi.

FELICE: Aspettate... (Mi straccerei tutti i panni da dosso, quanto è certa la morte!) Ma moglie mia cara cara, ma come, tu stamattina eri tanto avversa a fittare la casa alla ballerina.., e adesso?

GAETANO: E adesso s'è fatta capace, e me la vuole dare.

AMALIA: Ma nonsignore... quando mai? è stato lui che non l'ha voluta mai affittare.

FELICE: Io?, Oh! (Per inveire, s'arresta, ridendo poi a denti stretti:) Ma moglie mia cara cara... non dire bugie, tu mezz'ora fa, quando ce l'ha detto la serva, un altro poco facevi correre la cavalleria!

AMALIA: Io!?... Ma tu sei pazzo!

FELICE (subito):Pazzo?! (A Gaetano sotto voce:) (Signore, ricordatevi che m'ha chiamato pazzo!). Già hai ragione a chiamarmi pazzo, perché se non ero pazzo, non mi sarei sposato con una stravagante come sei tu.

AMALIA: Stravagante? (A Gaet. c.s.:) (Signore, ricordatevi che m'ha chiamata stravagante!).

FELICE (gridando):Signore, è un anno che io sto nell'inferno, questa non è una donna, è una tigre!

AMALIA: Tigre?! (A Gaetano:) (Signore, ricordatevi che m'ha chiamata tigre!).

GAETANO: (E qua ci vuole un quaderno).

AMALIA: Ma vai via, che tu non eri neanche degno di sposarmi.

FELICE: Io? Io ero un signore, tua madre era una bucaiola. Signore (a Gaetano:) la madre pigliava 5 soldi al buco.

GAETANO: Questo non lo voglio sapere.

AMALIA: Ti ho detto tante volte di non parlare di mia madre. La famiglia mia ti ha nobilizzato!

FELICE: A me mi ha nobilizzato? Ma vattene. (Dando una spinta a Gaetano: lazzi.) Io t'ho sposata senza cappello!

AMALIA: A me? Vattene, baccalaiolo!

FELICE: Ah! (A Gaetano:) (Signore, ricordatevi che m'ha chiamato baccalaiolo!)

GAETANO: (E dagli, ancora!).

FELICE: Vattene, zantraglia!

AMALIA: Zantraglia?! (A Gaetano:) (Signore, ricordatevi che m'ha chiamata zantraglia!). (A questo punto viene dal fondo Michele con Gennaro, quest'ultimo, porta un cabaret con entro mezza granita d'orzata. Michele vedendo il contrasto, situa Gennaro in un angolo della scena, dicendogli con gesti d'aspettare, e va via pel fondo. Gennaro guarda i 3 meravigliato.) Signore, ma che altro volete sentire da questo porco!

FELICE: Porco?! (A Gaetano:) (Signore ricordatevi che m'ha chiamato porco!) (Poi tirandolo da parte:) Signore, come vi chiamate?

GAETANO (subito):(Io mi cambio il nome, ché poi ci vado di mezzo). Nicola Coperchio!

FELICE: Dove abitate?

GAETANO: Vicolo Mbuto n. 17. (Inceppato.)

FELICE: Benissimo. (Va a scrivere l'indirizzo sulla tavola in fondo.)

AMALIA (tirando da parte Gaetano):Signore, come vi chiamate?

GAETANO: Franco Stoppa.

AMALIA: E abitate?

GAETANO: Strada S. Teresa n. 80.

FELICE (viene avanti):Signore, potete andarvene, che domani parleremo.

AMALIA: Signore, andatevene adesso, domani parliamo.

GAETANO: Seh! State freschi!... Questi sono pazzi! (Via pel fondo correndo.)

AMALIA: M'hai chiamata zantraglia?

FELICE: Sì, zantraglia, zantraglia e mezza. (Dopo altre parole a soggetto dei due, Amalia dà un forte schiaffo a Felice e via prima a s. Pausa. Felice tenendosi la mano alla guancia, si volta e vede Gennaro, quindi correndogli vicino l'afferra pel braccio e lo porta avanti.) Hai visto? (Mostrando la guancia.)

GENNARINO: Eh! Ho visto.

FELICE: E andiamocene, esci. (Trascinandolo in fondo.)

GENNARINO: Io devo tornare al lavoro, io devo tornare al lavoro! (Gridando, viano pel fondo.)

(Cala la tela.)

Fine dell'atto primo

ATTO SECONDO

La scena rappresenta il dietroscena d'un teatro, 4 porte laterali e una nel mezzo in fondo. Sulla prima a sinistra sarà scritto: ORCHESTRA. Sulla seconda a sinistra: PALCOSCENICO. Sulla prima a destra: ATTREZZERIA E COMPARSE. Sulla seconda a destra: CUSTODE. In fondo: al muro a sinistra, vi sarà un cartello stampato che dice TEATRO FONDO - PRIMA RAPPRESENTAZIONE DEL BALLO PLUTONE. DEBUTTO DELLA PRIMA BALLERINA ASSOLUTA EMMA CARCIOFF. Al muro a destra in fondo altro cartello che dice: È VIETATO FUMARE. A destra fra le 2 porte un tavolo senza tappeto, con occorrente da scrivere, ed una lettera in busta chiusa. una sedia rustica dietro al tavolo, ed un'altra in fondo.

SCENA PRIMA

Pasquale, Direttore e 4 Comparse.

DIRETTORE (alle 4 Comparse):Andiamo, fate presto, vestitevi che il concerto sta iniziando. (Le 4 Comparse entrano una dopo l'altra nella prima a destra.) Ah! Mamma mia!... Mi sembrano mille anni che va in scena questo ballo, non ce la faccio più.

PASQUALE: Direttore, scusate, la prova generale ieri sera è andata male?

DIRETTORE: Uh! È stata una rovina! Al ballabile del secondo atto, è successo un pasticcio! Il primo ballerino è dovuto andare via perché gli sono venuti certi dolori intestinali. La scena della neve, poi, è andata tutta rovinata.

PASQUALE: E perché?

DIRETTORE: E che ne so, dice che non era pronta, il macchinista si è sbagliato, mentre c'era la scena della camera, si è aperta la macchina sopra e la neve è scesa prima del tempo! Il maestro di ballo che urlava, l'impresario peggio, ed il cetriolo addosso a chi è caduto? A me. Come se non bastasse proprio ieri sera nei palchi e nelle poltrone c'era parecchia gente a vedere lo spettacolo.

PASQUALE: Quando il diavolo ci si mette!

DIRETTORE: Intanto fra poco si deve iniziare e mancano ancora parecchie ballerine. Da ieri sera ho una testa così, non ne posso più. (Via pel palcoscenico.)

SCENA SECONDA

Gaetano e detto, poi Direttore.

GAETANO (dal fondo correndo):Neh! Pasquale, Emma è venuta?

PASQUALE: Non ancora.

GAETANO: Meglio così, perché le devo dare una brutta notizia.

PASQUALE: Che notizia?

GAETANO: Quella voleva che le affittassi una casa qua vicino, sono andato dal proprietario, e non c'è stato modo di poterla avere. Un marito e una moglie, due pazzi, che devoa fare? Io ho fatto tutto il possibile, e pure l'impossibile. Senti, io le scrivo un biglietto, e quando viene glielo dai. Hai un foglietto e una busta?

PASQUALE: Sopra a quel tavolino c'è tutto.

GAETANO (siede al tavolino e scrive):"Mia bella Emma, ho fatto tutto il possibile per fittare la casa, ma non ci sono riuscito. Spero che sarò da te compatito. Stasera ci rivedremo. Ama sempre il tuo eterno Gaetanuzzo".

PASQUALE: (Gaetanuzzo? Gaetanone!).

GAETANO (legge sotto la lettera, quando arriva alla parola "compatito" s'arresta):Uff... ma quando non c'è la testa...

PASQUALE: Ch'è stato Don Gaetà?

GAETANO: Invece di compatito, ho fatto... compatate.

PASQUALE: Sono buone, quella se le fa all'insalata.

GAETANO: Basta, glielo dico a voce, e che diavolo, non mi mangia mica. (Getta la lettera a terra presso il tavolo.) Dimmi una cosa, Pasquale, Emma quanto ancora può tardare?

PASQUALE: Eh, io credo ch'è prossima a venire, perché tra poco comincia il concerto.

GAETANO: Allora sai che faccio? Torno tra un quarto d'ora; Pasquale, fammi il piacere di dirle che non è stata colpa mia, perché sono andato là con i soldi in mano e non mi è servito a niente.

PASQUALE: Va bene, come volete.

GAETANO: Tieni, Pascà, comprati i sigari.

PASQUALE: Oh! Lasciate sta...

GAETANO: Nonsignore, te li devi prendere, tieni. (Gli dà un soldo e va.)

PASQUALE: Grazie. (Poi guardando la moneta:) Ma tu guarda che splendore! Comprati i sigari, e ti mette un soldo in mano! (Via in fondo e guarda.) Ah! ah! ah!... Che sagoma, che coso curioso!... A quell'età pretende di farsi le avventure galanti. Quello come esce dal teatro, un colpo di vento lo butta a terra.

DIRETTORE (con orecchino in mano):Pasquale?

PASQUALE: Comandate?

DIRETTORE: È stato trovato questo orecchino nel corridoio della prima loggiata, deve averlo perso qualche signora ieri sera. Se vengono a chiedertelo, ti fai dire come è fatto e poi glielo dai.

PASQUALE: Va bene non dubitate. (Prende l'orecchino.)

DIRETTORE (alla porta delle comparse):Giovanotto, fate presto.

PASQUALE: Il concerto è cominciato?

DIRETTORE: Stanno provando la mimica, dopo provano i ballabili, e alla fine le scene. Specialmente la scena dell'Inferno che è assai bella, ci sono certi mostri con una testa enorme!

PASQUALE: Vorrei proprio vedere la scena quando cade la neve.

DIRETTORE: Ah! quella è una bellezza. (Via nel palcoscenico.)

PASQUALE: Guarda che roba, chissà chi l'ha persa. (Prende la carta che ha gettato Gaetano.) Mettiamolo dentro a questa carta. (L'avvolge e se lo mette in tasca.)

SCENA TERZA

Antonio e detto, poi Dorotea.

ANTONIO (dal fondo):Pss, pss... custode? Sapete se è venuta la prima ballerina?

PASQUALE: (Eccone un'altro!). Nonsignore, non è venuta ancora.

ANTONIO: Potrei attenderla sul palcoscenico?

PASQUALE: Nonsignore, là non si può entrare.

ANTONIO: è giusto, forse staranno facendo il concerto?

PASQUALE: Sissignore, il ballo nuovo che fanno stasera.

ANTONIO: E qua posso aspettare?

PASQUALE: Qua, gnorsì, se volete potete anche sedervi.

ANTONIO: No, grazie tanto, io sto sempre all'impiedi.

PASQUALE: Fate come vi piace.

ANTONIO (cava di tasca una sigaretta, e accende un cerino).

PASQUALE (subito):No, no... signò, scusate... qua non si può fumare... leggete là.

