Lo zoo di vetro

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From: "Roberto Lussignoli" <robertolus@tiscalinet

 

LO ZOO DI VETRO

di TENNESSEE WILLIAMS

Personaggi :

Amanda Wingfield         la madre

Tom                                 suo figlio

Laura                               sua figlia

Jim O’ Connors              un giovane

Caratteri :

Amanda Wingfield, la madre

Una piccola donna dotata di una grande ma caotica vita­lità, freneticamente aggrappata a un altro tempo e paese. La sua caratterizzazione dev'essere inventata con origi­nalità e delicatezza, non ricalcata su tipi e stampi di maniera. Non lei, ma è la sua vita che è un incubo. C'è molto da ammirare in Amanda, che suscita non solo riso, ma anche amore e compassione. Certo possiede una ferrea ca­pacità di resistenza ed è, a suo modo, eroica;

e se talvol­ta la sua puerilità la rende capace, senza che lei se ne ac­corga, di gesti o parole crudeli, la sua  persona non manca di tenerezza.

Laura Wingfield, sua figlia

Se Amanda non è riuscita a stabilire un contatto con la real­tà, ma continua a vivere appassionatamente delle sue il­lusioni, la situazione di Laura è più grave ancora.

Una malattia d'infanzia l'ha lasciata zoppa, con una gamba leggermente più corta dell'altra e chiusa in un apparec­chio ortopedico. E’un difetto che sulla scena non va enfatizzato, ma solo suggerito. Nata da ciò, la separazione di Laura cresce finché a diventare uno dei pezzi della sua collezio­ne di figurine di vetro: troppo squisitamente fragile per allontanarsi dal suo scaffale.

Tom Wingfield; suo figlio

E’ il narratore del dramma, un poeta impiegato in un ma­gazzino. La sua natura non è chiusa al rimorso, ma per sfuggire alla trappola deve agire spietatamente.

Jim O'Connor, il signore in visita

Un bravo giovanotto qualunque.

Scena:         un viale a St Louis. (Parte prima: preparativi per l'ar­rivo d'un giovanotto in visita. Parte seconda: arrivo del giovanotto in visita).

Tempo: ora e il passato.

Scena prima

L'appartamento dei Wingfield è situato sul retro di un caser­mone: uno di quei grandi agglomerati a forma di alveare che raccolgono molte cellule viventi, e fioriscono  nei centri urbani dove si concentra la piccola borghesia. L'appartamento dà su un vicolo laterale, e vi si entra da una scala antincendio inclusa nella scena: cioè ne sono visibili il pianerottolo e i gradini anteriori. L'interno della casa è misterioso e poetico. Al levarsi del sipario, davanti al pubblico s’innalza la cupa, te­tra muraglia posteriore del caseggiato dei Wingfield. Questo edificio, disposto parallelamente alle luci della ribalta, è fian­cheggiato ai due lati da vicoli bui e stretti che danno in canyons tenebrosi, ingombri di biancheria stesa ad asciugare, di porta­ immondizia e dei sinistri tralicci delle scale antincendio che si susseguono a perdita d'occhio. Gli ingressi e le uscite esterne della commedia  avvengono in questi vicoli laterali. Più in avanti, verso il proscenio, è il soggiorno, che è altresì (con congrua trasformazione del divano) la camera da letto di Tom. Più in fondo, al centro, la sala da pranzo. Su una scaffalatura, un po' fuori moda, si vedono branchi di animaletti trasparenti di vetro. Una fotografia-ingrandimento del padre è appesa in soggiorno. E’ il volto di un bellissimo gio­vanotto, con un berretto di fante della prima guerra mondiale ; sorride.

TOM     (Questa prima parte del discorso di Tom potrebbe essere registrata.)

Sì, ho le tasche a doppio fondo... ho gli assi nella manica... Ma sono il contrario d'un prestidigitatore che vi dà illusioni sotto l'apparenza della verità. Io vi do verità sotto il piacevole travestimento dell'illusione. Per cominciare, rimetto indietro il calendario. Lo riporto a quello strano periodo degli anni trenta quando l'immensa mas­sa della borghesia americana frequentava una immane scuola per ciechi. I loro occhi li avevano ingannati, o loro avevano ingannato i loro occhi, e le circostanze obbligavano le loro dita a premere disperatamente l'infuocato alfabeto Braille di una economia in dissoluzione. In Spagna c'era la rivoluzione. Qui c'erano solo urla e caos. In Spagna c'era Guernica. Qui c'erano agitazioni d' operai, certe volte abbastanza violente, in città altrimenti tranquille come Chicago, Cleveland, Saint Louis...

Questo è lo sfondo sociale del dramma. (Musica).  Il dramma è memoria.Essendo memoria la sua luce è fioca, è sentimentale, non è realistica.Nella memoria tutto sembra succedere in musica. Questo significa la musica. (entrano Amanda e Laura)  Io sono, nel dramma, un narratore e anche un personaggio. Gli altri personaggi sono (chiamate, fanno un leggero inchino e vanno a sedersi a tavola) mia madre Amanda, mia sorella Laura e un signore che viene in visita nelle scene finali.

Quest'ultimo è il personaggio più realistico della commedia, in quanto è un emissario del mondo della realtà dalla quale eravamo, in un certo modo, separati.

(a questo punto Tom esce e si porta in proscenio; qui recita)

C'è un quinto personaggio nel dramma, che è visibile soltanto nell'ingrandimento a grandezza più che naturale che sta sul camino: (indicandolo) nostro padre, che ci lasciò molto tempo fa.(occhio di bue sulla foto) Lavorava ai telefoni e s’innamorò delle interurbane; lasciò i centralini per seguire il filo delle luci fantastiche che l'attira­vano all'orizzonte. L'ultima volta che si fece vivo fu con una cartolina da Mazatlan, sulla costa messicana del Pacifico. Conteneva una comunica­zione di due parole: “Salve; addio!”, senza indirizzo.

Il resto del dramma, io credo, parlerà da sé ...

AMANDA     (chiama)  Tom?

TOM       Sì, mamma.

AMANDA    Non possiamo dire la preghiera se non vieni a tavola.

 TOM     Vengo, mamma.

(Tom si inchina leggermente verso il pubblico e va a sedersi a tavola, dove già si trovano Amanda e Laura; i tre iniziano a mangiare con il solo gesto, senza cibo o posate. Amanda sta di fronte al pubblico. Tom e Laura sono seduti di profilo. La luce dell'interno si è alzata gradatamente; ora è piena).

AMANDA     (al  figlio)  Tesoro, non spingere così con le dita.   Se non puoi fare a meno di spingere, serviti di un pezzetto di pane. E mastica,  mastica! Gli animali hanno lo stomaco a comparti­menti separati, il che consente loro di digerire il cibo senza masticarlo, ma gli esseri umani devono masticare quello che mangiano prima di buttarlo giù!    Mangia con calma, tesoro, e gustatelo quello che mangi; pensa che un piatto ben preparato contiene aromi, sapori svariati e delicati, e per assaporarli devi tenere in bocca il boccone per un minimo di tempo. Mastica allora, mastica: dai la possibilità alle tue ghiandole salivari di fare qualcosa, poverette!

TOM   (depone con forza l'immaginaria forchetta e si scosta con la sedia dal tavolo)  Non ho gustato un solo boccone di questo pranzo a causa delle tue interminabili dissertazioni su come mangiarlo!  Sei tu che mi fai ingollare tutti i miei pasti di cor­sa, per non vederti lì, come un falco, a spiare come tengo il cucchiaio, la forchetta, come secerne la mia saliva... è schifoso !  Mi rovinano l'appetito tutte queste discussioni  sulle se­crezioni animali, sulle glandole salivari, sulla masticazione!

AMANDA   (la prende allegramente)  Il temperamento d'un tenore del Metropolitan!

(Tom si alza e traversa verso il proscenio)  Nessuno ti ha dato il permesso dialzarti !

TOM    Vado a prendere una sigaretta.

AMANDA    Tu fumi troppo.

LAURA   (alzandosi)  Vado in cucina.

TOM   (rimane in piedi a fumare una sigaretta)

AMANDA   (alzandosi)  No; stavolta tu fai  la padrona e io faccio la negra.

LAURA    Ma sono già alzata.

AMANDA   Rimettiti a sedere, e pensa a restar fresca e riposata per i tuoi pretendenti

LAURA      Non aspetto nessun pretendente.

AMANDA   (si avvia verso la cucina. Gaiamente)  Verranno, verran­no;  ti faranno un'improvvisata.   Mi ricordo un pomerig­gio di domenica a Blue Montain... (ed è in cucina)

TOM    Ce lo ricordiamo anche noi!   Ci perseguita, quel pomerig­gio a Blue Montain!

LAURA    Lasciaglielo dire.

TOM       Un'altra volta?

LAURA     Le piace raccontarlo.

AMANDA     (ritornando con la torta) Una domenica pomeriggio, a Blue Montain, vostra madre ricevette la bellezza di diciassettepretendenti!   Non c'erano sedie sufficienti per farli sedere tutti! Dovemmo mandare un negro in parrocchia a prendere un po' di sedie.(si siede)

TOM     (sempre in piedi)  E come li intrattenevi tutti que­sti pretendenti?

AMANDA       Conoscevo l'arte del conversare.

TOM      Chi sa come avrai riempito loro la testa di chiacchiere.

AMANDA    In quei tempi le ragazze sapevanoconversare, te lo dico io.

TOM     Ah sì ?

AMANDA   Sapevamo come intrattenerli !  Non bastava avere un bel visino o una figura graziosa; bisognava avere anche uno spirito brillante e una lingua capace di parlare di tutti gli argomenti.

TOM     Di che cosa parlavate?

AMANDA     (si alza) Mai di cose indelicate o volgari.  (Parla a Tom come se questi fosse ancora seduto alla tavola e non in piedi presso la porta)   I giovanotti che mi rendevano visita erano gentiluomini, TUTTI.  Tra i miei pretendenti potevo vantare i più  ricchi piantatori del delta del Mississippi... piantatori e figli di piantatori. (un fascio di luce  investe Amanda, che solleva il viso. E’ luminoso; la sua voce acquista un tono ricco ed elegiaco)  C'era il giovane Champ Lo­ling, che poi diventò vicepresidente della banca Cotoni del Delta.  E c'era anche Hudley Stevenson, che poi morì annegato nel Lago della Luna e lasciò alla vedova centocinquantamila dollari in buoni del tesoro. E poi i due fratelli Cutrere, Westley e Bates.    Bates, tra i miei preferiti, era uno dei più galanti. Una volta litigò con quel selvaggio di Wainwright, e finirono in un duello alla pistola sulla spianata di fronte al Casino del Lago. Bates fu colpito allo stomaco e morì  nell'ambulanza...La vedova non ne uscì troppo male: le rimasero diecimila acri di cotone. Lui se l'era sposata in un momento di sconforto, non l'aveva mai amata.  La notte del duello portava con sé la mia fotografia....    Ah, a momenti dimenticavo l’idolo di tutte le ragazze del Delta, il giovane Fitzhugh, della contea di Green! Che bel ragazzo, e che spirito...

TOM    E quanto incassò la vedova?

AMANDA        Ma no, non si sposò affatto!... Mio Dio, parli come se i miei ammiratori di

                       una volta fossero già tutti sotto terra.

    

TOM    Fra tutti quelli che hai menzionato questo è il primo a essere rimasto vivo.

              (si siede, e sfoglia un giornale)

AMANDA    Il giovane Fitzhugh se ne andò al Nord e fece fortuna... lo chiamavano “il lupo di Wall Street !”   La sua era la mano di Mida, quello che toccava diventava oro!

E ti prego di cre­dere che se avessi voluto, a quest'ora mi potrei chiamare signora Fitzhugh!     Ma... scelsi vostro padre.

LAURA    (alzandosi)  Mamma, lascia che sparecchi.

AMANDA    No, cara;  tu vai a fare i tuoi esercizi di dattilografia, o di stenografia se preferisci... Mantieniti fresca e carina! Tra poco i corteggiatori cominceranno ad arrivare. (si avvia verso la cucina, camminando come una ragazzina) Quanti credi ne ver­ranno questo pomeriggio?

TOM    (lascia cadere il giornale e scatta in piedi borbottando)

LAURA     Non credo che verrà qualcuno, mamma...

AMANDA   (rientrando, con volubilità)  Che cosa hai detto? Nes­suno? Nemmeno uno? Oh, ma tu scherzi! (Laura ride con lei, nervosamente. Il motivo “ Lo zoo di vetro “ si stacca in sordina dietro le quinte. Amanda, con legge­rezza) Neppure un corteggiatore? Non è possibile. Forse vi sarà un inondazione o si sarà scatenato un ciclone...(in  cucina)

LAURA    Non c'è né diluvio, né ciclone, mamma... Non mi cercano tutti come te, a Blue Montaine... (Tom dà segni di impazienza. Laura guarda con un debole sorriso di compas­sione,  poi, con leggera emozione nella voce) Mamma, ho paura che diventerò una vecchia zitella. 

