Lo zio Tom

Stampa questo copione

Farsa

di Lucio De Felici

da COSA DITE?

Editrice Tusculum Frascati

PERSONAGGI:

Zio Tom

Bill, suo nipote

LO ZIO TOM

   

Scena:    una camera qualunque in casa dello zio Tom, o meglio, giardino. Ai nostri giorni.

All'aprirsi del sipario, zio Tom sta seduto in una poltrona, leggendo il giornale. Bill è di fianco a lui: sta studiando. Ogni tanto dà segni di impazienza mal re­pressa. Lo zio, allora, alza la testa con aria di rimprovero, per rimettersi subito a leggere.

Zio Tom          Hai finito di studiare la storia, Bill?

Bill        Non ancora, zio Tom.

Tom       Sono due ore precise che stai con la testa su quel libro. Si è ingiallita per sino la pagina!

Bill        Che cosa sono gli « antenati », zio?

Tom       Oh bella! Gli antenati! Ecco... io, per esempio, sono un antenato. Tuo nonno è un altro antenato.

Bill        Allora proprio non ho capito.

Tom       Cos'è che non capisci?

Bill        Non capisco perché la gente si gloria tanto degli antenati!

Tom       Ragazzaccio! Se tu fossi più grande, ti darei uno scapaccione!

Bill        Non ci riesco proprio a imparare la storia! Non mi va giù, ecco!

Tom       Fattela andare dove  ti pare, basta che l'impari! Hai un modo di studiare, tu! Spendo un sacco di soldi e non combini mai niente. Più spendo, più non combini niente (Crescendo) Niente! niente! niente!

Bill        L'anno prossimo, zio, ti farò risparmiare tanto denaro.

Tom       Volesse il cielo! E in che modo?

Bill        Ripeterò la classe; così, non avrai bisogno di com­perarmi dei libri nuovi.

Tom       Ragazzaccio, dico! Birbante! Alla tua età, io stu­diavo tutto il giorno. Non uscivo mai di casa, se pri­ma non avevo imparato le lezioni e fatto tutti i compiti.

Bill        Fino a quale classe hai fatto, zio?

Tom        (evasivo, forse perché neppure se lo ricorda)  Eh, non ne parliamo! Non ne vale la pena.

Bill         (insistente)  Dimmelo!  dimmelo!  La terza?

Tom       Più su, più su...

Bill        La quinta, allora?

Tom       Forse la quinta; ma, allora, forse si chiamava in una altra maniera. Non ricordo bene.

Bill        Perché non hai continuato?

Tom       Brutti tempi, ragazzo mio. Ho dovuto vendere la capanna. Si capisce, col tempo s'era un po' ammuffita; piena di formiche, di coleotteri, di lucertole... Non era più dignitosa, per me.

Bill        Era bella la tua capanna?

Tom       Mi venivano a trovare da tutte le parti del mondo!  Andiamo a vedere la capanna dello zio Tom!  si diceva. Poi:  Ma che paradiso! che paradiso!...  Allora avevo un sacco di soldi, sai. Ma, un brutto giorno, mi arrivò tra capo e collo il bandito Al Capone e rimasi senza uno spicciolo. Non rimaneva che tornare in pa­tria: vendetti la capanna, e, con il mio bravo sacchetto sulle spalle, me ne sono venuto qui. (Sospirando) Eh! Sono passati tanti anni, e non c'è neppure più un cane che si ricordi di me! neppure un cane, capisci, un cane!...

Bill        Sì, zio:  un cane! Capisco.

Tom        (deciso)  Oh, basta con i ricordi. Adesso, studia.

Bill        Sì, zio. (Lunga pausa) Zio!

Tom       Dimmi.

Bill        Come si chiama il padre del pollo?

Tom       Che c'entra adesso, il padre del pollo?

Bill        C'è sul libro.

Tom       Il padre del pollo è il gallo.

Bill        E la madre del pollo?

Tom       La gallina.

Bill        E il figlio del pollo?                                   

Tom       Oh, bella! il pulcino.

Bill         (piagnucolando)  Ma io... Non ci capisco niente. Quand'è che, allora, un pollo si chiama « pollo »?

Tom        (seccato)  Insomma, sei proprio un bel somaro, sai. Che diamine! Un pollo è pollo, quando è tanto pollo da lasciarsi mettere dentro la pentola. Capito?

