Lo sciupafemmine

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                                                 LO  SCIUPAFEMMINE

                                          

                                                 Commedia  in  due  atti

                                                                  di

                                                    Antonio  Sapienza

Personaggi:

Costanzo Sciuto, detto Costa…..……………………sciupafemmine;

Lidia……………………………………………………………..amica di Costa venticinquenne;

Bice………………………………………………………………ereditiera matura;

Luciano…………………………………………………………medico e amico di Costa;

Agata…………………………………………………………… fidanzatina di Costa, diciannovenne;

Pino……………………………………………………….……. Postino di genere… neutro;

E, inoltre:

L’alter ego……………………………………………………………. Oppure sesso di Costa;

Il Direttore…………………………………………………………… Direttore della libido di Costa;

Il Presidente………………………………………………………….Presidente della libido di Costa

Attori necessari: Due uomini e una donna.

La scena sarà nuda con un fondale neutro, oppure con una scenografia adatta per tutte le scene, girando su se stessa, in modo tale da fare da sfondo ad una ipotetica camera  da letto– prima – quindi un soggiornino, dopo. Oppure, con una adeguata musica e gioco di luci, simulare il passaggio della scena, spaziale e temporale. Il trucco permetterà a solo tre attori di interpretare tutti i personaggi della commedia.

I passaggi da interpretare, per l’attore che impersona Costa andranno: Da un uomo sui venticinque anni, poi quaranta e, quindi, settanta; mentre per il personaggio femminile andranno da una ragazzina a una donna sui trenta. L’altra interprete femminile, se ci sarà, dovrà essere una donna matura.(Oppure, secondo le esigenze della regia: la stessa attrice delle precedenti scene, opportunamente truccata); per il terzo attore andranno da un uomo sui venticinque per il postino; sui quaranta per  il medico e, poi anche per il postino uomo maturo, quindi l’alter ego e il Direttore: e sui settanta per il Presidente.

La recitazione sarà veloce e vivace.

                                                              Atto  I

Scorcio stanza da letto, entrano in scena nel soggiorno Costanzo e Lidia, oppure musica e gioco di luci per scandire tempi e segnare i luoghi. Poi, prima d’iniziare l’atto si sentirà qualche brano musicale degli anni ottanta.

Costa –( sui quarant’anni, come se continuasse una conversazione iniziata nell’altra stanza) … Vedi cara, ho letto da qualche parte che la donna ha i più bei doni che il buon Dio poteva donarle: La bellezza, l'armonia, l'arguzia, l'astuzia, l'intuito, la dolcezza, il riposo, la rilassatezza; e, naturalmente io sono d’accordo. Mentre  all’uomo  dette solamente un po’ di coraggio, di forza e tanta prepotenza. E qua l’ipotesi è leggermente opinabile. Ma, dandola per vera, ecco perciò, contro la forza bruta, la creatura più fragile - soccombette. Ed ecco spiegata la storia dell'umanità scritta al maschile. Non è una bella ipotesi? -                                         

Lidia – (prima distratta, poi interessata) E’ solo una ipotesi. Se fosse stata una teoria giustificata da studi filosofici seri, credibili, potrei continuare a seguirti.-

Costa – Aspetta, aspetta, quel pezzo affermava che con l’accoppiamento tra maschi e femmine, unificandosi i doni, mischiandoli, rimestandoli, distillandoli, forse, chissà, il Padreterno avrà pensato agli angeli... -

Lidia – ( torva) …O ai diavoli...-

Costa – ( con forza) Non fa differenza. Chiunque può essere angelo con la persona amata e diavolo con il prossimo suo... -

Lidia – ( come se avesse avuto un’ispirazione)  Allora, secondo te, io posso essere il diavolo per la società, per il mio prossimo, per i miei cari, solo perché mi manca l'amore? Mavvia Costa che sciocchezze dici…-

Costa – ( tentando di sgusciare dal fare affermazioni) Non ho detto questo.                                                               Ecco, vedi, secondo me, chi è amato dev'essere per forza felice…-

Lidia – (interrompendolo e allargando le braccia) Senti Costa, dacci una tagliata. Lo so, tu fai tutto il possibile, e anche, alcune volte, come nel mio caso, anche l’impossibile per- come dire- per dare fiducia alle tue… clienti, cioè amiche, come ami chiamarci tu, ma non ti atteggiare a psicologo da strapazzo o da consolatore dozzinale – è meglio, sai.-

Costa- E’ risaputo! o non te ne sei accorta? ma no, lo sai perfettamente che la femmina calamita l’uomo con lo sguardo, con le movenze, con la voce. Allora, io dico: Fermo restando che ella seduce l’uomo, perché negare a te queste possibilità di giungere all’amore, a trovare l’uomo da amare, in una parola a vivere? Guarda, vado contro i miei stessi interessi e ti esorto a provarci. Comunque, si dice, tentar non nuoce.-

Lidia – Ho capito, ti vuoi sbarazzare di me.-

Costa – Ma quale sbarazzare d’Egitto. Senti, lasciatelo dire: tu sei stata brillante, poco fa, in stanza da letto. Hai assaporato il piacere sessuale in pieno – e con me che sono, come dire, un mercenario dell’amore… avanti, ammettilo… di là l’hai provato oppure no? Secondo me, è si.-

Lidia – Provato, provato… appena assaggiato, quasi un profumo, un alito…-

Costa – … o un afflato. Beh, Io ho fatto il mio meglio. Lidia, io sono un professionista dell’eros, non dimenticarlo… il mio curriculum è chiaro e lampante: Mai una lamentela da parte delle mie… delle mie…insomma delle mie partner. Non vorrai rovinarmi la reputazione, per caso?-

Lidia – Ma no, che dici? Tu hai fatto ciò che dovevi... e anche bene. Tuttalpiù sono io che non sono stata all’altezza.-

Costa – No! Tu sei non all’altezza, ma all’altezzissima. Certo se fossi stata innamorata di me, se tu l’avessi fatto l’atto con amore, con passione, con trasporto, sono sicuro che le tue urla di piacere l’avrebbe sentito tutto il condominio.-

Lidia – (Rabbonita) Senti Costa, questa storia della tua psicologia spicciola la vorrei finire qui. Se avrò bisogno di sostegno psicologico, mi rivolgerò a un professionista della materia.-

Costa – Mia cara, io in fatto d’amore sono un illustre professionista, non se lo hai afferrato…-

 Lidia – Oggi ho afferrato altri concetti e anche altri … oggetti o soggetti di piacere. E per adesso ne ho abbastanza.  (le offre una busta) Prendi e… ( si appresta ad uscire)

 Costa - (rifiutando la busta col denaro) Non mi offendere, Lidia, io l’ho fatto per pur amicizia…  Ciao cara e… sempre a disposizione.- ( l’accompagna verso l’uscita)-

Lidia – (mettendo il soprabito)Grazie Costa, a buon rendere. Ciao (gli sfiora le labbra con un bacio, mentre gli mette la busta in tasca) Ciao … sciupafemmine. (esce)-

Costa – Ciao cara.-

Appena Lidia esce, Costa fa un sospiro di sollievo, si accende una sigaretta, ripone la busta in un cassetto e va a prendere qualcosa da bere nel mobile bar. La assaggia, poi suonano al citofono.

Costa - Pronto? Si…si… secondo piano, c’è l’ascensore. (poi tra se) E’ l’ora delle raccomandate (guardando l’orologio da polso).-

Bussano alla porta, Costa va ad aprire. Entra il postino, si chiama Pino, egli è un giovane effemminato. Dall’esterno arriva un motivo musicale degli anni ‘80.

Pino – Buon giorno, c’è una raccomandata per Costanzo Sciuto. E’ lei?-

Costa- In persona.-

Pino –Una firma, prego. (porge la ricevuta)-

Intanto che Costa firma, il postino lo guarda con interesse.

