Lo speziale

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Carlo Goldoni LO SPEZIALE

LO SPEZIALE

Di Carlo Goldoni

Dramma Giocoso per Musica di Polisseno Fegejo Pastor Arcade, da rappresentarsi nel Teatro

Grimani di S. Samuel nel Carnevale dell'Anno 1755.

Dedicato all'Eccellentissime Dame Veneziane.

A CHI LEGGE

Ponendosi nel frontispizio il nome arcadico dell'Autore, ben conosciuto, ha egli desiderato che si faccia sapere al mondo essere stato da lui composto il presente Libretto tre anni sono in Bologna, ad istanza del Sig. Francesco Baglioni e del Sig. Francesco Carratoli, in tempo che colà trovavasi colla compagnia del Sig. Girolamo Medebac.

Tale protesta intende egli di fare per sua giustificazione verso di quelli che lo caricano ingiustamente aver trascurato di scrivere per il Comico suo Teatro per lucrare con altri. Egli ha libertà di scrivere per Teatri di Musica. Il Filosofo di Campagna lo ha scritto nella quaresima passata, in tempo che non potea prevedere la malattia sofferta per cinque mesi. Ma a chi mai rende egli conto di ciò? A gente oziosa e maligna, che non ha che fare con lui.

                                                                  PERSONAGGI                                       

PARTI SERIE ALBINA

La Sig. Giovanna Baglioni.LUCINDO

La Sig. Angela Conti Leonardi detta la Taccarini.

PARTI BUFFE SEMPRONIO speziale.

Il Sig. Francesco Carattoli. MENGONE uomo di spezieria.

Il Sig. Francesco Baglioni.

GRILLETTA pupilla sotto la tutela di Sempronio.

La Sig. Clementina Baglioni.CHECCHINA contadina.

La Sig. Anna Zanini.VOLPINO

Il Sig. Giacomo Caldinelli.

La Musica è del Sig. Vicenzo Pallavicini è del Sig. Domenico Fischietti. Le Scene Sono d'invenzione del Sig. Gio. Francesco Costa.


BALLERINI

La Sig. Giovanna Griselini               Il Sig. Giovanni Guidetti.

detta Tintoretta                           Il Sig. Alvise Taolato.

La Sig. Anna Lapis.                          Il Sig. Vicenzo Monari.

La Sig. Elisabetta Morelli.                Il Sig. Giovanni Belmonte.

La Sig. Giovanna Bonomi.               Il Sig. Domenico Morelli.
La Sig. Anna Franceschini.

Inventore e Direttore de' Balli il Sig. Giovanni Guidetti.

MUTAZIONI DI SCENE

NELL'ATTO PRIMO

Bottega da Speziale. Camera interna della Spezieria.

PER IL PRIMO BALLO

Bosco incantato che si trasforma in varie forme.

NELL'ATTO SECONDO

Camera interna della Spezieria. Spezieria.

PER IL BALLO

Campagna con carro trionfale.

NELL'ATTO TERZO

Cortile dello Speziale. Spezieria.

Il Vestiario è opera ed invenzione delli Sigg. Demetrio Grazioli detto Guastalla, ed Antonio Maurizio.


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Bottega da Speziale co' suoi utensili.

Mengone che sta pistando in un mortaio.

Tutto il giorno pista, pista: Oh che vita amara e trista! E nel cor Sento amor,

Che anche lui pistando va... Pista, pista qua e là.

Affé, quell'ammalato

Che piglia questa china, vuol star bene!

È vecchia, secca, dura indiavolata,

E pur si venderà per prelibata.

Il mio caro padrone

È un di que' speziali

Che non bada né a vasi né a ricette,

E altro studio non ha che le gazzette;

Ed io, povero gramo,

Che so leggere appena un tantinino,

Dispenso ora da questo or da quel vaso

Le medicine agli ammalati a caso.

Tutto il giorno pista, pista: Oh che vita amara e trista! Oh che vita...

SCENA SECONDA Cecchina con un cestello d'erbe, e detto.

CECC.

Chi è qui? si può venire?

MENG.

Sì, venite, Cecchina;

Graziosa contadina,

Cosa avete di bello

In quel vostro cestello?

CECC.

I' ci ho della gramigna,

E ci ho della cicoria,

E delle madreviole,

Raccolte questa mane innanzi al sole.

MENG.

L'erba per lo speziale

È il miglior capitale;

Date qui, date qui, ragazza mia.


CECC.

Con buona grazia di vussignoria. (ripone il cestello)

MENG.

Non le volete dare?

CECC.

Le volete comprare?

MENG.

Certo, le comprerò.

CECC.

Prima pagate, e poi ve le darò.

MENG.

Come! non vi fidate?

CECC.

La mia mamma

M'ha detto tante volte:

«Guardati, figlia mia, non ti fidare;

Non ti lasciar dagli uomini gabbare».

MENG.

Cara la mia Cecchina,

Siete pur graziosina!

CECC.

Mengoncino,

Non ho neanche un quattrino,

E ancora non ho fatta colazione.

MENG.

Giacché non v'è il padrone,

Facciamo un'insalata presto presto.

CECC.

Andate via, non mi toccate il cesto.

MENG.

Se lo tocco, nol guasto.

CECC.

Eh, la mia mamma

Mi ha detto: «Figlia mia, guardati bene.

Se l'uomo vuol toccar, non esser sciocca:

L'uomo è focoso, e brucia dove tocca».

MENG.

Ma se così farete,

L'erbe non venderete.

CECC.

Non importa,

Le tornerò a portare a casa mia,

Ma non voglio arrischiar la mercanzia.

Ho poco capitale,

Ho poco d'arrischiar,

Ma l'ha da pagar bene

Chi lo vorrà comprar.

Non basta che vi sia

La buona mercanzia;

Con gli uomini conviene

Saperla trafficar. (parte)

SCENA TERZA

Mengone, poi Sempronio

MENG.

Che furba contadina!

Quasi la piglierei,

E la sua mercanzia mi comprerei.

SEM.

Oh bellissima nuova! (con un foglio in mano)

Trovata hanno gl'Indiani

Un'invenzion nell'Isole Molucche

Di far col fil di ferro le parrucche.

MENG.

Ehi signor, questa china...

SEM.

Appunto. Nella China


Un uomo moscovito

Gravido si è scoperto, e ha partorito. (leggendo)

MENG.

Davvero!

SEM.

Non lo senti?

Lo dicono gli Avvisi.

MENG.

Dunque l'uomo

Può partorir?

SEM.

Non senti?

Questi dicono il vero.

MENG.

Or mi viene in pensiero...

Oh caro padron mio,

Oh se potessi partorire anch'io...

Sol per l'onesto fine

Di pigliar centomila genuine.

SEM.

Senti, senti: A Parigi...

Il mio caso moderno originale...

Eravi uno speziale

Tutor d'una pupilla

Bella, ricca e garbata,

Ed ei per carità se l'è sposata.

Ah! non par che si parli

Di Grilletta e di me?

MENG.

Ma che sposata

L'abbiate, io non lo so.

SEM.

Non l'ho sposata, ma la sposerò.

MENG.

E la vostra figliuola

Quando la maritate?