ANTONIO: Ah! Avete ragione. (Guardando l'avviso a d.:) è vietato fumare. (Smorza il cerino.)

DOROTEA (dal fondo affannosa):Signori miei, scusate, lasciatemi sedere un poco, ho fatta una corsa da casa fino a qua.

PASQUALE: Signora, a chi volete?

DOROTEA: E un momento, lasciatemi prendere fiato, sono un po'... in carne.

PASQUALE (ad Antonio):La signora è un poco in carne. (Le dà la sedia.)

ANTONIO: (Un poco? Quella mi pare una bufala!).

DOROTEA (sedendosi nel mezzo):Mi dovete dire: quando si fa la perdenza di un oggetto qualunque a chi bisogna fare il domando?

ANTONIO: (Ah!).

PASQUALE: Ma perché? Avite perduto quacche cosa?

DOROTEA: Sissignore. Ieri sera, Gaetanino, mio marittimo, mi portò a questo triato, e mi prese un bel porchettino al primo piano per farmi vedere il concerto del ballo nuovo. Quando ce ne andattimo, infoscata di mente, mi dovette scappare l'orecchino da la recchia, senza che me ne accorgiò!

ANTONIO (ridendo):(Paraponzi ponzi pò!).

DOROTEA: L'avete trovato?

PASQUALE: Ah, sissignore, è stato trovato un orecchino, ma signora, scusate, dovete dirmi come è fatto.

DOROTEA: Oh! è giusto. è un bel ormo di cavallo, e in mezzo ci sta una bella pietra Diotelamanda.

ANTONIO: (è fatta l'elemosina). (Ridendo.)

PASQUALE: Volete dire, diamante?

DOROTEA: Scusate, in, pulito, si dice: Diotelamanda.

ANTONIO (a Dorotea):Lui poi non lo sa.

DOROTEA (ad Antonio):Non è troppo restituito.

ANTONIO: (Alla faccia di dua madre!).

PASQUALE (le dà l'orecchino):Vedete se è lui.

DOROTEA: Oh! E propito luio!

ANTONIO: (Buh!).

DOROTEA: Eh!... Adesso vi spetta la mangianza.

PASQUALE: (Mò m'ha pigliato per un cefalo la signora).

DOROTEA (caccia dalla borsetta 2 lire, e conserva nella medesima l'orecchino):Tenete. Queste sono due livere.

ANTONIO: (Sì, olive e cicoria!... Questa ha proprio litigato con la grammatica!).

PASQUALE: Grazie tanto.

DOROTEA (alzandosi):Neh, ma qua com'è curioso.

ANTONIO: (Senti chi parla).

DOROTEA: Qua, forse, è il porcoscenico?

PASQUALE: Sissignore, il palcoscenico.

DOROTEA: E potrei entrere?

PASQUALE: Nonsignore, là, non si può entrere.

ANTONIO: (Senti qua, senti!).

PASQUALE: Là entreno soli quelli de la compagnia, se entresse qualche duno estragnio, io pago la multa.

DOROTEA: Oh! Allora me ne vade.

ANTONIO: (Statti bene!).

SCENA QUARTA

Emma e detti.

EMMA (dal fondo):Oh! Sig. Antonio. (Strette di mano.)

ANTONIO: Pregiatissima signorina Emma.

EMMA: Che fate qua?

ANTONIO (con molta passione):Attendevo voi.

EMMA (ridendo):Ah! Ah! Ah! (Poi chiamando:) Pasquale?

PASQUALE: Comandate?

EMMA: Sono venute mie lettere?

PASQUALE: Sissignore, una, eccola qua. (La prende dal tavolo e gliela dà. Emma l'apre e legge sotto voce.)

DOROTEA (a Pasquale piano):Neh, scusate... questa chi è?

PASQUALE: è la prima ballerina.

DOROTEA: Ah! Questa è quella che aiere sera ballava con quello bello racazzo? E come va? S'è cambiata. Aiere sera pareva una fata... la verità? Di mattina non troppo mi piacquò!

ANTONIO: (E vedi se la finisce con quella lingua).

EMMA (terminando di leggere ridendo):Ah! Ah! Mi si propone una scrittura per la Grecia senz'anticipo, dovrei essere pazza.

ANTONIO: Ma che Grecia, voi che dite, voi non dovete mai più lasciarci. Al pubblico levereste una celebrità, ed al mio cuore un palpito.

EMMA (ridendo):Ah! Ah! Ah! Ma voi mi mortificate, mi adulate troppo.

ANTONIO: Oh! No, io non vi adulo, voi siete il cuore di tutti!

DOROTEA: Oh! Oh! Dategli uno schiaffo sulla faccia. (Ridendo.)

ANTONIO: Chi è?

PASQUALE: No, niente, diceva a me. (Signò, statevi zitta, voi mi fate inquietare.)

EMMA: Basta, Signor Antonio, permettete. (Per andare.)

ANTONIO: Come! Mi lasciate? Partite senza dirmi una parola, una sola parola, che possa mettere un sol raggio di speranza, nel mio povero cuore?

EMMA: Sig. Antonio, voglio dirvi due sole parole: Per vostra regola io non ammetto più aberrazioni per amore, poesia, platonicismo; ovivere con l'arte mia, o trovare un uomo che possa sposarmi. Le adulazioni, le belle parole, non fanno per me!

DOROTEA: Molto bene!

ANTONIO: Pure adesso parlava con te? (A Pasquale.)

PASQUALE: Sissignore. (Signò, stateve zitta!)

EMMA: Signor Antonio, vi saluto. (Via nel palcoscenico.)

ANTONIO: Benissimo!... Stasera, signorina Emma, stasera parleremo!

DOROTEA: Oh! Oh! Lasciatela stare!

PASQUALE: Adesso parlava con voi!

ANTONIO: L'ho capito!... Ma signora, sapete che m'avete fatto arrabbiare? Chi vi dà tanta confidenza vorrei sapere? Vedi quanto è brutta... me pare una balla de baccalà! (Via fondo a destra.)

DOROTEA: Uh! A me, balla di baccalà? Oh! Schistimato, schistimato!... Hai ragione che qua non ci stava Gaetanino mio marittimo, si no te la faceva innodare 'ngola sta parola! Lazzarone, rilliguilo, miscillo!... Io è scherzeggiato, e quillo me dice balla di baccalà, va bene, ti voglio sistimare io, ti voglio. (Dando la mano a Pasquale.) Addio scorticò... ci vetriamo sà ci vetriamo! (Via fondo a destra.)

PASQUALE: Voi vedete che devo passare con questa signora. Mi chiama scortecone. Ch'avrà voluto di'

SCENA QUINTA

Nannina, Ernestina e detto, poi Direttore indi Gaetano.

ERNESTINA (dal fondo):Neh! Pasquale, è cominciato il concerto?

PASQUALE: Gnorsì, adesso stanno cuncertando la mimica.

NANNINA: E come, non hanno cominciato col valzer?

DIRETTORE (andando verso la porta delle comparse):Giovanotto, fate presto che ci siamo. (Poi a Nannina ed Emma:) Ah! Voi siete venute finalmente?

ERNESTINA: Direttore, è troppo tardi?

DIRETTORE: No, perché s'è cominciato dalla mimca. Intanto andate presto, andate a cambiarvi.

NANNINA: Dobbiamo vestirci come ieri sera?

DIRETTORE: Nonsignore, non c'è bisogno, come al solito. (Via nel palcoscenico.)

NANNINA: Oddio, chissà che ora facciamo stanotte.

GAETANO: Pasquale è venuta?

PASQUALE: Gnorsì, sta dentro.

GAETANO: Le hai detto niente?

PASQUALE: Non ho avuto il tempo, perché s'è messa a parlare con un giovane.

GAETANO: Un giovane?

PASQUALE: Gnorsì, uno che voleva combinare un poco, ma lei gli ha detto certe parole che l'ha fatto rimanere con un palmo di naso.

GAETANO: Ah! Neh! Mi potresti fare il piacere di chiamarla un momento?

PASQUALE: E che so... adesso vedo... se non sta concertando.

GAETANO: Vedi, abbi pazienza, che poi ti regalo altri sigari.

PASQUALE: Mi mettete un altro soldo in mano!

GAETANO: Un soldo? Quella era una lira.

PASQUALE: Eh! Una lira. (Via nel palcoscenico.)

GAETANO: Ora, ci stanno tante case, nonsignore deve essere quella. Non voglia mai il Cielo che mi vedesse mia moglie. Ieri sera nel palco, per dire soltando: Che bella gamba che tiene la prima ballerina! Mi ha dato una scarpata sopra il callo che m'ha fatto piangere per mezz'ora!

SCENA SESTA

Pasquale, Emma e detto, poi Direttore, poi Felice indi Gaetano.

PASQUALE: Ecco qua la signorina. (Via seconda a destra.)

GAETANO: Mia cara Emmuccia.

EMMA: Finalmente vi siete fatto vedere. Ebbene, la casa?

GAETANO: Emmuccia mia, non è stato possibile di poterla avere! Il proprietario è pazzo, la moglie è più pazza di lui! Quando ci sono andato hanno litigato, e se non me ne andavo di corsa le prendevo pure.

EMMA: E come si fa? Quella casa mi piaceva tanto!

GAETANO: Non dubitare, tesoro mio, ne troveremo un'altra.

EMMA (in collera):Va bene... non ne parliamo più!

GAETANO: Vuoi niente? Desideri qualche cosa?

EMMA: Vorrei delle paste.

GAETANO: Delle paste? Subito, vado io stesso. (P. a. poi torna.) Ti piacciono i cannoli alla siciliana?

EMMA: Sicuro.

GAETANO: Ti porto subito il cannolo! (Via correndo pel fondo a sinistra.)

DIRETTORE: Signorina Emma, tocca a voi.

EMMA: Eccomi. (Via col Direttore nel palcoscenico.)

FELICE (dal fondo a destra correndo, entra e legge tutti i scritti che sono sulle porte): Accidenti all'anima di sua madre! Non ce la faccio più a camminare. Per tutta la città non m'è riuscito di trovare quel benedetto Nicola Coperchio! Sono andato a Vicolo Mbuto n. 17, è uscito un vecchio, gli ho domandato scusate, abita qua Don Nicola Coperchio? (Facendo la voce del vecchio:) Sissignore, aspettate. è andato dentro ed è uscito con un bastone in mano di queste dimensioni, che se non me ne scappavo quello mi rompeva le ossa. Vai a capire, avrà capito che lo stavo prendendo in giro. Sono venuto qua, perché mi sono ricordato che corteggiava la ballerina Emma Carcioff - Emma Carcioff sta scritturata qua. Ma a chi devo domandare. (Alla porta delle comparse:) Neh! Scusate... (Escono 4 comparse avvolte in lunghe mantelle nere, con elmi in testa, e lance in mano. Senza parlare una appresso a l'altra entrano nel palcoscenico.) Quelli che sono, Achei?... Ah! Ho capito, saranno artisti, forse stanno concertando. (Esce Gaetano con grosso cartoccio di dolci, e si dirige nel palcoscenico. Felice lo vede e batte il bastone sul tavolo.) Ah! V'ho trovato finalmente!