Costa – (Restituendo la ricevuta) Ecco fatto…-

Pino – Ed ecco la raccomandata… mi scusi se sono indiscreto, ma lei, per caso, è il famoso Costa, lo sciupafemmine?-

Costa – Sono Costa, certo sono conosciuto si, ma non credo d’essere tanto famoso.-

Pino – Eh, lei fa il modesto. Ma tutta la città la conosce, anche in ambienti non tanto, come dire, sensibili alla sua professione.-

Costa – Sarebbero?-

Pino – (civettuolo) I miei, naturalmente. Ch’è non si vede?-

Costa- (Serioso) Ora si che si vede.-

Pino – Signor Costa, mi permette? Mi chiamo Giuseppe, per gli amici Pino.(tende la mano)-

Costa – Piacere ( ma non porge la mano).

Pino – (facendo finta di nulla) Mi scusi, le potrei chiedere un favore?-

Costa- (sospettoso) Di che genere?-

Pino – Del genere… del genere diciamo neutro! (affettato) Vede lei è un famoso (Costa lo blocca con la mano), volevo dire conosciuto, molto conosciuto sciupafemmine, ora io le domando, ma, secondo lei, esistono gli sciupamaschi?-

Costa – Esistono, ma tu hai usato l’articolo sbagliato: ci sono non “gli”, ma “le” sciupamaschi. Sono le donne fatali, insaziabili, ninfomane, ingorde e venali, a scelta.-

Pino – E mi scusi ancora: non ci potrebbero essere sciupamaschi di genere neutro?-

Costa – Mah, forse potrebbero essere quelle che chiamano Trans, ma non ne sono tanto sicuro.-

Pino –Le Trans? No quelle lo fanno solo per denaro, (schifato) non per passione… come lo potrei fare – io. (sguardo allusivo).-

Costa – Sarebbe possibile se trovi i partner adatti.-

Pino – E lei, (ancora più allusivo) mi potrebbe, come dire? Potrebbe … ecco mettermi alla prova? Intendo dire: come sciupamaschi in pectore?-

Costa – (Accompagnandolo alla porta) Tu sei postino?-

Pino – Si, certamente.-

Costa – Però hai sbagliato indirizzo! Buona giornata amico mio.-

Pino. (deluso) Che cattivo, però. E’ affascinante ma cattivo, cattivissimo, ecco! (esce senza salutare)-

Costa – (richiudendo la porta, e tergendosi la fronte) Accidenti, mi ha fatto sudare freddo.-

Suonano al citofono. Costa, infastidito, va a rispondere.

Costa – Ancora? (burbero) Pronto! Ah, scusa, sei tu? Come mai? Passavi… certo che puoi salire: secondo piano. C’è l’ascensore a destra, se vuoi usarlo… ti aspetto.-

Costa spegne subito la sigaretta, apre la finestra per far cambiare l’aria, poi apre la porta e aspetta seduto languidamente. Entra Bice, ella è una donna matura molto truccata ed elegantemente vestita.

Costa – Buongiorno cara…-

Bice- Ciao caro (Costa le va incontro e la donna gli offre la guancia per un bacio, poi entra guardandosi attorno incuriosita) E questo sarebbe il tuo “regno”?-

Costa – La mia modesta dimora, vorresti dire (ricambiando il bacio) Come mai la signora si abbassa a venire nella mia casetta?

Bice- (civettuola) Curiosità...-

Costa -… e non potevi avvertimi?-

Bice – (facendo l’ingenua) E perché? Che motivo c’era? (poi, confidenzialmente) Ti ho forse disturbato?-

Cosimo – No, no, nessun disturbo.-

Bice – (arricciando il naso) Ma che pessimo profumo. Chi c’è stata qui? una baldracca!-

Costa – (annusando l’aria e affermando più volte, col capo) No, il postino. Dev’essere il profumo del postino.-

Bice – Non raccontarmi frottole. Il postino… o era la postina? (Costa fa cenno di no col capo) Comunque, qui c’era una donna!-

Costa – Ti ripeto: C’è stato il postino che è mezza donna. (fa le movenze effemminate)-

Bice – (scandalizzata) Ci sono gay tra i tuoi clienti?-

Costa- Oh basta! Era un postino gay, e mi ha portato una raccomandata. E ora se la vuoi finire… Avanti, ti posso offrire qualcosa da bere?-

Bice – Veleno ce n’hai?-

Costa – (stringendosi nelle spalle tra se) Ahi, ahi, ci risiamo. (poi rivolto a Bice accattivante) Amica mia, cos’hai oggi?-

Bice – Nulla, nulla…(poi decisa) Tu eserciti qui?-

Costa – Come sei prosaica. Io qui ricevo i miei amici.-

Bice- Ne sento ancora il profumo… profumo di donna!-

Costa – E dalle! Era il postino.-

Bice – L’hai già detto, ma c’è un retroprofumo – di donna.-

Costa – E allora?-

Bice – (alzando la mani in segno di resa) Allora nulla. Tu sei padronissimo delle tue scelte… questi erano i nostri patti… (poi tesa) Ma io sono gelosa lo stesso!-

Costa – E fai male. Io con te sono stato sempre leale. Sto con te, ma devo avere la libertà di esercitare la mia… professione – quando mi garba - senza problemi, liberamente. E ho rispettato i patti. Tu, in coscienza, ti puoi lamentare delle mie prestazioni private?-

Bice – (ammettendolo con difficoltà) No, no… mai... anche se mi chiedesti il certificato sull’AIDS. (Costa sta per replicare) Si, lo so, lo chiedi a tutte. Però…-

Costa – Però che cosa? Avanti sentiamo.-

Bice – Però… ecco…ti considero un pochino, ma davvero un pochino…mio- però...-

Costa – Però niente! Te lo dissi fin dal principio e tu accettasti. Ti prego, non farmi scenate, non le sopporto. Non mi sono mai voluto sposare, ne impegnarmi, appunto per la mia libertà di scelta.-

Bice- Ma come puoi… esercitare questa professione… senza… senza vergognartene.-

Costa – Affari miei, cara. Naturalmente non ti chiedo come hai potuto accettare le mie… prestazioni senza batter ciglio… almeno all’inizio, prima che mi diventassi gelosa.-

Bice – Affari miei e dei miei milioni, caro.-

Costa – E sia, anche dei tuoi milioni. Ma ti ho mai chiesto compensi o qualcos’altro? Certo, ho accettato da te qualche regalino, ma li accetto anche dalle altre amiche, alle quali faccio… buona compagnia. Ora non capisco questa tua -pretesa.(breve pausa)  Poi, se lo vuoi sapere, a proposito di quattrini, io ho rifiutato di fare spettacoli hard, che mi avrebbero fruttato tantissimo. Sai, nell’ambiente pagano profumatamente uno ben… fornito. Quindi basta lamentele, non le tollero!-

Bice- No, dai, non te la prendere, caro. Ma quale pretesa, certo avrei gradito che tu sospendessi la tua… attività intanto che stavi con me. Tutto qui. Ma se non ti garba (lo sottolinea significativamente alzando pure le mani in segno di resa), fai pure… ma attento, io potrei prendere qualche decisione drastica.-

Costa – Ad esempio?-

Bice – Potrei fare a meno di… te, caro.-

Cosimo – E dalle. Morto un papa, se ne fa un altro.-

Bice- Sei amorale!-

Costa – Non posso farci nulla, è la mia natura. Mi dispiace. -

Bice – ( svenevole) Non t’indurire, caro… anzi se c’è qualcosa che deve indurirsi in te…( gli guarda il basso ventre) -

Costa -(rabbonito) Adesso parli come si deve, cara. Senti, già che ci siamo, vorresti visitare la mia camera da letto?-