(le luci si attenuano e si spengono, insieme con la musica; Tom via)

SCENA SECONDA    (la scena è buia. Poco per volta la figura di Laura si illumina. Laura si avvicina ad un tavolino sopra cui sono posate le sue figurine di vetro. Indossa un vestito viola pallido ed ha i ca­pelli raccolti sulla nuca, raccolti da un nastro. Spolvera la sua collezione di animaletti. Amanda entra in casa. Al rumore dei passi, oppure di una chiave nella toppa,  Laura trattiene il fiato e poi corre alla macchina da scrivere. Qualcosa in Amanda è cambiato. Ci si accorge dall’ espres­sione del volto. Il suo sguardo è cupo, senza speranza, lieve­mente stranito. Amanda indossa un vestito di velluto da poco prezzo, ornato di un colletto di finta pelliccia ; è il suo abito migliore. Il suo cappello è un orribile cappello a campana, come quelli in voga nel 1928. Tiene in mano una enorme borsa di pelle lucida con le iniziali di nichelio. Entra, getta uno sguardo alla stanza e stringe le lab­bra con un gesto trepidante)

LAURA    (si alza)  Oh... sei tu...Stavo appunto..(e indica la mac­china da scrivere, con

                 imbarazzo)

AMANDA   (si addossa per un istante alla porta e scruta Laura con uno sguardo spento)  Ingannarmi...  perché ingannarmi? (con un gesto sfidu­ciato si toglie guanti e cappello e seguita a fissare Laura con oc­chi pieni di rassegnato dolore)

LAURA   (impacciata)  Come è andata la tua riunione? (Amanda cava dalla borsa un fazzolettino bianco e lo agita prima di por­tarlo delicatamente agli occhi)  Non sei stata alla riu­nione delle DAR, mamma?

AMANDA    (con un filo di voce)  No...  (quindi ripigliando vi­gore) Mi è mancata la forza di andare alla riunione. Non ho avuto il coraggio!   Avrei voluto sprofondare sotto terra, per sempre! (Si avvicina alla macchina da scrivere e strappa il foglio dal rullo. Poi lo scruta un istante con uno sguar­do pieno di malinconia,  si morde le labbra e infine lo fa a pezzi)

LAURA  (la guarda) Perché hai fatto questo, mamma? (Amanda lacera un se­condo foglio che stava posato sul tavolino)  Ma perché fai...

AMANDA   Perché? Perché?   Quanti anni hai, Laura?

LAURA    (andando verso il divano)  Lo sai, mamma.

AMANDA    Ti credevo una donna fatta, ma a quan­to pare mi sono ingannata. (muove a

                lenti passi verso il divano e vi si siede, tenendo sempre gli occhi fissi su Laura).

LAURA      Ti prego, mamma, non mi guardare in quella maniera.

AMANDA     (chiude gli occhi e abbassa il capo) Che cosa faremo?... Che ne sarà di noi?

                      Che cosa ci serberà il futuro?

LAURA       (lieve pausa)  Ti è successo qualcosa, mamma?

AMANDA      (sospira a lungo, poi cava nuovamente il fazzoletto dalla borsa)

LAURA         Mamma, è... successo qualcosa?

AMANDA       Mi passerà subito... sono cosi sbalordita.

LAURA     (si alza)  Perché non mi vuoi dire che cosa ti è successo?

AMANDA    Mi sono fermata alla scuola Rubican per parlare con i tuoi insegnanti e

                     scusarti per il raffreddore e...  per informarmi sull'andamento dei tuoi studi.

LAURA     (si appoggia alla sedia)  Oh...

AMANDA     Sono stata dall'insegnante di dattilografia e le ho detto che ero tua madre. Non ti conosceva. “ Wingfield,  ha ripe­tuto, non abbiamo mai avuto una studentessa con questo no­me! “  Le assicurai che non era possibile, che tu eri stata pre­sente alle sue lezioni fin dai primi giorni di gennaio. “ Forse, ha detto, lei parla di quella ragazzina tanto timida che lasciò il corso dopo pochi giorni...“   “No, le ho risposto; Laura è mia figlia e ha frequentato la scuola ogni giorno durante le ultime sei settimane!” Allora l'insegnante ha preso il registro delle presenze e mi ha fatto vedere il tuo nome, con tutte le assenze anno­tate.... Io, naturalmente, ho continuato a insistere: “No, ci deve es­sere uno sbaglio”. E quella mi dice tranquillamente: “No no, me la ricordo benis­simo! Le mani le tremavano tanto che incespicavano sui tasti.... il primo esame di velocità fu un fiasco..... Mi ricordo che la ra­gazza diede di stomaco e ci toccò accompagnarla fuori!  E da allora non si è fatta più vedere”. (pausa)  Oh, mio Dio!... Mi sono sentita così debole che stentavo a reggermi sulle gambe! (pausa)   Cinquanta dollari di tasse.... e tutti i nostri piani, le mie spe­ranze, le ambizioni che nutrivo per te... tutto a monte, in un minuto.. (Laura sospira profondamente;

si alza, si avvicina al grammofono e lo carica)   Che cosa stai facendo?

LAURA     Oh... (tralascia di girare la manovella e si mette a se­dere).

AMANDA     Dove te ne andavi, quando uscivi con la scusa della scuola?

LAURA      Camminavo.

AMANDA     Non è vero!

LAURA      Sì, camminavo.

AMANDA   D' inverno?...  Cercavi disperatamente di buscarti una polmonite con quel soprabito

                     leggero. (pausa) E dove andavi a passeg­giare, Laura?

LAURA     Un po' dappertutto, per lo più al parco.

AMANDA    Anche dopo che t'eri presa il raffreddore?

LAURA    (si aggrappa al divano)Era il minore dei mali, mam­ma... A scuola non ci potevo

                tornare. Avevo... avevo... vomitato... sul pavimento...

AMANDA    Mi vorresti dire che passeggiavi per il parco dalle sette e mezzo del mattino fino alle

                       cinque del pomeriggio, ogni gior­no, per darmi a intendere che eri a scuola?

LAURA   Non era poi cosi spiacevole.. quando mi volevo riscal­dare entravo in qualche posto.

AMANDA    Dove entravi ?

LAURA     Al museo d'arte, o nel padiglione delle uccelliere, al giar­dino zoologico. Andavo

                   sempre a trovare i pinguini. Di tanto in tanto saltavo il pranzo ed entravo in qualche

                   cinematografo... Ma in ultimo passavo il pomeriggio nella serra, dove coltivano i fiori

                   tropicali.

AMANDA    E tutto questo per ingannare me... Soltanto per ingan­nare me? (Laura la

                  guarda) Perché?

LAURA     Mamma, se vedessi che aria di sofferenza metti su tutte le volte che sei contrariata!

                   Mi ricordi il quadro della Madre di Gesu', al Museo!

AMANDA    Vergogna!

LAURA       Non riuscivo a sopportarlo...

AMANDA  (stringendo nervosamente la borsa)   E così... come si ridurrà la nostra vita?

Ci trastulleremo con gli animaletti di vetro?... O faremo suonare in eterno quei dischi che tuo padre ci ha lasciato a penoso ricordo di sé?... So benissimo qual’è il destino delle donne non sposate che non sono in grado di lavorare... Nel sud  ho visto tanti simili casi pietosi; zitelle che vengono a mala pena sop­portate dalla moglie del fratello. Sarebbe questo il futuro che ci stiamo preparando?   Oh, certo... ci sono anche ragazze che si sposano... (Laura si torce le mani nervosamente) Laura, possibile che non ti sia mai pia­ciuto qualcuno ?

LAURA       Sì, ce n'era uno che mi piaceva una volta...(si alza) Ho ritrovato la sua fotografia

                     poco tempo fa.

AMANDA     (con interesse)  Ti ha dato la sua fotografia?

LAURA       No... era stata pubblicata sull'annuario scolastico.

AMANDA     (delusa)  Ah, un ragazzo del liceo...

LAURA     Sì, si chiamava Jim... (trae da sotto il tavolino degli animaletti di vetro un  grosso

                   annuario; lo sfoglia)    Questo è lui nei  “ Pirati di Penzanco.”

AMANDA    (distrattamente)  In che cosa ?

LAURA    L'operetta che avevano recitato quelli dell'ultimo anno.(pausa ; ricorda)Aveva una magnifica voce... Ci vedevamo tutti i lunedì, merco­ledì e venerdì nell'aula delle conferenze... Lui prendeva sempre posto nella fila accanto alla mia. (discorsiva) Lo vedi? Questo è lui, con la coppa d'argento vinta al concorso di ora­toria. Lo vedi come sorride?...

AMANDA     (svagata)  Pare un buon ragazzo...

LAURA          Mi chiamava... Rosa mia.

AMANDA      E come mai ti chiamava così?

LAURA  Quando tornai al liceo dopo la rosolia, mi domandò che avevo avuto. Io dissi “rosolia” e lui capì  “Rosa mia”. (pausa) Da quel giorno mi chiamò sempre così. (pausa) Quando mi vedeva gridava: “Hello! Fermati, Rosa mia”.   Frequentava una ragazza che non mi andava a genio: Emily Moisenback...   Emily era la più elegante della classe ma, non so, non mi sembrava sincera...    Qui, nella colonna degli annunci personali, c’è scritto che sono fidanzati.     L'annuario è di sei anni fa...    a quest'ora saranno già sposati.

AMANDA     Già, le ragazze che non sono nate per fare carriera, fini­scono con lo sposare dei

                       bravi uomini... (si alza, rianimata) Ed è proprio quello che farai tu, mia cara!

LAURA   (sorride incredula, quasi impaurita ; poi prende in fretta una delle statuine di vetro) 

                 Ma, mamma...

    

     AMANDA     Sì?... (si avvia verso il grammofono)

LAURA    (timida, come scusandosi)   Ma io... sono zoppa!

AMANDA    (quasi isterica)Non dire sciocchezze!... (molto tesa; tono basso)Laura, ti ho raccomandato mil­le volte di non usare mai, mai, quella parola!  (tesa)    Storie, tu hai soltanto un leggero difetto, lo si nota appena! (discorsiva)  Quan­do si hanno piccoli difetti come il tuo si cerca di compen­sarli, si coltivano le buone maniere, le proprie grazie, la spi­gliatezza, la vivacità... lo charme, soprattutto charme!...   Segui il mio consiglio! (si rivolge alla fotografia appesa alla parete)  Di charme tuo padre ne aveva sin troppo!

      ( la scena si abbuia lentamente; le due donne escono)      SCENA TERZA

TOM   (potrebbe essere la voce registrata)  Dopo il fiasco della dattilografia, l'idea di scovare un pretendente per Laura si fece il motivo determinante delle macchinazioni di mia madre. Diventò un'ossessione. Lo spettro del pretendente aleggiò sul nostro quar­tierino. Difficile che una serata in famiglia passasse senza allu­sioni a questa speranza...   Era sospesa nello sguardo ansioso di mia madre, nei modi spau­riti di mia sorella: come una condanna sulla testa dei Wingfield. ( Tom esce e si porta in proscenio; recita) La mamma era donna d'azione non solo a parole. Lanciò le pri­me mosse nella direzione voluta fra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera.  Per ovattare il nido e rimpiumare il pulcino occorreva altro danaro.  Sferrò una vigorosa campagna telefonica alla ricerca di abbonati per uno di quei periodici per signora chiamato “Il tesoro delle massaie”.(esce, con calma)

AMANDA  (entra e va al telefono; un riflettore la illumina; il resto ri­mane in penombra)

      Ida Scott? Amanda Wingfield parla... Abbiamo sen­tito molto la sua mancanza lunedì alla riunione....mi sono detta: sarà a letto per la sinusite. Come sta la sua sinusite?... Oh, che pena!...   Dio mio, misericordia!   Ma lei è una martire, dav­vero, una santa martire.... Senta, vedo qui, per caso, che il suo abbonamento al “Tesoro” è quasi scaduto!....Sì, scade il pros­simo numero mia cara! Proprio adesso che il meraviglioso ro­manzo di Bessie Hopper si fa così emozionante... Anima mia, lei non può perderlo! Si ricorda “Via col vento”,che ebbe un così strepitoso successo ?!   Non si poteva uscire di casa senza averlo letto !   Non si parlava d'altro che di Scarlett O'Hara. Ebbene, questo romanzo viene paragonano dai critici come  il “Via col vento”del dopoguerra!...   Cosa?... Sta bruciando? Ma si immagini, cara, non lo lasci bruciare, corra subito al forno, io aspetto all'apparecchio......    Diamine, ha messo giù ! 

    (mentre la luce si affievolisce Amanda se ne va. Buio. Al ritorno, lento, della luce Laura, Tom e Amanda sono in scena. I capelli di Aman­da sono costretti in ricci da una selva di forcine. Ella indossa un vecchio accappatoio. Durante tutto il litigio Laura terrà i pugni stretti, e sul volto un'espressione di paura e di trepidazione. Du­rante tutta la scena la sua figura rimane illuminata da un chiaro fascio di luce)

TOM      (molto teso)  Si può sapere come Cristo...

AMANDA   (stridula)  Non usare questa espressione, sai!  Non alla mia presenza! Dove hai il

                     cervello?

TOM      Il cervello mi è andato in sabbia!

AMANDA   Che ti succede ?! Che ti piglia !

TOM      (in crescendo)  Guarda qui ! Non c'è una cosa, una cosa sola qua dentro che io possa dire                              

                ” E’ mia!”    Tutto quan­to è...

AMANDA    Smettila di urlare!

T0M      (urlando) Ieri mi hai sequestrato i libri!  (abbassa un po’ il tono) Hai avuto il fegato di...

AMANDA      Ho riportato alla biblioteca quella porcheria di libro... sissignore! (pausa)

                    Non permetterò che quelle sozzure entrino in casa mia! No, no, no, e poi no!

TOM     La casa.  La casa!  Chi paga l'affitto qui? Chi fa il facchino tutto il santo giorno per....

AMANDA    (stridula)  Non osare, sai!

TOM       No no... io non devo parlare... io devo solo...

AMANDA     Ti dirò io quello...

TOM       Non voglio sentire.

AMANDA     Tu invece mi sentirai, tu...

TOM     Non voglio più sentir niente! Me ne vado!

AMANDA    Torna subito qui, Tom Wingfield!   Non ho finito!

TOM     Oh,  ma va' all.....

    

     LAURA     (con disperazione)  Tom!

AMANDA     (urlando)Tu starai qui ad ascoltarmi, e senza fare l'insolente!   La mia pazienza ha

                        un limite!

TOM      (avvicinandosi)  Ma tu cosa credi? Che non abbia un limite anche la mia, di pazienza ?!?      