GAETANO: (Oh! Sangue di Bacco!).

FELICE: Che avete fatto? M'avete mandato a Vicolo Mbuto n.17, un altro poco e mi facevate rompere le ossa! Queste non sono azioni che si fanno.

GAETANO: Mio caro signore, abbiate pazienza, io come facevo a sapere perché volevate il mio indirizzo ed il mio nome? Scusate... E poi, nel modo come me l'avete domandato, m'avete fatto mettere paura, e so stato costretto a dirvi una cosa per un'altra.

FELICE: E io vi ringrazio tanto tanto. Che tenite qua dentro? (Mostrando il cartoccio.)

GAETANO: Niente, è biancheria.

FELICE: Dunque, se volete la casa, io sono pronto a darvela, anzi, invece de 70 lire al mese, me ne date 50.

GAETANO: Uh! E come mai?

FELICE: E come mai... poi lo saprete. Però, io ve do la casa, ma voi dovete venire proprio adesso subito con me.

GAETANO: Dove?

FELICE: Dall'avvocato mio un momento. Dite che siete stato presente al litigio con mia moglie, che mi ha chiamato porco e baccalaiolo, e poi ve ne andate.

GAETANO: Voi siete pazzo, amico mio, questo è impossibile, non può essere.

FELICE: Perché non può essere?

GAETANO: E non può essere. Vi pare, che mi metto a fare il testimone? S'appura la cosa, arriva alle orecchie di mia moglie, mi volete far passare un guaio?

FELICE: La casa ve la do per 40 franchi al mese.

GAETANO: Ma senza fare il testimone?

FELICE: No, facendo il testimone.

GAETANO: E non ci pensate neppure, non la voglio nemmeno gratis.

FELICE: Dunque, non volete venire assolutamente?

GAETANO: Non posso! Stia bene, signore. (Ra.)

FELICE: E va bene. (P. a. poi torna.) Senti, vecchio scorpione...

GAETANO: Neh! Guè!

FELICE: Senti, orangotango co il soprabitino.

GAETANO: Ehi... dico...

FELICE: Tu non hai voluto fare il testimone? E adesso t'aggiusto io!... Tanto cammino, e tanto faccio, fino a che devo trovare la casa di tua moglie, e le debbo raccontare tutte le scostumatezze che vai facendo!... Ti voglio rovinare.., ti voglio subissare. (Ra. esce Pasquale.)

GAETANO: Nonsignore per carità... nun voglia mai il Cielo.

FELICE: E allora vieni con me?

GAETANO: Eccomi qua, vengo. (P.a. con Felice il quale arrivato sotto la porta in fondo vede venire Amalia e s'arresta.)

FELICE: (Sangue di Bacco!... Da questa parte viene mia moglie Amalia... se mi trova qua lo dice in tribunale, e io sono rovinato. Dove mi nascondo? Ah! Qua). (Via in palcoscenico correndo.)

PASQUALE (correndogli dietro):Aspettate... signore... signore... là non si può entrare. (Via.)

GAETANO: Io l'ho detto. Quello è pazzo.

SCENA SETTIMA

Amalia e detto, poi Direttore, Pasquale e Felice indi Dorotea.

AMALIA (entra in fretta guardando intorno):A chi devo domandare? (Vede Gaetano:) Ah! Vi ho trovato finalmente!

GAETANO: (Oh! E ci mancava solo questa).

AMALIA (afferrandolo pel braccio):Signore, io sono stata sopra S. Teresa al n. 80, ed il n. 80 invece d'essere un palazzo era una cantina! Spiegatemi signore, perché mi avete mandata nella cantina?

GAETANO: (Voi vedete la combinazione, vaco a mannà a chesta dinto a la cantina!). Nonsignore, voi avete inteso male, io vi dissi 180.

AMALIA: No, siete un bugiardo, voi non abitate là. Qua dentro che avete?

GAETANO: Sono... calzini bianchi!

AMALIA: Signore... senza far tante chiacchiere, in questo momento dovete venire con me dall'avvocato.

GAETANO E perché?

AMALIA: Mi dovete fare da testimone.

GAETANO: Signora mia... non posso!

AMALIA: Se volete la casa ve la do per 20 lire al mese.

GAETANO: (Qua finisce che mi pagano loro l'affitto per farmi prendere la casa).

AMALIA: Venite signore, venite con me, altrimenti, benché donna sarò capace di qualunque cosa! (D.d. si sente un forte rumore d'una quinta che cade, poi molte voci confuse e gridi.)

GAETANO: Ch'è successo?

FELICE (d.d.):Ah! M'avete fatto male!... M'avete tirato una quinta in testa!

AMALIA: (Cielo!! Mio marito!).

DIRETTORE (d.d.):Ma capite che sul palcoscenico non si può stare.

PASQUALE (d.d.):Avete visto che v'è successo!

FELICE (fuori con la fronte fasciata da un fazzoletto sporco di sangue): Ah! Mamma mia! (Vedendo Amalia:) (Mia moglie!). (Direttore e Pasquale seguono Felice).

DIRETTORE (alle 4 comparse che escono dal palcoscenico con le lance abbassate):Andate a vestirvi da mostri, subito, subito. (Le comparse traversano la scena correndo.) Adesso si prova la scena della neve. Speriamo bene!

PASQUALE: Direttore vorrei vederla.

DIRETTORE: è impossibile, tu devi stare qua, e non far passare nessuno. (Via nel palcoscenico.)

AMALIA (tenendo pel braccio Gaetano):Bravo, il Signor Felice.., per venire a trovare qualche ballerina, sei venuto sul palcoscenico, e sei stato punito!

FELICE: Io lo sapevo. (Dando un colpo sul cartoccio che ha in mano Gaetano, facendo rompere la carta.)

GAETANO: Ah!... Accidenti a voi!... Ha fatto uscira tutta la crema fuori. (Cerca di accomodarlo.)

FELICE (leccandosi le dita):Io lo sapevo che questo dicevi.

GAETANO: Si lecca pure le dita!

FELICE: Ma t'inganni o signora!... Io non sono venuto a trovare la ballerina, questo signore sa perché sono venuto. Voi invece, vai a capire per chi siete venuta qua sopra.

GAETANO: Io non so niente all'anima vostra.

AMALIA: Basta, signore venite con me. (Tirandolo.)

FELICE: Nonsignore, deve venire con me. (Tirandolo.)

AMALIA: Con me! (C.s. gridando.)

FELICE: Con me! (Gridando.)

PASQUALE: Eh! Signori miei... Ma che vi credete che state in mezzo alla strada?... Che volete farmi pagare una multa?

GAETANO: Eh! Mi pare che ha ragione. Qua non si può gridare... usciamo fuori. (Appena usciamo me ne scappo.)

FELICE: E andiamo fuori. Vedremo, poi, il signore con chi va! (Fanno p.a.)

GAETANO (arrivato alla porta in fondo vede venire Dorotea e s'arresta):

Mamma mia!... Mia moglie!... E quella se mi trova qua m'ammazza! (Fugge nel palcoscenico gettando il cartoccio a terra.)

PASQUALE: Dove andate, là non si può entrare. (Via appresso e chiude la porta sul naso di Felice, che voleva seguire Gaetano.)

AMALIA: Ben fatto!

FELICE: Moglie infame!

AMALIA: Marito svergognato!

DOROTEA (entra con lettera piegata in mano, gridando):Ah!... Gente!... Gente!... Popolo! Popolo! Popolo!... Sono stata tradita!

FELICE: S'è stizzita la bufala!

DOROTEA: Mio marito ha scritto questa lettera a una certa Emma, dicendole che non ha potuto affittare la casa. Uh! Uh! Uh! (Saltando.)

FELICE: (Oddio questa scoppia!).

DOROTEA (gridando):Popolo!... Popolo!... Popolo!...

AMALIA: Possibile! Voi siete la moglie di Don Francesco Stoppa?

DOROTEA: Quà Stoppa!

FELICE: Nonsignore, bestia, questa signora è moglie di Don Nicola Coperchio!

DOROTEA: Ah! sarete voi un Coperchio!... Mio marito si chiama Gaetanino Papocchia!

FELICE: Gaetano Papocchia! (Caccia dalla tasca un pezzo di carta, e scrive sulle gambe, girando intorno.)

AMALIA: Gaetano Papocchia! (Va a scrivere sul tavolo.)

DOROTEA: Voglio fare la divisione, mi voglio sipariare!

FELICE: (Statti ferma con le mani!).

DOROTEA (ai due):E voi, mi farete da testimoni!

FELICE: Io lo faccio a voi, e voi lo farete a me.

AMALIA: E pure a me.

DOROTEA: E perché? (Da d. si sentono molte grida "cacciatelo fuori, cacciatelo fuori". Esce Gaetano imbianchito da capo a piedi dalla pioggia di neve. Appresso a lui vengono il Direttore, Pasquale, Emma, Ernesta e Nannina: queste 3 ultime escono ridendo.)

GAETANO: M'avete rovinato. (Vedendo Dorotea:) Dorotea!

DOROTEA: Che? Lui! Ah! Qua ti voglio... (L'insegue, Gaetano fa un giro poi cade verso il lato sinistro. Dorotea l'afferra e lo bastona. Le ballerine ridono. Dalla prima a destra escono le comparse vestite da mostri, si fanno largo per passare. Felice ed Amalia si spaventano. Il Direttore grida con Pasquale. Nella confusione cala la tela dopo che esce il quarto mostro.)

(Cala la tela.)

Fine dell'atto secondo

ATTO TERZO

La scena rappresenta una sala del Tribunale. La ruota in fondo. A destra, sedia per il Cancelliere, a sinistra quella del P.M. Tavoli per gli avvocati sul davanti a destra, e a sinistra, con sopra occorrente da scrivere e vicino una sedia. Sedie a destra e a sinistra per i testimoni prima a destra porta comune. In fondo a destra e a sinistra due porticine con tendine verde. Sulle sedie degli avvocati vi sarà ad ognuna la toga.

SCENA PRIMA

Usciere, accomodando le sedie, poi Raffaele.

USCIERE: E questa è un'altra giornata che non finisce più, pure oggi prima delle cinque non si finisce. Mi sono proprio stufato di fare l'usciere.

RAFFAELE (veste con grosso soprabito nero, colli alti e grossa cravatta nera. Cappello a cilindro, guanti di lana color pignuoli. Entra frettoloso):Ah, Giacomino, stai qua.

USCIERE: Servo vostro, Eccellenza.

RAFFAELE: C'è una folla fuori che non si puù passare.

USCIERE: Eccellenza, avete fatto un poco tardi stamattina?

RAFFAELE: Lasciami stare, Giacomino, ho la testa per aria. Stanotte ho fatto una nottata in bianco, io e quella povera infelice di mia moglie.

USCIERE: Ma ha partorito o no?