Bill        Sì, zio. Grazie.

Tom       E non fare altre domande sciocche! Se no!...

Bill        Sì, zio (Dopo una lunga pausa) Come si fa zio, a sa­pere se una domanda è sciocca?

Tom       Una domanda è sciocca se manda in bestia chi la ri­ceve.

Bill         (con un grido di furbizia)  E se chi la riceve è già una bestia?

Tom       Piantala, Bill! mi farai perdere la pazienza! Ragaz­zaccio! Se tu fossi più grande ti darei...

Bill        Uno scapaccione, lo so.

Tom       Due. Due, te ne darei.

Bill        D'accordo: due.

Tom       Studia piuttosto! E non perdere altro tempo in chiac­chiere.

Bill        Ho già studiato tanto oggi. Non mi va, zio.

Tom       Ah, somigli proprio a tuo padre! Non hai mai voglia di far niente!

Bill        Studio otto ore al giorno! Mi pare che basti.

Tom        (scandalizzato)  Otto ore? otto ore?! Ma tu vaneggi. Ecco: facciamo subito il calcolo. Stammi bene a sentire. L'anno conta 365 giorni, vero?

Bill        Sì, zio.

Tom       Bene. Dormi una media di otto ore al giorno; ciò ammonta a 132 giorni all'anno. Dunque fa pure la diffe­renza.

Bill         (scrive)

Tom       365 meno 122. Quanto fa?                                 

Bill        243.

Tom       Inoltre ci sono due ore al giorno per il pranzo, cioè 32 giorni all'anno. Fai la differenza: 243 meno 32.     

Bill         211, zio.

Tom       Ma non è ancora tutto. Ci sono 52 domeniche e 160 giorni di vacanze all'anno. Fai la differenza. E vedrai che non ti resta neppure un'ora di studio. Altro che otto!

Bill         (continua a scrivere. Dopo un silenzio)  Zio!

Tom       Cosa c'è ancora? Non sei convinto?

Bill        Senti, zio. Voglio dirti una cosa.

Tom       Sentiamo. Quest'oggi non vuoi lasciarmi leggere il giornale, eh?, birba di un ragazzo!

Bill        Tutte le vacanze debbo passarle a studiare perché sono sempre bocciato. Facciamo un calcolo. Cinque mesi e mezzo, cioè 175 giorni. Quindi, 365 meno 175 fa 190 giorni. Io studio 190 giorni all'anno. Inoltre sei ore le passo a scuola, il che ammonta a 94 giorni di scuola; altre sei le passo studiando in casa. Novantaquattro più novantaquattro fa 188. Durante un anno zio riman­gono soltanto due ore per divertirmi. Infatti 190 meno 188 fa due. Vedi bene che non mi diverto affatto. Due ore soltanto in tutto l'anno, non ti pare?

Tom       Sei un furfante, ecco cosa sei! Se continui di questo passo non riuscirai neppure a farti una capanna come me la sono fatta io!

Bill        Ma non voglio nessuna capanna, io. Che me ne faccio?...

Tom       Ragazzaccio! Brigante!... Insolente!...

Bill         (piagnucolando)  Senti, zio. Poiché ho due ore soltan­to a mia disposizione, mi ci mandi al cinema?

Tom       E va bene, vai al cinema! Vai, vai!...

Bill         (gli salta al collo con gioia e gli da un bel bacione) Grazie, zio! Vedrai, domani studierò tutto il giorno... Tu sei davvero un angelo! Bello zietto!... bello! meravi­glioso!...

Tom        (è rimasto commosso da tante feste, non sa come ca­varsela)  Un angelo? non farmi ridere! Va, va al ci­nema!

Bill        Certo, un angelo. Anch'io sono un angelo, cosa cre­di? Adesso ancora no. Ma, dopo saremo tutti degli an­geli. Non è così, zio?

Tom       Certamente. Almeno per me, sarà così. Bisognerà che tu sia buono e obbediente, non come questa sera, perché possa diventare un angioletto.           

Bill        Te lo prometto, zio!                            

Tom       Va bene... ma io morirò prima... Gli angeli poi sono tutti uguali come farai a riconoscermi?...

Bill        Beh, è semplice! Mi guarderò intorno e, quando vedrò un angelo col naso più rosso di tutti gli altri, dirò:  Eccolo là lo zio Tom!

Tom        (sorridendo)  Sei un furfante!