SEM.

Le navi caricate

Verso Cefalonia

Han fatto vela e sono andate via. (leggendo)

MENG.

Un dì sulle Gazzette

Si sentirà questa gentil novella

Che vostra figlia l'avrà fatta bella.

SEM.

Questa non la capisco.

In Persia... Odi, Mengone:

In Persia, in Babilonia,

Il Soffà ha preso moglie.

Il soffà non vuol dire un seggiolone?

MENG.

E per questo, padrone,

Non si può dar? Perché?

Il soffà o il canapè

Sarà, in virtù di qualche testa buona,

Congiunto in matrimonio a una poltrona.

SCENA QUARTA

Lucindo e detti.

LUC.

Servo, signor Sempronio.

SEM.

Padron mio. (leggendo piano)

LUC.

Favorisca.


SEM.

Che vuole?

LUC.

Pregarla, se si puole,

Di far questa ricetta.

SEM.

Mengone, a te.

MENG.

Eccomi.

LUC.

Ma, signore,

La prego in cortesia.

SEM.

La peste ha fatto strage in la Turchia.

MENG.

La si fidi di me,

Son uomo di esperienza:

Tra me e il padrone non vi è differenza.

LUC.

Sì, sì. (Già è finzione;

Già la mia medicina

Che cerco e che sospiro, è solo Albina). (da sé)

SCENA QUINTA

Volpino e detti.

VOLP.

Servo, signor speziale.

SEM.

(Oh, la peste e un gran male!) (da sé)

VOLP.

Dica.

SEM.

Cosa volete?

VOLP.

Certo medicamento, o sia pozione...

SEM.

Parlate con Mengone.

MENG.

Sì, parlate con me,

Datemi la ricetta.

VOLP.

Eccola. (Già son qui sol per Grilletta). (da sé)

SEM.

Dite, signori miei,

Siete voi dilettanti di novelle?

VOLP.

Signor sì.

LUC.

Qualche cosa.

SEM.

Questa è una nuova grande:

Un eunuco nell'Indie

Unito ad una donna fu trovato,

E 'l pover galantuom l'hanno impiccato.

Il fatto è descritto,

Sentitelo qui,

La pena, il delitto,

Raccontan così.

Faceva il vezzoso,

Faceva il grazioso,

E lor con un nodo

L'han fatto saltar.

Se prima soleva

Qual cigno cantar,

Col nodo doveva

Da cane strillar. (parte)


SCENA SESTA

Lucindo, Mengone e Volpino

LUC.

Amico, preparate

Presto la confezione.

VOLP.

Preparatemi presto la pozione.

MENG.

Ora tosto vi servo.

LUC.

Via...

MENG.

Non abbiate fretta.

(Diavolo! non intendo la ricetta). (da sé)

LUC.

(Albina non si vede).

VOLP.

(Non si vede Grilletta).

MENG.

(Quel dottore

Ha scritto molto male:

Non so se dica qui spirito o sale).

LUC.

Ditemi: la figliuola

Del signor speziale come sta? (a Mengone)

MENG.

Sta bene. (Queste qua

Non so se siano once o se sian dramme). (da sé)

VOLP.

Amico, in cortesia,

Grilletta la pupilla

Sta bene?

MENG.

Sì signore.

(Maledetto dottore!

Non l'intendo, né mai l'intenderò;

Ma la pratica adesso adoprerò). (da sé)

LUC.

Si potrebbe ad Albina

Dir due parole?

VOLP.

E due dirne a Grilletta?

MENG.

Questa è un'altra ricetta.

Signori miei, voi l'intendete male;

Io non faccio il mezzan, fo lo speziale.

LUC.

Via, via, non vi alterate.

VOLP.

Fateci la ricetta, e perdonate.

MENG.

Dite... per chi servire

Deve il medicamento? (a Lucindo)

LUC.

Per uno che patisce indigestione.

MENG.

Buono! E questa pozione

Per chi voi la prendete? (a Volpino)

VOLP.

Per uno che non può... se m'intendete.

MENG.

Ho inteso; ciascheduno

Avrà le cose sue.

Ora presto vi servo tutti due.

Per quel che ha mal di stomaco,

Vi vuol del reobarbaro;

Per quel che ha il corpo stitico,

La manna opererà.

Presto, portate qua. (ad un Giovane)

Di questo quantum sufficit;

Di questa due manipoli.


Faremo una pozione

Ed una confezione:

E quel che ha mal di stomaco,

I chiodi mangerà;

E quel che ha il corpo stitico,

Le viscere anderà. (parte)

SCENA SETTIMA

Lucindo e Volpino

LUC.

Oh che bravo garzone!

VOLP.

È simile al padrone.

LUC.

Manco male

Che per vedere Albina

Solamente qui venni.

VOLP.

Ed io soltanto

Ho finto di portare una ricetta

Per parlare a Grilletta.

LUC.

Codesto scimunito di Sempronio

Ha una figlia assai vaga.

VOLP.

E una pupilla

Che incanta, che innamora.

LUC.

E non vuol maritarle.

VOLP.

E noi procurerem d'innamorarle.

E poscia innamorate...

LUC.

Ecco il mio bene.

VOLP.

Via, portatevi bene.

LUC.

Non vorrei...

VOLP.

Io mi ritiro a far la guardia adesso;

Poi farete per me voi pur lo stesso. (parte)

SCENA OTTAVA

Lucindo, poi Albina

LUC.

Amor, dammi coraggio.

ALB.

(Non m'inganno:

Questi al certo è Lucindo).

LUC.

Oh, bella Albina,

Qual fortuna a la mia?

ALB.

Poca fortuna

Se di furto mirarmi

Solamente potete, e poi lasciarmi.

LUC.

Eppure ad un amante

Serve ciò di ristoro.

ALB.

Ed a me serve

Di tormento maggior. Vedervi appena,

Né potervi spiegare il mio tormento,


È un dolore, ben mio, che val per cento.
LUC.                     Rimediarci conviene.

ALB.                                                       A me non tocca.

LUC.                     È ver, s'aspetta a me; ma voi, mia cara,

Saprete di chi v'ama

Secondare il disegno?
ALB.                     Lo seguirò s'egli di me fia degno.

LUC.                     Vostro padre protesta

Non voler maritarvi.
ALB.                                                       A lui per anche

Voi non mi avete chiesta.
LUC.                                                              Ebben, si tenti

Aver per questa via la vostra mano.

Ma se il pregar fia vano,

Di far quel ch'io dirò,

Albina, avrete cor?
ALB.                                                     Ci penserò.

LUC.                     Padre crudel non merta

Che una innocente figlia

Sagrifichi per lui la vita, il core.

Se casto, onesto amore

A voi riscalda il petto,

Non perdete il rispetto

Rendendo il vostro cor lieto e beato.
ALB.                     Ah Lucindo...

LUC.                                            Che fia?

ALB.                                                          Chi m'assicura

Che felice esser deggia a voi unita?
LUC.                     Non temete, mia vita;

Tutto vostro sarò. Voi disporrete

Di me, de' pensier miei...
ALB.                                                              Dolce linguaggio

Degli amanti è codesto. Ah, poi si cangia

Dagli sposi talor.
LUC.                                                   Deh, non temete.