RAFFAELE: Ma dove... sono 3 giorni che che ha le doglie, una casa in travaglio... sto con un pensiero che non ti puoi credere. Fra le altre cose ho sette figlie femmene, non ho mai potuto avere un maschio, ti assicuro che mi sentirei male se fosse un'altra femmina. Poco fa l'ho lasciata con le doglie, ci sono tutti i parenti a casa.

USCIERE: E lasciate fare al Cielo, può darsi che avete una buona notizia.

RAFFAELE: Ho lasciato detto alla serva che appena mia moglie partorisce, me lo venisse a dire, e mi facesse sapere se è maschio o è femmina. Se è femmina, Giacomì, parola d'onore, te la regalo a te!

USCIERE: (E sì, l'ha pigliata per una caciotta). Eccellenza, ma andate, che dite...

RAFFAELE: Tu adesso mi devi credere, io sto sulle spine, vorrei tornarmene a casa subito.

USCIERE: Eccellenza, voi scherzate, oggi c'è da fare la causa di Don Felice Sciosciammocca, che vuole separarsi dalla moglie.

RAFFAELE: Ah! Già, hai ragione, che vuoi da me, non ci avevo pensato. Vai, lasciami cambiare questa camicia che a forza di correre sono una zuppa di sudore. (Ra. poi torna.) Neh! Giacomì, che dici, me lo fa il maschio?

USCIERE: E io che ne so, speriamo.

RAFFAELE: Che diavolo!... Se fosse un'altra femmina. E questa sarebbe una disdetta, una disdetta! (Via nella porticina in fondo a sinistra.)

USCIERE: Ah! Ah! Ah!... Queste sono proprio cose strane.

SCENA SECONDA

Michele, Rosella e detto, poi Felice ed Antonio.

MICHELE: Neh, scusate... qua si fa la causa del padrone mio?

USCIERE: Chi è il padrone vostro?

MICHELE: Don Felice Sciosciammocca.

USCIERE: Ah! Gnorsì, è qua. Ditemi il vostro nome, io vedo se state nella nota dei testimoni. (Legge una carta che sta sul tavolo del Cancelliere.)

ROSELLA: Io mi chiamo Rosella Paparella.

MICHELE: E io mi chiamo Michele Pascone.

USCIERE: Rosella Paparella... e Michele Pascone... Sissignore siete testimoni, sedetevi là. (Indica a sinistra e Michele va a sedersi al posto del Presidente.) Neh, Ehi! Uh! Accidenti a tua madre, scendi da là! Questo è il posto del Presidente.

MICHELE: Voi avete detto sedetevi qua.

USCIERE: Là, animale! (Laterale a sinistra.)

FELICE (d.d.):Don Antonio, lasciatemi...

ANTONIO (d.d.):Ma sentite, venite qua.

FELICE (fuori):Voi non l'avete visto, era lui, quello scorfano di mare, che mi è passato vicino, era lui.

MICHELE: (Uh! Il padrone!).

ROSELLA: (Come sta arrabbiato).

ANTONIO: Ma chi era?

FELICE: Era l'amante di mia moglie.

ANTONIO: Ah! Già, Don Anselmo.

FELICE: Quella bestia non sapete che mi fece? Quando siamo venuti qua la prima volta mi ha preso in giro, mi ha insultato, mi ha chiamato marito impossibile!... Sono marito impossibile io?

ANTONIO: E io che ne so?

FELICE: Ha avuto ragione che eravamo in tribunale, ma se stamattina s'azzarda a guardarmi soltanto, con un pugno gli rompo la faccia. (Gridando.)

USCIERE: Signore... vi prego... un po' di silenzio, là dentro c'è il Presidente che si sta cambiando la camicia.

FELICE (togliendosi il cappello):Scusate... Sig. Cancelliere.

ANTONIO: (Che Cancelliere, statevi zitto, quello nun è il Cancelliere).

USCIERE: Nonsignore, io sono l'usciere.

FELICE: Ah! L'usciere? Allora me raccomando a voi, sapete.... io a quella donna, non la potevo più sopportare. (Ant. ride.) Se vinco questa causa potete comandare pure a me.

ANTONIO (ridendo):Don Felice, ma voi che state dicendo? Che c'entra lui? Quello è usciere, quello non può far niente, quello sapete che fa? Quando viene il presidente dice: Fate loco, fate loco!

USCIERE: Caro signore... volesse il Cielo, ma io non posso far niente.

FELICE (lo guarda prima un poco):E vai via, vattene, vai a fare quello che devi fare! (Mettendosi il cappello.)

USCIERE: Neh, oh, e che è?

FELICE: Quello non può far niente e io mi metto a raccontare i fatti miei a lui!

USCIERE: E chi vi ha pregato di dirmi i fatti vostri? Voi vedete che gente s'incontra.

FELICE: E vattene!... Vedi quanto è bello.., me pare una bottiglia d'inchiostro!

USCIERE: Oh! Neh, avvocato, ma quello m'insulta.

ANTONIO: Va bene, non ci fate caso, quello è un poco nervoso. (Don Felice statevi zitto.)

FELICE: Questa stola di carbone!

USCIERE: Oh! avvocato, e che cosa facciamo?

ANTONIO: Non importa, Usciere, vi ho pregato che sta nervoso.

USCIERE: Che m'importa che sta nervoso?... Sia fatta la volontà del Cielo. (Via a destra:)

ANTONIO: Don Felice statevi zitto. Mettetevi qua, e non vi muovete più. E quando si fa la causa statevi zitto, non dite nemmeno una parola, se ci sta qualche cosa da dire ci penso io.

FELICE: Ci pensate voi?

ANTONIO: E si capisce, io sono l'avvocato vostro.

FELICE: Va bene. (Siede a destra.)

ANTONIO: Zitto, viene vostra moglie.

SCENA TERZA

Anselmo, Amalia e detto, poi Usciere e Gaetano.

ANSELMO: Signora, vi raccomanno la calma. Là ci sta vostro marito, sedetevi qua. (Siede al tavolo.)

AMALIA: è venuto l'infame! (Siede vicino al tavolo d'Anselmo.)

ANTONIO: (Don Felice, vi conviene di salutarla).

FELICE: (A chi?).

ANTONIO: (A vostra moglie).

FELICE: (Ma voi siete pazzo, caro avvocato! Quella m'ha fatto passare quel poco).

ANTONIO: (E voi salutandola fate vedere che lei è la birbante. Capite).

FELICE: (Ah! Già, dite bene... Allora la saluto?).

ANTONIO: (Sicuro).

FELICE (s'alza):Eh! Questo è il mondo. (Naturalmente si dirige verso la ruota, in fondo, passeggiando piano piano.)

ANTONIO: (Don Felice?... Don Felì... Dove andate? E che fate?).

FELICE: (No, io glielo faccio da sopra, capite?).

ANTONIO: (Eh! Da sopra al balcone!).

FELICE (arrivato vicino a Amalia si toglie il cappello):Oh! Signora. (Amalia cambia di posizione alla sedia, si siede volgendogli le spalle.) Mi aveta fatto fare questa figura. (Ad Antonio poi siede.)

ANTONIO: (Bravo, bravo, ne ho avuto tanto piacere).

FELICE: (E io no). Sangue di Bacco!... Ma è forte sà, quella ha torto, e vuole fare pure la sostenuta.

AMALIA (rimettendosi come prima):(Vedi che assassino!... Ha pure il coraggio di salutarmi).

FELICE: Quando uno saluta bisogna rispondere.

ANTONIO: (Statevi zitto, non parlate con lei).

FELICE: Io non parlo con lei, ce l'ho con una persona che stamattina ho salutato e non mi ha risposto. Se lo sapevo, seh, col cavolo che la salutavo!

AMALIA: Io non ho cento facce come le tieni tu!

ANSELMO: Signora, voi non dovete fare tante chiacchiere, non parlate con lui.

AMALIA: Io non parlo con lui, ce l'ho con una persona che sta diventando oltremodo ridicolo!

FELICE: Oh! Ridicolo poi...

ANTONIO (ridendo):Bravo, bravo, bravo...

FELICE: E Questo che si diverte!

ANTONIO: (Don Felice, ha detto solo ridicolo? Io avrei voluto che v'avesse detto delle altre cose).

FELICE: (E già, se mi dava una sedia un testa).

ANTONIO: (Nun vi preoccupate, poi vedete che carte che metto in tavola).

FELICE: (Eh, le carte sul tavolo, sta giocando a scopa!).

MICHELE (a Rosella):(Va a finire che litigano qua sopra).

ROSELLA: (E così va a finire).

USCIERE (uscendo):Favorisca signore, da questa parte. (Introduce Gaetano e via. Gaetano indosserà una scemis col bavero alzato. Sarà pallido. Entra piano piano col cappello in mano, e guardando intorno.)

FELICE: Uh! Don Gaetano. (Andandogli incontro:) Don Gaetano mio. Eh, dice che non veniva Don Gaetano, il galantuomo sempre galantuomo è. Quanto è bello Don Gaetano! Don Gaetà, ricordatevi, porco, e baccalaiolo!

GAETANO: Seh, e io vado a pensare giusto a voi! Ho altro per la testa, Don Felice. Mia moglie mi vuol fare la causa di separazione capite?

FELICE: E a me che me ne frega.

GAETANO: E devi vedere quanto me ne frega a me di te!

FELICE: No, dico, che oggi non m'importa, forse domani...

GAETANO: E a me importa oggi e domani.

FELICE: Don Gaetà, sedetevi qua, vicino a me.

GAETANO: (E vedi quanto è seccante). (Siede vicino a Felice a s.)

FELICE: Don Gaetà voi dovete dire che mia moglie mi ha chiamato porco e baccalaiolo.

GAETANO: Ma io tengo i guai miei.

FELICE: Don Gaetà... contentatemi, che io poi... mi levo l'obbligazione. Ho preparato una cosa che... poi ve la mando a casa... una cosettina... che vi farà piacere... Dice, ma che cos'è!... Non lo so. (Ridendo.) Non si può dire! (Accomodandogli i capelli:) Voi fatemi una buona testimonianza.., che io poi... non me lo tengo. Vedrete che bella sorpresa... Dice, ma che cos'è? Non lo so!

GAETANO: (Questo è mezzo pazzo!). (Ad Antonio:) Avvocato c'è ancora molto?

ANTONIO: è un affare di pochi altri minuti.

GAETANO: A proposito, Signor Avvocato, vi dovrei dire una cosa. (Alzandosi.)

ANTONIO: A me? Eccomi. (S'alza e viene avanti.)

GAETANO: Ecco qua... (Passando a destra con Antonio.)

FELICE: Don Gaetà, dove andate?

GAETANO: Debbo dire una cosa all'avvocato.

FELICE: Ma uscite fuori?

GAETANO: Nonsignore qua.

FELICE: Là in bocca?

GAETANO: Che?

FELICE: Là in bocca?

GAETANO: Chi in bocca! Quale bocca?

FELICE: Dico, non uscite fuori, state qua?

GAETANO: Sissignore.

FELICE: In bocca a qua?

GAETANO: Come?

FELICE: Là in bocca, in bocca a qua?