Bice – Volentieri. Però prima cambia le lenzuola. Dove sei giaciuto con un’altra femmina, non mi ci corico - io.-

Costa – Per così poco? Provvedo subito ( sta per andare nell’altra camera) Tu, intanto versati da bere… ah, sono sprovvisto di veleno.-

Bice – (facendo finta di colpirlo con un guanto) Burlone. Ma ti voglio così: Pronto, ironico, spregiudicato. Senti è un pezzo che volevo chiedertelo, ma non ne avevo l’ardire… volevo dirti…volevo sapere… insomma, sono curiosa…-

Costa- (fermandosi per ascoltarla attentamente ma sospettoso) Che cosa vorresti chiedermi?-

Bice –Ecco, mi piacerebbe sapere… (poi di getto) come hai iniziato la… la...-

Costa - (sollevato) L’attività?-

Bice – Uhm…si! (civettuola) sarà eccitante…-

Costa – … ed io, da buon amico…intimo… faccio un’eccezione e t’accontento. Ma sappi, nomi non ne faccio - mai. Ora siediti, mettiti comoda (la donna esegue) ecco così va bene. Dunque, correva l’anno… no meglio dire: era una sera d’estate… (la donna fa cenno di no col capo) no vero? Dunque, dunque (con enfasi da guitto dilettante): Tutto iniziò con me, fin dalla nascita, sai sono cancro - quindi fimminaru per definizione astrale o astrologica, cosmologica, cosmogonica e universale. Insomma, come ti pare…(facendo il burlone) Vedi? predestinatu fui-

Bice – Sii serio… ti prego, ci terrei di conoscere meglio il tuo…-

Costa – (maliziosamente) …il mio attrezzo?-

Bice- Quello lo conosco già. Insomma, hai capito: la tua…insomma…il tuo mestiere…-

Costa – E dillo: il tuo mestiere di fimminaru!-

Bice – Come mi piaci quando fai il finto volgare. Dai, continua.-

Costa – Grazie assai (ironico). Allora, in primis ciò che faccio non è una volgare attività, come dire un mestiere, ma una professione, anzi una missione: Do a chi non ha!

E ora riprendiamo: Naturalmente io non lo sapevo mica chi ero, qual era la mia natura, almeno fino all’età di undici anni. Poi con la pubertà, la mia vita improvvisamente cambiò: il coso… insomma l’attrezzo del mio mestiere, mutò la sua massa, divenne enorme. Ed io entrai in crisi esistenziale perché credevo che fossi vittima di una  - mavaria- stregoneria, di una malattia sconosciuta, di aberrazione fisica. Fu un’amica di mia madre che mi rasserenò…-

Bice –Davvero, come?-

Costa - Come? Con un massaggio intimo e furtivo, nel sottoscala del cortile, intanto che l’aiutavo a stendere i panni al sole. Mi disse: Sei nato fortunato, non con la stella in fronte, ma col fagotto tra le gambe. Da quella volta, quando era il giorno del bucato, io la aiutavo a stenderlo. E lei, man mano, m’insegnò a… stendere una femmina.-

Bice – E te l’ha insegnato alla perfezione…-

Costa – Già. Poi a scuola, alle medie, portavo ancora i calzoni corti, quando venivo interrogato, le professoresse ( e anche qualche professore, per la verità) mi inchiodavano i loro occhi sull’inguine e mi davano immancabilmente il sei di incoraggiamento. Ai superiori, invece del sei, alcune prof, mi davano lezioni private a casa loro.

Poi portavo le ragazze in bicicletta – in canna …-

Bice – …e allora? Normale, no?-

Costa – Certo, normale  - se non che… era una bici da donna…( Sorriso furbesco).

Bice- (sorpresa, poi, bonaria, come se gli volesse dare un buffetto) Brutto stronzo! Dai continua.-

Costa - Fine.-

Bice- Oh no. Ci avevo preso gusto…-

Costa – Porcellona, ti piace, vero?

Bice – Zitto. Dai, racconta.-

Costa – ( facendo il bambinone viziato) No, no eppoi no!-

Bice- Continua ti prego, ma cerca di essere più piccante.-

Costa – (con un sospiro quasi di rimpianto) Poi ci fu la Cipride, la quale fu la prima a… prendermi in casa - per scaricarmi inesorabilmente quando si stancò del gioco dello “Scill’ e Cariddi”, di cui lei era specialista ed io apprendista. –

Bice- Cosa? Cosa? Di che gioco si trattava?-

Costa - Come? Non riconosci questo giochino? Via non posso crederci.-

Bice – Davvero, non lo conosco, oppure non me lo ricordo…-

Costa – Non te lo ricordi, certamente, perché il giochino lo conosci benissimo. Comunque ti rinfresco la memoria: Diciamo, innanzi tutto che esso è facilmente comprensibile per chi ha fatto, almeno una traversata dello stretto di Messina col ferryboat.

Allora, cosa faceva il traghetto quando, dopo aver salpato e attraversato lo stretto e attraccava nella sponda opposta? Andava all’invaso, cioè si insinuava tra due paratie a “V”, e lì manovrando approdava. Adesso hai capito di che manovra si trattava?-

Bice – (Fa ripetutamente cenno affermativo con la testa, mentre le affiora un sorriso equivoco) Certo, certo… ho capito: Cunnilingui. E l’hai fatto tanta lunga. -

Costa – Ma cara, un po’ di poesia - per non essere arridi. Ma dimmi: Secondo te, è la stessa cosa dire: Cunnilingui che anche a pronunciarlo è cupo – le labbra si allungano e il suono è cavernoso; e, invece dire: Scill’e Cariddi, dove le labbra si atteggiano ad un sorriso smagliante e il suono esce fresco e gioioso?-

Bice – Ma il risultato non cambia.-

Costa – Va bene, va bene, niente poesia, materialista - tagliamola qui.-

Bice – Non ti adombrare per così poco. Dai continua.-

Costa – Ho finito.-  

Bice- No! Non ancora, dimmi tutto di questa Cipride. Dimmi cosa facevi, i articolari.-

Costa- Eppoi sarei io l’amorale…-

Bice- Dai, ti prego…-

Costa – Mi stai facendo andare contro l’etica professionale, questo lo sai?-

Bice – Me ne frego… racconta… dimmi tutto (illanguidita).-

Costa – Beh, qualche chicca da raccontate, sì, certamente, l’avrei – ma solo per celia- intendiamoci.

Come quella volta in ospedale. Ero stato ricoverato per un’over dose di frutti di mare; in corsia ero stato messo in una stanza con due lettini, uno dei quali era occupato da un commerciante di mobile al quale gli si era perforata l’ulcera. Il poveretto soffriva moltissimo e aveva bisogno di assistenza anche notturna. Gliela dava la moglie, una trentenne assai prosperosa e, si scoprì in seguito, anche molta intenditrice di sesso. Una sera arrivò in corsia all’improvviso e mi sorprese in mutande…

Bice- (scandalizzata) Eri in mutande? E il pigiama?.