                Lo so, lo so. Per te non ha impor­tanza quello che faccio... quello che vorrei fare...

AMANDA    Sento che tu stai combinando cose di cui ti vergogni! Ecco perché fai così! Non credo che tu vada tutte le sere al cinematografo. La gente non va al cinematografo a mezzanotte, e non torna la mattina alle due ! (pausa) Vieni a casa che barcolli. Parli da solo come un pazzo! Dormi tre ore e via, al lavoro. Ah!   Me l'immagino...  il bel la­voro! Svogliato, intontito, che non ce la fa più!

TOM     (arrabbiato)  No, non ce la faccio più!

AMANDA   Che diritto hai di giocare con l'impiego? Di giocare con la sicurezza di tutti noi?

                     Come facciamo a tirare avanti se tu...

TOM         Oh, senti!   Credi che io vada in estasi per il magazzino? (si china bruscamente sulla madre) Che mi voglia sposare i calzaturifici riuniti? Che butti cin­quantacinque anni là, dentro in quella... cantina al linoleum! Con le lampadine al neon! (pausa) Meglio che qualcuno pigli una vanga e mi sfondi il cervello... (pausa)  Se io pensassi sul serio a me, mamma, sarei dov'è lui... (indica la foto del padre) dove arriva il più lontano piroscafo! (si avvia; Amanda lo afferra per un braccio) Lasciami stare, mamma!

   

     AMANDA    Dove vai?

TOM       Al cinematografo!

AMANDA   Non ci credo! E una bugia!

     TOM    (si piega verso la madre e ne sovrasta la figura. Amanda si ritrae, impaurita)

Vado in una fumeria d'oppio! Nel covo del vizio, della malavita!   Mamma, sto con la banda di Al Capone; faccio l'assassino a percentuale !      Conduco una doppia vita : semplice, onesto im­piegato di giorno, e di notte: zar dei bassifondi!      Ah, se ti rac­contassi certe cose non dormiresti più.    Prima o poi i miei nemici faranno saltare la casa con tutti noi dentro!  Buuum !  E io godrò, godrò come un matto, e tu salirai in cielo a cavallo di una scopa, brutta vecchia strega sdentata!... (gira goffamente sui tacchi e con mosse bru­sche ed impacciate  abbranca il soprabito, va alla porta e la apre violentemente. Le due donne lo guardano atter­rite. Mentre tenta di indossare il soprabito, il braccio gli rimane impigliato nella manica. Per un istante si dibatte, poi con un'im­precazione ed un gesto di stizza se ne libera e lo scaglia attraverso la ca­mera; esce. La musica dello” Zoo di vetro” si leva piano piano,  mentre le luci si spengono lentamente)

SCENA QUARTA   (L'interno della casa è buio. Come la scena inizia, si ode la campana di una

chiesa battere le cinque. Tom entra; dal suo procedere incerto ci si rende conto che ha bevuto.

Laura è in camicia da notte, distesa sul divano)

LAURA     Dove sei stato fino ad adesso?

TOM          Al cinematografo.

LAURA    Fino a quest’ora al cinematografo?

TOM        Non finiva mai. Prima Greta Garbo, poi Topolino, poi il documentario,

                 poi il notiziario, poi il prossimamente.

LAURA   (con innocenza)  E hai dovuto sorbirtelo tutto?

TOM     E come! Ah, dimenticavo. C'era anche il varietà.  Il nu­mero principale era quello del mago Malvolio. Faceva dei trucchi straordinari ! Versava acqua da una brocca all'altra. Prima diventava vino, poi  birra, poi whisky. Io so che l'ultimo era proprio whisky, perché ha voluto che uno della platea andasse ad aiutarlo... e ci sono andato io... a tutti e due gli spettacoli!  Ma quello meraviglioso era il trucco della cassa da morto. L'abbiamo inchiodato in una cassa da morto e lui è saltato fuori senza spostare un chiodo... (pausa) Questo è il trucco che ci vorrebbe per me... per cavarsi da questo... (si lascia cadere sul divano e si toglie le scarpe)

LAURA     Tom... sstt!!

TOM      Perché fai... sstt!!

LAURA      Svegli mamma.

TOM     Benissimo!  Sono in debito per tutti i suoi. “Svegliati! E mattino!” (si distende

               sul divano, mugolando)

(le luci si spengono, lentamente; poco dopo un proiettore illumina la sorridente fotografia del padre. Buio. La campana della chiesa batte sei colpi; al sesto, la sveglia trilla insistente e dopo pochi secondi si ode la  voce acuta di Amanda)

AMANDA    (fuori scena)  Sveglia! Sveglia!... Laura, sveglia tuo fra­tello, digli che si alzi!

         E’ pronto il caffè !   E vai a comprare il burro !

TOM     (levandosi a fatica sul divano)  Mi alzo... ma non mi sveglio.

     LAURA    (appare nella stanza)  Tom, è tardi, alzati. Non farle venire i nervi. (Tom la guarda con

                       occhi imbam­bolati)   Tom, parla alla mamma, stamattina. Fa' la pace, chiedile scusa...

                      parlale.

TOM      Lei non vuole. Ha cominciato lei a non parlare.

LAURA     Se tu le chiedi scusa ti parlerà.

TOM        E’ tanto tragico se non parla ?

LAURA      Per piacere... per piacere!

AMANDA    (chiamando dalla cucina)  Laura, vuoi fare quello che ti ho detto, o devo

                     vestirmi io?

LAURA   Ci vado, ci vado... prendo il paltò... (si caccia in testa un cappelluccio di feltro sformato e fissa Tom con occhi pieni di preghiera, poi indossa un vecchio sopra­bito con le maniche trop­po corte)  Burro e poi cosa?

AMANDA     (entrando)  Che te lo mettano in conto.

LAURA     Mamma, mi guardano male quando glielo dico.

AMANDA     (ironica)  Ti impressioni ?! (pausa) Di' a tuo fratello che il caffè si raffredda!

LAURA      (dalla soglia)  Fa' quello che t'ho detto, Tom... Lo fai, eh, lo fai?

AMANDA    Laura, o vai adesso o è inutile che tu ci vada!

LAURA   (uscendo di corsa)  Vado, vado!  (un attimo dopo si ode un grido.  Tom e Amanda si

                 precipitano verso la porta)

TOM     Laura !?

LAURA      Niente, niente... sono scivolata, ma non è niente. (e se ne va)

AMANDA   (seguendola ansiosamente con lo sguardo)  Se qualcuno si rompe una gamba su quegli scalini, giuro che il padrone di casa pagherà fino all'ultimo centesimo! (chiude la porta poi, ricordandosi che col figlio non deve parlare, si porta verso il proscenio voltando le spalle a Tom ; espressione dura sul viso.  Tom, mentre beve il caffè, le lancia occhiate miti, ma imbronciate. Amanda si schiarisce la gola. Tom la imita, poi fa per alzarsi, ma torna a sedere di colpo, si passa una mano tra i capelli e tossisce nuovamente. Amanda risponde con altri colpi di tosse. Tom solleva la tazza con tutte e due le mani e soffia sulla bevanda, mentre il suo sguardo, sfioran­do l'orlo della tazza, si fissa sulla madre per parecchi secondi, infine depone lentamente la tazza sul tavolino ed, esitante, si alza in piedi)

TOM    (rauco) Mamma, io, io... scusami, mamma. (Amanda è scossa da un sospiro. Il suo viso si

             scompone in modo grottesco. Scoppia a piangere)  Quello che ho detto... non volevo... tutto

             quello che ho detto... mi dispiace.

AMANDA     La mia abnegazione mi ha reso una strega odiata dai suoi figli!

TOM     No, non è vero..

AMANDA     Sono così giù... non dormo, mi torturo.

TOM     (con gentilezza)  Ti capisco.

AMANDA    Ho dovuto sostenere una solitaria battaglia per tutti questi anni...  Ma tu sei il

                      mio braccio! Non cadere, non cadere!

TOM       Io ci provo, mamma.

AMANDA    (con grande eccitazione)  Se ci provi ci riesci! (la sua consapevolezza le toglie quasi il respiro) I miei due bambini non sono come gli altri! Credi che non lo sappia? Sono così... orgogliosa! Felice!  E devo essere grata ma... promettimi una cosa, figliolo!

TOM      Cosa, mamma?

AMANDA     Promettimi che tu... non ti darai mai al bere.

TOM       (rivolgendosi con un sorriso)  Non mi darò mai al bere, mamma.

AMANDA   Questa preoccupazione  mi ha così sconvolta... Mangia una tazza di semolino.

TOM      Caffè solo, mamma.

AMANDA      Un tarallino al burro?

TOM       No, mamma; caffè e basta.

AMANDA  Ma non puoi lavorare tutto il giorno a stomaco vuoto! Hai dieci minuti di tempo...   non ti ingozzare! Mandar giù la roba bollente fa venire il cancro allo stomaco. Mettici un po' di panna...

TOM   No, grazie.

AMANDA    Così si raffredda.

TOM       No!   No, grazie; lo voglio scuro.

AMANDA   Lo so, ma non ti fa bene. Bisogna far di tutto per te­nerci su. Viviamo in tempi così calamitosi... non ci resta che aiutarci l'un l'altro. Per questo è così importante che...... Tom, io... ho mandato fuori tua sorella per discutere un po' con te. Se non venivi tu, sarei venuta io a parlarti.

TOM      (accondiscendente)  Per dirmi che cosa, mamma?

AMANDA     Laura

              ( in sordina il motivo “Lo zoo di vetro”)

TOM    Ah, Laura...

AMANDA   (toccandogli il braccio)  Tu sai com'è Laura. Quieta, quieta ma... l'acqua cheta va a fondo. Lei osserva le cose e si tormenta. L'altro giorno sono entrata e piangeva.

TOM    Come mai?

AMANDA    Per te.

TOM    Per me?

AMANDA    Ha la sensazione che tu qui non sia felice.

TOM   Da dove viene questa sensazione?

AMANDA     Tu... hai uno strano modo di fare.    Io non ti rimprovero, intendiamoci...So che le tue aspirazioni non finiscono al magazzino ma Tom, Tom, vivere non è facile. Ho tante cose dentro di me... non te l'ho detto mai, ma io... volevo benea tuo padre.

TOM   (affabile)  Lo so, mamma.

AMANDA    E  vedo che tu fai come lui! Rincasi tardi... e, dì la verità, avevi bevuto quella notte.  Eri così conciato!  (pausa)  Sei sempre così inquieto....Dove vai la notte?

TOM     Vado al cinematografo.

AMANDA    Che ci vai a fare tanto spesso al cinematografo?

TOM     Vado al cinematografo perché... mi piacciono le avventure. Di avventure ne ho poche al

               lavoro, così  vado al cinematografo.

AMANDA     Ma Tom, tu passi la vita al cinematografo!

TOM    Ci provo gusto alle avventure.

(Amanda appare sconcertata, poi offesa. Man mano che l’interrogatorio si svolge Tom ridiventa scortese e im­paziente. Amanda riprende il suo atteggiamento di vittima la­mentosa)

AMANDA    Sì, fa' lo spiritoso. Ma non è di questo che volevo di­scutere.

TOM     (alzandosi in piedi)  Non ho molto tempo.

AMANDA   (costringendolo a viva forza)  Siediti!

TOM    Vuoi che mi segnino rosso al magazzino?

 AMANDA   Hai cinque minuti. Voglio parlarti di Laura.

TOM      Avanti! Parlami di Laura!

 AMANDA   Bisogna che noi due prendiamo provvedimenti per lei. Ha due anni più di te, e ancora niente.  E’ lì che si lascia andare, e non alza un dito. La sua passività mi spaventa.

TOM     E’ il tipo di ragazza che la gente chiama  “casalinga “.

AMANDA  Mai esistito un tipo simile. A meno che non abbia una casa sua, con un marito.

TOM    Cosa !?

AMANDA    Oh, te lo leggo scritto negli occhi. Che orrore!  Ogni giorno che passa tu mi ricordi tuo padre!  Con­tinuamente a spasso senza una ragione! Poi... tanti saluti, ed è sparito! E io qui, con la baracca sulle spalle.   Ho visto la let­tera, sai, quella che ti è arrivata dalla Marina Mercantile. Lo so che vai almanaccando! Non sono mica scema del tutto! ... Benissimo al­lora. Fallo. Solo,... aspetta che qualcuno prenda il tuo posto.

TOM    Come sarebbe a dire?

AMANDA   Sarebbe a dire che non appena Laura avrà trovato uno che si prenda cura di lei, un marito, casa sua, indipendenza,... tu sarai libero di andartene dove ti pare; per terra, per mare, dove ti porta il vento! Ma fino allora devi badare a tua sorella. (pausa)  L'ho messa all'Istituto Commerciale: fallimento completo! La paura le faceva dar di stomaco. L'ho portata alla lega delle giovani: altro fiasco!  Non parlava con nessuno e nessuno le parlava.  Non fa altro che trastullarsi con quei cosini di vetro e suonare vecchi dischi. Dimmi un po’ se per una ragazza si chiama vivere!

TOM    E che ci posso fare io?

AMANDA    Domina il tuo egoismo !   Io, io, io; non pensi ad altro! (Tom si leva di scatto e afferra il soprabito)  Tom! Non ti ho ancora detto quel che volevo chie­derti.

TOM   Ho fatto tardi...

    

      AMANDA   (prendendolo per il braccio, prima con irritante insisten­za, poi timidamente)

                             Giù al magazzino, non c'è qualche... bel ragazzo...

 TOM     No.

 AMANDA     Ce ne sarà qualcuno.

 

 TOM     Mamma... (gesticola)

 AMANDA    Trova uno per bene, che non beva... invitalo da tua sorella!

 TOM    Che ?!?

 AMANDA     Da tua sorella! Per conoscerla. Per vederla!