GAETANO: Là in bocca, in bocca a qua, in bocca a là. Che modo di parlare tiene questo.

FELICE: Insomma non uscite fuori?

GAETANO: Nonsignore, sto qua.

FELICE: Ah! Mbè.

GAETANO: Avvocà, Sentite, vediamo d'accomodare st'affare mio con mia moglie.

ANTONIO: Perché, di che si tratta? (Felice mettendosi in mezzo ai due per sentire.)

GAETANO (lo guarda un poco, e fa ancora qualche passo a destra):Dunque avvocà, vi stavo pregando... (Felice c.s.) Oh! ma insomma che educazione è questa? Vulete sentire i fatti miei per forza.

FELICE: No, dove, io sto qua, sto passeggiando.

GAETANO: State passeggiando? (Impaziente.)

ANTONIO: Don Felice, abbiate pazienza, mi sta parlando di un affare serio.

FELICE: E fate. (Va a sedersi.)

GAETANO: Dunque, avvocà, vi stavo pregando... Vedete d'accomodare st'affare mio con mia moglie... Quella, sono 15 giorni che mi ha lasciato, e se n'è andata dai parenti suoi... si vuole dividere assolutamente da me, mi vuole fare la causa.

ANTONIO: E perché?

GAETANO: Perché le capitò una lettera in mano che io avevo fatta a una giovine... capite?

ANTONIO (ridendo):E voi di questa età andate scivendo lettere a ragazze?

GAETANO: Che volete.., sono errori di prima gioventù.

ANTONIO: Di prima gioventù? (All'anima della prima gioventù.)

FELICE: Avvocato, ma voi sapete che papà non vuole che s'ammogli?

ANTONIO: Lo padre? Tene lo padre?

FELICE: Sicuro.

GAETANO: Ma perché, vi fa meraviglia che io tengo a papà?

ANTONIO: Don Gaetà, non ci fate ridere.

GAETANO: Ma voi sapete che tengo pure il nonno!

ANTONIO: Il nonno?! Oh! questa poi...

FELICE: Ah! Sicuro, il nonno lo conosco, l'ho visto una volta.

GAETANO Ah! Lo conoscete?

FELICE: Sicuro.

GAETANO (ad Antonio):Avete visto? E dove l'avete conosciuto? (A Felice.)

FELICE: Lo vidi una domenica mattina, al Museo Archeologico.

GAETANO: Sì, va là a passeggiare.

FELICE: No, stava dentro al Museo, dentro a un sarcofago di creta... così. (Si stende sulla sedia come un morto.)

ANTONIO (ridendo):Ah! Ah! Ah!

GAETANO: E ch'è una mummia il nonno mio?

FELICE (ridendo):Io scherzo.

GAETANO: E ma questi scherzi non mi piacciono... chi vi dà questa confidenza?

ANTONIO: Va bene, Don Gaetà, non ci fate caso... dunque?

GAETANO: Io ho giurato che non lo farò più!... Vedete di sistemare questa cosa. Io vi manderò da lei, in casa dei parenti suoi.

FELICE: Avvocato, avete visto che bella testa tiene Don Gaetano?

ANTONIO: Ah! sicuro, in moda.

FELICE: Mi pare un polpo sottosopra!

ANTONIO: Ah! Ah! Ah! (Ridendo Gaetano fa gesti d'impazienza.) Don Gaetano, non importa.

GAETANO: Si vede ch'è mancanza d'educazione la vostra... Perché io sto parlanno d'affari seri con l'avvocato, e voi m'interrompete, e mi stuzzicate da dietro.

FELICE: Io vi stuzzico da dietro?

GAETANO: E si capisce, mi state stuzzicando, fino a che perdo la pazienza! Eh! Mi pare!... Perciò stia al suo posto signore, e si faccia i fatti suoi.

FELICE: Ma prendetelo a schiaffi in faccia! (Gaetano lo guarda.)

ANTONIO: Don Gaetano non importa, non vi offendete... dunque?

GAETANO: Io vi manderò da lei, in casa dei parenti suoi, voi ci parlerete, e le dite che io sono pentito, sono amaramente pentito, che non lo faccio più, mai più. (Con voce bassa.)

FELICE: Fate l'elemosina a un povero padre di famiglia, non me lo posso lavorare...

GAETANO: Oh! Ma insomma, mi volete far parlare? Adesso prendo e me ne vado, e felicenotte!... Eh! Perché ve ne state pigliando troppo ora! Mi state rompendo, come si dice, le uova nel paniere!... Voi volete rompere le uova nel paniere mio!

FELICE: Io voglio rompere le uova nel paniere vostro?

GAETANO: E si sa!... Lo scherzo fino a un certo punto, ma poi basta poi. (Pausa.) Perciò, stia al suo posto, esi faccia i fatti suoi. (Poi ad Antonio:) Dunque avvocato... Lei poi si sfogò abbastanza, perché la sera mi fece una mazziata numero uno.

ANTONIO (ridendo):Ve le ha date?

GAETANO: Me le ha date? Io sono stato fino all'altro giorno a letto. Tengo questa spalla che non la posso muovere!... Ma vi prego, non dite niente a nessuno!

ANTONIO: Ah! Ah! Ah! Questa è bella!

FELICE: Avvocato, ch'è stato?

ANTONIO: La moglie gliele ha date!

FELICE: Uh?... Ah! Ah! Ah!

GAETANO: Embè, avvocato. Io vi ho pregato di non dire niente.

FELICE (ridendo):Appena esco fuori lo dico a tutti quanti.

GAETANO (ad Antonio):Avete visto? Io lo sapevo, quello è la trombetta del banditore! Adesso lo sapranno tutti, città e in Provincia.

ANTONIO: Va bene, vedrò io d'accomodare tutto.

GAETANO: Vi ringrazio anticipatamente. (Ritornano ai loro posti.)

SCENA QUARTA

Usciere, Emma e detti, poi Gennarino.

USCIERE (introducendo Emma):Favorisca, signora, s'accomodi.

EMMA: Grazie. (Siede vicino ad A malia, dopo aver salutato tutti senza parlare.)

GAETANO: (Uh! Emmuccia!). (Con molta passione.)

FELICE: (Ora muore Don Gaetano!).

GAETANO (alzandosi):Avvocato, un'altra preghiera.

ANTONIO: Dite. (S'alza e viene avanti.)

GAETANO (sotto voce):(Questa qua, è quella tale giovine, alla quale io avevo scritto la lettera che mia moglie trovò).

ANTONIO: (Ah! questa qua?).

GAETANO: (Sissignore).

ANTONIO: (Bravissimo!). Ti voglio sistemare io ti voglio.

GAETANO: (Come vi pare?).

ANTONIO: (Eh! molto simpatica!). (Ritornano ai loro posti.) Signorina Emma, chi lo doveva dire che dovevamo vederci qui, in tribunale.

EMMA: Eh! Non c'è che fare, pazienza. Ecco, che cosa significa fidarsi troppo degli uomini.

ANTONIO: Degli uomini, va bene, ma voi adesso vi siete fidata dei mandrilli! (Ridendo.)

FELICE: Don Gaetano, l'ha con voi!... Uno quando sente mandrillo, subito s'accorge che siete voi!

GAETANO: E quando uno sente rangotango, subito capisce che siete voi!... Avvocato, e come vi vene in testa?

ANTONIO: Ma scusate, abbiate pazienza, io non so come una donna si può innamorare di voi.

GAETANO: Eh! Insistete! (Felice ride.)

EMMA: Egli disse che voleva sposarmi, ed io, a questa lusinga, non guardai né l'uomo, né l'amante, nè il mandrillo, ma il marito.

ANTONIO: Il marito?... Ma guardaste il marito di una signora!

EMMA (forte ed alzandosi):Voi siete un imbecille!

ANTONIO: Ah! A me imbecille?! (S'alza e viene avanti.)

EMMA: Sì, a voi. (Gridando.)

FELICE: Pss... non gridate. (Mettendosi in mezzo ai due, gridano contemporaneamente tutti e tre.)

USCIERE: Pss... signori... signori... vi prego, un poco di silenzio... il presidente si sta cambiando la camicia.

FELICE: Questo è n'ora che se la sta cambiando!

ANTONIO: Va bene, questa parola me la pagherete.

EMMA: Ve la pagherò come vi pagano tutte le vostre parole. (Usciere via e poi torna.)

ANTONIO: Voi siete una donna, e non mi conviene mettermi contro di voi, mandatemi qualche vostra persona e ce la vedremo. (Gaetano si sarà fermato col cappello in mano guardando Emma con molta passione.)

EMMA: E va bene, vi manderò mio fratello.

ANTONIO: Benissimo! (Ritorna al suo posto.)

FELICE (ad Emma):Va bene, mandateci pure la sorella. (Poi ad Antonio:) Avvocato, voi invece di pensare alla causa mia... (Poi vedendo Gaetano si mette vicino a lui togliendosi il cappello.) Signorina... fate bene a un povero cieco... ho perduto il meglio della vita mia!... La vista degli occhi!

GAETANO: Ma voi siete n'affare serio... sapete?

FELICE: E voi mi sembrate un pezzente che chiede l'elemosina!

GAETANO: Che pezzente... io sto guardando a quella... Io so quella quando s'infuoca quanto è terribile! (Siedono tutti.)

USCIERE (introducendo Gennarino):Entra, entra, togliti il cappello.

FELICE: Il ragazzo del bar. (Alzandosi.)

GAETANO: Di prima mattina!

USCIERE: Siediti là dietro. (Indica dietro la ruota.)

FELICE: Un momento, Usciere, perdonate... (A Gennarino:) Gennarino vieni qua, siediti. (Lo piglia per la mano.)

USCIERE: Nonsignore, scusate, questo non può stare qua.

FELICE: Perché non può stare? Quello è testimone a carico...

ANSELMO: No, no, a discarico.

FELICE (a l'usciere):E dunque lasciatelo discaricare. (Gennarino siede vicino a Gaetano.)

USCIERE: E se ne va alla dogana a scaricare, qua non può stare. (Lo piglia per mano per farlo alzare.)

FELICE: Ma nonsignore, Usciere, quella è persona mia.

USCIERE: Ma scusate, quello sta combinato in quella maniera...

FELICE: E che vuoi dire? Adesso il testimone lo facciamo venire in frak e cravatta bianca! Come si trova, viene, sarebbe bella! Gennarino, siediti, non ti preoccupare.

ANTONIO: Va bene, Usciere, lasciatelo stare. (Tutti siedono.)

GAETANO (pausa, guardando Gennarino e Felice):Oh! Ma insomma voi adesso che vi siete messo in testa, che questo lazzarone lo volete far sedere vicino a me?

FELICE: Lazzarone?!... Don Gaetà e che è questa parola? Se sapreste voi quello che sa questo.

GAETANO: Perché è istruito, è istruito?

FELICE: Istruito? Quello sa il fatto dello schiaffo.

GAETANO: Vedi che sa, toh!