Se tenero amator vi sono adesso,

Sarò, bell'idol mio, sempre lo stesso.

Da quei vaghi amati rai Ho imparato a sospirar; Nel mio cor non potrà mai Altra fiamma scintillar.

La mia fede, l'amor mio, Sol nell'onde dell'oblio Nel mio sen potra mancar. (parte)

SCENA NONA
Albina, poi Grilletta
ALB.                      Poco non è che il genitor non m'abbia


E sorpresa e sgridata. Oh, son pur stanca

Di languire e penar!
GRI.                                                      Che fate, Albina,

Qui nella spezieria?
ALB.                                                     Chieder volevo,

Avendo il core oppresso,

A mio padre un cordiale.
GRI.                      Eh, per il vostro male

Il cordial saporito,

Che potria risanarvi, è un bel marito.
ALB.                     (Oimè!)

GRI.                                   Non arrossite.

Ehi, Albina, sentite:

Questo è il miglior cordial pel nostro sesso,

E patisco ancor io quel male istesso.
ALB.                     Ah Grilletta!

GRI.                                             Grilletta

È una buona ragazza,

Che farà cautamente i fatti suoi,

Ed avrà ancora carità per voi.
ALB.                     Ma come?

GRI.                                        Già so tutto:

So che Lucindo amate,

E so che sospirate

Perché non vuol il padre vostro udirvi.

Ma fidatevi a me, saprò servirvi.
ALB.                     Ah, voi mi consolate.

GRI.                                                        Ardo ancor io

Per Mengone d'amore,

E il mio signor tutore,

Generoso e clemente,

Mi vorrebbe sposar, ma non fa niente.
ALB.                     Mi raccomando a voi.

GRI.                                                           Non dubitate.

Soffrite, pazientate,

Simulate con arte il vostro foco;

Procuriam tutte due vincere il gioco.

Faremo una partita,

Voi con Lucindo ed io col mio Mengone:

Noi vinceremo il dolce matrimonio,

E quel che perderà, sarà Sempronio.
ALB.                     In verità, Grilletta,

Voi mi rinvigorite; in grazia vostra

Or nel mio petto io sento

Crescer la gioia e cedere il tormento.

Come in distanza il foco Scioglie la neve ancora, Distrugge a poco a poco Speranza il mio timor.

A un core innamorato Ogni lusinga è cara, Ogni conforto è grato


A un innocente amor. (parte)

SCENA DECIMA

Grilletta, poi Volpino

GRI.

Io son di questa taglia:

Mi piace far per altri

Quel che vorrei per me venisse fatto...

VOLP.

Grilletta...

GRI.

Siete matto?

VOLP.

Perché?

GRI.

Perché sapete

Che il mio signor tutore

Non vuol ch'io parli con nessuno al mondo.

VOLP.

Egli è ben sciocco e tondo

Se crede che Grilletta

Non voglia far l'amore.

GRI.

Oh, io son obbediente al mio tutore.

VOLP.

Eppure con Mengone

Passa qualche amoretto.

GRI.

Oh, v'ingannate.

VOLP.

Non occor che negate,

Di sicuro lo so.

GRI.

Se lo sapete,

Dunque dai fatti miei cosa volete?

VOLP.

Io voglio illuminarvi,

Io voglio consigliarvi

Uno sciocco lasciar che non ha merto.

GRI.

Serva, signor esperto,

Serva, signor eroe del Campidoglio.

Voi meritate assai, ma non vi voglio.

VOLP.

Sprezzarmi? dileggiarmi? cospettone!

Voglio uccider Mengone.

GRI.

Poverino!

Come fosse un pulcino?

VOLP.

Io mai son stato

Burlato, strapazzato.

GRI.

Un'altra volta

Non direte così.

VOLP.

Femmina ingrata!

GRI.

È ver, sono spietata.

VOLP.

Non conoscete il buono.

GRI.

Ignorantaccia io sono.

VOLP.

Io vo la vostra sorte procurando.

GRI.

Ed io...

VOLP.

Parlate pure.

GRI.

Ed io vi mando.

Caro Volpino amabile,

Siete de' pazzi il re;


È ver, siete adorabile,

Ma non piacete a me.

Son nata

Sfortunata,

Non merto il vostro amor.

Volpino

Poverino,

Soffrite il pizzicor. (parte)

SCENA UNDICESIMA

Volpino solo.

Maledetta fortuna! ancor mi burla?

Basta. Non son chi sono

Se non faccio vendetta.

Oh che cara fraschetta!

Lascia me per Mengone.

Mi tratta da buffone,

E fa di me strapazzo.

A, se trovo Mengone, io me l'ammazzo.

Amore nel mio petto Si è convertito in sdegno; Il mio rivale indegno Vedrò cadermi al piè... Ma se ammazzasse me? Col cuore ardito e forte Incontrerò la morte... La morte? Signor sì. Grilletta traditora Contenterò così. (parte)

SCENA DODICESIMA

Camera interna della Spezieria.

Mengone, poi Grilletta

MENG.                  Ho fatta la fatica,

Ho fatte le ricette, E poi non ho trovato più nessuno. Il cielo li ha inspirati, Perché se gli ammalati Prendean tai medicine, ho ben paura Che andassero a guarire in sepoltura.

GRI.                      Mengoncino.

MENG.                                        Grilletta.


GRI.

Mi vuoi bene?

MENG.

Zitto, che se il padron...

GRI.

Per or non viene.

Dimmi se mi vuoi ben.

MENG.

Te ne vorrei...

Ma so che amata sei dal mio padrone,

E temo le carezze del bastone.

GRI.

In grazia dell'amata,

Si può soffrire qualche bastonata.

MENG.

È ver: ma la mia schiena

Non l'intende così.

GRI.

Via, finalmente

Il tutor non mi è padre;

Posso amare chi voglio.

MENG.

Non vorrei che l'imbroglio...

GRI.

Tu sei troppo codardo.

Coraggio aver bisogna.

MENG.

Non vorrei... ho paura...

GRI.

Uh che vergogna!

MENG.

Orsù, se abbiam da farla,

Facciam la cosa presta.

GRI.

Per me son pronta e lesta;

Tu che pensi di fare?

MENG.

Direi che si potrebbe...

Per esempio... a drittura...

Andrebbe ben, ma ho un poco di paura.

GRI.

Di chi?

MENG.

Del mio padrone.

GRI.

Coraggio.

MENG.

E se il bastone...

GRI.

Eh via, diamci la mano.

MENG.

Aspetta, piano, piano.

GRI.

Presto, facciam così.

Son tua sposa. (si dan la mano con timore)

MENG.

Tuo sono... Eccolo qui. (vedendo Sempronio)

SCENA TREDICESIMA

Sempronio e detti.

SEM.

Cosa fate?

MENG.

Dicevo...

GRI.

Poverino!

Si sente male. Io gli tastavo il polso.

SEM.

Lascia sentir. (tasta il polso a Mengone)

MENG.

Sentite.

SEM.

Vuol esser la gran lite

Tra il Levante e il Ponente. (toccando il polso a Mengone, pensa agli Avvisi)

MENG.