Costa- Il pigiama? Fu un ricovero d’urgenza, chi pensava al pigiama, Ahò, stavo morendo intossicato o, in alternativa, avvelenato. Dunque, dicevo: ero in mutande e leggevo poggiando il libro sul mio personale leggio …-

Bice - … personale leggio? Ma, avevi il leggio in camera?-

Costa – No, tra le gambe… (sorriso sornione)-

Bice – (che comprende in ritardo la battuta facendo la finta offesa) Mascalzone!- 

Costa – T’è piaciuta, vero? –

Bice – Volgaruccia, ma passabile. Dai continua.-

Costa – Insomma, quella lo guardò…imbambolata restando fulminata dal fagottone. Insomma il resto te lo lascio immaginare. Ma quello che mi turbò era la faccia tosta di quella donna: chiamava suo marito amore, gioia, caro; diceva agli infermieri che il consorte era la sua vita, che non poteva vivere senza di lui, …e di notte veniva nel mio lettino a fare la ricarica del suo… cosino intimo. E lo vuoi sapere? Ero io mi sentivo in colpa.-

Bice- Non me ne frega niente dell’ospedale, e del tuo senso di colpa. Parlami della Cipride ho detto!-

Costa – Ah, arriviamo già alle imposizioni. Ma bene. Sai che ti dico?-

Bice- Che se non racconti ti accoppo (finta aggressiva)-

Costa- Ehi, ehi, calma, calma… va bene, va bene, ma devi sapere che il tempo delle prestazioni professionali passerà ugualmente.-

Bice- Sai che me lo posso permettere…(fa cenno con le dita al denaro)-

Costa- Prosaica e porcellona, mi farai radiare dall’albo degli sciupafemmine.-

Bice- Perché non dici gigolò?-

Costa – Sono un sostenitore della madre lingua.-

Bice- Ah Lingua, come l’hai detto bene…(svenevole). Su parlami della Cipride.-

Costa – Che cosa mi fai ricordare bricconcella… (con un sospiro di rimpianto) Era la Venere per antonomasia. La incontrai mentre visitavamo, con altre persone, le rovine del castello normanno. Scambiammo qualche parola, poi mi sgamò, e mi sussurrò: ” Vieni, conosco il posto, ti faccio da chaperon.”  nel modo più inequivocabile possibile Ed entrammo nel castello e mi diresse verso la stanza del castellano, un locale appartato, pieno disegni erotici fatti dai visitatori. Li stavamo contemplando quando un grosso ratto attraversò la stanza e la Cipride, con uno strillo, si trovò tra le mie braccia. Io l’accolsi e … (Costa si avvicina all’orecchio della donna e simula di raccontarle la storio)-

Bice – D’avvero? Stupendo, dai, dai continua…-

Costa– Cosicchè ( idem come sopra)… col movimento del bacino.-

Bice – Meraviglioso… come sei stato dolce… Ma perché non lo sei con me?-

Costa – Perché ci sono tipe e tipe, femmine e femmine, troie e troie.-

Bice – Mi stai dando della troia?-

Costa – Tu che ne pensi?-

Bice – Che è la verità. Dai continua pure.-

Costa – Evviva la sincerità. Allora: poi il mio frugare  si spostò in tutto il corpo. (idem c.s.)-

Bice - Favoloso… eccitante…-

Costa - Poi l’Afrodite, mi prese in casa - per scaricarmi inesorabilmente quando si stancò del gioco dello “Scilla e Cariddi”, di cui, come ti dissi, lei era specialista ed io apprendista.

Così capii che potevo intraprendere la mia libera professione e… guadagnarmi la vita piacevolmente ( durante la scena Bice darà segni di eccitazione).                                                                                                                         Sei soddisfatta porcellona?-

Bice – (languidamente) Contenta - sì. Soddisfatta mai! Dimmi, perché ti scaricò?-

Costa – (facendole l’occhialino) E vediamo se è vero che non sei soddisfatta. Andiamo di là, e poi mi dirai.-

Bice – Dopo, dopo. Adesso dimmi perché ti scaricò.-

Costa- E’ una storia brevissima: intanto che cavalcavamo nel mio letto, entrò in casa una mia… amica, perduta di vista da qualche mese, la quale aveva ancora la chiave di casa, che ci fece una scenata, ma una scenata. La Venere scese da cavallo, s’inchinò garbatamente verso il mio… Costanzuzzu, lo salutò, mandandogli un bacino col dito, e uscì dalla scena e dalla stanza  e dalla mia vita. Per sempre.-

Bice – Ingrata…-

Costa- Più che per ingratitudine fu perché non amava le…complicazioni. Ma ora basta, andiamo in camera da letto, a mettere in pratica le nostre capacità erotiche, perché – e questo lo devi sapere - se ella era Venere, tu sei Giunone. (ammiccante) Che dici, andiamo di là e vediamo se c’è poi tanta differenza tra lei e te? -   

Bice – (quasi correndo verso la camera da letto) Satiro, andiamo.-                          Costa-  E andiamo (poi quasi tra se) … e speriamo bene.-

Da questo momento la musica e un gioco di luce rileveranno le scene seguenti.

Costa esce dalla presunta camera da letto, rassettandosi i vestiti, di udrà la voce di Bice.

   

Bice – Costa…(voce languida) Costa… (Costa si ferma e torna indietro. Poco dopo uscirà riassestandosi e asciugandosi il sudore, ma si udrà la voce di Bice )-

Bice – Costinooooo.-

Costa – (accorrendo) Che donna! (col solito gioco come sopra, va ma poi rientra )-

Bice – Costantinoooo!-

Costa – Ancora? Va bene che non è mai soddisfatta… ma sta esagerando (Costa va di nuovo dentro. Gioco c.s. Poco dopo Costa esce dalla camera asciugandosi il volto e facendosi vento con le mani). Ma questa non è una donna, è un vulcano!-

Bice – Costino ino ino…-

Costa – Oh, no! ( entra nella stanza lentamente, svogliatamente. Tutto c.s, poi rientrando in scena) Per la miseria, è insaziabile, inesauribile. ( si sdraia su una poltrona)-

Bice – Costyno, vieni caruccio… Costy, Costy…-

Costa – … Minchia quanto mi costi! Nunciafazzucchiù!!!-

 

Costa, poi, con un gesto di rassegnazione va in camera da letto. Luci che calano, e musica lentissima. Quando rientra in scena, barcolla, si regge ad una sedia e si accascia sulla detta.

Bice – Costynuccioooo.-

Costa – Noooo! (tenta di rialzarsi, ma non ce la fa, si sforza barcollando per rientrare nella stanza da letto, facendo smorfie di fatica atroci, mentre le luci calano fino al buio, musica adeguata e sipario che lentamente si chiude.-

Fine dell’atto

                                                               Atto  II

Stessa scenografia del precedente atto, con qualche cambiamento di mobilio e oggetti di scena ( se è il caso). Sono trascorsi venti anni. In scena c’è Costa, capelli bianchi, pallido in viso, giacca da camera, seduto in poltrona con aria assente - all’estremità destra della scena la sola che è illuminata. Poi, come se avesse preso una decisione, si alza e si guarda allo specchio. Musica degli anni 2000.

Costa – ( sui settant’anni, davanti allo specchio) Eccolo, guardatelo il grande viveur, il gigolò, il famoso sciupafemmine. Guardatelo come s’è ridotto (fa smorfie e boccacce) Guardatelo tutti, tutti! Che schifo: radi capelli bianchi, occhi rimpiccioliti e affossati, rughe in viso, collo da struzzo, spalle cadenti… ( si guarda le mani disgustato) mani come pelle di coccodrillo! Oddio che miseria… che miseria (si guarda nuovamente allo specchio, si passa le mani sul volto) che… miseria.-

Nella parte sinistra, inizia a vedersi, l’illuminata da un occhio di bue, una figura di giovane donna, mentre a destra la scena diviene buia. Musica adatta. Costa, lasciando la zona buia entra lentamente ai margini della luce. Egli è sbalordito nel vedere la giovane donna comparire come se fosse una visione, un ricordo.

Costa – (timidamente, confuso) Chi sei? Ti conosco già? (poi con viva speranza) Agata? Agata… sei tu?-

Agata –( ragazzina) Sono io. Ciao Costa, ben trovato.-

Costa- (sempre confuso) Agata, Agata, che piacere… (poi a volersi assicurare) Sei proprio tu?–

Agata- (con semplicità) Si, dai, sono io. Come stai? –

Costa –Da schifo, in alternativa da cane: randagio e rognoso. Agata, Agata, piccola mia, ma da dove sei entrata?-

Agata- ( indicando il fondo scena) Da lì.-

Costa – (entrando nel cono di luce) Si, capisco, di là certo… ma forse dalla mia mente malata… forse dai miei pensieri…-

Agata - … O dai tuoi rimorsi.-

Costa – E’ vero. Dai miei rimorsi – sicuro… -

Costa si toglie la parrucca e la giacca da camera, e diventa un venticinquenne, Agata si scioglie i capelli: Sono due fidanzatini degli anni sessanta. Musica degli anni ‘60.