FELICE (appoggiandosi con Gennarino sulle gambe di Gaetano):Gennarino, tu devi dire che lo schiaffo fu tanto forte che mi si gonfiò tutta la faccia.

GENNARINO: Va bene.

GAETANO: Oh! ma per caso volete un tavolino, una poltrona, un cuscino... no, per sapere almeno. (Poi a, Gennarino gridando:) E scostati... tu puzzi di cipolla che appesti!

USCIERE: Pss... pss... Signori miei, un poco di silenzio. Vi ho pregato che il presidente si sta cambiando...

FELICE: La camicia.

GAETANO (pausa, s'alza e s'avvicina a l'usciere, mostrando Gennarino): Puzza di cipolla! (Siede.)

USCIERE: Levati da là.

FELICE: Oh! Usciere, ma adesso mi pare che sia una mancanza di rispetto proprio a me. Vi ho detto ch'è persona mia, e qua deve stare.

USCIERE: Ma quello puzza di cipolla!

FELICE: E che vuol dire che puzza di cipolla, il signore con questo ha fatto colazione. Don Gaetà, ma che è sta cosa? Puzza de cipolla, e non puzza de cipolla... vi voltate da questa parte, e non la sentite. Adesso mi disgustate un testimone perché puzza di cipolla!... Questo ha potuto, e con questo ha fatto colazione! (A Gennarino:) Signore puzzate! (Siede. A destra lunga suonata di canipanello.)

USCIERE (annunziando):La Corte! (Tutti si alzano.)

GENNARINO (a Gaetano):Neh!... Io pure mi devo alzare?

GAETANO: Alzati, siediti, chi se ne accorge!... (Gennarino s'alza.)

SCENA QUINTA

Raffaele, 2 Giudici, Pubblico Ministero e il Cancelliere, con toghe e berretti neri. Raffaele siede nel mezzo della ruota, e 2 Giudici a destra e a sinistra del detto, il Pubblico Ministero a sinistra della ruota, ed il Cancelliere a destra.

RAFFAELE: (Chissà se mia moglie ha partorito!). (Suona il campanello che è sul tavolo.)

FELICE: (La spiegazione degli animali!).

RAFFAELE (piano a l'usciere):L'Udienza è aperta.

USCIERE (verso la comune gridando):L'udienza è aperta. (Tutti siedono.)

RAFFAELE (fa un gesto al Cancelliere, per farlo incominciare a leggere): Avanti.

CANCELLIERE (prende la lista dei testimoni e legge):"Michele Pascone!"

USCIERE: Pascone Michele... Pascone Michele... (Poi verso la comune:) Pascone Michele!... Sig. Presidente. Michele Pascone manca.

MICHELE (alzandosi):Che manca? Presente.

USCIERE: Come! Vi ho chiamato 3 volte, e non rispondete.

MICHELE: Quando mi avete chiamato? Voi avete chiamato Pascone Michele... Io mi chiamo Michele Pascone! (Siede.)

FELICE (s'alza e fa per tirargli il cappello):Ah! Ora chiedo il permesso al Presidente, e te tiro il cappello! Bestia! Pascone Michele, e Michele Pascone non è lo stesso?

RAFFAELE (a Felice):Pss... basta, basta. (Al Cancelliere:) Avanti.

CANCELLIERE (legge):"Rosella Paparelia".

USCIERE (c.s.):Rosella Paparella?

ROSELLA: Presente. (S'alza e siede subito. Gennarino s'è addormentato.)

CANCELLIERE (c.s.):"Emma Carcioff".

USCIERE (c.s.):Emma Carcioff?

EMMA: Presente. (S'alza e siede subito.)

GAETANO: (Quanto è bella, quanto è bella!).

FELICE: Don Gaetano, lasciateci fare.

CANCELLIERE (c.s.):"Gennarino Fagiolino".

USCIERE (c.s.):Gennarino Fagiolino?... Gennarino Fagiolino? (Poi alla porta:) Gennarino Fagiolino? (A Raffaele:) Sig. Presidente, manca il Fagiolino.

FELICE: Che manca? Subito dite che manca.

USCIERE: E dove sta?

FELICE: Sta qua, si era addormentato un poco.

USCIERE: E svegliatelo.

FELICE (afferra Gennarino per la mano e lo scuote):Dite, presente, presente.

GENNARINO (stropicciandosi gli occhi):Presente.

FELICE (dandogli uno schiaffo):All'anima di tua madre! Adesso mi deve far perdere la causa. S'accomodi, signore s'accomodi.

GAETANO: (Qua corrono questi schiaffi!?).

GENNARINO (piangendo):Ma io me la doverei pigliare con questo! (Mostrando Gaetano.) Ma come, due compagni vanno a fare un servizio, tu hai visto che mi fossi addormentato, come compagno mio mi vuoi svegliare, per non mi fare fare una brutta figura con quello che sta là sopra?

GAETANO (pausa, guardandolo):Ma quale compagni? (Più forte:) Ma quale compagni? A te chi ti conosce? (Alzandosi.)

RAFFAELE: Pss... pss... (A denti stretti.)

FELICE: (La bocca del Presidente, mi pare uno sfiato  di treno!).

RAFFAELE (c.s. al Cancelliere):Avanti.

CANCELLIERE (c.s.):"Dorotea Papocchia".

USCIERE (c.s.):Dorotea Papocchia.

ANTONIO: Non è venuta ancora. (S'alza e siede subito.)

GAETANO (alzandosi):Sta cucinando certe patate.

USCIERE: E salutatemela!

RAFFAELE (al Cancelliere):Passate avanti.

CANCELLIERE (c.s.):"Gaetano Papocchia".

GAETANO (a Gennarino): Il compagno... se ne viene, il compagno.

USCIERE (c.s.):Gaetano Papocchia?

GAETANO (a Gennarino):Non lo dire più sà...

USCIERE (c.s.):Gaetano Papocchia?

GAETANO: Vedete che gente s'incontra.

USCIERE (più forte):Gaetano Papocchia?

FELICE: Don Gaetano, là vi chiamano.

GAETANO (subito ed alzandosi):Presente, sto qua io!

USCIERE: Presente, sto qua io, e non rispondete? Ma che siete sordo?

GAETANO: Nonsignore.

USCIERE: E perché non rispondete?

GAETANO: Ho risposto adesso.

USCIERE: Dopo 3 volte che v'ho chiamato?

GAETANO: Sissignore.

USCIERE: Mbè, visto che lo sapete allora sedetevi.

GAETANO: Grazie tante.

USCIERE: Niente!

GENNARINO (a Gaetano):E vi volete togliere davanti, mi volete far vedere come fanno quelli là?

GAETANO: Ma che hai da vedere, l'opera dei pupi? Adesso te lo ceco un occhio!

RAFFAELE (a Gaetano suonando leggermente il campanello):Pss... pss...

CANCELLIERE: Sig. Presidente, pare che manchi soltanto la Papocchia.

RAFFAELE: E va bene, possiamo incominciare senza la Papocchia.

FELICE: Io adesso che ne so se mi fa male o mi fa bene, a incominciare senza la Papocchia?

RAFFAELE: Giacomino, vattene fuori, eappena viene la donna di servizio mia, mi fai sapere se mia moglie ha fatto il maschio o la femmina.

USCIERE: Va bene, Eccellenza. (Via.)

GAETANO: Ma che tiene la cova dei piccioni?

FELICE: Quali piccioni, è la moglie che deve sgravare.

RAFFAELE (ai 2 guardandoli sott'occhio): Un poco di silenzio da quella parte. (Poi fa un cenno al Cancelliere d'incominciare a leggere.)

CANCELLIERE (prende un'altra carta e legge):"In nome della legge, ecc. ecc. Noi Presidente ecc. ecc. con sentenza in data del 25 ottobre...

FELICE (interrompendolo):Eccetera, eccetera. (Il Cancelliere si ferma e guarda, Raffaele.)

RAFFAELE (manda un occhiata d'impazienza a Felice poi fa il solito gesto al Cancelliere di seguitare):Seguitate.

CANCELLIERE (legge):"Autorizziamo la signora Amalia Sciosciammocca, nata Lumaca, a provare i seguenti fatti".

GAETANO: Come, vi andate a sposare una lumaca.

FELICE: Che c'entra, quello è cognome.

GAETANO: Anche il cognome dev'essere bello.

FELICE: E già... è meglio il suo: Papocchia!

GAETANO: Si capisce, te riempie la bocca, Papocchia!

RAFFAELE (lazzi):Pss... pss... (Solito gesto al Cancelliere.)

FELICE: (è una fontanella quella bocca, m'ha fatto la doccia!).

CANCELLIERE (c.s.):"1° Che il Sig. Felice Sciosciammocca suo marito, voleva farla morire di freddo, perché non voleva che in letto avesse tenuta la bottiglia d'acqua calda, usata da molti come scaldaletto".

FELICE: E ma questa è un'infamità!

ANTONIO: (Statevi zitto). (Raffaele impone il silenzio suonando il campanello, ed aprendo la bocca. Lazzi.)

CANCELLIERE (c.s.):"Per causa di questo nacquero mille dispiacenze, sempre occasionate dal Sig. Sciosciammocca, il quale voleva financo fittare una casa fatta fabbricare dalla madre della Sig. Amalia, a certa gente che la discreditavano!...".

EMMA (alzandosi):Oh! questa poi...

RAFFAELE (imponendole silenzio suonando il campanello piano piano e gentilmente):Pss...

FELICE: (A quella glielo suona con morbidezza!).

RAFFAELE (al Cancelliere):Avanti.

CANCELLIERE: "2° Che il Sig. Sciosciammocca, non contento di far morire di freddo la Sig. Amalia sua moglie, voleva perfino toglierle il sonno, e per ottenere questo, pagava dei saltimbanchi, i quali ogni mattina, con grancassa e tamburo, facevano tanto rumore, che la Sig. Amalia, era costretta di levarsi e non poter più dormire".

FELICE: (Uh! Non è vero, questo lo faceva lei a me).

ANTONIO: (Statevi zitto).

FELICE: Ma qua è un morire, uno schiattare in corpo!

RAFFAELE (suonando):Neh! neh! ma voi la volete finire sì o nò?... Ma chi è l'avvocato di quel signore?

ANTONIO: Sono io...

RAFFAELE: E mi faccio meraviglia di voi, Sig. Avvocato, che non gli dite niente.

ANTONIO: Ma gliel'ho detto.

RAFFAELE: Che educazione è questa? Ve l'ho detto per la prima, per la seconda...

FELICE: (E per la terza veduta, signori, poi si passa al gabinetto riservato!).

RAFFAELE: E per la terza volta. Ora succede che faccio sgrombrare l'aula, e la causa gliela facciamo noi! Eh! (Lazzi con la bocca.)

FELICE: (E chillo è lo pescecane!).

RAFFAELE: Sia fatta la volontà del Cielo. (Al Cancelliere:) Avanti.

CANCELLIERE (c.s.):3° Che il Sig. Sciosciammocca tormentava sempre la Sig. Amalia, ora per una cosa, ora per un'altra e specialmente nell'ora della colazione o del pranzo, ed in ultimo l'aveva fatta priva di ogni divertimento lecito ed onesto".