E ben, cosa vi pare?

SEM.

Non ha niente.

MENG.

E pure se sapeste,


GRI. SEM.


Padron, cosa mi sento...

Poverino! ha il suo mal tutto di drento.

Animo, setacciate

Quelle pome pistate; (a Mengone)

E voi, bella Grilletta,

Per non istare oziosa,

Mondate la cicoria e l'acetosa.

Farò qualcosa anch'io.

Vuò fare a modo mio,

Tra i signori che adesso sono in guerra,

La division del mare e della terra.

(Sempronio siede e scrive, e Mengone si pone a stacciare,

e Grilletta a mondar l'erbe)


MENG.

Quanti son di questa polvere

I granelli minutissimi,

Tanti son, Grilletta, i spasimi,

Che per te mi sento al cor.

GRI.

Quante son dell'erbe tenere

Le tagliette minutissime,

Tante son, Mengone amabile,

Le speranze del mio cor.

SEM.

La montagna al re dei Tartari,

La pianura al re dell'Indie,

La marina al bravo principe

Del Mogol imperator.

MENG. GRI.

} a due        Ah, non so che cosa faccio,

GRI.

Mentre scelgo.

MENG.

Mentre staccio.

a due

Tuttotutto } voinsudor. Tutta tutta

SEM.

Ma senza il mappamondo,

Mi perdo e mi confondo;

Or or deciderò.

Stacciate, (a Mengone)

Mondate, (a Grilletta)

Ed or ritornerò. (parte)

GRI.

Sempronio è andato via. (s'alza a s'accosta)

MENG.

Son qua, Grilletta mia.

a due

Concludere convien.

GRI.

Dammi la mano, o caro.

MENG.

Prendi la mano, o cara.

a due

Zitto, Sempronio vien. (tornano al lor lavoro)

SEM.

Ora sì con fondamento (con un mappamondo)

Potrò far lo spartimento

Della terra, e poi del mar. (fa le sue osservazioni)

MENG.

Lavorando,

Setacciando,

Io mi sento tormentar.

GRI.

Fra l'erbetta


Teneretta

Io mi sento innamorar.

SEM.

Per scioglier questo passo, Bisogno ho del compasso; Or or lo troverò. Stacciate, (a Mengone) Mondate, (a Grilletta) Ed or ritornerò. (parte)

MENG.

Presto, presto, Grillettina; Dammi, o cara, la manina.

GRI.

Sì, mio caro, eccola qua.

(Torna Sempronio, e li vede in atto che si danno la mano)

MENG.

Cara.

GRI.

Caro. (vedono Sempronio, e tornano al lavoro)

SEM.

Bravi, bravi! vi ho veduto: Giusto a tempo son venuto, Ho scoperto come va.

MENG.

Vo stacciando.

GRI.

Vo mondando.

SEM.

Disgraziati, via di qua.

MENG.

Ma... signore...

GRI.

Gnor tutore...

SEM.

Ho scoperto come va.

MENG. GRI.

} adue

Maledetto!

SEM.

Via di qua.

MENG. GRI.

} adue

Che dispetto!

SEM.

Via di là. Ho un tremore

MENG.

Nel mio core:

GRI.

} atre

Non so dir cosa sarà. Che tormento

SEM.

Che mi sento!

Oh che rabbia che mi fa! (partono)


ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Camera interna della Spezieria.

Sempronio, poi Lucindo e Volpino

SEM.

Canaglia maledetta!

Me la fanno sugli occhi. Io mi lusingo

Di sposar la pupilla e di pigliarmi

Codesto buon boccone,

E lei fa la graziosa con Mengone.

Ma ci rimedierò.

LUC.

La riverisco.

SEM.

Schiavo suo.

VOLP.

Padron mio.

SEM.

Bacio la mano.

Se han bisogno di nuIla,

Vadano in spezieria.

LUC.

Vorrei parlare con vussignoria.

SEM.

Parlino col garzone.

VOLP.

Ho bisogno di lei, signor padrone.

SEM.

Spicciamoci, di grazia;

Che voglion lor signori?

LUC.

Io deggio dirle

Che amor co' dardi suoi...

Amico caro, principiate voi. (a Volpino)

SEM.

Dica lei. (a Volpino)

VOLP.

Sappia dunque

Che due teneri amanti...

Ditelo voi; non posso andare avanti. (a Lucindo)

SEM.

E così? (a Lucindo)

LUC.

Francamente

Dirò che il cieco dio...

VOLP.

Dirò che il petto mio...

LUC.

Noi siam due disperati.

VOLP.

Noi siam due poverini innamorati.

SEM.

E venite da me? Cosa ho da farvi?

LUC.

Signor, vengo a pregarvi...

VOLP.

A domandarvi io sono...

LUC.

La figlia in sposa.

VOLP.

E la pupilla in dono.

SEM.

Ad ambi in una volta

Anch'io risponderò:

Signor no, signor no, signori no.

LUC.

Ma perché la negate?

VOLP.

Perché ci ributtate?


SEM.

Ho altro per la testa.

Dico di no, la mia ragione è questa. (vuol partire)

LUC.

Sentite.

SEM.

Non ho tempo.

LUC.

Un bell'avviso

È venuto di Spagna.

SEM.

E che racconta?

VOLP.

È dalla Francia gionta

Una vaga novella.

SEM.

Raccontatela presto. Oh, sarà bella.

LUC.

Dicono che una figlia

D'un padre, che con essa

Usava tirannia,

Col proprio amante se n'è andata via.

SEM.

In Spagna?

LUC.

Sì signore.

SEM.

Non mi piace:

È una brutta novella.

VOLP.

Sentite questa che sarà più bella.

Un certo tutore

In Francia vi fu,

Che certa pupilla

Voleva far giù;

E un certo amatore,

Che amore ferì,

Al caro tutore

Diceva così:

«Se voi la negate

Con tal crudeltà,

Saran bastonate,

Ma senza pietà». (parte)

SCENA SECONDA

Lucindo e Sempronio

SEM.

Eh capisco, capisco;

Ma con tutta la bella novelletta

Quel galantuom non averà Grilletta.

LUC.

Signore...

SEM.

Padron mio,

Non voglio altre novelle.

LUC.

Una cosa dirò pur troppo vera.

SEM.

Cioè?

LUC.

In una parola:

Io vi chiedo, signor, vostra figliuola.

SEM.

Ed io con pochi accenti

Dico che lei si può nettar i denti.

LUC.

Deh, perché mai si crudo?

Così austero perché? Voi mi vedrete


Amante disperato

Cadere a' vostri piè morto e svenato.

Con destra ardita e forte

Darmi saprò la morte.

Perfido iniquo fato!

Barbaro genitor!

La fé, gli affetti miei,

Perché tradire, oh dei!

Perché nel core ingrato

Nudrire un tal rigor? (parte)

SCENA TERZA

Sempronio, poi Albina e Grilletta

SEM.

Mi fan ridere, affé, certi sguaiati:

Fanno gli spasimati per le dame

Tra l'amor combattendo e tra la fame.