Costa -  ( emozionato, impacciato, con difficoltà nell’esprimersi) Agata, stasera…con questa luna… sei molto, ma molto più bella… del solito.-

Agata –( timidamente, stessa difficoltà d’esprimersi) Si è vero la luna…il pallore… questa è una notte… magica.-

Costa – (abbracciandola) Bella, bella, bella… di bellezza …infinita.-

Agata - Costa, come adulatore sei… unico. -

Costa- (con più scioltezza) Ma che adulatore, dico la verità. Guarda io ti vedo e ti adoro come una Dea. Non potrei vivere senza di te, senza il tuo sorriso, senza il tuo profumo, senza il tuo corpo…-

Agata – E l’anima?-

Costa- (decisamente, abbracciandola) Pure, pure. Con tutta l’anima io ti amo. Sai chi sei per me: la mia vita!

Ed è la pura verità.- 

Agata – ( lasciandosi abbracciare e ricambiando) Costa, ti amo tantissimo, ma tantissimo e assai di più.-

Con recitazione appropriata, con musica adatta, gioco di luci e, se fosse possibile una piccola coreografia, gli attori declameranno la parte seguente, senza mai staccare gli occhi l’uno dall’altra.

 

Costa – Ieri notte ho sognato i tuoi occhi blu, che mi dicevano: consolati, m’hai trovato. Ed ecco, stasera sei qui: ti ho cercato, ti ho attesa, sei venuta: dal sogno alla realtà. Ed io lo sapevo da prima da sempre dall’Eternità, da oggi. da quest’attimo. E ciò è il Miracolo Lungamente atteso. Non perderti per favore, non perderti, cara.-       Agata - Amore sano, amore infinito. Tu quando non potrai più amarmi mi avrai tanto amato che mi basterà per il resto della vita. Il tuo poco per me sarà il tanto, il tutto.- Costa - Io, avevo solo il nulla, tristezza e morte. Ora vivere senza il tuo amore, vivere  è pazzia! E’ vero! Te lo giuro!-                                                                                          Agata -Quando mi abbracci  odo campanellini suonare, canti angelici, profumi di fiori di campo e lampi di luce. Poi con una vampa sul viso la mia anima si smarrisce, mentre il corpo freme. Io, ora sono la corolla di un fiore che si schiude che chiama che brama. Oddio, ti sento! ti trovo in me. E la tua anima si fonde con la mia E si incontrano in infiniti Universi che frullano il mio languore, mentre nei miei pensieri di carne scorre la Vita: che con gratitudine l’accolgo. E t’immortalo.- 

Costa torna vecchio, riprendendo il posto di prima. La musica cala, è quasi un mormorio di sottofondo.

Costa- E quella volta facemmo l’amore con vero sentimento…-                               Agata - … prendesti il mio corpo e me lo restituisti con la tua anima…-  

Costa - E ti promisi eterna fedeltà, e t’ingannai fin dall’inizio, e ti tradii per vizio e per denaro, e tu patisti di dolore e poi sposasti chi non amavi.-

Agata - … si, sposai chi non amavo… ma tu eri finalmente libero...-                            Costa - …  ma mi segnasti il cuore con una profonda cicatrice che ancora, al pensiero, sanguina di rimorso. Dio, perché ti feci tutto quel male?-                                          Agata – Non sei stato tu a farlo, ma la tua natura.-                                                      Costa – Maledetta natura!-                                                                                                     Agata- Non bestemmiare, sono venuta appunto per rimarginare questa tua ferita. Tu hai già pagato la tua colpa con la tua trista vita.                                                                 Io, quindi, mi rassegnai… poi sopraggiunse l’incidente e morii col tuo nome sulle labbra.-                                                                                                                                  Costa – Che amore! Ti giuro: Lo stesso farò io.-                                                           Agata- Non fare nessun giuramento, Costa, sai benissimo che non potrai mantenerlo. Addio Costa… e riguardati.-                                                                        Costa – Addio… cara…perdonami…ti prego… e… grazie… aspetta, non andare .-  

Agata- (rientrando in ombra) No, vado. Quel che doveva essere fatto, è stato fatto. Non ci prolunghiamo- ora saremmo solo patetici. Addio. (lentamente, indietreggiando esce)-

Costa- Hai ragione, addio… addio… (poi scoppiando in lacrime) Oddio come mi vergogno! Lei era il mio amore il mio bene, i miei occhi. Con lei toccavo cime d’estasi. La stringevo a me, e volavo. La accarezzavo, e toccavo il cielo, la baciavo, ed era il paradiso. Ah, che amore! Anima mia. Amandola, il mio essere la assorbiva La sua voce mi scioglieva il suo odore mi sublimava, il suo calore mi stordiva - e vibrava la mia passione…e fu quella che mi perse. E m’immersi nella melma fino agli occhi. E ora soffoco, e lentamente muoio. -

Fine della musica e delle luci. Bussano alla porta. Si torna al presente.

Costa- ( che ha già rimesso la parrucca e la giacca da camera) Avanti, è aperta.-

Entra in scena Luciano, medico, amico di Costa.

Luciano – Ciao Costa, mi hai chiamato, cosa c’è di così urgente?-

Costa- Ciao Luciano… e non si vede? (si mostra alzando le braccia stancamente) Sono uno straccio.-

Luciano- Vedo, vedo… è inutile domandarti cosa ti è successo. Allora, quante ne hai fatte questa volta?-

Costa – Due… anzi tre… no forse due… una è andata a secco.-

Luciano – E ci credo! Costa, hai ormai una certa età, quando vuoi mettere giudizio?  Ti ricordi , cosa ti successe, quando ti sottoponesti a quella… maratona amatoria? Quante furono? Cinque volte…-

Costa- … sei per l’esattezza. Certo che mi ricordo, ma quella era un’assatanata, ninfomane, ricca sfondata.-

Luciano – Che per poco non t’ammazzò.-

Costa- Ma mi assicurò la vecchiaia, però…-

Luciano – E a che prezzo? Poi potevi assicurarti l’esistenza in altro modo, per altre vie.-

Costa- Sai che ne conosco soltanto una: La mia. Poi, ehi, ehi, di quale vecchiaia parli? Io sono ancora “masculu”, tanto per saperlo.( si alza e si mette a passeggiare nella stanza) Eppoi, un po’ di rispetto, perbacco! mica fui il suo mantenuto: non accettai mai una lira da lei – peraltro non li accettai neanche da Bice, ai tempi - … certo qualche regalo me lo ha fatto, il monte di pietà ne sa qualcosa. Comunque non sono un ingrato, io le devo tanto… perché mi assunse in qualità di segretario, mi pagò i contributi, e mi assicurò così una piccola pensione. Certo, le sono molto grato per questo, ma, come hai detto tu, mi spremette come un limone - Dioceneliberi.-

Luciano – Ma va là, se non fosse stata lei a … spremerti, sarebbe stata un’altra. Tu, caro mio, perdi il pelo ma non il vizio. Tu, con questa vita che conduci, ti vuoi suicidare!-

Costa – Esagerato… sono cose che possono accadere… sono un pochino stressato… mi riprenderò…col tuo aiuto.-