SCENA SESTA

Usciere e detto, poi Dorotea.

USCIERE (correndo e gridando):Eccellenza, eccellenza!

RAFFAELE (alzandosi):Giacomino che c'è?

USCIERE: è una femmina!

RAFFAELE: Un'altra femmina! 7 e una 8! Ma è una disdetta!

USCIERE: Nonsignore, Eccellenza, che avete capito! Fuori ci sta una femmina, si chiama Dorotea Papocchia.

RAFFAELE: All'anima di tua madre! Credevo che mia moglie aveva fatto un'altra femmina! Falla entrare.

USCIERE: Favorite.

DOROTEA (entra, dà un'occhiata di rabbia a Gaetano ed Emma):Signori miei, salute a voi!

GAETANO: (Addio! Appena usciamo di qua le prendo di certo!).

RAFFAELE: Giacomino, vai fuori e stai attento.

USCIERE: Va bene. (Via.)

DOROTEA (a Gaetano):Visiete messo di fronde, appene che usciamo da qui sopro, te volgio rompere li gambi a te e a lei.

GAETANO: E che avevo detto!

RAFFAELE (legge nella lista dei testimoni):Emma Carcioff, venite avanti. (Emma s'alza e si dirige verso Raffaele e Dorotea occuperà la sua sedia.)

GAETANO: Come cammina bene, che bei passi, che bei passi.

FELICE: Vedi che pignolo!

RAFFAELE (con caricata eleganza):Voi siete Carcioff?

EMMA: Sì signore.

RAFFAELE: A me pare che siete la ballerina?

EMMA: Sicuro.

RAFFAELE: Brava!... Eh, a me mi piacciono tanto le ballerine. Io vengo tutte le sere al teatro, dove state voi, ho la poltrona alla prima fila, non m'avete visto mai?

EMMA No, non ci ho fatto caso.

RAFFAELE: Eh, come, io vengo sempre. Ho un binocolo grande grande, e vi fisso, vi fisso tutta la serata.

FELICE: (Ma è possibile che dobbiamo sopportare queste schifezze!).

RAFFAELE: Dunque giurate di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità?

EMMA: Lo giuro.

GAETANO: Quanto è bella, quanto è bella!

RAFFAELE: Che sapete voi di questo Felice Sciosciammocca e sua moglie?

EMMA: Niente, Sig. Presidente, so che sono i proprietari di una casa al vicolo Baglivo.

RAFFAELE: E questa casa voi la volevate fittare?

EMMA: Sì, perché era vicino al teatro dove sto scritturata.

DOROTEA: E s'era rivolta al suo cassiere.

RAFFAELE: Pss... (Suonando il campanello con lazzi.)

FELICE: Un pupazzo movibile per 25 soldi.

RAFFAELE (mostrando Dorotea):Guè, n'è venuta un'altra, la vedi! E poi perché non l'avete più fittato?

EMMA: Perché i proprietari non vollero più fittarla.

FELICE: No, io la volevo fittare. (Raffaele fa gesti d'impazienza; lazzo di tirare il campanello.)

GAETANO (riparandosi dietro Felice):(Don Felice statevi zitto, Quello lo tira a voi e coglie a me!).

RAFFAELE: Sapete niente come questo Signor Sciosciammocca trattava la moglie?

EMMA: No, di questo non so niente.

RAFFAELE: Come, non sapete tutte le questioni, tutte le chiacchiere, tutte le liti che succedevano in casa.

EMMA: No, niente.

RAFFAELE (aprendo la bocca sul manico del campanello):Ah!

FELICE: (Oh! Ora se lo mangia il campaniello! E quello che ci vuole s inghiottirlo).

RAFFAELE: Allora, visto che non sapete niente, potete ritirarvi. (Dandole la mano.)

EMMA: Grazie.

RAFFAELE: Ricordatevi di guardarmi la sera, eh?

EMMA: Va bene. (Salutando.) Signori. (Passando davanti a Dorotea questa le volta le spalle.)

GAETANO (guardando Emma): Adesso se ne va!... Adesso se la portano...

RAFFAELE (leggendo c.s. nella lista):"Rosella Paparella".

ROSELLA: Presente. (S'alza.)

RAFFAELE: Venite avanti.

ROSELLA: Eccomi qua.

FELICE: Questa è una buona testimone, sa tutti i fatti miei! (Piano a Rosella:) Rosì, ricordati che ti ho regalato il vestito nuovo al tuo compleanno!

ROSELLA (s'avvicina a Raffaele):(Va bene).

RAFFAELE (sorridente):Voi siete la serva di Don Felice?

ROSELLA: Sissignore.

RAFFAELE: Bravo! A me mi piacciono tanto le serve.

FELICE: (A questo Presidente gli piacciono tutte quante).

RAFFAELE: Se ve ne andate da Don Felice, fatemelo sapere, perché vi prendo al mio servizio.

FELICE: (Va a servizio con l'orso!).

RAFFAELE: Io ho 7 figlie femmine, ho bisogno di un'altra cameriera.

FELICE: (Questo tiene il serraglio a casa!).

RAFFAELE: Bè!... Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.

ROSELLA: Lo giuro.

GAETANO: Spiritosa.

FELICE: Io ve l'ho detto che è buona.

RAFFAELE: Sapete niente se i vostri padroni si contrastavano mai?

ROSELLA: Sempre, ogni minuto secondo!

FELICE: Bene! (Dando un colpo sul cappiello di Gaetano che aveva sulle gambe.)

GAETANO: Che tu possa passare un guaio. M'ha rovinato il cappello!

FELICE: Abbiate pazienza, Don Gaetano, è stata una mossa di piacere.

GAETANO: E che piacere, scusate!... Sia fatta la volontà del Cielo!

RAFFAELE (ai due):Questo mormorio, questo mormorio! Ah!

FELICE: (E' entrata la vacca nel palazzo, pigliate il bicchiere).

RAFFAELE: E sapete niente dell'affare dello scaldaletto?

ROSELLA: No, dello scaldaletto non ne so niente.

RAFFAELE: Chi era la causa del contrasto, il marito ola moglie?

ROSELLA: Nun lo so signore, io mi trovavo sempre quando si stavano litigando, non so da chi proveniva.

RAFFAELE: Va bene, sedetevi, che poi sarete richiamata. E ricordatevi, se ve ne andate da Don Felice fatemelo sapere.

ROSELLA: Va bene. (Ritornando al posto:) (Mamma mia! Muoio di paura).

FELICE: (Bestia, tu dovevi dire che proveniva da lei).

GAETANO (a Gennarino):Non t'addormentare.

RAFFAELE (leggendo sulla lista):"Gaetano Papocchia".

GAETANO: Hai capito? Che adesso sarai chiamato pure tu.

RAFFAELE (c.s.):"Gaetano Papocchia".

GAETANO: Statti svegliato, se no ti do un'altro schiaffo.

RAFFAELE (c.s. gridando):"Gaetano Papocchia".

FELICE: Don Gaetano, andate là.

RAFFAELE: Ma ci sta questa Papocchia, ono?

GAETANO: Presente, sto qua io. (Alzandosi.)

RAFFAELE: Ma voi foste sordo veramente?

GAETANO: Nossignore!

RAFFAELE: E venite avanti.

GAETANO: Mi volete là?

RAFFAELE: E volete che vengo io là?

GAETANO: Nossignore.

RAFFAELE: E dunque, venite. (Gaetano si avanza, e facendo segni con la moglie di volerlo perdonare, ritarda di andare da Raffaele. Questi lo chiama con un grido e dà un colpo col campanello. Gaetano fa un salto.) Papocchia! Ma volete venire sì o no?

GAETANO: Eccomi. (S'avvicina a Raffaele.)

FELICE (sotto voce):Don Gaetano, ricordatevi, porco e baccalaiolo!

GAETANO (arrivato vicino a Raffaele gli dice):Porco e baccalaiolo!

RAFFAELE: Oh! (S'alza gridando:) Chi è porco e baccalaiolo!?

FELICE: (Che animale!). (Sogg. lazzi.)

RAFFAELE: Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.

GAETANO (guardando ora Felice, ora Dorotea che lo minaccia):Lo giuro! (Giura con la mano sinistra.)

RAFFAELE: Co la mano sinistra giurate?

GAETANO (a Felice):Co la mano sinistra me fate giurà.

FELICE: E che so' io?

GAETANO (c.s.):Lo giuro! (Mettendo la mano destra sul calamaio.)

RAFFAELE: Sul calamaio!

GAETANO (a Felice):Sul calamaro?

RAFFAELE: Qua, qua, dovete giurare. (Sulle carte che avrà innanzi.)

GAETANO: Lo giuro!

RAFFAELE: Voi volevate fittare la casa del Sig. Sciosciammocca?

GAETANO: Sissignore. (Appena esco mia moglie mi uccide.)

RAFFAELE: Ma questa casa non serviva per voi, serviva per la ballerina Emma Carciofi'?

GAETANO: (è fatta la frittata!). (Poi pianissimo a Raffaele:) Sissignore.

RAFFAELE: Che avete detto?

GAETANO (c.s.):Sissignore.

RAFFAELE: E gridate, io non vi capisco.

GAETANO (piano):Signor Presidente, c'è mia moglie là, non vorrei far sapere.

RAFFAELE: Che m'importa a me di vostra moglie, lo debbono sentire tutti. Avanti.

GAETANO: Sissignore. (Forte.)

RAFFAELE: E quando andaste per fittarla, il Signor Sciosciammocca si stava contrastando con la moglie?

GAETANO: Sissignore.

FELICE: (Don Gaetà, adesso viene).

GAETANO (a Raffaele): Adesso viene.

RAFFAELE: Chi viene?

GAETANO (a Felice):Chi viene?

FELICE: (Il porco).

GAETANO (a Raffaele):Il porco!

RAFFAELE: Viene il porco qua?

GAETANO (a Felice):Viene il porco qua?

FELICE: (Che bestia!).

RAFFAELE: E chi lo porta?

FELICE (a Gaetano):(Il baccalaiolo).

GAETANO (a Raffaele):Il baccalaiolo.

RAFFAELE: Il baccalaiolo porta il porco qua?

GAETANO (a Felice):Porta il porco qua?

FELICE: (No! La moglie).

GAETANO: La moglie.

RAFFAELE: La moglie porta il porco?

FELICE: (No! la moglie lo chiamò porco).

GAETANO: La moglie chiamò il porco.

FELICE: (E baccalaiolo!).

GAETANO: E baccalaiolo!

RAFFAELE: La moglie chiamò il porco e il baccalaiolo?

FELICE: (No! A me, a me!).

GAETANO: A lui, a lui!

RAFFAELE: A lui? Voi che state inventando? (Gridando:) Se può sapere chi lo porta questo porco?

GAETANO: Ecco qua... (Poi mostrando Felice:) (Quello mi fa andare in galera!). Si dissero delle parole improprie, tanto lui a lei, che lei a lui, alleluja tutt'e due.