Albina è ancor ragazza,

V'è tempo a maritarla;

E Grilletta vezzosa,

A dispetto d'ognun sarà mia sposa.

ALB.

Eccolo; andiamo via. (piano a Grilletta)

GRI.

Di che temete?

ALB.

Griderà.

GRI.

Cosa importa?

SEM.

Oh riverite!

GRI.

Serva sua.

ALB.

Serva sua.

SEM.

Brave! compite!

Che si fa nel giardino?

GRI.

Siamo venute...

SEM.

A riveder Volpino? (a Grilletta)

Lucindo vi aspettava. (ad Albina)

Poverino! per voi si disperava.

ALB.

Serva sua...

SEM.

Non partite.

GRI.

La riverisco...

SEM.

Udite.

Se vi vedo parlar con quella gente,

Se vi trovo sul fatto,

Mi venga l'anticor se non vi batto.

Ragazzaccie, che senza cervello Favellate con questo, con quello, Se vi trovo, vi faccio pentir.

Oh che smorfie, che grazie, che brio! «Mio diletto, mio caro, ben mio!» Un bastone faravvi languir. (parte)


SCENA QUARTA

Albina e Grilletta

ALB.                     Udite?

GRI.                                 E che per questo?

Se verrà l'occasione,

Io lo stesso farò col mio Mengone.
ALB.                     Ma voi non siete figlia;

L'obbligo non avete, come ho io,

D'essere rispettosa al padre mio.
GRI.                      Va ben fino a un tal segno;

Ma ci vuol dell'ingegno...
ALB.                     Deh, non mi abbandonate;

In maniera parlate ch'io v'intenda.
GRI.                      «Ognun dal canto suo cura si prenda».

ALB.                     Mi avete pur promesso d'aiutarmi.

GRI.                      È vero, e se ascoltarmi

Vorrete, Albina mia,

Farem le cose nostre in compagnia.
ALB.                     Tutta in voi mi rimetto;

Solo da voi aspetto

La pace e il mio ristoro.

Se mi lasciate voi, Grilletta, io moro.

È un non so che l'amor Che dà tormento al cor, Eppure un cor non v'è Che da quel non so che Pace non speri ancor.

Da questa fonte viva Il bene e il mal deriva, E l'alma va penando, Sperando il suo ristor.(parte)

SCENA QUINTA Grilletta, poi Mengone

GRI.                      Non sa che sia l'amore;

Però con innocenza

Va facendo l'amor per eccellenza.
MENG.                  Eccola... Non vorrei...

Che il padron mi vedesse.
GRI.                                                               Ehi! che ne dite?

Siamo stati scoperti.
MENG.                                                    Io lo dicevo

E di peggio attendevo.

Però non è passata;


Mi aspetto dal padron qualche bravata.

GRI.

Ma concluder conviene: o dichiararsi

Senza tanta paura,

O lasciarci a drittura.

MENG.

Lasciarci? Non ho core...

Dichiararci? Ho timore.

Risolvere non so.

GRI.

Convien che mi diciate o sì o no.

MENG.

Dir di sì si fa presto,

Ma poi...

GRI.

Ma poi che cosa?

MENG.

Se voi siete mia sposa,

Cosa dirà il padrone?

GRI.

Andate via, babbione;

Siete troppo di spirito meschino.

Sarà meglio ch'io sposi il mio Volpino.

MENG.

Brava! il vostro Volpino! Ho inteso tutto:

Sì, sposatelo pur, buon pro vi faccia.

Cagna, trista, assassina, crudelaccia.

GRI.

Ma se voi...

MENG.

Ma se io son babbuino,

Sarà meglio per voi sposar Volpino.

GRI.

Dicevo...

MENG.

Sì, dicevi

Che io sono uno sciocco e non son degno

Una donna sposar di tanto ingegno.

GRI.

Ma però...

MENG.

Compatisco

La sua risoluzione:

Un povero garzone,

Un povero villano,

Non merita toccar sì bella mano.

GRI.

Ma sentite...

MENG.

Ho sentito:

Sono a tempo avvertito.

GRI.

Dunque...

MENG.

Dunque migliori il suo destino;

Vada, vada a sposare il suo Volpino.

GRI.

(Mi dispiace davvero). (da sé)

SCENA SESTA

Cecchina e detti.

CECC.

(Ecco Mengone;

Or che l'erbe ho vendute e il cestellino,

Divertirmi con lui vuò un pocolino). (da sé)

MENG.

(Ecco a tempo Cecchina; in fede mia,

A Grilletta vogl'io dar gelosia). (da sé)

CECC.

Eccomi qui tornata dalla piazza. (a Mengone)

MENG.

Buon dì, bella ragazza.


È un'ora che vi aspetto,

Che sospiro vedervi.

GRI.

(Oh maledetto!) (da sé)

CECC.

Mi ricordo che fatta

M'avete esibizione

Di darmi qui da voi la colazione.

GRI.

(Anche di più?) (da sé)

MENG.

Son uomo di parola,

E vi darò, volendolo aggradire,

Da colazion, da cena e da dormire.

GRI.

(Bricconaccio!) (da sé)

CECC.

Saprei

A tutte queste cose accomodarmi,

Quando voleste...

MENG.

Cosa far?

CECC.

Sposarmi.

MENG.

Vi sposerei, ma siete

D'un sesso malandrino.

GRI.

Mi tradirai così? (piano a Mengone)

MENG.

Va da Volpino. (piano a Grilletta)

CECC.

Ma io, per dirla schietta,

Mi vorrei maritar.

MENG.

Vel credo, in verità,

Ma io per ora non ne ho volontà.

CECC.

Addio dunque, Mengone;

Altra da voi non voglio colazione.

MENG.

Venite qui, ragazza:

Divertiamoci un poco.

CECC.

Eh! agli uomini non vuò servir di gioco.

MENG.

Così per passatempo.

GRI.

(Disgraziato!) (da sé)

CECC.

Mia madre m'ha insegnato,

E m'ha fitta la cosa nel pensiero,

Che non voglia scherzar, ma far davvero.

GRI.

Badate ben, fanciulla,

Che gli uomini talor sono insolenti:

A chi vi vuol toccar, mostrate i denti.

CECC.

Sì, sì, non dubitate.

Io soglio far così coi giovinotti:

Mi difendo coi pugni e i pizziccotti.

Questi uomini villani

Allungano le mani

E vogliono toccar.

Ed io principio a dar

Un pizzicotto qua,

Una graffiata là.

Li faccio dire: ahi.

Li fo gridare: oimè.

Io rido, e me la godo,

E non mi faccio star. (parte)


SCENA SETTIMA

Grilletta e Mengone

GRI.

(Ho inteso quanto basta). (da sé)

MENG.

(Mi son ben vendicato). (da sé)

GRI.

Mi consolo,

Signor Mengon garbato,

Che un'amante sua pari ha ritrovato.

MENG.

Che vorreste voi dir?

GRI.

Sì, sì, colei

Una sposa sarà buona per lei.

MENG.

(Basta, non le vuò dar più gelosia). (da sé)

Orsù, Grilletta mia...

GRI.

Vanne, bugiardo,

Scellerato, briccon, tristo, bastardo.

MENG.

Ma sentite...