Luciano –Certo, sono cose che possono accadere …ma a persone sensate, che hanno fatto una vita sana, alle quali una defaillance può succedere, e basta. Ma tu hai fatto una vita disordinata ed eccessiva da… quel punto di vista. Poi chiedi il mio aiuto… Insomma, io da oggi mi rifiuto d’aiutarti. Sono un medico e non uno stregone. ( poi vedendo che Costa ci rimane male) Cerca di capirmi. Anche se sei mio amico, io ho la mia deontologia e la mia coscienza che me lo impongono: Non voglio essere tuo complice in questo pazzo, incosciente, superficiale modo di vivere - che hai tu!-

Costa- Bell’amico. Quando ne hai di bisogno, si chiama fuori…-

Luciano - … continuando così mi chiederai anche la…droga.-

Costa – Ehi, ehi, ma che cavolate dici? Chi te l’ha chiesta mai? Ti risulta che faccio uso di stupefacenti?-

Luciano – No, certo, mettevo solo le mani avanti. (breve pausa imbarazzante) Su, dai, non fare la vittima… perché tu sei la vittima di te stesso. ( poi conciliante) Avanti, sentiamo questo polso…(si avvicina e incomincia un esame sommario dello stato di salute dell’amico). Bene, i battiti sono quasi regolari…certo un po’ bassini…-

Costa – Ho il cuore d’atleta io. –

Luciano – Bradicardia,  certo il cuore è un muscolo che sottoposto a sforzi calibrati, potenzia la sua massa e la resistenza. E dimmi, da giovane che specialità praticavi? Atletica leggera? Nuoto? Calcio? (Costa nega col capo) E allora?-

Costa- Mezzofondista del sesso. ( fa un timido gesto per sottolineare quello che intende)-

Luciano- Ma va a… (continua l’esame misurando la pressione) Allora la pressione è un pochino bassa… occhiaie… stanchezza… Accusi dolori muscolari?-

Costa – Si, nel basso ventre.-

Luciano – Spiritoso… Allora (prende un ricettario dalla sua borsa e scrive) Ti prescrivo questo integratore…sono delle pillolette costituenti … li prendi per dieci, quindici giorni…diciamo due al giorno, poi assumi questo compost a base di miele, polline, pappa reale e propoli… tre cucchiaini al dì…-

Costa - … e il semolino?-

Luciano – Spiritoso, assai spiritoso (scuote il capo). E mi raccomando fai il massimo riposo… guarda che è una raccomandazione di riposo …in tutti i sensi – capisti? E niente sigarette!-

Costa – (ironicamente) Allo scopone, ci posso giocare?-

Luciano – (sconcertato ) E cosa c’entrano le carte=-

Costa – M’hai proibito le donne, l’alcool, il fumo, mi rimane solo il gioco. Posso giocare? O mi fa male pure quello.-

Luciano – Scherzaci sopra, sai? E adesso dammi da bere.-

Costa- Serviti pure, io non ce la faccio ad alzarmi.-

Luciano si reca nel mobile bar e si versa da bere, poi col bicchiere in mano si siede vicino a Costa.

Luciano – Alla salute (beve)-

Costa- E a me non ne dai?-

Luciano- Certamente, aspetta (si guarda in giro, vede una brocca d’acqua, si alza e riempie un bicchiere e lo porge a Costa) A te solo acqua. Ti prescrivo tre bicchieri colmi di acqua il giorno. E inizia subito subito, con questo.-

Costa – Magari con uno schizzo di whisky…-

Luciano- Acqua, e basta. (finisce di bere)-

Costa – (prende il bicchiere beve lentamente) Bevo sognando l’whisky. Che delizia… ma forse in questo intruglio ho messo troppa acqua… Devo rimediare. (si alza faticosamente, va nel mobile bar e si versa un dito di alcool, e assaggia) Così va bene. Alla salute Luciano.-

Luciano – (facendo un gesto di rassegnazione) Sei terribile, ti ci vorrebbe la camicia di forza. Infine la tua vita è nelle tue mani, anzi, più che nelle tue mani – sicuramente bucate e tarate, o nel tuo brillante sesso- dovrebbe essere nel tuo buonsenso.-

Costa – Hai ragione, tu non sai quanto hai ragione. Quasi mi commuovo.

Sappi che se esamino la mia vita trovo tante pozzanghere di melma e un solo scorcio di erba verde e di fresche acque. Ma, ora, siccome troppo tempo è trascorso e miseramente è andato perduto; e i giorni grigi si sono succeduti inesorabilmente, cadendo come foglie secche al vento; adesso anche quei prati e quelle acque si stanno ingiallendo, inaridendo e dissolvendo…nel nulla...-

Luciano – Costa? Mi preoccupi! Mi stai diventando sentimentale? Proprio tu, ora, qui. Non posso crederci.-

Costa –Ci sei cascato. T’ho fregato. Sono un grande commediante, ammettilo. Ma sappi che la mia pellaccia è dura, la scorza è temprata dai giorni. Solo tu potresti riuscire a intaccarla: con le tue cure…assassine!-

Luciano - Ben detto. Intanto prenditi ciò che ti ho prescritto, regolarmente, poi si vedrà. E adesso ti saluto, ho altre visite da fare. Ciao e stammi bene. E ti raccomando, non fare al solito tuo eh? segui la terapia.-

Costa- Vai Luciano e grazie ancora.-

Luciano esce e chiude la porta scuotendo la testa, scoraggiato. Costa beve ancora un sorso d’acqua, poi faticosamente si alza, si affaccia alla finestra, poi va difronte allo specchio, e riprende a parlare come se avesse davanti a se un’altra persona.

Costa – Vecchio bugiardo! Lurido mentitore! Vecchiaccio rimbambito! Luciano ci ha creduto: due o tre volte… Ma quandomai! Sono ormai tre mesi che non mi funziona più… ( si guarda il basso ventre) Altro che due o tre volte…macchè! Nessun segnale di vita! Nemmeno l’ombra dell’ombra più ombra di una… erezione. E’ buio pesto! Certo, lui sostiene che sono inconvenienti che possono accadere a tutti- certo; ma non a me, perbacco, a uno sciupafemmine professionista. ( voce depressa, quindi fa una lunga pausa intanto che si esamina ancora allo specchio e ripete lentamente, scuotendo la testa) … certo, sono cose che possono accadere – certamente- e a tutti, dice lui. Ma ora… la conferma mi brucia… Come se fosse facile accettarla…Poi, quella amica che mi tormenta, che mi assilla per quella certa prestazione... -

Suonano alla porta. Costa con un gesto di stizza, va ad aprire.

Costa. (brusco) Chi è!-

Pino – Posta…-

Costa –(seccato apre) Mi dia.-

Pino – ( entra il postino del primo atto, ora è una persona di mezza età, ma ancora in ottima forma e sempre lezioso) Buongiorno, è una raccomandata, una firmetta prego ( porge la penna).-

Costa – (firma e restituisca la penna al postino) Grazie.-

Pino – ( dandogli la busta e guardandolo attentamente) Ma lei non è Costa u fimminaru?-

Costa – Così si dice in giro. (stancamente, guardando la busta) Ancora tasse!-

Pino – ( invadente) Dio, irriconoscibile! E a me? Non mi sta riconoscendo?-

Costa – Mi perdoni, ma non mi ricordo proprio di lei.-

Pino – Certo di tempo ne è passato - tanto. Sono Pino, in arte Giusy. Adesso provo ad aiutarlo ( fa il vezzoso) si ricorda che molti anni fa le chiesi se c’erano sciupamaschi di genere neutro?-

Costa – ( pensandoci sopra) Ma certo, ma certo, ti riconosco, già, Pino, volevi sapere se tu eri all’altezza... Già, già.-

Pino – E la vuole proprio, proprio sapere? Non solo sono all’altezza, in cima, alla vetta, ma ora sono ai vertici, ai vertici del mestiere. Ho sfondato! Ma si rende conto?-