 TOM      Oh, santa... (apre la porta)

 AMANDA    (implora)  Lo fai? Fallo! Fallo!... Lo farai, caro?

 TOM    (da lontano)  Sì!

(Amanda richiude la porta; esita, il suo sguardo è turbato da un'ansietà vaga e da una vaga speranza. Le luci si abbassano; la musica suona un ballabile; per tutto il monologo di Tom  Amanda guarda la foto del marito, illuminata da un occhio di bue).

TOM    (al pubblico, dal proscenio) Nel vicolo, di fronte a noi, c’era il dancing Paradiso.

Nelle sere diprimavera porte e finestre si aprivano, la musica si riversava per le strade.

Talvolta spe­gnevano tutte le luci, salvo un gran globo di vetro che pendeva dal soffitto. Ruotava lentamente su se stesso e il crepuscolo s’iridava dei suoi tenui colori. Allora l'orchestra suonava un valzer o un tango, qualcosa con un ritmo strascicato e sensuale. Usci­vano le coppie, e cercavano l'ombra discreta del vicolo. Le vedevi baciarsi dietro i barili dei rifiuti e i pali del telefono. Questo era lo sfogo di vite che, come la mia, trascorrevano senza scosse, né avventure. Avventura e scosse erano in agguato quell'anno, stavano dietro l'angolo ad aspettare. In Spagna c'era Guernica!  Tutto il mondo aspettava i bombardamenti!

  (Amanda distoglie lo sguardo dalla fotografia; l’occhio di bue si spegne; si avvicina a Tom  e si

  siede con una grazia contegnosa, come se si accomodasse su una poltrona a dondolo in  un'ampia

  terrazza di una villa del sud)

AMANDA      (sospirando)  Cosa guardi ?

TOM       La luna.

AMANDA     C'è luna stasera ?

TOM       Spunta dietro la salumeria di Garfinkel.

AMANDA    Ma sicuro! Una lunina, una pantofolina argentata!   Hai formulato un desiderio?

TOM      Humm!

AMANDA    Che cos'era?

TOM        Segreto.

AMANDA    Un segreto, eh ?    Bene, farò anch’io la misteriosa.

 TOM      Il tuo l'indovino subito.

AMANDA     Che? Ho la testa trasparente?

TOM      Non sei una sfinge.

AMANDA    No, è che io non ho segreti!  Te lo dirò io che cosa ho chiesto alla luna: successo e felicità ai due miei dilet­tissimi bimbi.   Ogni volta che c'è la luna chiedo questo, e quan­do non c'è chiedo la stessa cosa.

TOM    Credevo che tu chiedessi un fidanzato per tua figlia.

AMANDA   Perché dici questo ?

TOM     Non ti ricordi che m'hai detto di pescarne uno?

AMANDA      Mi ricordo di averti consigliato una cosa carina per tua sorella, e cioè di invitare a casa nostra qualche simpatico gio­vanotto del magazzino. Un suggerimento che ti ho dato più d'una volta.

TOM     Eh già,  me lo hai detto a ripetizione.

AMANDA      E allora?

TOM      Stiamo per averne uno.

AMANDA     Cosa ?!?

TOM       Un visitatore!

      (l'annuncio viene celebrato con musica)

AMANDA   (si alza)  Vuoi dirmi che tu hai invitato da noi qualche bravo giovanotto?

TOM    Già, l'ho invitato a cena.

AMANDA      Ma no.

TOM      Ma sì.

AMANDA     Sul serio? E lui ha accettato?

TOM      Altro che!

AMANDA     Dimmi, dimmi !!  Oh che bello, oh che bello !!

TOM        Sapevo che t'avrebbe fatto piacere.

 

AMANDA       Hai fissato?

TOM        Fissatissimo.

AMANDA     Presto?

TOM     Presto.

AMANDA   Per amor di Dio Tom, non  parlare col contagocce e dimmi qualcosa, su !

TOM    E che cosa vuoi che ti dica?

AMANDA    Ma,.. gradirei sapere quando verrà !

TOM         Domani.

AMANDA     Domani ?!?

TOM     Già, domani.

AMANDA     Ma, Tom!

TOM       Mamma?

AMANDA   Domani non si fa a tempo !...i preparativi!... perché non mi hai telefonato appena lui

                     ha detto di sì ?    Avrei fatto in tempo !

TOM      Perché ti agiti tanto?

AMANDA  Oh Tom, Tom, Tom !  Per forza mi agito!   A me piace fare le cose per bene, non alla

                    carlona !    Ora dovrò pensare a tutto in gran furia....

TOM      Non vedo tutta questa necessità di pensare.

AMANDA   Ma tu non te ne intendi!  Non si può ricevere un visi­tatore in un porcile! L'argenteria della dote va lucidata, il ser­vizio da tavola con le cifre messo in bucato, lavati i vetri delle finestre, cambiate le tendine. E dovremo pur vestirci in qualche modo!

TOM      Mamma, non c'è bisogno di tutta questa babilonia per un tipo simile!

AMANDA    Ma lo vuoi capire che è il primo giovanotto che presentiamo a tua sorella?

                          (si alza) Tom, vieni dentro!.

TOM    A far che?

AMANDA     Ho delle cose da chiederti.

TOM    Se la fai tanto complicata, disdico tutto e non ne parlia­mo più ! (si alza e si avvicina alla

              madre)

 AMANDA     No !! (pausa) Non c’è niente che offenda la gente quanto disdire gli inviti. Vorrà dire che sgobberò come una matta. Non faremo una gran soirée, ma ce la caveremo. (pausa) Siediti. Com'è il nome del giovanotto?

TOM       Si chiama  O'Connor.

AMANDA   Irlandese: allora.. pesce, naturalmente.  Domani è ve­nerdì, farò il pasticcio di

                    salmone con la maionese.   E che fa lui? Lavora in magazzino?

TOM      Naturale, se no come l'avrei...

AMANDA     Tom, non beve, no?

TOM      Perché me lo domandi?

AMANDA      Tuo padre beveva!

TOM       Non ricominciamo!

AMANDA       Sicché, beve?

TOM     Che io sappia, no.

AMANDA     Informati, accertati. Mai sopporterei per mia figlia un ubriacone. Mille volte

                       meglio zitellona che moglie d'un alcolizzato!

TOM       Oh, per Dio!

AMANDA      Taci, e siediti (pren­de una spazzola da capelli)

TOM      Che fai?

AMANDA    Voglio tirarti su questo ciuffaccio!   Che posizione ha il giovanotto al

                      magazzino?

TOM     (sottoponendosi di malavoglia alla spazzola e all' interroga­torio)

              E’ commesso alle spedizio­ni, mamma.

AMANDA   Ah, un lavoro di responsabilità, direi; quello che fa­resti tu, se tu avessi un po' più di

                     slancio. E il suo salario com'è, ne hai un'idea?

TOM     Mah, ottantacinque dollari al mese, su per giù.

AMANDA     Però, non principesco, ma...

TOM      Venti più di me.

AMANDA     Sì, come se non lo sapessi! Ma per uno che ha famiglia, ottantacinque dollari al

                       mese non sono poi più del necessario...

TOM     Già, ma O'Connor non è uno che ha famiglia.

AMANDA      Adesso, ma in futuro potrebbe averla.

TOM      Capito: piani e stratagemmi.

AMANDA      Non fare l'insolente con tua madre. Dimmi ancora di questo...come si chiama?

TOM     Giacomo D. O'Connor.  “D” uguale Delaney.

AMANDA     Irlandese puro sangue! Bontà divina!    E non beve?

TOM     Se vuoi lo chiamo al telefono, così glielo chiediamo e non ne parliamo più.

AMANDA    Queste faccende vanno trattate con segretezza e discrezione, per evitare che una

                      fan­ciulla commetta tragici errori!

TOM   Com’è che tu, invece, l'hai commesso, questo tragico er­rore?

AMANDA  E chi non avrebbe tratto in inganno gli occhi da sera­fino di tuo padre? Sorrideva...

       e il mondo era tutto un incanto. (pausa) Questo O'Connor, spero, non sarà mica un bell'uomo.

TOM     No, non troppo.  E’ tutto lentigginoso e il naso lascia a desi­derare.

AMANDA    Non sarà neanche un campione di bruttezza, spero.

TOM    Non un campione; così, medio.(pausa) Mamma, una piccola avvertenza. Lui non sa nulla di Laura. Non gli ho lasciato trapelare le nostre tenebrose intenzioni. Gli ho detto: perché non vieni a cena da noi? E basta. Lui ha detto di sì e lì è finito tutto.

AMANDA    Figurati! Hai l'eloquenza di un'ostrica! In ogni modo lui verrà qui e la conoscerà!

E quando vedrà com'è graziosa, dolce e cara ringrazierà il suo santo protettore di essere stato invitato a cena.

TOM       Mamma, non fare tanto assegnamento su Laura.

AMANDA       Che significa?

TOM    Laura è tutte quelle cose per te e per me perché è nostra e le vogliamo bene.

             Non ci accorgiamo neanche più che è zoppa.

AMANDA      Non dire zoppa! Tu sai che questa parola non la sop­porto!

TOM      Guarda in faccia alla realtà, mamma ! E’ così... e non è tutto.

AMANDA    Cos'è questo “e non è tutto”?

TOM      Laura è molto diversa dalle altre ragazze.

AMANDA    Una diversità che le torna a onore, direi!

TOM     Non del tutto. Agli occhi degli estranei è straordi­nariamente timida, e vive in un mondo

               suo; tutto questo la fa sembrare bizzarra .

AMANDA    Bizzarra ?!

TOM     Questa è la realtà. Lei è così.

(musica di tango. Tono cupo, come di malaugurio)

AMANDA   E in che consisterebbe questa bizzarria, se è lecito chie­dere?

TOM      Vive in un mondo di... fragili figurine di vetro, mamma... (si alza. Amanda rimane seduta  strin­gendo tra le mani la spazzola, e lo guarda turbata)  Suona al grammofono vecchi

dischi e... tutto qui. (si avvia verso la porta).

AMANDA   (tagliente)  Dove vai?

TOM     Al cinema. (esce)

AMANDA    Tutte le sere al cinema! Non ci credo che tu vada sempre al cinema!

(Lo segue sino alla porta. Tom è scomparso. Amanda scruta inquieta per un attimo. Poi  rien­tra nella stanza e con vivacità ed ottimismo) Laura! Laura!

LAURA    (risponde dalla cucina)  Sì, mamma.

AMANDA   Lascia un po' quei piatti e vieni fuori! (Laura appare con uno strofinaccio)

                     Laura, vieni qui; esprimi un desiderio al­la luna!

LAURA      (entrando)  Alla luna?

AMANDA  Guarda che piccina, una pantofolina d'argento di luna. Guardala, Laura ed esprimi un deside­rio. (Laura la guarda con stupore. Amanda la prende per le spalle e la costringe a storcere il collo)      Avanti! Su, tesoro, un desiderio !

LAURA     Che devo desiderare, mamma?

AMANDA    (con voce tremolante, mentre gli occhi le si riempiono improvvisamente di lacrime)    Felicità, buona fortuna!

(la musica di un  violino si leva tra le quinte; le luci si spengono lentamente)

Fine primo atto

Secondo atto

           SCENA SESTA

TOM    (questa prima parte potrebbe essere registrata)E così la sera dopo portai Jim a cena da noi. Lo conoscevo dai tempi del liceo. Jim era un eroe al liceo. Aveva la strarom­pente simpatia e vitalità degli irlandesi e insieme l'aspetto la­vato e lustro delle porcellane bianche. Viveva come se avesse continuamente un riflettore addosso. Campione di palla al ce­sto, capitano del circolo oratorio, presidente degli anziani e del coro, cantava da protagonista nelle operette di fine d'anno. Egli o correva, o saltava: camminare, mai. Sembrava sempre sul punto di capovolgere la legge di gravità. Bruciò talmente le tappe nella sua adolescenza che uno si sarebbe aspettato di ve­derlo a trent'anni poco meno che alla Casa Bianca. Ma, presa la licenza liceale, Jim subì evidenti intoppi. Il suo slancio era rallentato. A sei anni di distanza egli si trovò in un im­piego che, tutto sommato, non era molto meglio del mio. Era, al magazzino, l'unico amico che avessi. Gli ero simpa­tico perché potevo ricordare i suoi fasti passati, e avevo assi­stito ai suoi trionfi a pallacanestro e ai ludi oratori. Sapeva del­la mia abitudine di rifugiarmi in gabinetto a scrivere poesie quando il lavoro era scarso. Mi chiamava Shakes­peare.(entra, e si pone in proscenio) E, mentre gli altri commessi del magazzino mi guardavano in cagnesco, lui la prendeva un po' sul ridere. A poco a poco, questo modo di fare influì sugli altri; l'ostilità scomparve e cominciarono perfino a sorridermi, come si sorride a quei cagnoni buffi che ci attraversano la strada da lontano. Sapevo che Laura e Jim s'erano conosciuti al liceo, e una volta Laura lodò molto la sua voce. Che Jim si ricordasse di lei, non potevo dirlo. Laura al liceo era tanto scialba quanto Jim appa­riscente. Se lui se la ricordava, non era certo come mia sorella, perché quando lo invitai a cena ridacchiò, e disse: “Ma lo sai, Shakespeare, che non avrei mai pensato che tu avessi una fa­miglia?” Ma, fra poco, lo avrebbe scoperto.