GRI.

Ho sentito

Che ti sei con Cecchina divertito.

MENG.

Ma lei...

GRI.

Ma lei ti piace.

MENG.

Credetemi...

GRI.

Ho creduto

A quello che ho sentito e che ho veduto.

MENG.

Alfine...

GRI.

Alfine, ingrato,

Va, che più non ti voglio;

Va, che di te mi spoglio e d'ogni affetto,

E mi strappo il tuo cor fuori del petto.

No, crudele, nel mio seno

Il tuo cor non voglio più;

Già si stacca, e balza in su;

Già lo sento, eccolo qui;

Non lo voglio, il getto lì.

Ahi, mi resta un fier dolore:

Senza core - morirò.

Traditore,

Dammi il mio.

Dal tuo sen lo strapperò. (parte)

SCENA OTTAVA

Mengone solo.

Deh! son pur sfortunato!

Per una vil fraschetta

Ho da perder Grilletta?

Bisogna procurare d'aggiustarla,

Procurar di placarla. E come mai?


Ma se in nulla mancai... Oh donne, donne,

A forza di lusinghe e di strapazzi

Fate che i pover'uom diventin pazzi.

Son incerto, son confuso,

E non so cosa mi far.

Se la vado a supplicar,

Mi dirà: «Va via di qua».

Se sto saldo sulle mie,

Anche lei s'indurirà.

Zitto, zitto, l'ho trovata,

Così sì, si placherà;

Un regaletto

Farà l'effetto;

Quel bel visetto

Galantinetto

Mio cor nel petto - rimetterà.(parte)

SCENA NONA

Spezieria.

Grilletta, poi Sempronio

GRI.

Sì, sì, per far dispetto

A Mengon senza fede,

Voglio al primo sposarmi che mi chiede.

SEM.

Grilletta, ho da parlarvi.

GRI.

Eccomi qui.

SEM.

Voi sempre star così

Fanciulla non dovete;

Tempo è di prender stato.

Pensateci, Grilletta.

GRI.

Io ci ho pensato.

SEM.

Qual è il vostro pensier?

GRI.

Di collocarmi.

SEM.

Collocarvi in qual modo?

GRI.

Maritarmi.

SEM.

E ben, se voi volete,

Presto sposa sarete.

GRI.

Ov'è lo sposo?

SEM.

Lo sposo... Grillettina,

Voi siete modestina,

Siete di genio fino;

Non vorrete una frasca, un babbuino.

GRI.

Certamente che no.

SEM.

Se voi pensate

Alla vostra fortuna, al vostro bene,

Vedrete che conviene

Scegliere un uom posato.

GRI.

E ben, signore,


È questo il genio mio:

Questo sposo qual è?

SEM.

Cara, son io.

GRI.

Voi?

SEM.

Vi sembra forse

Che di voi non sia degno?

GRI.

(Sì, lo voglio sposar per quell'indegno). (da sé)

SEM.

Che dite?

GRI.

Sono pronta

A far quel che volete.

SEM.

Or sì vedo che siete

Una figlia prudente. Ah, non avete

Al mondo paragone.

GRI.

(Io di rabbia morir farò Mengone). (da sé)

SEM.

Ora verrà un notaro.

GRI.

A cosa fare?

SEM.

L'ho mandato a chiamare,

Perché voglio a drittura

Che fra di noi si faccia la scrittura.

GRI.

Ma con qual fondamento

Lo mandaste a chiamar?

SEM.

Sperai senz'altro

Che avreste il mio pensiere secondato,

E vedo che non m'ho niente ingannato.

GRI.

(Ah, poi mi pentirò). (da sé)

SEM.

(Non mi credevo

Sì presto guadagnarla). (da sé)

GRI.

(Basta, ci penserò prima di farla). (da sé)

SCENA DECIMA

Volpino in abito da Notaro, con baffi, e detti.

VOLP.

(Fortuna, se potessi

Ingannare costui, l'avrei pur caro). (da sé, in distanza)

SEM.

Che comanda, signor?

VOLP.

Sono il notaro.

SEM.

Padrone, favorisca.

Vorrei, se si contenta,

Formar fra me e Grilletta

Di matrimonio certa scritturetta.

VOLP.

(Colui mi disse il vero). (da sé) Eccomi pronto.

SEM.

Grilletta, ecco il notaro.

Presto, portate carta e calamaro. (Servo porta l'occorrenze)

GRI.

(Mi batte il core). (da sé)

VOLP.

Dica

Ciò che vuole ch'io scriva,

Ed io la servirò.

SEM.

Scriva, signor notaro, io detterò.


} adue } adue

} adue

} adue } adue

MENG.

SEM.

MENG.

SEM.

VOLP. MENG.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

MENG.

VOLP.

SEM.

GRI.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

VOLP.

MENG.

SEM.

VOLP.


SCENA UNDICESIMA

Mengone anch'egli da Notaro, con baffi, e detti.

(Ah razza maledetta!

Fui a tempo avvisato). (da sé)

Chi è lei? (vedendo Mengone)

Sono il notaro. Non ve n'è più bisogno, Lei è tardi arrivato.

(Il negozio va mal. Sono imbrogliato). (da sé) Ma se sono venuti a scomodarmi, Bisognerà pagarmi.

Cosa dice? (a Volpino) Dico ch'io sono il primo. Ed io non mi confondo: Scriverò come vuol, primo o secondo. Via, facciamo così: Avranno entrambi le mercedi sue; Scriveran tutti due Una copia per uno. Son contenti? Contentissimo son.

Ma non vorrei... Se si contenta lui, taccia ancor lei. (Qualche scena graziosa ora mi aspetto). (da sé) D'accordo tutti due scrivino, io detto.

Colla presente

Scrittura privata

Resta accordata

La bella Grilletta. Grilletta.

Grilletta. In matrimonio. In ma...

trimonio. Con il signore.

Signore.

Sempronio. Volpino.

Menghino. (ognun scrive il proprio nome) Sempronio. Scrivino bene.

onio. (scrivendo)

Lei promette di sposarlo.

arlo. (scrivendo)

E con tale promissione.

one. (scrivendo)



MENG.

SEM.

I suoi beni gli donò.

VOLP. MENG.

} adue

no. (scrivendo)

SEM.

Come no? Signori sì. La sua dote viene a me.

VOLP. MENG.

} adue

a me. (scrivendo)

SEM.

Ella stessa me l'ha detto.

VOLP. MENG.

} adue

Maledetto. (scrivendo)

SEM.

Siete sordi? Siete pazzi? Che maniera è questa qui?

VOLP. MENG.

} adue

(La non vuol finir così).

SEM.

Terminate.

MENG.

Aspettate. La ragazza cosa dice? Ella pur sentir conviene.

VOLP.

Il collega dice bene.

VOLP. MENG.

} adue

Senza questo non si può.

SEM.

Via, parlate. (a Grilletta)

GRI.

Parlerò. (Ma risolto ancor non ho). (da sé) Sarà il mio core Il mio tutore.

SEM.

Sino alla morte.

VOLP. MENG.

} adue

La morte. (scrivendo)

SEM.

Come?

GRI.

Giuro d'amarlo.