RAFFAELE: Va bene, ho capito, andate a sedervi!... Va!

GAETANO: Grazie, Signor Ministro.

FELICE: (Che ministro? Presidente).

GAETANO: Grazie, Signor Presidente.

FELICE: (Cavalier Presidente).

GAETANO: Cavalier Presidente.

RAFFAELE (gridando):Sedetevi! (Gaetano siede spaventato.) "Dorotea Papocchia".

DOROTEA: Presente. (S'alza.)

RAFFAELE: Avanti.

DOROTEA: Eccomi qua. (S'avvicina.)

RAFFAELE: Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.

DOROTEA: Lo giuro.

RAFFAELE: Che sapete voi di questo Signor Sciosciammocca e sua moglie?

DOROTEA: Signor Presidente, io non li conosco.

RAFFAELE: Come? E non sapete niente.

DOROTEA: Niente, proprio niente.

RAFFAELE: E allora perché ci siete venuta?

DOROTEA: Perché voi mi avete chiamata. (Esce l'usciere.) E poi sono venuta per dirvi che mio marito mi tradisce pe una Carciofa! (Gridando:) Ma io non ci sto, Signor Presidente, io gli graffio tutta la faccia.

RAFFAELE (suonando il campanello):Pss... silenzio.., basta.

USCIERE (pigliandola pel braccio per farla ritornare al posto):Pss... prego.. signora... silenzio...

DOROTEA: Ma Signor Presidente, noi siamo tutti qui per essere giustiziati.

FELICE: (L'ha pigliato per il boia!).

DOROTEA (all'usciere):Vedi come stringe, lo vedi, in mezzo al fracasso si voleva prendere il passaggio!

USCIERE: (Accidenti a te!). (Dorotea ritorna al suo posto e l'usciere via e poi torna.)

ANSELMO (alzandosi):Sig. Presidente, que... questi ci ba... ba... bastano, gli altri te... te... testimoni si po... po... possono inter...rogare do... dopo... (Raffaele cerca parere ai Giudici, e al P.M. i quali con cenni approvano. Poi Anselmo ha la parola, e chiama l'usciere:) Usciere la toga!

GENNARINO: Neh, ma io devo tornare a bottega.

GAETANO: Statti zitto!... (L'usciere ritornando con toga sul braccio, bottiglia d'acqua e un bicchiere nel piatto.)

USCIERE: Eccovi servito, Signor Avvocato. (Lazzo, bottiglia nel cappello d'Anselmo. Poi l'aiuta a mettere la toga e via.)

ANSELMO (dopo aver bevuto):Signor...

FELICE: Capitano, mi stia a sentire, ho belle e pronte le mille lire... (Cantando.)

RAFFAELE: Pss... (Impaziente:) Lasciate parlare l'avvocato.

FELICE: Sig. Presidente, io credevo che vulesse cantare la canzone.

RAFFAELE (ad Anselmo):Avanti.

ANSELMO: Signor Presidente, e signori Ciucci... signori Giudici, qui non si tra... ta...ta... tta... tra...tra.

FELICE: Buh! (E' già capodanno!)

ANSELMO: Qui non si tra...tta di fare la calce... la causa per un omicidio primmerattato... premeditato, e di un fu... o di un fu...fu...fu...

FELICE: Piano con questa parola.

ANSELMO: O di un fu...furto con lasciaì... lasciaì...

FELICE: Nun lo vattere!

ANSELMO: Lass...assassinio, ma soreta se gratta... ma solo si tratta di una povera mula sventrata... di una povera moglie sventurata, che viene innanzi a voi signor Puzzolente... signor Presidente, per provare con i fritti di tartufi... con i fatti le torture che le dava co... co... co...

FELICE: Ha fatto l'uovo!

ANSELMO: Co... continuamente suo marito. Quella che ha rotta la pupatella.

FELICE: E adesso se la prende con la bambina!

ANSELMO: Quello che ha detto la Paparella, ci prova tutta la sua coppola... la sua colpa, e la Parrocchia di S. Gaetano... e il Papocchia signor Gaetano, uomo impotente... uomo imponente e incapace di mentire, poco fa ci ha detto che 40 ove per la frittata con il cacio... che quando andò per fittarsi la casa, vide che il signor Sciosciammocca, si coricava l'estate con la provola in bocca...

FELICE: Io mi coricavo l'estate con la provola in bocca?

ANSELMO: Si contrastava con la propria moglie, e si facevano delle pommarole in brodo... e si dicevano delle parole improprie! Da sotto per i chiancarielli! (Tutti si alzano spaventati, gridando e guardando il plafond. Felice si copre la testa con una sedia, il Presidente appaurato si curva lasciando vedere dal tavolo la sola testa, e il braccio destro che suona il campanello. Anche Anselmo, vedendo gli altri si spaventa.)

FELICE: Ch'è stato?... Avete visto qualche cosa? (Mostrando la soffitta.)

ANSELMO: No.

FELICE: E voi avete detto da sotto per i chiancarielli?

ANSELMO: No, io volevo dire... la suddetta Paparella. (Tutti rassicurati si mettono a posto.)

FELICE: Ah! Sangue di Bacco! Adesso gliela tiro la sedia. La suddetta Paparella, da sotto per i chiancarielli! (Siede.)

ANSELMO (seguitando):Dunque, la suddetta Paparella, come serva della casa e donna salata... e donna salariata poteva dire che io salgo i palloni... che i suoi padroni non si contrastavano mai, ma nonna nonna...

FELICE: Che viene il mammone...

ANSELMO: Ma no... ma no... Lei vende alici...

FELICE: Alici!

ANSELMO: Lei venne a dirci che il Signor Felice e sua moglie se coricavano ogni minuto secondo.

FELICE: E quando ci alzavamo?

ANSELMO: Si contrastavano ogni minuto secondo. (Pausa breve.) Signor Presepio... signor Presidente, si prude a voi e a Giustina...

RAFFAELE: Piano piano avvocà!

ANSELMO: Se preme a voi la Giustizia, potreste credere che questi contrasti venivano secula... per secula...

FELICE: Seculorem amen!

ANSELMO: Se... sempre per parte della maglia...della moglie? E chi-chi-ri-chi.

FELICE: Si è fatto giorno.

ANSELMO: E chi... chi non sa che la donna è assai più debole del marito? E poi, guardate questa figliola, e ciuccate voi signor Presidente.

RAFFAELE: (Tu e l'anima di tua madre).

ANSELMO: E giudicate voi, signor Presidente, se in quel vizio...viso vi può essere mannaggia...

FELICE: Ll'anima di tuo padre.

ANSELMO Mannaggia...

FELICE: Chi t'ha allattato!

ANSELMO: Ma... mal... vagità. (Crescendo:) Essa non è col pepe.

FELICE: No, è col sale!

ANSELMO: Non è colpevole, è il marito che vuole pane cavoli e caciocavallo...

FELICE: Io voglio pane cavoli e caciocavallo?

ANSELMO: Che vuole paglia per cento cavalli!

FELICE: All'anima della lingua!

ANSELMO (gridando):Ma chi di voi non ha corna?

FELICE: Ora andiamo tutti in galera.

ANSELMO: Ha cuore, non può fare altro che darle ranciata.

FELICE: No limonata.

ANSELMO: Darle ragione!... Qui... qui... qui...

FELICE: Dove?

ANSELMO: Quindi, io conchiudo Signor Presidente, voi che rappresentate la cestunia...

FELICE: Adesso hai detto bene.

ANSELMO: La... giustizia, se le dovete dare na pera... una pena, o quella de mammeta o quella de soreta... o che l'amalgama, e che l'assolva! (Siede.)

ANTONIO: Signor Presidente, vi prego d'ascoltare gli altri testimoni...

RAFFAELE (legge la lista):Michele Pascone. Avanti. (Michele s'avvicina.) Giurate di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.

MICHELE: Lo giuro.

RAFFAELE: Tu sei il servo di Don Felice Sciosciammocca?

MICHELE: Eccellenza si...

RAFFAELE: Che sai tu dei tuoi padroni?

MICHELE: So che litigano sempre.

RAFFAELE: E lo scaldaletto chi l'ha posto nel letto, il marito, o la moglie?

MICHELE: La moglie!

AMALIA: Non è vero, Signor Presidente!

FELICE: Pss. Lasciate parlare il testimone...

ANTONIO: Lasciatelo finire.

DOROTEA (a Gaetano):Galantuomo, noi poi facciamo i conti nostri.

GAETANO: Perdonami.

(Tutti parlano e fanno confusione. Raffaele agitando sempre il campanello impone silenzio.)

SCENA ULTIMA

Usciere e detti.

USCIERE (gridando):Eccellenza, eccellenza.

RAFFAELE: Giacomino che c'è? (Con interesse.)

USCIERE: Ha partorito vostra moglie!

RAFFAELE: E' maschio? (Alzandosi.)

USCIERE: Nonsignore!

RAFFAELE: Femmina?

USCIERE: Due femmine!

RAFFAELE: 7 e 2 nove! Signori miei permettete, lasciatemi correre a casa, resta sospesa per un'ora l'udienza (p.a.).

AMALIA: Signor Presidente, questo testimone è un bugiardo.

RAFFAELE: Va bene, adesso che torno, s'è un bugiardo andrà subito carcerato. (Via correndo. I Giudici, P.M. e Cancelliere lo seguono.)

MICHELE: Carcerato! Nonsignore Eccellenza, ora vi dico la verità! Lo scaldaletto l'ho messo io nel letto, i giocolieri li facevo venire io ogni mattina, tutti questi imbrogli li ho fatti io!

FELICE: Che! (Dando un colpo sul piede di Gaetano, che si trovava vicino a lui.)

GAETANO: Ah! Sopra al callo! (Zoppicando va da Dorotea a domandare perdono.)

FELICE: E levatevi da dietro!

AMALIA: E perché hai fatto questo?

MICHELE: Pecché Don Felice, prima di sposarsi mi trattava bene, dopo non mi trattava più come una volta, e io cercavo tutti i mezzi per farlo separare da voi.

AMALIA: Ah! Adesso ho capito.

FELICE: Birbante, per colpa tua mi facevi lasciare questo pezzo di burro. Moglie mia cara, cara, perdonami.

MICHELE: Signore mio perdonatemi, non lo faccio più!

FELICE: Esci! Non ti voglio più vedere.

AMALIA: Va bene, Felicino, perdonalo quello è uno scemo.

FELICE: Lo vuoi tu? Ebbene, per questa donna io ti perdono. (A Dorotea ed a Gaetano:) Avete fatto pace pure voi?

GAETANO: Non ci rompete, lasciateci fare.

FELICE: Bravo. Mi dispiace che il Presidente se n'è andato, ma appena torna sono sicuro di avere una sentenza d'assoluzione e di perdono. Adesso ce ne andiamo ad affittare tre belle carrozze e ce ne andiamo a mangiare tutti quanti al ristorante. Sperando però, come sempre, di aver contentato questo rispettabile pubblico!

(Cala la tela.)

Fine dell'atto terzo

FINE DELLA COMMEDIA