Il fondo del palcoscenico s'illumina. E’ venerdì, le cinque di un pomeriggio di primavera avanzata. Una tenue luce giallo­gnola illumina l'alloggio dei Wingfield. Amanda ha sgobbato come un facchino e con risultati sorprendenti. La nuova lam­pada si slancia come un fiore lungo il piedistallo che sboccia in un paralume di seta rosa: una lanterna di carta a colori nascon­de la piastra del vecchio lampadario penzolante dal soffitto; nuo­ve tendine vaporose coprono le vetrate e fodere a fiorami ri­vestono le sedie e il divano su cui sono adagiati due cuscini ricamati. Laura sta ritta in mezzo alla stanza. Amanda, inginoc­chiata dinanzi a lei, è intenta a ritoccare l'orlo della sua veste nuova, modello e tinta tratti dalla sua memoria. I suoi gesti hanno un che di devoto e solenne, come un rito. La capigliatura di Laura ha cambiato foggia, è più  attraente. La ragazza si è fatta più carina, di una grazia non di questa terra, come  un oggetto di vetro trasparente che, sfiorato dalla luce, emana uno splendore fuggevole e irreale.

AMANDA     (impaziente)  Perché tremi così?

LAURA      Mamma, mi hai messo il nervoso addosso !

AMANDA      Come sarebbe... il nervoso?

LAURA      Con tutto questo da fare! Gli dai una tale importanza!

AMANDA    Io non ti capisco, Laura. Ogni volta che ti preparo una cosa simpatica, fai la musona.

             (si alza in piedi) Guardati un po' adesso... No, un momento!  Un momento solo! Ho un'idea.

LAURA         Che altro c'è? Mamma, che fai?

AMANDA     (tira fuori due piumini da cipria, li avvolge in due fazzoletti e li infila  nella

                       scollatura di Laura) Sai come li chiamano ? Dolce inganno.

LAURA         Ma io non me li metto!

    

     AMANDA     Tu li metti, e come!

    

     LAURA        Per che fare?

    

     AMANDA      Perché, triste ma ahimè vero, hai il seno troppo piatto.

    

     LAURA       Mi fai sentire come se stessimo mettendo una trappola.

AMANDA   Tutte le fanciulle graziose sono una trappola, una gra­ziosa trappoletta;  così le vogliono gli uomini. Oh, si guardi adesso, madamigella! Carina così non lo sarai mai più ! Adesso farò io un po' di toletta! E sbalordirai, al vedere tua madre! (si avvia canticchiando verso la sua stanza. Laura si avvicina lentamente allo specchio e vi si guarda attonita.Ridendo fuori scena)

 Ti faccio ve­dere io adesso. Farò una rentrée da andare in estasi.

LAURA    Come farai, mamma?

AMANDA    Trattieni il tuo ardore impaziente.   Vedrai che cosa ho resuscitato dalla vecchia cassapanca!  In fondo, la moda non è poi tanto cambiata... (pausa) E adesso...(entra) ammira tua madre! (Amanda indossa un abito di gala molto giovanile di faille ingiallito e stretto sui fianchi da una sciarpa di seta az­zurra. Tra le mani tiene un mazzo di giunchiglie... La favola del­la sua giovinezza quasi rivive. Con eccitazione feb­brile) Questo è il vestito col quale condussi il cotillon. Vinsi la gara di ballo due volte a Sunset Hill e lo indossai a primavera al ballo del Governatore, a Jackson! Vedi come volteggiavo per il gran salone, Laura? (solleva la gonna e compie un giro di danza intorno alla stanza) La domenica lo mettevo per i miei corteggiatori!  L'avevo il giorno che conobbi tuo padre... (ricorda) Tutta quella primavera ebbi la malaria. Ogni giorno ave­vo qualche lineetta di febbre; nulla di grave ma abbastanza per darmi insofferenza e un po' di vertigine. (eccitata) Fioccavano gli in­viti, feste per tutto il Delta!   “Sta' a letto” diceva la mamma ”Hai la febbre” ma io niente.  Prendevo il chinino e andavo, andavo!  La sera, balli!   Il pomeriggio lunghe, lunghissime pas­seggiate.   Merende nei campi: che gioia!   Che splendore la campa­gna di maggio! Come un merletto di caprifogli, tutto intessuto di giunchiglie! Fu in quella primavera che andai pazza per le giunchiglie! Le giunchiglie erano la mia ossessione. Diceva la mamma: “Tesoro, ma dove le metti, non c’è più posto per le giunchiglie”.  E io continuavo a portare altre giunchiglie. Do­vunque, a qualunque momento le vedessi, gridavo: “Ferma  ferma, ho visto le giunchiglie!”  E i giovanotti mi aiutavano a cogliere le giunchiglie! E inventarono quasi un proverbio: Amanda e le sue giunchiglie! Alla fine non ci furono più vasi per contenerle, tutto lo spazio possibile era pieno zeppo di giun­chiglie. Ah, non ci sono più vasi? Le terrò io, io le terrò. E poi.....  (si ferma di fronte alla fotografia) ... conobbi tuo padre. Ma­laria e giunchiglie e poi... questo... ragazzo... (accende la lam­pada col paralume rosa) Spero che arrivino prima che cominci a piovere. (si muove verso il fondo del palcoscenico e depone le giunchiglie in un vaso)    Ho dato a tuo fratello qualche spicciolo in più, così potrà accompagnare il signor O'Connor col taxi.

LAURA     (sgranando gli occhi)  Come si chiama ?

AMANDA    O'Connor.

LAURA     E il nome?

AMANDA      Non ricordo. Ah, si', che stupida. Era... Jim.

LAURA    (traballa lievemente e si afferra ad una sedia; debolmente)  Jim... no!

AMANDA    Sì, così, era proprio Jim!  Tutti i Jim che ho conosciuto io erano simpatici.

                       

             (musica piuttosto lugubre).

LAURA      Sei sicura che si chiami O'Connor?

AMANDA        Sì, perché?

LAURA        E’ quel compagno di liceo di Tom?

AMANDA      Non me l'ha detto. Credo che l'abbia conosciuto al magazzino.

LAURA     Al liceo c'era un Jim O'Connor che ho conosciuto anche io.(prosegue con sforzo)

           Se è lui quello che Tom ha invitato a cena ti prego di scusarmi, ma non verrò a tavola.

AMANDA     Che pasticcio vai dicendo ?

LAURA       Una volta m'hai chiesto se m'era mai piaciuto qualcuno. Non ti ricordi che t'ho fatto

                     vedere la fotografia?

AMANDA         Chi, quel ragazzo che mi hai fatto vedere nell'annuario?

LAURA        Sì.

AMANDA      Laura, Laura... eri innamorata di quel ragazzo?

LAURA       Non lo so, mamma. So solo che se è lui, io non posso venire a tavola.

AMANDA      Ma non sarà lui! Non è assolutamente probabile! Ma che sia lui o no, tu verrai a

                      tavola. Non ci sono scuse.

LAURA             Ci saranno, mamma.

AMANDA       Io non intendo assoggettarmi alle tue fisime, Laura. Tra te e tuo fratello, ne ho abbastanza. Quindi siediti e stai buona finché non arrivano. Tom ha dimenticato la chiave, perciò bisogna che vada tu ad aprire la porta.

LAURA      (impaurita e supplichevole)  Oh, mamma, vai tu ad aprire.

AMANDA     (volubile)  Avrò da fare in cucina io... molto da fare!

LAURA      Oh, mamma, ti prego, va' tu ad aprire, non mandare me!

AMANDA    (avviandosi verso la cucina)  Io devo preparare la maio­nese per il salmone. Tragedia, agitazioni, per chi? Per uno che viene a far visite. (Laura emette un lieve gemito,  spegne la lampada  poi si siede, rigida, sull'orlo del divano e si tor­menta le dita. Tom e Jim compaiono ai piedi della scaletta di sicurezza e salgono fino al ripiano. Udendo i loro passi (forse è meglio far suonare un campanello) Laura si leva in piedi di soprassalto e si ritrae, addossandosi contro la parete. Il campanello trilla;(o risuona) Laura trattiene il fiato e si palpa la gola. Si odono  tamburi in sordina)

AMANDA    (dalla cucina)   Laura, la porta!

LAURA     (guarda verso la porta fissamente e non si muove)

      

            (il campanello squilla una terza volta, lungamente)

AMANDA     (con estrema gaiezza)  Laura, è tuo fratello col signor O'Connor. Vuoi farli entrare,

                     tesoro?

LAURA      (con un filo di voce)  Mamma, vai tu ad aprire.

AMANDA     (esce dalla cucina e getta un’occhiata furibonda a Laura, addi­tandole la  porta

                       d' ingresso)

LAURA       Per piacere mamma, per piacere.

AMANDA    (a denti stretti)  Che ti piglia, sciocchina?

LAURA      (con disperazione)  Per piacere apri tu, per piacere.

AMANDA      Hai scelto proprio un bel momento per fare i capricci.

LAURA        (c.s.)Per piacere, per piacere, vai tu.

AMANDA      Alla porta devi andarci tu, perché io non posso.

LAURA       (angosciata)  Neanche io  posso.

AMANDA       Perché?

LAURA        Mi sento male!

AMANDA  Mi sento male io.. alle tue pazzie!   Perché tu e tuo fra­tello non potete fare le persone normali? Sempre ubbìe! (risuona a lungo il campanello)  E’ assurdo come ti comporti. Mi devi spiegare... perché hai paura di aprire una porta.  (ad alta voce, con  tono quasi lirico) Vengo! Un attimo solo...   Su, rispondi Laura.

LAURA  Oh, oh, oh... ( si precipita verso il grammofono, lo carica affannosamente e lo

            mette in moto)

AMANDA   Laura Wingfield, fila subito ad aprire la porta !

 

LAURA  Sì, sì mamma.

(il grammofono rantola fiocamente “Dardanella”, tanto quanto basta per allentare la tensione del momento e permettere a Laura di agire. Scivola rasente la parete sino alla porta e socchiude cautamente. Tom fa il suo ingresso seguito dal si­gnor O'Connor.)

TOM       Laura, Jim..... Jim, mia sorella Laura.

JIM     (entrando)  Non sapevo che Shakespeare avesse una sorella!

LAURA     (ritraendosi goffamente)  Come... come sta?

JIM       (tendendole la mano cordialmente)  Benone! (Laura la sfiora trepidante) Che mano fredda

                ha, Laura.

LAURA    Sì, perché stavo suonando il grammofono.

JIM      Avrà suonato roba classica allora. Metta su un piccolo hot swing e vedrà come si riscalda.

LAURA       Scusi... non ho finito ancora di suonare il grammofono. (si volta con una mossa impacciata, fa una corsetta e si sofferma a tirare il fiato vicino al grammofono. Poi si slancia e scompare in cucina, come una gazzella impaurita).

JIM              (sorridendo)  Che è successo?

TOM        Cosa... a Laura? Laura è... di una tale timidezza.

JIM             Timida, eh? Una ragazza timida oggi non si incontra mica spesso. Non mi avevi mai

                 detto di avere una sorella.

TOM       Be', adesso lo sai. Ne ho una. (accende una sigaretta e si avvia verso la porta che dà

                 sulla scala di sicurezza)

JIM        E adesso dove vai?

TOM      Vado un po' sul terrazzino.

JIM        (lo segue)  Senti, Shakespeare... voglio venderti un'ottima partita!

TOM     Che partita?

    

     JIM      Un corso che seguo per parlare in pubblico. Tu e io non siamo roba da magaz­zino!

TOM       Grazie, la notizia è ottima. Ma che c'entra questo col par­lare in pubblico?

JIM         Ti apre la strada a... posti direttivi.

TOM       Oh...

JIM        A me ha fatto bene.

TOM     In che senso ?

JIM     In tutti i sensi; ti sei mai chiesto che differenza c'è tra noi due e quelli che stanno in ufficio?  

            Cervello, no. Capacità, no. E che cosa allora?  Riuscire a stare con la gente a tu per tu, e

            vincere le difficoltà dell'am­biente.

AMANDA      (fuori scena)  Tom?

TOM       Sì, mamma.

AMANDA      Sei  col signor O'Connor?

TOM      Sì, mamma.

AMANDA        Ebbene, tienigli compagnia un momento di là.

TOM       Sì, mamma.

AMANDA     Chiedi al signor O'Connor se gradisce lavarsi le mani.

JIM        Oh no, grazie. L'ho già fatto al magazzino !   Tom...

TOM        Sì....

JIM         M'ha parlato di te il signor Mendoza.

TOM        Ne ha parlato bene?

JIM       Tu cosa ne dici?

TOM        Mah...

JIM         Finisce che resti senza lavoro se non ti svegli.

TOM       Mi sveglierò.

 JIM        Dagli indizi non mi pare.

TOM      Sono indizi interni... Ho deciso di cambiare. (si appoggia alla ringhiera e parla con

 vivacità, ma senza emozione) Sono sul punto di affidarmi a un futuro che non comprende né il

 magazzino, né il signor Mendoza, e neanche la scuola serale di eloquenza.

JIM         Che vai dicendo?

TOM       Sono stanco di questa vita. Mi muovo.

JIM         Ti muovi?

TOM       Sì.

JIM         Quando?

TOM       Presto.

JIM        Dove? Dove?

TOM    Dentro comincio a bollire. Lo so che sembro uno squili­brato, ma dentro... mi bolle tutto. Ogni volta che infilo una scarpa, mi viene un brivido a pensare come è breve la vita e che cosa faccio io. (cerca nelle tasche)   Non so che significhi, ma le scarpe.... sono le cose che stanno  al piede di chi se ne va... (trova una carta nelle tasche) Guarda...

JIM          Che è?

TOM       Mi sono iscritto.

JIM         (leggendo)  Unione Marittima Mercantile.

TOM      (ridacchiando) Ho pagato la quota coi soldi della bolletta della luce elet­trica.

JIM       Quando ti taglieranno i fili non sarai tanto allegro.

TOM      Non sarò qui.

JIM       E tua madre?

TOM     (girandosi verso la foto del padre)  Sono come mio padre. Figlio bastardo di un bastardo!  

              Guarda come se la ride....  Già sedici anni che non dà più notizie.

JIM       Tu parli tanto per parlare, pazzoide come sei.    Cosa ne pensa tua madre?