SEM.

Volergli bene.

VOLP.

Arlo.

Bene. } (scrivendo)

MENG.

VOLP.

} adue

Basta così.

MENG.

Si sottoscrivino.

SEM. GRI.

} adue

Eccomi qui.

SEM.

Voglio rileggere. (a Volpino, accostandosi)

VOLP.

Eh, non s'incomodi. (l'impedisce)

SEM.

Voglio riflettere. (a Mengone)

MENG.

Già va benissimo. (fa lo stesso)

SEM. GRI.

} adue

Prima di scrivere,

Vogliamo leggere,

Vogliam veder.

(Sempronio prende la carta a Mengone, Grilletta a Volpino)

SEM.

Colla presente...

GRI.

Scrittura privata...

SEM.

Resta accordata...

GRI.

La bella...

SEM.

Grilletta...


VOLP.

(Ora ci sono!) (da sé)

MENG.

(Or vien il buono!) (da sé)

GRI.

In matrimonio

SEM.

Con il signore...

GRI.

Volpino...

SEM.

Menghino...

GRI.

Come?

SEM.

Cos'è?

VOLP.

} adue

(Quello è un notaro

MENG.

Simile a me). (osservandosi tra di loro)

SEM.

} adue

Come tai nomi?

GRI.

Non la capisco.

VOLP.

} adue

Signor notaro,

MENG.

La riverisco. (burlandosi fra loro)

VOLP.

Quello è Menghino. (a Grilletta)

MENG.

Quello è Volpino. (a Sempronio)

SEM.

} adue

Ah, traditori!

GRI.

Ah, scellerati!

VOLP. MENG.

} adue

Viva gli sposi.

SEM. GRI.

} adue

Via, disgraziati.

VOLP.

} adue

Viva gli sposi,

MENG.

Viva l'amor.

SEM.

} adue

Via, maledetti,

GRI.

Ma di buon cor.(partono)


ATTO TERZO

SCENA PRIMA Cortile dello Speziale. Albina e Lucindo

LUC.                     L'invenzione è bizzarra;

L'ha trovata Volpino, e se ci riesce,

Di lui sarà Grilletta,

E voi sarete mia sposa diletta.
ALB.                     Oimè! non vedo l'ora

Che un tal nome di sposa a me convenga.

Se vuole il ciel che ottenga

Quel che bramo e desio,

Più lieto cor non vi sarà del mio.
LUC.                     Cara, che desiate?

ALB.                     Crudel, mel domandate?

Ancor non siete certo

Che voi solo sospiro, e che voi solo

Fate la gioia mia, fate il mio duolo?
LUC.                     È ver, ma di sentirlo

Piacemi replicar dai labbri vostri.

Amor, gli affetti nostri

Seconderà, mia cara;

Amor gioia e contenti a noi prepara.
ALB.                     Mai più sicura tanto

Fui di goder; parmi che tutto aspiri

A rendermi felice:

Che sarò consolata il cor mi dice.

Parlar più non voglio Di scogli e procelle: Le placide stelle M'invitano al mar.

Al mar de' contenti Che amore concede, In premio alla fede, Al lungo penar. (parte)

SCENA SECONDA
Lucindo, poi Sempronio
LUC.                     Tutto tentar conviene...


Ma Sempronio sen viene.

Si ponga meglio in uso

Di Volpino il consiglio.

SEM.

Oh disgraziati!

Chi pensar si potea?...

LUC.

Servo, signore.

SEM.

(Eccomi adesso un altro seccatore). (da sé)

LUC.

Perdoni...

SEM.

Non ho tempo.

LUC.

Dovrei...

SEM.

Mi lasci stare.

LUC.

Dovrei communicare

Con lei un certo avviso...

SEM.

Avviso di qual parte?

LUC.

Di Persia e di Turchia.

SEM.

Schiavo a vussignoria.

Sarà una nuova scaltra

Compagna di quell'altra.

LUC.

Favorisca.

D'esser un galantuomo io mi protesto;

Quel ch'io dico, sostengo, ed ecco il testo. (gli dà un foglio)

SEM.

Leggiamo. Il re delle Molucche

Ha mandato in Italia

A provveder di droghe,

Di cordiali e sciroppi un capitale,

E vuol al suo servizio uno speziale.

LUC.

Sentite?

SEM.

Ma se i Turchi

Non usan medicine!

LUC.

Leggete pure, e sentirete il fine.

SEM.

Vedendo che la peste

Fece strage l'altr'anno,

Vuol riparare il danno

Con introdurre dei medicamenti.

Per la peste ho un cordial che fa portenti.

LUC.

Sarebbe il vostro caso.

SEM.

Seguitiamo.

Ei manda due Bassà

Carichi di casnà, vuol dir quattrini,

Con ordine di seco

Trasportare in Turchia

Un buon speziale ed una spezieria.

Dove mai sbarcheranno?

LUC.

Sono a vista

Di queste spiaggie.

Hanno mandato in terra

Con un caichio questo foglio loro

E alquante borse d'oro,

E in questa terra chiedono licenza

Di principiar la loro diligenza.

SEM.

Vengano, son padroni; questa volta

Lascio la patria mia.

A fare lo spezial vado in Turchia.


LUC.                     Volete che per voi

Introduca il discorso?

SEM.                     Sì, vi prego.

Se si farà il negozio,

Se passerò in Turchia,

Vi prometto una buona senseria.

Son uomo generoso, E non mi faccio star. Oh, se potessi andar! Con un buon orto, Con un buon pozzo, Tesorerei, E mi divertirei Con tante novità. A voi mi raccomando Ancor per carità. (parte)

SCENA TERZA

Lucindo solo.

Lo stolido è caduto;

E pur rassembra astuto, ma toccando

Della sua debolezza il tasto frale,

Fa vedere che in testa ha poco sale.

Se la burla ha il suo effetto,

Sarà doppio il diletto: aver io spero

Albina, il mio bel foco,

Con il mezzo gentil d'un lieto gioco.

Amor sagace

Talor rapace

Le reti stende.

Talora attende

Li cuori al varco;

Ora coll'arco

Li stende al suolo,

Li prende a volo,

Cader li fa. In ogni guisa

Amore ha il vanto;

Or con le risa,

Ora col pianto

Vincendo va. (parte)

SCENA QUARTA Spezieria.


Cecchina e Mengone

CECC.

Che impertinenza è questa!

Portatemi rispetto. (a Mengone)

MENG.

Sia il punto maledetto

Che vi ho veduto.

CECC.

E cosa vi ho fatt'io?

MENG.

Per voi si è disgustato l'amor mio.

CECC.

Per me?

MENG.

Per cagion vostra

M'è nato con Grilletta un brutto intrico.

CECC.

Di voi, di lei, non me n'importa un fico.

MENG.

Voglio che andiate voi

A dir a lei, che a lei fedele io sono.

Voglio che le chiediate anche perdono.

CECC.

Perdono? poverino!

Questa cosa tra femmine non s'usa.

Prima vorrei morir che chieder scusa.

Benché sia contadina,

Con una cittadina

Non mi vorrei cambiar.