Costa – (meravigliato) Davvero? (sbrigativo) Ma bravo.-

Pino – (Prendendosi una certa confidenza, posandogli il braccio sulla spalle e passando al tu) Sapessi, sapessi, caro collega, col nome d’arte di Giusy, adesso esercito la professione: come la tua – più o meno – e gli uomini mi vengono a cercare da tutti i quartieri della città. Quasi quasi dagli impegni che ho, potrei lasciare l’impiego alle Poste. Ma non lo faccio. E sai perché?-

Costa- Bedda matri, non lo so proprio.(scuotendosi infastidito dall’abbraccio)-

Pino- E te lo spiego io il perchè: Mi piace contattare, parlare, ciarlare, discutere anche con le persone cosiddette “normali”, (poi schifato) Certo non con quelli che mi chiamano frocio … e, sai, spesso aggancio... (allusivo) mi capisci? A proposito, ma lo sai che ora non ci possono chiamare più froci? No eppoi no! E guai a prenderci in giro, ad offenderci o a picchiarci: Sarebbero guai! Siamo tutelati dalla legge, come i negri e gli zingari e … e…i cani, anche i cani, cioè no, anzi si…(confondendosi) cioè in quanto animaleddi (portandosi le mani incrociate al petto)... e che credi? (breve pausa, controscena di Costa) Adesso si usa, molto, elegantemente - come ben sai - (sottolinea) o dovresti sapere – si usa dire (come ispirato): Gay… e voi oscurantisti, dimenticatevi quel modo  brutalmente osceno, di rivolgervi a noi - come si faceva una volta, quando c’era il Duce – (Costa si porta le mani ai capelli) tranquillamente e superbamente, dispregiativamente - oserei dire, riempendovi la vostra bocca disgustosa per dirci: Ah frocio! (breve pausa, mentre Costa da segni d’insofferenza)

Ma poi non vedi come suona male questa volgare parola? E’ come un colpo di grancassa di banda paesana che ferisce i timpani e li fa sanguinare. Invece Gay-e si, gay - sembra il suono di un’arpa che vibra in una orchestra sinfonica - e la ingentilisce e l’armonizza e la fa femmina…-

Costa- ( a bocca aperta, stordito da quei discorsi) Che raffinatezza: Questa mi è veramente nuova.-

Pino – E certo, per voi supermaschilisti da strapazzo… di raffinatezza, che ne sapete. (indignato, girandogli le spalle). E negro? E zingaro? (facendo segno di no col dito e girandosi cantarellando)  Non si potrà dire più: Ora c’è la galera, hai capito? la galera! –

Costa – E allora Verdi dovrebbe stare molto attento…-

Pino – Verdi, chi?-

Costa – Verdi, Giuseppe Verdi, l‘autore del Trovatore.-

Pino – Verdi? Il Trovatore… ah, si, quello del: “Dagli! Martella!” Com’è maschio questo verso (sospira, poi ripensa a quanto detto prima); ma, scusa tanto, cosa c’entra Verdi?-

Costa- Centra, c’entra. Continua il verso.-

Pino – “Dagli, martella, (canticchia): “Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella.” Ecco fatto: e allora?-

Costa – E allora, adesso si dovrebbe dire: “ Dagli, martella, chi del gitano i giorni abbella? La romminella” Altrimenti - tappiti! Denuncia: razzismo, galera.-

Pino – E mi pare giusto direi.-

Costa- E allora tu e i tuoi amici social-sensibili e i paraculo, andate ad arrestarlo là, al cimitero di Milano, dove riposa da più di un secolo.-

Pino – Mi prendi per il culo?-

Costa – Io? A te? Mai!-

Pino – Ah, credevo… Sai è una questione di dignità.-

Costa – Dignità? Eh, caro mio, bisogna sapersela conquistare la dignità - e conservarsela.-

Pino – (facendo l’offeso) Perché adesso, per caso, metteresti in dubbio la mia dignità? (e nel fare il lezioso offeso, volgendo il capo velocemente, gli cade il parrucchino)… Pardon… (lo raccoglie e lo calza.-)

Costa – (ironico ) Nooo, quando mai…(poi con un gesto di rassegnazione) Comunque io credo che sia soltanto una questione di moda, questo si. Fra qualche anno cambierà la moda e “loro”…-

Pino- …che sarebbero i miei amici social-sensibili paraculo…-

Costa - …più o meno. Loro cambieranno di nuovo appellativo e dire gay diventerà “offensivo”, vedrai... (breve pausa).-

Pino – … E dimmi, dimmi: tu cosa inventeresti? Come ci chiameresti, casomai?-

Costa- (riflettendo, poi ironico) Femminomo!-

Pino – Minchia, e che vuol dire?-

Costa – Sarebbe l’unione di due parole, femmina e uomo: Femmin-omo. Capisti?-

Pino – Mi piace, sei un cannone! Su, dimmi…l’hai inventato ora?-

Costa – No, macchè. L’ho, letto da qualche parte, forse in un romanzo.-

Pino – Comunque è bello! (contando con le dita) Sei lettere femminili e solo tre maschili! E’ azzeccatissimo.-

Costa -  Ma guarda… (ironico, poi serio) Ora, caro amico, tornando al nostro argomento del contendere, vedi, per conto mio, se uno è a posto, gay o non gay è la sua persona che conta! E’ il rispetto per la persona il fulcro del vivere civile, ecco tutto…-

Pino – E con le tue amanti-mantenute, come la mettiamo? Meritano anch’esse rispetto?-

Costa – Uffa! Salti da un argomento all’altro come un grillo. Comunque le ho sempre rispettate-io.

Adesso, permettimi, chi chiudere questo capitolo! Non voglio entrare in un campo dove non sono tanto ferrato. Potrei provocare qualche …guaio.-

Pino – Tu? Ma che minchia dici? Tu, eccellentissimo (inchino ironico,) tu, come parlantina sei meglio di un avvocato. Ma purtroppo  mi hai deluso caro Sciupafemmine. Vedi,  non sei al passo con i tempi: sei “demodè”, carino. Sei out! E, a proposito di out: dimmi, tu che fai? Eserciti ancora?-

Costa – ( Stanco di sentirlo) No, sono in pensione.-

Pino – Io invece sono in pieno boom! Mi vesto da femmina e certi uomini impazziscono. Che gioia!-

Costa – Buon per te. Allora, grazie per la raccomandata, e addio.-

Pino – (lezioso) Buona pensione… collega… e non ti sciupare, mi raccomando (con sarcasmo).-

Costa – (apre la porta e gli fa cenno di filare) Vai, vai… Giusy.-

Pino – Mih, quel brutto caratterino di tanti anni fa, ti è rimasto così com’era: intatto! (poi allusivo) certo, quello… il caratteraccio, si, intatto - ma il fisico… no!…quello è … ripugnante! (disgustato, con disprezzo, poi alza la testa ed esce) Addio e sappi che mi hai proprio, ma proprio, deluso.-

Costa- (chiudendo l’uscio) Spiacente. Addio, addio, tempo tuo… (poi tra se) ripugnante, eh? (Getta la busta sul tavolo e si siede stancamente e si copre il viso con le mani) Oltre alle mancate erezioni, le ripetute cilecche, adesso mi tocca assaporare l’amaro fiele della derisione e dell’insolenza di quello…sciocco postino… Madonna che disastro, che disastro (con sconforto si porta le mani ai capelli, poi con uno scatto d’orgoglio, si alza) No, non gliela dò per vinta, a nessuno! Sursum corda! Niente crollo psichico, demoralizzazione,  o depressione. Alla malora i “cucchi”! (passeggia per il palco)

Devo reagire,  incazzarmi veramente, e reclamare perentoriamente i miei diritti di masculo. ( guardandosi il basso ventre, quindi con voce pimpante, chiara):   Allora, caro signor coso, mi vuol dire per favore, cosa sta succedendo? Perché queste lunghe pause e ripetute defaillance?-

Stesso gioco di luci della scena precedente, ma stavolta a destra, nel cono di luce, appare una figura ammantata di bianco sporco. E’ l’alter ego di Costa, o meglio la figura del suo sesso umanizzata.