TOM        Stt! Ecco mia madre. Lei di questi progetti non ne sa niente.

AMANDA   (appare sbuffando)  Dove siete tutti quanti?

TOM       Sul terrazzino, mamma.

(Tom e Jim rientrano. Amanda muove loro incontro. Tom mostra chiaramente sorpresa e irritazione alla vista della madre così abbigliata. Persino Jim rimane  sbalordito. Jim è per la prima volta a contatto con la spensierata vivacità delle donne del Sud e, a onta del corso serale sull'arte di parlare in pubblico, viene come disarcionato da tale sfoggio di grazia mondana, sì che molti suoi tentativi di rispondere sono troncati dal riso e dall'inesauribile chiacchierio dell'ospite. Mentre Tom seguita a rimanere impacciato, Jim a poco a poco, vince ogni titubanza e tra sorrisi e risatine si affiata calorosamente)

AMANDA       Ma bravo, lei è il signor O'Connor. Le pre­sentazioni sono assolutamente inutili, ho

sentito tanto parlare di lei da mio figlio. Alla fine gli ho detto: Tom, che Iddio ti benedica, ma

perché questo modello di virtù non lo inviti a cena? Finirà che dovrò andare io a vederlo al

magazzino, se tu non la smetti di cantare le sue lodi!  Si accomodi e... credo che qui dentro

potremmo far circolare un po' d'aria.   Tom,.. apri la porta.   Poco fa ho sentito un filo di vento così

delizioso. Dove sarà andato a finire? Uhmmm,  già così caldo! E non è ancora estate piena.

Quando verrà l'estate, davvero andremo a fuoco! In ogni modo per sta­sera ho preparato una cenetta

leggera. I cibi leggeri vanno me­glio, in questa stagione. Proprio come i vestiti. Cibi leggeri e

vestiti leggeri sono quel che ci vuole col caldo. Io non ero preparata; tutto ad un tratto... bontà

divina! Già estate! Sono corsa a tirar fuori quest' abitino leggero... di tanti anni fa! Quasi storico!

Ma ci si sta così bene... così comodo e fresco...

TOM      Mamma...

AMANDA     Sì, tesoro?

TOM       E... la cena?

AMANDA     Carino, domandalo a tua sorella se è pronta la cena!  Sai che alla cena ci pensa lei.

Dille che due poveri bambini affamati stanno aspettando. Ha conosciuto Laura?

JIM         E’ lei che...

AMANDA      E’ venuta alla porta? Oh, bene, vi siete già presentati !  Raro che una fanciulla

graziosa e dolce come Laura sia brava in casa. Ma Laura è, grazie a Dio, non solo graziosa, ma

anche tanto di casa. Al contrario di me; io sono negata, proprio. Non sono mai stata capace di fare

altro che il pan di Spagna.  Sa, nel Sud avevamo una quantità di domestici. Finito, ormai. Ogni

parvenza di lusso, di vita tranquilla.... tutto scomparso. Non ero preparata a quel che ci attendeva.

I miei corteggiatori erano tutti figli di ricchi piantatori ed era mia intenzione sposarne uno e allevare

i figli in una vasta tenuta, con servi e tutto. Ma l'uomo propone... e la donna accetta la proposta...

Non sposai un piantatore, sposai un impiegato alla società dei telefoni. Quel signore laggiù, dal

sorriso galante! (indica la fotografia) ... un te­lefonista che... s’innamorò delle distanze! Ora gira per

il mondo e non so neanche dove è.   Ma a che serve raccontarle le mie tribolazioni? Mi racconti le

sue... spero che non ne abbia.    Tom?

TOM        (ritornando)  Sì, mamma.

AMANDA     E’  pronta la cena?

TOM        Quasi.

AMANDA     (si alza con una mossa aggra­ziata)   Oh, ma bene... Ma dov'è la sorellina?

TOM        Laura non si sente bene e dice che è meglio che non venga a tavola.

AMANDA       Cosa?... Che stupida!... Laura?... Laura!

LAURA        (entrando, debolmente)  Sì, mamma.

AMANDA    Tu devi venire assolutamente a tavola. Noi non ci se­diamo finché non sei atavola. Venga, signor O'Connor!   Que­sto è il suo posto, e ... Laura... Laura Wingfield, tesoro, stiamo aspettando te!  Non possiamo dire il ringraziamento se non vieni a tavola!

(Laura entra lentamente nel­la sala da pranzo. E’ pallida, le labbra le tremano, i suoi occhi hanno una fissità estatica mentre si avvicina con passo malfer­mo alla tavola. Fuori si addensa un temporale; le tendine  si gonfiano, il vento fruscia sordamente. Laura incespica e si aggrappa ad una sedia, con un gemito)

TOM    Laura!

AMANDA    Laura! (un tuono; Amanda con affanno)  Laura, ma tu svieni, tesoruccio! Tom, accompagnala in ca­mera... stenditi un po' Laura... riposa sul divano. Ecco! (rivolgendosi a Jim) a stare ai fornelli si è sentita male!  Glielo ho detto che stasera faceva molto caldo, ma lei... (Laura si è stesa sul divano)  Ti senti meglio adesso? Cos'è questo rumore? Pioggia?    Oh, un po’ di pioggerellina fresca...(lancia  un’ occhiata timorosa al visitatore) Direi... che possia­mo dire... la preghiera... adesso... (Tom la fissa, stupito)   Tom tesoro... dilla, caro.

     TOM     Ah... “Per tutte le grazie che ci rendi, o Signore... (i tre chinano il capo; Amanda getta  un'occhiata furtiva a Jim O'Connor. Laura, stesa sul divano, si preme la bocca come per fermare un singhiozzo)..... sia bene­detto il tuo santo nome...”

          (le luci si spengono lentamente)

SCENA SETTIMA

( La cena sta terminando. Al levarsi del sipario Amanda, Tom e Jim sono a tavola, mentre Laura se ne sta ancora raggomitolata sul divano con la testa appoggiata su un cuscino celeste, con gli occhi sgranati e misteriosa­mente guardinghi. La nuova lampada con il paralume di seta rosa le soffonde il viso di una luce morbida e ne pone in ri­lievo la fragile grazia irreale che di solito passa inosservata. La pioggia seguita a cadere con monotonia, ma senza violenza, e cessa del tutto poco dopo l'inizio della scena. Fuori, l'atmo­sfera sbiadisce e si colora della luna che fa capolino tra le nu­vole. Il sipario si è appena alzato che le luci iniziano a tremolare, poi si spengono)

J1M        Ehi, lei, signor lampadario!

   

    AMANDA   (ride nervosamente) Dov'era Mosé quando andò via la luce?  Sa rispondere, signor  

                    O'Connor?

    JIM        No, signora. E qual’ è la risposta?

AMANDA     Al buio. (Jim ride di cuore, apprezzando la bat­tuta)  Restate fermi. Accendo le

                       candele. Non c'è un fiammifero? Chi di voi mi procura un fiammifero?

JIM        Eccolo.

AMANDA      Grazie mille.

JIM      Di che, signora?

AMANDA      (andando verso la cucina con un candelabro) Temo si sia bruciata la valvola. Signor O'Connor, sa riconoscere una valvola bruciata? Io per niente e Tom è uno zero completo in fatto di meccanica. (rumore di sedie smosse; voce di Jim che si allontana verso la cucina e ne giunge lievemente smorzata)     Oh, stia attento, non inciampi. Guai se il nostro ospite si rompesse il collo. Sarebbe davvero un ricevimento ben riuscito...

JIM        (ride; questo dialogo si svolge in cucina)   Ah, ah!... La valvola dov'è?

AMANDA      Proprio lì, vicino al fornello. Ci vede?

JIM         Un momento.

AMANDA     Non è una cosa misteriosa l'elettricità? Chi fu, Benia­mino Franklin a legare una chiave a un aquilone?      Che universo misterioso il nostro, no?...Dicono certuni che la scienza risolve tutti i misteri per noi. La mia opinione è che ne crea molti di più... Ha trovato il guasto ?

JIM        No, signora. Queste valvole mi sembrano a posto.

AMANDA    Tom!

TOM       Dì, mamma.

AMANDA      La bolletta della luce che ti diedi parecchi giorni fa... Quella che era da pagare.

TOM      Ah... già...

AMANDA      (rientrando in sala)  Non avrai mica dimenticato di pagarla?

TOM      Sai, io...

AMANDA      No. Avrei dovuto immaginarlo.

JIM       Shakespeare ci avrà scritto una poesia sulla bolletta, si­gnora Wingfield.

AMANDA    Sono stata  sciocca a fidarmi di lui! Si paga cara la sbadataggine a questo mondo!

JIM      Chissà?... La poesia potrebbe vincere un premio di dieci dollari...

AMANDA     Passeremo il resto della serata nel secolo decimo nono, prima che Edison

                      inventasse le lampadine!

JIM       A me piace tanto la luce delle candele...

AMANDA  Questo mi dice che lei è romantico! Ma Tom non ha scuse. Meno male che abbiamo finito di mangiare. Tom, per punizione della tua sbadataggine mi aiuterai  a sparecchiare. (Tom esegue)

JIM       Se permette le do una mano.

AMANDA      Lei! Per carità!

     JIM       Almeno servo a qualche cosa!

     AMANDA    Serve a qualche cosa? (in tono declamatorio) Lei?   Per carità, signor O'Connor,

                         nessuno, nessuno in molti anni mi ha dato tanta gioia quanto lei!

     JIM       Oh, andiamo, signora Wingfield!

AMANDA     Non esagero mica, neanche un tantino. Ma la piccola resta sola. Resti lei a tenerle compagnia. Le lascio questo bel candelabro antico che una volta stava sull'altare del Beato Amore. S'è un po' sformato durante l'incendio che distrusse la chiesa. La colpì un fulmine, in primavera.  E se lei convincesse la piccola a bere un sorsino di vino? Le farebbe bene, penso io! Li può portare tutti e due insieme?    Avanti, Tommaso, infilati il grembiule!

(la porta della cucina si richiude alle spalle di Amanda, che ride gaiamente, e di Tom. Quando restano soli, Laura si mette a sedere sul divano. Da principio la sua voce è bassa, ansimante, come se il fatto di rimanere sola con uno sco­nosciuto le fosse quasi intollerabile. Nelle battute iniziali di questa sce­na, prima che la cordialità di Jim vinca la timidezza che la paralizza, Laura parla a fatica, affannata come dopo una corsa su per una ripida scala. L'atteggiamento di Jim è garbatamente scherzoso. Nella recitazione di questa scena è necessario tener presente che, se pure l'incidente appare di scarso rilievo, rap­presenta per Laura la crisi culminante della sua vita)

JIM       Ehi, Laura!

LAURA     (debolmente)  Ehi... (si schiarisce la gola)

JIM          (andando verso la credenza a prendere la bottiglia di liquore e versandone un  poco

                 per Laura; glielo porge) Come si sente ora, meglio?

LAURA      Sì, sì, grazie.

JIM       Questo è per lei. Un goccetto di aromatico.

LAURA     Grazie...

JIM        Beva... ma non si ubriachi. (ride. Laura pren­de il bicchiere con mano esitante e ride

               impacciata) Posso mettere il candeliere sul pavimento. Ha niente in contrario?

LAURA     No.

JIM    Sotto ci stendiamo un giornale per le sgocciolature.A me piace sedere per terra. Le do noia?

LAURA      Oh, no.

JIM       Mi dà un cuscino?

LAURA       Che?

JIM        Un cuscino.

LAURA       Oh... (glielo porge frettolosamente)

JIM        E lei? Non le piace sedere per terra?

LAURA      Oh... sì...

JIM      E perché non si siede?

LAURA     Adesso.

JIM     Prenda un cuscino. (Laura obbedisce e siede. Il candeliere sta tra i due, più vicino a Jim,

   che incrocia le gambe e le sor­ride amabilmente) La vedo piccola piccola seduta laggiù, in fondo.

LAURA       Io... la vedo...

JIM      Sì,  ma non vale. Io ho la luce in faccia. (Laura avvicina il cuscino al candeliere)

              Oh, finalmente la vedo. Sta comoda?

LAURA     Sì.

JIM         Io pure. Comodo come un gatto. Gomma?

LAURA      No, grazie.

JIM         Col suo permesso, una me la concederò. (e se la mette in bocca) Dice suo fratello che lei

                 è timida.  E’ così, Laura?

LAURA        Io... non so.

JIM        A mio giudizio lei è una ragazza all'antica, un tipo che apprezzo molto. Non sono troppo

               indiscreto, spe­ro, no?

LAURA    (in fretta, e non più  impacciata)  Prenderei un pez­zetto di gomma, se... a lei non dà

                  fastidio... (Jim gliela dà; dopo poco Laura si schiarisce la gola) Signor O'Connor... lei

                  canta sempre?

JIM         Canto, io?  (stupito)  Quando m'ha sentito cantare?  Mi dica...

LAURA Oh...molte volte. Mi ricordo la sua voce...com’era bella...Non credo che lei si ricordi di me...

JIM     (con un sorriso dubbioso) Le dirò, ho avuto l'impressione di conoscerla quando lei è

           venuta ad aprire. M'è ve­nuto un nome alle labbra e stavo per chiamarla, ma poi mi sono

           accorto che non era affatto un nome, e mi son fermato.

LAURA    Era forse.....   Rosa mia?

JIM          (scatta in piedi, eccitato)  Rosa mia!... Ma perbacco, sì... Rosa mia! Che scherzi buffi fa la memoria! Chi avrebbe mai pensato al liceo! E invece era proprio il liceo...  Lei è la sorella di Shakespeare e io non lo sapevo.  Perbacco! Sono desolato.

LAURA      Ma è naturale!... Mi conosceva appena.

JIM      Ma... abbiamo chiacchierato ?

LAURA    Sì... ci siamo parlati.

JIM      Quando m'ha riconosciuto?