Non ho una ricca vesta,

Non ho la cuffia in testa,

Ma almeno non ho debiti,

Almeno ho da mangiar.(parte)

SCENA QUINTA

Mengone, poi Grilletta

MENG.

Oh questa, fin che vivo,

Mai più te la perdono.

GRI.

(Povero Mengoncin, pentita sono). (da sé)

MENG.

Ragazza... (Ecco Grilletta). (da sé)

GRI.

(Aggiustarla vorrei, ma con decoro).

MENG.

(Tornar in pace pagherei un tesoro).

GRI.

(Ei mi guarda sott'occhio).

MENG.

(Volevo regalarle questo nastro;

Ma più non lo vorrà).

GRI.

(Che cosa ha in mano?

Pare un nastro).

MENG.

Pazienza!

Maledetta fortuna! (getta il nastro per terra)

GRI.

Gettar la roba via

È segno di pazzia.

MENG.

Già, sono un pazzo,

Tutto il mondo lo sa.

GRI.

Povero nastro!

Almeno valerà quattro testoni.


MENG.

Vale, per dir il ver, due ducatoni.

GRI.

E lei lo butta via?

MENG.

Non so che farne.

Volevo regalarlo;

Se nol posso donar, vuò calpestarlo.

GRI.

Guardate lì; peccato!

È tutto polverato.

MENG.

Un po' di polve

Presto si manda via.

GRI.

Veder non posso

Mandar male la roba.

MENG.

Ed io non posso...

GRI.

Poverino! (s'abbassa per prenderlo)

MENG.

Si fermi. (s'abbassa anche lui)

GRI.

Lasci.

MENG.

Eh via.

(Tutti due vogliono levarlo di terra, con lazzi, toccando la mano; poi resta a

Grilletta)

GRI.

Prenda. (lo vuol dare a Mengone)

MENG.

Questa non è più roba mia.

GRI.

Lo vuò restituir.

MENG.

Non lo permetto.

GRI.

Che ne ho da far?

MENG.

Lo può portare in petto.

Deh, per pietà, mia cara,

Portatelo, vel dono.

Picciolo, è vero, il dono,

Ma non è scarso il cor.

GRI.

L'accetterei, ma temo;

Ah, non vorrei che poi...

Un ladro siete voi

Che mi ha rapito il cor.

MENG.

Dolce furto che mi piace!

GRI.

Vo cercando la mia pace.

a due

Mi consola il dio d'amor.

MENG.

Grillettina, piccinina,

Metti il nastro.

GRI.

Signor no.

MENG.

Dallo a me, che il metterò.

GRI.

Non lo voglio, signor no.

Vallo dare alla Cecchina.

MENG.

Dallo qui, lo strapperò.

GRI.

Signor no.

MENG.

Grillettina.

GRI.

La Cecchina.

MENG.

Maledetto! che dispetto!

Non lo posso toIlerar.

GRI.

La si scalda, padron mio,

Non si può nemmen parlar.

MENG.

Ma s'io sono...

GRI.

Già lo so.

MENG.

Via, perdono...


GRI.

Signor no.

MENG.

Metti il nastro.

GRI.

Il metterò.

MENG.

Farò io.

GRI.

Via di qua.

MENG.

Gnora sì. (le punta il nastro)

GRI.

Signor no.

MENG.

Bello, bello!

GRI.

Bricconcello!

a due

Oh che gioia, che diletto!

Nel mio petto balza il cor.

Viva, viva il dio d'amor. (partono)

SCENA SESTA

Sempronio, Albina, Lucindo e Volpino vestiti alla turca

SEM.

Or che tutto e concluso,

Possiam partir. Porterò meco unguenti,

Spiriti, elettuari,

Droghe, essenze, empirò mezza felucca

Con oglio perfettissimo di zucca.

VOLP.

Prima che ti partira,

Bisogna recordara,

Che aver figlia e pupilla a noi sposara.

SEM.

Sposara? star contenta.

LUC.

Se voler, porger mano. (accenna Albina)

SEM.

Sposalo, figlia, e diverrai signora.

ALB.

Per obbedir il padre,

Lo faccio volentier.

LUC.

Ti stara mia.

SEM.

Noi scriverem le nuove di Turchia.

VOLP.

Dove stara Grilletta?

SEM.

Stara in casa.

VOLP.

Mi volerla chiamara,

E in to presenza la voler...

SEM.

Sposara.

VOLP.

Brava, brava, Semprugna.

SEM.

(La sposi, non m'importa,

Ora vado in Turchia.

Mi farò ricco colla spezieria). (da sé)

VOLP.

Salamelicca,

Semprugna cara.

Costantinupola

Sempre cantara,

Sempre ballara

La, la, la, la. (parte)


SCENA SETTIMA Sempronio, Albina, Lucindo e finti Turchi, poi Grilletta e Mengone da turco.

SEM.

Che bel parlar grazioso;

Che gente spiritosa e d'allegria!

Che paese gentile è la Turchia!

GRI.

Ecco, signor tutore,

Poiché vi contentate ch'io mi sposi,

Questo Turco mi prendo.

SEM.

Sia in buon'ora;

Prendine quattro, se tu vuoi ancora.

MENG.

Ma mi voler sposara

Con tutta ceremunia;

Voler che ti, tutora,

Sposar pupilla.

LUC.

E la tua figlia ancora.

SEM.

Sì, volentieri tutte due sposara.

Tu questa; questa tu. Padre e tutore,

In presenza di tanti testimoni,

Vi congiungo nei vostri matrimoni.

MENG.

Viva, fin che crepara.

SEM.

Sì, obbligato.

LUC.

(Questa volta Sempronio ci è cascato). (da sé)

SCENA ULTIMA

Volpino e detti.

VOLP.

Grilletta non trovara... Oh, stara qua.

SEM.

Stara qua, stara qua, star maritata.

VOLP.

Con chi?

SEM.

Con quel bel Turco si è sposata.

VOLP.

Chi stara ti?

MENG.

Ti, chi star?

VOLP.

(Maledetto!

Mengon me l'ha ficcata). (da sé)

Pien di rabbia e di sdegno, io resto un cavolo,

E tai baffi e vestiti mando al diavolo. (levando li baffi si scopre)

MENG.                           Signor Sempronio,

Il matrimonio Si è fatto qua. Costantinupola Più non si va. (si scopre)

LUC.                               La vostra figlia

È già sposata. Al padre ingrata Mai non sarà.

ALB.     } adue  Secollavostramano


GRI. VOLP.

SEM.

MENG. GRI. LUC. ALB.

SEM. VOLP.

TUTTI


} }


a quattro

a due


Ci avete voi sposate, Saremo consolate, Più non si penerà. Ed io che tanto ho fatto

Per acquistar Grilletta!

Quel razza maledetta

In vece mia l'avrà? Bricconi quanti siete,

Ficcata me l'avete;

Levatevi dagli occhi...

Andate via di qua.

Contento il nostro core Per un sì dolce amore Mai più non penerà.

Contenti siete voi, E intanto ognun di noi Contarsela potrà. Amore c'ingegna; Sa l'arte e l'insegna. Ma s'uno è più scaltro, Soffrire quell'altro, Tacere dovrà.

Fine del dramma