Alter ego - Si calmi, si calmi. Che cosa grida a fare? Non sa che c’è la crisi… che non arrivano i rifornimenti necessari.-                                                                                                            Costa - Come crisi? Anche qui? ( scandalizzato e guardando alternativamente l’alter ego e il suo basso ventre) Crisi anche per questo? Qui? Che significa? E poi come mai non arrivano i rifornimenti?-  

Alter ego – (con aria annoiata, guardandosi le unghie della mano) E lo chiede a me? Che ne so io? Io vivo nei bassifondi, all’oscuro di tutto. Io faccio quello che mi dicono, quando naturalmente mi danno i mezzi necessari,… e ora, voglia scusarmi, ma ho bisogno di riposo…

Costa – Come, come riposo? Non può!-

Alter ego – Mih, ma lei non capisce? Ripeto: sono stanco, sfinito, mezzo morto! Poi, per intenderci, (facendo segno col dito verso l’alto) a me se dicono fa! Io faccio. Io sono un esecutore. Io eseguo soltanto- naturalmente , come ho già detto, se ho la materia prima, altrimenti…fiasco! Ora caro lei, se non è soddisfatto delle mie risposte, vada su, si rivolga ai piani superiori; là, dove fanno tutto, dove sanno tutto… parli col Direttore, e mi lasci in pace, io sono tanto, ma tanto stanco…-

Costa – Con lei faremo i conti dopo, adesso vado a parlare con questo direttore.-

Esce di scena l’alter ego, ed entra un uomo con camice bianco e occhiali.

                                                                                 

Costa – ( senza salutarlo, ma più incavolato che mai) C’è nessuno? Chi comanda qui? Chi c’è in questa infernale sala macchine da ferryboat?-

Direttore – Ci sono io, il direttore. Che succede? -

Costa - Che succede? (sbottando) Succede che lì sotto le cose non funzionano bene; giù sono dei pigroni, per non dire indolenti e volutamente inefficienti e un poveraccio, lasciato in balìa degli eventi, che fa?-

Direttore – Ma quale balìa? Che eventi.  Si calmi, suvvia mi spieghi il suo caso, per favore.- 

Costa - Mi spiego, mi spiego! E mi calmo. Ecco ( imbarazzatissimo) vede, su certi argomenti personali, delicati, riservati… ( poi come tra se) accidenti, come si fa a parlarne con calma? (quindi deciso) Signor direttore, questo sono i fatti, nudi e crudi: dopo un mucchio di anni d’onorata professione, e all’apice della carriera, ecco che mi giunse una richiesta - da parte di una gran dama importantissima e facoltosissima – d’iniziarla… d’iniziarla … insomma è desiderosa di provare…una cosa…( esita) Va bene: vorrebbe… vorrebbe da me certe  prestazioni alternative al… coito, per intenderci quella cosa lì, come si chiama...insomma la fellatio; ed ecco che quel maledetto che sta di là sotto, fa le bizze… dice che è stanco di tanti anni di lavoro, che non ha più forze, che ha bisogno di riposo, non ha i necessari rifornimenti. E, per levarmi di torno, mi spedisce direttamente ai piani alti: da voi! Ed eccomi qua.-

Il direttore ascolta attentamente, poi esaminò accuratamente una scheda.-

Direttore - Caro amico, dalla sua scheda risulta che lei aveva a disposizione circa diecimila coiti – quasi tutti consumati - e mille fellatio delle quali ora gliene rimangono, forse, diciamo, soltanto, e col beneficio del dubbio, dieci scarsi scarsi. Caro signore, si rassegni, ormai  è agli sgoccioli, il suo tempo è terminato, e i suoi rifornimenti sono finiti.-

Costa - Come finiti? Così di botto? Senza preavviso? No, non può essere.-

Direttore - Purtroppo si, e non posso illuderla. Vede, ( e simulò il tocco del manometro, mentre una strana macchina sbuffava come un vapore)  controlli lei stesso, la sua pressione si è esaurita, è quasi allo zero.

Ora, io non posso farci nulla, non è più competenza di questo reparto, mi spiace. Comunque vada sopra, in sala comando, parli con Presidente, e chissà se lassù hanno qualche soluzione per il suo delicato caso. L’ascensore è a destra.-

Il direttore esce, ed entra in scena un vegliardo vestito di azzurro, è il Presidente. L’uomo guarda sottecchi Costa, e si mette a consultare un fascicolo.

Presidente - Venga avanti, giovanotto.-

Costa -  Giovanotto? A me? Ma che mi prende per i fondelli?-

Presidente – ( guardandolo tranquillamente)  E’ un modo di dire… non ci faccia caso… Vede, sto controllando i suoi dati e le debbo dire, con dispiacere, che i signori ormoni deputati al suo organismo riproduttivo, si sono ridotti al minimo, sono quasi a zero. E, ancora purtroppo per lei, devo farle sapere che questi signori non si rigenerano più. Fine! 

Ergo, da Presidente illuminato, a titolo di magra consolazione, le propongo queste tre opzioni surrettizie: La Saggezza, la Poesia e la Contemplazione.  Ora, per lei, la Poesia è ancora sufficiente; la Contemplazione è in ascesa; ma la Saggezza è al di sotto dei livelli minimi accettabili. Pertanto si concentri sulla Saggezza  e, possibilmente, ne elevi il suo potenziale impiego. Le farà senz’altro bene.-

Costa- (Restando impietrito) Oddio, questa volta è fatta! E’ finita! Non sono più “masculu” (respirando profondamente, parlando con voce pietosa) Signor Presidente, non si potrebbe fare un’eccezione?-

Presidente – (sospirando ) Purtroppo no! Mi creda, non è più possibile ripristinare la funzione.  Però ci sarebbe una soluzione chimica… insomma si tratterebbe di una questione personale, molto delicata, direi etica e di colore… azzurro. Se putacaso a noi arrivasse tale stimolo, saremmo costretti ad ordinare ai piani bassi - ma a malincuore, beninteso - di procedere alla bisogna…-

Costa - Chimica? Azzurra? Il viagra! No, e che c’entra? La faccenda, se si poteva, si doveva appianare con le nostre sole forze naturali, senza aiuto dall’esterno. No, così non vale. No, no. Ma quando mai…Sa invece cosa le dico? Che accetto il suo consiglio sull'opzione saggezza. Adesso vado, scendo giù e… quel che deve succedere - succederà! ( Malinconicamente) Anche se sarà la fine della mia onorata carriera di fimminaru.-

Presidente – ( sorridendo compiaciuto, porge a Costa un piccolo biglietto sul quale ha vergato pochi segni, sussurrandogli, nel frattempo, qualcosa all’orecchio, poi con voce normale) Ecco, lo consegni al titolare dei piani bassi, con i miei saluti. ( stringendogli la mano).-

Costa – Riverisco signor presidente, presenterò.-

Il presidente esce ed entra in scena l’uomo vestito di bianco sporco, l’alter ego, portandosi appresso una porta dove spicca un’elegante targhetta con la scritta, a grossi caratteri: <Pene - Fallo – Membro & C.>. Costa consegna il foglietto e aspetta che l’uomo lo legga. Infatti, questi lo legge, poi guarda interrogativamente Costa.

Alterego -Cosa significa S.S. P.P.?-

Costa – (con aria di sufficienza) Suppongo che voglia dire: Servi Solo Per Pipì. Addio bello, e… non darti più tante arie – caro signor Minchia!    

Sipario