LAURA     Oh, immediatamente

JIM      Appena entrato?

LAURA       Appena ho sentito il suo nome ho pensato che fosse lei.  E quando è entrato...ne ho

                     avuta la certezza.

JIM         Perché non ha detto niente ?

LAURA         (affannata)  Non sapevo cosa dire... ero così confusa...

JIM        Guarda un po'...  Ma sa che questa è bella?

LAURA       Già... certo... però...

JIM        Ma non andavamo anche a lezione insieme?

LAURA      Sì, anche...

JIM      Che lezione era?...

LAURA      Era canto... il coro... stavamo nella stessa fila, ma io nell'altro banco....Lunedì,

                    mercoledì e venerdì.....

JIM        Sì, mi ricordo...  lei arrivava sempre tardi...

LAURA     Facevo così fatica per le scale.. . Avevo l'apparecchio alla gamba...  faceva un tale

                   fracasso...

JIM       Mai sentito.

LAURA      (rabbrividendo al ricordo)  A me sembrava come... un tuono!

JIM      Guarda un po', non me ne ero neanche accorto.

LAURA    Quando arrivavo erano già tutti seduti. Dovevo pas­sare davanti a tutta la classe.

             Io ero all'ultimo banco. Mi toc­cava trascinarmi fino in fondo sotto gli occhi di tutti.

JIM        Non doveva badarci tanto.

LAURA     Non ci potevo far niente. Che sollievo quando comin­ciava il canto! (sollievo)

JIM       La chiamavo Rosa mia.  Non le dava noia, spero!

LAURA    Oh, no... era bello.   Io, vede, non conoscevo molta gente....

JIM        Me la ricordo, sempre un po'... solitaria.

LAURA     Io... per le amicizie non ho mai avuto fortuna.

JIM        Non capisco perché.

LAURA      Non so... è cominciata male...

JIM         Forse per quel.... (e accenna, con un movimento del viso, alla gamba)

LAURA       Sì; era come una barriera fra me e gli altri.  Mi tagliava la strada.

JIM       Vede, la timidezza è una cosa che a poco a poco va via... ba­sta volere..

LAURA     (con rammarico)  Sì,... forse...

JIM        La gente, quando la si conosce, non è così tremenda. Se lo ri­cordi, questo!

Tutti quanti hanno i loro guai, chi non ne ha?  Io stesso, quando ero al liceo pensavo che in sei anni avrei fatto molta più strada... Si ricorda che cose splendide scrissero di me sulla ”Fiaccola?”

LAURA      Sì. (si alza in piedi e si avvicina al tavolinetto)

JIM      Dicevano che qualunque cosa facessi sarei andato molto avanti! (Laura ritorna con l'annuario scolastico)  Gesù bene­detto! La “Fiaccola !” (con un certo rispetto prende  il volume che Laura gli porge; Laura siede accanto a Jim. La sua timidezza è vinta dalla cor­dialità di Jim e insieme sfogliano il volume)

LAURA     Questo è lei nei “Pirati di Pensance.”

JIM       (pensieroso)  Cantai da tenore, in quell'operetta

LAURA     (con passione)  Così... splendidamente!

JIM        (schermendosi)  Oh!

LAURA       Sì,... splendidamente.

JIM       Venne a sentirmi?

LAURA       Tutte e tre le volte.

JIM        No!

LAURA      Sì!

JIM      Tutte e tre le sere?

LAURA     (abbassando lo sguardo)  Sì...

JIM       Come mai?

LAURA      Volevo chiederle... l'autografo sul programma.

JIM      Perché non me lo chiese?

LAURA    Lei aveva attorno una tale folla di amici che non ci riu­scii.

JIM      Bastava che lei...

LAURA    Be', poi magari avrebbe pensato.... che io...

JIM     Io magari avrei pensato... che cosa?

LAURA      Oh...

JIM         (assorto e compiaciuto)  Ero assediato dalle donne a quei tempi.

LAURA       La ammiravano tutti.

JIM         Compresa lei.

LAURA     Io... sì, ... anch'io, sì..(chiude con delicatezza il vo­lume e lo tiene in grembo)

JIM       Ma vedi un po'... Mi dia quel programma, Laura... (Laura gli porge il volume e Jim firma

               il programma, con ostentazione)  Ecco qui... me­glio tardi che mai!

LAURA      Oh, io... che sorpresa!

JIM     La mia firma non vale un gran che, oggi. Ma un giorno, chi lo sa... Ho ventitré anni...

            Lei quanti?

LAURA     Ne compio ventiquattro a giugno.

JIM          Mica vecchia!

LAURA     No, ma....

JIM            Ha terminato il liceo?

LAURA     (esitante)  Non ci sono andata più.

JIM            Come mai? L'ha abbandonato?

LAURA      Mi bocciarono agli esami. (si alza e ripone il vo­lume. Con tono lievemente  forzato)

                    Come sta Emily Meisback?

JIM         Chi? Quella polentona?

LAURA      Perché la chiama così?

JIM     Come la dovrei chiamare?

LAURA       Non siete più insieme?

JIM      Dopo il liceo non l’ho più vista.

LAURA     Oh...

(Jim accende una sigaretta e s'appoggia con indolenza sui gomiti, sorridendo a Laura con tenerezza. Laura ne è tutta avviluppata. Per celare la sua agitazione, indugia presso il tavolino e rigira tra le dita delle figurine di vetro)

JIM      (dopo qualche boccata) E dopo il liceo cosa ha fatto? (Laura non dà segno di

              aver udito la domanda)  Laura...?

LAURA     ( solleva il capo)   Sì ?

JIM         Dicevo : che ha fatto dopo il liceo?

LAURA     Niente d'importante.

JIM        E adesso?

LAURA     Niente... di speciale.   Per carità, non pensi che io non ab­bia mai niente da fare!

           Le mie statuine di vetro mi prendono molto tempo. Il vetro ha bisogno di attenzioni.

JIM     Come ha detto? Vetro?

LAURA     Le statuine... ho detto... è una collezione che ho... (si schiarisce la gola e volge

                   le spalle a Jim, impacciata)

JIM      (bruscamente)  Vuol sapere che malattia ha lei? Com­plesso d'inferiorità. Sa cos'è? Quando uno si sottovaluta. Que­sto è il suo problema. Lei manca di fiducia in sé, non ha fede in se stessa. Per esempio, la gamba che secondo lei al liceo dava fastidio a tutti. Lei tremava alla sola idea di entrare in classe.    Il suo è un difetto da nulla! Non si nota neanche!  E’ lei che lo ingigantisce con l'immaginazione!  Vuol sapere cosa le consiglio, ma sul serio?  Pensi di essere superiore agli altri!

LAURA       E come faccio?

JIM     Oh, santa pace, Laura. Ma si guardi un po' attorno! Cosa vede? Un mondo pieno di genterella. Chi di loro ha solo un decimo delle sue qualità? O delle mie?  Ognuno si distingue in qualche cosa, qualcuno in molte. Tutto sta a trovare in che cosa. Prenda me per esempio. L'elettrodinamica è la mia pas­sione perché io credo nell'avvenire della televisione!  Ora manca solo che la macchina si metta in moto.  A tutto vapore! (i suoi occhi luccicano) Scienza!  Potenza! Danaro! Ecco il ciclo della democrazia! (il suo atteggiamento è risoluto, energico, convincente. Laura lo fissa con occhi pieni di meraviglia, liberata da ogni ritegno e timi­dezza. Jim ridacchia) Lei penserà che io sono un presuntuoso!

LAURA       No, no... io...

JIM    E di lei, che diciamo? Non c'è una cosa che l'appassioni più di tutte le altre?

LAURA     Be', sì... glielo ho detto... la mia collezione di vetro.

JIM      Non capisco bene Laura. Che collezione è?

LAURA     Oggettini, ornamenti, più che altro. Quasi tutti anima­letti di vetro, le bestioline più piccine che esistano. Mamma lo chiama lo zoo di vetro. Ora gliene faccio vedere uno. Questo è uno dei vecchioni. Ha quasi tredici anni. (musica:” Lo zoo di vetro”. Jim allunga la mano)

Oh, attento... non fiati, se no si rompe.

JIM     Meglio non toccarlo. Non ho le mani delicate.

LAURA    Su, tenga; glielo affido! (glielo depone sul palmo della mano) Che bravo, vede che lo sa tenere ? Lo alzi alla luce, lui ama la luce.(Jim esegue) Vede alla luce come  risplende?

JIM       E’ vero, risplende.

LAURA    Faccio male ad essere parziale, ma ho un debole per lui.

JIM       E questo che animale dovrebbe essere?

LAURA      Non ha notato il corno sulla fronte?

JIM       Un unicorno?

LAURA        Mmmm ! Hhhhm!

JIM      Gli unicorni non sono spariti nei tempi moderni?

LAURA     Si sa!

JIM        Poverino !  Così solo, gli verrà la malinconia.

LAURA    Non si lamenta, mica, però. Sta lì, sulla scansia, con quel cavallino senza corna e vanno

                  tutti quanti d'accordo.

JIM          Come fa a saperlo?

    

     LAURA      Non li ho mai sentiti litigare.

JIM          Non litigano, eh? Allora siamo tranquilli.     Dove lo mettiamo adesso?

LAURA        Lì, sulla tavola. Ogni tanto gli piace cambiare pae­saggio.

JIM          (stiracchiandosi  e avviandosi alla finestra)  Dunque, dunque, dunque...

                Guardi, ha smesso di piovere, credo.  La musica da dove viene?

LAURA        Dal dancing Paradiso, lì di fronte.

JIM        Se facessimo quattro salti, signorina Wingfield?

LAURA        Oh, io...

JIM      O il suo carnét è già tutto completo? Mi lasci dare un'oc­chiata. (finge di consultare un immaginario carnet) ... Per carità!  Tutti i balli impegnati!  Non mi resta che cancellarne qualcuno. (musica di valzer)   Ahh, un valzer. (Jim piroetta tutto solo, poi apre le braccia, invitando Laura)

LAURA    (senza fiato)  Non so ballare!

JIM     Ricominciamo col pallino delle inferiorità?

LAURA      Non ho mai ballato in vita mia.

JIM      Avanti, provi.

LAURA      Ma le pesto i piedi.

JIM        Non sono mica di vetro.

LAURA      Come... come... come si fa?

JIM      Non ci pensi.   Sollevi un poco le braccia.

LAURA     Così?

JIM      Ancora un po'. Eccoci. Adesso non si irrigidisca, questo è il segreto... si abbandoni!

LAURA     (ride, ansimante)

JIM        Va bene.

LAURA     Non riuscirà neanche a smuovermi, ho paura.

JIM       Quanto scommettiamo che ci riesco? (la solleva e la fa roteare)

LAURA     Oh Dio, sì che ci riesco, ci riesco!

JIM    Lasciarsi andare, Laura ; niente altro che la­sciarsi andare.

LAURA     Io ci...

JIM      Avanti!

LAURA      ...ci provo.

JIM      Non così dura... morbida!

LAURA     Lo so, ma se io...

JIM       La spina dorsale sciolta!   Oh, così va bene.

     LAURA    Dice?  Che fatica che faccio!

JIM      Va meglio, infinitamente meglio! (la sorregge e la sospinge attorno alla stanza,  in

              un valzer piuttosto goffo)

LAURA      Oh, mamma!

JIM        Ah, ah!

LAURA       Oh, signore!

JIM      Ah, ah, ah! (improvvisamente urtano contro la tavola. Jim  si ferma) Cosa abbiamo urtato?

LAURA    La tavola.

JIM        E’ caduto qualche cosa, mi pare.

LAURA       Sì...

JIM       Non era mica il cavallino di vetro col corno?

LAURA      Sì.

JIM        Oh! Si è rotto?

LAURA    (si china a raccoglierlo; lo guarda)  Adesso è un cavallino come gli altri.

JIM         Ha perduto il suo...

LAURA      Corno. Non fa niente. Forse non tutto il male...

JIM       Mi potrà mai perdonare, Laura?   Per lei era il più caro di tutti, scommetto.

LAURA    (sempre guardando il cavallino) Oh, non ho molte predilezioni.  Non è tragico.

                Il vetro si rompe così facilmente, per quante precauzioni si prendano.

JIM      Pure sono desolato che sia stato per colpa mia.

LAURA      Penserà di aver avuto un'operazione. Gli han levato il corno, così si sente meno...

               eccentrico. (ridono tutti e due) Si sentirà più in famiglia adesso, con gli altri cavallini che

               non hanno il corno.

JIM          Ah, ah, è veramente buffo!  (facendosi serio)  Mi piace, vedo che ha umorismo.

Sa che lei... lei è... sì, molto diversa! Di gran lunga diversa da tutti quelli che conosco!

Le spiace se le dico questo? Mi fa sentire una certa... non so come spiegarmi. (Laura an­nuisce timidamente e abbassa gli occhi) Di solito mi esprimo con facilità ma... questo non so proprio come dirlo. (Laura si palpa in fretta la gola, tossisce, rigira tra le mani l’unicorno mu­tilato. Jim prosegue ancor più dolcemente)  Le hanno mai detto che lei è carina? (Laura alza gli occhi e scuote il capo con stupore) Lei è molto carina, in un modo tutto diverso dalle altre; tanto più carina quanto più diversa. (la sua voce scen­de di tono, si fa bassa e rauca. Laura si scosta, quasi sopraffatta dall’emozione che la invade) Come vor­rei che lei fosse mia sorella. Le insegnerei ad aver fiducia in se stessa!  Le persone diverse dagli altri non sono come gli altri, ma non devono vergognarsene, perché gli altri non sono così straordinari.  Sono migliaia di migliaia di migliaia, lei è una.  Loro si agitano su e giù per il mondo, lei è qui dentro. Loro sono comuni... come erbacce ma... lei... lei è... Rosa mia!

LAURA      (timidamente)  Una rosa pallida.

JIM        Una rosa bella.

LAURA        In che senso bella?

(musica vivace, a basso volume)

JIM      In tutti i sensi... creda a me. I suoi occhi... i capelli... le sue mani sono belle. (le prende la mano) Lei crede che io mi scaldi tanto perché sono stato invitato e devo mostrarmi gentile.  Oh, potrei anche farlo. Potrei fare la commedia davanti a lei, Laura, e dirle un monte di cose senza crederci. Ma questa volta no. Le parlo a cuore sincero. Ho notato in lei un complesso di inferiorità che le impedisce di stare in mezzo agli altri. Qual­cuno dovrebbe ridarle fiducia, renderla fiera invece che timida, e schiva, e piena di rossori... Qualcuno dovrebbe...dovrebbe... baciarla, Laura! (le sue mani scivolano lenta­mente lungo le braccia di Laura sino a stringerle le spalle. La musica irrompe tumultuosa. Jim l’attira a sé e la bacia sulle labbra. Dopo il bacio Laura si abbandona sul divano; il suo sguardo è splendente e trasognato. Jim si scosta di qualche passo e fruga nelle tasche alla ricerca di una sigaretta. L’accende e cerca di sottrarsi allo sguardo di Laura.Dalla cucina giungono le risa infantili di Amanda. Laura alza il capo, lentamente, e apre la mano che aveva stretto sino ad allora il cavalluccio di vetro. Lo guarda con tenerezza e stupore)

JIM     Non dovevo farlo... Ho rovinato tutto...  Non fuma, vero? (Laura alza gli occhi e sorride debolmente, senza aver inteso la domanda. Jim le si siede accanto, con un certo impaccio. Laura lo guarda incapace di aprir bocca, nell'attesa ansiosa delle sue parole. Jim tossisce contegnoso, poi si ritrae un poco, come rendendosi conto della situazione e avver­tendo, con un certo turbamento, i sentimenti della ragazza. Con gentilezza)   Vuole... una menta ?

LAURA     (non dà segno di aver udito, ma i suoi occhi diventano ancora più luminosi)

JIM      Una mentina, una caramella d'arancio? Ho le sac­cocce come una drogheria; dovunque vado... (si caccia in bocca una caramella, poi decide di tagliar corto. Parlando adagio e con circospezione)  Laura, vede, se io avessi una sorella come lei farei come Tom. Porterei a casa qualche amico e gliela presenterei. Solo che... insomma... Tom ha sbagliato ad invitare me. Io non posso segnare il suo numero e dirle che le telefonerò. Non posso chiamarla tra una settimana e chiederle di venire a spasso con me. Ed è meglio che le spieghi la situazione qua­lora lei...

    LAURA    (lentamente, molto lentamente, lo sguardo di Laura in­cupisce. Gli occhi si staccano dalla faccia di Jim e tornano a indugiare sull'unicorno spezzato che tiene nel palmo. Nella cu­cina Amanda prorompe in un' altra risata; con un filo di voce)  Lei... non tornerà più?

JIM         No, Laura, non posso. (si alza dal divano) Come ti spie­gavo... io ho... dei legami.  Laura... io sono molto impegnato. Esco tutto il tempo con una ragazza che si chiama Betty, una ragazza di casa come te, e in gene­rale stiamo bene insieme. (Laura si piega leggermente in avanti e abbraccia il bracciolo del divano) L'ho conosciuta l'estate scorsa in una gita in barca, con la luna. Be', è stato amore a prima vista. (piegata in avanti, rigida, abbraccia spasmodicamente il bracciolo; Laura mostra sul volto i segni della tempesta contro cui sta lottando. Ma Jim non se ne avvede: Laura è ormai lontana). L'amore mi ha rinnovato, mi ha reso un altro. L'amore è una forza tremenda; cambia il mondo, Laura! (la tempesta si attenua leggermente: Laura si abbandona lungo lo schienale.  Jim torna a rendersi conto della sua presenza) E’successo che la zia di Betty s'è ammalata, e lei è andata a trovarla.   Così, quando Tom m'ha invitato a cena... io ho accettato... senza pensare che lei... che lui... che io... (si interrompe goffamente) Ah... (si butta di peso sul divano; la luce celestiale che faceva risplendere il viso di Laura si è spenta. Il suo sguardo è pieno di sconfinata desolazione. Jim la guarda di traverso, impacciato) Vorrei che lei mi dicesse... qual­cosa.

LAURA    (si morde il labbro che aveva preso a tremare, poisi fa animo e sorride. Di nuovo socchiude il pugno in cui strin­geva l’unicorno mutilato. Poi prende la mano di Jim e gentil­mente la solleva sino a che rimane pari alla sua; posa con cura l'unicorno sul palmo del visitatore e ne richiude sopra le dita)

JIM       Perché fa questo? Vuole che lo tenga io? Laura, perché?

LAURA     Un ricordo. (si alza dal divano e traballa un po’ mentre attraversa la sala;  poi si rincantuccia presso il grammofono, come se volesse caricarlo).

AMANDA     (entra, spigliata; porta una caraffa piena di macedonia di frutta e un piatto di dolciumi)  Oh, che bello!  Non è una delizia quest’ aria fresca dopo la pioggia? Ragazzi, vi ho portato un piccolo rin­fresco. (si rivolge a Jim briosamente)   Jim, conosce quella can­zoncina...

JIM      (a disagio)  No, mai sentita.

AMANDA     Andiamo, Laura; che faccia seria...

JIM       Avevamo una conversazione seria.

AMANDA      Bene! Ora vi conoscete meglio!

JIM      (incerto) Sì.

AMANDA   Voialtri siete molto più seri della mia gene­razione. Io ero una ragazza così vivace....

JIM         Non è cambiata, signora Wingfield.

AMANDA     Mi sento ringiovanita! La gaiezza della serata, signor O'Connor. (posando la caraffa)  Ecco qua. Ho scoperto che ave­vamo un po' di ciliege sotto spirito. Ho fatto un misto, signor O 'Connor.

JIM     Perché si è disturbata, signora Wingfield.

AMANDA    Disturbata? Macché, è stato un divertimento! Non ha sentito urlare in cucina? Ho detto a Tom com'ero indignata con lui per essersi tenuto l'amico Jim tutto per sé, e per tanto tempo! Da un bel po' avrebbe dovuto invitarla, da un bel po'!    E adesso che sa la strada, voglio che lei venga spesso, spessissimo.   Senza ce­rimonie, come uno di casa.  Oh, passeremo giornate magnifiche insieme!   Io già le vedo! (si avvicina alla finestra)  Mmm, ma respiri un po' quest'aria così fresca, e che amore di luna!    Io mi ritiro... conosco il mio dovere quando due ragazzi hanno una... conversazione seria!

JIM      Oh, non se ne vada, signora Wingfield. A dir la verità, do­vrei andare via io.

AMANDA     Andarsene? Adesso? Lei vuoi scherzare!  Abbiamo appena cominciato...

JIM      Be',  lei sa com'è...

AMANDA   Ah, perché lei lavora e deve seguire l'orario. Per que­sta sera la lasciamo andare presto, ma un patto: che la pros­sima volta lei si trattenga di più...Mi dice lei quando?

JIM     Di schede di presenza ne ho due, signora Wingfield. Una la mattina e l'altra la sera!

AMANDA     Dio, ma che ambizione ha lei, lavora anche di notte!

JIM       No, signora... non lavoro di notte... Betty... (si avvia con passo deciso per

                 prendersi il cappello)

AMANDA     (stupita)   Betty ?!?     Chi è Betty?

JIM      (mentre il cielo rintrona, in segno di malaugurio)   Unaragazza... la mia ragazza.

               (sorride amabilmente)

AMANDA     (il cielo crolla; sospirando profondamente)    Ohh...  una cosa seria, signor

                      O'Connor?

JIM         Ci sposeremo la seconda domenica di giugno.

AMANDA       Ohh... che carino... Tom non ci aveva detto che lei era fidanzato.

JIM       Al magazzino nessuno lo sa ancora.... altrimenti mi prendono in giro...(si sofferma di fronte

allo specchio e si mette il cappello, indugiando a imprimere alla tesa una piega piuttosto ardita)   E’ stata una magnifica se­rata, signora Wingfield. Del resto, è rinomata l'ospitalità dei meridionali!

AMANDA     Oh, ma niente, s'immagini....

JIM      Non vorrei che lei pensasse che io scappo. Ma ho promesso a Betty di andare a prenderla alla stazione, e con quello che ci mette quella scassona di macchina... A certe donne, se aspettano, vengono subito i nervi.

AMANDA       Sì, lo so. Le donne sono tiranne. (porgendo la mano) Addio, signorO'Connor...

                         Le auguro buona fortuna... e feli­cità, e successo! E Laura anche! Vero, Laura?

LAURA      Sì.

JIM        (stringendole la mano)  Addio, Laura. Terrò caro il suo ri­cordo. E non si dimentichi il consiglio che le ho dato... (cam­biando tono e salutando a gran voce) Ciao, Shakespeare... An­cora un grazie alle signore e... buona notte! (sorride, e se ne va disinvolto)

AMANDA        (seguitando a gesticolare negli ultimi convenevoli, gli chiude la porta alle spalle, poi rientra con aria attonita. Le due donne non osano guardarsi in faccia. Laura è tornata a rincantucciarsi vicino al grammofono e si ac­cinge a caricarlo ; debolmente)  Quando le cose prendono una brutta pie­ga!   Non avrai molta voglia di suonare il grammofono!... Mah, mah, mah!  Il nostro giovanotto era fidanzato! (alzando la voce) Tom!

TOM       (dalla cucina)  Sì, mamma?

AMANDA       Vieni un momento. Ti devo dire una cosa molto buffa.

TOM    (entra; in mano un bicchiere di limonata e un amaretto)  La nostra visita se ne è andata?

AMANDA       Sì, di gran carriera!  Che bello scherzo ci hai combinato!

TOM         Come sarebbe?

AMANDA         Non ci hai detto che era fidanzato.

TOM              (stupito)    Jim, fidanzato?

AMANDA        Così si è fatto premura di informarci.

TOM         (c.s.)    Io casco dalle nuvole! Chi ne sapeva niente?

AMANDA      Mi sembra piuttosto strano.

TOM      Che c'è di strano?

AMANDA        Non hai detto che era il tuo migliore amico al ma­gazzino?

TOM       Sì, ma che ne sapevo?

AMANDA   A me pare molto strano che tu non sapessi che il tuo migliore amico stava per sposarsi.

TOM       Io al magazzino lavoro, non vado per sapere i fatti della gente!

AMANDA    E che fatti sai tu? Tu vivi sognando, tu  fabbrichi ca­stelli in aria! (Tom si avvia verso

                      la porta)  Dove vai?

TOM            Al cinematografo.

AMANDA     Naturale, ora che ci hai prese in giro come trottole!  Il lampadario nuovo, il tappeto, il vestito per Laura: a che scopo? Per far divertire il fidanzato di un'altra ragazza! Va', va' al cinema. A noi non pensare, non pensare a una madre abbandonata, a una sorella zoppa, senza lavoro e senza marito! Che nulla turbi il tuo voluttuoso egoismo. Va', va', al cinematografo !

TOM      Sì!  Ci vado! Più sbraiti, più presto me ne vado, e non al cinematografo!

AMANDA      E vattene, allora! Vattene sulla luna, sognatore egoista!

TOM       (scaraventa il bicchiere per terra e poi si precipita ver­so l'uscita, sbattendo la porta. Il grido di Laura è attutito. La musica che giunge dal dancing Paradiso cresce di intensità. Tom si afferra con disperazione alla ringhiera della scaletta di sicurezza e immerge il volto nella fredda luce lunare che si insinua nella strettoia del vicolo. Il brano con cui Tom chiude il dramma si accompagna con la gestualità che si svolge all'interno dell'alloggio. Amanda è intenta a confortare Laura raggomitolata sul divano ; ora che le sue parole non si sentono la frivolezza di Amanda scompare, e si trasforma in un atteggia­mento di dignità e di tragica bellezza. La madre accarezza la figlia con gesti lenti e teneri, cercando di darle conforto. Poco prima della fine del discorso di Tom getta uno sguardo fuggevole alla fotografia del marito, poi se ne va. Il viso di Laura è nascosto dalla sua folta capigliatura e apparirà solo alla fine del racconto, illuminato da un sorriso, gli occhi fissi negli occhi di Amanda. Quando Tom ter­mina il suo racconto Laura spegne le candele e il dramma si chiude)

TOM       Non andai sulla luna, molto più lontano andai... perché è il tempo la linea più lunga tra due punti.   Poco tempo dopo mi licenziarono per aver scritto una poesia su una scatola di scarpe. Lasciai Saint Louis.   Discesi per l'ultima volta i gradini di que­sta scaletta, e seguii le orme di mio padre.  Viaggiai e viaggiai.   Avrei voluto fer­marmi, ma qualcosa mi perseguitava. Mi prendeva all'improvviso, mi coglieva a tradimento. Forse un motivo familiare, o forse il riflesso di un pezzo di vetro.   Una sera cammino per strada, senza compagni, e passo davanti alla vetrina illuminata piena di vetri colorati, quasi un arcobaleno in frantumi. Ecco che ad un tratto mia sorella mi tocca sulla spalla. Mi volto e la guardo negli occhi. Oh, Laura, Laura, ho fatto di tutto per staccarmi da te, ma sono più fedele di quanto volessi. (Amanda si gira a guardare la foto del marito)    Accendo una sigaretta, traverso la strada, mi butto in un bar, tracanno un bicchierino, parlo al primo che trovo...tutto, purché si spengano le tue candele  (Laura si curva sopra il candeliere) ... perché oggi il mondo è rischiarato dai lampi!    Spegni le candele, Laura... e addio!

    

     (Laura spegne le candele. Le luci si abbassano)

SIPARIO